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Giustizia negata, giustizia fatta: il dramma di chi non crede più nello Stato.


Sabato 4 febbraio 2017: Ecco cosa può accadere… quando non c’è giustizia!!!

Mercoledì 31 maggio 2017: Giustizia ritardata è giustizia negata!!!

Mercoledì 5 agosto 2020: L’animo umano non appare mai così forte e nobile, come quando rinuncia alla vendetta e osa perdonare un torto!!!

Sabato 3 febbraio 2024: Ma in questo Paese, chi paga effettivamente per i reati commessi???

Sabato 27 luglio 2024: Se questo è esser genitori: già… si comprende il perché accadono ogni giorno tragedie come quelle che purtroppo andiamo vivendo!!!

Quando una madre piange un figlio ucciso per un paio di cuffie, cosa resta da dire? Le parole si spezzano, e lo Stato — quello stesso Stato che dovrebbe punire, proteggere, garantire — diventa un eco lontano, un meccanismo arrugginito che gira a vuoto.

Eppure, quante volte l’abbiamo ripetuto: “Giustizia ritardata è giustizia negata”. Lo scrivevo nel 2017, e oggi, a distanza di anni, la storia si ripete con una ferocia quasi rituale. Madri che urlano in diretta tv, padri che impugnano pistole, familiari che smettono di aspettare. Perché? Perché i tribunali assolvono, le pene si riducono, i colpevoli tornano in strada prima del dolore delle vittime. E allora diventa inevitabile che qualcuno decide di chiudere i conti da solo…

Quelli sopra riportati non sono dei semplici post, sono moniti lasciati cadere nel tempo, pietre lanciate in uno stagno troppo spesso immobile. E oggi, mentre l’eco di un colpo di pistola risuona in una piazza, quelle parole tornano a bussare alla nostra coscienza con domande scomode: Avevamo previsto tutto questo? E soprattutto, potevamo evitarlo?

Perché quando la giustizia istituzionale vacilla, ciò che avanza non è il caos, ma qualcosa di più pericoloso: la rassegnazione. Quella stessa rassegnazione che trasforma un padre in giustiziere, una vittima in carnefice, un lutto in una condanna a vita senza appello. Non è un caso, non è follia. È il risultato matematico di un sistema che ha smesso di contare i fallimenti mentre illudeva di contare i giorni di pena.

Eppure, persino in questo baratro, una verità rimane: la giustizia “fai-da-te” non restituisce i figli uccisi, non risana le ferite, non costruisce società migliori. Al massimo, crea nuovi lutti e nuovi vuoti. Ma come biasimare chi, dopo anni di attesa, si è visto consegnare dalle istituzioni non una sentenza, ma un’amara beffa?

Forse il vero interrogativo non è “perché l’ha fatto?”, ma “cosa abbiamo fatto noi per evitarlo?”. Abbiamo ascoltato abbastanza le vittime? Abbiamo preteso che ogni condanna fosse all’altezza del dolore inflitto? O abbiamo accettato, con silenzio complice, che i tribunali diventassero fabbriche di promesse non mantenute?

Quel colpo di pistola ha ucciso due volte: un uomo, e simbolicamente, l’ultimo barlume di fiducia in uno Stato che dovrebbe proteggere ma troppo spesso delude. Ora tocca a noi scegliere: continuare a discutere di eccezioni e casi isolati, o ammettere che dietro ogni “gesto folle” si nasconde una lunga scia di giustizia mancata.

Perché come scrivevo anni fa, “l’animo umano è nobile quando perdona”… ma prima di arrivare alla nobiltà, deve attraversare il deserto della giustizia. E quando nel deserto non si trova neppure una goccia d’acqua, perfino i più forti possono impazzire.

Altro che attendere giustizia da parte dello Stato!!! La madre di Manuel Mastrapasqua (il ragazzo ucciso per un paio di cuffie), manda in diretta un messaggio a chi di dovere!!!

Questo sì che è… parlare!!!

“Ecco infatti cosa può accadere… quando non c’è giustizia!!!! Lo scrivevo nel 2017 – https://nicola-costanzo.blogspot.com/2017/02/ecco-cosa-puo-accadere-quando-non-c.html ed in questi anni sono molti i casi in cui i cittadini si siano fatti giustizia, anche se la notizia – comprenderete bene – per la maggior parte di essi non è stata mai riportato daii media, altrimenti ci sarebbe per le strade un “Far west”!!!

E difatti proprio su quest’ultimo punto avevo scritto a inizio anno: “Ma in questo Paese, chi paga effettivamente per i reati commessi???” – link https://nicola-costanzo.blogspot.com/2024/02/ma-in-questo-paese-chi-paga.html

D’altronde ditemi, cosa si vorrebbe dire ad una madre che oggi a perso un figlio, già… assassinato per meno di 15 euro, ma non solo a darle rabbia e quanto successivamente compiuto da un familiare dell’assassino!!!

Anche il sottoscritto a luglio avendo ascoltato un’intercettazione dei genitori dell’omicida di Giulia Cecchettin aveva scritto un post intitolato: “Se questo è esser genitori: già… si comprende il perché accadono ogni giorno tragedie come quelle che purtoppo andiamo vivendo!!!” – link: https://nicola-costanzo.blogspot.com/2024/07/se-questo-e-esser-genitori-gia-si.html

Ma d’altronde con una giustizia “inservibile” come quella di questo Paese, dove ogni giorno si assiste a femminicidi, omicidi, violenze di genere ed ancora, stupri commessi da extracomunitari e bande varie, cui seguono tutta una serie di deficienti bulli anche minorenni – per non chiamarli con il loro nome e cioè delinquenti – che durante le loro giornate non fanno altro che perseguitare coetanei, anziani, ma anche disabili, già… parliamo d’individui tamlmente vili da utilizzare la forza del gruppo per infierire contro i più deboli…   

Come ho riportato qualche giorno fa c’è bisogno di ritornare alla “legge del taglione“, sì… per limitare tutte queste violenze, includendo se possibile anche i familiari di quei soggetti aggressivi, facendo pagare anche a quest’ultimi tutte le colpe compiute da quei loro cari…

Ad esempio nello Stato d’Israele i familiari dei terroristi – che si immolano all’interno del territorio israeliano in attentati suicidi – vengono immediatamente danneggiati, sì… subendo in primiss la distruzione delle proprie abitazioni, per poi far seguire con il sequestro di tutti i beni e queindi l’espulsione dalla regione.

Ecco, potrebbe essere questa un’idea da imitare, sì… per limitare tutta questa diffusa escalation di violenza nel nostro Paese, potendo altresì trasferire non soltanto i familiari di quegli individui rabbiosi che si sono macchiati di crimini malvagi, ma per l’appunto, in questo nuovo spirito di “pulizia“, potremmo aggiungerei un bel po’ di corrotti e di ladri, già… migliaia di soggetti che manderei verso quell’isola, sì… dispersa, insieme ovviamente ai loro più intimi e soprattutto viziati familiari!!! 

Peraltro non bisogna dimenticare che “Giustizia ritardata è giustizia negata!!!” – https://nicola-costanzo.blogspot.com/2017/05/giustizia-ritardata-e-giustizia-negata.html

Vorrei comunque concludere con una personale riflessione:  L’animo umano non appare mai così forte e nobile, come quando rinuncia alla vendetta e osa perdonare un torto!!!– https://nicola-costanzo.blogspot.com/2020/07/lanimo-umano-non-appare-mai-cosi-forte.html
Ieri infatti si è commessa l’ennesima tragedia familiare e questo ritengo non sia più possibile, soprattutto è finito il tempo di restare inermi o di continuare a subire violenze gratuite, da qualsivoglia “problematico” individuo psicologicamente infermo; lo Stato e quindi il Goveno nazionale deve modificare le attuali politiche “sterili e inconcludenti” che hanno di fatto allentato la sicurezza sul territorio, abbassando il livello di salvaguardia di noi cittadini che ci troviamo ogni giorno costretti – vista l’inadeguata e totale assenza delle nostre Istituzioni  – a doverci non solo difendere dai continui sopprusi, ma in alcuni circostanze ahimè (pur potendo rivolgersi ad un giudice ed attendere così i tempi necessari della giustizia…) preferisce arbitrariamente farsi ragione da sé!!!

La scarcerazione del boss Giovanni Brusca, attraverso le parole di don Luigi Ciotti…

Luigi Ciotti a Famiglia Cristiana:” Il dolore dei familiari è assolutamente comprensibile. Ma con la liberazione dell’ex boss mafioso si dimostra una giustizia che non è vendetta e che contempla la rieducazione del condannato”

Don Luigi Ciotti, 76 anni, è stato uno dei primi in Italia a capire l’ importanze di lavorare per costruire un’ alternativa alla mafia. Da quando nel ’ 65 ha fondato a Torino il Gruppo Abele,-  per l’ inclusione e la giustizia sociale coniugando accoglienza e cultura, dimensione educativa e proposta politica – i cammini si sono ampliati e diversificati, Negli anni ’ 90 è nato il periodico “Narcomafie”, nel 1995 “Libera, Associazioni, nomi e numeri contro le mafie”. Il 21 marzo 2014 il Papa ha celebrato messa con lui, per la Giornata in memoria delle vittime innocenti di tutte le mafìe.

Don Luigi molte persone sono disorientate dalla liberazione di Giovanni Brusca, feroce killer di Cosa Nostra, poi collaboratore di giustizia….

«Bisogna pensare innanzitutto al disorientamento e, in certi casi, al risentimento dei famigliari delle vittime. Il loro stato d’ animo è comprensibile e legittimo. La maggior parte di loro attende ancora verità e giustizia. Nei loro riguardi occorre dunque una maggior attenzione anche in termini di diritti. Riguardo invece la liberazione di Brusca, credo che si debba tenere presenti alcuni elementi».

Quali?

«Primo. Dalla scelta di collaborare di Brusca lo Stato ha tratto un innegabili vantaggi, come è stato riconosciuto da figure importanti della stessa magistratura. La sua confessione ha infatti permesso una grande quantità di arresti e un netto indebolimento della Cosa Nostra stragista dei “Corleonesi”. Secondo. Decidendo di collaborare Brusca sapeva bene a cosa andava incontro, conoscendo dall’ interno l’ organizzazione criminale di cui svelava i segreti. Andava incontro a una condanna a morte perché la mafia non perdona chi tradisce, a maggior ragione se il “traditore” è stato una figura non secondaria dell’ organizzazione. Terzo. La legislazione sui “pentiti” e “collaboratori di giustizia” è stata voluta fortemente da Giovanni Falcone. Certo si è trattata di un’extrema ratio, ma si è rivelata efficace con la mafia così come si era rivelata efficace con il terrorismo politico. La giurisprudenza deve misurarsi a volte con vicende storiche che richiedono nuovi parametri perché ci pongono di fronte a mali che non possono essere combattuti con strumenti ordinari. Quarto elemento. Concordo con il Procuratore nazionale antimafia Cafiero de Raho quando dice che l’ uscita dal carcere di Brusca non è una sconfitta ma una vittoria dello Stato. Lo Stato deve dimostrare una levatura morale superiore a quella dei suoi avversari o attentatori, e questa superiorità si dimostra anche attraverso una giustizia che non sia vendetta, che garantisca da una parte una giusta pena, dall’ altro uno spiraglio di speranza per chi sconta la pena e dimostra nei fatti di essere  cambiato, di stare dalla parte della giustizia. Del resto si tratta di un principio sancito dall’ articolo 27 della Costituzione laddove si parla di pene che devono tendere alla “rieducazione” del condannato».

E in base alla sua esperienza personale che considerazione fa?

«È il quinto elemento, tratto dalla mia personale esperienza. Bisogna credere nel cambiamento delle persone, nella capacità di riscattarsi dal male, il male subito ma anche il male compiuto. In 56 anni d’ impegno sociale ho visti percorsi di cambiamento e di conversione. Nessuno è irrecuperabile. Certo bisogna richiamare alle responsabilità e stimolare crisi di coscienza, delineando al contempo le opportunità offerte da un cambiamento radicale di vita non solo in termini di vantaggi materiali ma di libertà interiore, possibilità di vivere una vita più libera perché più giusta e più vera. Certo non è facile, e proprio nel mondo delle mafie le conversioni si contano sulle dita di una mano. Ma credo che si debba tentare. Mi auguro che Brusca si sia incamminato in questo cammino di ricerca di verità, non solo sui delitti di Cosa Nostra, ma sul suo esserne stato complice ed esecutore».

Dal suo osservatorio come è cambiata la sensibilità, in Italia, su questo argomento nella comunità ecclesiale?

«È cambiata in positivo, nel senso che in molti contesti la sensibilità è diventata consapevolezza e la consapevolezza impegno. Oggi sono aumentate le realtà ecclesiali impegnate a livello sociale, culturale, educativo. Missione della Chiesa è essere coscienza critica della società in cui vive e voce propositiva dei valori più alti e vitali, non limitandosi alla denuncia del fenomeno mafioso, ma rivolgendo il pressante appello, dando un vero aiuto alla conversione e, soprattutto, formando una nuova coscienza di fronte alla mafia. La strada è in salita perché, in generale, nella società è in aumento una sorta di normalizzazione: il fingere che il problema non esista o sia meno grave di quel che sembra, complice il suo manifestarsi in forme anche nuove e meno aggressive».

Quali momenti, quali prese di posizione che hanno segnato questo tema?

«Per rispondere occorrerebbero molte pagine. Mi limito a enunciarne alcune: già nel 1900 don Luigi Sturzo disse:” la mafia ha i piedi in Sicilia ma la testa forse a Roma. Risalirà sempre più crudele e disumana verso il Nord per portarsi al di là delle Alpi”. Il 3 settembre del 1982, ai funerali del Prefetto Dalla Chiesa,  il cardinale di Palermo Pappalardo denuncia l’ immobilismo e i ritardi della politica: “(…) mentre così lente e incerte appaiono le mosse e le decisioni di chi deve provvedere alla sicurezza e al bene di tutti (…) quanto mai decise, tempestive e scattanti sono le azioni di chi ha mente, volontà e braccio pronti per colpire”. Pochi giorni dopo, il 13 settembre, il Parlamento approverà il 416-bis, legge che per la prima volta parla esplicitamente di “associazione di stampo mafioso”. Nell’ ottobre 1991 la Commissione Giustizia e pace della Cei, pubblica un importante documento: «Educare alla legalità». Un passaggio dice: “Il cristiano non può accontentarsi di enunciare l’ ideale e di affermare i principi generali. Deve entrare nella storia e affrontarla nella sua complessità, promuovendo tutte le realizzazioni possibili dei valori evangelici e umani della libertà e della giustizia”. E ancora,  il 9 maggio 1993, dalla Valle dei Templi di Agrigento l’ invettiva di Giovanni Paolo II dopo l’ incontro  con i genitori del giovane magistrato ucciso Rosario Livatino, oggi beato: “Non può l’ uomo, qualsiasi umana agglomerazione, mafia, calpestare questo diritto santissimo di Dio. Nel nome di Cristo mi rivolgo ai responsabili: convertitevi! Un giorno verrà il giudizio di Dio!”. Altro passo importante è stato il discorso di Benedetto XVI a Palermo nel 2010 quando definì la mafia come “strada di morte” e soprattutto le parole di Papa Francesco nell’ omelia della Santa Messa celebrata il 21 giugno 2014 alla Piana di Sibari in Calabria, quando definì la mafia “adorazione del male” e dunque i mafiosi “scomunicati”, non in comunione con Dio. Molto importanti sono il documento della Conferenza Episcopale Calabra “Per una nuova evangelizzazione della pietà popolare”, il documento dei Vescovi della Capitanata sulla mafia foggiana:” Giustizia per la nostra terra”, il documento contro il fenomeno della camorra dei Vescovi della Conferenza Episcopale della Campania: “Per amore del mio popolo non tacerò (1982)”, la lettera dei Vescovi di Sicilia a 25 anni dall’ appello di San Giovanni Paolo II: ”Convertitevi!”. Ma, accanto al positivo, permangono come detto eccessi di prudenza, rigidità, zone d’ ombra. E l’ idea che si possa essere cristiani senza un impegno per la giustizia sociale né un forte senso delle responsabilità civili dà luogo, in certi casi, a inquietanti forme di indulgenza – e perfino di copertura – verso forme di religiosità del tutto strumentali, come quelle esibite da alcuni esponenti delle cosche mafiose. Ecco allora la necessità, per la Chiesa, di continuare a saldare con forza il Cielo e la Terra, la dimensione spirituale con l’ impegno sociale e, pur nella specificità del proprio ruolo, di far sentire la sua voce contro le mafie e tutte le forme di “mafiosità” – corruzione, egoismo, indifferenza – che spianano la strada al potere delle organizzazioni criminali».

Formazione ad intra, catechesi, e  annuncio come sono state coniugate su questo tema?

«Dopo un lungo e spesso faticoso cammino sta emergendo la consapevolezza che parole esplicite su questo tema debbano essere pronunciate nel Catechismo, nel Compendio della Dottrina sociale della Chiesa e nel Diritto canonico. Lacuna più che mai da colmare dal momento che una Chiesa che parla al mondo non può non prendere posizione di fronte a un male ormai globalizzato come quello delle mafie. Mi auspico che nell’ annunciato Sinodo della Chiesa Italiana vengano affrontati anche i temi legati a mafie e corruzione».

Quali cammini di collaborazione con uomini e donne di buona volontà, anche di altre comunità di fede? 

«I cammini nell’ arco degli anni si sono intrecciati e moltiplicati  man mano che cresceva, anche grazie all’ opera riformatrice di papa Francesco, la consapevolezza che la fede implica un’ etica, cioè un impegno della Chiesa e del credente nel mondo e per il mondo. Con altre confessioni religiose come la Chiesa Avventista del Settimo Giorno, la Chiesa Ortodossa Rumena, l’ Unione Induista Italiana, la Comunità Islamica, l’ Unione Comunità Ebraica Italiana, l’ Unione Buddista Italiana, la Chiesa Valdese, si sono creati legami stabili e, in certi casi, di lunga data».

Rita Borsellino: "A te che sei qui a fare memoria, ricorda che sei parte di questa storia e devi continuarla…".

Una chiesa gremita stamani per dare l’ultimo saluto a Rita Borsellino… 
Come ormai consuetudine al termine dei funerali, un lungo applauso ha accompagnato l’uscita dalla chiesa del feretro di Rita, la sorella del giudice Paolo ucciso dalla mafia nel 1992. 
All’esterno, si è raccolta una folla commossa per rendere omaggio ad una donna, che si è impegnata in tutti i modi per ricordare il fratello e quanto da egli compiuto insieme al collega Giovanni… 
Don Luigi Ciotti (fondatore di Libera), al termine delle esequie ha voluto ricordarla così: “Era sempre disponibile con gli altri, con un forte impegno sia civile che nella politica, una politica intesa come servizio per il bene comune. Ricordare Rita significa ricordare una donna di sostanza, com’era suo fratello. E’ stata una delle prime a capire che la memoria delle vittime andava trasmessa ai giovani come impulso di vita e verità, e come il desiderio di costruire un’Italia mai più’ compromessa con le mafie e con i corrotti”. 
Lo stesso arcivescovo Corrado Lorefice, durante l’omelia ha voluto ricordarla così: “Da lei possiamo imparare qualcosa della vera umiltà della fede, il suo era un cuore non avvezzo al compromesso, la sua storia personale l’ha legata alla storia di un popolo, di questa città’ e di un’intera umanità. Mi porto ancora lo sguardo di Rita del 19 luglio quando lei stessa ha voluto la benedizione di quella targa che e’ sotto l’albero di ulivo che parla da se’, come e’ capace di parlare un segno. E su quella targa, citando Antonino Caponnetto, alla fine si legge ‘a te che sei qui a fare memoria, ricorda che sei parte di questa storia e devi continuarla’. E proprio il 19 luglio scorso Rita, in una intervista, ebbe a dire che il modo migliore per ricordare Paolo Borsellino e’ fare memoria. Significa ricordare non un giorno l’anno, ma operare ogni giorno affinché’ il passato non ritorni”.  
Vorrei ricordare la Sig.ra Rita Borsellino con una frase straordinaria, toccante, unica, che solo una donna speciale come Lei poteva esprimere: “Noi non chiediamo vendetta… non solo non la chiediamo, non la sentiamo proprio dentro. Io ho sempre detto che ho avuto un grandissimo dono da Dio, non ho mai provato odio nei confronti di nessuno e ho quasi paura di questo sentimento, ho quasi paura di poter provare odio nei confronti di qualcuno, perché penso che debba essere un sentimento devastante che ti debba far male dentro, che ti debba far vivere male, che ti debba far stare male. Una volta sentivo durante un dibattito la vedova di uno che era stato ucciso dalle Brigate Rosse e lei diceva: “Non posso perdonare perché sto troppo male”. Io le dissi:

“Tu stai troppo male perché non riesci a perdonare”. Perché è vero, perché se tu riesci a entrare in questa ottica particolarissima del perdono di cui adesso vorrei chiarire insieme a voi i termini, se non si riesce ad entrare in questa ottica, in questo meccanismo del perdono, si sta male, si deve stare proprio male, secondo me non si trova pace neanche per un momento. Ho visto persone dichiarare proprio di volere vendetta, di odiare coloro che gli avevano fatto del male e li ho visti sempre stare male, male, male, soffrire in una maniera tormentosa davvero. Io ringrazio Dio perché non ho mai provato questo. Perché non ho mai provato odio e ho quasi paura di potere chissà, qualche volta, scivolare in questa tentazione. Non l’ho mai provato, ma non è merito mio. Credo che sia un dono di Dio perché mi ha aiutato ad accettare questa situazione con serenità, non con rassegnazione. Attenzione, perché questo è assolutamente diverso. Non mi sono mai rassegnata alla morte di mio fratello, fin dal primo momento, quando mi sono resa conto perfettamente che questa morte che veniva sbandierata quasi come una morte inevitabile, non lo era affatto. E’ che nessuno aveva fatto niente per evitarla – il che è diverso, profondamente diverso…”!!!

Borsellino: Una storia da riscrivere!!!

Ho sempre scritto sull’argomento dicendo che c’era ancora tanto da compilare e soprattutto, che la storia che mi avevano raccontato, non mi convinceva affatto…
Sì… era palese che ci avessero raccontato una “balla”, d’altronde erano troppe le cose che non coincidevano, il tutto esclusivamente per dare la colpa di quanto accaduto alla mafia… 
La cosa assurda è che alla fine ci sono pure riusciti, e difatti tra il ’92 e il ’94 abbiamo assistito al più clamoroso depistaggio che la storia di questo paese ricordi… 
Grazie a quella strage, seguita a quella di Capaci del collega Falcone, si è riusciti a ribaltare la democrazia di questo paese, che si è trovata improvvisamente governata da nuove facce, nuovi partiti, e soprattutto con l’annullamento di tutte quelle formazioni politiche che dal dopoguerra avevano dominato ogni azione dei cittadini…         
Ed infine c’erano loro… quei servizi segreti (certamente deviati…) che insieme ad alcuni magistrati hanno fatto male il proprio lavoro, ed oggi, proprio la figlia di Paolo, Fiammetta Borsellino ha voluto esprimere il proprio pensiero: “Le motivazione del Borsellino quater hanno avvalorato quanto sapevamo sui depistaggi cominciati a partire dal ’92. Io racconto fatti, mi riferisco a dati contenuti nelle carte processuali. Le mie non sono opinioni. I nomi non li faccio io, ma sono negli atti. Se la procura di Caltanissetta e i magistrati del tempo hanno fatto male, è giusto che rendano conto del loro operato“!!!
Quanto accaduto allora non era giusto, quanto compiuto successivamente fu ancora peggio… perché a causa di quelle scelte infauste, è stata offesa non solo la verità, ma anche l’onorabilità della magistratura…
Aveva ragione il giudice Borsellino quando dichiarava: “Mi uccideranno, ma non sarà una vendetta della mafia, la mafia non si vendica. Forse saranno mafiosi quelli che materialmente mi uccideranno, ma quelli che avranno voluto la mia morte saranno altri“.

Fabrizio Corona… finalmente libero!!!

Per uno Stato di diritto come il nostro, la condanna a Fabrizio Corona era una vergogna!!!

Neanche i talebani con i loro modi così violenti… avrebbero usato metodi coercitivi così terribili nei riguardi dei loro detenuti…
Dove sono i diritti dei cittadini…, con quali criteri vengono commisurate le pene… chi uccide, sequestra, violenta, usa il machete (per tagliare le braccia d’ignari ferrovieri) durante le proprie passeggiate … esce dopo pochi giorni… e chi invece usa una macchina fotografica ( sì… non nei modi corretti, ricattare rientra certamente in quelle azioni deprecabili, in cui è prevista correttamente una sanzione o in casi più gravi una adeguata condanna…) riceve 16 anni di condanna, mi sembra un po’ troppo…
Neanche i nostri peggiori mafiosi, hanno ricevuto una pena così severa… e cosa dire allora, di quel sistema delinquenziale con nomi di politici corrotti, per esempio – roma capitale – che soltanto per quelle specifiche azioni criminali, accertate, meriterebbero di essere condotti immediatamente in una cella sottoterra… e lasciati li per sempre… e preferibilmente buttando nell’uscire… la chiave nel primo water-closet…
Ma per favore… è evidente che qualcuno ha paura… e forse sono in molti ad avere timore, che quei possibili documenti, ancora in mano dell’ex re del gossip… potrebbero, se fatti emergere… provocare uno scandalo memorabile…
Non c’è bisogno d’immaginare quali nomi ci sono in quelle foto, quali video sono stati girati e con chi sono stati ripresi… salterebbero fuori, nomi eccellenti, finti mariti e mogli, modelli di quelle famiglie cosiddette perbene, orientamenti sessuali particolari, ah…, ci sarebbe veramente da ridere e chissà forse qualcuno potrebbe piangere per la vergogna !!!

Nella sua prima foto appena uscito dal carcere… a mo’ di selfie, si vede un Fabrizio distrutto, maltrattato, ammaccato… quegli stessi tatuaggi “aggressivi” che dovrebbero provocare nell’osservatore una forma di timore reverenziale… ora sembrano cascanti… sbiaditi…

Comunque l’importante e che sia uscito ed un grosso merito bisogna darlo ai suoi legali ( che in questi anni lo hanno difeso con le unghia e contro quel sistema, ancora oggi condizionato, da certe influenze clientelari di tipo politico/imprenditoriale ) ed anche a Don Mazzi va riconosciuto un plauso, adesso, dovrà tenerlo protetto da quegli stessi paparazzi di cui un tempo si serviva…, provando a ricostruire moralmente l’attuale Fabrizio…
Adesso deve solo riprendersi, coltivare quegli affetti che, in questi anni, non l’hanno abbandonato, godersi la propria famiglia e tra un po… appena si sentirà nuovamente in forze, riorganizzare la propria vita.
E’ tempo di ripartire, lasciarsi tutto alle spalle… un giorno, quando tutto sembrerà ormai passato e di lui non si parlerà più… ecco, quel giorno, sarà il momento adatto, per vendicarsi di questi anni…
Preferibilmente lontano dal nostro paese, da un’isola sperduta nell’oceano, potrà, con una piccola parabola, collegarsi nuovamente alla rete e pubblicare tutte quei documenti che finora ha segretamente tenuto conservato…
Verranno tutti sputtanati… e sarà un vigoroso squarciagola di Vendetta!!! 
Dopotutto “vendicare” nel linguaggio moderno, significa ottenere soddisfazione di un’offesa… rovinando proprio chi… l’aveva inflitta!!!