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Non siete eredi dei padri, ma dei figli che quei padri hanno ucciso.

Sì… avrei dovuto pubblicare questo post alcuni giorni fa, ma purtroppo alcuni impegni ed altri post che avevo preparato hanno avuto la precedenza e quindi ho dovuto posticipare questa pubblicazione.

C’è però un motivo più profondo: quando la notizia mi ha raggiunto, sono rimasto senza parole. È un paradosso, perché le sue sono state tra quelle che più mi hanno trasmesso la vicinanza e la forza di Peppino Impastato.

Oggi, provando a superare quello sconforto, voglio unirmi al ricordo di Luisa Impastato che dice: ci lascia un altro pezzo grande della nostra storia, una storia di ragazzi che volevano cambiare il mondo sfidando il potere della mafia. Con profonda gratitudine e sincera tristezza salutiamo Salvo Vitale, fondatore di Radio Aut e da sempre testimone della lotta, che ha incarnato con straordinaria coerenza il senso più autentico della testimonianza quotidiana. La sua voce è stata un esempio luminoso di libertà e responsabilità, capace di guidare intere generazioni a comprendere che il cambiamento nasce da ciascuno di noi.

Era lui, nel film “I cento passi”, a essere interpretato da Claudio Gioè nel momento del monologo più straziante e vero, quello che squarcia il velo dell’omertà. In quel monologo diceva: domani leggerete che Peppino si è suicidato, che ha abbandonato la politica e la vita, come Pinelli, come Feltrinelli, tutti suicidi. Poi non leggerete proprio niente, perché i giornali parleranno di altro, perché chi se ne frega del piccolo siciliano di provincia. E concludeva, con un’amarezza che era un pugno nello stomaco per tutti: spegnete questa radio, tanto si sa che niente può cambiare, e diciamolo una volta per tutte che noi siciliani la mafia la vogliamo, perché ci dà sicurezza, perché ci identifica, perché ci piace. Noi siamo la mafia!
Ma Salvo Vitale, quel ragazzo di Cinisi nato nel 1943, amico e compagno di battaglie di Peppino Impastato, a quella rassegnazione non si è mai arreso, nemmeno nei momenti più difficili. Ha invece custodito e rinnovato la memoria collettiva, trasformandola in azione concreta.

Difatti, dopo la morte di Peppino, ha continuato la sua attività attraverso “Radio Aut”, lavorando senza sosta per cercare la verità, puntando il dito contro il boss Gaetano Badalamenti, insegnando storia e filosofia ai giovani, perché la cultura arrivasse a tutti. Con le sue parole, i suoi gesti e il suo impegno costante ha mostrato cosa significhi contrastare le mafie sul piano civile e culturale, senza paura, senza piegarsi.

Ecco perché a lui va la mia gratitudine, sì… per la strada che ha tracciato con dignità e coraggio, una strada lastricata dalla forza semplice di persone che non hanno accettato di essere “Nuddu ammiscatu cu nenti”, un esempio, insieme a quello di Peppino, che ogni giorno orienta il mio cammino, già… di chi crede – ancora tra mille difficoltà – nella giustizia e soprattutto nella democrazia, ricordando a me e a tutti voi, che la vera sicurezza non viene dalla sottomissione, ma dal riscatto!

Finchè non estirpiamo questo marciume, non ci sarà  futuro per il Paese.

C’è qualcosa di profondamente malato nel modo in cui il potere si muove, qualcosa che va ben oltre la corruzione occasionale e che affonda le sue radici in un sistema costruito per proteggere se stesso e i suoi protagonisti. 

Osservate con attenzione tutti quei politici che all’improvviso decidono di dimettersi, quasi sempre poco prima che emergano notizie poco piacevoli sul loro conto, noterete come il più delle volte, non si tratta di vere rinunce ma solo di manovre preventive, una sorta di passo indietro calcolato per non bruciare definitivamente la propria immagine e lasciare aperta una porta da cui rientrare quando l’attenzione si sarà spostata altrove. 

A questi soggetti si sommano poi tutta una serie di imprenditori che, pur essendo sotto inchiesta (o addirittura esser stati già condannati…), continuano a vincere appalti pubblici, aggiudicandosi commesse milionarie come se nulla fosse. 

Tutti sanno, ma nessuno fa niente! Le Istituzioni tacciono, chi dovrebbe vigilare sembra guardare da un’altra parte e alla fine ci ritroviamo a parlare di quei meschini impiegati pubblici, “infedeli”, che compaiono puntualmente nelle liste dell’agenda di quell’imprenditore che ogni mese si premura di far arrivare a ciascuno la sua bustarella.

Questo non è frutto del caso, né tantomeno di singole deviazioni morali. No, è qualcosa di più strutturato, un meccanismo perverso e perfettamente oliato dove politica e alcuni pezzi dello Stato si intrecciano in un gioco sporco che ha poco a che fare con il bene comune e molto con l’arricchimento di pochi. 

Pensiamo ai casi recenti: politici indagati per associazione a delinquere, voto di scambio, tangenti, truffa, turbativa d’asta. Sono centinaia i nomi coinvolti, eppure molti di loro occupano ancora ruoli di potere, altri gestiscono affari con la stessa naturalezza di sempre, distribuendo incarichi e favori ai loro fedelissimi. 

La cosa più assurda non è neanche il fatto che siano finiti nei guai, quanto il modo in cui il sistema reagisce al loro allontanamento apparente. Si crea immediatamente un vuoto che viene colmato da altri imprenditori con interdittive alle spalle, da funzionari infedeli che ormai da anni alterano gare d’appalto senza mai essere fermati, cui seguono assessori che fanno da ponte tra soldi pubblici e interessi privati.

E quando finalmente qualche inchiesta giudiziaria comincia a scoperchiare il vaso, ecco che improvvisamente arrivano le dimissioni, sempre motivate da ragioni personali o familiari. Una commedia all’italiana, recitata così tante volte da aver perso ogni credibilità. Ma quanti sono realmente caduti in disgrazia? 

Quanti hanno davvero pagato per i loro errori? Ormai da oltre trent’anni assistiamo a questa sceneggiata, riproposta in ogni città, in ogni regione, come se fosse diventata la regola e non l’eccezione. Non si tratta più di singoli episodi isolati, ma di un vero e proprio metodo, consolidato nel tempo e ormai radicato nella nostra quotidianità.

L’imprenditoria malsana, quella che negli anni abbiamo visto sfilare in televisione, sui giornali e sui social, non ha servito soltanto la criminalità organizzata, ha altresì alimentato anche quel pezzo dello Stato che avrebbe dovuto controllarla. 

Funzionari, dirigenti, politici che invece di vigilare sono diventati complici, garantendo che il flusso di denaro e soprattutto i favori non si interrompessero mai. Un circolo vizioso in cui la politica si nutre di affari sporchi e gli affari sporchi si nutrono della politica, in un abbraccio mortale che strangola ogni possibilità di cambiamento.

Allora chiedo: chi mai potrà smantellare questo meccanismo? Se la politica continua a perseguire i propri interessi opachi, gli scandali che leggiamo ogni giorno saranno semplicemente fuochi di paglia, destinati a spegnersi senza lasciare traccia. 

La corruzione non è più un incidente di percorso, è diventata strutturale, quasi inevitabile. È come un cancro che si autoalimenta grazie a politici corrotti finanziati da imprenditori poco puliti o legati alla criminalità, i quali a loro volta chiedono favori a burocrati che, in cambio della carriera, chiudono entrambi gli occhi.

Ma una speranza c’è. Forse dobbiamo tornare a quel momento storico del 1945, quando il Paese, dopo anni di guerra e umiliazioni, seppe rialzarsi, capì che era necessario ricostruire tutto, partendo da zero e abbandonando il marciume del passato. 

Solo così potremo sognare un’Italia diversa, equa, senza diseguaglianze, senza ladri nascosti dietro poltrone istituzionali. Dobbiamo trovare il coraggio di estirpare questa malattia, di liberare il Paese da chi lo sta soffocando, perché solo eliminando il male alla radice potremo sperare di riavere un Paese degno di essere chiamato tale.

Ama la verità, mostrati qual sei, senza infingimenti, senza paure e senza riguardi. E se la verità ti costa la persecuzione, e tu accettala; e se il tormento, e tu sopportalo. E se per la verità dovessi sacrificare te stesso e la tua vita, e tu sii forte nel sacrificio!!!


Ho come l’impressione a volte che ciascuno, conduca la propria vita per come gli è stata prestabilita…

Non sono propriamente un fatalista, perché credo che ognuno di noi possa modificare – in ogni momento – quel proprio percorso intrapreso e nessuno, sì… neppure Dio è in grado di poter cambiare quelle nostre scelte!!! 
Ora sono sicuro che qualcuno verrà a dirmi che, anche queste nostre decisioni, erano state previste e facevano parte di un disegno più alto, sovrannaturale…  
Ma io su questo punto ho forti dubbi e credo che quel cosiddetto “libero arbitrio” permetta a ciascuno di noi, di fare ciò che cazz… vogliamo, senza doverci giustificare e soprattutto senza dover dare conto a qualsivoglia soggetto, sia egli terreno… che uktraterreno…

La vita è nostra e ciascuno può decidere di viverla come meglio ritiene… e non sto parlando di dover scegliere tra fede e scienza, anzi, questi due percorsi possono essere a volte complementari o quantomeno convergenti, se la loro ricerca, punta a trascendere verso la verità…

Ho letto molti libri sull’argomento, tra i quali per ultimo quello del Prof. A. Zichichi,  intitolato “Perchè io credo in colui che ha fatto il mondo” nel quale l’autore prova a dimostrare come la scienza non esclude la fede, anzi ha bisogno di essa quale complemento…
D’altronde: “La ricerca metodica in ogni disciplina, se procede in maniera veramente scientifica e secondo le norme morali, non sarà mai in reale contrasto con la fede, perché le realtà profane e le realtà della fede hanno origine dal medesimo Dio. Anzi, chi si sforza con umiltà e con perseveranza di scandagliare i segreti della realtà, anche senza avvertirlo viene come condotto dalla mano di Dio”.
Ma in questo post non voglio dilungarmi in considerazioni teologico/scientifico, m’interessa viceversa fare emergere un altro aspetto, quello personale dell’uomo…
Ciò che noto maggiormente nei miei simili, è un’abituale comportamento, ripetuto costantemente, anche dinnanzi alla prova che esso possa essere nei fatti errato… 
Ed allora, è proprio in questi particolari momenti che mi accorgo di come a nessuno interessa ricercare la verità… quell’unica verità, ma bensì, ciascuno punta a trovarne una propria, quella che fa loro più comodo… 
L’importante per loro non è giungere alla verità, possa quest’ultima essere anche “falsa”, non ha per loro alcuna importanza, già, l’importante e che da quella decisione possa scaturire un vantaggio personale o quantomeno che non si concretizzi una gratificazione, per colui o per coloro che l’avevano per l’appunto fatta evidenziare…

Ed eccoli quindi questi individui, personaggi sterili che vivono le loro vita in modo “insignificante“!!!

D’altronde se li osservate bene, vedrete che anche quei loro partner sono identici a loro, sì come il detto: “Dio li fa e tra di loro s’accoppiano”!!!
Solitamente questi soggetti non fanno altro che esprimere giudizi o critiche, verso situazioni di cui non hanno conoscenza, perché non le hanno mai vissuto in maniera diretta, ma le hanno esclusivamente sentite raccontate da altri ed ora provano a riportarle, come fossero essi stessi gli attori principali…
Eppure ci dovrebbe essere un momento nel corso di quelle loro vita in cui il riscatto familiare, sociale o professionale emerga in tutta la sua veemenza, ed invece nulla, questi esseri amorfi stanno lì trascorrendo le loro giornate nello stesso modo, potremmo dire che quasi non si avvertono, non esistono per nessuno, certamente non aspettatevi una qualche iniziativa personale, perché se vedono qualcosa, ad esempio una circostanza “ambigua” tale da mettere a repentaglio quella propria serenità, ecco che si girano dall’altra parte e si mostrano indifferenti, evitando così d’affrontare quelle eventuali situazioni, che potrebbero di fatto danneggiarli…
Sarebbe bello se questi soggetti fossero una minoranza, sì quantomeno li vedrei vivere all’interno di quel loro microcosmo, lontano e separato dal nostro, un mondo che possiamo osservare e che mette a nudo quella povertà morale, espressa quotidianamente con azioni meschine e con comportamenti ambigui, fatti di compromessi e favori!!! 
Ma purtroppo non è così… già, perché sono loro a governare questa società e l’hanno talmente resa “infetta”, che hanno contagiato quasi tutti… 
Sì… restiamo noi!!!
Pochi soggetti moralmente “liberi”, ancora disponibili a sacrificarci per tutti coloro che desiderano essere salvati…

25 Aprile 1945: Liberati da cosa, se non da noi stessi…

Sono in pochi a sapere che la data del 25 aprile venne decisa solo quattro anni dopo e precisamente nel 1949…
La scelta cadde su quel giorno, perché era il giorno della liberazione dei partigiani delle città di Milano e Torino, ma pochi sanno che la guerra continuò ancora per qualche giorno e precisamente fino ai primi giorni di maggio.

L’hanno definita “festa della liberazione“… ma liberazione da cosa, dal fascismo forse???
Ma se in quel periodo erano tutti fascisti ed erano pochi gli italiani che avevano avuto il coraggio di ribellarsi a quel governo fascista del Duce, tanto da venire deportati o essere emarginati dalla società…
In quell’analisi, non si tiene conto delle vicissitudini italiane e di quel periodo storico, si viole esclusivamente premiare i partigiani, ma dimenticano volontariamente quanto accaduto a causa loro, mi riferisco alle vittime decedute a seguito di attentati commessi dal loro gruppo di resistenza… oppure di quel successivo periodo di fine della guerra ,che condusse – attraverso un gruppo ristretto ai partigiani – ad una insensata guerra civile, fatta di saccheggi e di violenze gratuite  da parte di quei partigiani che potremmo equiparare per condotta, ai peggiori nazisti delle SS…
Per favore quindi… non mi parlate di lotta di liberazione dai tedeschi o dal fascismo, di un momento di riscatto politico e militare della nostra nazione, di una riconquista della libertà e della democrazia!!!
Gli italiani avevano scelto il “fascismo”, ci credevano, erano esaltati nel vedere il DUX da quel balcone , ed oggi, dopo che sono trascorsi più di settant’anni, non si ha minimamente il coraggio di raccontare all’opinione pubblica quella verità scomoda e cioè, descrivere uanto accaduto realmente, senza liquidare quel periodo, quasi fosse stato un infortunio storico…
Si sa… nei successivi anni si è cercato di portare avanti una nuova costruzione della memoria, in particolare grazie alla pubblicazione di libri (scritti da social-comunisti) o sulla quella carta stampata (di quotidiani d’ispirazione cattolico-democristiana), dove si è creato uno stereotipo di quella Resistenza, divenuta con gli anni – in particolare fra gli strati meno acculturati – l’unica vera componente, che determinò la liberazione del nostro paese…
Ma se per un istante ci fermassimo a rileggere la storia o quantomeno nutrissimo riserve sulla loro fondatezza, ci accorgeremo di come una grossa parte del paese, durante il referendum istituzionale del 2 giugno 1946, avesse espresso per l’ennesima volta, la propria fiducia a quel re fedifrago!!!
Monarchia o Repubblica… fu la domanda posta agli italiani con quel referendum e sappiamo bene come poco più della metà di quel 54,3% degli elettori (furono ammesse per l’occasione al voto le donne, altrimenti non si sarebbe raggiunta la maggioranza…) votò per la Repubblica, con un scarto minimo di appena due milioni di voti, decretando così la fine della Monarchia… 
Viene quindi da chiedersi: Ma come… metà degli italiani votarono per quella monarchia (la stessa che aveva permesso a Mussolini di diventare dittatore, una monarchia che nel momento del pericolo era fuggita via saccheggiando i forzieri del nostro paese),  invece di premiare i partigiani e la resistenza da essi compiuta, ad appena un anno dalla liberazione???
Quanto sopra insegna come i ricorsi storici si ripetano… 
Ad esempio vedasi quanto sta accadendo in questi giorni… e di come la paura dell’italiano di allora venga riproposta oggi, già… quel timore per tutto ciò che è il nuovo e quella desiderata riproposizione di continuità, che suona come implicita sconfessione delle istanze di rinnovamento incarnate allora dal movimento di liberazione ed oggi dai movimenti politici definiti “populisti”…
Ancora una volta, a distanza di tanti anni, le nostre forze istituzionali provano a influenzare l’opinione pubblica descrivendo quel periodo in maniera difforme, ignorando appositamente quanto accaduto e cioè che allora il nostro paese aveva molto da farsi perdonare dai vincitori, perché con se, portava le colpe non solo del fascismo, ma anche della guerra rovinosa da esso dichiarata.
Ecco perché oggi dobbiamo rivalutare quel periodo e la sua resistenza, dobbiamo guardare a tutta la vicenda che inizia con il periodo prefascista e si conclude con la guerra di liberazione e con tutte quelle migliaia di vittime decedute a causa di “giustizie sommarie” improvvisate dai tribunali militari partigiani… 
Cerchiamo prima di tutto quindi di capire, di comprendere cosa ha significato vivere in quel periodo, coglierne tutte le diversità morali e collocarle in un’epoca di guerra, imbarbarito da una violenza estrema perpetrata sulla popolazione civile, senza precedenti nell’età contemporanea… 
Il tempo della resa dei conti è finito… e il nostro Paese deve saper andare avanti, ammettendo ahimè anche le proprie colpe, che come sappiamo sono state tante!!!
Nasconderci ancora una volta… non servirà a nulla, come provare a festeggiare una liberazione che non vi è mai stata, non darà al nostro paese nuova dignità o il rispetto di coloro che oggi siedono insieme a noi come partner europei o in quanto inseriti in quella organizzazione internazionale per la collaborazione nel settore della difesa….
Di contro, riuscire ad ammettere i nostri errori, farà crescere le coscienze dei nostri giovani (peraltro sono gli stessi che oggi – quantomeno due su tre – non sanno minimamente cosa si stia festeggiando…), affinché gli errori d’allora, non abbiano a ripetersi… 

Sognando la pensione…

Mi sono andato a leggere le ultime novità riforme sulla riforma pensionistica ed allora stasera ne ho fatto un collage, sperando comunque di non aver commesso errori…  
Per cui… sino al 31 dicembre 2011 l’accesso al pensionamento di vecchiaia per i lavoratori iscritti alla previdenza pubblica era consentito per i lavoratori uomini con almeno 65 anni di età; per le donne il trattamento era conseguibile al perfezionamento di 61 anni di età, se lavoratrici del pubblico impiego, e 60 anni se appartenenti al settore privato. 
Per tutti era necessario, di regola, avere almeno 20 anni di contributi.
La riforma Fornero, DL 201/2011 ha inasprito in generale i requisiti di accesso fissandoli a 66 anni per gli uomini (dipendenti ed autonomi) e per le lavoratrici del pubblico impiego; la riforma ha anche innalzato gradualmente i requisiti con riferimento alle lavoratrici del settore privato, con l’obiettivo di parificare l’età pensionabile tra uomini e donne entro il 2018 (anno in cui i requisiti saranno uguali per tutti). 
Tra le novità c’è anche una buona notizia: le finestre mobili sono andate in soffitta. 
La pensione dal 2012, pertanto, può essere conseguita il primo giorno del mese successivo al perfezionamento dei requisiti anagrafici e contributivi richiesti.
Vediamo dunque di riassumere le condizioni attualmente vigenti per l’accesso alla pensione di vecchiaia:
– La Pensione di Vecchiaia nel sistema retributivo o misto
– La deroga per i quindicenni
– La Pensione di vecchiaia nel sistema contributivo
– La decorrenza
La Pensione di Vecchiaia nel sistema Retributivo o Misto
I lavoratori che possono vantare contribuzione al 31 Dicembre 1995 e che, quindi, sono al 31 Dicembre 2011 nel sistema retributivo o misto possono accedere alla prestazione di vecchiaia al perfezionamento di 66 anni e 7 mesi (dal 1° gennaio 2016). 
Tale requisito è richiesto anche alle lavoratrici del settore pubblico. 
Alle lavoratrici dipendenti del settore privato sono richiesti requisiti leggermente inferiori (pari a 65 anni e 7 mesi, sempre dal 1° gennaio 2016) ma in graduale e lento innalzamento al fine di raggiungere la parità tra uomini e donne dal 2018. 
Alle lavoratrici del settore autonomo sono richiesti invece 66 anni e 1 mesi (dal 1° gennaio 2016).
Dal 1° gennaio 2018, comunque tutti i lavoratori e lavoratrici accederanno alla prestazione di vecchiaia al perfezionamento di 66 anni e 7 mesi di età.
Stima di vita – I requisiti anagrafici utili per l’accesso alla pensione di vecchiaia sono oggetto dell’adeguamento alla stima di vita Istat a partire dal 1° gennaio 2013. 
Il primo aumento è stato di 3 mesi, il secondo aumento, pari ad ulteriori 4 mesi, è scattato il 1° gennaio 2016. 
Per effetto delle modifiche introdotte dalla Riforma Fornero e dall’applicazione della stima di vita la pensione di vecchiaia potrà essere conseguita al perfezionamento delle età anagrafiche indicate nella seguente tabella.
Il Requisito contributivo – Unitamente al requisito anagrafico i lavoratori devono vantare, congiuntamente, almeno 20 anni di contribuzione. 
Ai fini del raggiungimento di tale requisito è valutabile la contribuzione a qualsiasi titolo versata o accreditata in favore dell’assicurato.
I Quindicenni
Resta salva la possibilità per alcuni lavoratori di accedere alla pensione di vecchiaia con 15 anni di contributi. 
L’Inps, con la Circolare Inps 16/2013, ha chiarito infatti che resta in vigore, anche dopo la Riforma Fornero del 2011, la possibilità di accedere alla pensione di vecchiaia con 15 anni di contributi in deroga alla disciplina vigente che, come detto, chiede almeno 20 anni di contribuzione accreditata. 
Si tratta dei cd. lavoratori quindicenni, per lo più donne, e lavoratori con attività discontinue (servizi domestici e familiari, lavoratori agricoli, lavoratori dello spettacolo).
Sono interessati alla deroga in parola: a) i lavoratori dipendenti e autonomi che hanno perfezionato 15 anni di contributi entro il 31 dicembre 1992; b) i lavoratori dipendenti ed autonomi che sono stati autorizzati ai volontari entro il 31 dicembre 1992; c) i lavoratori dipendenti che possono far valere un’anzianità assicurativa di almeno 25 anni e risultano occupati per almeno 10 anni per periodi di durata inferiore a 52 settimane nell’anno solare; d) i lavoratori dipendenti che abbiano maturato al 31 dicembre 1992 un’anzianità assicurativa e contributiva tale che, anche se incrementata dei periodi intercorrenti tra il 1°  gennaio 1993 e la fine del mese di compimento dell’età per il pensionamento di vecchiaia, non consentirebbe di conseguire i 20 anni di contributi nell’anno di compimento dell’età pensionabile.
Per i lavoratori del pubblico impiego (ex-inpdap) la deroga è riconosciuta solo se risultano soddisfatte le condizioni indicate nei punti a) e d). 
Per gli iscritti al fondo ex-enpals la deroga è riconosciuta limitatamente alle fattispecie indicate nei punti a), b) e d). 
Per i lavoratori iscritti al soppresso fondo Poste la deroga è riconosciuta solo per il punto d). 
La deroga non interessa i lavoratori iscritti al fondo speciale di previdenza dei lavoratori dipendenti delle Ferrovie dello Stato.
L’età per la pensione è quella Fornero. 
Gli interessati alla deroga devono tuttavia perfezionare il requisito anagrafico previsto dalla Legge Fornero. 
Pertanto, a decorrere dal 1° gennaio 2016, i lavoratori interessati potranno conseguire la pensione di vecchiaia compiendo un’età pari a: 65 anni e 7 mesi per le lavoratrici dipendenti; 66 anni e 1 mese per le lavoratrici autonome; 66 anni e 7 mesi per i lavoratori dipendenti, le lavoratrici dipendenti del settore pubblico, i lavoratori autonomi.
La Pensione di Vecchiaia nel sistema Contributivo
I lavoratori per i quali il primo accredito contributivo decorre dal 1° gennaio 1996, possono ottenere la pensione al perfezionamento dei medesimi requisiti anagrafici previsti per i lavoratori nel sistema retributivo o misto. 
Tuttavia, a differenza di costoro, per conseguire il diritto alla pensione di vecchiaia, oltre alla presenza del requisito contributivo di 20 anni e del requisito anagrafico, devono ulteriormente soddisfare il requisito di avere un importo della pensione superiore a 1,5 volte l’importo dell’assegno sociale.
In caso contrario possono accedere al trattamento di vecchiaia al compimento dei 70 anni di età e con 5 anni di contribuzione “effettiva” (cioè obbligatoria, volontaria e da riscatto) – con esclusione della contribuzione accreditata figurativamente a qualsiasi titolo – a prescindere dall’importo della pensione. 
Il requisito anagrafico di 70 anni è soggetto agli adeguamenti in materia di stima di vita (dal 2016 sono quindi necessari 70 anni e 7 mesi di età).
Pertanto, alla luce di quanto detto, i lavoratori in parola possono accedere alla prestazione pensionistica al perfezionamento dei requisiti indicati nella seguente tabella.
La Decorrenza
Per effetto della disapplicazione delle finestre mobili operato dalla Riforma del 2011 la pensione di vecchiaia, come la pensione anticipata, decorre dal primo giorno del mese successivo a quello nel quale l’assicurato ha compiuto l’età pensionabile.
Com’è noto ai fini del conseguimento della prestazione pensionistica è richiesta la cessazione del rapporto di lavoro dipendente. 
Non è, invece, richiesta la cessazione dell’attività svolta in qualità di lavoratore autonomo.
Comunque i documenti delle circolari sono i seguenti: Circolare Inps 35/2012; Circolare Inps 37/2012.