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Dal Governo: Stop alla mafia in TV”. Ma il rischio è cancellarla dall’agenda reale, non dallo schermo!


Ok… va bene, parliamo di questa idea: far sparire la mafia dai film, dalle serie, dalle storie che girano intorno a noi.

Lo so, lo so bene, non si tratta di cancellarla del tutto, quanto piuttosto di toglierle quel velo di fascino che, per troppi anni, le è stato cucito addosso da una narrazione troppo spettacolare, troppo compiaciuta, quasi ammirata. 

L’intento è condivisibile, anzi necessario: non vogliamo che i nostri ragazzi guardino a quegli uomini come a modelli, non vogliamo che l’oscurità venga scambiata per forza, l’arroganza per coraggio, la violenza per potere. Il punto, però, non è nascondere la realtà, ma raccontarla senza orpelli, senza mitizzarla. 

Perché la mafia non è un’invenzione da sceneggiatura, è un fatto, un tessuto che ha attraversato e ancora attraversa vite, quartieri, intere regioni, e persino le stanze del potere; nasconderla sarebbe non solo inutile, sarebbe ipocrita: una sorta di patto tacito con l’ignoranza, un modo per non guardare in faccia la verità.

Serve invece una rappresentazione più onesta, più cruda, che non risparmi i dettagli scomodi: quegli uomini, nella maggior parte dei casi, non sono eroi, menti raffinate, ma neppure architetti del male, sono spesso individui ignoranti, culturalmente vuoti, cresciuti in contesti senza affetto né regole, dove l’unica lingua parlata è quella del dominio e del sospetto.

Peraltro, la ricchezza accumulata non è libertà, è una gabbia dorata che non possono nemmeno aprire: non viaggiano, non frequentano, non godono, vivono sempre in allerta, con lo sguardo fisso alle spalle, come se il mondo intero fosse una minaccia.

E alla fine, molti di loro finiscono come tutti gli isolati: soli. Rinchiusi in celle di massima sicurezza, abbandonati dagli stessi che un tempo li osannavano, dimenticati persino dai familiari. Non c’è gloria in quella fine. C’è solo il vuoto di una vita spesa a costruire niente, se non paura!

Ma qui sta il nodo più difficile da sciogliere: non basta cambiare il modo in cui si racconta la mafia, se poi non si ha il coraggio di guardare a chi le tiene aperte le porte ogni giorno.

Non parlo dei picciotti, dei piccoli spacciatori, di chi obbedisce e basta, senza chiedere, di chi spara, percuote, minaccia di persona, cioè di chi fa il “lavoro sporco” in prima persona senza chiedere…

No… mi riferisco a di chi indossa un completo, firma delibere, stringe accordi in sale riunioni, di chi evidenzia “mani pulite”, sapendo di avere la coscienza “sporca”. Sono loro il motore nascosto, il collante, il sistema che trasforma un’organizzazione criminale in un apparato quasi istituzionale.

Eppure, mentre si discute se una serie tv, un film, sia troppo morbido o troppo cruento, quella rete continua a tessersi indisturbata, sotto gli occhi di tutti, anzi, spesso proprio grazie allo sguardo distolto di molti o proprio di coloro che propongono l’abolizione di quelle trame romanzate.

Le mafie oggi non sparano più in piazza, non ammazzano i giudici in mezzo alla strada – per fortuna – ma sono più forti che mai, perché hanno imparato a mimetizzarsi, a parlare il linguaggio dell’economia, della burocrazia, del consenso. 

Sono dentro le gare d’appalto truccate, nei contratti gonfiati, nelle nomine pilotate, nei silenzi compiacenti, nelle assemblee dei consigli comunali. Non c’è bisogno di armi quando hai chi ti fa passare un atto inosservato: la violenza si trasforma in omissione, in complicità, in corruzione.

Le inchieste lo dicono ogni ogni giorno, ogni settimana, ogni mese, senza clamore, senza titoloni: non si tratta di sparatorie, ma di firme, di bonifici, di verbali falsificati, di relazioni tecniche appositamente taroccate. Eppure dal nostro governo si preferisce dibattere di film e fiction, come se la verità potesse essere cancellata cambiando un copione, mentre la realtà continua a marciare, silenziosa e implacabile.

Allora sì, raccontiamola meglio, la mafia! Ma questa volta non per far bella figura davanti alle telecamere di una Tv utilizzata a modello “propaganda” o per accontentare le sensibilità del momento, sì… raccontiamo perché chi ci governa, chi decide, chi ha potere di scelta, si senta ora chiamato in causa, senza che un pentito o un boss prima di morire da dentro il carcere abbia deciso di parlare…

Perché la vera battaglia non si combatte sul set di una serie, ma nelle aule di tribunale che vanno potenziate, nei controlli che vanno resi più efficaci, nelle scuole dove bisogna insegnare a riconoscere il clientelismo prima ancora che la violenza. E se non si ha il coraggio di guardare lì – dove stanno le mani che stringono, non quelle che sparano – ogni discussione sulle storie inventate resta solo rumore di fondo, un diversivo comodo, quasi colpevole.

Perché quel sistema non vive solo di omertà e intimidazione: vive di consenso, di complicità elettorale, di voti che vengono raccolti proprio grazie a quei legami. E fino a quando non si avrà il coraggio di chiamare le cose con il loro nome – senza giri di parole, senza eufemismi, senza distrazioni inutili -nessun cambiamento sarà reale! Sì… nessuno.

Il silenzio che fa affari…


È sera e il sole sta scendendo lentamente – sono costretto a una deviazione fastidiosa, sì: lavori in corso sull’autostrada, anticipati poco prima da un ragazzo al distributore, e ora, da lontano, osservo le macchine che stendono l’asfalto, i fari accesi nonostante il crepuscolo non sia ancora buio – e già la mente corre in avanti, a ciò che accadrà tra qualche ora o al massimo domani: le strisce di vernice fresca, i cartelli piantati in tutta fretta, le indicazioni stradali ancora coperte da un telo trasparente – quante volte abbiamo visto quella scena, identica, ripetuta con una precisione quasi teatrale, come se fosse parte di un copione ben collaudato.

E così mentre la macchina procede purtroppo a passo d’uomo a causa della confusione venutasi a creare, ripenso a tutti quei cantieri aperti, chiusi, riaperti, mai davvero conclusi – come se il cantiere non fosse il luogo dove si costruisce qualcosa, ma piuttosto uno spazio sospeso, un palcoscenico mobile in cui il lavoro vero è secondario rispetto alla circolazione di altro: denaro, favori, silenzi. 

Eppure nessuno protesta, nessuno chiede, a partire da chi, per incarico istituzionale, dovrebbe farlo per primo – e non lo fa per ignoranza, ma perché sa che porre certe domande, ad alta voce, significherebbe accendere una luce troppo forte in un luogo dove tutti hanno imparato a muoversi al buio e quella luce, invece di illuminare, rischia di bruciare chi la tiene accesa.

Del resto, se così non fosse, non avremmo di continuo quelle inchieste giudiziarie ormai familiari, quelle che parlano chiaro pur usando un linguaggio cauto, quasi smorzato, come se ogni parola dovesse essere pesata non per la sua verità, ma per le conseguenze che potrebbe scatenare – e così, nei documenti, i nomi dei protagonisti veri restano assenti, sostituiti da sigle, ruoli generici, frasi passive – l’appalto è stato aggiudicato, la variante è stata approvata, come se nessuno avesse deciso, nessuno avesse firmato, nessuno avesse guidato la mano di chi ha scritto. 

Eppure c’è sempre stato qualcuno, in piedi dietro la scrivania, che ha organizzato, indirizzato, protetto e ora, messo sotto torchio, si ritrae, si fa piccolo, parla poco, non detta più regole con la stessa sicurezza di un tempo, anzi si comporta come se fosse lui la vittima di un equivoco.

Resta in penombra, certo, in attesa che la tempesta passi, convinto, forse non a torto, che passerà davvero, e che alla fine tornerà tutto come prima, perché intorno a lui c’è un sistema che non si limita a proteggerlo: lo alimenta, lo rigenera, lo rende necessario. 

I suoi amici – o meglio, i suoi alleati – faranno di tutto pur di non restare impigliati a loro volta: firmeranno pareri, produrranno certificazioni, condivideranno versioni alternative dei fatti, perché la priorità non è la trasparenza, ma la sopravvivenza del meccanismo, e quella struttura ha bisogno di opacità, di silenzi compiacenti, di opportunità che si ripetono con la regolarità di un orologio difettoso ma affidabile.

Mi torna spesso in mente una frase, pronunciata da chi conosce quei meccanismi dall’interno: non è più la corruzione che urla, è quella che sussurra – quella educata, discreta, quasi istituzionalizzata, che avanza con le scarpe pulite e il lessico impeccabile di chi sa usare le procedure come schermo – tecnicismi al posto di scelte, pareri al posto di responsabilità, carte in regola al posto di sostanza.

È una corruzione silenziosa, che non ha più bisogno di bustarelle: le ha rese superflue, sostituendole con tempi che si dilatano oltre ogni plausibilità, con varianti in corso d’opera che nascono non per necessità tecnica, ma per convenienza amministrativa, con gare formalmente regolari in cui, però, nessuno sembra voler gareggiare davvero – come se il risultato fosse già scritto altrove. È una corruzione che si mimetizza tra le pieghe della legalità: ditte che vanno a vincere appalti in regioni dove non hanno sede, non hanno nemmeno una baracca, figuriamoci un addetto, eppure si aggiudicano opere milionarie, per poi affidarle a terzi, spesso piccole imprese locali, pagandole un terzo di quanto incassano loro stesse dal committente pubblico. Il risultato? Un meccanismo virtuoso solo per chi lo pilota: più costi, meno trasparenza, zero controllo e un po’ di mazzette che girano di mano in mano. 

Eppure qualcuno osserva, sì… qualcuno incrocia quei dati, anche se non presenta denunce, non per rassegnazione, ma per lucida consapevolezza: sa da tempo come un esposto formale, in certi contesti, non è un atto di giustizia, ma un invito a essere neutralizzato. Allora sceglie un’altra strada: verifica chi ha vinto, chi ha perso, chi compare sempre nelle stesse gare, chi firma le relazioni tecniche, chi approva le varianti, chi sta in silenzio quando qualcosa non torna ed usa quegli strumenti per farli emergere attraverso i media, i social e soprattutto quei programmi televisivi che hanno fatto la storia di questo Paese, sì… nell’ambito del giornalismo investigativo.  

Non serve gridare nomi, non solo perché sarebbe inutile, ma perché il problema non sono gli individui, sono i meccanismi che li proteggono, li riproducono, li rendono intercambiabili. Basta guardare la “White list” delle imprese ammesse, redatta da chi avrebbe dovuto vigilare e invece ha delegato ogni verifica a una firma in calce: senza chiedersi chi c’è realmente dietro quelle società, quali legami, quali precedenti, quali silenzi comprati in anticipo. Sì… certo, i documenti sono in regola, ma la regolarità formale è spesso la maschera più efficace dell’illegalità sostanziale!

Allora questa terra continua a scivolare, non con un crollo improvviso, ma con una serie infinita di piccole cessioni: un silenzio qui, un compromesso là, un occhio chiuso oggi nella speranza di un favore domani. E qualcuno, incredibilmente, chiama tutto questo buonsenso, realismo, quieto vivere, come se il quieto vivere fosse il diritto di non vedere, di non sapere, di non dover scegliere.

Non vedo, non sento, non parlo e così, dopo anni di osservazione, di domande senza risposta, di segnalazioni cadute nel vuoto, mi chiedo, senza retorica e ancor meno enfasi: verrà mai qualcuno che deciderà, semplicemente, di non voltarsi dall’altra parte?

Non credo proprio…

Quel filo che tiene insieme tutta la tela…


La sera scende mentre percorro la tangenziale di Catania, e l’asfalto sotto le ruote sembra cedere non per l’acqua, ma per qualcosa di più sottile, più tenace: la fatica delle promesse mai mantenute.

Ogni chilometro racconta la stessa storia, solo con nomi diversi e date aggiornate. Quella scuola con il tetto che minaccia di crollare, quell’ambulanza ferma da mesi in officina, quella strada che ogni inverno torna a essere sterrata, sono frammenti di un racconto che non smette di ripetersi, come se il tempo fosse un nastro che gira su se stesso, senza mai registrare niente di nuovo.

Eppure, non si tratta di un episodio isolato, né di un’anomalia. È il respiro regolare di un sistema che funziona grazie ai silenzi compiacenti, agli sguardi che si abbassano appena in tempo, alle strette di mano che durano un secondo di troppo.

In cima, c’è sempre qualcuno che firma, non perché ha scelto, ma perché è stato scelto. Più in basso, ci sono quelli che preparano la penna, regolano la sedia, tengono la porta aperta. Ognuno con un ruolo preciso, ognuno con un prezzo concordato in anticipo, anche se nessuno lo ha mai messo per iscritto. Non serve: basta saperlo.

Negli ultimi giorni, nuove inchieste hanno fatto tremare le stanze della politica regionale. Una mozione di sfiducia, presentata con urgenza, ha raccolto ventitré firme tra deputati di diversi gruppi. Non è tanto il numero a impressionare, quanto il motivo: un’onda lunga di indagini che hanno coinvolto esponenti della maggioranza, membri del governo regionale, dirigenti nominati in sanità, enti, uffici tecnici. 

Alcuni hanno ammesso, davanti ai magistrati, condotte che definire corruttive è un eufemismo, altri viceversa sono stati travolti da inchieste che risalgono a anni fa, ma che risuonano ora con straordinaria attualità. Eppure, nessuna verifica seria è stata avviata su chi, pur non indagato, occupa posizioni decisive, né su chi è stato messo lì da partiti ormai fuori dal governo, come se la rimozione di un assessore bastasse a ripulire un intero sistema.

Mi capita spesso, negli ultimi giorni, di parlare con amici, conoscenti, sconosciuti incontrati per strada o al bar. Nessuno si stupisce. Anzi: “Nicola, è sempre stato così. E sarà sempre così. Perché ti meravigli?”. Lo dicono con un tono quasi rassegnato, come se la sorpresa fosse un lusso che non possiamo più permetterci. Ma la rassegnazione, col tempo, smette di essere una reazione e diventa una scelta. Una complicità silenziosa. E la complicità – non la corruzione, non l’errore – è ciò che tiene in piedi l’intera architettura del malaffare.

Perché oggi non si tratta più di bustarelle al bar o di nomi scritti su foglietti. Quel tempo è passato. Oggi l’illegalità ha cambiato pelle: è fluida, si adatta, si mimetizza. Si veste di efficienza, si presenta come pragmatismo, si giustifica con “come si fa qui da noi”. 

Intanto, i reparti ospedalieri si svuotano, i cantieri si fermano senza che nessuno ne chieda conto, i pagamenti slittano all’infinito, i controlli si riducono a timbri su scartoffie mai lette, ed ancora, i fondi europei evaporano in consulenze che non producono un solo documento utile, un solo dato verificabile, un solo intervento tangibile. Tutto scorre, tutto è plausibile, e proprio per questo, niente viene mai davvero messo in discussione.

Tra chi decide e chi esegue, c’è un’intera schiera di figure invisibili. L’autista che sa dove andare senza chiedere. Il consulente che non scrive relazioni, ma costruisce ponti dove non ci sono fiumi. Il “facilitatore” che sa quando chiamare, come dire, e soprattutto quando tacere. Sono loro, più di altri, a rendere il meccanismo così resistente: non perché comandano, ma perché rendono il comando possibile, senza mai comparire. Operano nel grigio, dove la legge non viene rotta, ma piegata con cura, come una lettera che contiene una minaccia scritta in un italiano impeccabile, così forbito che nessuno osa chiamarla tale.

E così, mentre si annunciano nuove task force, nuovi protocolli, nuovi osservatori – tutti destinati a durare fino alla prossima emergenza – le stesse mani continuano a passarsi la stessa palla. Solo che ora lo fanno con guanti bianchi, davanti a telecamere accese e microfoni spalancati. E questa terra – la stessa che trema quando piove troppo, che scivola quando nessuno la sorregge – resta lì, in attesa.

In attesa non di un eroe, né di una denuncia clamorosa, ma di qualcuno che abbia il coraggio di chiamare le cose con il loro nome. Non corruzione. Non inefficienza. Non malgoverno. Ma collusione strutturale: una condizione in cui l’illegalità non è un incidente, ma la regola non scritta che tiene insieme ciò che, altrimenti, andrebbe in frantumi.

Forse, solo quando smetteremo di parlare di “questione meridionale”, già… come se fosse un male locale, curabile con un po’ di attenzione in più, e cominceremo a riconoscerla per ciò che è, una “questione italiana“, allora potremo finalmente guardare il filo, sì… quello che tiene insieme tutta la tela: Senza distogliere lo sguardo. Senza fingere di non vederlo.

Sistema Sicilia…


La storia sembra ripetersi, come se in questa terra il tempo non scorresse… ma girasse in tondo, lasciando impronte sempre uguali ma su strade diverse, quasi a volerci ricordare che nulla cambia veramente.

Già… proprio come in passato, oggi ritroviamo nuovamente Totò Cuffaro al centro di un nuovo scandalo – interrogato dal Gip con accuse pesanti quali: associazione a delinquere, corruzione e turbativa d’asta. Ho letto che mentre si presentava in Tribunale avrebbe detto ai giornalisti di avere “fiducia nella giustizia“.

Una frase che suona come un ritornello familiare, il refrain di un sistema che non ha mai davvero cambiato pelle. Come sapete non condivido nulla di quel sistema che da sempre condanno con tutte le mie forze, ma resto altresì convinto che le sue dimissioni da segretario della Dc e la rimozione degli assessori a lui vicini, siano solo la punta dell’iceberg, sì… le prime onde di uno scandalo che scuote il palazzo, ma non ne mina le fondamenta.

Perché il sistema, quello vero, è molto più grande di un solo uomo. Dietro l’ex Presidente della regione, si nasconde una rete di relazioni che si estende in ogni angolo dell’isola fino a giungere a Roma, coinvolgendo figure istituzionali come ex ministri e attuali deputati. 

Ho letto inoltre di consorzi di imprese che esistono più nei documenti che nei cantieri, già… quest’ultimi sono riusciti a ottenere decine di appalti pubblici grazie a quelle relazioni giuste. Come sapete, non entro nel merito dei nomi specifici – non m’interessano né quelli e ancor meno i cognomi dei loro referenti – ma è evidente come queste entità, muovendosi con sorprendente agilità tra commesse milionarie e relazioni politiche di alto livello, abbiano costruito imperi che ora rischiano di sgretolarsi, come molti di quelli che abbiamo visto in questi anni crollare su se stessi, sì… credo che sia solo questione di tempo!

E cosa dire della sanità, di quel settore che dovrebbe essere sacro e invece è diventata la cassaforte della corruzione, il luogo dove si decidono destini e fortune? Gare pilotate, concorsi truccati, punteggi modificati in silenzio, tutto avviene alla luce del sole, senza vergogna, come se fosse la norma. La novità, come riportavo alcuni giorni fa, è che oggi la corruzione non si manifesta più solo attraverso le classiche buste marroni con mazzette di banconote, ma attraverso scambi di utilità più sottili, già… più socialmente accettabili, che creano dipendenze destinate a riproporsi nel tempo.

Non è più solo il denaro, ma la capacità di distribuire opportunità, di creare reti di potere, di controllare la burocrazia. Mentre i cittadini comuni faticano a ottenere un visto, un permesso, un servizio pubblico, chi sa muoversi tra le pieghe dell’opacità ottiene tutto con una semplice telefonata e di queste telefonate, ogni giorno, se solo potessimo ascoltarle, ve ne sono a centinaia… 

Già, ciascuna di esse potrebbe realizzare quella storica pubblicità della “SIP” con protagonista l’attore Massimo Lopez e quel celebre slogan: “il telefono allunga la vita“, aggiungendo oggi: “non solo quella, ma anche il potere“.

Sì, il denaro non conta più nulla, ciò a cui tutti ambiscono è la promessa di un posto di lavoro, l’aggiustamento di un punteggio, la nomina a un incarico prestigioso, quello scambio silenzioso tra un politico e un imprenditore, tra un funzionario e un professionista, tra una personalità istituzionale che ha il potere e chi lo cerca.

E così, mentre la politica regionale cerca di assestarsi dopo questo terremoto, con vertici di maggioranza rinviati e nomine bloccate, ciò che resta è la sensazione amara che alla fine, nulla cambi veramente. La nostra Regione Siciliana è tornata a essere un luogo di mera intermediazione, dove tutto si fa “alla luce del sole, senza vergogna“.

Mentre il “sistema” Sicilia continua ad essere un intreccio inestricabile di potere, affari e silenzi, che prospera nell’ombra, resistente a ogni scandalo, a ogni inchiesta, a ogni promessa di cambiamento. La mafia, pur non essendo più il regista, rimane comunque la prima beneficiaria collaterale, sempre pronta a intercettare gli effetti economici di quei flussi illeciti. E sì, perché nonostante tutto, nonostante le inchieste, nonostante gli arresti, quell’infezione continua a diffondersi, silenziosa, implacabile, inevitabile. Perché la corruzione, quando diventa “Sistema”, non conosce fine!!!

E forse, proprio per questo, non conoscerà mai fine, perché in questa terra, dove la linea tra legale e illegale è così sottile da diventare invisibile; chi decide cosa è giusto e cosa è sbagliato? Chi decide chi deve restare e chi deve andare? Chi decide chi merita una seconda possibilità e chi no?

Nello scrivere queste parole ho ripensato alla fiction “Il Capo dei capi” interpretata dal bravissimo attore Claudio Gioè, nella parte del boss di “cosa nostra” Toto Riina, mentre discute con l’amico di sempre Binnu (Bernardo Provenzano): “I Corleonesi nunn’ hanno bisogno ru stato! Ave trent’anni che mettiamo le leggi senza bisogno di scriverle e siamo noi che le facciamo rispettare, siamo noi che decidiamo qua va a crepare e qua va a vivere, qua va a pigliare gli appalti e chu resta morto de fame, chi se ne deve andare a Roma e chu resta cu u’ culo pe’ terra… hann’a trattare cu’ mia, Binno! Qui lo stato sono io!”

Consentitemi di uscire per un istante dalla serietà di questo post, aggiungendo come a tal proposito – senza togliere meriti all’interpretazione di Gioè – molti miei amici che hanno potuto osservare alcuni anni fa, quella stessa parte realizzata (ovviamente per scherzo) dal sottoscritto, con la collaborazione di una delle mie figlie – un video modificato attraverso un filtro se non ricordo male del social “Tik Tok” – dichiaravano che ero da Oscar…

Riprendendo per concludere: la risposta è semplice… sono sempre loro, quelli che siedono ai tavoli del potere, quelli che controllano le chiavi del sistema. E finché non cambierà questo “sistema“, ogni inchiesta, ogni arresto, ogni dimissione, non sarà che l’ennesima goccia nel mare di un male che, come ripeto e scrivo da 15 anni in questo Blog: è diventato “cosa nostra“, di conseguenza parte del Dna di questa terra!

Il mio incontro con i ‘paladini della legalità’: perché scappano davanti alla mie proposte concrete? Il motivo (celato) è che minaccia il loro sistema di potere!


E allora mi ritrovo a pensare a questi ultimi anni, a tutti quegli incontri con i cosiddetti “paladini della legalità”: candidati alla Regione, ex Presidenti, Sindaci, dirigenti pubblici e persino quei professionisti a cui i Tribunali hanno affidato incarichi di fiducia. 

Li avvicinavo dopo i loro comizi, durante convegni i cui resoconti avrete letto sicuramente nei giornali e/o sui social, e all’inizio mi illudevo, sì… ascoltavo le loro parole roboanti contro le ingiustizie, la loro curiosità quasi affamata per le inchieste in corso, e credevo di aver trovato degli alleati.

Insieme ad essi analizzavo l’ombra lunga che avvolge la mia Sicilia, un’oscurità che si insinua tra i corridoi dei palazzi, tra i documenti fatti sparire, ma pensavo fosse colpa della solita torpida burocrazia, la carta che ammuffisce, un problema di inefficienza e non di male organizzato.

Poi, con il passare del tempo, qualcosa si rompeva. Gli stessi soggetti, così cortesi e disponibili sin dal primo incontro, alzavano un muro di gomma alle mie proposte più concrete. Li rivedevo e sentivo un’ostilità improvvisa, un fastidio persino per la mia presenza; restavo lì, muto, a chiedermi dove avessi sbagliato, cosa avessi detto di errato, ma non mi veniva in mente nulla.

Erano loro che cambiavano registro, che si ritraevano, che fingevano di non riconoscermi e io, ingenuamente, continuavo a credere che fosse un malinteso, un incidente di percorso, non il sintomo inequivocabile di un sistema che si stava proteggendo.

Gli anni passano, e la verità affiora con la pazienza cinica di chi sa aspettare. Quegli stessi soggetti, spariti per un po’ – magari per una qualche indagine che li ha lambiti – magicamente ritornano. E non ritornano da soli, già… scopro che tutti quei nomi, insieme a molti degli indagati di cui erano a conoscenza per i loro incarichi, non erano affatto sconnessi, ma anzi, perfettamente intrecciati in una tela che unisce politica, affari e persino le loro stesse famiglie.

Come si dice a Catania: “nenti fari, ca tuttu si sapi”. Ed è così che vengo a scoprire come i familiari di alcuni di loro abbiano svolto, e ancora svolgano, incarichi lucrosi per gli amici degli altri. Professionisti che sulla carta dovrebbero colpire gli illeciti, siedono invece allo stesso tavolo con gli indagati, e tutti insieme banchettano in un silenzio complice che sa di tradimento.

Che schifo, mi viene il disgusto solo a ripensarci, ed hanno avuto il coraggio di parlare con il sottoscritto di legalità. Se solo questa parola potesse trasformarsi in una pandemia, contagiare tutti quelli che la pronunciano a denti stretti senza mai metterla in pratica, allora forse qualcosa cambierebbe.

Purtroppo il mio auspicio non si è realizzato. Quel sistema, per quanto infetto, non miete vittime tra i suoi custodi, anzi, prosegue impeccabile, ben oliato, come un orologio che segna sempre l’ora del favore, della raccomandazione, della mazzetta che passa di mano in mano fino ai piani più alti. E nessuno ferma nulla, né la magistratura né le forze dell’ordine, perché l’infezione è ormai sistemica, capillare, persino rispettabile nelle sue forme più subdole.

Mi rifugio allora nelle parole antiche, in quella giustizia divina che non ammette ambiguità. “Chi pecca morirà”, dice il profeta Ezechiele. E se il giusto si volta e commette il male, è per quel male che morirà. Non è una minaccia, è una legge di armonia, un richiamo alla coerenza che l’uomo moderno ha dimenticato. L’Epistola ai Romani lo ricorda: non dobbiamo prestare le nostre membra, le nostre mani, i nostri occhi, come strumenti d’iniquità.Tutto deve essere in armonia con la giustizia.

E così, quando vedo quelle persone che parlano di legalità mentre le loro azioni servono solo a perpetuare il male, penso che forse, solo un Giudizio così radicale e senza appello potrebbe purificare questa terra martoriata.

Ed allora, forse, è tempo che io riprenda a pregare…

Quel filo del potere illegittimo non si spezza da solo…


Non è facile raccontare ciò che si ascolta senza mai sentirsi veramente sicuri di averlo compreso fino in fondo, perché qui, in questa terra che continua a nutrire sogni e disillusioni con uguale generosità, il male non arriva avvisandoti con i passi pesanti di chi vuole farsi notare, ma con quelli attutiti di chi sa già di essere atteso. 

È un andare e venire silenzioso, quasi familiare, tra uffici, incontri al bar, corridoi di palazzi dove nessun cartello indica la giusta direzione, ma tutti – incredibilmente – sanno dove devono voltarsi, e così, mentre fuori la giornata inizia a prendere forma ed il sole batte su quelle nostre strade dissestate, qualcuno da dentro quell’ufficio sta firmando qualche documento, qualcun altro viceversa sta tacendo, e un terzo sta preparando il conto da presentare a chi di dovere… 

Si potrebbe pensare che i numeri siano freddi, distanti, quasi rassicuranti nella loro impersonalità, eppure quei duecentocinquanta nomi all’interno di quei fascicoli d’inchiesta aperti tra il 2020 e oggi, sono di fatto persone reali, non solo volti sfocati di foto segnaletiche, ma dirigenti e funzionari che incontravi ogni giorno, anche di domenica al supermercato, parliamo di professionisti, di politici, di assessori che sorridevano alla festa del quartiere, mentre quelle ruspe scavavano il terreno per un appalto che nessuno aveva richiesto.

Eppure i dati parlano chiaro: cinque inchieste su quarantotto in un solo anno, ottantadue persone indagate su poco meno di seicento in tutta Italia, un tasso che non si spiega con la sfortuna, né con la geografia, ma con una logica profonda, sedimentata, quasi istituzionalizzata. 

La Sicilia tra l’altro non rappresenta un’eccezione, anzi… è un vero e proprio laboratorio, un luogo dove si osserva (ahimè… con una certa tragicità) come la corruzione non sia mai stata solo un reato, ma una forma di governo parallelo, una grammatica condivisa tra chi sa e chi non chiede.

E non è neppure una questione di mancanza di controlli, di leggi troppo deboli o di una magistratura troppo lenta a causa di una burocrazia che riempie costantemente di faldoni quelle loro scrivanie, no…  è che il sistema, nel tempo, ha imparato a vestirsi meglio, a togliersi la cravatta sporca e a indossare un completo sobrio, a sostituire la busta con la stretta di mano, il favore con la raccomandazione “tecnica”, la tangente con la consulenza “strategica”. 

Non è più questione di chi prende, ma di chi permette, di chi interpreta, di chi tace sapendo che quel silenzio ha un prezzo e di conseguenza… un ritorno. Le relazioni opache, di cui ho sentito pronunciare in queste ore dal generale Napolitano – nuovo comandante della Guardia di finanza di Palermo – non sono un difetto del sistema, sono il sistema stesso: non un cancro da estirpare, ma un tessuto che si rigenera perché continua a essere nutrito, ogni giorno, da chi preferisce non guardare troppo da vicino per non dover poi scegliere da che parte stare.

Mi chiedo… non tanto come sia possibile che accada ancora, ma come sia possibile che, nonostante tutto, qualcuno si continui a stupirsene. Perché non è la corruzione a essere eccezionale, qui: è l’onestà a esserlo.

È quell’impiegato che rifiuta, l’imprenditore che non abbassa lo sguardo, il funzionario che scrive una relazione senza omettere quel dettaglio scomodo, a sembrare fuori posto, già… a rischiare di essere considerato un ingenuo, o peggio, un traditore. Eppure, sono loro, forse, a tenere ancora accesa una possibilità: non quella di una rivoluzione improvvisa, ma quella di una resistenza quotidiana, minuta, fatta di scelte che non finiranno mai sui giornali, di documenti consegnati in tempo, di firme messe senza guardare da che parte spirava il vento.

Perché alla fine, non si tratta di sconfiggere un nemico lontano, ma di riconoscere che quel filo del potere illegittimo non si spezza da solo: si spezza ogni volta che qualcuno decide di non passarlo oltre.

E forse, è proprio lì – in quel preciso momento tra esitazione, silenzio e soprattutto scelta – che sta ancora, incredibilmente, la speranza. Non quella retorica, da discorso ufficiale, ma quella più vera, più fragile: quella che si esercita quando nessuno ti vede, quella che finalmente hai deciso lo stesso di compiere!

Caro Salvo (Ficarra), la piazza è vuota, ma io sono qui che ti aspetto!


Ho letto ieri sera un’intervista di Irene Carmina a Salvo Ficarra, e sono state le sue prime parole a colpirmi…

Parlava di un limite, usava la metafora della casa comune, depredata non solo dei suoi valori più preziosi ma persino delle cose più umili, quelle di ogni giorno. A quel punto, diceva Ficarra, scatta qualcosa: ci si chiede, ma un limite non dovrebbe esserci? E la risposta, amara, era che forse quel limite in Sicilia lo abbiamo superato da tempo.

Dopo aver letto quell’intervista con passione, ha serpeggiato in me un interrogativo ancora più amaro, già… le stesse sue parole che vado ripetendo da anni: come mai non siamo ancora scesi in piazza a dire basta, a pretendere che qualcosa, finalmente, cambi? Come mai i miei conterranei non fanno nulla per cambiare questo stato di cose che, da quasi un secolo, infetta questa nostra terra?

Nel 2015 provai a dare una risposta attraverso un post intitolato “È la mafia che ha preso dai siciliani o sono i siciliani che hanno preso dalla mafia?“. Ma risposta non c’era. Forse perché, come scrivevo allora, mi stavo convincendo ogni giorno di più che diventa difficile credere – per la maggior parte dei siciliani – di poter estirpare ciò che da sempre appartiene organicamente al Dna della nostra vita, accettato da oltre un secolo, dal corpo e dalla mente. Potrei dire metaforicamente che è ormai “cosa nostra“!

Scendere in piazza sarebbe bello per cambiare definitivamente questo stato di cose. Ma la verità è che i siciliani l’hanno fatto una sola volta, e parliamo di un tempo lontanissimo: quello dei Vespri. Mi sono ormai convinto che la maggior parte dei miei conterranei è corrotta nell’animo. Non definirei mafiosi tutti i siciliani, sarebbe scorretto e ingiusto; ma la Sicilia non ha nulla a che fare con la mafia? Ahimè non è così, se essa vive, prospera e si sviluppa a macchia d’olio in questo territorio, la colpa principale è proprio dei siciliani.

Osservate i comuni sciolti per mafia, i sindaci coinvolti in inchieste giudiziarie, i deputati, gli assessori, i consiglieri, tutti quegli appartenenti a giunte di partito che, da tempo posti sotto processo, continuano purtroppo a sedere su quelle poltrone. Non voglio ergermi a paladino della giustizia – chi mi conosce sa che è proprio ciò che faccio quotidianamente – ma la verità, senza alcun tono polemico, è che dietro a questa nostra società vi è una parte consistente di miei conterranei che non fa il proprio lavoro in maniera onesta. Opera costantemente nell’illegalità, proprio attraverso i propri incarichi, per ricevere mensilmente un ulteriore tornaconto economico.

Ecco qual è la più pericolosa associazione illegale di questa terra: non la mafia, i mafiosi o i loro familiari. Sono le persone insospettabili, quelle che conosciamo tutti, che detengono il potere sociale, economico e finanziario e rappresentano un vero e proprio cancro per questa terra. Parliamo di una classe dirigente che si fa incantare dalle lusinghe, dalle carriere, dalle promesse di favori e dal denaro messo loro a disposizione, lo stesso con cui alimentano quel mondo corruttivo.

Ai siciliani interessa poco confrontarsi con la mafia, anzi non gli importa minimamente di farne parte. A loro interessa soltanto cosa si può ricevere da essa: approfittare del bisogno di quell’organizzazione per entrare negli appalti pubblici, nei finanziamenti, nella gestione degli interessi imprenditoriali, per ottenere autorizzazioni, concessioni, sfruttare i posti di lavoro offerti, ricevere mazzette, raccogliere quel voto di scambio ottenuto grazie ai consensi sociali di cui essa gode nel territorio.

La Sicilia è bellissima, ma ahimè corrotta nell’animo. Certo, non tutti i siciliani risultano contagiati, ma la maggior parte di essi evidenzia una particolare bramosia che li tiene saldamente soggiogati. La Magistratura ormai ci propina inchieste che conosciamo a memoria, nomi di indagati che hanno la durata di un istante e noi tutti ci siamo stancati di leggere quei nomi. Dice bene Ficarra: in questa storia non c’è proprio nulla di comico, neppure un barlume.

Ma caro Salvo, questa è la società che essi preferiscono: immobile, rassegnata, soprattutto individualista, che tende ad escludere i bisogni della maggioranza, premiando esclusivamente le necessità personali e familiari, il proprio orticello. Perché a questi siciliani non importa la condizione in cui vivono, né ricercano un futuro migliore per i propri figli. Preferiscono subire il fascino dell’agonia, di quell’angoscia vissuta sulla propria pelle, quasi vivendo in attesa di un miracolo.

Basta osservare quanto avviene intorno a noi: una vera e propria negazione sociale che spinge ciascuno verso lo scetticismo, allontanando ogni ipotesi di miglioramento. Una contraddizione latente che cerca in ogni occasione quel consenso politico, quel sistema affaristico e clientelare legato a filo diretto con il mondo illegale, mafioso e consociativo. Ecco la doppia anima dei siciliani: quella a cui non interessa riflettere, quella che pur amando la propria terra non vuole cambiare rotta, che resta elettrice “fedele” di quanti, grazie a quel voto, hanno abusato del potere conferito loro.

Ai siciliani – lo dimostrano nelle votazioni regionali e nazionali – non interessa un cambiamento, una nuova possibilità. In loro non vi è alcuna insofferenza, né fermento di rivoluzione. Non riescono neppure ad aggregare e mobilitare quelle poche forze oneste in grado di spezzare il circuito dell’illegalità e della corruzione. Alla maggior parte di loro non serve: va bene così. Peraltro, non è grazie a quel mondo – e soprattutto a quell’economia sommersa – che riescono a sopravvivere?

Non posso che apprezzare le parole espresse da Ficarra. Sì… sarebbe bello se a quelle parole si potesse dare seguito con i fatti, iniziando a scendere in piazza per farci sentire da chi non vuole ascoltare. 

Io comunque sono già qui, in attesa che anche lui mi raggiunga. Auspico solo che, alla fine, in mezzo a quest’enorme piazza, non saremmo solo in due

Condivido appieno quanto riportato dal nostro Parlamento: L’Italia è migliore di chi oggi la governa!


Già… condivido appieno quanto riportato dal nostro Parlamento: L’Italia è migliore di chi oggi la governa!
L’altro ieri, ascoltando il telegiornale, la mia attenzione è stata catturata da una dichiarazione che ha immediatamente risuonato con qualcosa che sento da tempo, un pensiero che aleggia nelle conversazioni al bar, nelle cene in famiglia, tra amici, in quel senso di frustrazione che ormai è pane quotidiano per molti di noi.

È stata la Segretaria del Partito Democratico, Elly Schlein, a pronunciare questa frase, e nonostante le distanze politiche, devo ammettere che per una volta le parole hanno centrato un bersaglio più grande di qualsiasi schieramento. Appena l’ho sentita, ho pensato che non poteva rimanere solo una battuta in una trasmissione, ma doveva essere colta, scritta e fatta propria, perché esprimeva un sentimento diffuso da essere ormai una verità quasi dolorosa.

E da quella frase, credo che chiunque possa comprendere chiaramente non solo il mio pensiero, ma quello di una fetta sterminata di connazionali che ormai guarda alla politica come a un universo distante, un palcoscenico dove non si recita più il bene comune, ma un copione logoro di clientelismo e malaffare. È la percezione di un sistema che sembra alimentarsi di corruzione, di raccomandazioni spudorate e, ahimè, di quell’ombra lunga della criminalità organizzata che intreccia i suoi fili con il potere, lasciando i cittadini onesti a chiedersi se esista ancora un luogo pulito dove decidere il futuro per i propri figli.

È fondamentale precisare che questo non è un discorso di parte, non nasce da una bandiera di destra, di sinistra o di centro. La mia vita l’ho costruita facendo a meno della politica e dei loro referenti, tenendo ciascuno di essi a grande distanza e quando ci siamo trovati vicini, ho sempre espresso – tra mille lacchè che porgevano la mano, sorridevano a trentasei denti e chiedevano l’autografo – ciò che pensavo di loro, criticando soprattutto talune loro decisioni, non solo politiche, ma anche personali.

Mi sovviene ad esempio un caso in cui ad uno di essi – che aveva pubblicizzato se stesso nei cartelloni siciliani – già… con quella propria immagine stilizzata nera che ne ritraeva il profilo – su uno sfondo chiaro, e sotto quell’odiosa frase: l’unico pizzo che piace ai siciliani!

Beh… incontrandolo casualmente in una manifestazione – avevo accompagnato lì una mia amica che quel giorno era senza macchina – e passandomi egli vicino, garbatamente salutandomi, lo ringraziai per il saluto e ricambiai a mia volta, ma gli dissi subito ciò che pensavo e cioè che a sentire la parola ‘pizzo’ ero andato su tutte le furie. Gli feci presente che non si poteva, e non si doveva, scherzare con quella vergognosa forma di estorsione e che, personalmente, respingevo con sdegno quella pubblicità che, banalizzando un termine intriso di dolore e paura, offendeva la memoria e la dignità di tutte le vittime e di chi ogni giorno combatte silenziosamente quella piaga.

Questo è soltanto uno dei casi, ma potrei farvi ancora qualche altro esempio – vi confermo sin d’ora comunque che non sono molti – forse perché ho sempre tenuto la politica distante da me, ma ricordo comunque un altro episodio, a suo modo simpatico, con l’attuale nostro Presidente del Consiglio, in quella circostanza non lo era ancora, ma ve lo racconterò – forse – in un mio prossimo post.

Ma comunque non voglio generalizzare, sì… non è giusto fare di tutta un’erba un fascio, e proprio per questo, so riconoscere che a livello locale, per fortuna, esistono ancora persone perbene, individui volenterosi che si dedicano con passione autentica a risolvere i problemi veri della gente, che lottano per la salute, per una scuola dignitosa, per un ambiente vivibile. Sono loro la prova vivente che l’Italia è migliore.

L’amara ironia, però, sta proprio in questo contrasto stridente tra l’operosità silenziosa di tanti e la sterilità rumorosa di chi governa. Le decisioni che scendono dall’alto, dalla maggioranza di oggi, sembrano troppo spesso sorde alle urgenze reali del Paese, incapaci di cogliere quel grido di bisogno che sale dalle comunità, preferendo alimentare divisioni e quel fuoco che brucia le nostre potenzialità.

È come assistere a un naufragio dalla tolda di una solida nave, quella del governo. Si vede la gente in mare che lotta, che chiede aiuto con tutte le sue forze. E sulla nave, le corde per salvarli ci sono tutte, sono robuste e pronte all’uso. Eppure, chi dovrebbe buttarle le trattiene strette, come un tesoro personale. Qualcuna, è vero, vola verso un parente, un amico, un conoscente, ma per la maggior parte delle persone che affondano, non arriva nulla.

Si preferisce guardare altrove, dimenticando che il primo, l’unico comando, era salvare la collettività.

Sì… quella stessa collettività che doveva essere la loro unica, vera missione.

Il teatrino della politica nei consigli comunali siciliani. “Come non si fa”: ministri del niente, consiglieri di plastica!

Sì, piango. Ma le mie lacrime non sono scaturite da una crisi di nervi, né da un dispiacere o da un dolore fisico. Non sono nemmeno lacrime di riso…

No, non piango per una disgrazia o per una sfortuna.

Piango per qualcosa che mi rattrista nel profondo, suscitando in me un pianto vero, amaro e silenzioso: quel pianto che nasce dalla consapevolezza che il teatro della finzione non è più solo al cinema o sul palco di una sala. Ora si è insediato in municipio. E gli attori, ahimè, non sono pagati per recitare, ma per governare.

Mi è capitato di osservare in questi giorni alcuni video – non vi dico per quale Comune, perché l’amico che li stava osservando e che mi hanno incuriosito, mi ha chiesto di tenere l’anonimato, e onestamente non posso dargli torto – e resto quindi lì, immobile, con gli occhi lucidi, come davanti a una tragedia che nessuno ha voglia di ammettere. Una tragedia vestita da farsa, diretta da registi incapaci, interpretata da personaggi che sembrano usciti da un provino fallito, per una parodia del potere.

Non serve nominare i luoghi, perché tanto il copione è identico ovunque. Cambiano i nomi, i cognomi, il colore della giacca, della cravatta, ma il copione è sempre lo stesso: un’opera buffa in tre atti, dal titolo “Come non si fa”, interpretata da chi non sa fare nulla, se non raccomandarsi…

Sono lì non perché hanno studiato, perché hanno idee, perché hanno a cuore il bene comune, no… sono lì perché papà conosce il segretario del partito, perché la zia ha votato per il capo corrente, perché il cugino ha fatto un favore dieci anni fa a uno che oggi ha un cognome importante…

Il loro curriculum? Una rete di raccomandazioni, un’agenda piena di debiti di riconoscenza e zero competenze!

Eppure, ogni settimana, indossano la giacca della serietà, si siedono dietro un tavolo con il gonfalone, accendono il microfono e iniziano lo spettacolo. Mezz’ora di dibattito che sembra una rissa da bar dopo mezzo litro di vino: urlano, si puntano il dito, si accusano di cose che non capiscono neanche loro, mentre fuori, fuori dal palazzo, la città aspetta una strada asfaltata, una scuola riaperta, una ristrutturazione necessaria, un servizio che funzioni. Ma a loro non interessa. A loro interessa chi ha detto cosa, chi ha osato guardare male il capogruppo, chi non ha applaudito abbastanza quando è stato letto l’ordine del giorno numero due.

Le grandi questioni? Le emergenze sociali? Le infrastrutture? I giovani che se ne vanno? Macché. Sono dettagli noiosi, roba da amministratori seri. Loro, invece, discutono su insulti ricevuti, su offese nei social, sui post ingiuriosi pubblicati nel web, su fatti e vicende del tutto personali, sì… ogni tanto s’interessano di regolamenti interni mai applicati, di verbali contestati per una virgola messa male, di mozioni presentate solo per far perdere tempo all’altro schieramento.

Sì… sono maestri nell’arte del nulla, campioni olimpici del burocratese sterile!

E mentre si azzuffano per un posto in commissione o per un incarico a un parente, fuori qualcuno aspetta un’ambulanza, un altro cerca lavoro, un altro ancora non ha la luce in casa. Ma loro non vedono o fingono di non vedere.

Perché tanto, alla fine della seduta, ognuno tornerà a casa con la coscienza a posto: ha fatto il suo dovere, ha difeso il suo clan, ha garantito un posto a un amico, un appalto a un socio, un favore a chi glielo chiederà domani.

Questa non è politica! È un sistema di scambio clientelare travestito da democrazia. È un circo dove i clown pensano di essere ministri e i cittadini sono solo comparse fuori campo. E il pubblico? Il pubblico è stanco, amareggiato, deluso, ma soprattutto, ormai, ironico. Perché ridere di questi personaggi è l’unico modo per non piangere davvero…

Alla fine, la vera riforma non è cambiare le leggi, ma cambiare il casting. Perché finché al potere ci mettiamo gli “amici degli amici”, invece di soggetti capaci e competenti, lo spettacolo continuerà e il sipario non calerà mai…

Quando il lavoro onesto diventa un rischio: curnutu e vastuniatu!

C’è un silenzio che pesa più di qualsiasi parola, soprattutto dopo aver fatto tutto ciò che ti era stato chiesto.
Sì… hai voluto seguir la strada dritta, hai così compilato ogni modulo, superato i controlli, persino quelli che sembrano inventati apposta per scoraggiare chi non ha alcuna protezione o appoggio…

Hai altresì presentato i documenti antimafia, come se la tua onestà dovesse essere dimostrata, come se fossi tu il sospettato, no… chi ti commissiona il lavoro.

Eppure, non hai mai alzato la voce, hai continuato a camminare dritto, convinto che prima o poi qualcuno avrebbe visto il tuo impegno e avrebbe così riconosciuto il tuo valore.

E quando finalmente arriva quel contratto, già… quel pezzo di carta sembra promettere un futuro in salita, sì… lo guardi con gli occhi lucidi di chi non ci credeva più.

Non era stato un colpo di fortuna, ma il risultato di anni di fatica, di scelte difficili, di rinunce difficili, le stesse che poi hanno fatto arricchire i tuoi avversari.

Eri comunque pronto a metterci il tuo impegno, la faccia, i mezzi, il tempo, ormai eri dentro, non hai ricevuto alcun acconto e così hai investito il tuo denaro, pensando comunque che alla fine, se avresti fatto bene il tuo dovere, qualcuno avrebbe fatto il suo…

Ed allora la tua imprese lavora senza sosta, sì… con la stessa cura che metteresti per realizzare casa tua; rispetti i tempi, superi gli imprevisti, risolvi problemi che – come solitamente accade – non dipendono da te, completi quindi un mese di lavori, verifichi la contabilità consegnata dalla tua D.l. e dopo qualche giorno emetti la fattura concordata, in attesa dei fatidici 60/90 gg…

Sì… aspetti quel pagamento, lo aspetti con la pazienza, già perché sai che nel mondo degli appalti il denaro viaggia lento, aggiungerei… troppo lento: Sessanta, novanta e a volte anche centoventi giorni, ti dicono che è normale…

Ma stranamente (o dovrei dire “spesso”) dopo tutto quel tempo, il bonifico non arriva!!!

Ed allora, chiami, mandi solleciti, mostri documenti, fatture, verbali di consegna, ma ricevi solo silenzi e le classiche risposte vaghe, già… le stesse che come neve al sole si sciolgono improvvisamente… ed allora ti rivolgi ai legali, iniziano le procedure dei decreti ingiuntivi, ed invece di vedere finalmente una soluzione, ecco che ti arriva una “bella” comunicazione: il contratto è disdetto.

“Curnutu e vastuniatu” così si dice a Catania, non perché hai sbagliato, non per la tua inadempienza, ma perché ti sei permesso – già… hai osato chiedere a quel Committente (che siede alla del padre…) – i tuoi soldi, i tuo diritti, già… ciò che ti spetta per legge!!!

Ma di quale legge parliamo? Una legge che tutela i ladri e colpisce gli onesti…? Sì… è quando ti rivolgi allo Stato che comprendi tutto il tuo fallimento, già… quando entri in un’aula di Tribunale che comprendi di non aver più una rapida soluzione ai tuoi problemi, anzi il più delle volte, vieni punito per aver preteso il rispetto delle regole.

Sei un estraneo in un gioco di cui non conosci le regole, o meglio, in cui le regole cambiano a seconda di chi le fa e soprattutto chi le deve seguire.

Non importa se hai rispettato ogni vincolo, ogni obbligo, loro possono disattendere “impunemente” ogni obbligo, possono cancellare quel rapporto istaurato come se fosse un errore di battitura e così, mentre tu lotti per non affondare, per pagare i tuoi operai, i fornitori, per mantenere aperta un’impresa che magari ha radici profonde in questo territorio, loro, sì… questi grandi appaltatori, se ne stanno al riparo, protetti da centinaia di clausole che sembrano fatte apposta per salvarli, anche quando sono loro a creare i problemi!!!

Nel frattempo mentre tu aspetti invano i tuoi pagamenti… fallisci, mentre loro – viceversa – ricevono quei fondi pubblici previsti e consegnati loro da una politica che utilizza quel sistema per raccomandare parenti e familiari, ma soprattutto per foraggiare un sistema parallelo, illegale, che poi ricambia attraverso preferenze elettorali, si con quel noto scambio di voti.

Ma infatti da “Siciliano” mi sono sempre chiesto: perché affidare questi lavori a chi non vive qui, a chi non conosce il territorio, a chi non ha alcun interesse a costruire qualcosa di duraturo? Perché non dare direttamente appalto a chi ha le competenze, a chi ha le maestranze, a chi da generazioni tiene in piedi l’economia di questa terra? Perché inserire un anello intermedio che non aggiunge valore, ma solo costi, ritardi e rischi?

Ma forse anch’io la risposta la so da sempre: Sì… forse perché quel collegamento non è mai stato tecnico, ma politico? Forse perché dietro quei nomi vi sono appoggi, raccomandazioni, scambi di favori che nulla hanno a che fare con la trasparenza o il merito, ma servono principalmente ad oliare questo sistema marcio!

Ma quando ne parlo a gran voce, quando pubblico i miei post, sì… sono in molti a darmi ragione, ma poi girato l’angolo, scrollano le spalle, già… come se questo meccanismo perverso sia inevitabile, mi sembra il classico discorso dello sconfitto! Ma la verità è che nella maggior parte dei casi, molti di essi, appartengono – direttamente e/o indirettamente – a quel sistema clientelare e collusivo, sì… sono proprio essi, i loro figli, parenti e amici, ad essersi genuflessi e ad aver approfittato e ancora approfittano di quel marciume

Credetemi… quanto riporto non è rabbia, non me ne fotte un caz…, tanto – come dico sempre – io mi accontento del mio piatto di pasta, di più tanto non posso mangiarne…- e quindi, non ho bisogno di “LORO”, sì… di quei politici, di quegli imprenditori mafiosi e collusi (ancor più di quei loro lacchè – incompetenti – chiamati “teste di legno”),ed ancora, di amici e conoscenti che operano nel servizio pubblico (finora mi sono sempre rivolto – a pagamento – ai servizi privati…), non ho bisogno di raccomandazioni, perché mi sento abbastanza preparato che solitamente le imprese a fare una “cinquina” assumendomi e mai il contrario, difatti, in questi miei 35 anni di servizio, nessuno mai ha pensato di licenziarmi, difatti, in quelle poche circostanze, sono stato io ad inviare le dimissioni – solitamente per giusta causa.

D’altronde come potrei convivere in un’impresa, avendo la consapevolezza che essa appartiene, di fatto – ad un’associazione criminale o permette quotidianamente che metta in campo meccanismi fraudolenti, gli stessi che poi le permettono di evadere e quindi incassare migliaia e migliaia di euro…

parliamo di semplici raggiri (ma sono truffe che lo Stato – ahimè – non riesce neppure a comprendere o quando ci riesce è ormai troppo tardi… eppure sono lì…sotto i loro occhi, ma a volte ho come l’impressione che quei soggetti si trovino nella “stanza con l’elefante”) ma d’altronde lo Stato punisce chi le regole le rispetta, mentre premia o forse dovrei dire “ricompensa”, chi riesce a far durare più a lungo questo sistema, d’altronde lo stesso che lo tiene in vita.

E così… in questi anni, centinaia di imprese oneste siciliane hanno chiuso, non per incapacità, ma viceversa, per mancanza di giustizia.

Perché alla fine quello che manca davvero in questa terra non è il denaro, ma il senso di quel diritto che ormai nessuno, sembra più voler far rispettare! E quindi: Curnutu e vastuniatu!

La politica che sopravvive grazie al voto di scambio: il circuito perfetto tra mafia, consenso e appalti.

Buongiorno a tutti, oggi voglio condividere con voi una riflessione profonda su un male che affligge il nostro Paese da decenni, un cancro che si insinua nelle pieghe della nostra democrazia e ne corrode le fondamenta.
È mia ferma convinzione che in gran parte delle regioni italiane, specialmente quelle dove la presenza mafiosa è più radicata, non siano più i cittadini a decidere liberamente chi debba salire al potere, ma sia piuttosto un sistema trino, perfetta e perversa fusione di tre attori, già… tutti legati come i tre frutti della foto.

Eccoli quindi, per primi i politici (affiliati direttamente o che sanno di poter godere di quelle organizzazioni criminali), seguono quanti legati al mondo del lavoro (imprenditori compiacenti, segreterie politiche, caf, taluni sindacati, associazioni, circoli, resp. delle risorse umane, e coloro inseriti appositamente all’interno di quei cosiddetti “General Contractor”, etc… ) ed infine – quest’ultima non manca mai – la “criminalità organizzata”, che riesce a manipolare il consenso elettorale in cambio di favori illeciti.

Questo meccanismo perverso rappresenta una delle più gravi distorsioni del nostro sistema democratico, dove la volontà popolare viene sostituita da calcoli opportunistici e interessi criminali.

Il voto di scambio è purtroppo una realtà consolidata in molti territori, dove la mafia o altre organizzazioni criminali stabiliscono patti segreti con esponenti politici, garantendo loro un ampio sostegno elettorale in cambio di finanziamenti, appalti pubblici e altre utilità.

Questi accordi illeciti avvengono lontano dagli occhi dei cittadini, nelle stanze del potere dove si decidono le sorti delle comunità, e sono spesso difficili da scoprire e perseguire a causa della loro natura opaca e delle complicità che coinvolgono.

Dall’altra parte, la politica concede beni pubblici e risorse che dovrebbero essere destinate allo sviluppo collettivo, ma che invece vengono dirottate verso interessi privati e criminali.

Gli appalti vengono assegnati non in base alla meritocrazia o all’efficienza, ma secondo logiche di affiliazione e complicità, dove gli “amici degli amici” ricevono favori e contratti lucrosi senza alcun riguardo per la legalità o il bene comune.

Lo stesso vale per i posti di lavoro, che spesso vengono distribuiti a familiari o a persone vicine a questa organizzazione, già… come ricompensa per il sostegno elettorale offerto, creando un sistema di clientelismo che soffoca la meritocrazia e impoverisce la comunità.

Un meccanismo perverso che non solo distorce il mercato del lavoro, ma mina alla base la fiducia dei cittadini nelle istituzioni, alimentando un circolo vizioso di sfiducia e rassegnazione .

L’ingranaggio di questo sistema corruttivo deve chiudersi perfettamente, in modo che ciascun attore coinvolto ottenga i propri benefici.

E così, la mafia consolida il suo potere sul territorio e accede a risorse economiche preziose e la politica garantisce la propria sopravvivenza e il proprio mantenimento al potere, anche a costo di svendere pezzi dello Stato e dei suoi principi fondamentali.

In questo modo, gli interessi criminali e quelli politici si fondono in una simbiosi perversa che danneggia soprattutto i cittadini onesti.

Purtroppo, molte inchieste giudiziarie hanno portato alla luce queste dinamiche, ma troppo spesso vengono soffocate dai media o da quei giudici che sono complici di questo sistema, preferendo mantenere il silenzio piuttosto che affrontare la verità scomoda che emerge dalle indagini.

È inquietante d’altronde notare come certe inchieste vengano aperte e portate avanti per anni, per poi essere magari archiviate o ridimensionate in modo da non intaccare realmente le strutture di potere coinvolte.

Non possiamo più permettere che questa situazione continui a perpetuarsi, perché il prezzo che paghiamo come comunità è troppo alto: è il prezzo della dignità, della giustizia sociale e della stessa democrazia, che viene svuotata di significato e ridotta a una mera formalità. Dobbiamo pretendere che la politica si purifichi da queste pratiche illegali e che ritrovi la sua vocazione originale di servizio verso i cittadini e il bene comune.

È necessario che tutti, cittadini e istituzioni, ancora parte sana del Paese, alzino la guardia e combattiamo con determinazione questo fenomeno, denunciando ogni abuso e pretendendo trasparenza e accountability da parte di chi ci governa, perché solo così potremo sperare in un futuro migliore per il nostro Paese. La lotta alla corruzione e al voto di scambio non deve essere una battaglia di parte, ma un impegno collettivo per ridare credibilità alla nostra democrazia.

Ed allora, rivolgendomi a tutti coloro che finora non sono stati intaccati da quel marciume, ecco, vi chiedo di non voltarvi dall’altra parte, di non cadere nella trappola del disincanto e della rassegnazione, ma di essere vigili e attivi nel difendere i valori della legalità e della giustizia, perché solo attraverso un impegno corale potremo sconfiggere questo sistema malato e costruire una società più equa e trasparente per noi e per le generazioni future. Il cambiamento parte da ciascuno di noi, dalla nostra volontà di non accettare compromessi e di pretendere il rispetto delle regole da parte di chi ci amministra.

Grazie per avermi ascoltato e spero che questa riflessione possa contribuire ad accendere una luce su un problema che troppo spesso viene taciuto o sottovalutato, ma che rappresenta una delle principali minacce per il nostro vivere civile e per la nostra democrazia.

Costruiamo insieme un futuro dove il voto sia davvero libero e la politica torni a essere uno strumento di servizio e non di potere personale o criminale, altrimenti ne pagheremo tutti le conseguenze.

P.s. Ringrazio per la foto, l’amico Fabio Corselli: http://www.fabiocorselli.it

Quando la legalità è solo uno slogan: politica e interessi privati. Dov’è la Procura?

Già… una legalità che risuona solo nei discorsi, mentre nella realtà si sgretola come un castello di sabbia al primo soffio di vento. Le parole volano alte, impennate come aquiloni in un cielo sereno, ma i fatti strisciano nel fango, lenti e viscidi, e quel fango è lo stesso in cui affondano le mani coloro che dovrebbero custodire il bene comune con rigore e silenzio.
Questo schifo di politica, gonfia di potere e intrisa di privilegi, ha trasformato la gestione della cosa pubblica in un affare privato, un mercato sommerso dove ogni decisione è un debito da saldare con un favore, ogni posto di lavoro una ricompensa per chi ha baciato l’anello al momento giusto.

Quelli che abbiamo eletto per rappresentarci, per lavorare per tutti, hanno invece interpretato il mandato come un diritto ereditario, una specie di investitura divina a spartirsi ricchezze, appalti, poltrone, come se la città fosse una villa di famiglia da dividere tra eredi. E il peggio? Che lo fanno con la spudoratezza di chi crede di essere nel giusto, di chi si guarda allo specchio e vede un benefattore, non un parassita.

Forse il problema sta proprio in quelle parole mal interpretate, in quel “governare come il buon padre di famiglia” che hanno preso alla lettera, ma nel modo più distorto, più meschino possibile. Per loro, essere “buoni padri” non significa avere cura del paese, ma garantire che i figli abbiano un posto in Comune, che i cognati gestiscano le gare d’appalto, che gli amici più fedeli trovino sempre una raccomandazione pronta presso uno degli uffici. E i concorsi pubblici? Una farsa, una sceneggiata dove i copioni sono scritti mesi prima e gli attori principali sono sempre gli stessi, quelli che non hanno mai aperto un bando ma sanno già dove finirà il posto.

E mentre tutto questo accade, mentre il denaro pubblico diventa moneta di scambio per lealtà personali, mentre le opere incompiute marciscono sotto il sole e i giovani scappano all’estero, mi chiedo: ma le Procure dove sono? Dormono? O forse, anche lì, qualcuno ha deciso che certe cose è meglio non vederle, che certi nomi vanno trattati con riguardo, che certe inchieste potrebbero far cadere troppi alberi in un bosco già malato?

Lasciate quindi che vi racconti una storia, una di quelle che sembrano uscite da un romanzo grottesco, ma che purtroppo è vera, anzi, quotidiana. Un Comune etneo, piccolo ma non troppo, dove le dinamiche di potere si intrecciano con affari, favori e raccomandazioni come radici in un terreno avvelenato. E la cosa più agghiacciante? Che non è l’unico. È solo uno dei tanti anelli di una catena che sembra non avere fine, un sistema che si ripete identico in cento paesi, in cento province, con volti diversi ma stesse mosse, stessi silenzi, stesse complicità.

Ma la domanda che resta, alla fine, è sempre la stessa: fino a quando continueremo a permettere che tutto questo accada? Fino a quando lasceremo che il bene di tutti diventi il bottino di pochi, che la speranza si trasformi in rancore e il rancore in rassegnazione?

Il sottoscritto pensa – ahimè – che non cambierà mai nulla in questo nostro Paese. È un circolo vizioso che si autoalimenta, perché in fondo ai miei connazionali piace questo sistema clientelare, lo tollerano, lo subiscono, ma segretamente sperano di poterne usufruire un giorno, quando toccherà a loro. È un gioco di specchi dove tutti fingono di indignarsi, ma nessuno rompe davvero lo schema, perché ognuno coltiva il sogno di diventare un giorno il padrone del favore, non più il mendicante.

Forse solo un conflitto armato, una di quelle tragedie che sconquassano le fondamenta di una nazione, potrebbe costringerci a un reset, a spezzare la catena e ricominciare da zero. Già, perché così è stato per i nostri padri e nonni. Sì… quelli che hanno vissuto il dopoguerra sanno cosa significa vedere un Paese in macerie e doverlo ricostruire partendo dalla fame, dalla cenere, dai sassi.

D’altronde basti osservare quanto sta accadendo in queste ore nella striscia di Gaza o in Ucraina per comprendere le difficoltà, per capire cosa significa perdere tutto e dover ricominciare con le mani nude. Come oggi, anche allora da noi – in quegli anni bui – accadde qualcosa di straordinario. Quando il pane era razionato e le città ed i suoi palazzi erano ridotti a scheletri di mattoni, la gente si aiutava, non per dovere, ma per necessità, perché l’altro era il fratello della stessa miseria.

Le donne dividevano l’ultima manciata di farina per fare una minestra, mentre i contadini – che nascondevano il grano – ora provavano a sfamare i vicini, gli operai viceversa iniziavano la ricostruzione con le mani nude, con la forza di chi non ha più niente da perdere. Se qualcuno volesse rivivere quei momenti, gli basterà osservare alcuni film neorealisti come “Ladri di biciclette” o “Roma città aperta”; in quei cortometraggi si racconta in modo reale la vita – in quel momento storico – del nostro Paese: non c’era eroismo, solo disperazione e una solidarietà che sgorgava spontanea, unico modo di sopravvivenza.

Persino i bambini raccoglievano cicche di sigarette per rivenderle, le donne facevano la fila per ore per un litro di latte annacquato. Eppure, in quella miseria, c’era una dignità che oggi sembra svanita, un senso di appartenenza che non si comprava, non si raccomandava, ma nasceva dal sangue e dalla terra. Forse perché allora si lottava per qualcosa di concreto: un tetto, un lavoro, un futuro. Oggi, invece, ci accontentiamo di illusioni e piccoli privilegi, mentre il sistema ci divora pezzo a pezzo, in silenzio.

Ma il dopoguerra insegnò anche altro: che la ricostruzione non fu solo merito degli aiuti americani del Piano Marshall. Fu soprattutto la gente comune, quella che non aveva niente da perdere, a rimettere in piedi l’Italia, mattone dopo mattone, con le unghie e con i denti. Senza aspettare che lo facessero i politici, già anche allora impegnati a spartirsi le poltrone, a costruire nuovi castelli di sabbia sulle macerie del vecchio mondo.

Chissà se serve davvero una nuova catastrofe per ritrovare quell’istinto di comunità, quel senso del noi che sembra ormai sepolto sotto tonnellate di individualismo e rancore. Sì… forse, semplicemente, abbiamo dimenticato troppo in fretta cosa significa aver fame, cosa significa non avere niente e dover costruire tutto. E soprattutto, cosa significa alzarsi insieme per cambiare le cose, non per interesse, ma per dignità.

Comunque, domani vi racconto la storia di cui vi ho accennato, vedrete… resterete senza parole.

Mafia e antimafia, tra riforme e passi indietro! – Parte seconda.

E allora, continuando con quanto riportato ieri, entro nel merito per esperienza diretta di ciò che accade a un cittadino che decide di compiere il proprio dovere, senza che quest’ultimo abbia alcuna necessità morale di prendere a esempio gli insegnamenti di quegli uomini coraggiosi dello Stato, ricordati nel discorso del procuratore Di Matteo, non solo come vittime della mafia, ma per la loro dedizione e professionalità.

Osservare quella foto in cui due di quei magistrati sono ritratti sorridenti insieme, già… quanti di voi l’avranno vista esposta in bella mostra, quasi fosse un altarino, appesa alle pareti di quegli uffici istituzionali, come se la loro semplice presenza bastasse a motivare moralmente chi vi lavora. Già, se solo un’immagine potesse trasmettere quei veri valori, quel senso di servizio e devozione per l’incarico ricoperto. Ma se andiamo a scavare, scopriamo come la maggior parte di quei soggetti abbia ottenuto quel ruolo non per merito, non attraverso un concorso pubblico, ma grazie alla solita raccomandazione politica. E allora, ditemi, cosa possiamo aspettarci da chi si è già compromesso in partenza?

Ecco perché ritengo ormai inutile continuare a organizzare incontri per parlare di mafia, collusioni, corruzione, di un “sistema tentacolare e sedimentato”. Già… invece potrei gentilmente invitare i due procuratori, Ardita e Di Matteo, a una giornata al mare, sì, per fare un bel bagno e parlare del nostro Paese, o meglio, della mia meravigliosa isola, la Sicilia, con la sua cultura, la sua cucina, le sue tradizioni, il mare e la montagna, un paradiso per chi cerca relax e bellezza. Peccato che la realtà sia un’altra: viviamo in una terra marcia, da nord a sud, dove la maggior parte dei miei connazionali si è piegata a quel sistema clientelare e tentacolare chiamato politica, e nei casi più gravi si è lasciata foraggiare come pecore dalla criminalità organizzata, con buste e mazzette che arrivavano puntuali ogni mese.

E allora, mi rivolgo a quella parte sana che ancora esiste, esigua ma a cui voglio ancora credere, anche se ancora troppo timida nel compiere il proprio dovere e denunciare ciò che avviene illegalmente intorno a sé. Domani descriverò cosa succede quando qualcuno prova a fare la cosa giusta, sia come cittadino che come professionista.

Ma permettetemi di chiudere con un messaggio che ho ricevuto su WhatsApp dalla mia amica Romj, che ho menzionato nel post di ieri: “Nicola, ti ringrazio per avermi avvisato dell’intervista ai due procuratori. Come sempre, belle parole, ma nessuna risposta per chi, come me o te, si è esposto in prima linea. Oggi, senza entrare nei dettagli, nonostante tre condanne contro un professionista grazie alle nostre denunce, il sistema giudiziario continua a proteggerlo, lasciando in ostaggio lo Stato, l’amministratore giudiziario e 800 famiglie. In questi anni ho subito aggressioni, minacce, danni alla mia casa, costruita con sacrifici. La mia vita è trascorsa tra tribunali e uffici, sono testimone per due Procure, eppure nessuno mi ascolta. Alcuni magistrati sono scappati davanti alle mie richieste. Le associazioni antimafia tacciono, e la stampa d’inchiesta, quella che fa gli eroi quando conviene, ha avuto paura della complessità del caso e delle persone coinvolte. Nicola, nel mio cuore credo ancora nella giustizia, ma il problema è che non c’è nessuno che ascolta…”

Ecco perché scrivo. Perché quando le istituzioni tacciono, quando i magistrati voltano le spalle, quando la stampa ha paura, resta solo la voce di chi, come Romj, continua a lottare nonostante tutto. E questa voce non può rimanere inascoltata.

SCANDALO: Fondi rubati alla Sicilia per finire al Nord! E il Governo Regionale? MUTO davanti alle promesse tradite!

Ho ascoltato ieri l’ennesimo notiziario pubblicato su una pagina social di “Tik Tok” al link: https://vm.tiktok.com/ZNdkdLWDj/  dove si faceva riferimento agli ennesimi tagli dei fondi destinati alla Sicilia che ahimè sono stati destinati verso il nord Italia!!!

Nel leggere notizie come queste mi chiedo come sia possibile che molti di quei lacchè, tra i miei conterranei, votino ancora per quei partiti attualmente posti al governo nazionale che dimostrano in maniera chiara che ci stanno derubando!

Ma d’altronde li ho visti, qualche anno fa, sì… quando posti in fila chiedevano (sembrava di essere ai tempi di Maria Antonietta, regina di Francia, quando – si dice – pronunciò quella sua famosa frase“se non hanno pane, dategli le brioches”; sappiamo come nuovi studi abbiano affermato che la frase sia stata originariamente utilizzata in un romanzo di Rousseau per rappresentare il disprezzo dell’aristocrazia e quindi di quell’allora governanti nei confronti del popolo, molto prima della nota “Rivoluzione”…) e come adulatori in maniera servile, aspettavano che quegli individui porgessero loro un saluto, una stretta di mano o ancor peggio, firmassero (quelle fotografie stampate, consegnate a modello “santino”) loro… l’autografo!!! 
Ma di chi poi? Ditemi… ma chi caz… sono questi soggetti per desiderare un loro autografo? Credetemi sulla parola, a vedere ciascuno di loro mi è venuto il vomito, ero presente casualmente in una Hall d’Albergo quando, appoggiato a un pilastro, osservavo la servile meschinità umana, sì di tutti quei soggetti, “leccapiedi“… per non voler esser più scurrile!

E questo è il ringraziamento per le preferenze concesse a quei soggetti, le stesse che hanno permesso loro di sedere in quelle poltrone a Roma per governarci!!! Ed allora, rivolgendomi a quei miei conterranei: mi raccomando, la prossima volta mettetevi in fila, fate le corse in quelle urne per consegnare a loro la vostra preferenza!!!

Minc…. ho sempre pensato sin da ragazzo con orgoglio di essere siciliano, di poter dire, io mio sento come un Leone, una Tigre, aggiungerei un Gattopardo! Ma crescendo e osservando il mondo che mi circonda, mi sono accorto come negli anni, quelli che erano come il sottoscritto, si sono piegati al sistema, ai compromessi, alle regole, alle bustarelle, già… al malaffare, ed oggi, ecco che mi ritrovo circondato da sciacalletti, iene, e da questi nuovi politici nazionali, imitazioni di quelli che furono i gattopardi, insieme a tutti questi sciacalli e pecore, che – per una congiuntura terribile – si sentono di essere il sale della terra!     

E così i nostri miliardi se ne vanno in silenzio, sì come nella mia immagine di sopra, insieme alla cenere dell’etna,  (già… perché quanti avrebbero docuto ribellarsi da Palazzo D’Orleans, sono gli stessi a cui è stata data loro quella poltrona…) e così le opere che dovevano essere compiute con quel nostro denaro, se ne vanno in fumo…

Parliamo ad esempio del collegamento ferroviario veloce tra Palermo e Catania che non è solo fermo, ma ormai sembra cancellato ancora prima di partire. La notizia del ritardo nella consegna – inizialmente prevista per giugno 2026 – è stata bruciata da un colpo ancora più duro: i fondi del Pnrr destinati al progetto sono stati dirottati verso altre regioni. Lo annuncia con forza Anthony Barbagallo, segretario regionale del Pd Sicilia: “Un treno che non parte neanche sulla carta“.

Ma a chi dare la colpa? Per Barbagallo, il presidente della Regione Schifani si muove sempre troppo tardi, e quando lo fa, preferisce scaricare le responsabilità sui dirigenti regionali piuttosto che ammettere il fallimento di una gestione politica inefficiente: “Schifani – accusa – anziché convocare tardivamente i direttori generali, dovrebbe iniziare ad assumersi le sue responsabilità. I fondi vengono spostati perché altre Regioni si sono dimostrate più pronte, efficienti e capaci di programmare. Noi no“. 

Non ha tutti i torti il segretario regionale del Pd Sicilia, Anthony Barbagallo, nel ricordare che i vertici della burocrazia siciliana non nascono da scelte meritocratiche: Sono spesso espressione di logiche clientelari, dove contano più gli equilibri interni alle coalizioni che la competenza. Basti pensare al caso del capo della Pianificazione strategica, legato allo scandalo dei referti falsificati a Trapani e tuttora in carica, nonostante le richieste di rimozione. Mentre Schifani improvvisamente si sveglia dal torpore per criticare i suoi stessi collaboratori, non ha esitato a espandere l’organico dell’Ufficio Cerimoniale da 24 a oltre 100 unità. Una scelta paradossale, che dice molto su priorità e visione.

A denunciare il caos è anche Roberta Schillaci, vicecapogruppo M5S all’Ars: “Questa settimana niente lavori in Aula, il governo manca all’appello mentre la Sicilia affonda. Sanità in crisi, lavoro precario, infrastrutture abbandonate. L’ultimo colpo arriva proprio dalla decisione di sfilare i fondi Pnrr alla tratta Palermo-Catania per destinarli altrove. È indecente, ma forse ‘indecente’ non basta. Chiediamo da mesi un confronto sullo sfascio della sanità, ma il governo continua a occuparsi d’altro. Dopo quattro mesi, non c’è nemmeno il direttore generale dell’Asp di Palermo. Quando finalmente Schifani smetterà di litigare con la sua maggioranza e tornerà in aula”?

Ketty Damante, senatrice M5S e membro della commissione Bilancio, aggiunge: “Se sognate un treno veloce tra Palermo e Catania, dimenticatevelo. La scure del ministro Foti si abbatte sulle già fragili infrastrutture siciliane. Mentre si illude con il Ponte sullo Stretto, qui tagliano 37 chilometri di alta velocità. I fondi Pnrr non saranno spesi in tempo, quindi tanto vale spostarli. Peccato che così dovranno essere presi da altri progetti, magari già programmati. Il risultato? Nulla si salva”.

Per Pino Gesmundo della Cgil, il problema è strutturale: “Salvini, più che ‘quello del fare’, sembra ‘quello del non fare’. Se avesse investito energie nel Pnrr invece che su un’opera simbolo come il Ponte, oggi staremmo meglio. Al Consiglio dei Ministri si è discusso della revisione del Piano, evidenziando i numerosi ritardi nelle opere strategiche: Palermo-Catania, Salerno-Reggio Calabria, Terzo Valico… ovunque, solo ritardi”.

E Jose Marano, deputata M5S e vicepresidente della commissione Territorio all’Ars, conclude amaramente: “Dall’alta velocità all’alta incapacità il passo è stato breve. Due lotti fermi, promesse svanite. Ora i cittadini pagheranno il prezzo di una gestione pasticciata. Le motivazioni ufficiali? Siccità e mancanza di operai specializzati. Ma questa è una beffa. Non ci sarà nessun treno veloce entro il 2026 e bisognerà trovare nuovi fondi, sottraendoli ad altri interventi. Qualcuno dovrà rispondere di questo danno enorme per la comunità”.

E la Sicilia aspetta, ancora una volta. Mentre le promesse si trasformano in cenere, proprio come quella che sale dal nostro Etna e si disperde nel vento, mentre i treni, ahimè, restano fermi in stazione.

Sì, verso il futuro con fiducia e coraggio…

Ho letto il messaggio che il Presidente della Regione Siciliana, Renato Schifani, ha rivolto ai siciliani in occasione degli auguri di Natale. 

Tra i vari argomenti affrontati, emerge innanzitutto la salute: “Migliorare la sanità pubblica è stata la nostra priorità fin dall’inizio”. 

Schifani ha sottolineato lo stanziamento di 750 milioni di euro destinati a nuovi ospedali, tra cui il Polo pediatrico di Palermo, che si prevede diventi un centro di eccellenza.

Un altro tema trattato è l’emergenza rifiuti; il Presidente ha affermato che “il percorso verso la realizzazione dei termovalorizzatori è ormai tracciato”, delineando una possibile soluzione per superare questa criticità.

Si è poi affrontato il problema della siccità, con l’annuncio che i dissalatori saranno operativi già dalla prossima estate. Una promessa ambiziosa, vista la gravità di questa problematica, che richiede interventi strutturali e immediati.

Nelle politiche sociali, Schifani ha menzionato il sostegno alle famiglie più fragili con il “reddito di povertà”, una misura una tantum pensata per offrire un aiuto concreto e immediato a chi ne ha più bisogno ed ha inoltre anticipato ulteriori iniziative per incentivare i consumi, senza però fornire dettagli specifici.

Tuttavia, nel suo messaggio manca un riferimento fondamentale: il contrasto alla corruzione. Già… nessuna parola sui fondi regionali spesso bersaglio della criminalità organizzata, sulle dinamiche della politica corrotta, sulla mancanza di merito e sul diffuso clientelismo che soffoca lo sviluppo della Sicilia.

In conclusione, Schifani invita i siciliani a guardare al futuro con fiducia: “La strada è ancora lunga, ma sono certo che, uniti, possiamo costruire una Sicilia più forte”. Parole che suonano bene, ma che necessitano di essere accompagnate da fatti concreti.

Non resta che attendere la fine di questo mandato per giudicare quanto di queste promesse sarà realizzato e quanto, invece, rimarrà nel limbo delle buone intenzioni. 

Il tempo ci dirà se si tratterà di un vero cambio di passo o di una semplice reiterazione delle vuote promesse a cui, purtroppo, ci hanno abituato molti dei suoi predecessori…

La crisi del "Merito" nel Sistema Pubblico Italiano: Cause e Conseguenze"

Negli ultimi trent’anni, il sistema pubblico italiano – politico, amministrativo e giudiziario – ha mostrato segni di stagnazione, una paralisi che sembra derivare da scelte sbagliate e dall’emergere di un sistema di favoritismi a scapito del merito. 

Questa pratica non solo ha compromesso l’efficacia e l’integrità delle istituzioni, ma ha anche allontanato il Paese da una crescita basata su competenza, trasparenza e responsabilità. 

Al cuore di questo malessere c’è il fenomeno della “casta“: una rete clientelare e immobile di raccomandati, impreparati, spesso incompetenti e, in alcuni casi, persino collusi o corruttibili.

Difatti, in molte aree del sistema pubblico, il principio del merito ha ceduto il passo a una rete di favoritismi, in cui le promozioni e le assegnazioni di incarichi di responsabilità dipendono più da relazioni personali o politiche che da competenze reali. 

Il cosiddetto “sistema di consiglio” ha favorito, nel tempo, una struttura che accoglie individui meno capaci o, nel peggiore dei casi, manipolabili, creando una distorsione che demotiva i talenti e le persone qualificate. Ciò, in ultima analisi, si traduce in una perdita di competitività del settore pubblico rispetto ai sistemi stranieri, dove il merito resta una colonna portante.

Ritengo infatti che l’assenza di meritocrazia non solo limita le capacità di crescita e innovazione del sistema, ma apre anche la porta a forme di corruzione, infatti, l’incapacità di regolamentare in modo efficace e il clientelismo, creano di fatto un terreno fertile per comportamenti devianti e abusi di potere. 

Tanto è vero che la criminalità organizzata, attratta da questi handicap, prova costantemente a inserirsi nelle crepe lasciate dalle istituzioni, attraverso la corruzione di funzionari “compromessi” e favorendo così un sistema di sudditanza per ottenere protezione e vantaggi economici. 

E’ così che questa rete negli anni è riuscita a trasformare le istituzioni in strumenti al servizio di interessi illeciti, danneggiando non solo l’efficienza del sistema stesso, ma anche la fiducia dei cittadini.

Comprenderete quindi quale implicazioni abbiano avuto l’impoverimento delle nostre Istituzioni e soprattutto quali conseguenze sociali abbia con il tempo provocato… 

Difatti, la selezione basata su favoritismi a discapito del merito genera un ulteriore effetto negativo: l’esclusione delle persone più preparate, che scelgono di emigrare o di cercare opportunità fuori dall’ambito pubblico. 

Ciò come abbiamo osservato ha determinato una vera e propria “fuga di cervelli” dal sistema pubblico, impoverendolo di competenze e impedendo il ricambio generazionale. Le istituzioni si ritrovano, così, sempre meno attrezzate ad affrontare le sfide moderne, come la digitalizzazione, la lotta alla criminalità organizzata e le riforme sociali.

Tuttavia, la strada verso un cambiamento positivo c’è anche se richiede innanzitutto un rinnovamento culturale, dove il merito, la competenza e la trasparenza tornino a essere i criteri principali nelle nomine e nelle promozioni all’interno del sistema pubblico. 

La creazione di organi di controllo indipendenti, la protezione dei whistleblower e la digitalizzazione dei processi amministrativi potrebbero inoltre aumentare la trasparenza, riducendo gli spazi per abusi e favori. È indispensabile, inoltre, favorire politiche che incoraggino i talenti e i giovani qualificati a lavorare nel settore pubblico, offrendo loro percorsi di crescita e responsabilità effettiva.

Infine, penso che il nostro Paese sia di fronte ad una sfida decisiva: trasformare il sistema pubblico in un ambiente competitivo e meritocratico, che possa valorizzare le migliori risorse e restituire fiducia ai cittadini. 

Questo cambiamento, però, non può essere solo normativo o tecnico, ma deve investire l’intero sistema di valori che governa il nostro Paese. 

Un futuro migliore richiede istituzioni forti, trasparenti e impermeabili alle pressioni di lobby e criminalità organizzata. 

Ecco perché la rinascita del merito e della competenza, è non solo auspicabile, ma fondamentale per il progresso di questa nostra società!!!

Gli Appalti Pubblici??? Gia… una vera e propria "manna dal cielo"!!!

Gli appalti pubblici sono stati creati dai legislatori come un interesse pubblico… 
Sì… un vero e proprio contratto che lega la pubblica amministrazione ad un soggetto privato, sì… in vari contesti, ad esempio l’esecuzione di lavori, forniture o servizi vari…
Già… mai e poi mai ci si saremmo aspettati che proprio coloro che avrebbero dovuto controllare e quindi, in quanto controllori, avrebbero dovuto verificare che tutto procedesse in maniera corretta, sono stati viceversa i primi ad aver iniziato gli illecitidi cui ormai quotidianamente andiamo leggendo…

Difatti, anche noi siamo diventati esperti, sì… di tutta una serie di parole come corruzione, appropriazione indebita, abuso di potere, favoritismo, concorrenza sleale, concussione, falsificazione, clientelismo e servono a poco le multe inflitte o le condanne di chi si è comportato in maniera colpevole!!!

La circostanza che mi fa più ridere è vedere coloro che auspicano nella giustizia ed in quel risarcimento, ben sapendo che nessuno in questo nostro paese paghi mai per i danni finanziari causati alla pubblica amministrazione e ancor meno hanno effetto l’esclusione di certe imprese dalla partecipazione alle gare d’appalto per un periodo determinato o l’eventuale revoca di quello stesso appalto per essere stata in flagrante violazione delle normative previste, per poi scoprire successivamente come la pubblica amministrazione abbia assegnato ad altra impresa quello stesso appalto, la stessa che ha poi evidenziato esser peggiore della precedente formalmente  esclusa.

La verità è che questo Paese manca di trasparenza e la corruzione e l’illegalità rappresentano fenomeni talmente diffusi che fanno parte ormai della quotidianità e difatti la lista dei funzionari infedeli è talmente lunga dal rappresentare una vera e propria organizzazione, la stessa che si autoalimenta attraverso tangenti e/o favori illeciti, per ottenere costantemente vantaggi personali…

Ma tanto a nessuno interessa ciò e difatti questo cancro cresce e si riperquotendo in maniera negativa in ciascuno aspetto della vita società, ma non solo, anche nell’economia e nello stesso mercato del lavoro, completamente infettato da una concorrenza sleale e da un clientelismo provocato dalla politica e dalla criminalità organizzata!!!

Nei miei connazionali manca totalmente quella necessaria fiducia per la legalità e difatti si è indebolita l’aspettativa che si aveva nelle istituzioni, condizione necessaria per affrontare in maniera consapevole le conseguenze provocate da quegli illeciti!!!

E’ fondamentale quindi liberarci da questo marcio adottando un approccio rigoroso nella gestione degli appalti con criteri di selezione chiari che implementino ancor più le regole e soprattutto i principi di legalità posti attualmente in atto attraverso quei controlli mirati ben conosciuti con il nome di “whitelist”, gli stessi però che ahimè… vengono abitualmente bypassati!!!

Affinchè quindi si possano prevenire e riconoscere eventuali comportamenti illegali c’è bisogno di tutti, in particolare di una totale collaborazione tra le autorità di controllo, le amministrazioni pubbliche e le imprese, al fine di rafforzare quella necessaria trasparenza, contruibuendo così all’integrità di questo settore degli appalti pubblici, ridotto ormai a vero e proprio “bancomat”, sì… di tutte quelle imprese formalmente “controllate”, già… da chi sappiamo!!!

La cultura passa dalla legalità e non bisogna possedere una toga e/o una divisa per darne prova!!!

Avrei dovuto scrivere stasera sul “Comune di Ropolano Terme“, ma ho promesso ad uno degli addetti con cui ho parlato telefonicamente che avrei atteso un loro risposta prima di raccontare nel mio blog quanto di spiacevole è accaduto…

Quindi ora, nel non affrontare appositamente quella fastidiosa vicenda, prendo in esame un argomento fondamentale, quello che fa comprendere come questo nostro Paese – ricordo uno Stato che evidenza quotidianamente un livello altissimo di corruzione e una totale mancanza di cultura della legalità – manchi di quella necessaria formazione per sviluppare cittadini consapevoli; difatti, la maggior parte dei miei connazionali è talmente abituata a vedere lo Stato quasi fosse una parte a se, distante da loro, già… come un qualcosa di estraneo a cui essi non appartengono e ciò diventa più evidente quando essi si trovano a dover rispettare gli obblighi previsti…  

Ho sempre creduto che il tema della legalità appartenga a noi cittadini sin dalla nascita ed è fondamentale ai genitori far comprendere ai loro bimbi questa cultura, la stessa che poi crescendo si dovrà promuivere e non mi riferisco a quella personale scolastica, certamente fondamentale, come imparare la nostra lingua, la storia, la geografia, etc, no…  ciò che voglio dire e che la legalità è importante perché insegna a rispettare gli altri, attraverso le regole ed il rispetto delle leggi.

Difatti, se tutti imparassimo il valore della legalità, il mondo diventerebbe non solo più civile, ma la società stessa sarebbe più giusta ed equa e difatti, senza corruzione e malaffare, anche la criminalità organizzata scomparirebbe!!!

Ecco perché non mi meraviglio più quando accadono situazioni come quella di cui parlerò forse domani, già… perché ormai lo Stato attraverso i suoi dipendenti – mi riferisco a quelli solitamente preposti ad inviare sanzioni o quant’altro a livello fiscale – sono talmente convinti di rivolgersi ad uno dei tanti loro connazionali che di “cultura della legalità” non sanno neppure dell’esistenza, che pensano immediatamente, già senza alcun indugio, che si possa fare di tutta un’erba un fascio!!!

Ed allora, permettetemi di dire: cari amici, prima di poter soltanto pensare a cambiarsi i vestiti con altri, sì come il sottoscritto, come dice quel proverbio: “acqua sotto il ponte ne deve passare”!!!

Vorrei tra l’altro aggiungere – riprendendo un tema toccato dal magistrato Giuseppe Ayala nell’inserto di fine anno del quotidiano “La Sicilia” intitolato “Uno nessuno centomila” e riproposto nello specifico dal generale dell’Arma (già a capo di Ros e Dia) Giuseppe Governale e cioè che la cultura è legalità e conta come una divisa o una toga – che ci sono cittadini che non hanno alcuna toga e ancor meno possiedono una divisa, ma operano da sempre in maniera coerente e soprattutto palese, tra l’altro senza alcun tornaconto personale, già… neppure quello di poter percepire uno stipendio da parte dei contribuenti, eppure sono sempre lì a fare il proprio dovere e non solo, fanno anche ciò che altri – solitamente collusi o ricattabili per non aggiungere “omertosi” – non fanno!!!

D’altronde come ripeto spesso, è facile parlare di legalità quando si è protetti da una divisa o da una toga, certamente più difficile esporsi personalmente, sapendo di non aver nessuno dietro a proteggerti, il più delle volte neppure lo Stato!!!

E difatti… vorrei contarli tutte quegli esposti presentati personalmente da quei soggetti di cui sopra, sarei curioso di sapere in quanti processi ciascuno di essi è coinvolto a titolo personale, sì… vorrei conoscerlo quel dato, ma forse è meglio lasciar perdere!!!

Comunque, ciò che volevo dire è che quando un cittadino è corretto e rispetta la cultura della legalità, sa bene di doverla mettere in pratica sempre e non occasionalmente o quando fa comodo!!!

Faccio alcuni esempi; si osservi a quando si tratti di onorare le imposte fiscali, quando vi sono presso alcuni enti di riscossione cartelle a debito a nostro nome, oppure quando giungono a casa avvisi di accertamento come multe stradali (parlo ovviamente di quelle corrette e non certo di quelle erroneamente inviate da taluni Comuni per far cassa… senza verificare se poi quelle stesse siano state già ottemperate nei pagamenti  e quindi non vi è alcuna ragione plausibile nel provare ad accreditare ulteriori sanzioni per ritardi, se non l’incompetenza di quegli addetti, incapaci di accertare che quella sanzione sia stata pagata entro i termini di legge e cioè nei cinque giorni previsti…) e quant’altro…

D’altronde, come dicevo sopra, in questo Paese si è così convinti che sismo tutti eguali che si pensa agli altri con la propria testa, quasi fossimo simili!!! 

Sì… è quella loro natura a parlare per loro, la stessa che ogni giorno si chiedei: può esser mai che qualcuno sia così corretto e quindi migliore di noi??? E poi perché a differenza nostra, egli possieda quella cultura di legalità così intrinseca???

Difatti è proprio questa la ragione che tanto fastidio dà alla maggior parte dei miei connazionali e rappresenta la stessa motivazione che in questi anni ha fatto comprendere al sottoscritto che, per la sola ragione d’aver fatto la cosa giusta, si è stati ahimé odiati!!! 

Imprenditori siciliani disonesti??? Analizzando in maniera obiettiva si scopre che…

Come ben sapete ritengo che chi pecca nel compiere la propria professione debba sempre pagare, ma vi sono dei casi che m’inducono a pensare che non sempre la colpa di quegli imprenditori sia da imputare a quanti – mi riferisco naturalmente a tutti coloro che nulla hanno a che fare con affiliazioni a strutture legate alla criminalità organizzata o per meglio dire appartengono di fatto a quel sistema clientelare, corruttivo, ed  anche mafioso – possiamo definire ancora “onesti“.

Certo quest’ultimo termine è certamente difficile da affibbiare a quanti operano nella mia Sicilia, ma come dicevo esiste ancora una parte sana che sta in questi ultimi anni – forse a causa delle difficoltà finanziarie provocate dal “covid” – ma non solo, anche quanto in questi mesi ha provocato un aumento esponenziale nel settore energetico e petrolifero, incremento che stanno mettendo in crisi parecchie imprese e che ha determinato in molti imprenditori la decisione di chiudere definitivamente i battenti o quantomeno di provare a resistere non solo alla crisi, ma anche ribellandosi a quel sistema coercitivo di regolari richieste, a cui da sempre erano sottomessi!!!

Desidero affrontare stasera questo tema, dopo aver letto in questi giorni di talune inchieste giudiziarie che hanno visto coinvolti alcuni imprenditori indagati per corruzione…

Naturalmente lungi dal sottoscritto pensare che qualsivoglia forma di pagamento di tangente possa non venir considerata quale forma di corruzione o che essa non costituisca un reato; no… ciò che mi permetto di dire e che il più delle volte – per compiere in maniera corretta la propria attività – ci si ritrova a doversi sottomettere a un sistema che preclude, a chi si ribella, la possibilità d’operare…

Perché diciamoci la verità, in Sicilia ( ma non solo lì…) per lavorare bisogna pagare: da sempre è così e così continuerà fintanto che le leggi sono così permissive e soprattutto non difendono chi vuole contrastare quel sistema illegale dimostrando di non volerne fare parte…

Già perché da noi si sa, per dimostrare di essere onesti bisogna farsi sparare o quantomeno far comprendere a tutti – mettendoci in primis la faccia – che non si ha paura di niente e di nessuno, perché soltanto così lo Stato è costretto ad intervenire, altrimenti – quegli imprenditori coraggiosi – dovranno sottostare al sistema oppure decidere di chiudere definitivamente, abbandonando le aspirazioni di una vita o quei desideri di continuità da voler consegnare ai propri figli… 

Ho letto nell’articolo di un imprenditore che ha affermato di avere pagato, già… non per accaparrarsi i lavori, ma per velocizzare l’affidamento di quel proprio cantiere, sì… alla luce di un’aggiudicazione che sarebbe avvenuta in maniera del tutto trasparente!!! 

Quindi, una mazzetta per comprare non l’appalto ma il tempo di chi avrebbe dovuto seguirla in maniera corretta e soprattutto celere!!! 

Ed allora mi sono permesso di verificare gli appalti aggiudicatisi da quell’impresa e penso di poter confermare che essa non avesse alcun bisogno di pagare per inseguire altri appalti, d’altronde consentitemi una riflessione: se analizziamo i ricavi prodotti dagli appalti pubblici e quanto essi rendano alle nostre imprese – con ribassi intorno al 30% – beh… lasciatemelo dire con molta franchezza, soltanto chi esegue i lavori in maniera difforme dai previsti Capitolati e soprattutto chi possiede i favori delle Dl,  può pensare di ricavare oggi un utile, altrimenti… si ci rimette sempre!!!

Ed allora mi sono chiesto: cosa avrebbe potuto fare quell’imprenditore dopo essersi aggiudicato in maniera corretta e trasparente l’appalto??? Mi direte tutti: semplice… denunciare quel funzionario alle autorità competenti??? 

Già… una risposta scontata, si vede che siete in pochi quelli che avete avuto a che fare con la giustizia e soprattutto coi i suoi tempi interminabili, che vedono ahimè il più delle volte – grazie a giudizi iniqui – ribaltare i giudizi a favore proprio di chi era stato per l’appunto denunciato!!!

Comprenderete altresì come dopo quella denuncia, nessuno più vorrà aver a che fare con quell’impresa, in particolare nessun funzionario o dirigente sarà più disposto a verificare quei lavori in corso (o da eseguire a seguito aggiudicazione), in maniera serena, ma staranno tutti lì – già… con il fucile puntato – a verificare la regolarità di quelle opere in tutte le loro fasi, osservando in particolare quei dettagli che si sarebbero sicuramente sorvolati, ma ora, con il rischio che ci sia qualcuno delle forze dell’ordine disposto a verificarli e contestarli, ecco che si preferisce bloccare l’appalto!!!

La verità??? Questo paese è come quel cane che si morde la coda!!! E’ un problema senza via di uscita, una condizione che conduce tutti, dopo aver risolto un problema, a doverne affrontarne un altro, un ciclo vizioso e perverso nel quale ci troviamo tutti ad essere coinvolti, anche ahimè quei pochi imprenditori che con grande difficolta provano a restare retti!!!

Siamo ahimè tutti nelle mani di un potere massonico sconfinato!!!

Sono migliaia gli iscritti alla massoneria e tra quei nomi “celati” vi sono importanti soggetti legati alle nostre istituzioni, servizi segreti, politica, militari, magistratura, università, imprenditoria, ordini vari, etc… 

Ma non solo, tra le funzioni ed il potere economico che quelle fondazioni massoniche sono impegnate a gestire, vi è un patrimonio immobiliare immenso, che si occupa non solo della gestione, ma soprattutto la compravendita per poter riciclare denaro sporco di sicura provenienza illegale… 

Le associazioni massoniche – diventate in questi anni “Onlus”, possiedono case e palazzi in tutto il territorio nazionale ma non solo, le proprietà sono sono tra le più prestigiose e producono un giro d’affari che muove denaro in maniera impressionante e che serve in particolare per foraggiare la politica ed i suoi referenti, corrompere dirigenti e funzionari di apparati istituzionali, indirizzare i processi, garantire gli appalti e via discorrendo…,  

E quando il denaro non riesce a realizzare lo scopo, ecco che si punta sulle debolezze umane o su quelle familiari, si corrompe con il sesso, le belle auto, le regalie, si fa in modo che qualcuno di quei congiunti resti attanagliato in quella elaborata rete, affinché si possa successivamente ricattare e quindi vincolare quel soggetto ancora restio a farsi piegare alle  loro determinate condizioni o all’adempimento di quei precisi obblighi imposti!!!

A quanto sopra vanno sommati trust depositati in società nei paradisi fiscali, consulenti finanziari disposti a muovere da Montecarlo, Lussemburgo, Zurigo, Singapore, etc, denaro da banche a banche, a tutto ciò cui si sommano migliaia di marchi registrati per sfruttare tutti i diritti d’immagine sul web che fanno diventare ancor più milionari, capaci di moltiplicare quei già miliardi di euro nelle loro casse!!!

Il sistema funziona alla perfezione e chi vi è dentro cresce e sale di posizione mentre chi viceversa lo contrasta, anche solo se ne parla, finisce per venire attaccato in tutti i modi e quando non ci si riesce, si prova a farlo zittire o ancor peggio sparire!!!

Ah… dimenticavo, che non si pensi minimamente che qualche coraggioso possa prendere in mano questa situazione per provare a metterci un freno: vedrete si sommerà a tutti quei soggetti che ahimè hanno avuto improvvisamente un infarto oppure un incidente stradale!!!

Università di Catania: "Un sistema squallido"!!!

Sono passati dieci anni da quando scrivevo questo post:
“Ed ancora, come dimenticare tutti i rettori, professori, docenti universitari, presidi ed anche semplici insegnanti di quell’apparato scolastico, che certamente influenzano parecchie di quelle preferenze, sia tra quanti operano nella didattica, che per i molti familiari di quei cosiddetti discenti…”!!!
Le ipotesi di reato sono sempre le stesse: concorso in truffa, abuso d’ufficio, associazione a delinquere, corruzione e turbativa d’asta!!!
Ormai, i nomi di quegli abusi li conosciamo a memoria, ma come vado spesso reiterando,  fintanto che le pene prevederanno condanne temporanee e soprattutto “effimere”, senza colpire in maniera decisa quei lestofanti ed anche i loro eventuali familiari, questi reati continueranno imperterriti ad essere sempre compiuti!!!

Sono le leggi d’altronde a favorire e permettere queste situazioni incresciose… d’altro canto, il rischio di venir scoperti, come si dice… in quegli ambienti: “vale a candela…”!!!’

Ma ancor più grave è la convinzione acquisita con il tempo, grazie soprattutto a quelle posizioni prestigiose raggiunte, in quel volersi ergere a modelli da prendere come esempio, professori di vita e di conoscenza che offrono la propria presenza in convegni, riunioni, manifestazioni, ecc… per dare a noi tutti consigli morali, suggerimenti e proposte!!!
La verità è che ognuno di loro in quel ruolo, non fa  altro che danneggiare ciascuno di noi!!!

I peggiori ovviamente restano sempre quegli individui legati classe politica, ma poi si continua verso chi opera in settori chiave della ns. amministrazione, per proseguire verso i loro cari, mogli/mariti, figli ed affini tra cui generi e nuore, che nella maggior parte dei casi, risultano incompetenti e presuntuosi, dimenticando o per meglio dire fanno finta di dimenticare, chi li ha opportunamente collocati lì…e a chi dovranno dire grazie, per tutta la vita, in particolare ogni qualvolta verranno chiamati a compensare chi li ha a suo tempo sostenuti!!!

E difatti nel 2014 uscivo con un post intitolato “i nuovi miserabili”, nel quale riportavo: “Credevate che durante le riunioni con i professori a scuola i Vs. genitori andavano a chiedere sul vostro percorso formativo o forse portavano i saluti di qualche vostro parente o amico comune con i vs. insegnanti??? 
Ed ancora, quando eravate all’Università ricordate chi da dietro le quinte vi sosteneva immeritatamente???
Oppure ditemi, a quel concorso e/o colloquio come siete giunti, con quali meriti, forse con i vostri… o perché eravate semplicemente raccomandati???
Ed infine, potete mettere la vostra mano sul fuoco che nel corso della vostra  professione non avete mai accettato alcun compromesso… in particolare quando ciò serviva a farvi proseguire nella carriera, a scapito di colleghi certamente più bravi di voi???
Ecco, sono questi i nuovi miserabili, gente inutile e viscida che striscia ovunque per creare danni e non mi riferisco ai nostri abituali politici, ma a quanti operano con analoghe metodologie “mafiose”, per far progredire se stessi in campo professionale/sociale e soprattutto i propri figli…
Sono miserabili, dentro e fuori, sotto ogni aspetto e come avrete capito sono i peggiori!!!
Potremmo dire che raggruppano in se molti dei peccati descritti nei gironi dell’inferno di Dante; infatti se li osservate bene, ne vedrete tutte le caratteristiche: lussuriosi, ingannatori, ruffiani, gelosi, ipocriti, ladri, traditori, seminatori di discordia ed infine aggiungerei superbi ed invidiosi!!!
Lo so… avrei dovuto parlare di quanto emerso stamani grazie alla Procura Nazionale di Catania nella persona del Procuratore, Dott. Carmelo Zuccaro (“Beato”… a vita), di quell’inchiesta criminale che vede ora coinvolti nove professori e una università quella etnea… “bandita” e con il proprio rettore sospeso da un provvedimento di interdizione dai pubblici uffici!!!

Sì… avrei dovuto entrare nel merito della notizia, ma lascio ad altri le specifiche di questa inchiesta, viceversa preferisco riportare quanto da sempre il sottoscritto aveva finora evidenziato e cioè… un presunto sistema delinquenziale universitario ora emerso in tutta la sua gravità, confermando l’esistenza di un’associazione a delinquere che conferiva ai soliti “amici degli amici“, borse di studio, dottorati di ricerca ed anche assunzione di personale tecnico-amministrativo per la composizione degli organi statutari dell’Ateneo ed ancora, l’assunzione e la progressione delle carriera dei docenti universitari!!!

Come sempre accade da noi… tutti sapevano, sì… ma tutti hanno fatto finta di non sapere, proprio come quei sopraddetti “Miserabili“!!!

Ho come la sensazione che il coraggio di pochi, dia a certuni… quasi fastidio!!!

Ultimamente mi capita di dover assistere a tutta una serie di circostanze nelle quali taluni soggetti non riescono a compiere, quanto sarebbe opportuno realizzare nello svolgimento della propria mansione…
Ecco quindi dover assistere a pubblici ufficiali che limitano i propri interventi, in particolare se vengono direttamente chiamati in causa, mentre altri analogamente, non procedono nel denunciare quanto è previsto nella loro funzione o quantomeno nel “codice etico“, se pur sollecitati a mezzo Pec, A.r. o quant’altro, già… fanno “orecchio da mercante” e si girano dall’altro lato…
Credetemi, l’elenco dei “quaquaraquà” è talmente lungo che non sto qui a sfiancarvi…
Viceversa, esistono una serie d’individui che dimostrano di non aver alcun timore (di niente e di nessuno), che non si piegano alle coercizioni imposte da questo sistema, che dimostrano di non subire ricatti e non devono mediare con i compromessi, perché loro non hanno mai chiesto nulla a questo sistema clientelare, ne per se e ancor meno per i propri cari, sì… sono perfettamente liberi “moralmente” e non nascondono alcuno scheletro nell’armadio!!!
Potremmo definirli “rari” e vanno fieri della propria persona, dove dignità e centralità all’onestà sono i valori unici fondamentali della propria esistenza!!!
Ma soprattutto ciò di cui sono pieni è il coraggio!!!
Un valore che manca alla maggior parte dei propri conterranei, i quali diversamente come tante “pecore” si accodano di volta in volta, al richiamo del padrone!!!
La circostanza difatti che maggiormente infastidisce non è rappresentata dalla mancata messa in pratica di una lievissima porzione di audacia…
No… osservare come la maggior parte dei cittadini abbia paura è legittimo, d’altronde con una terra come la nostra, che incentiva in maniera concreta quel messaggio “mafioso” (nel quale la coercizione rappresenta l’unico insegnamento…) che obbliga la maggior parte dei cittadini a fare o non fare una cosa, per non dover subire eventuali ripercussioni personali… cosa ci si può aspettare!!! 
Ma di contro, quei soggetti che hanno giurato la propria fedeltà allo Stato, quegli individui che giorno per giorno percepiscono il proprio stipendio da ciascuno di noi, ecco… sì a loro sì chiediamo quantomeno di fare il proprio dovere…  
Nessuno di noi pretende di vedere eroi sotto terra, non chiediamo loro di rischiare la propria vita per come hanno fatto altri nei lunghi anni passati di lotta alla mafia, criminalità, terrorismo e quant’altro…
No, ciò che desideriamo non è questo, d’altronde per poco più di 1.800 euro come si potrebbe chiedere di morire per la Patria, quando ben altri, incassando centinaia di migliaia di euro e senza mai rischiare nulla… se la stanno mangiando!!!
Ma una cosa possiamo chiederla, esaminare i documenti di cui si viene a conoscenza e senza subire sottomissioni “gerarchiche”, verificare se quanto riportato in quei carteggi, abbiano un valore concreto da poter dar vita ad una eventuale inchiesta e non riporre nel dimenticatoio gli esposti ricevuti… soltanto perché un semplice cittadino ha dimostrato di possedere quel coraggio che altri – pur avendo una toga, un’uniforme o anche un semplice incarico di pubblico ufficiale – non hanno, tanto da soffrire una pseudo forma di “fastidio”, nell’apprendere che in altri, quelle loro mancate motivazioni, siano così fortemente presenti!!!
Come si dice… volere è potere!!! Loro hanno sì il “potere”, ma mancano ahimè nel “volere”…       
D’altro canto, percepire che altri riescano a compiere qualcosa che nel corso della propria vita ci si era proposti di fare – ma che per ragioni varie (non sto qui ad elencarle) non sono state espletate – porta taluni individui a distaccarsi da quei soggetti “coraggiosi“!!!
Chissà debbo credere che in loro nasce forse l’invidia!!!
Sì… è come quando si era a scuola, non riuscendo con le proprie forze a dimostrare il proprio di coraggio, si criticava coloro che riuscivano ad evidenziarlo…
E’ un circolo vizioso, dove l’altrui comportamento impavido viene giudicato come un qualcosa da non premiare, anzi rappresenta la conseguenza di un’altrui volontà al non volersi piegarsi alle regole del sistema (che peraltro è ciò che da sempre loro fanno…), circostanza quest’ultima vista in maniera negativa, poiché la promozione di quell’agire esterno potrebbe causare o ancor peggio mettere successivamente in difficoltà l’autorità di quel pubblico ufficiale…
Ora… se non fosse che da sempre possiedo una grande autostima, ma soprattutto credo di ever dato prova d’essere stato una persona tenace, quanto sopra, porterebbe il sottoscritto inevitabilmente a subire un tracollo, sì… perché mi verrebbe da pensare che forse qualcosa in questo mio voler agire sia errato, come se il voler combattere questo sistema corruttivo e criminale possa essere scorretto, inopportuno o ancor peggio che, quanto provo quotidianamente a compiere non interessi a nessuno, ancor meno a chi dovrebbe – proprio per quella funzione istituzionale che rappresenta – interessarsene… 
Difatti, una cosa in questi anni l’ho capita!!!
Qualcuno in questi anni… ha provato a farmi credere che esercitare il proprio dovere da cittadino sia sbagliato o per meglio dire che da solo non basti!!!
Perché esso dipende da circostanze che non sono sotto il nostro controllo, in particolare mi riferisco a quelle legate al mondo della giustizia, che – per come abbiamo visto in  questi giorni – sono state “infettate” da un virus chiamato “massoneria, corruzione e clientelismo“!!!
Ma il sistema ora (forse) – grazie alle attuali inchieste giudiziarie – verrà resettato e così attraverso l’ingresso di nuovi soggetti autorevoli e soprattutto intransigenti, quanto finora non realizzato in questi anni, potrà essere ripreso e chissà (probabilmente…) terminato!!!
Ecco perché se subisci un’ingiustizia, consolati: la vera infelicità consiste nel commetterla!!!

In questa terra di ladri…

Ma chi sono questi nuovi ladri…??? 
Chi sono i malandrini di questa nostra terra di cui ogni giorno sentiamo parlare???
Non sarà che forse sono anch’essi dei mafiosi??? 
Ma allora, se fosse così, dobbiamo pensare che anche coloro che siedono dietro alle loro scrivanie e compiono quotidianamente azioni illegali, non sono soltanto ladri… ma anch’essi mafiosi???
Ma se questa parola viene applicata a loro, in qualità di ladri, allora anche quella “pseudo” qualità del mafioso viene di fatto trasmesse a quei soggetti???
Diceva Sciascia: “Ciò avviene perché il non sempre colto pubblico, non ha avuto tempo di ragionare sul valore della parola, né s’è curato di sapere che nel modo di sentire del ladro e del malandrino il mafioso è soltanto un uomo coraggioso e valente, che non porta mosca sul naso, nel qual senso l’essere mafioso è necessario, anzi indispensabile… 
La mafia è la coscienza del proprio essere, l’esagerato concetto della forza individuale, unica e sola arbitra di ogni contrasto, di ogni urto d’interessi e d’idee… donde la insofferenza della superiorità e peggio ancora della prepotenza altrui. 
Il mafioso vuol essere rispettato e rispetta quasi sempre… 
Se è offeso non si rimette alla legge, alla giustizia, ma sa farsi personalmente ragione da sé, e quando non ne ha la forza, col mezzo di altri del medesimo sentire di lui”.
La Sicilia difatti vive di questo trasformismo, un male che potremmo definire “genetico” in quanto i suoi conterranei dimostrano con il passare degli anni d’essere stati colpiti da una grave piaga…
Non quella riportata nel film dall’Avv. di Jonny Stecchino… “l’Etna, la siccità o il traffico“, no… qui si tratta della mancanza di memoria!!! 
Per i siciliani la storia non ha nulla da insegnare, d’altronde parliamo di un popolo incapace di apprendere, proprio perché incapace di ricordare!!!
Ed è su questa amnesia collettiva che si fa forte il potere mafioso, politico e clientelare, ed è razie ad esso che continua a mietere le sue vittime… 
Basti osservare quanto avviene giornalmente…
Una storia infinita fatta di truffe, ladrocini, soprusi, scambi illeciti di favori, imbrogli, raccomandazioni e protezioni sia nella vita politica, professionale e amministrativa… 
Ed è su questi principi che basa la propria sopravvivenza il siciliano, celato sotto quell’apparente maschera di legalità (che non mette mai in pratica…), ma che prova in ogni circostanza, a sfruttare quelle uniche possibilità che gli vengono offerte ed egli, senza alcuna resistenza, si “piega” sin da subito a concedersi alle richieste ricevuti…
Una terra – la nostra – che si regge sull’illecito e le cui leggi dimostrano d’essere totalmente inadeguate a cambiarla, proprio perché questo sistema “corruttivo” basa se stesso su quei principi che in molti condividono… 
Infatti, ciascuno di essi, condizionato da quel centro di potere (in possesso di cospicui mezzi finanziari), viene quotidianamente soggiogato da quella possibilità di denaro (d’altronde… questo mio conterraneo non è più capace di concepire la vita in altro modo) e pur sapendo che quei mezzi potrà averli solo illegalmente e cioè concedendo favori certamente disonesti, si adatta a compierli…
E’ un meccanismo marcio che si ripete, d’altronde chi oggi compra quei suoi conterranei con il denaro, chi offre loro soldi in cambio di voti o di favori in genere, sicuramente l’aveva fatto in precedenza e quei soldi li aveva realizzati grazie ai favori ottenuti in precedenza… 
Possono raccontarci ciò che vogliono, ma la realtà è questa e cioè che viviamo in una terra dove “l’illecito” è circolare e forse per molti, non privo d’una sua armonia…

Se la Sicilia vuoi conquistare, caro Salvini questa "Lega siciliana" devi totalmente cambiare!!!

Caro Matteo… la Sicilia come ho già scritto in un mio precedente post, http://nicola-costanzo.blogspot.com/2018/12/segretario-matteo-salvini-ho.html, non è l’Abruzzo!!!
Avevo scritto che il vero problema della Lega – in particolare per quella sua costola siciliana – era la selezione della sua classe dirigente, perché si sa… nel voler crescere rapidamente nei consensi, si rischia di dare alla testa, ma soprattutto di attirare molte persone sbagliate!!!
Ecco perché avevo apprezzato quanto dichiarato dal suo leader quando aveva finalmente deciso di cambiare rotta e pretendere da tutti gli iscritti,  una fedina penale immacolata e comportamenti specchiati: “Stiamo facendo di tutto per separare chi è davvero motivato da chi vede nella Lega solo un business”.
Ma ho come l’impressione che a quelle parole, nei fatti, non si sia dato seguito, ma che tutto o quasi tutto, sia rimasto inalterato!!! 
Il Segretario aveva alcuni mesi fa dichiarato: “Abbiamo voglia di fare, di includere, di realizzare le promesse. Vogliamo governare bene anche a livello locale, da Nord a Sud. Serviranno persone motivate, competenti, perbene. Tengo gli occhi aperti”!!!
Sembrava da quelle parole che, il messaggio tante volte “urlato” dal sottoscritto, fosse giunto a destinazione… 
Certo, comprendevo allora come oggi, quanto difficile sarà trovare soggetti dal pedigree limpido e soprattutto capaci d’incrementare quel partito, senza aver avuto precedenti politici, di cui molti fortemente legati a quegli abituali compromessi mafiosi…
Comunque  l’augurio fosse che a quelle frasi, sarebbero seguiti fatti concreti, altrimenti per come avevo annunciato, quella sua Lega, si sarebbe ritrovata nuovamente “con un pugno di mosche“!!!
Perché non bisogna pensare di paragonare il successo appena conquistato in Abruzzo, con quanto potrebbe accadere in Sicilia, perchè in quella regione si partiva già con un importante numero di preferenze – erano 105.449 – prossimi al secondo partito più votato dopo il M5Stelle… mi riferisco a FI ed anche al Pd, lì vicino… entrambi sui 110-108mila voti… 
Qui in Sicilia la situazione è ben diversa, qui comandano i voti della mafia, del clientelismo, di quanti promettono posti di lavoro, mentre per gli indigenti, c’è chi acquista quella propria preferenza, barattandola per pochi decine di euro… la restante parte dei siciliani liberi, proverà a votare M5Stelle oppure quei movimenti che partono dal basso come “Diventerà bellissima” o il gruppo degli indipendentisti “Siciliani liberi, ed infine, come sempre, ci sarà chi preferirà astenersi al voto!!!
Quindi se la Lega vorrà imporre le idee di quel suo “fare”, serviranno di più delle parole del suo leader o di una barca di migranti in meno che sbarca sulla nostra isola, bisogna che metta mano a tutta la sua organizzazione, per come d’altronde ho letto stamani proprio sull’Espresso, dove un appello firmato da un gruppo di militanti “leghisti siciliani”- che però stranamente preferiscono rimanere anonimi – dicono per paura di ritorsioni (neppure se avessero a che fare con la criminalità mafiosa), mah… comunque, attraverso una lettera chiedono il rinnovamento della classe dirigente e soprattutto non accettano il nuovo responsabile della Lega (per la provincia di Palermo), scelto dal commissario inviato dal segretario-ministro.

A conferma di ciò che avevo scritto sui "sindacati": guardatevi questo video!!!

Dando seguito su quanto avevo riportato solo pochi giorni fa sui sindacati: http://nicola-costanzo.blogspot.com/2018/12/i-sindacati-dopo-anni-di-completo.html
desidero portare oggi alla vostra attenzione un video inviatomi dal mio amico Claudio di Genova, che descrive perfettamente quanto è accaduto in questi anni, grazie proprio a quei soggetti all’interno dei sindacati, si sono presi gioco di tutta la classe dei lavoratori!!!
Ho ritenuto, dopo aver visto l’intero video pubblicato da La7, che non vi sia da parte mia nulla d’aggiungere…
Peraltro, quanto riportato in questo video, segue perfettamente quel concetto di raccomandazione, clientelismo, collusione e affari sporchi, già a suo tempo descritti in un mio precedente post del 2013: 
Andate, sì… lavoratori, pensionati, scendete in piazza per protestare, comportatevi come veri e propri ruffiani, fate il loro gioco, tanto alla fine a pagarne le conseguenze, sarete solo e soltanto voi!!!

Catania: Una città senza scampo!!!

In questi ultimi anni – potrei dire con esattezza da quando fu nominato Procuratore il Dott. Giovanni Salvi – in taluni ambienti, in particolare quelli d’ispirazione massonica, iniziarono tra quei suoi adepti, a diffondersi forti preoccupazioni,soprattutto tra coloro che avevano forti interessi politici, imprenditoriali ed ovviamente mafiosi…

A seguito della promozione (e ovviamente del successivo trasferimento…) del Dott. Salvi a Procuratore Generale di Roma, qualcuno pensava che finalmente le cose sarebbero tornate ad essere per come erano state nei lunghi anni precedenti, ma la nomina del Dott. Zuccaro a Procuratore di questa città, ha  rovinato ahimè i loro piani…  
Ecco quindi che quella vecchia casta “massone”, ha dovuto iniziare a fare nuovamente i conti con questa nuova Procura Nazionale, che ha innalzato l’asticella della legalità, dimostrando di non lasciare scampo a nessuno, neppure a quei cosiddetti “intoccabili”!!!
Certo, in questi anni, non si è rimasti con le mani in mano, tutt’altro… si è provato a spodestare quel suo capo ed anche i suoi collaboratori.
Sì… ci hanno provato in tutti i modi, con lo sbarco dei migranti, sono giunte critiche sul suo operato direttamente da importanti esponenti politici di Roma, hanno preso spunto dalle “ONG” per mettere in discussione quel suo ufficio, per poi seguire con quelle inchieste che hanno visto noti imprenditori posti ora sotto il mirino di quella lente giudiziaria, inchieste che hanno fatto certamente fatto emergere gravi complicità e che hanno dato luogo a forti diatribe tra la comunità…
Ma alla fine, egli ed il suo gruppo di collaboratori, sono ancora lì e tutto ciò, sta creando a quegli individui enormi problemi, non solo per i loro business, ma soprattutto per non riuscire a portare avanti quelle metodologie clientelare e mafiose, ritrovandosi di contro, con un potere fortemente limitato, tale da non poter assoggettare a se i cittadini di questa provincia, da sempre “succubi” di quelle metodiche… 
Ed allora eccoli a stravolgere quell’attacco e a ritornare ai vecchi tempi… 
Ma quale massoneria, quale mafia, quale corruzione e se ci dovessero essere degli omicidi… problemi di “corna” sono…!!!
Non c’è alcun motivo di creare allarmismi, quanto qualcuno va dichiarando fa parte di quelle cosiddette dicerie, cazzate che passano di bocca a bocca, senza alcun effettivo fondamento di verità…
Sì potremmo definirle, vere e proprie leggende metropolitane… 
Ma ditemi poi, v’immaginate quei conterranei messi li in fila all’interno di una qualche segreta, occultati con quegli abiti cerimoniali, con i visi coperti da quei cappucci per celare la propria identità…
Ah… soltanto a pensare a quali adepti potrebbero esserci lì sotto o per svago tentare d’associare i nomi dei proseliti a quei visi coperti dai copricapi… scoppio a ridere!!!  
Ora, quanto sopra non vuole certamente sminuire ciò che purtroppo realmente accade – questo sì realizzato… in maniera  “occulta” – e di come quelle loro azioni abbiano ad influenzare nel complesso la vita sociale, politica ed economica, di questa città etnea, della sua provincia, fino ad estendere quella propria influenza negativa, in tutta l’isola….
D’altronde se provate ad indagare, se cercate di addentrarvi all’interno di quel sistema politico economico e finanziario, state certi che nessuno di loro parla e soprattutto nel caso in cui qualcunod ecidesse di farlo, verrebbe attaccato e possibilmente distrutto!!!
Il sistema è fatto per essere blindato e chi non sta all’interno di quelle regole viene bandito… e pian piano, quel potere acquisito, verrà trasferito ad un altro soggetto, ben più disponibile ad assoggettarsi ai comandi ricevuti dall’alto di quella gerarchia piramidale…
Ma d’altronde, sono pochi, anzi potrei dire non vi è alcuno disponibile a rinunciare a quei posti chiave della politica, delle istituzioni, in quelle sedi rappresentatività o in quei consigli di enti e/o di società… nessuno tra loro è disposto a perdere quel posto e soprattutto gli arricchimenti sproporzionati ricevuti immeritatamente!!!
Questi soggetti, hanno come un “cancro” infettato questa nostra città ed i loro tentacoli si sono infiltrati ovunque, in tutti i comparti dell’economia e della politica, ed anche quelle istituzioni, che avrebbero dovuto essere garanti di principi inviolabili, si sono dimostrati viceversa, palesemente manipolabili, non garantendo più neppure quei minimi requisiti di “riservatezza”, a chi a differenza loro, si era esposto!!!
Quindi, con un potere così immenso, con una serie di complicità in quasi tutti gli apparati, con la garanzia d’avere a disposizione una serie di soggetti fortemente collusi, ricattati e ricattabili, come si può credere che qualcosa potrà prima o poi cambiare, quando la maggior parte di essi, direttamente o indirettamente, sono di fatto a servizio della mafia???
Catania… per quanto se ne voglia dire, resta purtroppo una città senza scampo!!!

"Infiltrazione mafiosa nei consigli comunali"??? Non comprendo quale sia la novità…

Di questi giorni le notizie riguardanti alcuni nostri Comuni… 
Cosa dire, la lista dei consiglieri condannati, indagati e sotto processo è lunghissima, la maggior pare di essi sono individui alle prese con guai giudiziari o che hanno parenti indagati o sotto giudizio per mafia…
Potremmo considerarli “indesiderati”, ma stranamente sono ancora lì seduti in quei consigli, un mix perfetto di mafia e politica, tangenti e mazzette, clientelismo e raccomandazioni, tutto vissuto all’interno di un meccanismo diventato business!!!
D’altronde lo sanno tutti e i pentiti in questi lunghi anni, hanno raccontato cosa avviene alcuni mesi prima delle votazioni elettorali!!!
Potremmo definirlo un vero e proprio patto scellerato quello compiuto dagli affiliati mafiosi con quei candidati politici e non è una novità quanto compiuto da quell’associazione mafiosa, che ha da sempre favorito l’elezioni di diversi candidati…
Certo la normativa attuale risulta alquanto lacunosa, proprio perché vengono generalmente esclusi i rapporti di parentela, coniugio o affinità con quei soggetti malavitosi o quantomeno da soli, non sono sufficienti a suffragare l’ipotesi di sussistenza d’infiltrazione mafiosa, ma occorre quindi che si verifichino essenzialmente talune circostanze:
a) che siano individuati e descritti gli atti idonei, diretti in modo non equivoco, a conseguire lo scopo di condizionare le decisioni dell’impresa che subisce l’infiltrazione;
b) che sia individuato almeno un autore o un mandante del tentativo di infiltrazione;
c) che tale soggetto sia qualificabile come“mafioso in senso tecnico”(si tratti, cioè di soggetto attinto da provvedimenti giudiziari penali per mafia o per altri “reati-spia”);
espressivi di contiguità all’ambiente mafioso, ovvero di soggetto con questi convivente, in ragione di una deliberata scelta di “contiguità”, che ne contraddistingua la condotta di vita).
Da quanto sopra si comprende come la mera parentela o frequentazione con soggetti mafiosi, in mancanza di uno specifico condizionamento nell’attività, politica o imprenditoriale, non depone a garanzia di una connessione diretta, nel senso di un’attività rivolta a logiche d’interessi criminali…
Va aggiunto inoltre il fallimento di quella legge del 96′ che consentiva di confiscare i beni della criminalità per ricondurli alla disponibilità pubblica e sociale… beni che nei fatti, sono rimasti per la gran parte mai recuperati e né utilizzati in concreto, anzi le famiglie mafiose hanno continuato a godere di quei beni perché nessuno ha provveduto a togliere loro il possesso di quelle proprietà immobiliari, terreni e quant’altro, malgrado fosse intervenuto un provvedimento definitivo… 
Ma questo è lo STATO… ha dovuto attendere che ad Ostia un esponente di una famiglia criminale ben conosciuta, desse una testata ad un giornalista, per dare atto a tutta una serie di provvedimenti, che si stanno ora finalizzando con la demolizione di quelle loro proprietà… 
Ma si sa, tutto ciò serve esclusivamente per propaganda politica, se pensate che son dovuti passare trent’anni per procedere e riportare un po di legalità in quei territori… 
D’altronde se pensate che per effettuare quegli stessi provvedimenti (l’abbiamo visto in Tv), si sono presentati con un esercito di quasi un migliaio di unità delle forze dell’ordine, non si può che restare basiti… 
Ma poi ditemi, pensate veramente che dopo aver demolito quelle proprietà, qualcosa in quelle aree cambierà??? 
Come….??? Non ci saranno più attività criminali, sparirà lo spaccio degli stupefacenti, lo sfruttamento della prostituzione, scomparirà il pagamento del pizzo e gli appalti pubblici verranno finalmente aggiudicati ad imprese non affiliate…??? 
Si vabbè… allora aggiungete pure che credete agli asini che volano!!!
Tutto continuerà come prima… è così che va da sempre, perché così si vuole che proceda, affinché ciascuno ne abbia vantaggio: i criminali per ingigantire quei loro business e lo Stato per sottomettere i cittadini e ricordare a ciascuno di noi, che è solo grazie ad esso che si potrà avere legalità e democrazia…
Ma come può esserci democrazia e legalità nel nostro Paese, quando una semplice regola pone ciascuno di noi, sì… eguali davanti alla legge, mentre gli eletti a quelle massime cariche dello Stato possono essere esentati da responsabilità penalisino a quando rivestono una specifica carica politica. 
Già, interessante questa nostra Costituzione… ad esempio, prescrive la non punibilità dei parlamentari per le opinioni espresse (anche diffamatorie) nell’esercizio delle loro funzioni; prescrive, inoltre, la necessità dell’autorizzazione a procedere per arrestare un parlamentare o per processare un ministro accusato di aver commesso reati nell’esercizio delle sue funzioni ed in caso di conflitto tra il voto del Parlamento (principio democratico) e la necessità di esercitare l’azione penale (principio di legalità), interviene la Corte Costituzionale, di cui abbiamo visto in quali modi solitamente è intervenuta…
Altro quindi che ricercare infiltrazioni mafiose, qui ovunque vi giriate a respirare, sentirete l’aria putrida e intrisa di mafiosità!!!

Chi crede in Dio non può essere mafioso e neppure complice!!!

“Non si possono servire due padroni”!!!

“Nessuno può servire due padroni, perché o odierà l’uno e amerà l’altro, oppure si affezionerà all’uno e disprezzerà l’altro. Non potete servire Dio e la ricchezza…”!!! 
Ecco perché ciascuno di noi, non può pensare di essere costruttore di futuro, continuando a ragionare con la mentalità mafiosa…  
Bisogna decidere dove stare e comportarsi di conseguenza, sapendo di dover dire il più delle volte NO!!! 
No quindi al muro dell’omertà, alla corruzione, al malaffare, al clientelismo, a quei comportamenti mafiosi e violenti, alle sopraffazioni e all’offesa dell’altrui dignità… 
Basta… così non si può più continuare, bisogna cambiare e per cambiare bisogna lottare, non è più tempo di rassegnarsi, attendere, sperare che qualcosa all’improvviso cambi…
Tutti, ripeto tutti devono fare la propria parte, bisogna metterci la faccia, non si deve sempre attendere che siano sempre gli altri a fare le lotte per voi… 

Si può cambiare… si deve cambiare, e per farlo bisogna sognare in grande, perché nei grandi sogni troverete le parole del Signore… quelle parole che vi daranno coraggio e forza per andare avanti e superare i problemi.  

Mi piace la frase di papa Francesco quando dice: “C’è bisogno di uomini e donne veri, che denunciano il malaffare e lo sfruttamento, che vivono relazioni libere e liberanti, che amano i più deboli e si appassionano di legalità, specchio di onestà interiore. Abbiamo bisogno di uomini e donne che fanno quel che dicono, dicendo no al gattopardismo dilagante”. 
Il problema però del messaggio di sopra è quello di sempre e cioè che la maggior parte degli individui non adempie in alcun modo a quegli insegnamenti, anzi la maggior parte di essi preferisce la pigrizia all’azione, sono come Sancho Panza, sì… a loro non interessa combattere come Don Chisciotte, neppure se i nemici sono rappresentati dai mulini a vento…

Papa Francesco si rivolge ai mafiosi dicendo, “cambiate…” e poi li chiama “fratelli e sorelle“… 

Non so quanto giusto sia questo approccio… ma d’altronde egli è il Papa e deve trasmettere gli insegnamenti del suo Signore e di questa sua Chiesa… ma illudersi che quei soggetti, possano decidere – grazie alle parole espresse – di correggere quel proprio modo d’essere e di vivere allontanando da essi quella ricerca affannata fatta di potere, prepotenza, denaro e convertirsi quindi a Gesù Cristo: “Ma mi sembra qualcosa di difficile realizzazione”. 
A quei soggetti mafiosi non interessa minimamente la prossima vita o se quella andrà persa; a loro interessa vivere nell’agiatezza attuale, d’altronde sono identici alla maggior parte dei fedeli cristiani; da un lato provano ad onorare quei principi cristiani: “Si recano in Chiesa la domenica per ricevere l’eucarestia e di contro attuano nei giorni feriali tutti quei comportamenti disonorevoli, che di fatto li allontanano sempre più dalla vita eterna…

Già sono gli stessi che durante l’assassinio di Padre Pino Puglisi, si sono chiusi ermeticamente a casa, gli stessi che non si sono ribellati quando avrebbero dovuto farlo, sono loro ad aver tenuto aperto le botteghe in quel giorno di lutto e potrei continuare con quanto compiuto fino ai giorni nostri…

Quindi, per favore Santo Padre, quando parla dei mafiosi non indichi con il proprio indice solo coloro che tengono un’arma nella propria mano, ma faccia in modo di traslare quel suo dito in tutte le direzioni di quest’isola, da est ad ovest, da nord a sud, perché i mafiosi sono ovunque, anche dove non dovrebbero essere!!!
Non abbia quindi timore di dire la verità… 
D’altronde se la Chiesa Cattolica ha ribadito l’obbligo di partecipare alla Messa la domenica e nelle altre feste di precetto, affermando che “i fedeli sono tenuti a partecipare all’Eucaristia nei giorni di precetto, a meno che siano giustificati da un serio motivo (ad esempio, malattia, cura dei lattanti oppure siano stati dispensati dal loro parroco) e aggiungendo inoltre “coloro che deliberatamente non ottemperano a questo obbligo commettono un peccato grave”, non si comprende il perché, per azioni commesse non meno gravi, si declini di procedere con quanto in suo potere e cioè con la scomunica (di quei fratelli e sorelle…) per causa gravi e ostinate infrazioni alla morale e quindi alla dottrina riconosciuta!!!
Già, mio caro “fratello” Francesco: “Forse è finito il tempo della carota e bisogna passare al bastone!!!
    

Bye, Bye… "Vitalizi"!!!

Si festeggia dinnanzi al Parlamento… con bottiglie di champagne!!!

Si festeggia finalmente l’abolizione dei vitalizi… uno dei tanti vergognosi privilegi che la nostra politica è riuscita a compiere con l’appoggio di tutti i partiti!!!
Certo, un primo passo… tra le centinaia, anzi che dico… migliaia di privilegi, che questo paese ha saputo dispensare negli anni…
Costi inutili della politica, per come d’altronde sono stati “inutili” quegli stessi politici che hanno distrutto questo meraviglioso Paese…
Se pensiamo soltanto a quanto tempo è passato prima che ciò accadesse, già… 
Quanto abbiamo dovuto aspettare prima che questi privilegi venissero cancellati…
Ora, molti di quei parlamentari sono come storditi… e già, avrebbero voluto che il sistema continuasse nei modi visti… 
Un Italia divisa tra ladri e gente perbene, da un lato cittadini che pagano i contributi e dall’altro ladri lestofanti che senza aver fatto mai nulla, godevano di vitalizi ingiusti!!!
Certo la lotta ai privilegi è soltanto all’inizio, c’è ancora tanto da fare, mi permetto di suggerire il prossimo provvedimento: Quei decrepiti… senatori a vita!!! 
E’ tempo ora di passare altre riforme: Dalla legge Fornero,  alla flax tax, al reddito di cittadinanza, al contrasto all’evasione, abolendo definitivamente l’uso del contante e via discorrendo…
Finalmente un governo serio, un plauso al M5Stelle e alla Lega, che hanno saputo ridare dignità a questo paese e ai suoi cittadini, dopo aver assistito ad anni di malgoverno, corruzione, collusioni, clientelismi e raggiri a vario titolo, sempre a scapito di coloro che con i propri sacrifici, hanno sorretto da una vita, questo paese ingrato!!!
Festeggiamo quindi… perché questo è soltanto l’inizio finalmente, di una grande rivoluzione morale!!!
  

Catania ha bisogno di persone che hanno ancora voglia di sognare… ma dove sono???

Questa mattina ho letto una intervista interessante del direttore Michele Petrina realizzata al Procuratore aggiunto di Catania, Sebastiano Ardita: http://www.sudpress.it/lintervista-esclusiva-al-procuratore-aggiunto-sebastiano-ardita-difficile-indagare-sui-potenti-e-la-magistratura-di-oggi-non-e-piu-la-stessa/ 
La parte che più mi ha incuriosito è quando si fa riferimento al sistema affaristico politico/mafioso e di come, dopo un periodo culminato con l’arresto di personaggi eccellenti, ci sia stata una battuta d’arresto, in particolare quando si è trattato di dover procedere con alcune inchieste importanti, contro i cosiddetti “potenti” di questa città… 
Peraltro anche la magistratura con il passar del tempo ha modificato quella propria autonomia, perché si è dovuta sostituire alla politica, intervenendo a quella domanda di giustizia, che tutto il paese richiedeva…
Ecco perché alla fine la giustizia ha allungato i propri tempi a dismisura… 
Così anche chi aveva torto, ha potuto beneficiare di questo sistema, garantendosi processi senza fine e procedure interminabili che hanno indotto molti dei cittadini a credere che… rivolgersi alla giustizia, era di fatto inutile!!!
La nostra città in questi anni è tornata a modello anni 80′, quando ancora vi erano i cavalieri, non sotto l’aspetto economico e occupazionale ma di quando le amicizie politiche contavano, di quando il clientelismo garantiva favori, di quando le corruzioni erano quotidiane e nessuno se ne scandalizzava…
Le istituzioni, l’imprenditoria, la politica, la mafia e anche molti cittadini, godevano di quelle connivenze; a restare fuori da quel sistema erano pochi e non perché erano onesti… ma soltanto fessi!!!
Sì negli anni qualcosa sarebbe dovuto cambiare, ma la verità è che in fondo, nulla è cambiato!!!
Ciascuno -dice bene il Procuratore aggiunto- “rema per sé!!! Questa nostra città è sempre più affetta dall’individualismo, anche a causa di una crisi economica che ha impoverito le nostre tasche e dove tirare a campare diventa sempre più complicato, i giovani scappano sempre più numerosi all’estero mentre quelli meno agiati scendono a compromessi attratti dai soldi facili della malavita? 
Ma come… dopo aver assistito alle stragi, dopo aver compreso quanto era accaduto, dopo aver visto la nascita di quella moltitudine d’associazioni di legalità, dopo che finalmente un’informazione libera iniziava a raccontare quanto stava realmente accadendo, com’è possibile che ancora oggi, non via stato un risveglio delle coscienze?
E’ bello quando il Dott. Ardita consiglia ai giovani di questa città di… “non smettere di credere ai loro sogni… qualcuno di questi prima o poi si realizzerà e Catania ha bisogno di persone che hanno ancora voglia di sognare”!!!
Ma di una cosa il sottoscritto è ormai certo: “I giovani di questa città… rappresentano con i loro gesti gli insegnamenti ricevuti dai propri genitori e a differenza di quanto ciascuno si augurerebbe, nessuno di loro proverà mai ad occupare un posto in questa società, basando la propria esistenza su principi e valori.
Ciascuno di loro proverà a fare il furbo, già vedrete… si farà raccomandare da quelle amicizie di papà o di un qualche familiare; tenterà in tutti i modi d’arricchirsi in maniera illecita, proverà anche grazie alla politica di sfruttare quella propria posizione privilegiata, ben sapendo in cuor proprio d’essere inadeguato e soprattutto scadente in tutti i sensi!!!
Ed allora…  di quale cambiamento parliamo??? 
Quale rinnovamento delle coscienze ci aspettiamo da questi nostri giovani, quando in loro vi è insito il seme del compromesso e della corruzione???
Ciascuno di loro, proverà a realizzarsi senza alcun merito e sara così convinto di essere nel giusto, che considererà una normale prassi, quanto ingiustamente andrà compiendo…
In loro non vi è alcun rigetto verso quei fenomeni illegali, tanto da considerare ogni propria azione come fosse corretta…
D’altronde la corruzione familiare ha saputo agire in quella crescita individuale, ha modificato nel profondo le coscienze di quei suoi figli che per l’appunto crescendo hanno perso la capacità di perseguire i propri sogni, ma li hanno barattati affinché si potessero raggiungere gli obiettivi prestabiliti per loro, basati principalmente su quell’unico interesse prioritario: già… quello personale!!!