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Altro che terra santa, sembra viceversa – da 2000 anni – una terra maledetta!


Le cronache e le immagini che ci arrivano da Gaza e da ogni altra parte di quel territorio, mostrano la sofferenza fisica (e morale) di innocenti indifesi.

La violenza si sa… genera morte e distruzione, la vendetta genera odio e dolore, e così assistiamo a un percorso circolare in cui si rincorrono solo gli aspetti più bui dell’umanità. 

Una pace che non si apre, che non ammette solidarietà né comprensione, e che non fa altro che alimentare il male con altro male. Da millenni anni, secoli e in modo più acuto da quel maledetto ottobre, parliamo e scriviamo di questo. 

Eppure le parole, tutte le parole, sembrano scivolare via come acqua su una pietra levigata dall’indifferenza.

È stato superato da tempo ogni limite di sopportazione. Abbiamo visto le cause, immediate e lontane e il numero altissimo di vittime a causa di bombardamenti, scontri, esplosioni e soprattutto carenza assoluta di viveri. Innumerevoli appelli, mediazioni di papi, imam, patriarchi, rabbini, ayatollah, dalai lama, ma anche capi di stato, si sono infranti contro un muro di rifiuto e gli aiuti che sono riusciti a filtrare sono una goccia in un oceano di disperazione.

Vorrei chiedervi: Cosa spinge un essere umano a non fermarsi, a continuare a provocare dolore? Come si trasforma questa sensazione di impotenza che ci assale in qualcosa di concreto? Al sottoscritto sembra che dopo tante parole, l’indifferenza sia nuovamente calata come un velo pesante sul male della guerra, e che la paura ci abbia resi ormai muti. E come ripeto sempre in ogni occasione: il silenzio, si sa, ci rende complici.

Intorno a Gaza, intorno alla Palestina, sono stati eretti muri fisici, visibili, che bloccano l’accesso a chi non è “autorizzato”: aiuti, volontari, occhi del mondo. Ma intorno a tutta questa guerra è stata costruita un’altra barriera, invisibile e più spessa, che blocca l’ingresso alla verità. Una verità che sola potrebbe nutrire la giustizia e restituire dignità a una popolazione stremata. 

Cosa, o chi, impedisce davvero di aiutare esseri umani che vivono in condizioni disumane? Forse la loro debolezza fa paura. Forse la loro rassegnazione non scuote più le coscienze addormentate. Chi sono coloro che scelgono di seguire interessi economici o di potere, aumentando le spese per procurare morte mentre poco più in là c’è abbondanza di quanto servirebbe per vivere? Perché negare un farmaco, un pasto, un po’ di calore, a pochi passi da dove tutto ciò esiste? Il gelo di un terzo inverno, senza il calore della solidarietà, sembra non smuovere più cuori ormai induriti e disconnessi.

Sono domande che restano sospese, rivolte a tutti, perché di fronte a una situazione così disumana la responsabilità è collettiva e diffusa. E mentre ora il Natale si avvicina, con quel suo messaggio di luce, quella terra sembra affondare sempre più nelle tenebre di una maledizione antica. 

Già… da oltre duemila anni, forse anche a causa delle religioni che l’hanno contesa, è un luogo dove la guerra ha segnato l’esistenza dei suoi popoli, dove la pace non è mai stata una realtà, ma solo un’illusione lontana. Le dichiarazioni dell’ultimo anno, l’affannarsi sterile di politicanti e presidenti, non hanno fatto che evidenziare il totale fallimento di ogni politica messa in campo. Le loro parole risuonano vuote in un deserto di azioni efficaci.

Eppure, la risposta che ci viene proposta in questi giorni è la bella storiella (certamente fantasiosa) di un Bambino in povere fasce, nato in una grotta fredda e buia. Un Bambino che porta pace ai cuori senza pace, che è venuto per riconciliare i fratelli. Ed allora proviamo a prendere quanto di buono da quella storia raccontata, sì… celebriamo quel messaggio che dalla grotta di Betlemme è giunto fino a noi dopo più di duemila anni. Ma non possiamo farlo solo nel ricordo rituale o essendo di parte, già… da chi professa una qualsiasi religioni ed odia le altre.

La pace non è un’illusione, è una scelta di vita quotidiana e coraggiosa. È l’unica verità che può spezzare questo cerchio maledetto. È il coraggio di riuscire ad amare il prossimo, anche quando quel prossimo è oltre un muro, oltre un checkpoint, oltre l’abisso dell’odio che quella terra, da millenni, continua a generare!

La confisca c’è, l’indagato pure. Ma chi ha permesso che accadesse? Quando lo strumento della legalità si incaglia nel suo stesso meccanismo.


C’è un’impresa, confiscata da anni, che è riuscita a muoversi come se nulla fosse cambiato.

C’è ora un processo, con richieste di condanne pesanti, e un pubblico ministero che si presenta in persona, segno che la materia non è secondaria, né accidentale.

C’è un nome che non serve citare, perché non è di quello che si tratta: quello che conta è che l’impresa abbia continuato a funzionare dopo la confisca, nonostante la confisca, quasi grazie alla confisca, se è vero che chi la doveva custodire ne è diventato parte attiva.

C’è un amministratore giudiziario oggi indagato per concorso esterno e peculato aggravato, e questo da solo basterebbe a far suonare un campanello: uno solo, ma forte.  

Eppure il punto non è neanche lui, già… il punto è che qualcuno, all’interno del Tribunale – non di Messina, bensì di Catania – avrebbe potuto, anzi avrebbe dovuto leggersi, una decina di anni fa, le segnalazioni che qualcun altro aveva depositato (per non voler aggiungere “protocollato) con cura, anche con timore, ma con la speranza che qualcosa cambiasse.

Non erano voci, non erano sospetti: erano documenti, date, firme, ma soprattutto circostanze concrete, inequivocabili.

Se qualcuno quei documenti li avesse letti e, soprattutto, li avesse presi sul serio, oggi non saremmo qui a sentire un Pm chiedere pene così alte per reati che, di fatto, potevano essere interrotti molto prima.

Chissà se, in questo momento, quel “qualcuno” – di cui si conosce nome e cognome, anche se non serve, in questa sede, scriverli – non stia controllando il telefono più del solito, non stia ripensando a scelte fatte o dovrei dire… non fatte, non stia misurando il rischio che la persona ora sotto processo, decida di parlare, non solo di ciò che ha fatto, ma di ciò che è stato permesso.

Non è fantasia, non è suggestione: è una possibilità che conoscono bene coloro che hanno seguito la vicenda fin dall’inizio, ne conoscono i passaggi, le omissioni, i silenzi che pesano più delle parole.

E forse –  per ora solo forse – c’è chi oggi, pur stando dentro le istituzioni, non sa più come muoversi: ogni passo rischia di incrinare non un singolo errore, ma un intero sistema fatto di sguardi bassi, di fascicoli chiusi in un cassetto, di silenzi scambiati per prudenza e di scelte giustificate come “opportunità”, ma che forse hanno radici più opache.

Chissà se una luce più insistente – quella, per dire, di un’inchiesta condotta con metodo e pazienza, lontana dal clamore ma vicina ai documenti – potrebbe finalmente illuminare quei meandri in cui la legalità si perde non per violenza, ma per omissione.

Non serve chissà quale rivelazione: a volte basta qualcuno disposto a voltare pagina, davvero, e a leggere fino in fondo.

C’è chi ieri ha parlato di estorsione, di violazione della pubblica custodia, di sottrazione di beni sequestrati – tutti reati gravissimi – e lo ha fatto con chiarezza, con rigore.

C’è chi ha confermato che l’impresa, nonostante la confisca, non ha mai smesso di operare sotto certe logiche…

C’è chi ha ascoltato, ieri, le arringhe della difesa, e chi ha notato l’assenza – significativa – di due parti civili che avrebbero dovuto esserci: l’Agenzia nazionale per i beni confiscati e il Comune. 

E c’è chi, leggendo tutto questo, non prova rabbia, non prova soddisfazione, ma un senso profondo di stanchezza morale: perché non è la prima volta, non sarà l’ultima… e ogni volta si ripete lo stesso schema. La denuncia arriva, qualcuno la riceve, nessuno la legge fino in fondo, oppure preferisce insabbiarla nell’ultimo cassetto.

Finché non è troppo tardi, fintanto che improvvisamente non diventa notizia, dopo che arriva un’inchiesta giudiziaria, un processo, sì… per ricordare ciò che un semplice atto di attenzione avrebbe potuto evitare.

Ma forse – mi viene ora da chiedere – andava bene così?

La grammatica del potere.


Buonasera. Mentre ascolto i telegiornali, nazionali e regionali, seguo l’inesorabile scandire delle inchieste e mi fermo a considerare la natura di quel potere che ci governa. Si muove attraverso referenti che si interfacciano con meccanismi illegali e silenziosi, quasi invisibili, eppure così profondamente incisivi per la comunità. La sua pressione è costante, simile a quella di un’infezione che si autoriproduce, giorno dopo giorno, senza bisogno di giustificarsi. E allora la domanda sorge spontanea, persistente: quanti altri anni dovremo attendere prima di ribaltare questo stato di fatto?

È proprio questa l’impressione che mi rimane, ascoltando ogni giorno le parole di quei giornalisti che ormai ripetono quelle notizie come se appartenessero alla normalità, come il bollettino meteorologico. E si osservino, quelle “cicale” intervistate, che offendono con la loro presenza le stesse istituzioni che dovrebbero rappresentare. Basta guardare i loro occhi nello schermo per comprendere quanto poco siano limpidi, quanta opacità vi sia nei loro sguardi.

Il dato più assurdo è che i miei connazionali sanno perfettamente che non si tratta di episodi isolati, non sono più responsabilità individuali da isolare e condannare. Quello che avviene da ormai troppo tempo è una pratica consolidata, una sorta di grammatica condivisa del comando. In questo lessico, la corruzione non è più un’anomalia, bensì il modo stesso in cui si parla, si decide, si progetta.

Non provano alcuna vergogna nel commettere certi reati alla luce del sole, o nel celarsi dietro appuntamenti furtivi in luoghi dove si sa non esserci telecamere. Oggi basta sedersi in un bar, mentre si prende un caffè, durante una telefonata amichevole. È in questi momenti, apparentemente innocui, che si decide quella cosiddetta consulenza “tecnicamente necessaria”, quell’incarico che arriva dopo anni di fedeltà silenziosa.

È una corruzione che non ha paura, anzi si espone affinché tutti vedano e, in un certo senso, “comprendano” come stanno le cose. Del resto, questi soggetti sanno bene di poter fare affidamento su chi li sta osservando. Perché anch’essi, compromessi da quel sistema clientelare, sono gli stessi individui che proteggono quella struttura. Non solo con complicità tacite, ma attraverso un’intera architettura di relazioni, di debiti, di promesse non dette ma perfettamente comprese.

Parlo di una corruzione che non imbarazza più nessuno, perché ormai fa parte del contesto. Come il rumore di fondo in un bar, come una porta chiusa in un ufficio pubblico. Sì, come il silenzio dei cittadini che hanno imparato, con il tempo, a non chiedere spiegazioni e soprattutto a non fare domande.

Eppure, tutti sanno cosa vi sta dietro. Vivono ogni giorno quanto avviene nel proprio ambito professionale, sono perfettamente consapevoli del comportamento disonesto che viene messo in campo. Dal più umile lavoratore qualificato al più alto dirigente che si presta a concedere proroghe insensate, dietro una gara fatta su misura, dietro ogni nomina che appare più legata a un ringraziamento che a una competenza.

In tutto ciò che avviene intorno a noi, c’è sempre qualcosa di più grave del semplice malaffare. C’è la costruzione, pezzo dopo pezzo, di un sistema in cui non si vince per merito, ma per appartenenza. Non si cresce per capacità, ma per obbedienza. Non si leggono più i curriculum, e ancor meno si chiede “cosa sai fare”. Perché tutto gira intorno alla persona che ha fissato quel colloquio, la stessa a cui successivamente – a seconda da quale parte della scrivania ci si trova – si dovrà dare, o ricevere, qualcosa.

E così gli anni passano. Senza colpo ferire, si smantella ogni idea di futuro collettivo, di equità sociale, di contrasto all’illegalità. Il tutto viene sostituito da una gestione sterile del presente, in cui il potere non costruisce, non innova, non investe. Semplicemente, come un cancro, si riproduce. Anno dopo anno, progetto dopo progetto, genera dipendenza anziché opportunità, conformismo anziché partecipazione.

Allora mi chiedo: cosa resta a chi, come me, non vuole piegarsi? A chi ancora prova a guardare la propria terra con occhi non rassegnati? Forse nulla. Sì, serve a poco nominare le cose con il loro nome: una corruzione sistemica, diffusa, quotidiana. Resta, è vero, la possibilità di chiedere giustizia, non solo nei tribunali ma anche nelle piazze. Sempre più esigue e con una partecipazione che di solito non nasce dal desiderio di far sentire una voce per il bene comune, ma per un tornaconto esclusivamente personale. Sì… per quell’orticello che minaccia scioperi in cambio di un aumento, di una riforma fiscale, e appena, da quei governi, si ha la certezza di aver ottenuto quanto richiesto, ecco che, prese le briciole, si torna felicemente a casa.

Per fortuna, qualcosa di quella protesta autentica resta. Non nelle parole riportate dalle testate dei giornali o in certe pagine web, solitamente nelle mani di imprenditori fortemente collusi con il sistema, ma nei blog, nei commenti, nelle email che ancora, per fortuna, vengono scambiate tra cittadini liberi e moralmente onesti. Certamente stanchi, ma non ancora rassegnati.

Sì, a noi esigui paladini resta la possibilità di ricordare a tutti quei ragazzi – non ancora infettati dal sistema e, ahimè, a volte dai propri familiari – che la legalità non è un optional morale, ma il fondamento stesso della dignità umana e di una comunità che vuole restare tale. Senza di essa, tutto il resto serve solo da decoro superficiale. Quanto a me, se proprio devo mostrarmi, preferirei esser ricordato come chi ha combattuto per la giustizia sociale, piuttosto che come uno spettatore compiacente.

Perché, in fondo, non è la presenza della corruzione a fare più paura, quella, sapete bene, in forme diverse c’è sempre stata. È la sua normalizzazione a essere spaventosa. Quell’assenza di indignazione, di domande, di quella sana e irriducibile insofferenza che dovrebbe animare chiunque abbia a cuore la vita comune.

Ecco perché continuo a scrivere. Non per ricevere contributi finanziari, né per obbligare il lettore a piegarsi a logiche promozionali. Ancora meno mi serve stimolare clamore o accumulare notorietà. Non sarà mai il numero dei follower a far accrescere la mia, già personale, autostima. Continuo a scrivere per denunciare, per segnalare, per far svergognare qualcuno, o più di uno. Non perché sia certo di riuscire a cambiare questo stato di fatto. Ma perché, finché qualcuno lo fa, qualcosa, da qualche parte, non è ancora morto del tutto.

25 Novembre: una data importante che interroga le nostre coscienze…


Ripropongo oggi un post che avevo scritto ieri, 25 novembre, una data che si ripete ogni anno con il suo carico di dolore e di moniti. È una giornata in cui le bandiere sventolano a mezz’asta per le donne che non ci sono più, un promemoria collettivo che dovrebbe scuoterci dal torpore.

Eppure, ogni volta che questa ricorrenza ritorna, mi chiedo quanto sia profonda la distanza tra le parole che pronunciamo e la realtà che continuiamo a tollerare.

Leggi vengono approvate, decreti si susseguono, eppure il fiume di sangue non si arresta. Si discute di braccialetti elettronici, di ammonimenti, di inasprimenti delle pene, come se la violenza fosse un problema di ingegneria sociale da risolvere con un regolamento più severo. Ma il cuore del male rimane intatto, protetto da un muro di indifferenza e da una cultura che fatica a riconoscere l’odio per quello che è.

Ci hanno detto che settantacinque coltellate non sono crudeltà, ma solo inesperienza. Una sentenza che sembra uscita da un racconto distopico, dove la sofferenza più atroce viene ridotta a una mancanza di pratica, come se il male avesse bisogno di un manuale di istruzioni.

Questo non è un errore giudiziario, è il sintomo di una malattia culturale che pervicacemente si rifiuta di vedere la violenza maschile per quello che è. Non un raptus, non un incidente di percorso, ma un meccanismo di potere, un linguaggio tossico fatto di possesso e di distruzione. Un sistema che, di fronte all’evidenza più macabra, continua a cercare attenuanti, a chiamare l’odio con nomi più gentili, come “delirio” o “eccesso passionale”.

Finché continueremo a farlo, finché la crudeltà dovrà essere dimostrata come un optional e non l’essenza stessa del femminicidio, allora nessuna legge basterà. Perché le leggi possono condannare, ma solo la cultura può riconoscere e prevenire. Ci illudiamo che un provvedimento legislativo possa essere la panacea, mentre il problema affonda le sue radici in un terreno incolto, dove sono assenti l’educazione al rispetto e l’alfabetizzazione emotiva.

Sono gli uomini che odiano le donne, perché hanno paura di loro, della loro forza, della loro intelligenza, della loro libertà. Vedono il rapporto non come una crescita comune, ma come una sfida da vincere, un territorio da dominare. A me, nella mia vita, è sempre stato chiaro che le donne vanno solamente amate, già, per come ho fatto io in tutta la mia vita. È una verità semplice, che dovrebbe essere il fondamento di ogni rapporto.

E allora viene da chiedersi, cosa dovrà ancora succedere. Quante Giulia, quante vite spezzate dovranno ancora attraversare le nostre cronache prima che si ammetta l’ovvio. Che non esiste una violenza contro le donne normale, che ogni femminicidio è già di per sé un atto di crudeltà inaudita. E che finché continueremo a sminuirla, a cercare scappatoie, a chiamarla con altri nomi, nessuna donna sarà mai al sicuro.

L’invito a non voltarsi dall’altra parte, a denunciare, a intervenire, rimane un imperativo categorico. Perché il silenzio e l’indifferenza uccidono tanto quanto un pugnale. E forse, è proprio questa indifferenza la complicità più grande, quella che permette a tutto questo di ripetersi, anno dopo anno, in una data che dovrebbe ricordarci un impegno, e che invece rischia di diventare solo una triste liturgia della nostra incapacità di cambiare.

Caro Salvo (Ficarra), la piazza è vuota, ma io sono qui che ti aspetto!


Ho letto ieri sera un’intervista di Irene Carmina a Salvo Ficarra, e sono state le sue prime parole a colpirmi…

Parlava di un limite, usava la metafora della casa comune, depredata non solo dei suoi valori più preziosi ma persino delle cose più umili, quelle di ogni giorno. A quel punto, diceva Ficarra, scatta qualcosa: ci si chiede, ma un limite non dovrebbe esserci? E la risposta, amara, era che forse quel limite in Sicilia lo abbiamo superato da tempo.

Dopo aver letto quell’intervista con passione, ha serpeggiato in me un interrogativo ancora più amaro, già… le stesse sue parole che vado ripetendo da anni: come mai non siamo ancora scesi in piazza a dire basta, a pretendere che qualcosa, finalmente, cambi? Come mai i miei conterranei non fanno nulla per cambiare questo stato di cose che, da quasi un secolo, infetta questa nostra terra?

Nel 2015 provai a dare una risposta attraverso un post intitolato “È la mafia che ha preso dai siciliani o sono i siciliani che hanno preso dalla mafia?“. Ma risposta non c’era. Forse perché, come scrivevo allora, mi stavo convincendo ogni giorno di più che diventa difficile credere – per la maggior parte dei siciliani – di poter estirpare ciò che da sempre appartiene organicamente al Dna della nostra vita, accettato da oltre un secolo, dal corpo e dalla mente. Potrei dire metaforicamente che è ormai “cosa nostra“!

Scendere in piazza sarebbe bello per cambiare definitivamente questo stato di cose. Ma la verità è che i siciliani l’hanno fatto una sola volta, e parliamo di un tempo lontanissimo: quello dei Vespri. Mi sono ormai convinto che la maggior parte dei miei conterranei è corrotta nell’animo. Non definirei mafiosi tutti i siciliani, sarebbe scorretto e ingiusto; ma la Sicilia non ha nulla a che fare con la mafia? Ahimè non è così, se essa vive, prospera e si sviluppa a macchia d’olio in questo territorio, la colpa principale è proprio dei siciliani.

Osservate i comuni sciolti per mafia, i sindaci coinvolti in inchieste giudiziarie, i deputati, gli assessori, i consiglieri, tutti quegli appartenenti a giunte di partito che, da tempo posti sotto processo, continuano purtroppo a sedere su quelle poltrone. Non voglio ergermi a paladino della giustizia – chi mi conosce sa che è proprio ciò che faccio quotidianamente – ma la verità, senza alcun tono polemico, è che dietro a questa nostra società vi è una parte consistente di miei conterranei che non fa il proprio lavoro in maniera onesta. Opera costantemente nell’illegalità, proprio attraverso i propri incarichi, per ricevere mensilmente un ulteriore tornaconto economico.

Ecco qual è la più pericolosa associazione illegale di questa terra: non la mafia, i mafiosi o i loro familiari. Sono le persone insospettabili, quelle che conosciamo tutti, che detengono il potere sociale, economico e finanziario e rappresentano un vero e proprio cancro per questa terra. Parliamo di una classe dirigente che si fa incantare dalle lusinghe, dalle carriere, dalle promesse di favori e dal denaro messo loro a disposizione, lo stesso con cui alimentano quel mondo corruttivo.

Ai siciliani interessa poco confrontarsi con la mafia, anzi non gli importa minimamente di farne parte. A loro interessa soltanto cosa si può ricevere da essa: approfittare del bisogno di quell’organizzazione per entrare negli appalti pubblici, nei finanziamenti, nella gestione degli interessi imprenditoriali, per ottenere autorizzazioni, concessioni, sfruttare i posti di lavoro offerti, ricevere mazzette, raccogliere quel voto di scambio ottenuto grazie ai consensi sociali di cui essa gode nel territorio.

La Sicilia è bellissima, ma ahimè corrotta nell’animo. Certo, non tutti i siciliani risultano contagiati, ma la maggior parte di essi evidenzia una particolare bramosia che li tiene saldamente soggiogati. La Magistratura ormai ci propina inchieste che conosciamo a memoria, nomi di indagati che hanno la durata di un istante e noi tutti ci siamo stancati di leggere quei nomi. Dice bene Ficarra: in questa storia non c’è proprio nulla di comico, neppure un barlume.

Ma caro Salvo, questa è la società che essi preferiscono: immobile, rassegnata, soprattutto individualista, che tende ad escludere i bisogni della maggioranza, premiando esclusivamente le necessità personali e familiari, il proprio orticello. Perché a questi siciliani non importa la condizione in cui vivono, né ricercano un futuro migliore per i propri figli. Preferiscono subire il fascino dell’agonia, di quell’angoscia vissuta sulla propria pelle, quasi vivendo in attesa di un miracolo.

Basta osservare quanto avviene intorno a noi: una vera e propria negazione sociale che spinge ciascuno verso lo scetticismo, allontanando ogni ipotesi di miglioramento. Una contraddizione latente che cerca in ogni occasione quel consenso politico, quel sistema affaristico e clientelare legato a filo diretto con il mondo illegale, mafioso e consociativo. Ecco la doppia anima dei siciliani: quella a cui non interessa riflettere, quella che pur amando la propria terra non vuole cambiare rotta, che resta elettrice “fedele” di quanti, grazie a quel voto, hanno abusato del potere conferito loro.

Ai siciliani – lo dimostrano nelle votazioni regionali e nazionali – non interessa un cambiamento, una nuova possibilità. In loro non vi è alcuna insofferenza, né fermento di rivoluzione. Non riescono neppure ad aggregare e mobilitare quelle poche forze oneste in grado di spezzare il circuito dell’illegalità e della corruzione. Alla maggior parte di loro non serve: va bene così. Peraltro, non è grazie a quel mondo – e soprattutto a quell’economia sommersa – che riescono a sopravvivere?

Non posso che apprezzare le parole espresse da Ficarra. Sì… sarebbe bello se a quelle parole si potesse dare seguito con i fatti, iniziando a scendere in piazza per farci sentire da chi non vuole ascoltare. 

Io comunque sono già qui, in attesa che anche lui mi raggiunga. Auspico solo che, alla fine, in mezzo a quest’enorme piazza, non saremmo solo in due

“Enjoy” si è fermata a Eboli? No… a Castel di Iudica!


Già… in questo nostro Paese, il più delle volte ci si gira dall’altra parte, come se voltare lo sguardo bastasse a cancellare i problemi. 

Viceversa il sottoscritto – proprio due settimane fa – mentre tornavo a casa lungo una strada desolata che da Castel di Iudica conduce verso l’autostrada A19 (Catania-Palermo), non ha potuto che notare un’auto: nuova, bella, rossa, con il logo “Enjoy” stampato sulla carrozzeria, come un ironico slogan pubblicitario, abbandonata lì… in mezzo al nulla.

All’inizio sembrava solo parcheggiata in modo strano, forse dovuto a un problema meccanico o chissà a un errore di qualcuno che in maniera celere l’avesse abbandonata, ma poi, giorno dopo giorno, ho visto i pneumatici sparire, i cerchioni strappati e via via, sembra apparire come ossa da uno scheletro, mentre i ladri – o forse qualcuno in cerca di ricambi per la stessa marca – inizia a smontare pezzo a pezzo, quel relitto sotto il naso di tutti.

Pensavo altresì ai possibili rischi, già… a ragazzini che per gioco potrebbero lanciare sassi contro quei finestrini e ai poveri ciclisti che rischierebbero di finire in mezzo ai vetri divelti, eppure vedendo quell’auto mi son chiesto come mai finora nessuno avesse mosso un dito? Le forze dell’ordine, secondo quanto riportato al bar la scorsa settimana – dove avevo preso un caffè – erano passate a controllare.

Ed allora pensavo: ma c’è qualcuno a cui interessa? Perché nessuno ha chiamato un carro attrezzi? Ed allora stamani ho rallentato e l’ho fotografata nuovamente e mi sono chiesto se non fosse il caso di segnalarla anche attraverso questo blog, ripensando ai rischi che quell’auto possa – in quelle condizioni – provocare, soprattutto di notte, quando l’area è così fitta che sembra di camminare a occhi chiusi.

Eppure si tratta di una vettura a noleggio, non un relitto di proprietà privata. La società dovrebbe sapere dov’è, no? O forse no. Forse il sistema di tracciamento è stato disattivato, forse è stata rubata, forse il cliente l’ha lasciata lì dopo un guasto e tornato a riprenderla ma viste le sue condizioni, ha deciso di fare diversamente… 

Ma la vera beffa è che “Enjoy” (che significa godimento, in inglese) è diventata il nome di un monumento all’indifferenza.

Chi l’ha abbandonata? Un utente distratto che ha premuto “fine noleggio” senza accorgersi di aver lasciato l’auto in mezzo al deserto? Un dipendente troppo impegnato a compilare scartoffie per verificarne la posizione? O forse siamo tutti colpevoli, già… noi che passiamo e non facciamo niente, convinti che “tanto non è affar nostro”?

E così… mi torna in mente quel film, “Cristo si è fermato a Eboli”, dove la storia cerca di spiegare il mondo, guardando tra le sue pieghe più nascoste. Solo che qui, a Castel di Iudica, non è Cristo che si è fermato: è il senso civico!

È l’idea semplice che, se vedi un’auto abbandonata in una zona pericolosa, fai una telefonata. Che se sei delle istituzioni, non ti limiti a controllare e basta: agisci!

Invece, no… siamo qui a quasi due settimane di distanza, e nessuno ha chiamato un carro attrezzi. Già… si preferisce parlare al bar, lamentarsi tra un caffè e l’altro, e poi tornare a casa senza alzare lo sguardo e aspettare che quell’auto diventi prima o poi un problema.

Mi chiedo: quanto deve durare questa farsa? Quanti vetri devono andare in frantumi, quante altre altre parti meccaniche o di carrozzeria debbono esser trafugate, prima che qualcuno decida di muovere un dito?

Forse basterebbe una segnalazione, un messaggio alla società, auspico solo che non si preferisca – come sempre – che siano gli altri a risolvere i problemi. La vera tragedia infatti, non è l’auto abbandonata, è che nessuno si sente responsabile di rimetterla in carreggiata.

Spero quantomeno che questo post, con la targa ben visibile, arrivi a chi di dovere. Ma la domanda che mi porto dietro è un’altra: quando capiremo – noi cittadini – che la civiltà non è solo questione di leggi o di controlli, ma di guardare ciò che abbiamo davanti e non far finta di non vedere, ma fare sempre la nostra parte? 

INCREDIBILE: sono le 13.45 ed è successo. L’auto è stata ritirata con un carro attrezzi. Proprio adesso, dopo due settimane di abbandono, di cerchioni rubati, di vetri a rischio per i ciclisti, dopo tutti i caffè al bar in cui si parlava di “non è affar mio”, dopo le forze dell’ordine che hanno controllato e basta… è bastato scrivere un post, mostrare la targa, ricordare che la civiltà non è un optional.

Mi chiedo: se è successo così in fretta, perché non è accaduto prima? Perché ci voleva un cittadino che alza la voce, che non si gira dall’altra parte, per far muovere le cose? Forse perché a volte basta un granello di sana vergogna, un po’ di luce puntata su un angolo dimenticato, per smuovere ingranaggi che sembravano arrugginiti. O forse, semplicemente, qualcuno ha letto queste righe e ha deciso di fare la sua parte.

Non voglio esultare, non ancora. Perché la vera vittoria non è il carro attrezzi che se ne va con quel relitto, ma il fatto che, per una volta, qualcuno ha scelto di non voltare lo sguardo. La domanda resta: perché aspettare sempre che sia un post a risolvere ciò che dovrebbe essere normale? Perché lasciare che siano i cittadini a fare il lavoro che spetta ad altri?

Intanto, però, oggi auspico di avervi trasmesso una cosa: a volte, basta poco. Un click, una segnalazione, un “non mi va di tacere”. Non è molto, ma è già qualcosa. E se questa auto è finalmente sparita, spero che domani non ce ne sia un’altra al suo posto. Perché la civiltà non è questione di miracoli: è questione di non smettere mai di guardare!

Non lasciare che le critiche distruggano i tuoi sogni. L’unica persona che non commette mai errori è quella che non fa nulla!


Non sono certo che quanto raccontato sia realmente accaduto e sospetto che questa storiella su Einstein che ho trovato nel web, possa essere una di quelle notizie create per aumentare lo share…

Tuttavia, leggendola, ho pensato a lungo a quanto sia profondamente vero quanto descritto, perché rappresenta perfettamente il mondo in cui viviamo oggi e soprattutto la stupida semplicità di molti suoi interpreti.

Ed allora eccovi riportata la nota: Un giorno Albert Einstein scrisse sulla lavagna: 9 x 1 = 9, 9 x 2 = 18, 9 x 3 = 27, 9 x 4 = 36, 9 x 5 = 45, 9 x 6 = 54, 9 x 7 = 63, 9 x 8 = 72, 9 x 9 = 81, 9 x 10 = 91. Nella sala scoppiò il caos perché tutti videro l’errore e iniziarono a prenderlo in giro. Lui aspettò che tutti tacessero e disse: “Anche se ho risolto correttamente nove problemi, nessuno mi ha applaudito. Ma quando ho fatto un errore, tutti hanno iniziato a ridere”.

Questa è l’essenza del giudizio superficiale che domina la vostra mente, dove il clamore per un solo fallimento oscura il silenzio per nove vittorie. È la prova che la società noterà sempre il tuo minimo sbaglio, perché è più facile deridere che comprendere, è più comodo distruggere che costruire.

E questo meccanismo perverso è alimentato proprio da quella massa di interpreti retti dalla stupida semplicità, che si affrettano a giudicare senza mai aver prima operato.

Ed anch’io infatti, per chi non fa nulla, per tutti quegli ignavi che osservano dal bordo del campo senza mai sporcarsi le mani, non provo che un disprezzo assoluto. Già… la stessa indignazione che riservo anche a quanti, peggio ancora, si sono fatti lacchè servili di questo sistema corrotto e clientelare, piegando la schiena in cambio di un misero vantaggio.

La loro è una vigliaccheria che supera ogni errore, perché mentre lo sbaglio di chi agisce è un segno di umanità, la loro perfezione sterile è il sigillo della viltà!

Ecco perché rivolgendomi a quanti – tra i miei giovani lettori – sono ancora puri e non compromessi, anche – ahimè – dagli infetti insegnamenti sterili dei propri genitori che si sono da tempo venduti, perdendo la dignità, beh… dico loro: non lasciate che le altrui risate, che il loro stridulo coro di critiche, distruggano i vostri sogni.

Continuate a scrivere sulla lavagna della vita, anche se il decimo risultato potrebbe essere sbagliato, perché l’unica persona che non commette errori è quella che non fa nulla, e quella è una condanna ben peggiore di qualsiasi giudizio!!!

Lasciamo quindi che continuino a ridere del nostro presunto 9 x 10 = 91. La loro risata è l’inno di chi non ha mai osato abbastanza da rischiare di sbagliare. Noi, invece, continueremo a costruire, problema dopo problema, con la nostra imperfezione come stendardo e la nostra integrità come unica bandiera.

Perché è solo chi non fa nulla che non sbaglia mai, ed è proprio quella la sua unica, triste, vittoria…

Quanti morti servono prima che il governo impari a intervenire dove conta? Le procedure di sicurezza sono solo carta straccia.


Ogni giorno leggo, ahimè, numeri sempre più crescenti, sperando che finalmente qualcuno, da quei palazzi istituzionali, potesse comprendere la profondità dell’emergenza.

Debbo ammettere che, in tutti questi anni, mi sono sbagliato, già… perché mentre cercavo di analizzare quei dati e proponevo – anche in questo blog – una serie di possibili soluzioni, mi sono reso conto che la situazione reale, ahimè, è ancora più tragica e allarmante di quanto immaginassi.

Tutto quel fiume di carta, quelle montagne di documenti inutili servono a poco se, alla fine, manca del tutto la verifica sul campo, il controllo effettivo capace di impedire alle aziende di ricorrere a stratagemmi pur di strappare fino all’ultimo minuto di lavoro da persone ormai stremate.

Una stanchezza fisica che si trasforma in disattenzione, in un attimo di fatalità: la diretta conseguenza di una cultura del lavoro malata, dove la produttività viene prima della vita umana e le procedure di sicurezza sono viste come ostacoli da aggirare.

Dietro quei numeri, infatti, si nascondono le storie di chi paga il prezzo più alto: lavoratori più vulnerabili che affrontano rischi enormemente superiori, un divario inaccettabile che parla di sfruttamento e di una tutela minore per chi ha meno voce in capitolo.

È una strage silenziosa e selettiva, e la sua geografia è eloquente: alcune regioni del paese vivono in una perenne emergenza, sintomo di un problema radicato e di un sistema di controlli che evidentemente non funziona – o non arriva in modo uniforme.

I settori più colpiti sono noti da anni per la loro pericolosità, eppure sembra che poco o nulla cambi nelle dinamiche che portano a queste tragedie. È agghiacciante constatare l’aumento delle morti durante il semplice tragitto verso il lavoro: un logoramento che si estende ben oltre i cancelli dell’impresa.

Ciò che davvero mi fa arrabbiare, oltre alle vite spezzate, è la sensazione che tutta l’impalcatura normativa rischi di trasformarsi in un gigante burocratico dai piedi d’argilla. Si parla sempre di nuovi accordi e linee guida, ma tutto ciò non serve a nulla se manca il coraggio di andare a scovare e punire severamente quelle imprese che, per profitto, alimentano un sistema di illegalità e sfinimento.

Alla fine, dietro queste mie analisi si nasconde una verità scomoda che forse nessuno vuole realmente affrontare: molto spesso, la sicurezza viene sacrificata sull’altare del risparmio. O chissà, magari perché il sistema viene costantemente “oliati” da chi di dovere, e così tutto finisce per passare in secondo piano.

Lo ripeto: serve una strategia totalmente diversa da quella finora messa in campo – da chi, tra l’altro, seduto da sempre in quelle poltrone, non sa neppure cosa significhi lavorare, sporcarsi le mani, né tantomeno comprendere quali meccanismi adottare per far finire, o quantomeno ridurre a un banale incidente (che, naturalmente, può sempre capitare), tutto questo.

Serve qualcosa che vada oltre la preparazione di documenti sterili e poco verificabili, visto che la maggior parte di essi si basa su vere e proprie autocertificazioni.

Manca, invece, il controllo serio. E soprattutto manca la volontà di far crescere una cultura del lavoro che ponga la dignità della persona al centro. Perché finché continueremo a contare i morti invece di proteggere i vivi, ogni numero sarà soltanto una sterile confessione della nostra indifferenza.

“Cà… non si jetta nenti”. Quando il rifiuto diventa business!

C’è un silenzio strano che accompagna certi autocarri… già sono carichi di qualcosa chiamato “rifiuto”, pericolo e non…

Già…. nessuno li vuole nel proprio Comune, e allora vengono diretti chissà dove, con documenti che forse non quadrano. Ma tanto si sa: nessuno controllerà davvero.

Sì, sembra tutto regolare, tutto in ordine, eppure, dietro quelle procedure si nasconde un movimento furtivo, un percorso che sa come evitare gli sguardi indiscreti.

Dietro ogni bidone, ogni tonnellata di materiale, ogni discarica – autorizzata o no – c’è un giro di soldi che fa invidia ai principali indici mondiali. E non parlo di pochi euro, ma di milioni. Milioni che si muovono tra le pieghe di un sistema che, sulla carta, dovrebbe proteggerci, ma che in realtà, costantemente, ci tradisce.

Il rifiuto, in fondo, è solo un errore di prospettiva. Per qualcuno è immondizia; per altri, è materia prima. E quando quella materia prima non ha un prezzo stabilito, quando il suo valore dipende da chi la smaltisce, da chi la ricicla, o da chi, ancor peggio, la brucia o la seppellisce illegalmente… ecco che diventa terreno fertile per chi sa muoversi nell’ombra.

Non importa di cosa si tratti. L’importante è che qualcuno paghi per farla sparire. E chi riesce a farla sparire – anche se lo fa male, anche se la nasconde in un campo invece che in un impianto autorizzato – intasca. E ahimè, intasca bene!

Ecco così che nascono le discariche abusive, scavate nel terreno come fossero tombe per la dignità di un territorio. Ecco sorgere falsi impianti di riciclaggio, dove il materiale non viene mai lavorato, ma solo accumulato, per poi sparire di nuovo o essere rivenduto per riempimenti, colmate, e via discorrendo. E così, mentre sulle carte tutto risulta trasformato, rigenerato, reinserito nel ciclo produttivo… quel materiale misteriosamente svanisce.

Per far ciò, nascono società fantasma: niente autocarri, niente dipendenti, men che meno stabilimenti. Eppure emettono fatture, mensilmente, appoggiandosi ad autorizzazioni ottenute con nomi prestati, documenti taroccati e, soprattutto, funzionari compiacenti.

E così, mentre questo sistema marcio gira, l’ambiente si ammala, l’acqua si inquina, l’aria diventa veleno. E nessuno alza la voce. Sì, perché qualcuno, da qualche parte, sta guadagnando troppo. E non ha alcuna intenzione di fermarsi.

Eppure, il problema non è solo di chi smaltisce il rifiuto, è di chi decide cosa farne, e soprattutto di come si controlla la sua tracciabilità. Perché dietro ogni tonnellata di rifiuto c’è un appalto, una gara, una commessa che può valere milioni e milioni di euro. E quando i controlli sono deboli, quando chi dovrebbe vigilare chiude un occhio – anzi, tutti e due – allora il crimine organizzato capisce in fretta che gestire i rifiuti è più redditizio della cocaina.

Senza confini, senza rischi di sequestri, con coperture legali che durano anni. Basta un autocarro, un terreno isolato, uno stabilimento interdetto. Gli si aggiunga un funzionario corrotto… ed ecco, il gioco è fatto. Il rifiuto non è più un problema ambientale: diventa un prodotto. E come ogni prodotto, ha un prezzo. Solo che quel prezzo lo paghiamo noi, in salute, con un paesaggio contaminato: suolo, acqua, aria avvelenati. Non solo: la dispersione di sostanze tossiche rende il territorio inadatto all’agricoltura, creando effetti devastanti sugli ecosistemi.

Ma forse la cosa più amara è che tutto questo accade mentre parliamo di economia circolare, di sostenibilità, di transizione ecologica. Belle parole, progetti ambiziosi. E soprattutto, finanziamenti europei. Fondi ricevuti per il riciclo, incentivi incassati per le energie pulite. Ingenti somme di denaro che finiscono nelle tasche di chi ha imparato a falsificare – persino la coscienza.

Perché il rifiuto, se ben gestito, potrebbe davvero diventare risorsa. Potrebbe ridurre l’inquinamento, creare lavoro vero, alimentare nuove industrie. Ma quando il sistema è infetto, quando la trasparenza è un optional, allora anche la speranza si trasforma in merce di scambio.

E allora, “ca’ non si jetta nenti” diventa una frase amara, ironica, quasi beffarda. Perché in realtà si getta tutto: la legalità, la responsabilità, e soprattutto il futuro!

Si tiene solo il guadagno. Sporco, silenzioso, continuo. Fino a quando qualcuno non deciderà che quell’autocarro illegale non deve più circolare per le nostre strade. Fino a quando qualcuno – onesto e incorruttibile – capirà che il rifiuto non è un affare, ma un dovere.

Perché se quel dovere non inizieremo a rispettarlo, tra un po’ di anni… lo pagheremo tutti. In particolare i nostri figli. E i nostri nipoti.

I raggiri di Ferragosto sono i più esilaranti… peccato non siano una barzelletta!

Ferragosto, si sa, è il periodo della spensieratezza e così, mentre la maggior parte del Paese si gode il sole in spiaggia, il silenzio della montagna o il rumore di una griglia accesa, c’è chi, invece, approfitta di questa tregua collettiva per muoversi nell’ombra…

E no, non sto parlando di fantasmi, ma di raggiri, truffe e abusi che sembrano moltiplicarsi proprio quando gli uffici giudiziari sono ridotti all’osso e le procure lavorano a rilento.

Ho letto alcune notizie in questi giorni sul web che, più che indignarmi, mi fanno sorridere amaramente…

Perché è tutto così prevedibile, eppure nessuno sembra accorgersene. Le forze dell’ordine? Prese tra turni ridotti e emergenze estive. Le procure? Metà in ferie, l’altra metà probabilmente sommersa da pratiche o, peggio, gestita da chi ancora non ha l’esperienza per riconoscere ciò che sta davanti ai suoi occhi.

E difatti, mentre i cittadini credono di vivere in un Paese dove la legalità non va in vacanza, la realtà è ben diversa. Chi vuole agire illegalmente sa benissimo che agosto è il mese perfetto: meno controlli, meno personale, ma soprattutto meno attenzione!

E se per caso qualcuno – già… con il mio stesso acume, ma diversamente da me che non ricopro ruoli istituzionali – si dovesse accorgere di qualcosa che non va… già, cosa fare? Basterà, come al solito, aspettare…

Sì… aspettare che un esposto, magari scritto nei modi e nei tempi imposti dalla Legge Cartabia – quella stessa legge che, guarda caso, sembra fatta apposta per scoraggiare le denunce – giunga sulla sua scrivania. E nel frattempo? Nel frattempo, tutto procede come al solito, con la complicità di chi, invece di vigilare, abbassa lo sguardo o, peggio, finge di non vedere.

Mi chiedo: è davvero solo incapacità? O c’è dell’altro? Perché certe dinamiche sembrano ripetersi con una precisione quasi sospetta. Funzionari compiacenti, pratiche che si perdono nel vuoto, tempistiche che coincidono troppo bene con le assenze dei vertici. E dovrei aggiungere quanto, ahimè, ho scoperto… ma così sarebbe troppo semplice, quantomeno per chi dovrebbe scoprire i raggiri posti in atto.

Continuare ad aiutarli non mi sembra più così corretto: d’altronde, è quello il loro lavoro (sono loro a prendersi le “coccarde”). E quindi, se non sanno compiere bene il proprio lavoro, forse, chissà… dovrebbero cambiarlo!

Già… basterebbe loro ricordare le parole del giudice Borsellino: «A fine mese, quando ricevo lo stipendio, faccio l’esame di coscienza e mi chiedo se me lo sono guadagnato».

E così, mentre il sottoscritto scrive questo post, le truffe e i raggiri continuano. E chi si ritrova – da semplice cittadino – a combattere contro questo sistema illegale, resta solo, sì… perché chi dovrebbe proteggerlo, alla fine… gli rema contro.

Ecco perché scrivo. Sì, lo faccio per tutti quei soggetti istituzionali che considerano Ferragosto come il periodo dei bagni, delle grigliate, delle gite al lago o in montagna, mentre invece dovrebbero iniziare a dedicare il proprio tempo a chiedersi cosa succede davvero in questa nostra regione, mentre tutto intorno dorme.

Perché se è vero che la legalità non dovrebbe mai andare in ferie, allora qualcuno dovrebbe spiegare perché, invece, sembra proprio che sia così…

Ovviamente, mi rendo disponibile – come sempre, d’altronde, nei miei ultimi quindici anni – a spiegare a qualche funzionario inquirente cosa sta, ahimè, accadendo. Già… purtroppo sotto gli occhi di tutti. Anzi, no: sotto i loro occhi. Ma forse, ahimè, non se ne sono accorti. O forse – e qui sta il dramma – per muoversi hanno bisogno di un esposto formalmente presentato, altrimenti, di loro iniziativa… non possono agire, già… nemmeno dinnanzi alla più palese delle violazioni!

Ma d’altronde, è questo il Paese che – proprio grazie alla nuova riforma sulla giustizia – si vuole ottenere! Dove ogni denuncia deve superare un percorso a ostacoli degno delle olimpiadi burocratiche, mentre i furbi continuano a fare il bello e il cattivo tempo.

Complimenti vivissimi ai geni che hanno realizzato questo splendido sistema giuridico. Già… che progresso, signori miei… che progresso.

GAZA: Fermatevi ora, prima che sia troppo tardi!

Stasera mi ritrovo a scrivere, ancora una volta, con il cuore stretto e la mente affollata di domande senza risposta.
Quante volte abbiamo ripetuto le stesse parole, denunciato le stesse atrocità, invocato la stessa pace?

Eppure, nella Striscia di Gaza, il tempo sembra essersi fermato in un limbo di sofferenza, dove il fragore delle bombe sovrasta il grido dei civili, dove l’umanità vacilla sotto il peso di un conflitto che nessuno riesce – o vuole – fermare.

Scrivo non per abitudine, ma per dovere. Perché il silenzio è complice, e l’indifferenza è una ferita ancora più profonda. Gaza non è solo una notizia di sfondo, un titolo da scorrere distrattamente: è una tragedia che si consuma da anni, davanti agli occhi del mondo, mentre la comunità internazionale brancola tra inezie diplomatiche e ipocrisie.

Le immagini si ripetono, sempre uguali, sempre più insopportabili. Corpi senza vita riversi per terra, donne che urlano il dolore di una perdita che non riescono nemmeno a comprendere appieno, uomini che scavano tra le macerie con le mani a pezzi, sperando di trovare un respiro, un segno, una vita da salvare. Gaza piange, muore, si spezza ogni giorno di più, eppure il mondo sembra incapace di reagire. Si discute, si accusa, si cerca una colpa da attribuire, come se in mezzo a tutto questo dolore ci fosse ancora spazio per la giustizia delle parole. Ma non c’è nessun conflitto, non nel senso che conosciamo. C’è una carneficina annunciata, una strage quotidiana che non lascia scampo.

Ogni giorno si contano nuove vittime, sempre più giovani, sempre più innocenti. Trenta persone uccise mentre aspettavano di ricevere un po’ di cibo. Due ragazzi colpiti da un drone mentre cercavano di recuperare medicine per un fratello malato. Altri cinquanta domani, forse schiacciati sotto il peso delle bombe, forse spenti dalla fame che avanza silenziosa e crudele. I numeri non raccontano più la guerra, raccontano solo la fine di vite che non hanno avuto il tempo di iniziare. Gaza non è un campo di battaglia, è un cimitero a cielo aperto, dove i bambini imparano a conoscere il suono delle esplosioni prima di quello delle risate.

Eppure c’è ancora chi parla di guerra necessaria, di obiettivi strategici, di difesa. Ma di quale difesa si parla, quando intere famiglie vengono cancellate in un attimo? Chi difende quei corpi senza sepoltura, chi protegge le madri che non hanno più figli da abbracciare?

Il popolo palestinese non è né Hamas né un esercito in guerra, è gente comune, uomini, donne, bambini che vivono intrappolati tra due fuochi, costretti a subire senza poter scegliere. Sono vittime, non complici. Sono prigionieri, non ostaggi volontari. Sono esseri umani che ogni mattina si svegliano chiedendosi se quel giorno rivedranno il sole o saranno solo un altro numero in una lista infinita.

E noi, da lontano, ci permettiamo il lusso dell’indignazione a scaglie, a intermittenza. Un post, un commento, un momento di silenzio sui social, e poi si volta pagina. Intanto, nelle stanze dei potenti, si continua a negoziare, a stringere accordi, a fare finta che questa tragedia non riguardi nessuno. Ma riguarda tutti. Perché ogni volta che si decide che certe vite valgono meno delle altre, si apre una crepa nell’umanità intera. E quando oggi è Gaza, domani potrebbe essere un’altra città, un altro popolo, un’altra strage mascherata da necessità.

Basta con le parole vuote, con le condanne che restano sulla carta. Basta con le finte mediazioni che non portano a nulla. Gaza ha bisogno di qualcuno che alzi la voce e non la abbassi più, che smetta di parlare per iniziare ad agire. Ha bisogno che qualcuno abbia il coraggio di dire basta, subito.

Perché ogni minuto che passa è un altro bambino che muore, ogni vita spezzata, ogni bambino che non rivedrà il cielo, ogni famiglia cancellata dall’orrore, chiedono giustizia. E allora continueremo a parlare, a condividere, a urlare questa verità scomoda, finché qualcosa non cambierà. Perché dietro ai numeri e alle statistiche ci sono volti, storie, un popolo che resiste nonostante tutto.

E il loro sangue non è solo sulle mani di chi preme il grilletto, ma anche su quelle di chi continua a guardare e a tacere. Non possiamo permettere che Gaza diventi un simbolo dell’oblio. La sua voce deve riecheggiare più forte dell’odio. E la nostra coscienza, collettiva e individuale, non può dormire!

Basta prenderci per il culo! Gaza non è un ‘danno collaterale’, è un massacro!

Le strade di Gaza sono ancora macchiate di sangue, mentre il mondo sembra voltarsi dall’altra parte.

Oggi il bilancio delle vittime si è aggravato ancora, con decine di persone uccise mentre attendevano un sacco di farina, un po’ d’acqua, un gesto di sopravvivenza. Trenta morti, sessanta feriti, numeri che si aggiungono a una lista già troppo lunga, mentre i corpi giacciono abbandonati sull’asfalto, testimoni muti di una tragedia che non conosce tregua. Poco lontano, altri due civili sono stati uccisi da un bombardamento, vicino a un centro di assistenza che dovrebbe essere un rifugio, non un bersaglio.
Dal 7 ottobre a oggi, i numeri sono diventati una litania straziante: 58.000 morti, 150.000 feriti, 900 persone uccise mentre cercavano cibo, 6.000 feriti nella disperata lotta per un pasto. Ma il vero orrore non è solo nei proiettili o nelle bombe, è nella fame che si allarga come un’ombra silenziosa. Un milione di bambini rischia di morire di stenti, mentre il cibo viene bloccato, mentre gli aiuti vengono distrutti, mentre il mondo discute, tergiversa, guarda altrove.

Eppure, qualcuno continua a parlare di “danni collaterali”, di obiettivi militari, di necessità strategiche. Ma come si può definire “collaterale” la morte di un bambino che non ha mai impugnato un fucile? Come si può giustificare l’assedio di un intero popolo, colpevole solo di essere nato dalla parte sbagliata del confine? Gaza non è un campo di battaglia, è una prigione a cielo aperto, dove i civili sono intrappolati tra due fuochi: da un lato, i raid che non distinguono tra militari e famiglie in fuga, dall’altro, le milizie che li usano come scudi, condannandoli a una morte certa.

Ma questa non è una guerra tra due fazioni, è una strage di innocenti. I palestinesi non hanno scelto questo conflitto, lo subiscono, giorno dopo giorno, senza via di fuga. Se cercano di scappare, vengono colpiti. Se restano, muoiono di fame. Se alzano la voce, vengono zittiti. E mentre i potenti del mondo discutono di alleanze, di equilibri geopolitici, di interessi economici, Gaza affonda in un bagno di sangue che potrebbe essere fermato, se solo ci fosse la volontà di farlo.

È ora di smetterla con le scuse, con i giochi di potere, con la complicità del silenzio. Gli Stati devono agire, non con dichiarazioni di facciata, ma con azioni concrete, con sanzioni, con pressioni reali, con la ferma decisione che nessuna strategia militare può giustificare la morte di migliaia di civili. Perché se oggi è Gaza a bruciare, domani potrebbe essere un’altra città, un altro popolo, un’altra generazione sacrificata sull’altare della guerra. Il tempo delle mezze misure è finito. Gaza non può più aspettare.

Quel voler salire (sopra gli altri) ad ogni costo!!!

Viviamo una società dove tutto può esser raffigurato con una immagine: tentar di salire il più in alto possibile!!!  

Non importa se per farlo si mancherà di rispetto nei confronti degli altri, siano essi familiari, amici, colleghi o anche perfetti estranei, l’importante per quegli individui è sopravanzare sempre e nel farlo, usare tutte le maniere, siano esse regolari che scorrette.

Non importa quanta limitata capacità e ancor meno professionalità si possieda, l’importante per quei meschini individui è riuscire a prevaricare, sì… utilizzando qualsivoglia condotta pur di riuscirci, dimostrando di fregarsene degli altri e rimanendo indifferenti a quelle loro proteste!!!

Sono persone capaci di passare sopra ogni cosa, in particolare sulla sensibilità altrui; essi sono come veri e propri trattori (come direbbe scherzosamente sul social di “TikTok” Carmelo Caccamo: carichi di munnizza”…) che evidenziano con la propria crudelta, arroganza e mancata empatia!!!

A questi soggetti non va alcun sostegno e ancor meno va espressa la nostra stima, essi sono lì soltanto per prendere e non fanno nulla per ricambiare, anzi viceversa puntano – ogni volta che raggiungono un livello più alto – a voler di più a scapito degli altri!!!

Non si tratta quindi di guadagnare di più o di voler superare ad ogni costo certi limiti, di cui ahimè sanno esser in possesso sin dalla loro nascita e dei quali purtroppo non possono far nulla; d’altronde la natura non può esser modificata e quindi se uno è nato “fesso” non può diventare improvvisamente “scaltro“, pur avendo fatto di tutto per venir rispettato, grazie a quel “usurpato” livello sociale raggiunto!!!

Lo sanno tutti che tipo di persona rappresenta, anche se poi si sa… i suoi cosiddetti “amici e/o conoscenti” quando lo hanno di fronte… gli sorridono; già… come riportato in quei proverbi siciliani: “na facci dinnanzi, ie una d’arreri” o anche “Acqua davanti e ventu d’arreri”!!!

E difatti, ciascuno di noi quando osserva questi infidi soggetti non può che “stendere un velo pietoso”, preferendo allontanarsi pur di non avere nulla a che fare, nè con loro e ancor meno con quella loro stupidità!!!

Peraltro, permettemi di aggiungere un consiglio oppure di fare come il sottoscritto che ha sempre evidenziato – quando chiamato in causa – di possedere un basso limite di sopportazione, lo stesso che non ha mai consentito a nessuno di superare!!! Ricodatevi quindi che avete sempre una scelta e se non volete fare come me e quindi giungere immediatamente allo scontro, potete essere più riflessivi e affrontare il problema senza combattere perchè d’altronde certi soggetti, non valgono minimamente la vostra attenzione.

Su quest’ultimo punto vorrei riprendere una citazione di Seneca, scritta ben 2000 anni fa che diceva: “Impara a piacere a te stesso. Quello che pensi tu di te stesso è molto più importante di quello che gli altri pensano di te”!!! 

Per cui, quando non è possibile controllare il comportamento altrui, lo stesso con il quale siete costretti ad interagire, cercate di stabilire dei “limiti” oltre i quali – se oltrepassati – potrete mandare a fanculo chiunque, soprattutto se quel loro interlocutore e soprattutto le sue espressioni hanno di fatto provato a mancarvi di rispetto!!!

Ecco perchè bisogna dimostrare sin da subito a questi fallaci soggetti che pur avendo essi raggiunto (immeritatamente) quel livello sociale, voi… (insieme al sottoscritto naturalmente che vi starà sempre accanto…) mostrerete di non esser più disposti a tollerare quelle sopraffazioni e ancor meno relazioni che hanno carattere univoco in particolare se quest’ultime evidenziano maleducazione, ed allora fate loro comprendere che da ora in poi dovranno cavarsela da soli continuando per come hanno sempre fatto, già… facendosi assistere (perchè in fondo sanno bene d’essere dei totali inetti….) da quei loro servirli e sempre presenti lacchè!!! 

Difatti… è per questo motivo che il nostro Paese presenta quella forma di piramide: politica, economia, lavoro. Per salire in alto devi schiacciare quello che sta sotto di te e se non vuoi scivolare in basso, devi leccare i piedi a quello che sta sopra di te!!!

Il Comune di Giardini Naxos??? Se alle parole espresse – Cateno De Luca – darà seguito agli esposti, sicuramente si giungerà presto al commissariamento!!!

Non so quanti di voi hanno visto questo video publicato nella propria pagina personale di Facebook: https://fb.watch/oBWdZER6BE/ ma certamente ascoltare quei dati – anticipati da una premessa “Non ho paura delle mafiosita’ politiche: ecco come a Giardini Naxos si continua a falsificare i bilanci del comune!” – lascia tutti o quantomeno i non addetti ai lavori, certamente basiti!!! 

E sì… perché tra l’indifferenza generale o quantomeno tra i suoi silenzi assordanti, c’è stato chi come il sottoscritto (ma anche altri…), che ha cercato di far emergere quanto stesse accadendo all’interno di quel “Consorzio Rete Fognante” e dei suoi quattro Comuni consorziati cui esso fa riferimento l’impianto e precisamente Taormina, Giardini Naxos, Castelmola e Letoianni…  

Evito di pubblicare le denunce presentate presso le autorità competenti in questi lunghi anni, mi permetto quindi di pubblicare i post realizzati per far comprendere quanto stesse ahimè accadendo dal 2016 ad oggi:

https://nicola-costanzo.blogspot.com/2023/07/si-ora-che-e-iniziata-la-stagione.html

https://nicola-costanzo.blogspot.com/2023/05/consorio-rete-fognante-finalmente.html

https://nicola-costanzo.blogspot.com/2022/02/ultime-notizie-dal-consorzio-rete.html

https://nicola-costanzo.blogspot.com/2021/06/il-consorzio-della-rete-fognante-secco.html

https://nicola-costanzo.blogspot.com/2021/03/consorzio-fognario-si-cerca-in-tutti-i.html

https://nicola-costanzo.blogspot.com/2021/03/sequestrato-il-depuratore-di-giardini.html

https://nicola-costanzo.blogspot.com/2020/12/consorzio-fognario-dellalcantara-ma.html

http://nicola-costanzo.blogspot.com/2020/07/ho-letto-ieri-un-post-pubblicato-su-la.html

http://nicola-costanzo.blogspot.com/2019/11/quella-tassa-di-depurazione-del-comune.html

http://nicola-costanzo.blogspot.com/2019/11/foce-dellalcantara-un-tempo-oasi.html

http://nicola-costanzo.blogspot.com/2019/10/nominato-il-commissario-per-il.html

http://nicola-costanzo.blogspot.com/2018/08/tra-lindifferenza-delle-istituzioni-ce.html

http://nicola-costanzo.blogspot.com/2017/07/e-dire-che-lo-chiamano-impianto-di.html

http://nicola-costanzo.blogspot.com/2016/07/mare-nostrum-no-mare-monstrum.html

e per ultimo quanto pubblicato dal Presidente attuale del Consorzio:
https://nicola-costanzo.blogspot.com/2021/06/il-consorzio-della-rete-fognante-secco.html

Vorrei tra l’altro ricordare un post che riportava: “Consorzio Rete Fognante: si cerca in tutti i modi d’evitare il commissariamento!!! Non è che forse qualcuno si preoccupa del rischio che si potrebbero scoperchiare circostanze alquanto sgradevoli???” e debbo dire (col senno di poi) che se il Sindaco di Taormina e leader di “Sud chiama Nord” dovesse procedere con gli esposti dichiarati pubblicamente, beh… anticipo che condurrà quel Comune di Giardini Naxos, sicuramente al Commissariamento!!!  

Ma d’altronde ritengo non sia più possibile procedere per come finora fatto, peraltro quell’impianto mal funzionante ha determinato un danno non solo all’ambiente corcostante, ma anche a tutti i proprietari di appartamenti e di strutture turistiche posti limitrofi ad esso, trovandosi ahimè danneggiati non solo sotto il profilo salutario ma anche patrimoniale, viste le ripercussioni che hanno subito – a causa di quel insoddisfacente funzionamento – le loro proprietà…

La verità è che tutti coloro che hanno partecipato a quella catastrofe andrebbero denunciati, (ma non solo, già… si potrebbe pensare di sequestrare, a titolo di garanzia, il patrimonio personale e/o familiare, fino alla determina di un’eventuale procedimento giudiziario…), siano essi stati, in questa vicenda, Politici, Dirigenti, Funzionari, ma anche pubblici ufficiali e quindi addetti ai controlli… 

La Procura Nazionale di Messina dovrebbe indagare a fondo su questa vicenda, sin da quando è stata selezionata quell’area per realizzare quest’impianto di depurazione, ricordo in un sito protetto conosciuto nel mondo come – Parco Fluviale dell’Alcantara – per poi procedere nell’evidenziare le cause dei mancati pagamenti in maniera puntuale da parte dei Comuni interessati che hanno avuto quali conseguenze, non solo la carenza delle mantenzioni dell’impianto stesso, ma bensi di  determinare a molti cittadini le problematiche sopra evidenziate (a questi ultimi – se mi è consentito – consiglio di rivolgersi ad uno studio legale, per verificare se esistono le condizioni per procedere con una “class action”, già… con un’azione legale collettiva nel caso in cui essi siano stati vittime di raggiri, disservizi, ecc., al fine di ottenere un risarcimento per i danni morali e materiali subiti da parte di chi negli anni si è reso di fatto responsabile!!! 

In uno dei miei post avevo scritto: cercate i soldi e risoverete il problema!!!

Certo sarebbe grave se realmente un testimone avvisò sulla lite tra Filippo e Giulia Cecchettin, se poi nessuna pattuglia raggiunse il luogo dove stava avvenendo l'omicidio.

Non desidero alimentare una polemica, ma certamente un’inchiesta su quella richiesta d’aiuto – secondo il sottoscritto – andrebbe compiuta!!!

D’altronde comprendo quanto non sempre è facile immischiarsi nei diverbi altrui, anche perché il più delle volte ci si ritrova ahimè inguaiati…

Il sottoscritto (che rappresenta proprio uno di quei soggetti, che i cazz… altrui non se li sa fare), si è trovato nel corso della propria vita ad affrontare una decina di situazioni più o meno analoghe, per fortuna non così gravi, ma che mi hanno visto in ogni caso coinvolto… 

Mi consola sapere che alla fine, quel mio intervento, sia servito quantomeno a non far degenerare quella momentanea conflittualità, ma certamente ripensandoci, penso di essere stato il più delle volte istintivo o chissà forse precipitoso, anche perché l’essermi inserito in quella diatriba, ha permesso sì… che si concludesse, ma in quel preciso momento, quanto compiuto, ha comportato al sottoscritto non pochi problemi.

D’altronde, se dovessi raccontare quanto più volte mi è (ahimè) accaduto ci vorrebbe un libro e sono certo che la maggior parte di voi quelle vicende l’avrebbe sicuramente evitate, mi riferisco in particolare a tutta una serie di situazioni spiacevoli a cui da ragazzo sono stato partecipe!!!

Ho letto ora di una registrazione sulla chiamata effettuata da un testimone che proprio la sera dell’11 novembre scorso, chiamò il 112 per segnalare la lite nel parcheggio di Vigonovo (Venezia) – la telefonata si è poi rivelata essere la prima aggressione che l’ex fidanzato Filippo Turetta ebbe nei confronti di Giulia Cecchettin – ed ora è stata acquisita dalla Procura di Venezia.

Certamente, la circostanza per la quale nessuna pattuglia si recò sul posto segnalato non è certamente qualcosa di positivo; qualcuno ha aggiunto che uno dei motivi per cui non si diede seguito a quella richiesta d’aiuto è dovuta al fatto che il testimone non seppe dare al telefono dettagli precisi come ad esempio il numero di targa. 

La verità – lo dico per esperienza personale – è che la maggior parte delle volte non si viene presi in considerazione, si pensa ad una abituale lite tra familiari, condomini, quelle classiche ragazzate, etc…

Io stesso ricordo come alcuni anni fa (mentre attendevo mia figlia adolescente che entrasse in un locale per una festa organizzata dagli studenti del suo liceo) all’esterno di un locale, si fosse formata una marea umana di ragazzi che provava ad entrare all’interno di quella discoteca, seppur molti di loro non possedessero l’invito…

Dopo alcuni minuti, quella massa degenerò in rissa, prima una, poi due, poi la terza, con tutti quei ragazzini nel mezzo che non sapevano cosa fare e nessuno ovviamente interveniva, neppure quegli energumeni buttafuori posti all’esterno!!!

Ecco che a quel punto, il sottoscritto, insieme ad altri genitori ci siamo posti a barriera tra quelle “bande” contendenti, provando quantomeno a calmare gli animi già di loro caldi, tra l’altro vorrei aggiungere che in quel preciso momento una ragazza cadendo si era fatta male e quindi eravamo stati costretti a chiamare l’ambulanza ..

Ma la lite purtroppo non diminuiva, tra l’altro eravamo pochi quelli intervenuti a sedarla, già… la maggior parte (come sempre avviene in questi casi…) stava lì a guardare, ed allora, non potendo più limitare quella rissa, ho provveduto a chiamare il 112.

Chi non ha mai telefonato alle nostre forze dell’ordine non sa che prima di rispondere da quel preposto ufficio, si riceve un messaggio preregistrato che avvisa di come la chiamata in atto “verrà registrata”!!! 

Poco m’importa, mi presento e comunico all’operatore quanto sta accadendo e richiedo urgentemente che venga inviata una pattuglia!!! Mi sento rispondere che forse si tratta di una semplice lite tra ragazzini; ovviamente a quella risposta banale, faccio presente che è stata già chiamata un’ambulanza e che se non s’interviene in maniera celere, qualche altro ragazzo/a sarebbe finito certamente in ospedale.

L’ennesima risposta evasiva mi comunicava che in quel momento le pattuglie erano occupate, ma che comunque avrebbe avvisato i colleghi…

Passano quasi 25 minuti ma non si vede nessuno, anzi no… una pattuglia passa dinnanzi ma non si ferma!!!

A quel punto richiamo, mi ripresento e chiedo se egli rappresenti lo stesso operatore con cui poco prima mi ero parlato telefonicamente, mi conferma di essere lui, a quel punto chiedo i motivi per cui non si fosse vista neppure una pattuglia e ricevo la stessa risposta di prima: “sono impegnati e via discorrendo…”.

A questo punto, il sottoscritto richiede a quell’operatore di presentarsi, ovviamente non con il proprio nome e cognome, bensì con il proprio “numero” ed ecco che improvvisamente egli inizia a svincolarsi, dice di non comprendere la mia domanda, anzi mi risponde in maniera altezzosa, quasi che gli avesse dato fastidio quella interlocuzione e difatti le sue risposte hanno un ché di intimidatorio, ed allora a quel punto faccio presente che la chiamata in corso non è soltanto registrata da loro, ma anche il sottoscritto i quel momento, avendo istallato sul proprio cellulare un software di registrazione, stava di fatto registrando, preannunciando che quanto stava in quel momento accadendo dinnanzi a quel locale, se fosse sfociato in qualcosa di grave, sarebbe emerso in tutta la sua gravita non solo attraverso la Procura, ma anche in tutti i media/social, tra cui anche il mio blog e ovviamente ciascuno ne avrebbe pagato direttamente con le proprie responsabilità, soprattutto nel caso in cui quella baraonda generale, fosse degenerata provocando qualche vittima!!!

Concludo, dopo meno di dieci minuti sono giunte 4 pattuglie, il locale è stato chiuso perché non vi era alcuna sicurezza e migliaia di ragazzi sono stati finalmente fatti allontanare!!!

Cosa voglio dire con questo racconto, che a volte basta un intervento immediato per salvare qualcuno, ma ahimè per riuscirci non basta il solo coraggio di chiamare, ma serve anche molta ostinazione, altrimenti può capitare di non essere ascoltati oppure che quelle nostre richieste siano ritenute banali o irrilevanti!!!   

Ed allora viene da chiedersi: se quella chiamata fosse stata presa sul serio, avrebbe forse salvato Giulia? 

Non lo sappiamo e non lo sapremo mai, ma è per questo motivo che diventa fondamentale intervenire quando si vede o si sente qualcosa, perché il silenzio a volte è come quel femminicidio: uccide!!! 

Diceva Martin Luther King: ciò che mi spaventa di più non è la violenza dei cattivi, ma è l’indifferenza dei buoni!!!  

Miei cari amici e conoscenti…

Riflettevo in questi giorni su quanto accade nel corso della nostra vita, mi riferisco a quelle circostanze ordinarie solitamente banali con cui ogni giorno ci confrontiamo e dalle quali scopro come in molti credono che queste  accadono per futili motivi o ancor peggio per fatalità!!!

Già perché non si da mai la colpa a se stessi per quanto accade, no… si ricerca in quella inevitabile avversità le cause delle loro disgrazie… 

Uno modo ineluttabile di accettare quanto accade, come se tutto fosse già deciso, una condizione irreversibile che non può essere modificata, ma deve essere accettata per com’è, d’altronde pensateci, questo modo di porsi è lo stesso che sembra dominare la storia degli uomini, che poi non è altro che apparenza illusoria di quella loro indifferenza, per non chiamarla per com’è: assenteismo!!!

Difatti, dinnanzi a una chiara verità, questi soggetti osteggiano le loro azioni nell’ombra, fatti e circostanze celate per salvaguardare le mani di quei loro “amici“, mani mai sorvegliate da alcun controllo, le stesse che hanno tessuto quella ragnatela per condizionare la vita sociale di una comunità.

E quella massa ignora, non per ignoranza, ma per una ostentata noncuranza (o dovrei dire per un provocatorio disprezzo nei confronti di altri diversi da loro), manifestando opinioni divergenti, certamente opposte a quanti hanno provato con coraggio, ma soprattutto con prove documentali, a contrastare e far emergere quei principi di legalità…

Così i destini di entrambi sono stati ahimè manipolati, già a seconda delle visioni ristrette, degli scopi immediati, delle ambizioni e delle passioni di taluni soggetti che più di altri si sono resi attivi per raggiungere i propri scopi e finalizzarne così i propri interessi personali.

Nel contempo la maggior parte di quella collettività si è mostrata apatica, incurante di quanto stava loro accadendo e aggiungerei negligente a salvaguardare il loro patrimonio…

Ma ormai la verità è giunta al traguardo, sfociata dove forse in molti non volevano che arrivasse e quella tela tessuta nell’ombra si è sfilacciata e rovinosamente danneggiata ed ora si ha come l’impressione che sia stata la fatalità a travolgere tutto e tutti, come se le azioni compiute da quegli esigui individui onesti, non rappresentassero per la collettività alcun valore aggiunto.

Già è come se quell’espressa manifestazione di legalità, quel voler portare avanti la giustizia sopra ogni cosa sia stato frutto di una circostanza casuale, come se si fosse dinnanzi ad un fenomeno naturale nel quale ovviamente rimangono tutti vittime, chi ha voluto e chi non ha voluto, chi sapeva e chi non sapeva, chi è stato attivo e chi viceversa indifferente!!! 

E sono proprio questi ultimi a irritarsi maggiormente, già… in molti vorrebbe sottrarsi alle gravi con­seguenze, vorrebbero apparisse chiaro che loro non volevano, che non ne sono stati responsabili, essi d’altronde rappresentavano soltanto un numero, di quelli tra l’altro che contavano poco o nulla!!! 

Ecco come la natura umana si manifesta e prende il sopravvento, eccoli lì a piag­nucolare pietosamente, mentre altri bestemmiano oscena­mente, ma nessuno o pochi si domandano: se avessi anch’io fatto il mio dovere, se avessi cercato di far valere la mia volontà, il mio consiglio, sarebbe suc­cesso quanto è ora successo? 

Ma nessuno o pochi si faranno un esame di coscienza su quella loro indifferenza, sul loro scetticismo, nessuno si pentirà di non aver dato il proprio braccio alla causa o di aver sostenuto quell’esiguo gruppo di persone che “per evitare quel tal male combattevano e per procu­rare quel tal bene si proponevano”!!!

So già come finirà: la maggior parte di loro a breve, ad avvenimenti compiu­ti, preferiranno parlare di fallimento, di un generale disfacimento, giustificheranno le loro mancate azioni come causa di una divergenza di idee o di una condizione di antipatia e/o simpatia, di una veduta di pro­grammi non condivisi o mai voluti, di strategie mai concordate e ancor meno approvate, sì… di tutta una serie di altre simili piacevolezze.

Vedrete alla fine ricominceranno per come hanno sempre fatto: manifesteranno per l’ennesima volta, la loro totale assenza da ogni responsabilità!!!

Odio gli indifferenti…

Credo come Federico Hebbel che “vivere vuol dire essere partigiani“!!! 

Non pos­sono esistere i solamente uomini, gli estranei alla città, chi vive veramente non può non essere cit­tadino e parteggiare: indifferenza è abulia, è paras­sitismo, è vigliaccheria, non è vita. 

Ecco perché odio gli indifferenti… 

L’indifferenza è il peso morto della storia, è la palla di piombo per il novatore, è la materia inerte in cui affogano spesso gli entusiasmi più splenden­ti, è la palude che recinge la vecchia città e la difende meglio delle mura più salde, meglio dei petti dei suoi guerrieri, perché inghiottisce nei suoi gorghi limosi gli assalitori, e li decima e li scora e qualche volta li fa desistere dall’impresa eroica. 

Ma d’altronde sappiamo bene come l’indifferenza operi potentemente nella storia…

Sì… opera passivamente, ma opera!!!

E’ la fatalità è ciò su cui non si può contare; è ciò che sconvolge i programmi, che rovescia i piani meglio costrutti; è la materia bruta che si ribella all’intelligenza e la strozza. 

Ciò che succede, il male che si abbatte su tutti, il possibile bene che un atto eroico (di valore universale) può generare non è tanto dovuto all’iniziativa dei pochi che operano, quanto all’in­differenza, all’assenteismo dei molti. 

Ciò che avviene, non avviene tanto perché alcuni vogliono che avvenga, quanto perché la massa degli uomini abdica alla sua volontà, lascia fare, lascia aggrup­pare i nodi che poi solo la spada potrà tagliare, las­cia promulgare le leggi che poi solo la rivolta farà abrogare, lascia salire al potere gli uomini che poi solo un ammutinamento potrà rovesciare. 

La fatalità che sembra dominare la storia non è altro appunto che apparenza illusoria di questa indifferenza, di questo assenteismo. 

Dei fatti matu­rano nell’ombra, poche mani, non sorvegliate da nessun controllo, tessono la tela della vita colletti­va, e la massa ignora, perché non se ne preoccupa…

I destini di un’epoca sono manipolati a seconda delle visioni ristrette, degli scopi immediati, delle ambizioni e passioni personali di piccoli gruppi attivi, e la massa degli uomini ignora, perché non se ne preoccupa. 

Ma i fatti che hanno maturato vengono a sfociare; ma la tela tessuta nell’ombra arriva a compimento: e allora sembra sia la fatalità a travolgere tutto e tutti, sembra che la storia non sia che un enorme fenomeno naturale, un’eruzione, un terremoto, del quale rimangono vittima tutti, chi ha voluto e chi non ha voluto, chi sapeva e chi non sapeva, chi era stato attivo e chi indifferente. 

E questo ultimo si irrita, vorrebbe sottrarsi alle con­seguenze, vorrebbe apparisse chiaro che egli non ha voluto, che egli non è responsabile. 

Alcuni piag­nucolano pietosamente, altri bestemmiano oscena­mente, ma nessuno o pochi si domandano: se avessi anch’io fatto il mio dovere, se avessi cercato di far valere la mia volontà, il mio consiglio, sarebbe suc­cesso ciò che è successo? 

Ma nessuno o pochi si fanno una colpa della loro indifferenza, del loro scetticismo, del non aver dato il loro braccio e la loro attività a quei gruppi di cittadini che, appunto per evitare quel tal male, combattevano, di procu­rare quel tal bene si proponevano. 

I più di costoro, invece, ad avvenimenti compiu­ti, preferiscono parlare di fallimenti ideali, di pro­grammi definitivamente crollati e di altre simili piacevolezze. 

Ricominciano così la loro assenza da ogni responsabilità. E non già che non vedano chiaro nelle cose, e che qualche volta non siano capaci di prospettare bellissime soluzioni dei problemi più urgenti, o di quelli che, pur richiedendo ampia preparazione e tempo, sono tuttavia altrettanto urgenti!!!

Ma queste soluzioni rimangono bellissimamente infeconde, ma questo contributo alla vita collettiva non è animato da alcuna luce morale; è prodotto di curiosità intellettuale, non di pungente senso di una responsabilità storica che vuole tutti attivi nella vita, che non ammette agnosticismi e indifferenze di nessun genere. 

Odio gli indifferenti anche per ciò che mi dà noia, il loro piagnisteo di eterni innocenti… 

Domando conto ad ognuno di essi del come ha svolto il compito che la vita gli ha posto e gli pone quotidianamente, di ciò che ha fatto e specialmente di ciò che non ha fatto. 

E sento di poter essere inesorabile, di non dover sprecare la mia pietà, di non dover spartire con loro le mie lacrime… 

Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze virili della mia parte già pulsare l’attività della città futura che la mia parte sta costruendo. 

E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. 

Non c’è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano nel sacrifizio; e colui che sta alla finestra, in agguato, voglia usufruire del poco bene che l’attività di pochi procura e sfoghi la sua delusione vituperando il sacrificato, lo svenato perché non è riuscito nel suo intento.  

Vivo, sono partigiano, perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti!!!

I° Aprile: il tempo degli scherzi è finito!!!

Sì… il primo di Aprile è noto per i suoi scherzi, ma forse è giunto il tempo di concluderli!!!

Già, non vi sono motivi per scherzare osservando quanto è finora accaduto e ancora sta accadendo!!!

Pensavamo di essere usciti dalla pandemia “Covid-19” ma i decessi purtroppo non si sono arrestati; difatti nel nostro paese sono giunti a quasi 160.000 e ogni giorno ahimè continuiamo a contare mediamente un centinaio di morti; nel mondo siamo quasi giunti a 500.000.000 casi confermati dall’inizio della pandemia e si contano circa 6.500.000 di decessi (ovviamente mancano i dati di tutti quei paesi di cui non abbiamo ricevuto alcuna informazione).

Ed ora, si è sommata la guerra a pochi passi da casa nostra…

Certo, passeggiando per le strade della città, in questo periodo mi trovo a Milano, sembra che questo conflitto non abbia minimamente cambiato le abitudini, già… sarà che si è diventati così apatici da pensare esclusivamente alle cose futili, ai social o allo shopping esasperato, da non comprendere più quali sono le cose importanti della vita… 

Osservo intorno a me un forte distacco, in particolare da quanto sta accadendo lì, certo non mancano le proposte di solidarietà, di raccolta di denaro per tutte quelle vittime scappate dalla guerra, di promozione e programmi di raccolta di qualsivoglia bene da inviare in quelle zone dell’Ucraina, ma per il resto – ad esclusione dei rincari – tutto prosegue come nulla fosse…

Non so che dire, sarà colpa della vita che ci ha fatto diventare così cinici e impassibili, sarà forse che ormai tutti pensiamo esclusivamente a noi stessi e ce ne fottiamo del prossimo, già dicono le parole di quella canzone: “Noi ce ne fottiamo se non ti piacciamo ciao ciao con la mano stasera al disagio facciamo bordello“!!!

Sì… ormai ho come una certezza, la maggior parte degli esseri umani è diventata “indifferente”, ed io che da sempre odio l’indifferenza, continuo nel mio piccolo a fare in modo che essa non prevalga!!!

Diceva Gramsci: L’indifferenza è il peso morto della storia. L’indifferenza opera potentemente nella storia, sì… opera passivamente, ma opera. È la fatalità; è ciò su cui non si può contare; è ciò che sconvolge i programmi, che rovescia i piani meglio costruiti; è la materia bruta che strozza l’intelligenza. Ciò che succede, il male che si abbatte su tutti, avviene perché la massa degli uomini abdica alla sua volontà, lascia promulgare leggi che solo la rivolta potrà abrogare, lascia salire al potere uomini che poi solo un ammutinamento potrà rovesciare. Tra l’assenteismo e l’indifferenza poche mani, non sorvegliate da alcun controllo, tessono la tela della vita collettiva, e la massa ignora, perché non se ne preoccupa; e allora sembra sia la fatalità a travolgere tutto e tutti, sembra che la storia non sia altro che un enorme fenomeno naturale, un’eruzione, un terremoto del quale rimangono vittime tutti, chi ha voluto e chi non ha voluto, chi sapeva e chi non sapeva, chi era stato attivo e chi indifferente. Alcuni piagnucolano pietosamente, altri bestemmiano oscenamente, ma nessuno o pochi si domandano: se avessi fatto anch’io il mio dovere, se avessi cercato di far valere la mia volontà, sarebbe successo ciò che è successo?

La verità è che nel nostro Paese si muore perché i controlli restano solo sulla carta!!!

Li chiamano incidenti… ma non lo sono affatto!!!

Basta andarsi a rivedere tutti gli incidenti di questi ultimi anni: da quelli autostradali al ponte Morarandi, passando per le infrastrutture per l’inclusione scolastica e/o per l’integrazione sociale, seguono i dissesti idrogeologi e per ultima la strage della funivia di Stresa!!!

Sì è vero, non tutto può essere previsto, ma guarda caso proprio sui cavi in acciaio esiste una precisa normativa che prevede una verifica periodica trimestrale e annuale, con controlli visivi e di laboratorio ai quali quelle particolari funi devono sottostare, ma soprattutto vanno attenzionati quei meccanismi di emergenza che dovrebbero attivarsi nel caso di mal funzionamento di qualsivoglia impianto…

Ma si sa… chi dovrebbe controllare solitamente preferisce non compiere in maniera corretta quell’incarico ricevuto, ma viceversa sono sempre precisi quando si tratta di farsi riconoscere la mezz’ora di straordinario o la festività non goduta!!!

Morire fa parte del gioco della nostra vita, ma perdere la vita per colpa di altri non è giusto e ci fa letteralmente incazzare!!!

Sì… non ci basta trovare i colpevoli, perché la vita non può mai essere riscattata con una semplice pena detentiva o economica!!!

Difatti, non ci bastava il virus, no alle disgrazie non vi è mai fine, ci si aggiunge anche l’incompetenza umana, le stesse che determinano circostanze come quelle a cui assistiamo, che portano a tragedia che con un po’ di buon senso, potevano essere evitata. 

Ora come sempre avviene si parla di “partecipazione di tutta l’Italia”, di “profondo dolore” e della “necessità di un richiamo rigoroso al rispetto di ogni norma di sicurezza per tutte le condizioni che riguardano i trasporti delle persone“!!! 

Ma va… non capisco perché ogni qualvolta che accadono circostanze tragiche come queste, si ripetono sempre le stesse frasi di circostanza…

Non sarebbe più corretto presentarsi durante un qualunque giorno dall’anno per dire agli italiani: signori e signore, miei connazionali, è tempo di essere persone perbene, serie e non continuare più per come si è finora fatto!!! E’ tempo che ciascuno cambi quelle sue abitudini, che si sbracci le maniche per migliorare questo nostro Paese, l’unico d’altronde che abbiamo e che ha necessita dell’aiuto di voi tutti!!!

Basta quindi con l’essere indifferenti, basta con i compromessi, basta con quei comportamenti negligenti, basta con l’essere codardi, ruffiani o protettori dei propri superiori anche quando essi sbagliano, basta con le collusioni, siate uomini veri e non vi nascondete più per non apparire sgradevoli o malvisti dinnanzi ai vostri stessi colleghi!!!

Basta!!! Sì… basta definitivamente con i silenzi, con le reticenze, i complotti o ancor peggio con le indolenze, perché se ieri o oggi qualcuno è morto, la colpa principalmente è vostra!!!

Provate quindi a cambiare, ma soprattutto tentate in tutti i modi di salvare il “domani”, affinché quanto finora accaduto non abbia mai più a ripetersi… e se scoprite che qualcosa non va, beh… non fate finta di niente, non giratevi dall’altra parte, ma provate finalmente a compiere il vostro dovere!!!

Una vita vedrete… ve ne sarà grata!!!

Crimini ecologici o mancata conformità ai requisiti di sicurezza???

Sono mesi che mi accorgo di una circostanza alquanto insolita…

Ultimamente per esigenze lavorative mi ritrovo a dover attraversare la zona industriale di Catania e ad esclusone di una  meravigliosa immagine che ogni pomeriggio mi accompagna, già… una coppia di cicogne accovacciate su quel loro incredibile nido costruito su un traliccio d’alta tensione, mai avrei pensato purtroppo di dover osservare durante quel tragitto tutta una serie di volatili morti posti all’interno (ma non solo) della carreggiata stradale…

La cosa assurda è che molti di loro sono posti lì senza testa, già sono a terra come se fossero stati di fatto decapitati…

Non so se ricordate quel film di Hitchcock “Gli uccelli“, dove improvvisamente i volatili si proiettavano addosso a uomini, donne e bambini, per colpirli violentemente, suicidandosi volontariamente su quelle auto, case o vetrine commerciali…

Ecco, qui sembra sia accaduta la stessa cosa, ma forse le cause vanno ricercate su qualcosa di diverso, chissà forse proprio su quei cavi elettrici presenti e/o sulle loro forti radiazioni che in ogni istante emettono… 

Ho sempre saputo da studi condotti da note facoltà di ricerca, che abitare vicino ai tralicci dell’alta tensione fa aumentare considerevolmente per gli uomini i rischi di contrarre il cancro, ma mai avrei pensato che gli effetti di quei campi elettromagnetici, avrebbe potuto generare la morte nei volatili, in particolare poiché da sempre ero a conoscenza che quei cavi elettrici, presi in maniera isolata, non dovrebbero causare alcuna morte.

Ma chissà, forse qualcosa mi sfugge… 

Peraltro, i livelli di tensione di questa natura non dovrebbero provocare alcun danno per contatto diretto, anche se si sa… è buona consuetudine evitare il contatto diretto…

Ma allora ditemi, come fanno quegli uccelli a rimanere fulminati da quei tralicci o da quei cavi aerei???

Può essere forse che la tensione sia provocata da un guasto o che la folgorazione sia dovuta al passaggio di una forte tensione elettrica su quei cavi, come nei casi di una scarica ad alta tensione di un fulmine che tende a scorrere su quella superficie…

Non so cosa dire, l’ambiente e la sua fauna sono fortemente a rischio e chissà se non vi siano i presupposti per aprire un’inchiesta per “crimini ecologici” o per presunta mancata conformità dei requisiti di sicurezza richiesti!!! 

Una cosa è certa, qualcuno dovrebbe iniziare a verificare, compiere quei necessari accertamenti su questi fatti, ma sono sicuro che chi dovrebbe farlo, leggendo proprio questo mio post starà pensando: “ma che caz… me ne può fregare d’andare ad indagare sulla morte di piccioni, volatili o quant’altro, di radiazioni e di rete elettrica”!!! 

Cosa dire… auspico solo a quegli “indifferenti” funzionari,  che non debbano concludere la propria esistenza proprio come essi o chissà ancor peggio, come in una scena di quel film!!!


Se la magistrature è corrotta, come può essere di conseguenza questa nostra nazione??? Semplice… "infetta"!!!

Ho scoperto da pochi minuti che il mio post di ieri è stato tra i più letti in un giorno!!!
Sarà forse che l’argomento trattato e soprattutto le dichiarazioni del Dott. De Magistris hanno lasciato tutti i lettori profondamente colpiti…
Posso comunque garantirvi che quanto sopra accade solitamente quando un cittadino ha poca dimestichezza con quelle cosiddette pratiche di giustizia o dovrei dire col poco approccio con quel mondo giudiziario, che da un lato pretende la nostra massima partecipazione nel denunciare fatti e circostanze gravi di cui si viene a conoscenza, ma dall’altro però ci lascia soli quando si toccano argomenti scottanti o personaggi legati proprio a quel sistema clientelare che come ho scritto ieri è peggiore di quello “mafioso”!!!
Già… è come se all’improvviso le carte o meglio – sì chiamiamoli con il proprio nome – gli “esposti” denunciati presso quegli organi convenuti… restano improvvisamente chiusi all’interno dei cassetti di taluni magistrati…
Ma la circostanza più grave, non è il vedere con quanta indifferenza vengono esaminate le carte presentate… (perché vi assicuro quello rappresenta l’ultimo dei problemi), ma voler sminuire – con la loro indifferenza – il coraggio che taluni cittadini hanno dimostrano di possedere, sapendo che quest’ultimi non godranno di alcun vantaggio personale da quelle denunce, anzi tutt’altro, perché si viene emessi alla gogna da qiel sistema “infetto” che fa di tutto per mettere a tacere chi fa il proprio dovere!!!
Il sottoscritto ad esempio rappresenta oggi uno di quei soggetti e potrei fare un elenco di circostanze gravi delle quali ancora oggi, aspetto risposte… 
Si qualche collega di quei “particolari” magistrati di cui parla il De Magistris, se ne uscito – a seguito di una mia formale richiesto “ex art. 335” – con una dicitura di cui ancora oggi non mi sono ripreso…
Ed allora vorrei chiedere a chi mi sta leggendo… di scrivermi su quanto sto per dirvi – potete farlo pubblicamente tramite il post (ho dovuto  limitare i commenti ai soli iscritti per evitare di ricevere frasi generalizzate con scritte ingiuriose ed offensive) oppure scrivendo alla mia email personale: nicolacostanzo@live.it (mi riprometto in tempi celeri di rispondere a ciascuna missiva…): secondo voi, denunciare ad esempio una cava o una discarica abusiva, rappresenta qualcosa di potenzialmente grave???
E senza voler entrare nell’ipotesi che si tratti di rifiuti con elevato grado di pericolosità e quindi nocivi per la salute, il semplice smaltimento illegale che non vengono condotti in discarica, ma sepolti ad esempio all’interno di uno scavo abusivo, non costituisce un reato??? 
Ed ancora – tralasciando il gravissimo reato ambientale – no si tratta di una truffa allo Stato???
Ecco vorrei conoscere il vostro parere…
Ed ancora, vorrei comprendere il vostro giudizio su un’altro aspetto…
Secondo voi denunciare danni all’erario oppure gestione fraudolenta o ancor peggio truffa ai danni dello Stato in quale contingenza deve essere inserito???
E cosa dire ad esempio di un professionista che pur non essendo abilitato svolge quel proprio incarico operandi una gestione finanziaria discutibile e i cui bilanci hanno ricevuto segnalazioni negative da parte di molteplici revisori dei conti, in cui sono stati evidenziati mancati pagamenti tributari e via discorrendo, ma che stranamente rientrino in una di quelle circostanze per cui i nostri organi di controllo (procure, gdf, ecc…) a seguito di formale esposto – non si preoccupano di verificare… anzi quanto presentato viene rigettato, senza aver svolto alcun tipo di controllo, ne sui i documenti ricevuti e ancor peggio, senza verificare con i professionisti indicati nell’accusa, se quanto riportato fosse legittimo oppure del tutto fantasioso… 
Sì per l’appunto “fantasioso”, come se un cittadino non abbia un cazz… da fare, che esporsi – a differenza della maggior parte dei suoi conterranei “omertosi”  – e segnalare quanto per l’appunto nessuno va di fatto realizzando in questa terra… 
Ovviamente quanto riportato sopra, può costituire un semplice esempio…
Si… perché si potrebbe anche continuare con quegli “ipotesi”, ricordando alcuni soggetti “notabili”, posti in posizioni che definire “intoccabili” è dir poco… ma che dimostrano di saper insabbiare quando necessario, le denunce loro presentate!!! 
Ora infatti comprendo quanto ha riportato nel servizio di La7 l’ex magistrato De Magistris (“ex” per modo di dire, perché si sa… essere “magistrato” – quando si è compiuto il proprio dovere in maniera corretta ed onesta – lo si è per sempre!!!) e cioè: “Per lo schifo che ho visto mi sono dimesso dall’ordine giudiziario”!!!
Dopo quanto accaduto con il CSM di una cosa mi sono convinto: qualcuno all’interno di quel sistema giudiziario era ed è convinto di farla franca!!! Credo che ormai… si sarà pentito solo d’averlo pensato!!!  

Tutto prosegue… nell'indifferenza generale!!!

Continua il maltempo su Catania…
Un temporale intorno alle 15 si è abbattuto sulla città, trasformando nuovamente le nostre strade in veri e propri fiumi, dove anche attraversare la strada è impossibile…
Ho visto dei pedoni totalmente “inzuppati” che giunti in mezzo alle due corsie di marcia, non sapevano più come raggiungere i rispettivi percorsi pedonali ed altri che percorrendo velocemente a zigzagare i marciapiedi, trovavano analoga difficoltà a causa degli scarichi delle acque piovane provenienti dalle coperture, che per l’appunto – hanno nel nostro territorio – quello di scaricare direttamente lì su quel pavimento…
A quanto sopra, si è aggiunta una forte raffica di vento accompagnata da una violenta scarica di grandine, che ha reso impossibile muoversi, anche in auto.
Il sottoscritto in quel momento di trambusto generale – stavo percorrendo Via Firenze – ed ha scelto d’accostare e fermarsi presso uno dei miei locali preferiti: “CLAFF”, posto di fronte al Liceo Classico “Cutelli”…
Sì… mi sono “infilato” li dentro e “protetto e coccolato” dalla compagnia di Amelia e Fabio, e soprattutto da quelle loro torte e dai mix di succhi centrifugati con frutta fresca (troppo buoni), ho fatto scorrere il tempo…
D’altro canto, nell’attesa di ricevere quanto ordinato e guardando fuori quella strada, sono rimasto basito nel vedere quelle caditoie stradali totalmente occluse, a causa del materiale presente al loro interno… 
Già… l’acqua scorre sopra di esse, senza alcuna resistenza, come se non esistessero…
Non parliamo poi di alcuni negozi o di quegli ingressi dei palazzi posti ad un livello inferiore rispetto al piano stradale… 
Che pena mi hanno fatto quei proprietari e quei condomini, posti lì con i secchi, per cercare di limitare i danni…
Non parliamo poi dei vigili del fuoco e delle ambulanze, il cui suono delle sirene giungevano a noi in maniera insistente, da tutte le strada adiacenti… 
Ho visto alcuni minuti dei video sul web… 
Sono veramente scioccanti, non perché descrivono un avvenimento eccezionale… ma bensì, poiché rappresentano una costante per questa nostra città… 
D’altronde, basti rivedere quanto accaduto alcuni anni fa nei  quartieri periferici di S. Maria Goretti o San Giuseppe La Rena, con quanto avvenuto in questi giorni, sì in queste ore, dove parecchie famiglie si sono ritrovate nuovamente invase da acqua e da fango!!!
Ma vorrei sapere, per tutte queste negligenze amministrative o certamente operative, ci sarà mai qualcuno che pagherà oppure come sempre, tutto proseguirà nella solita indifferenza generale???

Basterebbe un'inchiesta al giorno… per togliere un po di ladri di torno!!!

C’è un silenzio strano in città, già… troppo silenzio, quasi che ci si aspetti, da un momento all’altro, un arresto imminente…
Nessuno che parla, sono pochi coloro che si sbilanciano, ancor meno sono le previsioni, non quelle meteorologiche… ma quelle giudiziarie!!! 
Qualche anno fa c’erano i cosiddetti delinquenti, quelli sì che facevano notizia…
Bande criminali armate che si fronteggiavano, mafiosi che di volta in volta cadevano sotto i colpi degli avversari, una serie di omicidi eccellenti… oggi di contro (e aggiungerei per fortuna…), c’è soltanto “silenzio”… ed è grazie ai “politici” indagati, che si tiene ancora alta, la voce della comunicazione…
Se non fosse per loro, non ci sarebbe di cosa scrivere… quel giornalismo d’inchiesta andrebbe a morire… mentre così, grazie a quegli indagati –come una “soap opera” televisiva – ci si appassiona nel leggere di quelle inchieste, dei vari processi e via discorrendo….
Ciascuno di essi difficilmente riuscirà a rientrare nuovamente in quell’ambiente politico… ormai, li si è fatti fuori… e sono stati i compagni di quel viaggio, ad averli abbandonati e che ora, nel momento di difficoltà… li hanno lasciato soli!!!
Si… ogni tanto, di quei politici, se ne incontra qualcuno…
Al sottoscritto ad esempio è capitato di vederne qualcuno… sembrano dei “clochard”, non so… forse per come erano malamente vestiti o per quanto fosserro smagriti, comunque limpressione che mi hanno dato, è di avere di fronte dei vagabondi che si muovevano con lo sguardo assente rivolto in basso e nell’assoluta indifferenza generale… 
E dire che un tempo, si facevano le fila dietro quei loro studi… ed ora, di contro, quegli uffici sono stati chiusi, dimenticati…anche da quei finti amici!!!
Lo so, vederli ora quei politici… fanno quasi tenerezza, sembra che vivano quelle loro vite a modello di “semilibertà”, già, in quel loro tormentato portamento, si evidenzia la frustrazione di questa attuale esistenza…
E’ come se ogni notte dovessero tornassero in galera… ma loro questo problema non lo hanno, anzi, possono rientrare tranquillamente in casa propria…
Ma forse è proprio quella casa a pesargli di più… la stessa che da tempo non sentono propria, quelle quattro mura in cui si sentono dei veri e propri estranei, dove sanno di non godere più, neppure della stima familiare… 
E’ evidente… hanno perso tutto, i familiari, gli amici, quei conoscenti che, proprio nel vederli si chinavano per salutarli, ma ormai è finito tutto e nessuno più ricorderà, tutte le cose positive fatte negli anni passati… 
Sì… ormai nella memoria di ciascuno, ci sarà posto soltanto per le inchieste, gli arresti e quelle eventuali condanne!!!
Molti di quei politici ormai non ci sono più… e per molti cittadini questa è una cosa positiva, visto quanto “socialmente pericolosi” siano stati…  e per quanti ancora rimasti, ecco… la fortuna vuole che molti di essi, abbiano perso quella loro influenza politica e sono ormai fuori da quel giro e nessuno vuole ricordarli più…..
Comunque pian piano, qualcosa… grazie a quelle inchieste è stata fatta, mentre qualche altra azione, andrebbe ancora fatta…
Ma come dice il proverbio: “basterebbe un’inchiesta al giorno… per togliere un po di ladri di torno” e noi… sappiamo che a volte, bisogna accontentarsi!!! 

Basterebbe un'inchiesta al giorno… per togliere un po di ladri di torno!!!

C’è un silenzio strano in città, già… troppo silenzio, quasi che ci si aspetti, da un momento all’altro, un arresto imminente…
Nessuno che parla, sono pochi coloro che si sbilanciano, ancor meno sono le previsioni, non quelle meteorologiche… ma quelle giudiziarie!!! 
Qualche anno fa c’erano i cosiddetti delinquenti, quelli sì che facevano notizia…
Bande criminali armate che si fronteggiavano, mafiosi che di volta in volta cadevano sotto i colpi degli avversari, una serie di omicidi eccellenti… oggi di contro (e aggiungerei per fortuna…), c’è soltanto “silenzio”… ed è grazie ai “politici” indagati, che si tiene ancora alta, la voce della comunicazione…
Se non fosse per loro, non ci sarebbe di cosa scrivere… quel giornalismo d’inchiesta andrebbe a morire… mentre così, grazie a quegli indagati –come una “soap opera” televisiva – ci si appassiona nel leggere di quelle inchieste, dei vari processi e via discorrendo….
Ciascuno di essi difficilmente riuscirà a rientrare nuovamente in quell’ambiente politico… ormai, li si è fatti fuori… e sono stati i compagni di quel viaggio, ad averli abbandonati e che ora, nel momento di difficoltà… li hanno lasciato soli!!!
Si… ogni tanto, di quei politici, se ne incontra qualcuno…
Al sottoscritto ad esempio è capitato di vederne qualcuno… sembrano dei “clochard”, non so… forse per come erano malamente vestiti o per quanto fosserro smagriti, comunque limpressione che mi hanno dato, è di avere di fronte dei vagabondi che si muovevano con lo sguardo assente rivolto in basso e nell’assoluta indifferenza generale… 
E dire che un tempo, si facevano le fila dietro quei loro studi… ed ora, di contro, quegli uffici sono stati chiusi, dimenticati…anche da quei finti amici!!!
Lo so, vederli ora quei politici… fanno quasi tenerezza, sembra che vivano quelle loro vite a modello di “semilibertà”, già, in quel loro tormentato portamento, si evidenzia la frustrazione di questa attuale esistenza…
E’ come se ogni notte dovessero tornassero in galera… ma loro questo problema non lo hanno, anzi, possono rientrare tranquillamente in casa propria…
Ma forse è proprio quella casa a pesargli di più… la stessa che da tempo non sentono propria, quelle quattro mura in cui si sentono dei veri e propri estranei, dove sanno di non godere più, neppure della stima familiare… 
E’ evidente… hanno perso tutto, i familiari, gli amici, quei conoscenti che, proprio nel vederli si chinavano per salutarli, ma ormai è finito tutto e nessuno più ricorderà, tutte le cose positive fatte negli anni passati… 
Sì… ormai nella memoria di ciascuno, ci sarà posto soltanto per le inchieste, gli arresti e quelle eventuali condanne!!!
Molti di quei politici ormai non ci sono più… e per molti cittadini questa è una cosa positiva, visto quanto “socialmente pericolosi” siano stati…  e per quanti ancora rimasti, ecco… la fortuna vuole che molti di essi, abbiano perso quella loro influenza politica e sono ormai fuori da quel giro e nessuno vuole ricordarli più…..
Comunque pian piano, qualcosa… grazie a quelle inchieste è stata fatta, mentre qualche altra azione, andrebbe ancora fatta…
Ma come dice il proverbio: “basterebbe un’inchiesta al giorno… per togliere un po di ladri di torno” e noi… sappiamo che a volte, bisogna accontentarsi!!! 

Questo "mondo di mezzo"!!!

Se qualcuno stava pensando che il “mondo di mezzo” fosse la mafia… si è sbagliato!!!

Il mondo di mezzo siamo noi… 

Noi che viviamo all’interno di questo paese corrotto…
Noi che ci facciamo corrompere e partecipiamo a quelle collusioni…
Siamo sempre noi che prendiamo le mazzette e poi le distribuiamo… 
Cosa dire inoltre di quel servilismo con il quale ci proponiamo a quegli uomini politici o a quei dirigenti pubblici…???
Un mondo di mezzo che vive nell’oscurità… alienato, sempre a vendersi o ad elemosinare, in nome della corruzione o di quel vile denaro…
Si passa poi… dall’essere corrotti a quello di corruttori, si nuota in un mare di intrighi, di frodi e di connivenze politico, imprenditoriali e mafiose, nelle quali, proprio noi siciliani… dimostriamo di essere specializzati… 
Nessun rispetto, nessuna dignità della persona, nessuna morale… si cerca in ogni modo di sopravanzare gli altri… senza possederne quantomeno i meriti, puntando a quell’unico obbiettivo chiamato: potere e ricchezza!!!

Corrono tutti per quel desiderio… avere e non essere!!!

Sembrare qualcosa di più di quella propria mediocre personalità, sperare così facendo di crearsi un futuro… per poi passare quel testimone un giorno… ai propri figli prima ed ai nipoti dopo!

Generazioni insulse che concepiscono da generazioni rampolli o meglio… cancri su questa terra!!!   
Gli stessi che si circondano di amicizie influenti da poter sfruttare… personaggi ambigui e indegni, legati ad esponenti criminali… 
Si tenta cosi facendo di salire… a tutti i costi e nello scavalcare gli altri, ci si affianca a quei soggetti mafiosi e/o politici corrotti, l’importante per loro è esserci, ed essere loro complici…
La riflessione intercettata dalle nostre forze dell’ordine pronunciata dal gruppo criminale “Carminati & Co. è perfetta: “È la teoria del mondo di mezzo compà… Ci stanno i come se dice, i vivi sopra e i morti sotto e noi stamo in mezzo… Un mondo in mezzo dove tutti s’incontrano e tu dici come cazzo è possibile”…

Un mondo di mezzo dove s’incontrano mafia, malaffare, eversione, massoneria, curia, servizi segreti, curia, politici, imprenditori e gente insospettabile…

Il sistema è geniale: chi controlla il mondo di mezzo controlla tutti… sia quelli di quelli di sopra, che quelli di sotto… e tutto viene svolto alla luce del sole, senza che nessuno si frappone, senza che le forze dell’ordine intervengano, il tutto nell’indifferenza dei suoi cittadini, sempre meno interessati o forse, sempre più predisposti a quella connivenza…

Questo è infatti il mondo in cui viviamo, quel modello di vita che ci siamo scelti, e di cui in fondo… facciamo parte!!!
D’altronde, se è soltanto uno a combattere quel sistema… cosa può fare???  

Tra il dire e il fare…

Viviamo un’era nella quale, la comunicazione avviene sempre più per riduzione e cioè, si tende sempre più a semplificare una qualsivoglia discussione, ovviando con l’utilizzo di frasi fatte… quasi sempre… mere opposizioni.

Per cui, si viene a creare una netta demarcazione, tra ciò che si pensa realmente e ciò che di fatto si compie…, tra quel voler apparire a tutti i costi, amichevoli, corroboranti, disponibili, e quel manifestare se stessi, con il rischio che gli altri, possano giudicarci in maniera negativa…
Si tratta quindi di scegliere dove stazionare… perché… per  stare all’interno di questo sistema bisogna accettare di venire inquadrati, buoni (per non dire fessi…), di evitare di provocare gli altri con decisioni il più delle volte imposte, quel non dover mai esprimere: o con me o contro di me!!!
Dopotutto, alle persone, interessa poco entrare nei dettagli… anche perché così facendo ci si espone… ed invece, sappiamo bene, come nel nostro paese, la faccia non vuole metterla nessuno!!!

E quindi… da un lato si esprimono giudizi, pareri, idee… ma di contro, quando quelle riflessioni debbono superare il limite teorico e debbono passare a quello pratico, ecco che quando si giunge al vaglio della penna stilografica… tutto si ferma, non prosegue, non viene approfondito… quelle parole restano lì… come “sfumature” in quella atmosfera grigia, che va con il passar del tempo a disperdersi…

Perché alle persone comuni… non interessa nulla, ne di come va il nostro paese e neppure se l’economia sta crollando, non importa nemmeno quante nuove inchieste sono state realizzate o quante persone sono state arrestate, già, a differenza di tutte quelle animate discussioni realizzate la mattina al bar… nel concreto, di tutto quanto lontanamente li circonda… e non ha di per se, un interesse diretto con la propria tasca… ecco che allora… di quanto avviene intorno… non gliene può fregar di meno!!!
Vivono come degli automi, sono marionette pronte ad obbedire agli ordini, pur di non vedere intaccate quelle proprie misere carriere, mortificano ogni giorno se stessi per allietare i propri superiori e nel contempo se possono, pugnalano possibili i propri colleghi certamente più meritevoli, affrettando a ristabilire quelle posizioni prestabilite, quei processi d’avanzamento che stavano per ostacolare i propri…   

Ed allora, quando ci si trova a dover esprimere un commento o anche al dover prendere una decisione, ecco che in questi casi, ci si appresta subito a fare un passo indietro, ci si ritira di buon ordine… appiattendo in tal modo ogni proprio giudizio o banalizzando quella propria presenza, con argomenti futili, in modo tale da evitare qualsivoglia collocazione o venire attaccati per aver con le proprie dichiarazioni, urtato l’altrui sensibilità…

Non si tratta di essere vili, ma di quella pura e semplice monotona normalità… dove non è necessario prendersi cura degli altri, anche perché questi, non vengono da loro, minimamente avvertiti…
E’ noto infatti che l’abitudine a ripetuti stimoli, finisce per non essere più percepita dal soggetto o ancor peggio, non produce in questo, alcuna risposta, ed è ciò che infatti accade oggi… dove per attirare l’attenzione, c’è bisogno sempre più di notizie eclatanti… 

Dipende tutto da questo nostro stile di vita, dall’assuefazione a quei modelli imposti, da questo contesto che obbliga ovunque a seguire regole ferree, ma che poi di fatto, non riesce a farle rispettare, in particolare propri da quanti sono messi lì affinché  queste si concretizzino…  

Alla fine è come sentirsi anestetizzati… si seguono le regole dei social network, di quei mass media che impongono modelli da imitare, s’inseguono consumismo e benessere individuale, facendo in modo che questo prevalga sul sociale, s’esclude qualsivoglia critica, perché questa manca di per se… di quella necessaria base, date attraverso lo studio, da quell’aggiornamento e approfondimento culturale, da quella continua lettura quotidiana, dal saper osservare in maniera critica quanto avviene intorno, sapendo distinguere sempre… verità e finzione, tutte circostanze che permettono alla fine, di essere capaci di poter sviluppare proprie riflessioni, condizione necessaria per poter sperare un giorno, di modificare quella propria incapacità e soprattutto… indifferenza generale!!!

Una paese infetto!!!

In molti si sono indignati nel vedere il film “La Grande Bellezza” ed oggi a più di due anni dalla sua uscita, ci si chiede ancora se quanto espresso in quella pellicola, fosse realmente la rappresentazione attuale… del nostro paese.

Le immagini meravigliose della nostra capitale… quegli scorci storici fatti rivivere in quelle scene… inserite come sfondo di una vita ordinaria e decadente, nella quale i suoi personaggi dell’alta società, come politici, intellettuali, nobili decaduti, critici, giornalisti, prelati e attori… si trovavano a fondersi con criminali, ciarlatani, dame (di tutti i colori), truffatori, escort, ognuno di essi, personaggi deprimenti di una città, che accumula in se… tutti i peccati del nostro paese.
Un paese avvelenato… una terra infetta, dove esiste soltanto vanità e corruzione!!! 
Uomini e donne che tentano in ogni modo… di divenire potenti, per poi così, imporre e condizionare… la vita degli altri… 
Questi ultimi percepiti come “giullari” di contorno di quella deprimente esistenza, che ormai li attanaglia… conforto provvisorio di quel loro divertimento, svolto da personaggi penosi, che scivolano tra l’indifferenza generale e che sperano però un giorno… di entrare in quella infida corte…

La fatica di una vita per sembrare ciò che non si è… quell’immagine tanto ricercata, fatua e vanesia, puro divertimento di una semplice e frivola leggerezza di un’anima morta…

E’ come quella pellicola… così è il nostro paese!!!
Sì… come la maggior parte dei suoi conterranei… disincantati e disinnamorati della bellezza di questa terra, di questa vita… marchiata e imbruttita da un sistema, che pretende che tutti, abbiano a partecipare, a quel diffuso meccanismo… fatto di connivenza, illegalità, malaffare, corruzione… in una parola: disonestà!!!
Ormai non si capisce più… dov’è quella netta linea di demarcazione, tra il bene ed il male… ed anche coloro che sino a poco tempo fa, pensavamo incorruttibili, ora dimostrano anch’essi d’essere lestofanti!!!

E’ una realtà che noi -ultime persone perbene- mai vorremmo vedere… che sentiamo non appartenerci… anzi è fortemente lontana da quei principi e da quegli insegnamenti, che proprio nel corso della nostra vita abbiamo sempre voluto tenere a distanza….

C’è chi ha mediato… chi si è pentito e c’è chi, è stato ligio a se stesso, a quella propria deontologia, senza sentirsi obbligato a condotte, regole di comportamento imposte… nel rispetto della legge.
Non esiste una città corrotta, come non vi sono esclusivamente scandali nella capitale… perché il malcostume è ovunque, basta uscire da casa…
Pensateci… quando incontrate un conoscente, quando chiedete un favore a un amico, quando v’informate su qualcosa che potrebbe nascondere il vostro reale interesse, quando accorgendovi di un furto, di una rapina, di un’aggressione o di un qualsiasi abuso, restate lì indifferenti o vi girate dall’altro lato, quando non denunciate… ma aspettate che siano gli altri a farlo, quando partecipate con il vostro silenzio ai raggiri altrui… o quando… già… siete voi stessi a commetterle quelle fregature!!!
Non basta soltanto giudicare gli altri… ma bisogna dimostrare -ogni giorno- con i propri comportamenti, dignità ed onestà, manifestando democraticamente per i propri diritti, ma rispettando sempre i propri doveri!!!
Per ogni comportamento sleale commesso nel corso della propria vita per tutti quei comportamenti ruffiani e servizievoli, per le centinaia di volte in cui avete passato il badge del collega per essere servili, per quell’avanzamento immeritato di carriera che avete in tutti i modi ricercato e voluto, per quelle continue raccomandazioni supplicate presentate per i propri figli a iniziarsi dalle scuole elementari, medie, superiori… per poi continuare con l’Università ed il lavoro, per quelle ingiustizie che sapete già d’aver comesso… ecco per quanto indebitamente fatto… pagherete pegno!!!
Per tutto il resto… potete starne certi… avrete giustizia!
Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati… – Gesù di Nazareth