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Dove i vangeli “non ufficiali” raccontano un’altra Chiesa – (Terza e ultima parte). E un invito, caro Roberto, per il monologo che ancora manca.


E in questa tradizione, il cosiddetto Vangelo di Giacomo – un testo apocrifo del II secolo – stranamente non è stata inserita come biografia evangelica, c’è la ricostruzione della sacralità della famiglia: Maria è presentata come figlia del tempio, dedicata fin da bambina a Dio; Giuseppe è un vedovo anziano, scelto solo per proteggere la sua purezza; Gesù nasce in silenzio, senza clamore, e subito dopo è Giacomo, il primogenito di Giuseppe, a entrare in scena come custode della sorellina (Maria) e poi del fratellastro (divino). 

Non vi è alcun miracolo nel parto, e neppure adorazione dei magi, c’è semplice devozione, rispetto, familiarità. Per gli ebioniti, la santità non era nell’eccezionale, ma nel quotidiano. Nel fare bene ciò che la Torah chiede, senza sconti, senza scorciatoie e quando Giacomo morì lapidato, per loro non cadde un leader tra tanti: cadde il pilastro che teneva ancora unita la casa di Gesù alla casa d’Israele.

Certo, col tempo quella voce si fece sempre più flebile e così mentre Roma cresceva, Antiochia dibatteva e Alessandria speculava, Gerusalemme era stata sepolta dai romani sotto le ceneri…

E i vangeli – non parlo solo di quei quattro che ormai leggiamo come fossero uno – non furono scritti in un’unica volta, né con un unico intento. Ognuno porta i segni del suo tempo, delle sue ferite, dei suoi conflitti risolti a parole quando non era più possibile risolverli a fatti. 

Quello di Marco, probabilmente scritto prima della distruzione del Tempio, non conosce ancora la figura di Pietro come fondamento: lo mostra smarrito, che fugge nudo dal Getsemani (un dettaglio troppo strano per essere inventato…), che tace davanti al sommo sacerdote, che non compare alla tomba vuota, anzi, le donne “non dissero nulla a nessuno, perché avevano paura”, un testo aperto, incerto, come la comunità che lo genera. 

E poi Matteo, scritto dopo il 70, in una chiesa divisa tra ebrei osservanti e convertiti ellenisti, sente il bisogno di chiudere quella incertezza: ecco allora il discorso della montagna, le antitesi («Avete inteso che fu detto… ma io vi dico»), e, appunto, la dichiarazione su Pietro — «Tu sei Pietro, e su questa pietra edificherò la mia chiesa». Ma attenzione, quanto scritto non rappresenta un titolo di proprietà, è un atto di fiducia in un momento di crisi. È come se la comunità dicesse: “Abbiamo perso Gerusalemme, abbiamo perso il Tempio, abbiamo perso Giacomo, ma non abbiamo perso la possibilità di ricominciare e se proprio dobbiamo ricominciare, che sia qualcuno che ha fallito, ma che è stato guardato ancora”.

Luca, viceversa, cerca l’unità: fa parlare Pietro a Pentecoste, ma affida la parola decisiva al concilio a Giacomo; mostra Paolo in viaggio, ma lo fa arrestare a Gerusalemme, in quella stessa città dove Giacomo camminava a testa alta fino all’ultimo. Giovanni, infine, scrive più tardi, forse a Efeso, e sa che ormai Giacomo è un nome quasi scomparso: allora trasforma Pietro in Simone figlio di Giovanni, lo fa riconoscere tre volte da Gesù dopo il rinnegamento – non per umiliarlo – ma per restituirgli il posto non come capo, ma come pastore. È un gesto di riconciliazione postuma, un tentativo di tenere insieme ciò che la storia aveva separato.

Ecco che così, pagina dopo pagina, quei vangeli non raccontano solo ciò che accadde, ma anche ciò che si sperò potesse ancora accadere: un’unità che non cancellasse le differenze, una fedeltà che non diventasse rigidità, una memoria che non si trasformasse in mito. 

Il problema non fu mai che qualcuno abbia “inventato” il Pietro che oggi tutti conoscono, quello che, in questi giorni, Roberto Benigni ha raccontato con tanta grazia e forza. No… il problema fu che, più tardi, qualcuno decise che quella sola immagine dovesse bastare a reggere tutto, la fede, il potere, la memoria persino e nel farlo, lasciò fuori le altre voci, i volti che non chiedevano di comandare, ma solo di testimoniare.

Come se la casa di Gesù potesse avere un’unica colonna portante, e non invece una trama di relazioni, di tensioni, di silenzi pesanti e parole ritrovate. Perché la verità è che Gesù non ha lasciato un successore: ha lasciato una tavola apparecchiata e su quella tavola c’erano dodici posti e quindi non uno solo. Alcuni furono occupati da chi rimase, altri da chi decise di andare lontano, altri ancora restarono vuoti, segno che nessuno poteva dire: “Qui siedo io, e qui nessun altro”!

Ecco allora che – a seconda di come vogliamo leggere la storia, forse o certamente – il vero errore non fu tanto mettere Pietro troppo in alto, quanto dimenticare che ogni volta che lo si sollevava, qualcun altro veniva inevitabilmente spinto giù: Giacomo, Maria di Magdala, Giuda di Giacima, la vedova con le sue due monetine, non furono cancellati, no… furono semplicemente messi fuori campo, come ombre al bordo della tela ufficiale, mentre la luce veniva concentrata su un solo volto.

Ecco per cui, mio caro Roberto, consentimi di suggerirti il tuo prossimo monologo e cioè l’unico e vero messaggio che Cristo desiderava: un insegnamento che riuniva l’umanità intera, senza divisioni religiose, senza più poveri e ricchi, senza padroni e servi, senza chi comanda in nome di Dio e chi obbedisce per paura del castigo. 

Il tutto potremmo dire riunito in una sola legge – scritta non su pietra – ma nel cuore: “ama il prossimo tuo come te stesso”.

Basta  un solo segno distintivo: non la fede dichiarata, bensì il pane spezzato con chi non ha, con una giustizia equa fatta anche per chi non conta, la verità detta a chi non la vuole sentire, perché Gesù non venne a fondare una Chiesa, venne a ricordare a tutti che siamo una sola famiglia e che ogni volta che qualcuno viene lasciato fuori – non è lui a essere escluso – siamo noi a smettere di essere umani.
E quel giorno, non è Dio che si allontana: è l’uomo che si dimentica di sé!

Quando il silenzio di Giacomo parla più delle parole di Pietro – Seconda parte


Consentitemi – prima di iniziare la seconda parte del mio post – di riportarvi quanto ricevuto – ieri – dalla mia prima lettrice, e cioè mia moglie (ma sono certo che sarete stati in molti a pensare la stessa cosa…):

  • Troppo lungo per leggerlo immediatamente, lo farò con calma. Hai forse voluto eguagliare Benigni per lunghezza??? Ma lui a differenza tua è stato profumatamente pagato per intrattenere gli spettatori 🤣🤣🤣🤣

Risposta (che in un qualche modo preannuncia quanto sto ora per scrivere):

  • Hai ragione sulla lunghezza, ma per trattare con serietà un tema così vasto (e come sappiamo troppo spesso edulcorato…) servono necessariamente più parole. Ho preferito quindi una divisione in più parti a un riassunto frettoloso. Il punto centrale del mio post non è la mia opinione personale, ma il tentativo di ricostruire coerentemente eventi storici che, da duemila anni, vengono (sempre) celati dietro narrazioni più “comode e spettacolari”, come per l’appunto alcuni monologhi di intrattenimento.

Ed allora – dando seguito a quanto scritto ieri – ho lasciato l’ultima parola al “silenzio”, come si fa quando si è detto qualcosa che non può essere né aggiustato né cancellato, solo accolto. La storia – e quindi non la leggenda – ci ha consegnato un Giacomo solido, silenzioso, radicato in quella terra di Gerusalemme, mentre viceversa ci ha fatto conoscere un Pietro che cammina sui margini, tra le onde e le città, tra l’entusiasmo coraggioso di chi crede ciecamente ed il ripensamento umano di chi evidenzia paura, già… tra il fuoco e il dubbio.

Eppure, non finisce qui, perché se è vero che la storia non mente, è altrettanto vero che non parla mai da sola: le sue parole sono sempre intrecciate con quelle di chi, dopo, ha dovuto scegliere da che parte stare, in tempi in cui non si trattava più di seguire un uomo, ma di costruire una memoria capace di resistere al tempo. E quella memoria, inevitabilmente, ha dovuto fare i conti con conflitti che non erano più tra Giudei e Romani, ma dentro la stessa comunità dei discepoli.

Paolo e Pietro, per esempio, non furono mai compagni di strada nel senso tranquillo del termine.

Paolo, cittadino romano, colto, irruente, convinto che la buona novella fosse per tutti, senza distinzioni di circoncisione né di legge; Pietro, galileo, cresciuto nel ritmo delle sinagoghe, fedele alla Torah anche quando non ne capiva più il senso, sempre in bilico tra ciò che aveva udito da Gesù e ciò che il cuore gli imponeva di non abbandonare.

Ad Antiochia – come ho scritto ieri – lo scontro è netto: Pietro mangia con i pagani finché non arrivano gli emissari di Giacomo, allora si ritrae, come chi teme di aver oltrepassato un confine che non gli compete spostare: «Se tu, che sei Giudeo, vivi come i pagani… come puoi costringere i pagani a vivere alla maniera dei Giudei?». Non è un rimprovero teologico: è la voce di chi sente cedere il terreno sotto i piedi, perché sa che se la legge diventa barriera, allora la grazia non è più grazia. Ma Pietro tace e quel silenzio, più di ogni parola, ci dice quanto il primato non fosse mai stato suo: non aveva l’autorità di decidere da solo, perché la comunità di Gerusalemme aveva un centro, e quel centro si chiamava Giacomo.

E proprio attorno a Giacomo si radica una corrente di pensiero oggi quasi dimenticata, ma che per secoli fu viva, presente, resistente: gli ebioniti, i “poveri”, che vedevano in Gesù non un dio disceso dal cielo, ma un uomo giusto, profeta e maestro, figlio di Giuseppe e Maria, fratello di Giacomo, osservante della Legge fino all’ultimo respiro. Per loro, il vero erede non era chi predicava la libertà dai precetti, ma chi, come Giacomo, portava ogni giorno il “tallit”, pregava nel tempio, rifiutava la carne sacrificata agli idoli e viveva in povertà radicale.

Non avevano bisogno quindi di un Pietro universale, né di un Paolo che parlava in greco alle città: avevano bisogno di un fratello che camminava per le strade di Sion come aveva camminato Gesù, con le stesse scarpe polverose e lo stesso sguardo sulle vedove e gli orfani.

FINE SECONDA PARTE

Roberto (Benigni), il tuo monologo su Pietro è meraviglioso, ma la storia di quell’uomo racconta tutt’altro – Prima parte


Dopo la presentazione su Rai 1 del monologo di Roberto Benigni sul discepolo di Gesù, Pietro, ho letto nel web un post di Vatican News che riprendeva quell’assolo e lo intitolava “Quella forza che nasce dalla fragilità, Benigni racconta San Pietro”, ed allora ho deciso che fosse “giusto” (sì… un parola che trova proprio in questo contesto la sua perfetta collocazione…) bilanciare, sì…quanto da entrambi riportato. 

Sì… perché anch’io, come molti di voi, ho ascoltato con attenzione quel monologo durato circa due ore – opera del grande attore, regista, sceneggiatore e cantautore che tutti conosciamo – ma debbo dire che quanto ho udito mi è sembrato più un racconto fantasioso – certo bello – avvincente, a volte commovente, ma non un terreno su cui fermarsi a riflettere, bensì uno specchio in cui riconoscersi senza dover mai mettersi in discussione.

Già – caro Roberto – ciò che hai detto va bene ai bambini, e va bene anche a tuuti quei fedeli che vogliono credere tenendo però gli occhi chiusi, senza mai mettere in discussione nulla, accettando – quasi fossero seguaci di una verità che non ammette domande – tutto ciò che viene loro insegnato: già… mai a chiedersi se quegli insegnamenti siano radicati nella storia o costruiti per consolare.

Non chiedono a se stessi se quelle parole ascoltate con devozione, a volte persino studiate in modo approfondito, servano davvero a discernere il giusto dall’ingiusto o – come solitamente accade – solo a confermare ciò che già si vuole sentire. Già… l’importante è riceverle – e basta– come se a parlare loro fosse il divino in persona.

Per cui, quanto andrò ora a scrivere non è per tutti, in particolare non per chi ha da sempre chiuso il proprio cuore e cammina come un cavallo con i paraocchi, sì… perché la strada non l’ha scelta lui: l’ha decisa il fantino!

Ed allora, consentimi di far conoscere chi era realmente – quantomeno storicamente – quel Pietro da te tanto decantato con amorevole passione e scusami se nel mio post, mi rivolgerò a te senza darti del lei, ma su questo punto, sono certo che apprezzerai il mio esser spontaneo.   

Innanzitutto desidero precisare che nel tuo monologo ti stessi riferendo a quel soggetto chiamato “Simone”, detto Kefà, in aramaico: “roccia”, (tradotto in greco Petros). Ed allora iniziamo a vedere chi era questo umile pescatore, originario di Betsaida (Galilea); certamente era un analfabeta o quantomeno con una bassissima scolarizzazione: basti leggersi il passaggio – Atti 4,13 – dove viene descritto come “agrammatos kai idiotēs” –  e cioè “senza lettere e privo di formazione”.

Ed allora continuando, vediamo cosa sappiamo di lui (quantomeno) con certezza: dovrebbe esser stato uno dei primi seguaci di Gesù ed è anche presente in molti episodi riportati come la trasfigurazione, Getsemani, rinnegamento (quest’ultimo come sappiamo presente in tutti e quattro i vangeli canonici).

Sappiamo inoltre che dopo la morte del profeta Gesù, egli è tra i protagonisti del movimento post-pasquale: appare per primo – o quantomeno tra i primi –  a Gesù risorto (vedasi Cor 15,5; Lc 24,34), inoltre, predica la Pentecoste (Atti 2), ma sappiamo bene come questa rappresentazione sia una narrazione teologica molto tardiva.

Certo svolge un ruolo di rilievo tra i dodici apostoli, ma quel numero “Dodici” rappresenta un gruppo simbolico, non un organo stabile, difatti, dopo la morte di Giuda, Mattia viene “sorteggiato” e quindi scelto, ma stranamente non compare più…

Passiamo allora a tutta una serie di frasi riportate nei cosiddetti vangeli sinottici, in particolare quella in cui Gesù chiama Simone Pietro e gli dice: “Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia chiesa” (Mt 16,18). 

Ma questo testo compare solo in Matteo- ed è in greco- segno che non risale alla tradizione aramaica di Gesù- ma a una redazione posteriore- forse ad Antiochia, attorno agli anni 80-90 d.C. – in una comunità attraversata da tensioni interne – alla ricerca non di un’identità “unica”, ma di un’autorità riconosciuta da tutti, proprio mentre giudeo-cristiani ed ellenisti stavano prendendo strade diverse.

Se prendiamo ad esempio quello di Marco (il più antico), lì… non vi è riportato nulla!

Ed ancora, permettimi di aggiungere come Luca e Giovanni non lo riportano in quella forma; si comprende quindi come quell’episodio sembra rispondere più a una situazione successiva e non ai giorni di Gesù. Vi è in quella frase – creata appositamente – la ricerca di legittimazione gerarchica, soprattutto in un periodo nel quale emergevano forti tensioni tra giudeo-cristiani ed ellenisti.

Per cui, la frase “tu sei Pietro…” probabilmente non possiede nulla di storico, nel senso di “pronunciato da Gesù in quel momento”, ma riflette una volontà di sviluppò teologico che voleva porre Pietro in un ruolo di leader che non gli spettava e che, come sappiamo, fu assegnato a Giacomo detto “il Giusto”.

Ed allora, mettiamo per un momento da parte questa figura di Pietro e andiamo ad analizzare la figura di Giacomo (Ya‘aqov), fratello di Gesù (Mc 6,3; Gal 1,19), che emerge con chiarezza già nei primi decenni, e in modo assai più concreto rispetto (a questo tuo e non solo tuo…) “Pietro”. 

Paolo lo chiama “Giacomo, il fratello del Signore” (Gal 1,19), e dice di averlo incontrato a Gerusalemme e difatti, in Galati 2,9, si legge: e riconoscendo la grazia a me conferita, Giacomo, Cefa e Giovanni, ritenuti le colonne, diedero a me e a Barnaba la loro destra in segno di comunione, perché noi andassimo verso i pagani ed essi verso i circoncisi.

Scusami Roberto, hai letto? I “pilastri” della chiesa di Gerusalemme sono “Giacomo, Cefa (Pietro) e Giovanni”, ma è Giacomo ad essere nominato per primo.

Ma non solo, nello stesso capitolo, Paolo riferisce di un disaccordo ad Antiochia tra Giacomo e Pietro (Gal 2,11–14): 11 Ma quando Cefa venne ad Antiochia, mi opposi a lui a viso aperto perché evidentemente aveva torto. 12 Infatti, prima che giungessero alcuni da parte di Giacomo, egli prendeva cibo insieme ai pagani; ma dopo la loro venuta, cominciò a evitarli e a tenersi in disparte, per timore dei circoncisi. 13 E anche gli altri Giudei lo imitarono nella simulazione, al punto che anche Barnaba si lasciò attirare nella loro ipocrisia. 14 Ora quando vidi che non si comportavano rettamente secondo la verità del vangelo, dissi a Cefa in presenza di tutti: «Se tu, che sei Giudeo, vivi come i pagani e non alla maniera dei Giudei, come puoi costringere i pagani a vivere alla maniera dei Giudei?

Si comprende da questo passo come Pietro si ritiri dalla mensa comune con i pagani per timore “di quelli che venivano da Giacomo”, un segno tangibile di come fosse Giacomo ad avere l’autorità, riconosciuta anche fuori Gerusalemme.

Andiamo avanti, prendiamo ora gli Atti degli apostoli al passaggio 15 (concilio di Gerusalemme) è ancora Giacomo a pronunciare la decisione finale (At 15,13–21) e non Pietro, quest’ultimo parla solo per primo: “Fratelli- voi sapete che già da molto tempo Dio ha fatto una scelta fra voi- perché i pagani ascoltassero per bocca mia la parola del vangelo” (At 15,7), ma quando tutti finiscono di parlare, è Giacomo a concludere: Fratelli- ascoltatemi- Simone ha riferito come fin da principio Dio ha voluto scegliere tra i pagani un popolo per consacrarlo al suo nome” (At 15,13–14). Il ruolo decisivo è suo!

Ecco perché mi dispiace contraddirti quando dici: “Voi potete prendere qualunque libro al mondo, ma quando si arriva al Vangelo non c’è discussione”. No… perdonami ma non sono d’accordo, viceversa ritengo ci sia molto da discutere ed allora per farlo continuo ad argomentare quanto tu hai “abilmente” sospeso…

Prendiamo ad esempio un bellissimo libro di Giuseppe Flavio – https://www.homolaicus.com/religioni/fonti/antichita-giudaiche.pdf – Antichità giudaiche XX,200“Poiché Anano – sommo sacerdote – riteneva di avere ora l’occasione propizia, convocò il sinedrio e vi fece comparire il fratello di Gesù –detto Cristo– di nome Giacomo e alcuni altri, e li fece lapidare.” Siamo nel 62 d.C. e Giacomo – non Pietro – viene ucciso come leader riconosciuto della comunità giudeo-cristiana.

La conclusione storica è evidente a chiunque – in particolare a chi vuole avere un cuore aperto – e cioè che, tra il 30 e il 62 d.C., Giacomo è il vero centro di gravità della chiesa madre di Gerusalemme, mentre Pietro ha un ruolo certamente itinerante e carismatico, ma non stabile, né direttivo nel senso istituzionale.

Ed allora viene spontaneo chiedersi: perché Pietro storicamente “sopravvive” e Giacomo scompare dalla memoria popolare?

Per rispondere a questa domanda dobbiamo innanzitutto far riferimento ad alcune circostanze: 

-la distruzione di Gerusalemme (70 d.C.) – la chiesa madre viene dispersa e la successiva centralità va prima ad Antiochia e poi a Roma, dove la tradizione petrina si radica presto (fine I sec.: Clemente romano chiama Pietro “esempio di sopportazione”, 1 Clem 5,4–7).

– Giacomo è strettamente legato al giudaismo: osservante della Torah, asceta, “giusto”, ma è dopo il 70, che la separazione tra ebraismo e cristianesimo inizia ad accentuarsi e quindi quella sua figura non si adatta facilmente a una chiesa sempre più ellenistica e soprattutto pagana.

– Pietro diventa “universale”: quel pescatore impulsivo, fallibile (rinnegamento), poi convertito, rappresenta un personaggio più “umano” e narrativamente efficace, difatti è proprio ciò che hai realizzato tu, in maniera sublime, esaltando la sua virtù umana: è diventato anche il mio migliore amico, perché me ne sono innamorato! (…) Come parla, come si muove, come reagisce, come guarda, come cammina, come pesca E quante ne combina! Oh, Signore! All’inizio non ne fa una giusta. Non capisce, sbaglia, inciampa, ci ripensa, (…) è proprio uguale a noi, ripeto: il più vicino a noi, e nello stesso tempo il più vicino a Gesù. 

La vicenda umana del pescatore di Galilea – raccontata da te – è perfetta:  svela «cosa può fare un uomo per Dio e cosa può fare Dio di un uomo». E difatti, la sua morte a Roma (probabile sotto Nerone, ca. 64–67) lo lega indissolubilmente alla nuova Chiesa di Roma, destinata a un ruolo sempre più crescente.

Ed allora concludendo, ma soprattutto basando le mie riflessioni su fatti concreti (ho eliminato qualsivoglia fantasia), non vi è alcuna prova storica che Gesù abbia istituito Pietro come “capo” della futura chiesa, come peraltro il ruolo di Pietro se pur reale, non fu mai gerarchico nel senso moderno. Viceversa fu Giacomo “il Giusto“, ad esser stato nominato leader della prima comunità cristiana, con un’autorità riconosciuta anche da Paolo e dallo stesso Pietro stesso.

Ecco perché quanto emerso dalla storia sta in netto contrasto con il racconto del tuo monologo – e ancor più con la tradizione consolidata della Chiesa – in particolare con quella “primazia” di Pietro che non ha fondamento nei primi decenni dopo Gesù, ma si forma lentamente, tra l’80 e il II secolo, già… come risposta a bisogni reali (e non divini…) di unità, riconoscibilità e continuità, in una fede che stava diventando universale – ma rischiava di perdere le radici – e così si decise di costruire un fondamento solido, sì… su una pietra che, storicamente, non era mai stata posta dal profeta di Nazaret.

FINE PRIMA PARTE

Resurrezione: ci lasciamo facilmente ingannare da ciò che amiamo e di cui abbiamo timore!!!

Non c’è nulla di così ingannevole come un fatto ovvio!!!

Già… un luogo immaginario è diventato – 
più per business turistico/religioso che per ricercata fede – luogo di venerazione per i cristiani, in particolare per i cattolici, ortodossi orientali, armeni e copti; viceversa i protestanti preferiscono visitare un altro luogo chiamato il “Calvario di Gordon“, considerato dagli storici più convincente e conosciuto con il nome di “Giardino della Tomba”,  sì… un sito proposto da Charles Gordon nel 1885 come luogo del Calvario in quanto corrisponderebbe maggiormente alla descrizione fatta da Giovanni (19:41): “Ora c’era un giardino nel luogo dove fu crocifisso, e in quel giardino una nuova tomba”. Tra l’altro proprio in quel luogo, troviamo una roccia scoscesa con due grandi cavità che ricordano l’immagine di un teschio con gli occhi e poiché “Golgota” significa “Luogo del cranio“, sono in molti ad esser convinti che quello rappresenti il sito esatto in cui è stato seppellito Gesù!!!

D’altronde ci sono poche cose che conosciamo con certezza su quanto è realmente accaduto in quei giorni, ma anche in seguito, peraltro va detto che soltanto chi riesce a mettere di lato fede e dogma teologico può iniziare a studiare in maniera seria quei fatti storici e tentare così di determinare le vere origini del cristianesimo…

Infatti, più ci si immerge in quell’intrico e in quelle esigue fonti, più ci si rende conto quanto difficile sia credere a quella vicenda per come ci è stata riportata…

Premetto che il sottoscritto non crede minimamente alle ipotesi stravaganti che in quest’ultimo periodo sono venute fuori attraverso libri, film, sceneggiati e quant’altro… mi riferisco ad esempio alla circostanza per cui egli non fosse clinicamente morto, ma si trovava sotto una forma di coma (indotto o meno da qualche narcotico) dal quale poi si riprese; oppure un’altra ipotesi prevede che egli sposò Maria di Magdala con la quale ebbe una figlia che continuò quella sua discendenza…  

Per favore, basta cazzate, diamo per certo che dopo la crocifissione egli fosse realmente morto e sepolto temporaneamente nella prima tomba trovatasi o messa da qualcuno a disposizione e successivamente venne trasferito altrove; di resurrezione nessuno ne parla in maniera convinta se non con frasi sporadiche e riferendosi all’evento in maniera discutibile, a differenza della portata che l’evento in se costituiva!!! 

Va detto come alle frasi riportate successivamente, dove si parla di apparizioni: “Ed esse, uscite, fuggirono via dal sepolcro perché erano piene di timore e di spavento. E non dissero niente a nessuno, perché avevano paura”, si comprende quanto banale e incompleto fosse quel messaggio dell’evangelista Marco (16,8), ed è il motivo per cui lo stesso venne successivamente ricostruito da alcuni devoti autori cristiani con un finale diverso, basato principalmente sull’idea che Gesù fosse resuscitato e quindi riapparso in varie occasioni… 

Quello che di certo l’evangelista Marco ci dice – siamo intorno al 70 d.C. – è che la resurrezione di Gesù e le sue successive apparizioni non costituivano una parte fondamentale delle sorti del Vangelo e difatti, per trovare la nota frase “morì e fu sepolto e il terzo giorno resuscitò” dobbiamo rifarci alla prima lettera ai Corinzi di Paolo; difatti, quest’ultimo scrive che Gesù apparse per primo a Simon Pietro, quindi ai dodici, poi ai cinquecento discepoli (in una sola volta…), quindi al fratello di Gesù Giacomo, a tutti gli apostoli, ed infine dichiara “egli apparve anche a me, ultimo di tutti“!!!

Da quanto sopra è evidente che egli trasmette un messaggio che non trova alcuna corrispondenza con quanto riportato nei Vangeli, che descrivono le apparizioni compiute a Maria di Magdala insieme a Maria la madre di Gesu, per poi proseguire a Gerusalemme dinnanzi ai suoi discepoli, poi vi sono i due discepoli che si stavano dirigendo verso il villaggio di Emmaus, ed ancora il lago Tiberiade dove Pietro ed altri erano ritornati alle loro normali attività di pescatori e per finire con la storia fantastica riportata nel Vangelo di Pietro… 

Ritengo quindi quanto sia facilmente intuibile che la “resurrezione del Cristo” abbia di fatto rappresentato il fulcro principale di tutto il Cristianesimo, per diventare quindi fondamento della fede cristiana emergente, un passaggio fondamentale per distaccarla definitivamente dalle sue origini giudaiche ed aprirla così a tutti gli uomini…

Ecco perché era importante raccontare la storia del sepolcro, era importante dimostrare che quella tomba fosse vuota e che le successive apparizioni potessero confermassero quella tesi, il tutto con l’obiettivo di proclamare la resurrezione del Cristo e con la sua morte, la salvezza per tutta l’Umanità… 

Per cui, dopo questi giorni di “full immersion” in ambito religioso (perdonatemi… ma ogni tanto devo evadere da quello stomachevole contrasto alla criminalità e a quanti si prestano con le loro azioni, quasi fossero anch’essi “affiliati”, a compiere quotidianamente le numerose attività di corruzione ed illegalità cui assistiamo…), resto dell’idea comunque di voler credere a quell’uomo come profeta, certamente un “giusto”, ma senza alcun potere o intermediazione divina, ed inoltre, per quanto concerne la morte, già… quando questa avverrà, so già oggi di non aver bisogno di alcun corpo e ancor meno di un sepolcro, perché come dice l’enunciato della conservazione della massa di Antoine-Laurent Lavoisier: Nulla si crea, nulla si distrugge, ma tutto si trasforma!!!

“Ricordati, uomo, che polvere sei e in polvere ritornerai”!!!

Gesù e quel suo essere ebreo!!!

Premesso che nessuno tra i suoi familiari ed anche tra i discepoli, avesse previsto che quel profeta morisse in quel modo e difatti furono tutti presi alla sprovvista da quell’azione celere dei romani, istigati come sappiamo dai sommi sacerdoti… 

Com’era possibile che quell’uomo indicato dalle scritture come il messia, discendente della stirpe di Davide, fosse morto in quel modo, già com’era possibile che Dio lo avesse permesso, dov’era Egli mentre suo figlio pativa la croce???

D’altronde, cosa aveva fatto di male quell’uomo con le sue parole e con le sue opere di taumaturgo, un uomo che aveva sempre rispettato le leggi della Torah: ricordiamoci sempre che Gesù fosse ebreo e non cristiano!!!

Basterebbe riflettere su quest’ultimo punto per comprendere come duemila anni d’efferati crimini compiuti sotto il nome di “Cristo”, non sarebbero dovuti neppure esistere; già… millenni di separazione e di allontanamento ostile tra giudaismo e cristianesimo hanno permesso di compiere agli uomini azioni brutali e spregevoli, tanto ignobili che viene difficile il solo pensiero di descriverli.

Gesù era ebreo!!! Questo non si può cancellare, anche se qualcuno nei secoli ci ha provato!!! 

Sì… da piccolo venne circonciso, leggeva la bibbia in ebraico, rispettava il giorno del Sabbath e si recava in pellegrinaggio tre volte l’anno a Gerusalemme (come prescritto dalla Torah…); osservava difatti a primavera la Pasqua ebraica, all’inizio dell’estate la festa delle primizie e in autunno era in città per la festa dei Tabernacoli; crebbe quindi in un mondo religioso e culturale impegnato a seguire quella parola di Mose e dei profeti, ed ancora, ciò che ci è stato successivamente riportato è stato compiuto esclusivamente per determinare quell’antisemitismo che fu alla base della formazione della prima cristianità, ma che incise profondamente nella coscienza di tutto l’occidente nei secoli a venire!!!

D’altro canto, quanto detto fino ad oggi manca totalmente di fondamento storico, ma ciò è stato dovuto affinché si giungesse a dividere quell’uomo dal suo contrassegno “ebreo“, lo stesso a cui sin dalla nascita egli apparteneva; d’altronde tutta la vita di Gesù è indirizzata affinché la sua missione fosse anticipata dai testi sacri, che preannunciavano l’arrivo di figure chiave nell’atteso ruolo di annunciare il regno di Dio…

Lo stesso Giovanni Battista è partecipe a quel compito di annunciatore e difatti quando i Giudei gli inviarono da Gerusalemme i sacerdoti ed i leviti ad interrogarlo presso la cittadina di Betània, al di là del fiume Giordano, dove Giovanni stava battezzando, alle domande: «Chi sei tu?». Egli confessò e non negò, e confessò: «Io non sono il Cristo».  Allora gli chiesero: «Che cosa dunque? Sei Elia?». Rispose: «Non lo sono». «Sei tu il profeta?». Rispose: «No». Gli dissero dunque: «Chi sei? Perché possiamo dare una risposta a coloro che ci hanno mandato. Che cosa dici di te stesso?». Rispose: «Io sono voce di uno che grida nel deserto: preparate la via del Signore; «Perché dunque battezzi se tu non sei il Cristo, né Elia, né il profeta?». Giovanni rispose loro: «Io battezzo con acqua, ma in mezzo a voi sta uno che voi non conoscete, uno che viene dopo di me, al quale io non son degno di sciogliere il legaccio del sandalo». 

Da quanto sopra anche quindi suo cugino rispondeva attenendosi ai testi sacri e citando i profeti Iasaia e Malachia; vorrei difatti ricordare quanto sia sottile la linea che fa credere che una profezia predichi una certa sequenza di eventi ed il cercare in un qualche modo di pilotare quegli stessi eventi, in quanto già predetti nella profezia stessa!!!

Gesù era morto e nessuno dei presenti era preparato a quell’evento!!! Necessitava quindi trovare immediatamente un sepolcro (temporaneo) per quel corpo affinché gli fosse risparmiato di restare solo su quella croce, abbandonato da tutti e con il rischio di venir divorato nella notte dagli animali, ma soprattutto evitando alla famiglia l’onta della vergogna!!!

Ed allora vediamo in quali modi si giunse a quella “temporanea” sepoltura e cosa accade (realmente o quantomeno sforzandosi di operare entro i parametri di una visione scientifica delle realtà…) al corpo di Gesù??? 

Preparateci, perché un’impervia salita vi aspetta…

Tomba di Gesù: le conseguenze per la fede sarebbero disastrose!!!

Prima di riprendere il post pubblicato ieri https://nicola-costanzo.blogspot.com/2024/01/non-e-che-la-tomba-di-gesu-e-stata.html vorrei fare una premessa che potrebbe far comprendere come il più delle volte la verità non possa esser manifestata, in quanto causerebbe situazioni inimmaginabili…

Con quanto sopra voglio dire che non sempre la verità dei fatti – anche quando opportunamente accertata e verificata – viene da tutti accolta, anzi la maggior parte delle persone dinnanzi ad una evidenza preferisce girarsi dall’altra parte, non ascoltarla, peggio… reagisce rifiutandola, sì perché contraddice con quanto finora si era fermamente creduto, evidenziando quindi con questo atteggiamento di non esser pronta a ricevere quel nuovo messaggio.

Difatti, ponete il caso su quanto avevo riportato ieri e cioè che il ritrovamento della tomba di Gesù sia in se reale e che i fatti (e quindi che le analisi compiute sul Dna di quello scheletro con alcuni suoi presunti familiari, di cui in questi giorni parlerò…) dimostrassero come quell’uomo non fosse diverso da noi e quindi che non vi fu allora alcuna “resurrezione“, ma non solo, egli morì su una croce come migliaia e migliaia di uomini e donne che nel corso dei secoli l’avevano preceduto e che per i susseguenti trecento anni lo hanno ahimè seguito; d’altronde parliamo di una tortura, quella della crocifissione, che i romani avevano appreso dai Cartaginesi e che veniva per l’appunto utilizzata per infliggere il massimo del dolore, pratica abolita definitivamente nel IV secolo dall’imperatore (ormai… cristianizzato) Costantino.

Peraltro vorrei ricordare come su quell’accaduto vi siano parecchie discrepanze, ad esempio i “Testimoni di Geova”, considerano Gesù morto non su una croce, ma legato ad un palo: questi difatti fanno riferimento alla circostanza che nel Nuovo Testamento si usò la parola greca σταυρός (stauròs) con il significato di “palo di tortura”; ma anche Luca impiegò un sinonimo, ξύλον (xylon), che significa “legno” e quindi i Testimoni di Geova sostengono che con tali termini gli evangelisti designassero un singolo palo verticale.

Gli stessi musulmani, che considerano Gesù (non il figlio di Dio) ma un grande profeta, nelle loro scritture riportano che egli ascese direttamente al cielo, senza patire in croce. 

Se quindi si escludono le fonti cristiane che da sempre parlano della “croce“, possiamo costatare come tutte le altre fonti, quelle cosiddette indipendenti, non dicano molto o quasi nulla su quell’episodio: ad esempio, gli scrittori romani Tacito e Svetonio, nel 116 e nel 117 d.C. citando Gesù dissero solo che fu giustiziato, senza spiegare come. Giuseppe Flavio, autore intorno al 75 d.C. di Antichità Giudaiche, è l’unico “indipendente” ad attestare la croce con queste parole: “Gesù fu uomo saggio se pure conviene chiamarlo uomo, infatti egli compiva opere straordinarie (…) dopo che Pilato lo condannò alla croce, non vennero meno coloro che fin dall’inizio lo ebbero amato (…)”. 

Va detto comunque che la maggioranza degli studiosi accetti parzialmente quest’ultimo scritto, attribuendo ad esso interpolazioni e manomissioni compiute dai “cristiani“, in particolare ci si riferisce ad alcune affermazioni che hanno di fatto migliorato un resoconto negativo di Gesù, togliendo e quindi modificando le frasi realmente riportate nel testo originale!

Ritorniamo quindi all’inizio…

Poniamo per un momento che si confermasse che quello scheletro ritrovato all’interno di una tomba, potesse appartenere realmente al corpo di Gesù, ditemi: ma veramente pensate che gli ebrei, dopo quanto hanno passato a causa di quell’accusa di “deicìdio” e cioè d’aver fatto crocifiggere Gesù Cristo, tema principale divenuto a partire dal 300 d.c. motivo dell’antisemitismo cristiano, possano far trapelare una notizia del genere???

Sono anni che il mondo intero, dopo quanto accaduto a partire dalla seconda metà del XX secolo a causa della Shoah (il genocidio di cui furono responsabili le autorità della Germania nazista ma anche i loro alleati e di cui anche la chiesa cristiana, in particolare quella cattolica, ha evidenziato gravi colpe per quei suoi “silenzi assordanti”…), ha provato a ricucire un rapporto con gli israeliani ed ora quest’ultimi, dopo millenni di “antisemitismo” subito (lo stesso tra l’altro che si sta in questi giorni ripetendo a causa del conflitto in corso nella Striscia di Gaza contro l’organizzazione fondamentalista di Hamas, a scapito quindi della popolazione palestinese che come stiamo assistendo sta subendo numerose vittime, senza che nessuno ahimè sia in grado di fermare questa assurda guerra..), già… ora che finalmente ha iniziato ad avere relazioni diplomatiche con gran parte del mondo, in particolare con quel mondo cristiano e quindi con il Vaticano, pensate voglia ritornare al passato???

Già… vorrei altresì aggiungere di quanto gli israeliani siano felici per non dire “appagati”, mi riferisco al profilo economico/finanziario, per essere custodi di quel turismo “cristiano” (e non solo…) che da sempre si reca in quella terra santa, fonte di business e di guadagni per tutti coloro che quotidianamente attendono nuovi fedeli per far visionare loro quei descritti luoghi sacri, centinaia di migliaia di pellegrini che ogni giorno per fede provano a recarsi in quelle presumibili mete religiose.

Credetemi ma sono convinto che poco importa alla maggior parte di coloro che si occupano di quel settore turistico/religioso dell’aspetto spirituale dei fedeli; ciò che interessa maggiormente è il flusso milionario che da quel settore si ricava, quantificabile in milioni e milioni di euro che vengono quindi suddivisi tra enti, confraternite, accompagnatori spirituali, tour operator, agenzie di viaggio, guide,  assicurazioni, servizi di autotrasporti, cui seguono i ticket d’ingresso dinnanzi a quei luoghi sacri, a cui si aggiungono tutte quelle attività di compravendite tra reliquie e oggetti sacri, venduti in ogni angolo di strada da ambulati, commercianti, negozianti, etc…

Ed ancora, come non evidenziare le migliaia strutture di accoglienza create appositamente da privati e da enti religiosi, ubicate in posizione strategiche: ricordo tra l’altro che stiamo parliamo di luoghi sacri per tutti i credenti delle tre grandi religioni monoteiste: Ebraismo, Cristianesimo ed Islam!!!

Immaginatevi quindi quanto sia ora penalizzante quel conflitto armato che ha determinato su tutto il territorio un crollo improvviso di presenze e che purtroppo prevede di continuare così ancora per molti mesi, incidendo negativamente sull’economia turistica di quell’area; credete quindi che gli israeliani desiderano – dopo quanto sta già loro accadendo – di rimanere altresì coinvolti in un qualche ritrovamento che possa accendere nuove controversie religiosi o dibattitti teologici sulla eventuale possibilità che uno scheletro possa appartenere a Gesù??? Ma per favore, non ci pensano minimamente!!! 

Domani comunque riprenderò a parlare di quella tomba di famiglia scavata appena fuori la città vecchia di Gerusalemme, provando così a dare un senso non solo a quel remoto passato, ma soprattutto a quanto in questi lunghi anni, mi è stato intenzionalmente insegnato… 

Non è che la tomba di Gesù è stata trovata e appositamente non rivelata???

Sì… sarebbe qualcosa di sconvolgente!!! 
Credo difatti che se il sepolcro del Cristo fosse stato in questi  anni ritrovato, cadrebbe uno dei principi fondamentali su cui è fondata la fede cristiana, per l’appunto la “risurrezione“!!!

Partiamo dall’inizio…

Sono secoli che in quelle terre si scava – in particolare da quando la popolazione ebraica, dopo la seconda guerra mondiale, ha deciso di far ritorno e stabilirsi definitivamente in quella regione che, secondo il Tanakh e la Bibbia, fu promessa da Dio ai discendenti di Abramo – il tutto per realizzare nuove costruzioni ed infrastrutture, necessarie dopo il 1948, anno di fondazione dello Stato d’Israele…

Come dicevo, in questi decenni, sono stati ritrovati, durante i lavori di scavo, migliaia e migliaia di urne/ossario, quasi tutte tumulate in maniera simile, difatti – come pochi di voi certamente sapranno, durante il periodo in cui visse Gesù, all’incirca 2000 anni fa, la sepoltura veniva eseguita in due fasi ben contraddistinte compiute nel corso dell’anno…

Difatti, il defunto che era da poco venuto a mancare veniva innanzitutto trasportato in un locale per essere lavato, quindi veniva unto e cosparso di olii e fragranze per poi essere quindi avvolto in un lenzuolo funebre; il corpo quindi veniva portato e deposto all’interno di una nicchia scavata nella roccia, il cosiddetto “loculus“, affinché il corpo iniziasse ad essiccarsi e decomporsi… 

Dopo circa un anno, i familiari accompagnati dagli addetti all’inumazione, ritornavano in quel luogo per riaprire il sepolcro e raccogliere i resti delle ossa, i quali venivano deposti all’interno di un’urna di pietra, su cui abitualmente di lato, veniva inciso il nome del defunto e nel caso in cui l’urna fosse già stata utilizzata in precedenza per altri defunti, si aggiungeva semplicemente il nome a quelli già presenti…

Questa quindi era la tipologia di ossario utilizzata nei pressi di Gerusalemme ai tempi di Gesù e difatti le urne riportate alla luce a seguito di scavi archeologici o edili, evidenziano tutti la stessa similitudine; le ossa infine dopo il ritrovamento, vengono a sua volta raccolte per essere consegnate alla comunità ortodossa ebraica, la quale s’incarica di seppellirle nuovamente…

Ora come tutti sappiamo, Gesù fu posto disteso in un sepolcro avvolto in un sudario, poi leggendo i vangeli “ufficiali” è stato evidenziato di come all’interno di quella tomba il corpo non fosse più presente e quindi s’iniziò a parlare (non certo subito) di “resurrezione” – circostanza di cui parlerò in maniera più dettagliata nei miei prossimi post – e comunque, di questa particolare circostanza siamo tutti d’accordo, d’altronde il corpo non fu mai ritrovato!!!

E così passano gli anni, i secoli si sovrappongono l’un l’altro e la religione cristiana cresce, si diffonde nel mondo conosciuto, diventa religione di stato per i romani e via discorrendo fino ad arrivare ai giorni nostri; con essa si sviluppa la sua chiesa e i suoi dogmi divengono parte integrante di quell’insegnamento… 

Tutto potrebbe continuerebbe in maniera idilliaca fintanto che le cose restassero immutate, ma ecco che improvvisamente qualcosa è accaduto!!!

Siamo intorno all’anno duemila e durante dei lavori di scavo è emerso che una delle tombe sulle quali si stava operando era stata da poche ore depredata, sicuramente  da qualche tombarolo; mi permetto di ricordare che in Israele esiste una task forse armata per vigilare e proteggere le opere dell’antichità e l’eventuale profanazione di un millenario sepolcro viene condannato come crimine e punito da leggi severe.

Comunque… la tomba non era stata del tutto profanata, ma solo il livello più in alto presentava qualche danno; pian piano quindi che passano le ore e in presenza delle autorità israeliane gli archeologi intervenuti procedettero nei lavori all’interno di quel sito funebre per comprendere in maniera più dettagliata quanto ci fosse sottoterra per scoprire di lì a poco di come quella tomba risultasse posta su più livelli, precisamente vi erano tre camere sovrapposte e al livello più profondo, la presenza di una nicchia scavata nella roccia con dei resti umani…

Ora, riprendendo quanto sopra anticipato, in questa circostanza qualcosa immediatamente stupisce gli archeologi, sì perché non vi è alcun contenitore contenente ossa, sì… questa volta all’interno di quel “loculos” non si presenta la consueta urna (solitamente rettangolare lunga 50cm e alta 30cm, sufficiente per contenere la lunghezza di un femore e l’altezza di un teschio…), no questa volta in tutta la sua lunghezza vi è uno scheletro intero, ancora avvolto nel suo sudario!!!

E’ il primo e unico caso di inumazione diversa da tutti gli altri, ovviamente per fugare ogni dubbio fu deciso di datare quelle ossa con il test del “carbonio-14“, l’unico in grado scientificamente di poter confermare i dubbi che ormai iniziavano a circolare anche tra gli addetti ai lavori e difatti pochi giorni dopo, un campione di quel sudario era in viaggio per gli Usa, presso uno dei più importanti laboratori mondiali di spettrometria, (parliamo della stessa struttura che esaminò la “Sacra Sindone”, datandola nel periodo medievale tra il 1200 e il 1300…).

Finalmente, dopo alcune settimane arrivò la telefonata, cui segui a mezzo fax una relazione nella quale veniva riportato che il tessuto in questione oggetto d’analisi (la cui provenienza non era stata al laboratorio appositamente rivelata…) apparteneva alla prima metà del I secolo, confermando quindi di essere dello stesso periodo in cui era vissuto Gesù…

Gli scienziati quindi, dopo aver appreso le datazione di quel sudario, oggi conosciuto con il nome di “Akeldamà”, si dedicarono all’individuo avvolto su quel telo, scoprendo come egli fosse un uomo di età adulta e probabilmente di origine aristocratica…

Facendo quindi riferimento alla sepoltura descritta nel “Nuovo Testamento“, dove è stato riportato che il corpo di Gesù fu lavato, cosparso di olii e aromi, avvolto in un sudario composto da due pezze di lino e deposto in una tomba scavata nella roccia all’esterno delle mura vecchie della città di Gerusalemme, si osservò che anche l’uomo del sudario ora ritrovato coincidesse perfettamente a quella descrizione: già era vissuto e morto nello stesso periodo e chissà se come membro aristocratico poteva esser stato testimone degli eventi che condussero agli ultimi giorni del Nazzareno…

Ed allora, mancava un ultimo tassello per risolvere l’enigma e cioè scoprire se il corpo ritrovato fosse quello del Cristo oppure no e l’unico modo per riuscirci era effettuare da quelle ossa un test genetico del Dna!!! 

Vi starete chiedendo: con chi??? Semplice, con un suo diretto familiare…     

CONTINUA

Papa Francesco e le sue parole…

L’ultima volta che avevo ascoltato Bergoglio, parlava di matrimonio: Una cosa che aiuta tanto la vita matrimoniale sono tre parole. Tre parole che si devono dire sempre, tre parole che devono essere di casa: “permesso; grazie; scusa”. Sono tre parole magiche!

Ed oggi, in mezzo alle migliaia di giovani dal Campo da Graça in Portogallo, durate la veglia della Giornata mondiale della gioventù, Papa Francesco si rivolge a loro ricordando «Non abbiate paura, il mondo ha bisogno di ognuno di voi, siete presente e futuro»!!!

Ed ancora: «Vorrei dirvi una cosa: non diventiamo luminosi quando ci mettiamo sotto i riflettori, quando esibiamo un’immagine perfetta e ci sentiamo forti e vincenti. Diventiamo luminosi quando, accogliendo Gesù, impariamo ad amare come Lui».

Il Pontefice ha inoltre proseguito: «A voi, giovani che coltivate sogni grandi ma spesso offuscati dal timore di non vederli realizzati, a voi, giovani, che a volte pensate di non farcela, a voi, giovani, tentati in questo tempo di scoraggiarvi, di giudicarvi inadeguati o di nascondere il dolore mascherandolo con un sorriso, a voi, giovani, che volete cambiare il mondo, e va bene, e lottate per la giustizia e per la pace, a voi, giovani, che ci mettete impegno e fantasia ma vi sembra che non bastino, a voi, giovani, di cui la Chiesa e il mondo hanno bisogno come la terra della pioggia, a voi, giovani, che siete il presente e il futuro; sì, proprio a voi, giovani, Gesù dice: “Non temete!”»

Il Santo Padre ha poi chiesto a tutti i presenti di osservare un minuto di silenzio, chiedendo a tutti di ripetere dentro di sé «Non avere paura»

Certo, è bello vedere tutti quei giovani che zaini sulle spalle si sono diretti lì sorridenti per manifestare la propria devozione, posti in piedi e sotto il sole, hanno seguito le parole del pontefice e la celebrazione dell’adorazione eucaristica; come diceva mia madre “io credo e mi basta…”; già… senza doversi chiedersi perché, senza comprenderne le motivazioni o di come si sia giunti a quelle che sono divenute le religioni nel mondo, quei loro profeti, tra verità discutibili ed enormi falsità perpetrate nei secoli…

Come molti di voi sanno, il mio seguire le religioni in particolare quella della nostra chiesa cattolica, si limita agli insegnamenti di quell’uomo; parlo dei suoi insegnamenti, di quel suo primo cristianesimo, certamente genuino ed autentico e non di ciò che divenne successivamente con la nascita delle religioni e di tutte le sue chiese, che hanno di fatto celato quel vero insegnamento allo scopo di ottenere maggior potere e soprattutto dominare e manipolare le coscienze degli uomini…

D’altronde vorrei ricordare oggi a tutti questi uomini di chiesa, che essi non sono altro che i predecessori di quei sacerdoti, gli stessi che governavano allora a Gerusalemme la casa di Dio, parliamo di quella stessa religione che Gesu di Nazareth, seguiva e professava sin da bambino… 

In tal senso vorrei peraltro riportare un passo da Matteo 21,23-27: Entrato nel tempio, mentre insegnava gli si avvicinarono i sommi sacerdoti e gli anziani del popolo e gli dissero «Con quale autorità fai questo? Chi ti ha dato questa autorità?». Gesù rispose: «Vi farò anch’io una domanda e se voi mi rispondete, vi dirò anche con quale autorità faccio questo; “Il battesimo di Giovanni (il Battista) da dove veniva? Dal cielo o dagli uomini?”, ed essi non osarono dare una risposta e quindi aggiunsero “Non lo sappiamo”. Allora anch’egli disse loro: “Neanch’io vi dico con quale autorità faccio queste cose”…

E sì… perché se l’autorità di Giovanni viene dal cielo, allora anche quella di Gesù può venire dal cielo e di conseguenza, se l’autorità viene dal cielo, i sacerdoti non la possiedono più, poiché viene continuamente rimessa in questione!!!

Ed è il motivo per cui non credo a ciò che è stato realizzato dalla chiesa cristiana, dopo secoli dalla sua morte, perché qualsiasi persona può liberamente ricevere quell’autorità dal cielo, se dimostra di esserne degna!!!

Cosa dire quindi a quei giovani…??? Nulla, sono belli a vedersi e mi ricordano tanto la naturalezza con cui credeva mia madre…