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La metastasi perfetta e un sistema ormai diffuso che si auto-assolve.


Ho letto ieri dell’ennesima inchiesta giudiziaria della Procura di Palermo compiuta sugli appalti pilotati, con i nomi riportati degli indagati, ed allora mi ritrovo a pensare a questa ondata di arresti, a questa ridda di nominativi che riempiono le cronache e che parlano un linguaggio antico eppure sempre attuale.

Appalti pilotati, dicono, e la mente corre a quelle stanze dove si decide, dove si dovrebbe servire il pubblico bene e invece si tessono trame private. È un male che non conosce quartiere, ormai, che ha messo radici profonde e che sembra aver imbevuto ogni livello del potere, dalla politica che dovrebbe legiferare, ai dirigenti e ai funzionari che dovrebbero amministrare.
Si parla di un ex governatore, di un deputato di un “partello” (per chi non lo sapesse, non è un errore grammaticale, ma un termine volutamente dispregiativo per sminuire l’istituzione partitica), di un ex ministro, di manager sanitari, di direttori generali.

Volti noti e altri meno noti, ma tutti accomunati da quell’unico, sottile filo che lega carriere e affari opachi. Persone che hanno avuto in mano la salute pubblica, le opere, il territorio, e che avrebbero dovuto essere garanti e invece, si sospetta, siano diventati ingranaggi di un sistema marcio.

Sì… è questa la normalità che ci ritroviamo, un pantano in cui sembra che tutto giri intorno a logiche di favore, di spartizione, di illecito, di raccomandazioni, di clientelismo, etc…

E mi chiedo, in questo scenario, cosa possiamo attenderci da una riforma della giustizia voluta da un governo che oggi si regge proprio su forze politiche i cui esponenti, alcuni già condannati, altri indagati, figurano in queste inchieste.

Non serve essere di una parte per vedere la realtà, basta essere onesti con se stessi. Si poteva forse sperare in una sterzata verso la trasparenza, in un cambio di passo? A guardare come vanno le cose, non ci si poteva aspettare diversamente. È un circolo vizioso che si autoalimenta, una palude che nessuno ha davvero interesse a bonificare.

La sensazione amara, che si fa sempre più forte, è che in questo paese andrà ahimè sempre peggio. È uno schifo che non accenna a diminuire, anzi, pare si stia normalizzando, diventando quasi folklore, un dato di fatto contro il quale è inutile indignarsi. E forse la cosa più terribile è questa rassegnazione, questo smarrimento di fronte a un male che sembra ormai incurabile.

Già… non so più cosa ci potrà salvare da questo schifo…

Se si vogliono conoscere i nomi degli indagati, questo è uno dei tanti link che parla dell’argomento sul web: https://www.lasicilia.it/news/cronaca/3004513/appalti-pilotati-i-nomi-di-tutti-gli-indagati.html?ch=1

La nausea della Storia: il depistaggio che uccise due volte Piersanti Mattarella


Ci sono dettagli che, a distanza di decenni, gridano ancora più forte delle conclusioni ufficiali.

Già, come il ritorno di quel guanto di pelle marrone, trovato non fuori, ma dentro l’auto del presidente della Regione Piersanti Mattarella, sì… sotto il sedile del passeggero.

Per anni ci è stata proposta una versione ufficiale secondo cui, nel panico della fuga dopo quel delitto di Stato, un assassino si sarebbe tolto un guanto e lo avrebbe fatto scivolare – con cura quasi maniacale – sotto il sedile. Un gesto innaturale, illogico, che trasforma un reperto compromettente in un comodo biglietto da visita, quasi a indicare il nominativo dell’assassino.

A me è sempre sembrato più plausibile che quel guanto fosse stato posizionato lì appositamente: un dono avvelenato alle indagini. Forse non è mai appartenuto a nessun killer. Forse il suo scopo non era aiutare la giustizia, ma depistarla – già nelle prime ore dopo gli spari. Serviva a indirizzare lo sguardo altrove, a costruire un colpevole comodo o a inquinare la scena del crimine, garantendo che la verità non emergesse mai. È il primo, perfetto tassello di una copertura che doveva essere impeccabile.

E oggi, a oltre quarantacinque anni di distanza, non parliamo dei mandanti, né della regia: parliamo della scomparsa di quel guanto dagli archivi della polizia. Ci viene offerto un capro espiatorio – un funzionario accusato di averne simulato la consegna – ma questa nuova storiella non fa che confermare il sospetto atroce che ci accompagna da una vita: il sistema è un organismo tentacolare e infetto, in cui servizi deviati, logge massoniche, gruppi eversivi e politica collusa giocano la stessa partita.

In questo gioco al massacro, la criminalità organizzata è spesso il volto più utile da mostrare al pubblico: il colpevole “logico”, a cui attribuire ogni nefandezza, mentre i veri architetti del potere operano nell’ombra, indisturbati. L’omicidio di Mattarella fu un colpo al cuore dello Stato proprio perché un presidente onesto stava spezzando quel legame malsano e per questo fu fermato. Non solo dalla mafia, ma da quel sistema parallelo che della commistione tra affari, politica e violenza ha fatto la sua ragione d’essere.

È un gioco di poltrone che si tramanda da generazioni: una regia occulta che condiziona le nostre vite, decide dei nostri destini e insabbia le nostre verità. Depistaggi, collusioni, limitazioni non sono incidenti di percorso: sono il funzionamento stesso della macchina. E ogni volta che un caso come questo riemerge, non è per giustizia, ma per gestire la narrazione, sì… per offrire una verità di comodo che calmi le acque e continui a proteggere i nomi di chi, ieri come oggi, siede nelle stesse stanze di potere.

La domanda, allora, non è più chi ha ucciso Piersanti Mattarella, ma chi aveva interesse a che quella verità non venisse mai a galla, e perché quel sistema è ancora lì, intatto, a raccontarci storie. Alla fine, ciò che rimane dopo tutti questi anni non è la verità, ma la consapevolezza di aver vissuto in una narrazione forzata.

Io non ho mai creduto a nulla di ciò che mi è stato raccontato, perché ogni storia ufficiale si è rivelata un castello di carte, pronto a crollare sotto il peso delle sue stesse contraddizioni. Dall’omicidio di Aldo Moro – un teatro sanguinoso i cui veri registi sono rimasti impeccabilmente nell’ombra – alle stragi che hanno insanguinato piazze e stazioni, macchine perfette per seminare un terrore funzionale a qualsiasi restrizione delle nostre libertà.

E poi gli accordi: quei patti scellerati tra Stato e mafia, scritti su “papelli” di carta, che da diceria sono diventati verità storica, rivelando non un’emergenza, ma una simbiosi tossica al più alto livello.

Tutte queste vicende, intrecciate come i tentacoli di una stessa piovra, non sono tragedie isolate, ma capitoli di un’unica, grande strategia. Sono state le armi di una propaganda che ha sistematicamente alimentato paura e insicurezza nei cittadini, perché un popolo impaurito è un popolo che accetta qualsiasi cosa in cambio di un’illusione di ordine.

È così che si è consumato, passo dopo passo, fatto dopo fatto, un vero e proprio colpo di Stato silenzioso. Non con i carri armati in piazza, ma con leggi speciali, deviazioni investigative, segreti di Stato e la sistematica distruzione di ogni prova scomoda. E le stesse autorità che avrebbero dovuto proteggere la democrazia sono state le artefici del suo insabbiamento, garantendo che il gioco delle poltrone e il riciclo dei potenti continuasse e ahimè – continua ancora – indisturbato.

Questo non è più un sospetto, ma la traiettoria inconfutabile della nostra storia: un’eredità di menzogne che non appartiene al passato, ma avvelena il nostro presente e ipoteca il futuro.

E quando queste verità scomode tornano a galla, non proviamo più rabbia o sconcerto. Proviamo solo un profondo, viscerale disgusto. A pensarci, viene il vomito, sì… per un sistema che si è nutrito della nostra paura e ha scavato le sue fondamenta nella nostra inconsapevolezza.

Mangia e fai mangiare…


Il detto “mangia e fai mangiare” non è solo un modo di dire: è una fotografia cruda, precisa, del meccanismo che spesso muove le cose in questo Paese.

Funziona tutto – molto meglio – quando, accanto al compenso legittimo per il proprio lavoro, si aggiunge un incentivo extra: una busta, un favore, un “grazie” in contanti che scavalca la formalità dello stipendio. In quel momento, l’efficienza diventa straordinaria, la disponibilità massima, la cortesia smisurata.

È un sistema che si autoalimenta: gentilezza e dedizione crescono in proporzione all’aspettativa di un guadagno aggiuntivo. L’obbligo professionale si trasforma in servizio d’eccellenza, non per senso del dovere, ma per interesse personale e tangibile.

Ne ho trovato un esempio illuminante in un’intervista di Alessandro Nesta, che raccontava la sua esperienza al Milan di Berlusconi. Descriveva, quasi senza volerlo, il “mangia e fai mangiare” applicato a un contesto di altissimo livello.

Dopo una vittoria importante, era prassi che i giocatori raccogliessero del denaro da destinare – in buste – a tutto il personale: dal cameriere al giardiniere. Il capitano Maldini passava a indicare la quota di ciascuno. Una colletta “volontaria”, certo, ma sistematica, per ricompensare chi, negli orari più improbabili e con un sorriso, garantiva un supporto fondamentale.

Ecco il meccanismo in piena regola: i calciatori, già ben remunerati con premi lauti, “facevano mangiare” il personale; e il personale, a sua volta, era motivatissimo a “farli mangiare bene” – e a farli vincere – sapendo che ne sarebbe derivato un beneficio diretto.

Quella del Milan era una macchina perfetta, perché gli incentivi erano doppi e pervasivi. Da un lato, la società raddoppiava gli stipendi in caso di vittoria; dall’altro, i giocatori integravano con le loro buste, così, ogni dipendente – a qualsiasi livello – spingeva al massimo: il successo della squadra diventava il suo successo economico personale.

La dedizione non era più solo questione di professionalità, ma un vero e proprio investimento sul proprio portafoglio. Se la squadra non vinceva, non era solo una delusione sportiva: era un danno economico per tutti, e questa consapevolezza generava una pressione sociale fortissima su ogni singolo giocatore.

Nesta lo descrive con semplicità, ma – permettetemi di aggiungere – quel “sistema” rappresenta, in piccolo, lo stesso meccanismo che oggi pervade ampie zone del nostro Paese: una micro-società in cui l’efficienza si ottiene grazie a mance istituzionalizzate, che generano una circolarità di favori e denaro.

È la prova che le persone, quando spinte da un tornaconto immediato e tangibile, diventano incredibilmente disponibili, operative, persino generose, ben oltre i limiti della normale cortesia.

Ma è anche la dimostrazione di una verità scomoda: questo modello funziona!

E, purtroppo, riflette una mentalità diffusa, in cui il favore, la bustarella, la “tangente educata” diventano il lubrificante sociale che fa girare gli ingranaggi, sostituendosi a una meritocrazia fondata su stipendi equi e su un’etica del lavoro disinteressata.

Quando i fondi europei dell’agricoltura finiscono nelle mani sbagliate.


Da oggi, 16 ottobre 2025, la Commissione europea ha deciso di aumentare gli anticipi della Politica Agricola Comune, consentendo agli agricoltori di ricevere fino al 70% dei pagamenti diretti (prima era il 50% ) e addirittura l’85% per gli interventi legati a superficie e allevamenti, contro il precedente 75%. 

La motivazione ufficiale è chiara: dare respiro a un settore sempre più stretto tra eventi climatici estremi e mercati internazionali instabili.

Ma mentre si parla di sostegno e liquidità, non posso fare a meno di chiedermi cosa succeda davvero dietro le quinte di questi flussi finanziari. 

Già nel periodo 2014-2020, i “Programmi di Sviluppo Rurale” sono stati regolarmente finanziati e il nostro Paese ha ricevuto un contributo pubblico di 2,14 miliardi di euro, eppure, proprio in quegli anni, si sono moltiplicate le inchieste giudiziarie che hanno smascherato frodi sistematiche, spesso orchestrate da vere e proprie organizzazioni criminali. 

La mia impressione, purtroppo confermata da fatti concreti, è che una parte non trascurabile di questi fondi finisca per alimentare circuiti illegali, anziché sostenere chi lavora la terra con onestà.

Oggi, con la nuova programmazione 2021-2027 dotata di un bilancio complessivo di 387 miliardi di euro per tutta l’UE, il sistema non solo non si è fermato, ma si è evoluto: nel 2025 la Commissione ha presentato un pacchetto di semplificazioni per rendere la PAC meno burocratica e più efficace, proprio mentre il Parlamento europeo si opponeva alla proposta di accorpare i fondi agricoli con altri settori, chiedendo invece un bilancio autonomo e un sostegno diretto al reddito degli agricoltori. 

Quindi, tutto sembra muoversi nella direzione giusta – almeno sulla carta – eppure, basti osservare i casi recenti per capire quanto sia fragile questa architettura. A Napoli e Salerno, tra il 2022 e il 2024, sono stati sequestrati oltre 1,1 milioni di euro grazie a indagini che hanno smantellato un’organizzazione criminale specializzata in documenti falsi, dati fittizi e corruzione di funzionari pubblici. 

Mentre nella stessa provincia di Salerno, nel 2025, altri 470.000 euro sono stati sottratti a chi dichiarava superfici agricole inesistenti. A Caronia e Longi, in provincia di Messina, si gonfiavano i costi dei progetti per intascare contributi più alti, mentre in Calabria, già nel 2014, erano stati sottratti 250.000 euro su un totale di 400.000 attraverso falsificazioni sulla titolarità dei terreni.

Il copione si ripete: documenti alterati, complicità di professionisti (commercialisti, agrotecnici, funzionari regionali) pronti a intascare una percentuale in cambio di coperture, e talvolta persino tentativi di depistaggio da parte di ex appartenenti alle forze dell’ordine. 

Di fronte a tutto ciò, è difficile non domandarsi se l’obiettivo dichiarato di questi finanziamenti – sostenere l’agricoltura, la sostenibilità, le comunità rurali – non venga sistematicamente svuotato da meccanismi opachi che favoriscono chi sa muoversi nell’ombra più di chi coltiva il campo ogni giorno. 

Certo, l’Unione non sta a guardare: esiste la Procura europea (EPPO), ci sono nuclei specializzati dei Carabinieri, e si parla di controlli digitali, anche via satellite, per contrastare le frodi. Ma la domanda rimane: finché il sistema consentirà tanta discrezionalità amministrativa e burocratica, non rischieremo di continuare a versare denaro pubblico in un pozzo senza fondo, dove la criminalità organizzata pesca con troppa facilità?

Io continuo a dubitare, ma d’altronde i fatti, purtroppo, danno ragione ai miei dubbi…

Condivido appieno quanto riportato dal nostro Parlamento: L’Italia è migliore di chi oggi la governa!


Già… condivido appieno quanto riportato dal nostro Parlamento: L’Italia è migliore di chi oggi la governa!
L’altro ieri, ascoltando il telegiornale, la mia attenzione è stata catturata da una dichiarazione che ha immediatamente risuonato con qualcosa che sento da tempo, un pensiero che aleggia nelle conversazioni al bar, nelle cene in famiglia, tra amici, in quel senso di frustrazione che ormai è pane quotidiano per molti di noi.

È stata la Segretaria del Partito Democratico, Elly Schlein, a pronunciare questa frase, e nonostante le distanze politiche, devo ammettere che per una volta le parole hanno centrato un bersaglio più grande di qualsiasi schieramento. Appena l’ho sentita, ho pensato che non poteva rimanere solo una battuta in una trasmissione, ma doveva essere colta, scritta e fatta propria, perché esprimeva un sentimento diffuso da essere ormai una verità quasi dolorosa.

E da quella frase, credo che chiunque possa comprendere chiaramente non solo il mio pensiero, ma quello di una fetta sterminata di connazionali che ormai guarda alla politica come a un universo distante, un palcoscenico dove non si recita più il bene comune, ma un copione logoro di clientelismo e malaffare. È la percezione di un sistema che sembra alimentarsi di corruzione, di raccomandazioni spudorate e, ahimè, di quell’ombra lunga della criminalità organizzata che intreccia i suoi fili con il potere, lasciando i cittadini onesti a chiedersi se esista ancora un luogo pulito dove decidere il futuro per i propri figli.

È fondamentale precisare che questo non è un discorso di parte, non nasce da una bandiera di destra, di sinistra o di centro. La mia vita l’ho costruita facendo a meno della politica e dei loro referenti, tenendo ciascuno di essi a grande distanza e quando ci siamo trovati vicini, ho sempre espresso – tra mille lacchè che porgevano la mano, sorridevano a trentasei denti e chiedevano l’autografo – ciò che pensavo di loro, criticando soprattutto talune loro decisioni, non solo politiche, ma anche personali.

Mi sovviene ad esempio un caso in cui ad uno di essi – che aveva pubblicizzato se stesso nei cartelloni siciliani – già… con quella propria immagine stilizzata nera che ne ritraeva il profilo – su uno sfondo chiaro, e sotto quell’odiosa frase: l’unico pizzo che piace ai siciliani!

Beh… incontrandolo casualmente in una manifestazione – avevo accompagnato lì una mia amica che quel giorno era senza macchina – e passandomi egli vicino, garbatamente salutandomi, lo ringraziai per il saluto e ricambiai a mia volta, ma gli dissi subito ciò che pensavo e cioè che a sentire la parola ‘pizzo’ ero andato su tutte le furie. Gli feci presente che non si poteva, e non si doveva, scherzare con quella vergognosa forma di estorsione e che, personalmente, respingevo con sdegno quella pubblicità che, banalizzando un termine intriso di dolore e paura, offendeva la memoria e la dignità di tutte le vittime e di chi ogni giorno combatte silenziosamente quella piaga.

Questo è soltanto uno dei casi, ma potrei farvi ancora qualche altro esempio – vi confermo sin d’ora comunque che non sono molti – forse perché ho sempre tenuto la politica distante da me, ma ricordo comunque un altro episodio, a suo modo simpatico, con l’attuale nostro Presidente del Consiglio, in quella circostanza non lo era ancora, ma ve lo racconterò – forse – in un mio prossimo post.

Ma comunque non voglio generalizzare, sì… non è giusto fare di tutta un’erba un fascio, e proprio per questo, so riconoscere che a livello locale, per fortuna, esistono ancora persone perbene, individui volenterosi che si dedicano con passione autentica a risolvere i problemi veri della gente, che lottano per la salute, per una scuola dignitosa, per un ambiente vivibile. Sono loro la prova vivente che l’Italia è migliore.

L’amara ironia, però, sta proprio in questo contrasto stridente tra l’operosità silenziosa di tanti e la sterilità rumorosa di chi governa. Le decisioni che scendono dall’alto, dalla maggioranza di oggi, sembrano troppo spesso sorde alle urgenze reali del Paese, incapaci di cogliere quel grido di bisogno che sale dalle comunità, preferendo alimentare divisioni e quel fuoco che brucia le nostre potenzialità.

È come assistere a un naufragio dalla tolda di una solida nave, quella del governo. Si vede la gente in mare che lotta, che chiede aiuto con tutte le sue forze. E sulla nave, le corde per salvarli ci sono tutte, sono robuste e pronte all’uso. Eppure, chi dovrebbe buttarle le trattiene strette, come un tesoro personale. Qualcuna, è vero, vola verso un parente, un amico, un conoscente, ma per la maggior parte delle persone che affondano, non arriva nulla.

Si preferisce guardare altrove, dimenticando che il primo, l’unico comando, era salvare la collettività.

Sì… quella stessa collettività che doveva essere la loro unica, vera missione.

Flottiglia? E’ il momento della verità!


Sì… il mio titolo preannuncia i miei dubbi sul fatto che questa “flottiglia” porterà fino in fondo le sue intenzioni, tentando concretamente di sbarcare sulle coste di Gaza per portare aiuti alla popolazione.
Certamente riconosco il merito di aver riportato l’attenzione su una tragedia immane, la strage di innocenti e l’esilio di un intero popolo, innescata dall’incursione di Hamas in Israele il 7 ottobre 2023, che è costata 1200 vittime e circa 450 ostaggi, di cui una cinquantina sono ancora prigionieri.

Tuttavia, conoscendo bene i miei connazionali, sono convinto che alla fine si concluderà in un nulla di fatto, e la maggior parte delle persone coinvolte farà marcia indietro già nel corso della giornata. Mi dispiace affermarlo, ma in questi lunghi anni ho visto poco coraggio attorno a me, per non dire nulla…

Difatti, la maggior parte delle persone, utilizza i media più per propaganda personale che per un altruismo genuino; anzi, quando si tratta di passare dalle parole ai fatti, quasi tutti si tirano indietro per non rimanere coinvolti in vicende personali.
È per questo che, pur augurandomi di sbagliarmi, non scommetterei un solo centesimo su questa iniziativa, che mi sembra più un’operazione politicizzata che un sentimento autentico e profondo verso chi soffre.

Aggiungo che, stando a quanto riportato in queste ore da Israele ( dobbiamo prendere l’informazione “con le pinze”) e cioè che dietro questa iniziativa vi sarebbero fondi proprio di Hamas e/o dei paesi islamici che li sostengono.

Le notizie dicono che la flottiglia è stata intercettata e che le comunicazioni sono state disturbate, ma la navigazione prosegue. Sì… gli israeliani sono comparsi stanotte poco dopo le 2.00 e a bordo è stato diramato il primo “interception alert”.

La nostra fregata italiana “Alpino” intanto, ha comunicato di non proseguire oltre, fermandosi al limite delle 150 miglia nautiche. Ecco, questo è il punto: sebbene il momento della verità sia arrivato e le operazioni di intercettazione siano in corso, resto scettico sulla reale determinazione dei partecipanti.

Quanto sopra, unito ai miei forti dubbi circa le reali intenzioni e la genuinità della missione, mi conduce a una conclusione purtroppo prevedibile: assisteremo all’ennesima delusione.

È l’emblema di una fallacia ricorrente. Mentre la pubblicità ci vuole “gente fatta di ferro”, nella realtà osservo troppo spesso figure effimere, pronte a infiammarsi per una causa ma incapaci di reggere alla prima avversità.

Doha e Varsavia: Il prossimo drone cadrà qui? Già… mentre i nostri governanti saranno ancora in TV a parlare!


Ancora una volta il mondo sembra scivolare inesorabilmente verso un baratro a causa di due eventi militari, distanti migliaia di chilometri da noi, ma che dipingono un quadro allarmante e un’escalation globale senza precedenti.
A Doha, il raid israeliano che ha preso di mira i leader di Hamas in territorio qatarino, ha violato ogni norma di sovranità, scatenando condanne internazionali e minacciando di far saltare i fragili negoziati per il cessate il fuoco a Gaza e poche ore dopo, i cieli della Polonia sono stati violati da sciami di droni russi, in quello che Varsavia non esita a definire un atto di aggressione deliberato, spingendo la NATO a invocare l’articolo 4 e a mettere in discussione la sicurezza collettiva di tutto l’Occidente.

Due attacchi, due teatri, con un’unica pericolosa logica: la sfida aperta all’ordine internazionale e il disprezzo per la sovranità degli stati!

Ora, dietro la retorica ufficiale delle cancellerie, si nasconde ahimè una verità scomoda: qualcuno sta deliberatamente alzando la posta in gioco!

Netanyahu si assume la piena responsabilità dell’operazione a Doha, definendola un necessario colpo all’asse del male, mentre il Cremlino liquida le incursioni in Polonia come un tema di cui non è competente, attribuendole a fantomatici errori o a droni ucraini.

Ma è difficile credere che si tratti di semplici coincidenze o calcoli errati. Queste azioni appaiono troppo audaci, troppo provocatorie per non essere dei test ben orchestrati. Test per saggiare la coesione e la reattività dell’Occidente, per verificare fino a dove sia possibile spingersi senza innescare una risposta militare definitiva.

La reazione della comunità internazionale è un coro dissonante di allarme e impotenza; già… da un lato, troviamo leader europei che condannano con fermezza entrambe le violazioni, parlando di inaccettabili violazioni della sovranità e promettendo solidarietà agli alleati colpiti, dall’altro, le parole sembrano vuote, già… di fronte alla necessità di dover procedere con azioni concrete.

Ed in tutto questo le dichiarazioni del Presidente Trump, che definiscono errate le mosse israeliane, ma nel contempo loda l’obiettivo di eliminare Hamas, e si interroga con un criptico messaggio “eccoci qui” sulle violazioni russe, rivelando la profonda ambiguità e le divisioni che paralizzano qualsiasi possibilità di una risposta unitaria e risoluta. Il rischio ovviamente è che questa percezione di divisione e soprattutto di “debolezza”, incoraggi ancor più audaci provocazioni e non mi meraviglierei che anche altri Paesi, come la Cina e la Corea del Nord, non pensino anch’essi di iniziare nuovi conflitti, per espandere i propri territori…

Ciò che emerge con chiarezza è che le tradizionali regole del gioco sono state stravolte: Il concetto di confine nazionale, sacro dopo la Seconda Guerra Mondiale, viene eroso da droni e raid transnazionali.

Le organizzazioni come la NATO e le Nazioni Unite sembrano arrancare nel buio e soprattutto sono costrette a dover reagire a crisi che mettono in discussione il loro stesso ruolo di garanti della sicurezza.

Difatti, il premier polacco Tusk avverte che siamo più vicini a un conflitto aperto di quanto lo siamo stati dalla Seconda Guerra Mondiale, e le sue parole non suonano più come un’allarmistica esagerazione, ma come un lucido e spaventoso avvertimento.

Mi chiedo, con un senso di angoscia crescente, dove sia il limite, sì… Qual è il punto di non ritorno oltre il quale una provocazione calcolata si trasformerà in uno scontro aperto e irreversibile? Ma non solo… cosa guida realmente questa fuga in avanti? È la ricerca di un vantaggio tattico locale, come indebolire Hamas o logorare il sostegno all’Ucraina, o fa parte di una strategia molto più ampia e oscura di ridisegnare con la forza l’ordine globale?

Perché di una cosa ormai sono convinto: le motivazioni ufficiali che ci vengono costantemente proposte, appaiono sempre più come pretesti, vere e proprie maschere che nascondono calcoli di potere più profondi e pericolosi.

Il filo rosso che lega Doha alla Polonia è la percezione che l’era della deterrenza e del rispetto formale della sovranità stia volgendo al termine, già… stiamo entrando in una fase nuova e pericolosa in cui le potenze revisioniste si sentono autorizzate a colpire ovunque, sfidando apertamente le alleanze occidentali e le norme internazionali, contando proprio sulla loro divisione e sulla loro ritrosia ad affrontare un rischio sistemico.

Difatti, il pericolo maggiore non è forse nel contrasto e quindi nell’attacco in sé, ma nella lentezza e nella confusione della risposta, che potrebbe essere interpretata come un assenso implicito o, peggio, come una debolezza da sfruttare…

Alla fine, infatti, ciò che mi terrorizza non è la forza dei nostri avversari, ma la nostra fragilità. Già… la nostra incapacità di leggere queste mosse come parti di un unico, grande disegno destabilizzante e la nostra riluttanza a comprendere che siamo di fronte a una sfida esistenziale per un mondo libero e basato su regole condivise.

Forse, la prossima volta, un drone non cadrà in Polonia ma nel nostro paese, sì… mentre i nostri governanti vengono intervistati e stanno “sterilmente” rispondendo alle domande di quei giornalisti in Tv, evidenziando con le loro risposte, di non aver compreso cosa stia realmente accadendo: vedrete… quanto tutto ciò accadrà, quando quel drone non riuscirà ad essere abbattuto – ma viceversa porterà con sé un carico di distruzione letale – beh… a quel punto, ogni discorso, anche questo mio, sarà di fatto, totalmente inutile.

Il tempo per le riflessioni sta finendo, sostituito dal rombo dei motori e dal sibilo dei missili in cieli che credevamo inviolabili…

Trump decide per tutti, sia per l’Ue che per l’Italia!

Ho scritto più volte che la politica internazionale, specie quella europea e ancor più quella italiana, conta quanto il due di coppa quando la briscola è a oro.

Vedrete infatti che né la Von der Leyen, né Zelensky, e men che mai i nostri referenti istituzionali (ahimè impreparati…), riusciranno a far sedere russi e ucraini a un tavolo per risolvere questo conflitto.

La ragione, al di là delle cazzate propinate dai Tg, sta in una decisione precisa del Presidente Trump.

Dopo l’incontro con Putin e le critiche ricevute dai leader europei per la loro esclusione dai colloqui in Alaska, egli ha scelto deliberatamente di mettersi da parte.

Sta soprassedendo, osservando con quale goffa inefficacia l’Ue stia gestendo una partita che è troppo grande per lei, sapendo bene che le sue politiche non porteranno a nulla. È solo questione di tempo!

Quando la situazione entrerà in stallo e tutti si piegheranno a supplicarlo, lui, come una prima donna, farà il suo ingresso trionfale per dettare una pace alle sue condizioni, e a quelle di Putin, già ampiamente concordate.

Chi non accetterà questa realtà ne subirà le conseguenze, perché il gioco è già fatto e l’Europa non è stata nemmeno consultata. È chiaro ormai che le decisioni finali non si prenderanno a Bruxelles o a Roma, ma altrove.

Macron? Non conta nulla!!! Il sogno di uno Stato Palestinese resta un’utopia!

“Macron? È un bravo ragazzo, ma non conta nulla”!

Così Trump liquida con una battuta il tentativo del presidente francese di riaccendere il dibattito sul riconoscimento della Palestina. E mentre l’ironia dell’ex inquilino della Casa Bianca risuona come un colpo di frusta, il silenzio imbarazzato degli alleati europei tradisce una verità scomoda: nessuno, in fondo, ha davvero intenzione di sostenere questa causa.
Le parole di Macron si sono infrante contro un muro di indifferenza, lasciando intravedere quello che ormai è un destino segnato per il popolo palestinese.

La presa di posizione francese avrebbe potuto rappresentare una svolta, un segnale di speranza in un contesto internazionale sempre più arido. Invece, è diventata l’ennesima dimostrazione di quanto il tema palestinese sia ormai ridotto a mera retorica.

Trump ha bollato l’iniziativa come “irrilevante”, gli Stati Uniti hanno risposto con sarcasmo, e l’Europa – Germania e Italia in testa – si è affrettata a prendere le distanze. Tutti concordi nel sostenere che la pace richiede “negoziati realistici”, ma nessuno disposto a mettere in discussione lo status quo. Perché, in realtà, quel negoziato non interessa a nessuno.

E allora viene da chiedersi: di quale Stato palestinese stiamo parlando? Di quello proclamato da Arafat nel 1988, rimasto confinato nelle carte ingiallite delle risoluzioni ONU? O forse di quello che, giorno dopo giorno, viene eroso da insediamenti israeliani, operazioni militari e una lenta ma inesorabile pulizia demografica?

La verità è che, da quasi sessant’anni, i territori palestinesi sono occupati de facto, e la comunità internazionale ha scelto di voltarsi dall’altra parte. Quella che oggi viene spacciata per una “questione di sicurezza” – la lotta a Hamas, la liberazione degli ostaggi – non è altro che l’ultimo capitolo di una strategia ben più ampia: svuotare la Palestina della sua gente, cancellarla dalla mappa.

Macron ha provato a alzare la voce, e il risultato è stato un coro di sberleffi. Isolato, ridicolizzato, trattato come un illuso che non capisce le regole del gioco. Eppure, il gioco è chiaro: si sta scrivendo la fine della causa palestinese, e nessuno ha intenzione di intervenire.

Gli Stati Uniti e Israele lavorano già da tempo a un piano per smantellare Hamas, ma sappiamo bene che, una volta finita la guerra, non ci sarà spazio per una riconciliazione. Ci sarà solo l’esodo. Un popolo costretto ad abbandonare la propria terra, mentre il mondo applaude alla “stabilità” ritrovata.

Tra pochi anni, guarderemo indietro e tutto apparirà ovvio. Le operazioni militari, le dichiarazioni di facciata, i negoziati eternamente rimandati: ogni tappa è stata progettata per condurre a un unico esito. La Palestina non tornerà più com’era, perché qualcuno ha deciso che non deve esistere.

E chi prova a opporsi, come Macron, viene zittito con una risata. Domani scriverò più nel dettaglio su cosa ci aspetta: non solo bombe e retorica, ma una fredda pianificazione politica che sta trasformando l’espulsione di un popolo in un fatto compiuto!

33 anni di bugie! Perché la strage di Borsellino è ancora un segreto di Stato?

Era il 19 luglio 1992 quando una bomba di inaudita violenza squarciò il silenzio di via D’Amelio a Palermo, spegnendo per sempre le vite di Paolo Borsellino e dei cinque agenti della sua scorta.

Trentatré anni dopo, quel boato continua a riecheggiare nelle coscienze di chi cerca ancora verità, nonostante i depistaggi, le omissioni e i silenzi istituzionali che hanno avvolto questa strage in una fitta nebbia.
Mentre le commemorazioni ufficiali si susseguono con il loro rituale di retorica e ipocrisia politica, c’è una voce che rompe il coro ben orchestrato dell’oblio: quella di Salvatore Borsellino, fratello del magistrato assassinato, che con coraggio indica senza mezzi termini quelle che furono – a suo giudizio – le cause acceleranti della strage.

Quell’intervista rilasciata ai francesi il 21 maggio 1992 non fu un episodio casuale, ma un atto di straordinaria lucidità e determinazione. In quelle dichiarazioni, Paolo Borsellino fece i nomi di Vittorio Mangano, Marcello Dell’Utri e Silvio Berlusconi, tessendo un filo che legava il potere mafioso a quello politico e imprenditoriale.

Un collegamento pericoloso, scomodo, che forse rappresentò il punto di non ritorno. Salvatore Borsellino lo ricorda con amarezza: suo fratello sapeva di aver scavato troppo in profondità, di aver sollevato un velo su connivenze che molti preferivano lasciare sepolte. Eppure, non si tirò indietro, consapevole che la giustizia non può essere esercitata a metà.

C’è un altro tassello che completa questo tragico puzzle, sempre secondo il fondatore del movimento Agende Rosse. Quel discorso tenuto da Paolo Borsellino alla biblioteca comunale di Palermo, in cui si dichiarò pronto a testimoniare sull’attentato di Capaci, fu l’ultimo atto di una sfida lanciata alle forze oscure che già tramavano nell’ombra.

Non aveva mai indagato direttamente su Berlusconi e Dell’Utri, eppure la sua voce rappresentava una minaccia troppo grande per essere ignorata. L’archiviazione dell’inchiesta nel 2001 da parte del gip di Caltanissetta non è che l’ultimo capitolo di una storia fatta di verità negate e giustizia incompiuta.

Oggi, mentre il Paese si prepara a un’altra commemorazione formale, è tempo di rompere il cerchio del silenzio. Le nuove generazioni meritano di conoscere non solo i nomi delle vittime, ma anche quelli dei mandanti e dei complici che ancora camminano liberi.

Il messaggio di Salvatore Borsellino è un faro in questa notte di omertà istituzionale, un invito a non accontentarsi delle verità ufficiali ma a continuare a scavare, a chiedere, a pretendere risposte. Perché la storia d’Italia non potrà mai essere riscritta finché questi nomi rimarranno nascosti nell’ombra, protetti da quel sistema di potere che ha trasformato le stragi del ’92 in una ferita ancora aperta.

Forse un giorno, quando i fili di questa intricata matassa verranno finalmente dipanati, capiremo perché trentatré anni non sono bastati a fare piena luce su via D’Amelio…

Fino ad allora, restano le parole di Salvatore Borsellino, ultimo custode di una memoria scomoda ma necessaria, e l’impegno di chi non si rassegna a vedere la giustizia tradita.

Perché continuare a commemorare non basta più: è tempo di verità, senza se e senza ma!

Mi viene da piangere per il Procuratore Gratteri…

Non so voi, ma ogni volta che vedo in TV o leggo un articolo sul mio omonimo, il Procuratore Nazionale Nicola Gratteri, mi vien da piangere…

L’altra sera l’ho rivisto su La7 da Lilli Gruber, e ancora una volta ho provato un senso di amarezza profonda.

Penso a chi dedica la propria vita a questo Paese, rischiando tutto, e a chi invece non ha mai mosso un dito, anzi, fa carriera restando nell’ombra, seduto dietro una scrivania.

È così che funziona qui, ed è così che continuerà finché il sistema clientelare e giudiziario resterà colluso, legato a quelle correnti politiche che decidono chi deve avanzare senza merito e chi, invece – come Gratteri – deve essere ostacolato, quasi esiliato, solo perché fa bene il proprio lavoro.

Mi torna in mente la vicenda di Giovanni Falcone, ostacolato nella sua nomina a Consigliere Istruttore del Tribunale di Palermo. Oggi la storia si ripete con Gratteri, escluso dalla Procura Nazionale Antimafia perché non allineato a certe logiche di potere. Lo aveva già previsto, tanto da dichiarare in un’intervista: “Io lo sapevo, ma ho scelto di non iscrivermi a nessuna corrente. Non conosco nemmeno il 50% dei membri del CSM, non li riconoscerei per strada, perché non li frequento“.

Qualcuno ha deciso di sbarrargli la strada. Forse perché ha indagato troppo, su mafia, ‘ndrangheta, camorra… certamente più di tutti loro messi insieme. E questo ha dato fastidio.

Ora, da Procuratore di Napoli, si ritrova sotto attacco: un’inchiesta si sgretola, i reati vanno in prescrizione, le accuse si rivelano inconsistenti, il processo si chiude nel nulla. Con un costo umano, politico e istituzionale, altissimo.

E allora sì, mi viene da piangere. Perché vedo il silenzio della stampa – e chissà, magari qualcuno sotto sotto ride pure. Perché nessuno lo difende???

Certo, Gratteri è un uomo, può sbagliare. Uno, due, tre, quattro, cinque volte.

Ma finché continuerà a indagare con onestà, senza piegarsi a pressioni o interessi di parte, resterà una delle poche figure di cui questo Paese può ancora fidarsi. Ed io, pur comprendendo talune critiche giuste e forse anche costruttive, beh… come dicevo, preferisco sempre un magistrato che, ogni tanto, possa commettere un errore piuttosto che uno che non sbaglia mai… perché in malafede.

La libertà di un Paese passa con il voto!

Purtroppo, nel nostro Paese, e in particolare nella mia regione, la Sicilia (ma potrei dire lo stesso per molte altre…), quel voto è diventato merce di scambio. Sì, principalmente per interessi personali!

Non dico che sia sbagliato esprimere una preferenza, ma quando ciò accade senza alcun senso di responsabilità o come mero atto di scambio, si finisce per tradire l’essenza stessa della democrazia. E allora, a che serve quella “X” nell’urna? A cosa porta, se non all’indifferenza generale verso i partiti, i candidati e, cosa ancora più grave, l’intero sistema Paese?

Si va avanti così, tra apatia e opportunismo, ignorando deliberatamente le conseguenze delle decisioni prese nei palazzi del potere. La politica diventa un campo sterile, dove tutto si riduce a un ciclo perverso: il cittadino baratta il proprio voto per un tornaconto personale, e in cambio alimenta un sistema corrotto che soffoca ogni possibilità di cambiamento.

Le cronache sono piene di scandali, inchieste e amministrazioni sciolte per infiltrazioni mafiose. È un copione tristemente noto: un “patto” elettorale tra candidati e criminalità organizzata, costruito sulla compravendita del consenso.

La criminalità utilizza metodi ormai collaudati: dal pagamento in contanti per ogni voto garantito, allo scambio in natura, come buoni spesa o favori lavorativi. A questo si aggiungono le pressioni esercitate da chi, con il ruolo di datore di lavoro, impone ai propri dipendenti una preferenza elettorale in cambio della promessa di sicurezza occupazionale.

È chiaro che il cosiddetto “voto di scambio” rappresenta un reato grave, codificato come scambio elettorale politico-mafioso, punito con pene dai 4 ai 10 anni di reclusione. Ma quanti candidati temono davvero questa legge? Quanti si preoccupano delle conseguenze? Pochi, pochissimi. Perché, in fondo, sanno di agire in un contesto dove la complicità e l’omertà garantiscono l’impunità.

Ed allora come possiamo invertire questa rotta?

Già… se vogliamo davvero spezzare questo circolo vizioso, servono non solo azioni concrete, ma un profondo cambio di mentalità:

Ad esempio, bisogna ripartire con l’educazione civica e la sensibilizzazione: Le scuole devono tornare a essere il luogo dove si educa al valore del voto come strumento di partecipazione e cambiamento. Solo cittadini consapevoli possono rifiutare le logiche corrotte.

Ed ancora è necessaria più trasparenza e soprattutto un corretto monitoraggio; ad esempio si possono rafforzare i controlli durante le campagne elettorali e garantire la trasparenza nei finanziamenti ai candidati e ai partiti.

Implementare eventuali sistemi di segnalazione anonima sia per chi subisce pressioni, ma anche per chi viene intimidito, affinchè quel voto risulti libero da coercizioni e grazie a questi nuovi meccanismi si riesca a proteggere gli eventuali denuncianti.

Ed ancora, pene più severe e certe, perché non basta che il reato esista soltanto nel codice penale e poi come vediamo spesso nessuno paga!!! E tempo che le pene vengano applicate con rigore, afficnhè la società civile possa esser pronta a chiedere conto ai responsabili.

Ed infine è necessario incentivare la partecipazione attiva!!! La politica non deve essere percepita come un mondo distante o corrotto, ma come uno strumento nelle mani dei cittadini. Favorire una maggiore partecipazione ai processi decisionali, attraverso piattaforme digitali o incontri pubblici, solo così si può far riscoprire il senso di appartenenza.

In definitiva, il voto non è solo un diritto: è un dovere morale verso noi stessi e le generazioni future.

Se continueremo a svenderlo al migliore offerente, tradiremo ogni speranza di riscatto per la nostra terra. Solo con un impegno collettivo e una rinascita della coscienza civile potremo davvero riconquistare quella libertà che oggi appare sempre più compromessa.

Un Paese diviso tra chi ruba e chi vorrebbe farlo…

“Già… la metà dei cittadini di questo Paese prende mazzette e l’altra parte girano le palle quando non riesce a farlo, con continuo passaggio di gente da un cinquanta percento all’altro, le regole si fanno e si disfano secondo necessità…”.

Infatti… è proprio un continuo passaggio di persone, da un 50% all’altro, in un circolo vizioso che sembra senza fine.

Ed ancora, le regole si fanno e si disfano secondo necessità, piegate al servizio di interessi personali e mai di un bene comune.

La corruzione è diventata la lingua madre di troppi, una prassi che permea ogni livello della società, dai più alti uffici pubblici fino alla vita quotidiana di molti miei connazionali…. 

Il tutto può esser riassunto in tre parole: si accetta, si tollera, si partecipa!!!

Una moltitudine di persone che sceglie di chiudere un occhio o entrambi, di fare compromessi piuttosto che resistere a un sistema che sembra ormai invincibile.

Ma questo è il punto: è invincibile solo finché lo si accetta!!!

La corruzione prospera nell’indifferenza e nella complicità. Ogni volta che un cittadino sceglie di partecipare o di non opporsi, aggiunge un altro mattone al muro che ci divide da una società più giusta, più equa.

Non è solo una questione di politica o di grandi scandali, è anche nei piccoli gesti quotidiani: una bustarella per accorciare i tempi, una scorciatoia illegale presa per convenienza, un favore fatto non per altruismo ma per costruire una rete di debiti reciproci… 

Così il senso civico si sgretola, e con esso ogni possibilità di costruire un futuro migliore.

E allora viene spontaneo chiedersi: quando smetteremo di accettare che “così vanno le cose”? 

Quando ci renderemo conto che non si può continuare a lamentarsi della corruzione mentre ci si crogiola nella sua ombra? 

Sì… perchè questo Paese ha bisogno di cittadini coraggiosi, non di complici. Ha bisogno di chi non si accontenta di galleggiare in un mare di compromessi, ma è disposto a lottare per emergere in un mondo più pulito. Perché, alla fine, il cambiamento inizia da noi.

Mi accorgo ogni giorno che passa che la strada per il cambiamento è lunga, faticosa, forse non ne vedrò mai la fine, ma qualcosa in me resta tenace, già… la volontà di esser diverso da tutti gli altri, di provare ogni giorno a cambiare questo stato di fatto, di dire no a situazioni ambigue e soprattutto a non dover mediare, anche quando tutto intorno a me sembra farsi pesante: sì… tutto pur di non cedere mai!!!

Che schifo: ministri e sottosegretari (non eletti) di questo governo si aumentano di 7000 euro lo stipendio, mentre chi ha meno deve stringere ancora più la cinghia!!!!

In un paese dove la disuguaglianza sociale cresce ogni giorno, il governo ha appena deciso un aumento di 7.000 euro al mese per ministri e sottosegretari non eletti, già ben retribuiti, ai quali si aggiungono altri 1.200 euro per spese telefoniche e viaggi. 

E intanto…

Le pensioni minime restano ferme, nonostante l’inflazione.

Le tasse aumentano su voli e giochi online, pesando soprattutto sulle famiglie comuni.

Gli strumenti per semplificare la vita fiscale dei cittadini si rivelano inefficaci.

Questa ulteriore decisione del Governo Meloni non è solo uno schiaffo morale, ma è la dimostrazione di un sistema che continua a dare a chi ha già tanto e a ignorare chi ha davvero bisogno.

Il messaggio è chiaro: se appartieni alle classi meno abbienti, puoi solo rassegnarti a un futuro sempre più incerto, mentre se ti trova nei palazzi del potere ti vengono concessi privilegi, bonus e spese da danno della collettività.

Cosa aggiungere, osservando quanto accade ogni giorno in questo nostro “democratico” Paese, non possiamo che sperare in una rivoluzione, già… come quella appena compiuta in Siria!!! 

D’altronde ditemi: fino a quando sarà accettabile tollerare un’Italia così sbilanciata? Non è forse giunto il momento di dire basta a tutte queste indegne ingiustizie?

Mandati di arresto dalla Corte Penale Internazionale: si incrina il sostegno occidentale a Israele?

Dopo oltre un anno di conflitto devastante e un bilancio drammatico di circa 44.000 morti tra i palestinesi, la Corte penale internazionale (CPI) ha emesso i suoi primi mandati di arresto per crimini di guerra e crimini contro l’umanità commessi nella Striscia di Gaza e in Israele successivamente al 7 ottobre 2023.

Sotto accusa, su richiesta del procuratore capo Karim Khan, sono finiti il primo ministro israeliano Benyamin Netanyahu, l’ex ministro della Difesa Yoav Gallant, e il capo militare di Hamas, Mohammed Deif. Quest’ultimo, tuttavia, è stato dichiarato morto da Israele in un raid aereo su Gaza, sebbene tale notizia non sia stata confermata ufficialmente da fonti indipendenti.

La decisione della Camera preliminare della CPI ha scatenato reazioni immediate e accese. Da parte israeliana, Netanyahu ha definito il verdetto “antisemita” e lo ha paragonato a un “nuovo processo Dreyfus”, mentre Gallant ha criticato aspramente la Corte, accusandola di “equiparare Israele e Hamas” e di “incentivare il terrorismo”. Dalla parte palestinese, Hamas ha accolto il provvedimento come un “passo importante verso la giustizia”, senza però fare riferimento diretto a Deif.

Sul piano internazionale, la decisione ha diviso la comunità globale. Gli Stati Uniti e l’Argentina si sono schierati al fianco di Israele. L’amministrazione Biden ha rigettato categoricamente il verdetto, esprimendo “profonda preoccupazione” e ribadendo di non riconoscere la giurisdizione della CPI su questa vicenda. Secondo il presidente argentino Javier Milei, il provvedimento “ignora il legittimo diritto di Israele a difendersi dagli attacchi costanti di Hamas e Hezbollah”.

L’Unione Europea, invece, per voce dell’Alto Rappresentante uscente Josep Borrell, ha difeso la legittimità dell’operato della CPI, sottolineando che “non si tratta di una decisione politica, ma di un pronunciamento giuridico che deve essere rispettato e applicato”. Borrell ha ribadito che la tragedia in corso a Gaza deve trovare una fine e che i Paesi membri dell’UE hanno l’obbligo di collaborare con la Corte.

Gli Stati aderenti allo Statuto di Roma – 124 in totale – sono infatti tenuti a eseguire i mandati di arresto nei confronti delle persone ricercate, inclusi i capi di governo. Questo rende estremamente complesso, se non impossibile, per Netanyahu e Gallant recarsi all’estero senza il rischio di arresto.

Il procuratore capo Khan ha difeso l’integrità del lavoro del suo ufficio, sottolineando che le accuse sono basate su prove verificabili e che le indagini proseguono, anche alla luce delle segnalazioni di nuove violazioni del diritto internazionale umanitario in corso a Gaza e in Cisgiordania. Israele, tuttavia, ha replicato con durezza, definendo Khan un “procuratore corrotto” e rilanciando accuse di condotta impropria nei suoi confronti.

Tra i primi Paesi a dichiarare piena collaborazione con la CPI c’è stata l’Olanda, che ospita la sede della Corte all’Aja. L’Italia, invece, attraverso il ministro degli Esteri Antonio Tajani, ha espresso sostegno generale alla CPI ma ha sottolineato la necessità di coordinarsi con gli alleati per decidere come affrontare la questione. Il ministro della Difesa Guido Crosetto, pur definendo la decisione della Corte “sbagliata”, ha ammesso che, qualora Netanyahu o Gallant visitassero l’Italia, il Paese sarebbe obbligato a rispettare il diritto internazionale e procedere all’arresto.

Sebbene l’effettiva consegna dei due leader alla Corte appaia improbabile, il valore dei mandati di arresto è anche simbolico. Questo procedimento rappresenta un monito sul fatto che, persino nei conflitti più aspri, il rispetto delle norme del diritto internazionale è imprescindibile. Parallelamente, resta aperto un altro caso all’Aja, stavolta dinanzi alla Corte Internazionale di Giustizia, che riguarda le accuse di genocidio mosse allo Stato di Israele, principalmente dal Sudafrica. La CPI, invece, si concentra esclusivamente sulle responsabilità individuali, sottolineando la necessità di distinguere tra azioni di Stato e responsabilità personali dei leader.

Infiltrazioni mafiose e amministrazioni locali: un legame pericoloso!!!

Il fenomeno dell’infiltrazione criminale nelle amministrazioni locali rappresenta una minaccia concreta per la legalità e il corretto funzionamento delle istituzioni. 

Da tempo si registra un crescente interesse da parte dei gruppi criminali verso le risorse gestite dagli enti locali, accompagnato da strategie mirate a condizionare le decisioni delle amministrazioni, soprattutto nei comuni di dimensioni ridotte. 

Questi enti infatti, si trovano spesso a essere il punto d’accesso privilegiato per l’infiltrazione nelle strutture amministrative e istituzionali del Paese.

Le motivazioni degli scioglimenti dei consigli comunali negli ultimi anni hanno infatti evidenziano una correlazione preoccupante tra presenza mafiosa, investimenti pubblici in opere infrastrutturali e fenomeni di corruzione. 

Questo problema tra l’altro non è più circoscritto al Sud Italia, ma riguarda sempre più frequentemente anche le amministrazioni del Nord, sottolineando un progressivo deterioramento delle condizioni di legalità su scala nazionale.

In questi trent’anni il numero di comuni e di aziende sanitarie sciolte per infiltrazioni mafiose continua a crescere, come dimostrano i dati pubblicati, ed anche quest’anno conferma questa tendenza allarmante impone una riflessione seria sull’efficacia della disciplina normativa attualmente in vigore e l’urgenza di misure migliorative.

Ritengo da quanto sopra che vi è bisogno di rafforzare i controlli preventivi.

Implementare cioè sistemi più stringenti per monitorare i flussi di spesa e verificare la trasparenza dei processi decisionali, soprattutto nei piccoli comuni, spesso più vulnerabili.

E’ fondamentale migliorare la formazione e il supporto tecnico, fornendo agli amministratori locali strumenti e competenze per riconoscere e contrastare i tentativi di infiltrazione, anche attraverso piattaforme digitali per la tracciabilità degli investimenti pubblici.

Promuovere la collaborazione tra le interistituzioni, rafforzando il dialogo tra prefetture, forze dell’ordine e amministrazioni locali, per condividere informazioni e agire in modo coordinato contro i fenomeni corruttivi.

Vi è la necessita di introdurre un codice di trasparenza avanzato, già… che superi le regole attuali, rendendo obbligatoria la pubblicazione di ogni passaggio relativo ai bandi di gara, dalla scelta delgli appaltatori,  ai fornitori, fino alla destinazione dei fondi pubblici.

E’ tempo quindi di rivedere il quadro sanzionatorio per rendere più rapide e incisive le azioni contro i responsabili delle infiltrazioni, avviando altresì campagne di sensibilizzazione per coinvolgere attivamente i cittadini nel controllo della gestione pubblica, promuovendo una cultura della legalità e della trasparenza.

Occorre quindi che ci si adoperi affinché le amministrazioni locali tornino a essere baluardi di legalità e trasparenza. Occorrono interventi concreti per rafforzare i controlli, tutelare gli amministratori onesti e garantire che le risorse pubbliche siano utilizzate per il bene comune, senza cadere preda di interessi criminali. 

Perché solo attraverso un impegno collettivo e determinato sarà possibile proteggere le istituzioni e restituire fiducia ai cittadini.

Rimuovete immediatamente Biden da quella poltrona, prima che ci trascini in una terza guerra mondiale!

Ho l’impressione che il Presidente uscente Biden, voglia rimanere ancora in auge continuando ad alzare il livello dello scontro… con la scusa di voler rafforzare le difese dell’Ucraina!!! 

Ha difatti autorizzato l’uso di missili americani contro obiettivi all’interno della Russia, ma non solo, dal suo govero è stata annunciata la fornitura di mine antiuomo all’Ucraina, dichiarando semplicemente che quest’ultimi hanno bisogno di strumenti che servano a rallentare gli invasori: “ce le hanno chieste e penso che sia una buona idea” ed ecco quindi l’invio di nuove armi all’Ucraina per un totale di 275 milioni di dollari. 

Da quanto sopra non posso che pensare che tutta questa situazione rifletta un contesto già deciso, dove ogni decisione sembra contribuire ad intensificare le tensioni, con potenziali rischi a lungo termine… 

Ad esempio, l’aumento del supporto militare occidentale all’Ucraina, in particolare con l’invio di armi e munizioni avanzate, rappresenta di fatto un’escalation che mette sotto pressione tutte le parti coinvolte, specialmente l’impiego di armamenti come le mine antiuomo, il cui uso – come sappiamo – è fortemente condannato a livello internazionale proprio per l’impatto devastante che determina sui civili, anche a distanza di anni dal conflitto. 

Una questione, questa delle mine molto dibattuta e, come riportato in questi giorni, ha già causato un numero considerevole di vittime civili e militari…

Peraltro sia l’Onu che le organizzazioni per i diritti umani hanno espresso molta preoccupazione per l’impiego di queste armi, sottolineando come il loro uso renda difficile la ricostruzione post-bellica e minacci la sicurezza delle comunità civili anche dopo la fine delle ostilità. 

Va detto inoltre che la posizione di Biden mostra un cambio di strategia rispetto al passato, pur sapendo che sia gli Stati Uniti che la Russia non aderiscono al Trattato di Ottawa, che come riportavo sopra proibisce l’uso delle mine antiuomo.

Quindi, il recente invio di missili Atacms e Storm Shadow, qualora confermato, evidenzierebbe una partecipazione diretta nel conflitto da parte dell’Occidente, complicando così ulteriormente la possibilità di una risoluzione pacifica. 

E dire che gli alleati europei, come il Regno Unito e la Francia, si stanno muovendo con cautela, se pur la pressione sembra aumentare su tutti i fronti, con un continuo aggiornamento delle risorse militari e una posizione che non sembra puntare alla de-escalation.

Certo, per quanto difficile sia ora il dialogo tra Ucraina e Russia ritengo sia essenziale sedersi ad un tavolo per trovare una qualche forma di negoziazione, come quella avvenuta in passato (ad esempio i negoziati di Minsk), gli stessi che potrebbero servire da modello di base, anche se con nuovi e importanti adattamenti.

L’importante comunque è limitare le azioni di un Presidente anziano 82′ enne che come abbiamo visto in questi mesi non ci sta più con la testa, ma soprattutto con il rischio che ogni sua azione ora intrapresa potrebbe ahimè ritorcersi contro noi tutti!!! 

Per favore quindi, rimuovete immediatamente Biden da quella poltrona, prima che ci trascini in una terza guerra mondiale!

Né Biden e neppure gli alleati potranno fermare la guerra in medio oriente!!!

Sono tutte cazz…. quelle che ci vengono raccontate nei Tg nazionali ed internazionali!!!

Lo sanno bene i Capi di Stato e di governo di tutti i Paesi del mondo che questa guerra si concluderà solo dopo che Israele avrà espulso dalla striscia di Gaza tutti i palestinesi, ma non solo, proverà a includere in maniera permanente quei territori del Libano a sud del fiume Litani!!!

Parliamo di un’area – quest’ultima – che da anni, ma soprattutto negli ultimi mesi, il gruppo armato degli Hezbollah ha preso come base per inviare missili nel nord di Israele, ma non solo, dal governo di Netanyahu si è affermato che questo gruppo militare abbia trasformato quei villaggi libanesi in vere e propie basi militari, sì… adiacenti alla “Linea blu“ occupata finora dalle forze “UNIFIL” (inviate dall’ONU per il mantenimento della pace in Libano) e da cui quindi poter sferrare i loro attacchi contro le comunità settentrionali di Israele… 

Prevedo sin d’ora quindi come potrà essere tra qualche anno la situazione geografica di quell’area e vedrete, poco o nulla potranno fare paesi come Usa, Germania, Gran Bretagna, Francia e ancor meno noi Italia che contiamo come nazione – se pur ritengo ottimo l’impegno profuso dal nostro Ministro degli Esteri, Antonio Tajani – quanto il due di coppe, quando la briscola è a bastoni!!!

Difatti, non si tratta più di riportare a casa quei poveri ostaggi israeliani, essi ormai fanno parte di quel cosiddetto “danno collaterale” che si è deciso di subire per raggiungere il proprio scopo e cioè inglobare in maniera radicale quei territori posti al confine con lo Stato d’Israele, per evitare una volta per tutte, la ripresa di nuove ripercussioni militari.

Vedrete, le popolazioni civili espulse – da quei territori che a breve verranno definitivamente occupati dall’esercito israeliano – saranno costrette a fuggire dalle loro case per cercare rifugio all’estero, sapendo di dover iniziare a vivere in una condizione disagiata e di emergenza!!!

Ovviamente – come sempre accade in questi casi – i sistemi di protezione se pur fragili e incerti proveranno ad assistere i rifugiati, per come abbiamo visto in questi anni, come d’altronde l’impatto con le comunità ospitanti non risulterà per nulla facile e soprattutto i finanziamenti umanitari che giungeranno non potranno tenere il passo con le esigenze di quelle migliaia di profughi.

La verità è che gran parte del mondo intero preferisce “lavarsi la coscienza” (non solo per quanto sta accadendo in quell’area…) inviando a quelle popolazioni disperate, cibo, vestiario, medicinali e quant’altro possa necessitare, l’importante (per tutti…) è non dover affrontare in maniera diretta il problema!!!

Permettetemi di aggiungere che nell’affermare quanto sopra non faccio alcuna distinsione tra Paesie, perché in questa sede prendo di mira anche i paesi arabi “ricchi” che finora hanno preferito esclusivamente sostenere il costo economico richiesto (quello militare dei gruppi come Hamas, Hezbollah, Huthi ed anche dall’Iran…) senza però rischiare di rimanere implicati in un conflitto armato, del quale – come si è visto – si è preferito restare fuori!!!

Come ho scritto all’inizio del post: tutto il resto sono cazz…!!!

Italia fuori dagli Europei!!! Ma d'altronde, dove si voleva andare con questa squadra…

Avevo preparato un “post” attinente con gli argomenti del mio blog, ma visto quanto accaduto stasera, ho deciso di posticipare a domani quanto avevo preparato e quindi mi soffermo su una futile notizia, la stessa che vede in queste ore molti miei connazionali profondamente delusi… 

Già… perchè se qualcuno aveva previsto che questa nostra squadra sarebbe arrivata nel torneo più avanti, beh… il sottoscritto non era certamente tra questi, anzi il contrario…

Difatti, avevo previsto con alcuni amici che “Mister Certaldo” avrebbe fallitto l’obiettivo ancor prima d’iniziare e così purtroppo è stato; ma d’altronde non ci voleva mica un genio per capire come questa squadra non avesse gioco; difatti nei mesi passati, avevo tralasciato di vedere anche le partite amichevoli, tanto fosse scadente il gioco fin lì evidenziato…

Se pensiamo inoltre che le tre partite disputate prima di questa di stasera con la Svizzera sono state pietose e dovrei anche aggiungere che con la Croazia meritavamo di uscire, ditemi… cosa ci si poteva aspettare salendo di livello e per fortuna che eravamo in una parte del girone più “leggero”, sì… se così si potrebbe dire, visto l’esito finale!!!..

La verita che l’allenatore sin da subito ha mostrato essere in difficoltà, si è visto subito che non sapeva come disporre i giocatori in campo (e dire che se li ha scelti lui…) e difatti i cambi continui delle formazione e quelli in corso durante le partite, hanno evidenziato un fallimento totale nella gestione della squadra, che ha dimostrato di non aver alcuna idea di gioco…

Basti vedere la differenza con gli altri allenatori italiani, gli stessi che stanno allenando tre squadre straniere, mi riferisco a Calzona (Slovacchia), Tedesco (Belgio) e Montella (Turchia); ciascuna infatti di queste squadre ha dimostrato di saper giocare a calcio, di fare la partita, ma soprattutto di voler vincere!!!

Già… tutto il contrario dell’Italia che a vederla giocare veniva da piangere e se non fosse stato per il ns. capitano, Gigi Donnarumma, grandissimo portiere, capace di salvarci, sin dall’inizio del torneo, da una figuraccia terribile…

Comunque, si va a casa… e speriamo ora che non si ripeta quel solito meccanismo “italiano” di continuare a premiare chi ha fallito!!!

Ed allora auspico che sia il mister Toscano – che ho sempre stimato come persona – ad evidenziare con i fatti, di possedere in questo particolare momento grande dignità e coerenza e lasciando che siano altri a prendere il suo posto…

Non credo peraltro che sollevandosi dall’incarico morirà di fame… quindi potrà far a meno d’allenare la squadra italiana per un’altra volta, anche perchè non vorrei che si ripetesse l’errore già fatto con mister Mancini, con il rischio quindi di perdere per la terza volta l’opportunità di andare al mondiale!!!

Che schifo: già… un Italia che avanza a forza di escort, massaggiatrici, minorenni, finanziamenti illeciti e voto di scambio!!!

Tre ragazze, non due, alle dieci, grazie”!!!

Minch… quantu suni spiacchiusi e dotati questi soggetti!!! 

Sì… nel leggere in questi giorni quella frase sto ancora ridendo perchè ripenso a quanto accadeva al sottoscritto parecchi anni fa, quando per lavoro mi trovavo in trasferta, precisamente in Ucraina, in quella che allora era la bellissima città di Odessa (ora ahimè… pressochè distrutta dal conflitto in corso).

Come dicevo, stavo operando in un cantiere marittimo e saltuariamente, uno dei soci, aveva l’abitudine di presentarsi presso la nostra sede operativa..

Mi ricordo di egli perchè aveva come consuetudine quella (ad ogni sua visita) di far avvisare la reception di un noto hotel della città, per mettergli a disposizione la Suite (provvista di idromassaggio) ed anche, non due… ma ben tre ragazze!!!

La circostanza si ripeteva mensilmente ed io, ancora ragazzo, pensavo a quell’anziano “galletto” che esibiva di possedere (alla sua tenera età) ancora quei “bollenti spiriti“… 

Un giorno però chiamò per comunicare la propria indisponibilità a presentarsi, chiedendo altresì a quel suo referente d’avvisare la reception dell’hotel per disdire la camera prenotata e soprattutto pregava egli di “ricordarsi” delle sue ospiti.

Fu così che venni chiamato da quel portaborse che – nel porgermi dei contanti e una busta – mi chiese gentilmente di recarmi in albergo per disdire la Suite e inoltre, di consegnare la busta (non ne conoscevo il contenuto, ma… lo immaginavo…) ad una di quelle ragazze, la stessa con cui avevo avevo avuto modo di dialogare (in inglese…) in precedenti occasioni, poiche saltuariamente svolgeva alcuni incarichi come traduttrice, sì… dal cirillico all’inglese, per la società…

Ed allora mi recai in albergo e comunicai alla responsabile dell’accoglienza di disdire la camera, pagai la penale per il recesso e avvisai che stavo rimanendo nella hall a bere un coktail, in quanto attendevo alcune persone, precisamente tre ragazze…

Dopo alcuni minuti le vidi arrivare e da lontano osservai l’incaricata della repection indicare la mia presenza… 

Appena mi furono dinnanzi, mi alzai e chiesi gentilmente loro di accomodarsi nelle poltrone in quanto stavo attendendo una telefonata riguardo al volo di quel loro cliente e di un suo eventuale ritardo; chiesi loro di pazientare (sapendo che quanto avevo detto loro, non fosse vero…) e offrì quindi da bere…

Col passar del tempo iniziammo a fraternizzare parlando del più e del meno, ma soprattutto – chissà… sarà stata colpa della vodka – iniziammo a lasciarci andare, già ridendo a crepapelle… sugli argomenti più futuli; fu così che dopo un po’ supportato da quella istaurata confidenza, ma soprattutto (permettetemi la confidenza) da quella personale simpatia che mostravo loro, chiesi come facesse quello “stagionato” cliente a mostrarsi così caliente e passionale, già… dal volerne “non due, ma ben tre”!!!

Ed allora, una… (forse) la più brilla rispose con le lacrime agli occhi, l’alcol d’altronde aveva iniziato a compiere i suoi dannosi effetti: poverino… “quello” non si regge in piedi, ma gli piace lo stesso stare lì con noi, già… coccolato e amato come fosse un bimbo!!!

Ecco perchè leggendo ora l’inchiesta “Liguria” mi vien da sorridere, perché ripenso a quel giorno e soprattutto a quell’indegno interprete, peraltro nel leggere ora quelle notizie, viene il disdegno!!!

Ma d’altronde si è capito come nel nostro Paese la politica in questi anni sia stata foraggiata da escort, massaggiatrici e ahimè anche minorenni, oltre ai noti finanziamenti illeciti elargiti da corrotti finanzieri e collusi imprenditori, cui si somma quel voto di scambio supportato dalla criminalità organizzata che, proprio in queste ore – in prossimità delle elezioni europee e amministrative –  tanto si sta prodigando per raccogliere voti a quei suoi osceni referenti, appartenenti come sappiamo a indecorosi partiti!!!  

Comunque, per concludere col racconto: mi allontanai verso la reception, feci finta di telefonare e ritornando nell’area Bar dissi alle ragazze che l’appuntamento era rimandato ad altra data e che l’indomani, una di loro avrebbe dovuto recarsi presso nostra sede per incontrare l’uomo di fiducia (sì… il referente di quel loro cliente) lo stesso che avrebbe consegnato loro una busta!!!

Il sottoscritto viceversa rientrato in ufficio riconsegnò quanto aveva in precedenza ricevuto (dalle mani di quel lacchè,,,), comunicando di non esser più disposto a fare da galoppino a nessuno, in particolare quando si trattava di dover attuare situazioni “riservate” e non certo lavorative!!!

Per i mesi che seguirono, nessuno più mi chiamò a svolgere incarichi personali…

Catania: anche con lo Stadio a porte chiuse…

Stasera avrei voluto parlare della partita di andata di Coppa Italia, già… avrei voluto esprimere un sgradito pensiero su quanto accaduto alla fine del primo tempo a causa di alcuni cosiddetti “tifosi“, mi sarei altresì voluto cimentare sul fango gettato addosso l’indomani da tutti i media, sia sulla nostra citta che sui miei concittadini, ma alla fine ho scelto di fare diversamente…

Ed allora, ecco che ho deciso di raccontarvi una storia, già… inizia con un sogno, quello di un imprenditore di origini siciliane che dall’Australia decide di ritornare in quest’isola, la terra delle sue origini e quindi, a differenza dei tanti giovani, menti brillanti costrette ogni giorno ad andare via,  egli, pur tra mille difficoltà, ma soprattutto dimostrando una grande generosità è venuto su quest’isola, sì… non per prendere, come fanno molti imprenditori del nord, ma per investire, provando altresì attraverso una squadra di calcio di risollevare le sorti finanziarie e in particolare morali di questa nostra città… 

A quel suo utopistico sogno, una comunità intera ha deciso di unirsi, ringraziando egli per il coraggio dimostrato e manifestando il proprio amore per una maglia che negli anni passati ha dato grandi soddisfazioni a ciascuno di loro.

Ed eccoli quindi in migliaia ad abbonarsi, facendo sacrifici economici in un momento di grande difficoltà, eppure loro – da veri tifosi – quelli che dimostrano da sempre di amare il “Catania Calcio”, quelli che sanno soffrire in silenzio e applaudono nei momenti di difficoltà, quelli che a fine partita fischiano quando la squadra perde (d’altronde è giusto così…), sono comunque lì… ogni domenica, con il sole o con la pioggia, senza smettere mai di abbandonare la propria squadra!!!

Sappiamo ora quanto le circostanze durante questo campionato non siano andate per il meglio o per quanto si desiderava, ma sono certo che il primo a rammaricarsi di ciò, sia proprio il Presidente Pelligra!!!

Ciò non toglie comunque che bisogna restare positivi, lasciamo quindi la “sfiga” e ahimè anche gli “sfigati” fuori (ed in questo momento di pura follia sapiamo quanto a causa di loro ne stiamo pagando tutti le conseguenze…), ma non sarà certamente un campo squalificato e quindi vuoto della presenza di quel suo amato pubblico a non farci vincere questa… Coppa Italia!!!  

IL Catania Calcio è il “CATANIA CALCIO“, una squadra che ha fatto piangere le grandi di serie A e non può ora essere paragonata a nessuna di queste provincialotte che stanno in serie C e/o B, ma permettetemi di dire, anche in “A”!!!

D’altronde, basti osservare la domenica alcune di quelle squadre che giocano in stadi vuoti, freddi, con la sola presenza di poche migliaia di tifosi, sapendo viceversa quanto i tifosi del Catania, già… a partire dallo scorso anno (ed ancora oggi…) abbiano –  seppur con risultati non certamente entusiasmanti e con una risalità in classifica che sappiamo essere ardua – evidenziato una presenza costante di decine di migliaia di tifosi, un pubblico che tutti i campi sportivi c’invidiano e che rende ogni momento di quelle partite nelo Stadio Massimino un momento spettacolare e incomparabile!!!

Quindi ben vengano questa partita, affinchè si possa dimostrare all’Italia intera chi è il “CALCIO CATANIA” e soprattutto da quali validi e impavidi professioni è costituito!!!

Mister Zeoli, mi consenta un messaggio costruttivo: ho sempre pensato nella vita che esistono dei motivi per cui accadono certe situazioni, anche quelli che riteniamo essere (ahimè) sfortunate; ma col passar del tempo ho compreso come nulla accada per caso, anzi, ciò che ritenevo essere sfavorevole, ho scoperto esser poi di fatto – in quel preciso istante – la migliore situazione che poteva accadermi. Difatti, se il destino non mi avesse fermato, sicuramente sarei andato incontro a qualcosa di più spiacevole!!!

Quindi se oggi Lei siede lì in quella panchina etnea, se Lei ha preso il posto dei suoi predecessori, un motivo c’è!!! Ora… in questo post – per scaramanzia – preferisco non dirlo, ma col cuore, sono certo che non mi sto sbagliando!!!

Ed infine rivolgo l’ultimo mio pensero ai giocatori: chiedo a ciascuno di loro di star tranquilli, perché in questa battaglia essi non sono soli; noi tutti – anche se non presenti fisicamente – saremo lì, insieme a loro, ad applaudirli per ogni azione compiuta, ma soprattutto per urlare a squarciagola il momento in cui realizzeranno i gol…

Quindi, stiamo tutti uniti e sempre “FORZA GRANDE CATANIA“!!!

Già… si passa da un sistema giudiziario e detentivo non adeguato Ungherese a quello totalmente permissivo e indulgente Italiano!!!

Siamo rimasti tutti indignati nel vedere in tv l’attivista italiana antifascista Ilaria Salis – presso il Tribunale di Budapest – legata con catene a mani e piedi…

Un trattamento certamente disumano nei confronti di una persona detenuta, in particolare perché durante l’udienza non vi era alcun rischio di violenza per i presenti e ancor meno vi fosse un pericolo di fuga…

Un sistema giudiziario e detentivo a dir poco barbaro quello ungherese, certamente non adeguato agli standard europei, d’altronde vorrei ricordare come proprio un rapporto di Amnesty International evidenziava come i giudici ungheresi che dimostravano non essere allineati con il governo in carica, avessero subito in questi anni feroci attacchi da parte di alcuni politici e giornalisti, tanto che ormai nel paese, quelli ancora indipendenti sono rimasti in pochi…

Quindi, corretto far emergere da parte del governo e dai nostri media quanto sta accadendo in quello Stato “europeo”, ma nel far ciò non va accantonato quanto ahimè accade viceversa nel nostro, già a casa nostra, dove la giustizia opera in maniera permissiva e soprattutto indulgente nei confronti di chi uccide,  tortura, infligge dolore, provoca abusi, ma non solo perché alla fine passano in secondo piano tutte quelle manifestazioni violente che fanno riferimento ad atti di bullismo, furti, rapine, spaccio, etc., reati per i quali non si viene mai condannati o quantomeno con pene effimere!!!

Nel frattempo si chiede all’Unione Europea e alle varie organizzazioni internazionali d’intervenire nei confronti dell’Ungheria, affinché venga migliorato quel sistema giudiziario e le condizioni all’interno di quei loro penitenziari, ma chi viceversa si chiede cosa bisogna fare nel nostro paese affinché chi sbagli paghi???

D’altronde stiamo assistendo proprio in questi giorni a procedimenti penali e all’uso di patteggiamenti, accordi tra pubblici ministeri e imputati affinché si giunga ad una riduzione della pena di quest’ultimi, i quali, il più delle volte non scontano alcun giorno all’interno dei nostri penitenziari!!!

Non entro poi nel merito di chi uccide con crudeltà, basti contare tutti i femminicidi compiuti nel corso dello scorso anno a cui si sommano quelli di quest’anno ed allora ditemi, a chi dare la colpa di ciò se non ad una giustizia totalmente iniqua e malata, con al suo interno tante di quelle leggi che i nostri bravi avvocati utilizzano per fare in modo che i loro assistiti la facciano franca… 

Peraltro, ciò produce altresì un ambiguo aspetto e cioè che chi può permettersi di pagarsi un avvocato di fama può sicuramente sperare di venir assolto, viceversa, chi dovrà accontentarsi di uno meno noto, il più delle volte verrà incriminato, d’altro canto diceva l’ex emerito Presidente del Consiglio G. Giolitti: “per i nemici le leggi si applicano, per gli amici si interpretano”!!!

Non parliamo poi di prescrizione, burocrazia, tempi lunghi, già… sono solo alcune falle della nostra giustizia, le stesse tra l’altro in cui quei nostri azzeccagarbugli riescono ad insinuarsi facendo in modo che il sistema continui così in modo maldestro!!! 

Ma d’altronde si sa… la giustizia non consiste nel dare a tutti lo stesso, ma a ciascuno il suo!!!

Sono commercialisti e uomini di affari coloro che in giro per il mondo hanno riciclato i proventi della droga!!!

E’ quanto emerso dall’inchiesta del pm Maurizio De Marco, un magistrato che sta indagando sulle fortune di un broker del narcotraffico, lo stesso tra l’altro che possedeva in casa due quadri di Van Gogh, spariti nel 2002!!!

Dagli atti dell’inchiesta emergono i nomi di commercialisti e uomini di affari che in giro per il mondo, hanno messo a frutto i proventi della droga….
In che modo? Semplice, investendo in oro e trasformando quella carta moneta, in qualcosa di digitale, come ad esempio i “Bitcoin”.
Un lavoro lungo e meticoloso che è stato portato alla luce grazie alla rivelazione di pentiti, ma soprattutto attraverso i riscontri bancari e le intercettazioni ambientali e telefoniche!!!
Li chiamano “cambisti” e secondo la DEA (“Drug Enforcement Administration” – l’agenzia federale antidroga statunitense), il gruppo ha soci in tutto il mondo, Italia compresa, ed ha finora movimentato oltre 20 miliardi di dollari per aprire nuove società e/o investire nel mondo della finanza.
Non bisogna dimenticare che ai soggetti di cui sopra, si sommano coloro che offrono da semplici cittadini la propria identità, ponendola a disposizione di quel sistema criminale, non solo per aprire conti correnti e/o carte di credito (sulle quali vengono accreditate le somme provenienti da quei traffici illeciti, ma anche per effettuare con il denaro ricevuto operazioni finanziarie, il tutto trattenendo per se il 4% della cifra ricevuta…
Ovviamente sono tutti sistemi semplici ma perfettamente collaudati e permettono non solo di spostare quel denaro, ma di riciclarlo attraverso società cartiere (società che vendono servizi inesistenti con fatture, invece, reali. La società cosiddetta sana riceve la fattura e la paga con un bonifico…) e così guadagnano tutti…
Difatti, la cartiera trattiene una percentuale (generalmente si viaggia intorno al 10%) e restituisce il denaro cash, a questo punto entra in gioco la criminalità organizzata che si ritrova denaro liquido da riciclare e fornisce i contanti alla cartiera che li paga con un bonifico su un conto estero; l’imprenditore ha così evaso le tasse e si è creato una riserva di denaro in nero, la cartiera ha ottenuto la percentuale sulla transazione e risparmiato l’Iva che non verserà mai allo Stato (essendo destinata a sparire) e il narcotrafficante ha spostato il denaro all’estero incassando anche una percentuale….
Ho scritto in questo mese numerosi post sui metodi di riciclaggio e ritengo che sia ormai evidente a tutti come, ogni qualvolta si provi a limitare quel sistema illegale, i suoi opposti interlocutori criminali, trovino nuovi escamotage – come quelli per l’appunto sopra descritti – che fanno sì da eludere tutti i controlli posti in atto, grazie ad una rete di professionisti collusi che evidenzia con le proprie azioni, il disprezzo per le regole e per i principi di legalità, pur di ottenere per se, qualche euro in più in tasca!!!

Scoperte banche abusive che operano in tutta Italia!!!

E’ stata scoperta una rete abusiva bancaria che raccoglieva denaro da fonti indeterminate per quindi riciclarlo attraverso operazioni illegali e/o false fatturazioni. 

A seguito di alcuni controlli mirati, la Gdf di Brescia ed il “Servizio Centrale Investigazione Criminalità Organizzata”, hanno eseguito in questi giorni nelle province della Lombardia, Emilia Romagna e Friuli Venezia Giulia, alcune disposizioni di perquisizione e sequestro…

I provvedimenti sono stati emessi dalla Procura di Brescia nei confronti di 31 soggetti ritenuti responsabili a vario titolo di associazione per delinquere, prestazione abusiva di servizi di pagamento, auto-riciclaggio, riciclaggio, il tutto aggravato dalla transnazionalità del reato.
Difatti, l’indagine della Gdf, ha permesso di scoprire l’esistenza di un’associazione per delinquere che svolgeva di fatto un’attività bancaria abusiva offrendo dei pacchetto a seconda dei servizi richiesti; in particolare ai membri della comunità cinese che per l’appunto, utilizzavano una serie di servizi di pagamento abusivi, in quanto consentiti ai soli istituti di credito di moneta elettronica e/o di pagamento autorizzati, a cui si associava l’emissione e l’utilizzo di fatture false, per monetizzare quest’ultime, attraverso denaro di provenienza illecita, poiché proveniente da attività di riciclaggio…
Secondo le indagini della Procura, il sistema si basava nel riutilizzare denaro contante raccolto dalla comunità cinese nei vari centri che veniva quindi riutilizzato per colmare le esigenze di monetizzazione del settore delle fatture false, i cui pagamenti sarebbero già stati precedentemente immessi nel circuito finanziario – ora oggetto d’indagine – e conseguentemente drenati dall’economia, eludendo così i controlli sull’antiriciclaggio.
Per beneficiare dell’anonimato, gli associati avrebbero fatto ricorso a due modalità operative di trasferimento, da una parte l’utilizzo di applicazioni informatiche crittografate, dall’altra l’uso del sistema “Fei Chen” consistente nel trasferimento di denaro non tracciato su base fiduciaria…
Infine, attraverso la raccolta e il trasferimento di denaro queste banche “cinesi” avrebbero determinato la creazione su tutto il territorio nazionale di banche abusive, le quali, utilizzando canali finanziari paralleli, hanno potuto aggirare il sistema di prevenzione antiriciclaggio, riuscendo così a far uscire – in maniera non tracciabile – un’ingente quantità di denaro, agevolando così quelle associazioni per delinquere dedite ad attività criminali nel campo economico-finanziario. 
Diceva bene Henry Kissinger: “I Cinesi, avendo fatto a meno di noi per 5000 anni, pensano di poter continuare a farne a meno”!!!