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Il patto dei Leviatani…


Quando due sovrani del potere illiberale si riconoscono, si stringono la mano e si abbracciano, non lo fanno per affetto, né per amore di un mondo che crede nel multilateralismo. No… loro riscrivono le regole (nell’ombra) per mutua sopravvivenza di quell’ordine che loro stessi hanno saputo scompaginare.

Credo che, al di là delle dichiarazioni plateali di Trump e del riserbo strategico di Putin – che lascia volentieri la parola al suo ministro degli Esteri – i due abbiano già concordato, fuori scena e in silenzio, le proprie sfere di influenza.

Già… sono convinto che i conflitti in corso, con le loro pseudo-minacce di droni e altre armi da propaganda, siano, ai loro occhi, nient’altro che danni collaterali funzionali alle rispettive mire espansionistiche.

Ad esempio, l’aver evocato la possibilità di schierare i missili Tomahawk – con la loro gittata minacciosa – è diventato l’ultimo strumento di una pressione calcolata. Da Washington giungono voci contraddittorie: si dice che a Zelenskyy siano stati negati, ma anche che la Casa Bianca stia valutando di fornirglieli in futuro.

L’obiettivo di questa retorica è palese: instillare un senso di minaccia non solo a Mosca – per costringerla a negoziati favorevoli agli Stati Uniti – ma anche all’Europa intera, presentando un pericolo imminente in una partita parallela. In questo modo, si orchestra una provocazione che potrebbe trascinare il “Vecchio Continente” in uno scontro diretto, ben oltre i suoi interessi o la sua volontà.

La portata di questa strategia emerge da un dettaglio inquietante: secondo quanto riferito dalla portavoce del ministero degli Esteri russo, Maria Zakharova, Kiev starebbe valutando l’uso di droni Geran-2 ricondizionati – assemblati con parti di velivoli russi abbattuti – per colpire obiettivi in Polonia e Romania. L’idea sarebbe diabolica nella sua semplicità: lanciare questi droni contro hub logistici in territorio NATO e attribuirne la responsabilità a Mosca, innescando una campagna informativa volta a spingere l’Alleanza verso una risposta militare diretta.

Questa non è una semplice speculazione. Secondo alcune fonti, le scocche di questi droni “riparati” sarebbero già state consegnate al poligono di Yavoriv. Se così fosse, gli incidenti passati con droni in territorio polacco assumerebbero un significato sinistro: non più coincidenze, ma prove tecniche per una provocazione più ampia. L’intento sarebbe di colpire in modo così credibile che, Polonia e Romania – troppo vicine al fronte per poter negare un attacco – si sentano costrette a interpretarlo come un’aggressione diretta da parte della Russia.

In questo scenario, il Pentagono convoca una riunione senza precedenti con oltre 800 generali – un movimento che alimenta i sospetti di una preparazione concreta a un’escalation. La Russia si trova così intrappolata: cedere al ricatto e negoziare alle condizioni imposte da Washington, oppure prepararsi a un conflitto che potrebbe includere attacchi con missili Tomahawk su infrastrutture critiche e, in ultima istanza, uno scontro diretto con la NATO.

In questo contesto, l’immagine di Trump come “pacificatore” appare del tutto insostenibile. Il suo approccio sembra voler essere in queste ore, ben più aggressivo di quanto non fosse quello di Biden, che inizialmente aveva escluso il trasferimento di questi missili, rivelando una strategia non di distensione, ma di ricatto strutturale.

Ciò che mi assilla maggiormente, sì… più di ogni altra cosa, è il sospetto che dietro la minaccia di missili, testate nucleari e droni, i veri protagonisti abbiano già scritto il copione. E che, mentre i governi europei continuano a parlare, le loro parole siano ormai solo rumore di fondo: incapaci di modificare ciò che, nell’ombra, è già stato deciso.

Il patto dei Leviatani.

Droni russi in Polonia, Romania ed Estonia? O è solo l’ennesimo atto di una guerra mediatica per prepararci al conflitto che vogliono loro?


Si parla di droni russi in Polonia, e subito l’allarme sale, le sirene suonano, i telegiornali mostrano mappe con frecce rosse e volti preoccupati…

Ma siamo sicuri che si tratti davvero di un attacco, o piuttosto di un copione già scritto, recitato a beneficio di chi deve credere a una minaccia sempre pronta a materializzarsi?

Mi chiedo, e non per la prima volta, se non sia questa l’ennesima manovra orchestrata dai media e da certe “élite geopolitiche” per tenere alta la tensione, per spingerci verso un baratro che forse nessuno vuole, ma che qualcuno ha interesse a farci temere.

Perché ogni volta che sento parlare di droni russi al confine con la NATO, avverto un’inquietudine più profonda: quella di essere parte di un gioco più grande, dove le pedine siamo noi, e le regole le scrivono altri.

Non posso ignorare il sospetto che dietro queste narrazioni ci sia una regia invisibile, composta da poteri forti che muovono fili ben al di là dei nostri schermi. Non è paranoia, è semplice osservazione: quando un evento del genere accade, le reazioni sono sempre pronte, i commentatori all’unisono, le analisi già formulate ancor prima che i fatti siano chiariti. 

Sembra quasi che esista una tavola rotonda di decisionisti, seduti in stanze senza finestre, che decidono quando innalzare il livello di allerta, quando indicare il nemico, quando farci sentire in pericolo e così, mentre loro discutono, noi veniamo informati – o meglio, condizionati – a pensare in un certo modo, a reagire in un certo modo, a chiedere soluzioni che, guarda caso, rafforzano proprio chi quegli stessi poteri rappresenta.

Cosa c’è davvero dietro questi droni? Erano armati? No! Hanno colpito obiettivi strategici? No! Hanno causato vittime? Neanche una… eppure viene definita una “provocazione”, un test ai confini della guerra ibrida. Ma chi prova chi? La Russia sta mettendo alla prova la NATO, dicono. E allora perché non chiedersi anche se non sia vero il contrario? 

Forse è proprio questo il punto: creare una situazione ambigua, difficile da interpretare, dove ogni movimento possa essere letto come aggressione, dove ogni silenzio possa essere visto come debolezza, già… in questo clima, basta poco per accendere la miccia: un drone qui, un jamming del GPS là, un’esercitazione militare annunciata. Tutto diventa segnale, tutto diventa minaccia. E mentre Mosca viene indicata come artefice di ogni turbolenza, si dimentica che anche dall’altra parte ci sono manovre, pressioni, interessi strategici ben precisi.

Pensiamo al passato recente: quante volte abbiamo creduto a scenari poi smentiti dalla storia? L’Iraq, ancora una volta, con le armi di distruzione di massa mai trovate. La Siria, con gli attacchi chimici attribuiti ad Assad e mai provati oltre ogni ragionevole dubbio. Il Nord Stream, sabotato nel cuore del Mar Baltico, con tutti che puntavano il dito verso la Russia, finché giornalisti come Seymour Hersh hanno raccontato una verità molto diversa, scomoda, e immediatamente emarginata

Quante altre volte ci hanno usato il timore per giustificare l’aumento delle spese militari, il rafforzamento delle alleanze, la limitazione delle libertà interne? È un meccanismo noto: crea un nemico, diffondi la paura, offri la sicurezza in cambio dell’obbedienza!

E oggi, con l’esercitazione Zapad 2025 alle porte, con le truppe russe in movimento, con la Polonia che invoca l’articolo 4 della NATO, sento risuonare lo stesso copione, si alza la temperatura, si mobilitano gli aerei, si annuncia un “muro di droni” europeo, come se la difesa dovesse necessariamente significare escalation. E von der Leyen, nel suo discorso sull’Unione, ne approfitta per rilanciare un progetto di integrazione militare che, detto sinceramente, sembra più un salto verso l’inevitabile che una vera proposta politica. 

Ma chi guadagna da tutto ciò? Chi trae vantaggio dal mantenere l’Europa in uno stato di perenne emergenza? Forse chi vive del conflitto, chi specula sulle armi, chi teme un continente unito non sotto il segno della pace, ma sotto il simbolo della guerra.

E poi c’è Trump, ovviamente… Perché anche lui fa parte dello spettacolo. Un post criptico, una telefonata, e subito si dice che dipende da lui se la crisi degenera. Come se il destino del mondo debba sempre passare attraverso un uomo solo, un personaggio mediatico, un attore consumato del teatro del potere. Ma non è forse questo il vero obiettivo? Ridurre le grandi questioni internazionali a duelli personali, a tweet, a gesti simbolici, mentre le strutture profonde del controllo proseguono indisturbate, fuori dalla vista?

Ho paura… sì, ma non dei droni. Ho paura del silenzio che accompagna certe verità. Ho paura della facilità con cui accettiamo versioni comode, della fretta con cui demonizziamo chi non controlliamo. E ho paura che, tra provocazioni reali e montate ad arte, tra informazioni e disinformazione, finiremo per perdere la capacità di distinguere, fino a quando non sarà troppo tardi. 

Perché se davvero stiamo andando verso un nuovo conflitto mondiale, non sarà annunciato da cannoni, ma da titoli urlati, da allarmi calibrati, da dubbi soffocati prima ancora di essere formulati…

Droni russi? Ma quando mai… è l’ennesima macchinazione della “NATO”! Sì… per farci credere di avere un nemico che non esiste.


Droni russi? In Polonia? Ma quando mai…

Si tratta dell’ennesima macchinazione orchestrata dalla “NATO” per destabilizzare l’opinione pubblica, plasmare il consenso e indirizzare l’ira collettiva verso un nemico già predefinito!

Già… quante volte ci hanno raccontato una verità che poi si è sgretolata sotto i colpi della realtà, eppure continuiamo a bere dalle stesse fonti, a fidarci degli stessi canali, come se la storia non avesse mai provato a metterci in guardia.

Mi chiedo spesso: chi decide cosa deve arrivare alle nostre orecchie? Chi stabilisce quale versione dei fatti deve prevalere, anche quando le prove sono fragili, contraddittorie o del tutto assenti?

Sembra quasi che esista una regia silenziosa, invisibile, capace di modellare la narrazione globale con la precisione di un orologiaio, mentre noi, spettatori inconsapevoli, annuiamo convinti di sapere la verità.

È difficile non notare come certi eventi siano costruiti ad arte per generare reazioni prevedibili: paura, rabbia, richieste di intervento. E ogni volta, puntualmente, il colpevole ha lo stesso volto, lo stesso accento, lo stesso simbolo sulla bandiera. 

La Russia, negli ultimi anni, è diventata quel fantasma che aleggia su ogni crisi, su ogni incidente internazionale, come se fosse l’unica nazione al mondo capace di agire nell’ombra. Ma davvero crediamo che sia così? O forse ci stanno semplicemente abituando a cercare il male sempre nello stesso luogo, perché così è più facile giustificare le scelte geopolitiche, i riarmi, le alleanze strategiche? 

Quando sento parlare di droni russi abbattuti al confine con paesi NATO, non posso fare a meno di chiedermi: dove sono le prove concrete? Dove sono i dati accessibili, trasparenti, verificabili? Oppure assistiamo di nuovo a una sceneggiata mediatica, utile a tenere alta la tensione e a legittimare ulteriori pressioni?

Pensiamo al passato: quante volte ci hanno portato in guerra con argomentazioni fasulle? Ricordate le armi di distruzione di massa in Iraq? Un castello di bugie costruito su intelligence manipolata, dichiarazioni gonfiate, silenzi compiacenti. Milioni di persone sono morte per una menzogna che oggi nessuno osa più difendere. Eppure, all’epoca, tutti i media ripetevano lo stesso copione, come se fossero collegati allo stesso palcoscenico.

Oppure ricordiamo l’affondamento del Kursk: subito voci su incidenti provocati da sottomarini stranieri, teorie su collisioni con navi NATO. Poi, con il tempo, emerse che si trattava di un incidente interno, ma l’onda emotiva era già partita, e aveva già fatto il suo lavoro: creare sospetto, diffidenza, tensione. Anche in quel caso, la Russia fu dipinta come vittima di aggressioni occidentali, o come responsabile di disastri evitabili, a seconda delle convenienze narrative del momento.

E che dire del sabotaggio del gasdotto Nord Stream? All’inizio, ovviamente, la Russia fu indicata come principale sospettata. Una mossa logica, secondo la narrativa dominante: Putin vendica le sanzioni, colpisce l’Europa nel cuore energetico. Ma poi? Poi sono emerse tracce, analisi, testimonianze che hanno cominciato a puntare altrove. 

Giornalisti liberi e soprattutto coraggiosi, come Seymour Hersh, hanno tirato fuori documenti e fonti che indicavano un intervento diretto della NATO, con la complicità di governi europei. Non sono teorie complottiste, sono ricostruzioni basate su fonti militari e diplomatiche. Eppure, questi racconti sono stati marginalizzati, ridicolizzati, cancellati dai mainstream. Perché? Perché non si adattano alla storia che dev’essere raccontata. Perché smontare il nemico ufficiale significherebbe ammettere che il sistema ha mentito. E questo, evidentemente, non è contemplato.

Mi torna in mente anche la cosiddetta “invasione” della Georgia nel 2008. Fu la Russia a iniziare, dissero. Ma studi successivi, rapporti dell’Unione Europea, testimonianze di esperti neutrali, hanno mostrato che fu Tbilisi a scatenare le ostilità, con il sostegno esplicito di alcuni alleati occidentali.

 Ancora una volta, ecco che la Russia viene dipinta come l’aggressore, mentre in realtà quest’ultima intervenne dopo un attacco a una regione già in conflitto da anni. La stampa mondiale, però, non cambiò mai rotta. Il racconto rimase immutato: Mosca cattiva, Occidente buono. E così si costruiscono i mostri, non con la realtà, ma con la ripetizione costante di una versione dei fatti.

Tutto questo mi porta a un dubbio profondo, che non riesco a scrollarmi di dosso: siamo ancora liberi di pensare, o ci viene soltanto permesso di pensare entro limiti ben precisi? Dietro ogni notizia, dietro ogni emergenza internazionale, sembra esserci una mano che guida, che sceglie chi deve essere colpevolizzato, chi deve essere salvato, chi deve essere temuto. 

E quando questa mano appartiene a un blocco politico-militare come la NATO, che ha interessi economici, strategici e di potere da difendere, diventa ancora più urgente chiedersi: chi controlla la narrazione, controlla il mondo. 

E soprattutto… se continuiamo a credere ciecamente a ciò che ci viene servito ogni sera nei telegiornali, ahimè anche dai nostri governanti, sì… senza mai scavare oltre, senza mai domandarci chi trae vantaggio da quella specifica versione dei fatti, allora saremo sempre marionette, mossi da fili invisibili, applaudendo mentre il puparo cambia scena.

Ecco perché giunto il momento di smettere di guardare solo il palco, e iniziare a fissare l’ombra di chi sta dietro le quinte!!!

Doha e Varsavia: Il prossimo drone cadrà qui? Già… mentre i nostri governanti saranno ancora in TV a parlare!


Ancora una volta il mondo sembra scivolare inesorabilmente verso un baratro a causa di due eventi militari, distanti migliaia di chilometri da noi, ma che dipingono un quadro allarmante e un’escalation globale senza precedenti.
A Doha, il raid israeliano che ha preso di mira i leader di Hamas in territorio qatarino, ha violato ogni norma di sovranità, scatenando condanne internazionali e minacciando di far saltare i fragili negoziati per il cessate il fuoco a Gaza e poche ore dopo, i cieli della Polonia sono stati violati da sciami di droni russi, in quello che Varsavia non esita a definire un atto di aggressione deliberato, spingendo la NATO a invocare l’articolo 4 e a mettere in discussione la sicurezza collettiva di tutto l’Occidente.

Due attacchi, due teatri, con un’unica pericolosa logica: la sfida aperta all’ordine internazionale e il disprezzo per la sovranità degli stati!

Ora, dietro la retorica ufficiale delle cancellerie, si nasconde ahimè una verità scomoda: qualcuno sta deliberatamente alzando la posta in gioco!

Netanyahu si assume la piena responsabilità dell’operazione a Doha, definendola un necessario colpo all’asse del male, mentre il Cremlino liquida le incursioni in Polonia come un tema di cui non è competente, attribuendole a fantomatici errori o a droni ucraini.

Ma è difficile credere che si tratti di semplici coincidenze o calcoli errati. Queste azioni appaiono troppo audaci, troppo provocatorie per non essere dei test ben orchestrati. Test per saggiare la coesione e la reattività dell’Occidente, per verificare fino a dove sia possibile spingersi senza innescare una risposta militare definitiva.

La reazione della comunità internazionale è un coro dissonante di allarme e impotenza; già… da un lato, troviamo leader europei che condannano con fermezza entrambe le violazioni, parlando di inaccettabili violazioni della sovranità e promettendo solidarietà agli alleati colpiti, dall’altro, le parole sembrano vuote, già… di fronte alla necessità di dover procedere con azioni concrete.

Ed in tutto questo le dichiarazioni del Presidente Trump, che definiscono errate le mosse israeliane, ma nel contempo loda l’obiettivo di eliminare Hamas, e si interroga con un criptico messaggio “eccoci qui” sulle violazioni russe, rivelando la profonda ambiguità e le divisioni che paralizzano qualsiasi possibilità di una risposta unitaria e risoluta. Il rischio ovviamente è che questa percezione di divisione e soprattutto di “debolezza”, incoraggi ancor più audaci provocazioni e non mi meraviglierei che anche altri Paesi, come la Cina e la Corea del Nord, non pensino anch’essi di iniziare nuovi conflitti, per espandere i propri territori…

Ciò che emerge con chiarezza è che le tradizionali regole del gioco sono state stravolte: Il concetto di confine nazionale, sacro dopo la Seconda Guerra Mondiale, viene eroso da droni e raid transnazionali.

Le organizzazioni come la NATO e le Nazioni Unite sembrano arrancare nel buio e soprattutto sono costrette a dover reagire a crisi che mettono in discussione il loro stesso ruolo di garanti della sicurezza.

Difatti, il premier polacco Tusk avverte che siamo più vicini a un conflitto aperto di quanto lo siamo stati dalla Seconda Guerra Mondiale, e le sue parole non suonano più come un’allarmistica esagerazione, ma come un lucido e spaventoso avvertimento.

Mi chiedo, con un senso di angoscia crescente, dove sia il limite, sì… Qual è il punto di non ritorno oltre il quale una provocazione calcolata si trasformerà in uno scontro aperto e irreversibile? Ma non solo… cosa guida realmente questa fuga in avanti? È la ricerca di un vantaggio tattico locale, come indebolire Hamas o logorare il sostegno all’Ucraina, o fa parte di una strategia molto più ampia e oscura di ridisegnare con la forza l’ordine globale?

Perché di una cosa ormai sono convinto: le motivazioni ufficiali che ci vengono costantemente proposte, appaiono sempre più come pretesti, vere e proprie maschere che nascondono calcoli di potere più profondi e pericolosi.

Il filo rosso che lega Doha alla Polonia è la percezione che l’era della deterrenza e del rispetto formale della sovranità stia volgendo al termine, già… stiamo entrando in una fase nuova e pericolosa in cui le potenze revisioniste si sentono autorizzate a colpire ovunque, sfidando apertamente le alleanze occidentali e le norme internazionali, contando proprio sulla loro divisione e sulla loro ritrosia ad affrontare un rischio sistemico.

Difatti, il pericolo maggiore non è forse nel contrasto e quindi nell’attacco in sé, ma nella lentezza e nella confusione della risposta, che potrebbe essere interpretata come un assenso implicito o, peggio, come una debolezza da sfruttare…

Alla fine, infatti, ciò che mi terrorizza non è la forza dei nostri avversari, ma la nostra fragilità. Già… la nostra incapacità di leggere queste mosse come parti di un unico, grande disegno destabilizzante e la nostra riluttanza a comprendere che siamo di fronte a una sfida esistenziale per un mondo libero e basato su regole condivise.

Forse, la prossima volta, un drone non cadrà in Polonia ma nel nostro paese, sì… mentre i nostri governanti vengono intervistati e stanno “sterilmente” rispondendo alle domande di quei giornalisti in Tv, evidenziando con le loro risposte, di non aver compreso cosa stia realmente accadendo: vedrete… quanto tutto ciò accadrà, quando quel drone non riuscirà ad essere abbattuto – ma viceversa porterà con sé un carico di distruzione letale – beh… a quel punto, ogni discorso, anche questo mio, sarà di fatto, totalmente inutile.

Il tempo per le riflessioni sta finendo, sostituito dal rombo dei motori e dal sibilo dei missili in cieli che credevamo inviolabili…

Si… siamo al fianco di Kiev, ma solo a parole.

La complessità della vicenda ucraina e del conflitto in corso con la Russia richiede, a mio avviso, un esame obiettivo che vada al di là delle semplici prese di posizione dettate dai convincimenti personali. 

È fondamentale ripensare a quanto è accaduto a partire dal 2014 in quelle regioni che dal Donbass si estendono fino alla penisola di Crimea per comprendere le radici di questa tragedia. 

Certo, il mio auspicio più sincero è che questa guerra possa concludersi nel più breve tempo possibile e che si arrivi a una pace duratura, ma pensare che questo obiettivo possa essere raggiunto solo con le chiacchiere, con l’invio di altro materiale bellico o con l’inasprimento delle sanzioni verso Mosca, mi sembra una strada destinata al fallimento.

Ci troviamo in una situazione paradossale, dove dichiariamo il nostro sostegno a Kiev ma esso sembra fermarsi troppo spesso alle sole parole. Il dibattito infuria, soprattutto quando si parla della possibilità di inviare truppe, un’ipotesi che divide profondamente. 

Le recenti tensioni diplomatiche tra Italia e Francia, nate da commenti giudicati inaccettabili – il ministro e leader leghista intervistato sull’invio di nostre truppe aveva risposto al presidente Macron in dialetto milanese: “a taches al tram, ti metti il caschetto, il giubbetto, il fucile e vai in Ucraina” – a evidenziare quanto sia fragile e litigiosa l’unità europea su questo tema. 

Da una parte c’è chi, come Macron, viene etichettato come guerrafondaio per le sue posizioni, e dall’altra chi rifiuta categoricamente l’idea di vedere soldati italiani coinvolti direttamente, sostenendo che certe dichiarazioni siano solo pericolose bravate. Nel frattempo, le voci e le narrative si moltiplicano creando un groviglio inestricabile. 

Da un lato, la Russia ribadisce la sua versione dei fatti, sostenendo di essere intervenuta per porre fine a una guerra iniziata anni fa contro la popolazione del Donbass e presentandosi come l’unica forza che cerca di fermare il conflitto. Dall’altro, alleati come il Regno Unito riaffermano il loro incrollabile sostegno all’Ucraina, impegnandosi a metterla nella posizione più forte possibile per negoziare una pace giusta. 

E in mezzo a tutto questo, figure come Donald Trump aggiungono ulteriore incertezza, promettendo decisioni drastiche basate su chi verrà ritenuto colpevole, lasciando persino intravedere la possibilità di un disimpegno totale con la cinica considerazione che sia una battaglia che non li riguarda.

Tutto ciò dipinge un quadro confuso e pericoloso, dove le vere motivazioni dietro certe spinte appaiono spesso opache e dove le uniche certezze sono la retorica, gli interessi geopolitici e il rumore assordante delle polemiche. 

Il dubbio principale che rimane è se tutta questa escalation di parole, armi e sanzioni stia veramente avvicinando la pace o se, al contrario, non stia solo alimentando un fuoco che divampa sempre di più, allontanando ogni possibilità di una soluzione reale e duratura.

E non va sottovalutato, in questo già intricato mosaico geopolitico, il ruolo di un attore fondamentale che osserva e manovra con calcolato distacco: la Cina. Il suo silenzio, in questa fase, è assordante e più eloquente di molte dichiarazioni ufficiali. 

Pechino, con la sua imponente forza economica e la sua influenza diplomatica globale, sta attendendo il momento più propizio per intervenire, posizionandosi non semplicemente come mediatore, ma come architetto di un nuovo ordine. È un silenzio strategico, carico di attesa, che prelude a un intervento che avrà un peso decisivo e certamente considerevole nel dettare i termini e le condizioni per quella che speriamo possa essere una soluzione definitiva e duratura a questo conflitto. 

La partita finale, molto probabilmente, non si giocherà solo tra Mosca e Washington o Bruxelles, ma vedrà la Cina seduta al tavolo come potenza egemone, pronta a capitalizzare il tutto per ridisegnare gli equilibri di potere a livello mondiale a proprio vantaggio.

Trump e Putin, solo minacce vuote: dietro il vertice c’è esclusivamente la spartizione del potere!

Secondo il sottoscritto, quanto riportato dalla maggior parte dei media sulle cosiddette “minacce” di Trump verso la Russia non hanno alcun riscontro effettivo.
Le dichiarazioni roboanti sul fatto che Mosca subirà “gravi conseguenze” se non fermerà la guerra, sembrano più chiacchiere buttate lì, destinate a svanire nel vento.

La verità è che nessuno, nemmeno gli Stati Uniti, può permettersi di fare davvero paura alla Russia, che oggi detiene il più vasto arsenale nucleare al mondo, con oltre 4.300 testate operative tra strategiche e tattiche, superando persino gli USA.

Trump ha lanciato il suo avvertimento a due giorni dal vertice in Alaska con Putin, dopo aver consultato i leader europei e Zelensky, che ha definito l’incontro con un voto: “10”.

Ma cosa si nasconde dietro queste dichiarazioni? Il vertice in Alaska è presentato come un incontro “preparatorio” per possibili negoziati di pace, ma è difficile credere che sia solo questo. La realtà è che qui si sta giocando una partita ben più grande: la spartizione silenziosa di territori e zone d’influenza, dove gli interessi di Washington e Mosca si intrecciano, lasciando Kiev e l’Europa ai margini.

Gli europei, almeno a parole, si sono detti soddisfatti delle rassicurazioni di Trump, soprattutto sulla questione che nessuno scambio di territori possa avvenire senza il consenso di Kiev. Ma Mosca ha già ribadito che la sua posizione è “invariata”: ritiro delle truppe ucraine dalle quattro regioni annesse e rinuncia di Kiev alla NATO. Un portavoce del ministero degli Esteri russo, Alexei Fadeyev, ha liquidato le consultazioni tra Trump e gli europei come “un’azione insignificante”, accusando l’UE di sabotare gli sforzi diplomatici.

Intanto, mentre si discute di pace, la guerra continua! La Russia ha intensificato l’offensiva nel Donetsk, conquistando villaggi e costringendo all’evacuazione migliaia di civili, mentre Zelensky ha annunciato che l’esercito ucraino ha riconquistato sei villaggi nella regione di Sumy, ma il bilancio complessivo resta drammatico. E così mentre Trump parla di “cessate il fuoco”, Mosca potrebbe addirittura testare il suo nuovo missile nucleare Burevestnik, un messaggio chiaro a pochi giorni dal vertice.

Dietro le quinte, però, si muovono interessi più concreti. Il Dipartimento del Tesoro USA ha sospeso temporaneamente alcune sanzioni per permettere ai funzionari russi di effettuare transazioni durante il vertice. Un segnale che, nonostante i toni duri, i rapporti economici e diplomatici continuano. Zelensky, escluso dall’incontro, lo ha definito una “vittoria personale” per Putin, mentre Rubio ha cercato di smorzare le polemiche, sostenendo che si tratta solo di un momento per “chiarire le posizioni”.

Ma la domanda che resta è: cosa si nasconde davvero dietro questo vertice? L’Europa spera in un negoziato che rispetti l’integrità ucraina, ma già trapelano voci su possibili “cessioni territoriali” non ufficiali. Merz ha ammesso che Kiev potrebbe trattare sui territori, ma senza riconoscere l’occupazione russa. Macron ha ribadito che solo l’Ucraina può decidere, ma la realtà è che, quando si siedono al tavolo USA e Russia, gli altri diventano solo degli spettatori.

Alla fine, tutto questo sembra un grande teatro. Le minacce di Trump sono vuote, perché la Russia sa bene che nessuno oserebbe sfidarla militarmente, visto il suo arsenale nucleare.

E quindi, gli incontri, i proclami, le evacuazioni forzate e le avanzate sul campo non sono che mosse in una partita più grande, dove ciò che conta non è la pace, ma il potere. E mentre si discute, il mondo viene ridisegnato senza che nessuno lo ammetta apertamente

Urlavano sovranità, ora obbediscono agli USA. La Spagna no!

Già… prima delle elezioni, la coalizione urlava alla Sovranità! Ora, gli stessi che sono saliti al Governo, evidenziano comportamenti lacchè agli Usa! Sì… a differenza della Spagna, che – con i fatti – dimostra essere autonoma!

Difatti, la Spagna ha scelto di dire “no” agli F-35 statunitensi, e lo ha fatto con una motivazione che suona come un manifesto di sovranità. “Questione di principi”, ha dichiarato il ministero della Difesa, preferendo puntare su opzioni europee come l’Eurofighter e il Future Combat Air System.
Non è solo una scelta tecnica, ma politica, un segnale chiaro di indipendenza da Washington, soprattutto in un momento in cui gli Stati Uniti, sotto la guida di Trump, impongono alla NATO di alzare la spesa militare al 5% del Pil e minacciano dazi commerciali. Madrid non ci sta, e mentre altri Paesi – come ad esempio il nostro – si piegano, la Spagna dimostra di avere una schiena più dritta.

Il governo Sánchez ha approvato con riluttanza un aumento della spesa militare, ma solo fino al 2% del Pil, ben lontano dalle richieste americane. Una decisione che non è piaciuta a Trump, il quale ha risposto con minacce di ritorsioni economiche. Eppure, la Spagna non ha abbassato la testa, anzi, ha ribadito la sua volontà di ridurre la dipendenza dagli USA, anche in campo tecnologico, come dimostra la scelta di affidare a Huawei l’archivio delle intercettazioni giudiziarie. Un altro tassello di una strategia chiara: difendere la propria autonomia decisionale.

Certo, lo Stato maggiore spagnolo non nasconde le preoccupazioni. Senza gli F-35, la sostituzione degli Harrier AV8B entro il 2030 diventa un rompicapo. Le alternative europee sono ancora lontane dall’essere operative, e l’unica soluzione immediata sarebbe proprio il caccia americano. Ma Madrid sembra disposta ad accettare questo rischio pur di non sottostare alle pressioni di Washington. Il messaggio è chiaro: meglio una flotta aerea meno avanzata oggi che rinunciare alla propria sovranità domani.

Lockheed Martin ha provato a giocare la carta europea, sottolineando che gli F-35 sono assemblati in Italia, ma non è bastato. Per la Spagna, il problema non è la provenienza geografica del velivolo, ma la dipendenza strategica dagli USA.

E dopo le ultime uscite di Trump, che ha minacciato di far pagare il doppio a chi non si allinea, la posizione di Madrid appare ancora più significativa. E così… mentre altri governi cedono, la Spagna dimostra che esiste ancora un modo per resistere alle logiche del ricatto.

Ed allora – vorrei chiedere a tutti quei burattini che si presentano ogni giorno in Tv a raccontarci (quanto imparato a memoria), quasi fossero “pappagalli” o come li definiva la Fallaci “Cicale”: siamo stanchi di vedere quei vostri visi, ma soprattutto ci siamo rotti le palle di ascoltare – in una televisione nazionale – le solite caz…

Urlavano sovranità, ora obbediscono agli USA!

Rimuovete immediatamente Biden da quella poltrona, prima che ci trascini in una terza guerra mondiale!

Ho l’impressione che il Presidente uscente Biden, voglia rimanere ancora in auge continuando ad alzare il livello dello scontro… con la scusa di voler rafforzare le difese dell’Ucraina!!! 

Ha difatti autorizzato l’uso di missili americani contro obiettivi all’interno della Russia, ma non solo, dal suo govero è stata annunciata la fornitura di mine antiuomo all’Ucraina, dichiarando semplicemente che quest’ultimi hanno bisogno di strumenti che servano a rallentare gli invasori: “ce le hanno chieste e penso che sia una buona idea” ed ecco quindi l’invio di nuove armi all’Ucraina per un totale di 275 milioni di dollari. 

Da quanto sopra non posso che pensare che tutta questa situazione rifletta un contesto già deciso, dove ogni decisione sembra contribuire ad intensificare le tensioni, con potenziali rischi a lungo termine… 

Ad esempio, l’aumento del supporto militare occidentale all’Ucraina, in particolare con l’invio di armi e munizioni avanzate, rappresenta di fatto un’escalation che mette sotto pressione tutte le parti coinvolte, specialmente l’impiego di armamenti come le mine antiuomo, il cui uso – come sappiamo – è fortemente condannato a livello internazionale proprio per l’impatto devastante che determina sui civili, anche a distanza di anni dal conflitto. 

Una questione, questa delle mine molto dibattuta e, come riportato in questi giorni, ha già causato un numero considerevole di vittime civili e militari…

Peraltro sia l’Onu che le organizzazioni per i diritti umani hanno espresso molta preoccupazione per l’impiego di queste armi, sottolineando come il loro uso renda difficile la ricostruzione post-bellica e minacci la sicurezza delle comunità civili anche dopo la fine delle ostilità. 

Va detto inoltre che la posizione di Biden mostra un cambio di strategia rispetto al passato, pur sapendo che sia gli Stati Uniti che la Russia non aderiscono al Trattato di Ottawa, che come riportavo sopra proibisce l’uso delle mine antiuomo.

Quindi, il recente invio di missili Atacms e Storm Shadow, qualora confermato, evidenzierebbe una partecipazione diretta nel conflitto da parte dell’Occidente, complicando così ulteriormente la possibilità di una risoluzione pacifica. 

E dire che gli alleati europei, come il Regno Unito e la Francia, si stanno muovendo con cautela, se pur la pressione sembra aumentare su tutti i fronti, con un continuo aggiornamento delle risorse militari e una posizione che non sembra puntare alla de-escalation.

Certo, per quanto difficile sia ora il dialogo tra Ucraina e Russia ritengo sia essenziale sedersi ad un tavolo per trovare una qualche forma di negoziazione, come quella avvenuta in passato (ad esempio i negoziati di Minsk), gli stessi che potrebbero servire da modello di base, anche se con nuovi e importanti adattamenti.

L’importante comunque è limitare le azioni di un Presidente anziano 82′ enne che come abbiamo visto in questi mesi non ci sta più con la testa, ma soprattutto con il rischio che ogni sua azione ora intrapresa potrebbe ahimè ritorcersi contro noi tutti!!! 

Per favore quindi, rimuovete immediatamente Biden da quella poltrona, prima che ci trascini in una terza guerra mondiale!

Trump potrebbe anche contribuire a porre fine al conflitto in Ucraina, ma una soluzione non si realizzerà prima del 2026!

Sì… Donald Trump è ora il 47° Presidente degli Stati Uniti!

In molti si chiedono se riuscirà a mantenere le promesse della campagna elettorale, riuscendo a convincere l’amico Putin a sospendere la guerra in Ucraina.

Tuttavia, in queste riflessioni, si dimentica un elemento cruciale: gli Stati Uniti, per il governo di Mosca, rappresentano ancora una nazione ostile, direttamente coinvolta nel conflitto contro la Russia. 

Per questo motivo, non basta un cambio di Presidente per stravolgere gli obiettivi militari già stabiliti, come sospendere le operazioni significherebbe abbandonare lo “scopo” iniziale di questa guerra e tradire le promesse fatte al Presidente ucraino Zelens’kyj.

Abbandonare ora il popolo ucraino in guerra e rinunciare al sostegno internazionale precedentemente offerto potrebbe compromettere del tutto la politica di Zelens’kyj. 

Tale “dietrofront” infatti isolerebbe l’Ucraina e potrebbe portare al potere un nuovo leader, forse più incline a nuovi compromessi con la Russia pur di ottenere rapidamente la pace; quest’ultimo potrebbe difatti accordare le concessioni territoriali richieste da Putin, abbandonando definitivamente tutte quelle aspirazioni di una modernizzazione dell’alleanza e della sicurezza europea.

In effetti, quanto è stato compiuto finora ha rappresentato una vera provocazione che ha eroso la fiducia con l’ex partner russo, da cui — ricordiamo — dipendiamo ancora anche noi, sì… per gas e petrolio.

L’eventualità di impedire l’ingresso dell’Ucraina nella NATO rappresenterebbe quindi una minaccia non solo perché non porterebbe alla fine del conflitto, ma rischierebbe di allargarlo, coinvolgendo anche quei paesi confinanti. 

Non va dimenticato inoltre come alla fine della Guerra Fredda, l’Unione Sovietica ricevette più volte rassicurazioni da Stati Uniti e Germania, in particolare che la NATO non si sarebbe mai estesa oltre i confini della Germania riunificata.

Come sappiamo, però, quella promessa non fu rispettata: dopo l’implosione dell’Unione Sovietica, quasi tutti i paesi ex-comunisti aderirono alla NATO, spingendo i confini dell’Alleanza fino alla Russia, che percepì questa espansione come una grave umiliazione.

Negli anni, paesi come Albania, Bulgaria, Repubblica Ceca, Estonia, Lettonia, Lituania, Macedonia, Polonia, Romania, Slovacchia, Slovenia e Ungheria sono entrati nella NATO e di recente, anche Finlandia e Svezia hanno presentato la propria candidatura, rinunciando alla neutralità; l’Ucraina stessa, già nel 2008, aveva avviato il processo di adesione.

Quindi, in questo scenario complicato, sperare che Trump possa ora “miracolosamente” risolvere la situazione appare irrealistico. 

Tuttavia, un cambiamento potrebbe essere possibile ma solo tramite concessioni territoriali e politiche significative per la sicurezza della Russia, compresa la revoca delle sanzioni internazionali. 

Ritengo quindi che solo con un’apertura economica — inclusa la ripresa delle importazioni ed esportazioni di beni essenziali, dai prodotti agricoli agli industriali — si potrebbe forse intravedere una via di uscita diplomatica, altrimenti una soluzione – vedrete –  non si realizzerà prima del 2026! 

Ci mancava solo l'ingresso della Corea del Nord nella guerra con l'Ucraina…

La Corea Nord ha deciso di inviare quattro brigate per un totale di 12mila soldati a sostegno della Russia nella guerra contro l’Ucraina. 

L’invio di truppe nordcoreane e il loro possibile dispiegamento in Ucraina dimostrano come Mosca vuole prolungare il conflitto…

Zelensky, intanto, ha definito “criminale” l’alleanza tra Russia e Corea del Nord, aggiungendo: “Ora  abbiamo dati chiari che anche persone provenienti dalla Corea del Nord vengono fornite alla Russia, e questi non sono solo addetti alla produzione, ma anche personale militare e stiamo aspettando una reazione forte da parte dei nostri partner. Questo, infatti, questo e’ l’ingresso di un altro Stato nella guerra contro l’Ucraina. Tutti hanno l’opportunità di vedere le prove sia grazie ai satelliti sia grazie ai video che stanno gia’ arrivando dalla Russia. Dobbiamo reagire, opporci. E non dobbiamo permettere che il male cresca. Se il mondo adesso resta in silenzio e se dobbiamo avere a che fare costantemente con i soldati della Corea del Nord al fronte cosi’ come dobbiamo difenderci dagli Shaheed, allora questo sicuramente non giovera’ a nessuno nel mondo e non fara’ altro che prolungare questa guerra. Una guerra che deve finire giustamente e il piu’ rapidamente possibile”.

Il presidente ucraino ha lanciato un appello: “È imperativo che i leader dell’Ue decidano in fretta sul prestito da 50 miliardi concordato in ambito G7 perché i le risorse servono per costruire i droni con cui l’Ucraina combatte la sua guerra”. Inoltre, ha aggiunto, “per noi la Nato è un ombrello di sicurezza e rappresenta l’unica speranza”. 

Ci si prepara alla guerra. Ma ditemi: dove sono i soldati???

Parlano tutti di riarmo, già… di aumentare i costi degli armamenti sia per la difesa dei Paesi europei che per aiutare nel conflitto contro la Russia, l’Ucraina…

Anche la Nato è in forte allarme e si dichiara essere pronta nel caso di una guerra che ormai in molti ritengono potrebbe scoppiare…

Il problema reale è che anche il nostro Governo Meloni e ahimè debbo aggiungere anche il nostro Presidente Mattarella, sembra – dalle dichiarazioni pronunciate in questi giorni – voler difendere quei paesi adiacenti i confini russi, chissà forse più per compiacere le decisioni intraprese da quegli Stati predominanti della cosiddetta “Alleanza”, dall’altro canto, non mi sembra che tra le popolazioni europee vi sia un grande entusiasmo, anzi tutt’altro!!!

Già… è finito il tempo in cui gli Italiani (fessi) stavano – sotto quel balcone di Palazzo Venezia ad ascoltare il Duce – con il braccio alzato a mo’ di saluto romano, ad incitare a gran voce: “Guerra, guerra, guerra”!!!

Peraltro, se rileggiamo quelle dichiarazioni fasciste assomigliano molto a quelle pronunciate oggi dai nostri governanti: Scendiamo in campo contro le democrazie plutocratiche e reazionarie dell’Occidente che, in ogni tempo hanno ostacolato la marcia e spesso insidiato l’esistenza medesima del popolo italiano!!! Questa lotta gigantesca non è che una fase dello sviluppo logico della nostra rivoluzione; è la lotta dei popoli poveri e numerosi di braccia contro gli affamatori che detengono ferocemente il monopolio di tutte le ricchezze e di tutto l’oro della terra; è la lotta dei popoli fecondi e giovani contro i popoli isteriliti e volgenti al tramonto, è la lotta tra due secoli e due idee. E vinceremo!, per dare finalmente un lungo periodo di pace con la giustizia all’Italia, all’Europa, al mondo. Popolo italiano, corri alle armi e dimostra la tua tenacia, il tuo coraggio, il tuo valore!”

Per fortuna che oggi i giovani europei risultano esser certamente più preparati dei loro nonni e la maggior parte di essi non vuole  prendere parte ad alcun conflitto, soprattutto perché non li vede coinvolti direttamente, difatti, sono certo che a breve, assisteremo ad una serie di difficoltà, sì…  nel provare ad arruolare un numero adeguato di militari, ritenuti ora necessari a quel conflitto Russo/Ucraino. 

Difatti a nessuno di loro interessa quella guerra e ancor meno indossare una divisa per rischiare la propria vita ed allora ecco si prova, ad iniziare dal nostro governo, a parlare di “ritorno alla leva obbligatoria” oppure si prova a incentivare – già come facevano nella seconda guerra mondiale gli Usa – a incitare i ragazzi (in particolare quelli di colore) a servire il proprio paese, già… con la promessa della parità dei diritti e dell’uguaglianza…

Ed ora in Europa fanno lo stesso, offrono posti di lavoro ben retribuiti grazie a questa missione all’estero, ma soprattutto si offre la prospettiva di un futuro sereno, attraverso la divisa indossata…

Mi chiedo: ma i figli dei nostri parlamentari italiani, senatori, deputati, presidenti, ministri, viceministri, sottosegretari, governatori, etc… partiranno per la guerra o come accade solitamente in questi casi, resteranno “protetti” e direi “ovattati”, sotto le coscie della mamma???

Fatemi quindi una cortesia, mandate per primi loro in guerra e voi come genitori potreste anche seguirli, già: “Armiamoci e partite”!!! 

Noi… ??? Ah… tranquilli… promettiamo sin d’ora di seguirvi. Voi comunque nel frattempo, aspettateci…

Il Prof. Alessandro Orsini spiega in maniera perfetta i motivi che hanno condotto al conflitto Russia/Ucraina!!!

Avevo riportato alcuni anni fa un post realizzato da “ControTv“: https://odysee.com/@luogocomune:5/ucraina-2023-un-anno-di-bugie che riportava perfettamente quanto è accaduto in questi anni e soprattutto come si fosse giunti a questa guerra “preannunciata”!!!

Negli anni infatti ho anticipato le mie personali su una guerra di cui tutti sapevano e aggiungerei in molti volevano che si compiesse…

Il sottoscritto difatti ha scritto tanti post su questo conflitto, basti leggersi alcuni articoli di seguito…  

http://nicola-costanzo.blogspot.com/2018/11/a-volte-la-storia-si-ripete-speriamo.html

http://nicola-costanzo.blogspot.com/2023/10/un-mondo-in-guerra.html

http://nicola-costanzo.blogspot.com/2022/02/e-dire-che-gia-nel-2018-riportavo-le.html

http://nicola-costanzo.blogspot.com/2022/02/e-tempo-di-negoziare-la-tregua-ma-vi.html

http://nicola-costanzo.blogspot.com/2022/04/e-se-quanto-sta-accadendo-in-ucraina.html

http://nicola-costanzo.blogspot.com/2023/08/il-conflitto-in-ucraina-e-una-tavola.html

http://nicola-costanzo.blogspot.com/2022/03/lettera-putin-se-avessi-la-possibilita.html

http://nicola-costanzo.blogspot.com/2022/03/la-storia-di-ripete-il-corridoio-del.html

http://nicola-costanzo.blogspot.com/2024/03/fermiamo-la-guerra-in-ucraina-kiev-deve.html

http://nicola-costanzo.blogspot.com/2022/03/zelensky-forse-e-tempo-di-sedersi-al.html

http://nicola-costanzo.blogspot.com/2023/02/finche-luomo-resta-un-animale-vive-per.html

http://nicola-costanzo.blogspot.com/2024/05/conflitto-russo-ucraino-quanti-altri.html

http://nicola-costanzo.blogspot.com/2022/03/la-cina-non-e-disposta-condannare-la.html

Ma in questo post mìinteressa condividere co tutti voi un post del Prof. Orsini, che sin dal suo primo intervento aveva riportato quali fossero i reali motivi che stavano per condurci dove siamo ora e difatti anch’egli, soloper aver detto la verità, è stato attaccato, già…  a mezzo Tv, social, quotidiani, ma anche nell’ambito professionale e da alcuni suoi colleghi…

Diceva Mark Twain: “giornalista è colui che distingue il vero dal falso… e pubblica il falso”!!!

https://www.tiktok.com/@user74789915/video/7379229892728163617?_r=1&_t=8nHQeLSJxB3

Già… perché in questo paese nessuno mai vi dirà la verità; la maggior parte di essi infatti (lacchè di quei noti editori…) proverà a raccontarvi quanto è più comodo, soprattutto sarà loro interesse fare sempre in modo che qualsivoglia pensiero espresso, possa risultare piacevole alla maggiorparte dei suoi connazionali…

Continuando così, ci stanno conducendo alla guerra!!!

“Tutto ciò che la NATO sta facendo oggi è preparare un possibile scontro con la Russia. La NATO sta aumentando il ruolo delle armi nucleari nella pianificazione militare, e quindi la Russia dovrà cercare misure per eliminare le minacce se i discorsi sullo spiegamento di tali armi in Polonia e in altri paesi diventeranno piani concreti”, ha affermato, spiegando che le esercitazioni in corso indicano precisamente che ora tutti i concetti di sicurezza basati sulla cooperazione sono stati abbandonati e “la NATO è tornata agli schemi di sicurezza della Guerra Fredda”.

A dirlo è il vice ministro degli Esteri di Mosca, Alexander Grushko, che nella sua dichiarazione ha denunciato in maniera diretta l’affronto offensivo che i paesi della Nato stanno preparando nei confronti della Russia, con il rischio non solo di creare un innalzamento delle tensioni, ma di giungere a un vero e proprio conflitto nucleare.

D’altronde un altro annuncio è stato fatto proprio alcuni giorni fa da un alto funzionario dell’Alleanza, che ha previsto di schierare 300.000 soldati in stato di massima allerta!!! 

Ma anche il nostro governo, per nome del Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni durante il G7 ha dichiarato: «Abbiamo raggiunto un accordo politico per fornire un sostegno finanziario aggiuntivo all’Ucraina di circa 50 miliardi di dollari entro fine anno con un sistema di prestiti: non si tratta di una confisca ma di profitti che maturano. Era un risultato non scontato di cui vado particolarmente fiera. Ora dovrà essere definito dal punto di vista tecnico».

E difatti a seguito di quanto sopra, il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha scritto un post sui social ringraziando l’Italia per il sostegno militare, finanziario e umanitario all’Ucraina!!!

E chiaro quindi che l’Italia, se pur dichiara a gran voce di voler preservare la pace, nel contempo sta ponendo le basi per un conflitto armato, a cui – tra l’altro – non è affatto preparata!!!

Ed inoltre, quando qualcuno di quei militari dell’Alleanza, parla di deterrente nucleare, sa bene di dire una grande cazzata, perché la Russia ci sovrasta in bombe termo nucleari e comunque, ne basterebbero semplicemente una decina per dire addio a tutto ciò che rappresenta la nostra attuale civiltà…

Si sa… la guerra è sempre un fallimento per l’umanità, ed ecco perché è tempo di sedersi e ricercare una soluzione pacifica, poiché quanto finora causato – da entrambi le parti – è pura follia e non può più esser accettato, sì… perchè tempo di ridare nuovamente dignità e rispetto all’esser umano se non si vogliono contare milioni e milioni di morti!!!  

Conflitto russo-ucraino: quanti altri morti dobbiamo contare prima di veder raggiungere una tregua???

Nessuno discute sul fatto che la Russia abbia invaso l’Ucraina per dar seguito a quanto iniziato nel 2014, ma il conflitto in corso presenta ora diverse sfacciattature ed è difficile comprenderne le cause e soprattutto le soluzioni, se non ci si pone tutti al di sopra delle parti…   
E quindi le parti in causa nel pensare di raggiungere una definitiva tregua, dovranno ripartire d’accapo, comprendere cosa ha portato a questa guerra e cosa ora si può fare per fermarla!!!
Certamente non si può pensare, per come molti Stati pensano e cioè di voler attaccare militarmente la Russia, perché questa folle soluzione non farà altro che allargare il conflitto, provocando centinaia di migliaia di morti…
Quindi se si vuole giungere ad una tregua, soprattutto in tempi brevi, bisogna sedersi ed accettare le richieste di entrambi!!!
Da un lato l’Ucraina può tornare indietro sui propri passi, rendendosi neutrale e quindi non influenzata da imposizioni egemoniche della Nato, in particolare di alcuni suo membri predominanti; dall’altro la Russia potrà rivalutare di restituire una parte dei territori attualmente conquistati, mi riferisco a quelle aree che dal suo confine giungono alla penisola della Crimea, quest’ultima tra l’altro, dopo un periodo concordato, potrà esser riconsegnata alla stessa Ucraina…
D’altronde, voler pensare che attraverso il ricevimento degli armamenti dei paesi NATO e/o dell’UE, si possa ribaltare il conflitto in corso è da sciocchi, anche perchè abbiamo visto quanto poco o nulla si sia ottenuto, la linea del fronte è rimasta in questi mesi inalterata…
I due contendenti sono in stallo o quantomeno la Russia sta semplicemente fortificando quanto ha già conquistato e mi riferisco alla totalità dell’Ucraina sud-orientale.
Viceversa attraverso una tregua si potrà pensare di utilizzare i miliardi di euro destinati agli armamenti per ricostruire un territorio attualmente distrutto: in questo l’Ue potrà fare la sua parte, ma non solo, anche i paesi appartenenti alla Nato, supportati dalla stessa Russia e con il supporto della Cina, potranno aiutare l’Ucraina a riprendersi in breve tempo…
Sì… quanto riportato sembra un’utopia, ma se non si comincia sin d’ora a pensare ad una soluzione pacifica, tra qualche anno vedrete non ci sarà altro da fare, sì… se non contare le vittime di un conlitto divenuto ahimè “mondiale”!!! 

Finché l'uomo resta un animale, vive per il combattimento a spese degli altri, teme e odia il prossimo: La vita, quindi, è guerra!!!

Lo scorso anno avevo completato un post http://nicola-costanzo.blogspot.com/2022/03/a-causa-della-guerra-si-perde-tutto.html con queste parole: “In guerra mi facevano più impressione i vivi, che i morti. I morti mi sembravano dei recipienti usati e poi buttati via da qualcuno, li guardavo come se fossero bottiglie rotte. I vivi, invece, avevano questo terribile vuoto negli occhi: erano esseri umani che avevano guardato oltre la pazzia, e ora vivevano abbracciati alla morte”!!!

Questa guerra difatti è stata architettata, programmata, ma soprattutto voluta da chi da sempre cerca in tutti i modi di espandere il proprio potere o quantomeno prova in ogni circostanza di  imporre le sue regole e chi non si sottomette, ne subisce le conseguenze…    

Ecco perché mi permetto di condividere un post realizzato da “ControTv”: https://odysee.com/@luogocomune:5/ucraina-2023-un-anno-di-bugie:8 che riporta perfettamente quanto è accaduto in questi anni e come ahimè si sia giunti ad una guerra preannunciata!!!

E’ evidente che gli Stati Uniti stanno presentando il conflitto militare come fosse una battaglia più ampia, tra valori democratici e forze autoritarie, una sfida diretta all’ordine internazionale basato sulle regole stabilite dalla fine della seconda guerra mondiale e che sta rischiando di portarci a quelle guerre decennali che hanno devastato l’Europa…

D’altronde fin dai primi giorni dell’indipendenza dell’Ucraina, nel 1991, i funzionari americani avevano riconosciuto il valore strategico del paese, mentre la Russia stava ancora lottando per trovare la sua nuova identità dopo la disgregazione dell’ex Unione Sovietica.

Abbiamo visto poi come prima la Polonia e poi gli Stati baltici abbiano aderito alla NATO e come nel 2008 il presidente Bush abbia sostenuto pubblicamente il desiderio che anche l’Ucraina ne facesse parte, se pur alcuni paesi dell’Europa occidentale fossero di fatto riluttanti. 

Oggi infatti l’Ucraina non è né un membro della NATO e neppure parte dell’Unione Europea, come d’altronde è difficile ipotizzare che questo possa un giorno aderire ad entrambi, peraltro, proprio a causa del conflitto in corso, sarà ora difficile che possa ritornare nuovamente sotto l’ala protettiva dell’attuale Russia..

Ma di tutto questo non si ha di fatto alcun interesse, l’importante è per chi ha deciso questa guerra che si vendano armi (la maggior parte delle quali stoccate come “ferro vecchio” in quei loro magazzini…), si crei instabilità nel mondo, si costringa il resto del mondo ad aver paura e a chiedere loro aiuto, ottenendo così quanto si era con accuratezza preparato, ripeto di noi tutti – come per quanto accaduto con il Covid-19 – non gliene frega nulla!!!   

We Build: il rischio zero non esiste!!!

Grand Paris Express, la linea metropolitana lunga 200 chilometri capace di collegare quasi tutti i comuni della Île-de-France e promette di trasformare la fisionomia stessa di una delle più grandi metropoli europee.

A seguire il Terzo Valico dei Giovi – Nodo di Genova, da Genova a Milano quasi in un’ora: dalla Liguria alla Lombardia a bordo di un treno ad alta capacità, un viaggio su una linea lunga 53 chilometri, 37 dei quali in galleria.

Ed ancora, la nuova linea metropolitana M4 che andrà ad integrare la rete di trasporto urbano con una nuova soluzione sicura, rapida e sostenibile: sarà lunga 15 chilometri con 21 stazioni, la Linea Metro M4 Milano – detta anche “Linea Blu Milano” – attraverserà in soli 30 minuti il centro storico della città collegando il quadrante Est (aeroporto di Linate) con il quadrante Ovest, fino alla stazione di San Cristoforo. 

E cosa dire del progetto alta velocità in Texas che diventerà appena realizzato tra i maggiori collegamenti città-città al mondo, con una linea ad alta velocità – la prima degli Stati Uniti – per collegare due grandi città, Houston e Dallas in meno di 90 minuti. Attraverso di essa verrà riscritta la mobilità in Texas in chiave sostenibile. Il treno difatti garantirà uno spostamento celere, sicuro e a basso impatto ambientale ad oltre 13 milioni di persone che oggi si muovono tra le due città in auto o in aereo.

Sempre “We Build” ha ottenuto l’aggiudicazione del nuovo Lotto costruttivo “H41 Gola del Sill–Pfons” della Galleria di Base del Brennero, del valore complessivo di €651 milioni. Il Gruppo partecipa al progetto con una quota complessiva del 50% della joint venture che realizzerà i lavori, insieme con la società svizzera Implenia (al 50%). 

Nel proseguire quella sua politica di ampliamento, We Build si è diretta in Australia dove ha firmato un contratto del valore in quota pari a 3,3 miliardi di dollari australiani (€2,1 miliardi), per il North East Link PPP Primary Package di Melbourne. Un progetto del valore complessivo di 11,1 miliardi di dollari australiani, il cui Gruppo parteciperà ai lavori di progettazione e costruzione. 

La società inoltre parteciperà con il 7,5% alla società di progetto a cui faranno capo le attività di Operation & Maintenance. Un progetto quest’ultimo con una grande valenza in termini di sostenibilità che porterà alla realizzazione di un collegamento essenziale per la rete autostradale della città, per ridurre i livelli di congestionamento del traffico e i tempi di viaggio per decine di migliaia di automobilisti, esso infatti eviterà il passaggio di 15.000 camion dalle strade locali ogni giorno, riducendo di 35 minuti i tempi di viaggio dei pendolari.

E di pochi giorni il contratto firmato da da oltre 1 miliardo di euro (oltre 10 miliardi di corone norvegesi) in Norvegia con Macquarie Capital, per la costruzione e la gestione del sistema viario e di ponti definito “RV.555 Sotra Connection PPP Project” (un sistema costituito da strade, tunnel, ponti e viadotti, nella contea occidentale di Vestland) eco che per Webuild è già ora di siglare nuove partership.

Gli analisti sono ora in attesa dei conti dell’anno 2021 appena conclusosi.

Ho letto che la Società ha aggiornato la guidance 2021 a metà novembre prevedendo ricavi tra 6,5 e 7,2 miliardi, con un indicatore economico intorno all’8%, anche se è in corso una possibile revisione a causa dell’effetto della pandemia, dell’aumento spropositato dei prezzi delle materie prime e dei prodotti petroliferi e per ultima la guerra in corso in Ucraina, che sta bloccando i rapporti commerciali con la Russia!!!

Quindi, che ci sarà un forte calo nei margini previsti è sicuro e non è detto che questi ultimi potranno essere recuperati in tempi celeri, certamente non quest’anno e ancor meno nel prossimo triennio 2023-2025!!!

D’altronde la situazione finanziaria mondiale e l’incertezza economica derivata dal conflitto in corso non permette a nessuno di prevedere quali conseguenza si avranno nel prossimo futuro o quali sviluppi porterà questa nuova Europa, che di fatto avrà l’Ucraina sotto l’influenza Russa (e forse non solo essa) e – a seguito delle sanzioni economiche inflitte a quest’ultima – un forte indebolimento nei rapporti commerciali il che alimenterà sempre più l’aumento dei prezzi di gas e petrolio, con la prospettiva – a differenza di quanto ci raccontano ogni giorno i nostri inadeguati politici – di una crisi senza eguali, in particolare questa situazione colpirà le nostre imprese, pronte a dover sostenere condizioni non previste in fase di contrattazione e programmazione, non solo per chi come “We Build” ha rappresentato essere “General Contractor,” no… mi riferisco in particolare ai rischi a cui vanno incontro le imprese affidatarie, cui naturalmente a caduta vanno sommate tutte quelle migliaia di imprese subappaltatrici impegnate nelle esecuzioni delle opere – di fatto sono queste ultime ad  eseguire la maggior parte dei lavori – con le conseguenze attuali di porre a rischio tutti i loro dipendenti, non sempre ahimè cautelativa (ed a quanto so, non solo loro…). 
Cosa aggiungere, osservando quanto sta accadendo ho ripensato ad un libro “L’inverno del mondo” di Ken Follet, dove veniva in quella trilogia raccontato il destino di cinque famiglie legate l’un l’altra, durante la metà del ventesimo secolo: un mondo allora funestato da dittature e dalla grande guerra…

Speriamo tutti che non si ripeta nulla di quanto avvenne allora e ancor meno di quanto poi accade negli anni seguenti… 

Oggi c’è solo bisogno di pace, una guerra nel 2022 non è accettabile, neppure nel caso in cui una delle parti potesse avere ragioni valide, perché non è attraverso l’imposizione militare che si affrontano e si discutono i problemi. 

Auspico quindi che il Presidente Putin ritrovi quella necessaria serenità e che l’Europa e ancor prima la NATO, dimostri di fare  un passo indietro, affinchè si giunga presto alla fine del conflitto…

Soltanto così potremmo riacquistare quella tranquillità di cui tutti abbiamo bisogno per riprendere nuovamente le nostre vite…

Mentre – a tutte quelle imprese oggi fortemente a rischio tra cui ad esempio proprio quella sopra riportata “We Build”, non posso che augurarle “buona fortuna” e nel farlo riprendo una frase del grande Goethe che ben la rappreseta: Qualunque cosa tu possa fare o sognare di poter fare, incominciala!!! L’audacia ha in sé genio, potere, magia… Incomincia adesso.

La storia di ripete: il corridoio del Donbass come quello di Danzica!!!

Già… la storia ripete!!! 

70′ anni fa la scintilla che provocò la 2° guerra mondiale fu costituito dal corridoio di Danzica, quella striscia di territorio istituita dopo la prima guerra mondiale, col trattato di Versailles del 28 giugno 1919, per dare alla ricostituita Polonia uno sbocco sul Mar Baltico ed oggi, l’obiettivo di Putin, dopo il riconoscimento delle autoproclamate repubbliche filorusse di Donetsk e Lugansk, e collegare il Donbass con la penisola della Crimea, corridoio obbligato per le truppe e le merci di Mosca.

Come sapiamo la regione del Donbass si stacca dalla Russia nel 1991, con il crollo dell’Unione Sovietica e la nascita di tutte quegli Stati che insieme all’Ucraina si scindono dalla ex madre patria…

Ovviamente in una regione che parla esclusivamente russo, in molti avrebbero dovuto pensare che di lì a poco, sarebbero iniziate a crescere quelle naturali ragioni secessioniste che la maggioranza della popolazione desiderava e cioè rientrare nuovamente sotto la protezione del patto di Varsavia e difatti,  nel 2014, ciò ha condotto alla rivolta filo-europea di Maidan, a Kiev. 

Ecco quindi che Putin coglie l’occasione per annettersi la penisola della Crimea posta più a sud, spingendo la regione (forse anche a causa della pressione militare) a effettuare un referendum che avallò la scelta dell’indipendenza… 

Sono seguite le due regioni del Lugansk e Donetsk, che sono state dichiarate indipendenti e riconosciute proprio alcuni giorni fa da Putin come nuove Repubbliche, in contrasto agli accordi stipulati a Minsk, in cui si era deciso di lasciarle sotto giurisdizione dell’Uraina… 

Ora, la conseguenza di tali atti è geopoliticamente chiara: la Russia con le azioni militari ha in buona sostanza annesso unilateralmente oltre 50.000 km2 di territorio ucraino ai propri confini e facendolo, ha mandato anche un ultimatum all’Ucraina che se non si piegherà a mediare dalle proprie intenzioni e cioè di scindersi dall’ex blocco sovietico per passare – quando gli sarà permesso di farlo, circostanza alquanto difficile in tempi brevi – con la NATO, vedrete che la risposta militare russa non si arresterà, ma viceversa sarà estesa in tutto il suo territorio e forse anche oltre!!!

La verità è che Putin vuole rinegoziare il potere geopolitico della Russia, in particolare vuole ridiscutere quanto concordato alla fine della “guerra fredda” e soprattutto vuole riportare quegli Stati satelliti, come Lettonia, Estonia e Lituania, ma non solo essi, anche quelli da tempo indipendenti come Finlandia, etc… a tenere una posizione più neutrale se pur da tempo finiti nell’orbita della Ue…

E’ tempo comunque di negoziare la pace, nessuno oggi, nemmeno la NATO, può permettersi l’estensione di una guerra, perché sarebbe una catastrofe per l’intera umanità e nessuno dei contendenti ne uscirebbe vincitore, anzi saremmo – se l’escalation dovesse aumentare – tutti morti!!

Quindi, è tempo di stare con i piedi per terra e sparare meno cazzate e non credere alle fake news che ci voglio indottrinare!!!

E’ tempo quindi di comprendere le ragioni di ciascuna parte, in particolare di chi può sembrare a prima vista folle per essere sceso in campo con i propri armamenti, ma bisogna esaminare anche le ragioni che hanno spinto quest’ultimi ha compiere quelle azioni di forza, certamente da avversare in quanto ingiuste, ma che devono in ogni caso essere valutate in maniera ragionevole e non per come vedo in questi giorni, con altrettanta sconsideratezza!!!

La Cina non è disposta a condannare la Russia e ne spiega i motivi…

Il ministero degli Affari esteri ha risposto all’accusa degli Stati Uniti secondo cui la Cina non è disposta a condannare la Russia . Durante una conferenza stampa del ministero degli Affari esteri, il portavoce Wang Wenbin ha affermato che gli Stati Uniti hanno ripetutamente diffuso false informazioni e utilizzato l’Ucraina problema per prendere di mira la Cina…

La Cina ha spiegato le motivazioni che l’hanno spinta ad astenersi dal votare nel voto speciale di emergenza dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite: “La posizione di fondo della Cina sulla questione ucraina è coerente e chiara. Abbiamo sempre sostenuto il rispetto della sovranità e dell’integrità territoriale di tutti i paesi e la risoluzione pacifica delle controversie internazionali in conformità con gli scopi ei principi della Carta delle Nazioni Unite. La cosa più importante al momento è alleviare il più possibile la situazione sul campo ed evitare che il conflitto si intensifichi o addirittura sfugga al controllo”.

Qualsiasi azione intrapresa dalle Nazioni Unite e dalle parti interessate deve concentrarsi sulla pace e la stabilità regionali e sulla sicurezza generale di tutte le parti, in modo da svolgere un ruolo positivo nella riduzione delle tensioni e nella promozione di soluzioni diplomatiche. Purtroppo, i pertinenti progetti di risoluzione votati da questa sessione speciale di emergenza dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite non sono stati completamente consultati nell’ambito di tutti gli Stati membri in anticipo, non hanno considerato appieno la latitudine storica e le complicate contraddizioni alla base dell’attuale crisi e non hanno sottolineato l’importanza del principio di indivisibilità della sicurezza, e non ha evidenziato l’urgenza di promuovere una soluzione politica e aumentare gli sforzi diplomatici. Questi sono tutti incoerenti con la posizione e la proposta coerenti della Cina, e ci siamo dovuti astenere dal votare sul progetto di risoluzione.

Chiediamo alla comunità internazionale di agire in modo responsabile, di spingere le parti interessate a tornare sulla pista della soluzione politica il prima possibile e di cercare una soluzione globale alla questione ucraina attraverso il dialogo e la consultazione. La Cina è disposta a continuare a svolgere un ruolo costruttivo in questo senso.

La Cina ha un certo livello di comprensione del piano d’azione militare russo?
In risposta all’affermazione del “New York Times” secondo cui la Cina ha un certo grado di comprensione del piano d’azione militare russo, Wang Wenbin ha risposto che il rapporto del “New York Times” è un’informazione puramente falsa. Questo tipo di osservazioni che distolgono l’attenzione e incolpano la colpa sono molto spregevoli. La questione ucraina si è evoluta nella situazione odierna e i pro ei contro sono molto chiari. Qual è il nocciolo della questione, lo sanno tutti.
Di recente, i media internazionali hanno menzionato più volte le dichiarazioni che l’ex ambasciatore degli Stati Uniti in Unione Sovietica, George Kennan, ha dato come consigli al governo degli Stati Uniti negli anni ’90, sottolineando che la continua espansione della NATO contro la Russia sarebbe stato l’errore più fatale nella politica degli Stati Uniti. 

Purtroppo, il governo degli Stati Uniti ha fatto orecchie da mercante. 

Thomas Friedman, noto esperto americano di questioni internazionali, ha recentemente pubblicato un articolo in cui sottolinea che i grandi errori decisionali degli Stati Uniti in merito all'”espansione orientale della NATO” che hanno portato al deterioramento delle relazioni con la Russia, e il governo degli Stati Uniti dovrebbe assumersi una responsabilità considerevole. 
Gabbard, un ex membro del Congresso degli Stati Uniti, ha affermato che il presidente Biden potrebbe porre fine alla crisi e prevenire la guerra impegnandosi a non ammettere l’Ucraina nella NATO, ma stranamente non lo fa.
Si auspica che coloro che hanno iniziato la crisi riflettano sul loro ruolo nella crisi ucraina: dovranno assumersi seriamente le loro responsabilità e intraprendere azioni pratiche per alleviare la situazione per risolvere il problema, invece di incolpare gli altri…
Un giornalista ha chiesto informazioni sui cittadini cinesi in Ucraina e sull’evacuazione dei cinesi d’oltremare: è stato risposto che più di 3.000 cittadini cinesi sono stati trasferiti in sicurezza e il ministro Wang Wenbin ha affermato che il governo cinese attribuisce grande importanza alla sicurezza dei cittadini cinesi in Ucraina e si preoccupa sempre della loro sicurezza. 
Il consigliere di Stato e ministro degli Esteri Wang Yi ha recentemente sottolineato nella sua telefonata con il ministro degli Esteri ucraino che i cittadini cinesi in Ucraina sono tutti inviati dell’amicizia tra Cina e Ucraina e amici del popolo ucraino. 
Apprezziamo inoltre l’apertura da parte dell’Uzbekistan di un treno speciale per l’evacuazione dei cittadini stranieri, in linea con lo spirito dell’umanitarismo internazionale. Si spera che l’Uzbekistan adotti tutte le misure necessarie per garantire la sicurezza dei cittadini cinesi in Uzbekistan e continui a fornire garanzie e comodità per l’evacuazione dei cittadini cinesi.
Vorrei cogliere l’occasione per introdurre alcune informazioni rilevanti sull’evacuazione dei cittadini cinesi dall’Ucraina. 
Il Ministero degli Affari Esteri, insieme alle ambasciate e ai consolati in Ucraina, sta valutando la situazione, considerando vari fattori e possibilità, e studiando e formulando piani fattibili per assistere l’evacuazione volontaria in sicurezza dei cittadini cinesi in Ucraina. Finora, oltre 3.000 cittadini cinesi in Ucraina sono stati trasferiti in sicurezza nei paesi vicini dell’Ucraina.La Cina ringrazia i paesi interessati per aver facilitato l’ingresso e il breve soggiorno dei cittadini cinesi.
La Cina ha adottato misure per garantire la sicurezza dell’Ucraina?
Il Ministero degli Affari Esteri: ci sono chiare restrizioni sui contenuti e condizioni di attivazione; Wang Wenbin ha affermato che, secondo le dichiarazioni e i documenti dei rispettivi paesi, come la risoluzione 984 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, gli stati dotati di armi nucleari forniscono garanzie di sicurezza all’Ucraina e ad altri stati non dotati di armi nucleari.
Questa garanzia di sicurezza ha chiari requisiti di contenuto e condizioni di attivazione. 
Sulla questione dell’Ucraina, la priorità assoluta ora è che tutte le parti interessate mantengano la calma e la moderazione, alleggeriscano la situazione e promuovano una soluzione politica.

E' tempo di negoziare la tregua, ma vi prego… fate stare zitti quei nostri politici!!!

Purtroppo come sempre avviene quando vi è una guerra a pagarne le conseguenze sono i più deboli, in particolare le donne e i bambini…

Ecco perchè serve a nulla fare proclami, aizzare il popolo a difendersi fino alla morte, perché sappiamo bene quanto ciò non risolva in maniera celere il conflitto, ma anzi lo prolunga in maniera indefinita e conduce alla totale distruzione del territorio e della maggior parte dei suoi abitanti!!!

Le guerre sono così… annullano tutto ciò che resta di quella civiltà esistente e alla fne del conflitto non restano altro che morti, morti e ancora morti e feriti gravi, macerie ovunque ed un paese da ricostruire…   

Ed allora basta con le chiacchere, con quelle folli dimostrazione di forza compiute della Nato, in particolare degli Usa o ancor peggio da quei paesi come il nostro che finora hanno sopravvisuto grazie anche al sostegno energetico proprio della Russia…

Già, i nostri politici che oggi urlano a gran voce, dimenticano come solo pochi mesi fa si rivolgevano a Putin come il “salvatore della democrazia”, si sono scordati di quando si recavano a Mosca e dire che le foto sono ancora lì sul web, basta semplicemente cercarle…  

L’unica cosa giusta è stata fatta da Papa Francesco, il quale si è recato nell’ambasciata russa per chiedere la sospensione dei combattimenti… 

Egli infatti, a differenza dei nostri incapaci interpreti di governo ma non solo (ditemi, chi mai di loro ha dimostrato sul campo preparazione su politica estera…) ha provato a trovare una eventuale soluzione per giungere in tempi celeri ad una tregua e forse oggi possiamo dire che Sua Santita rappresenta l’unico interprete a cui il Presidente Russo Putin potrebbe dare ascolto…

Sento nei nostri Tg, quotidiani, web, dichiarazioni che fanno raccapricciare la pelle, frasi di sfida, impavidi atteggiamenti e prove di forza, ma poi contro chi… la Russia??? 
Se solo avessero coscienza della potenza militare di quel paese, del potere di distruzione nucleare a sua disposizione, ecco forse starebbero zitti e proverebbero quantomeno a mediare una situazione gravissima come quella attuale…

Penso infatti che molti di loro dovrebbe rileggersi il trattato di “Brest-Litovsk”, ma anche il patto “Molotov-Ribbentrop”, con l’indipendenza della Finlandia, per finire con quanto accaduto a quei paesi ai confini con la Russia che dal 1991 si sono resi indipendenti, mi riferisco all’Ucraina, Estonia, Lettonia, Lituania, Moldova, Bielorussia…

E’ tempo quindi di sedersi al tavolo dei negoziati se non si vuole distruggere una nazione, bisogna discutere ciò che va bene a tutti, perché se da un lato la guerra in corso è sbagliata, di contro è errato pensare di stravolgere ciò che è stata nella storia la Russia per quei paesi, un passato che li ha visti accumunati per oltre un secolo, d’altro canto va ricordato proprio come l’Ucraina rappresenti un  crogiolo di popoli mischiati tra loro da scontri eterni durati secoli ed è totalmente impossibile pensare di dividerli come d’altronde tenerli uniti…

Una composizione etnica variegata con ucraini, russi, ma anche ebrei, Polacchi, Tedeschi, Cechi ed altre nazionalità, che fa comprendere come l’instabilità di quella regione ha radici antichissime ed è dovuta principalmente alla diversificata etnia presente, la stessa che ha creato profonde spaccature e numerosi conflitti che non si sono mai sanati, perché diffidenza e desiderio di rivalsa per antichi torti, hanno offuscano le ragioni di ciascuno e hanno reso quella terra continuamente perseguitata, fino al giungere a questo conflitto assurdo, che la riporta indietro a quel passato che si era provato in questi anni a dimenticare…

Ma per superare quanto sta accadendo, bisogna iniziare a comprendere le ragioni di ciascuno, trovando così quel giusto equilibrio che finora, da quanto dimostrato, è mancato totalmente!!!

E’ tempo quindi di fare come Papa Francesco, sedersi e discutere la pace!!!

Massimo D'Antona: 128 passi, non uno di più…

20 maggio 1999 sono le 8,20.

E’ primavera e il sole si è alzato da poco.
Un vento caldo proviene dal mare… quasi scirocco.
Sibila dentro i vicoli, rimbalza sulle finestre dei palazzi signorili, sui vetri degli uffici ancora vuoti,si infila attraverso il vetro abbassato di un furgone Nissan e va a colpire proprio gli occhi di due giovani seduti accanto al lunotto posteriore. 
Sono lì da diversi minuti,appostati e pronti ad agire.
Sul vetro hanno applicato da giorni una sottile pellicola bianca e attraverso i graffi sulla vernice a gesso possono vedere tutta la strada, controllare il movimento dei passanti. 
Quello seduto davanti,al posto di guida, carica i proiettili della sua P 38. 
Nessuno può vederli e riconoscerli, nella loro posizione di tiro…
Via Salaria è caotica come ogni giorno. 
In città,le macchine che provengono dal raccordo anulare si imbottigliano in un budello stretto,con semafori lunghi un minuto, fa già caldo e lo scarico dei motori rende l’aria irrespirabile. 
C’è un traffico disordinato,guidato solo dalla pazienza degli automobilisti. 
All’angolo con via Adda,la Salaria si stringe di molto. 
La grande via consolare si trasforma così in una strada stretta, anonima, a senso unico. 
Da un punto all’altro saranno una decina di metri…
Sul lato sinistro, un cartellone pubblicitario rende il marciapiede poco più di un francobollo di asfalto, pochi centimetri, prima dell’insegna, si scorgono un palo di ferro e una macchinetta per pagare il ticket del parcheggio, mentre sul lato destro i negozi non sono ancora aperti ma nei bar già si servono da due ore caffè e cornetti. 
La gente cammina decisa verso il ministero del Tesoro e del Bilancio, gli studi di rappresentanza,ambasciate e consolati, mentre altri aspettano alla fermata dell’autobus. 
All’altezza del cartellone sono posteggiati due furgoni, sono posti uno di fronte all’altro.
Il “Vanette Nissan” è davanti al muro di cinta di Villa Albani, mentre il “Ducato” accanto ad una profumeria.
Alle 8,23, il professor Massimo D’Antona, 51 anni, esce dalla sua abitazione al quinto piano di un elegante palazzo di via Salaria. Da un bacio alla moglie Olga, saluta la figlia Valentina, scende le scale, chiude il portone e si dirige a piedi verso lo studio di via Bergamo,dove ogni giorno lavora e realizza le consulenze per il ministero del Lavoro. 
Si lascia dietro via Po, rimedia il marciapiede di sinistra e cammina lungo via Salaria in direzione di Piazza Fiume. E’ davanti al negozio di telefonia, poi attraversa l’incrocio con via Basento, oltrepassa via Adda di dieci metri ed entra in quei pochi centimetri che separano Villa Albani dal cartellone pubblicitario.
Dalla sua casa sono 128 passi,non uno di più. D’Antona cammina a passo normale,con la sua borsa in pelle marrone scuro sulla mano destra.
Le 8,30.Quando D’Antona sparisce dalla visuale del furgone, il portellone centrale del Vanette Nissan targato Varese si spalanca, escono due giovani,avranno 25-30 anni, diranno più tardi alcuni testimoni. 
Uno di loro indossa giacche chiare tipo k-way e capellini da baseball, sorprendono alle spalle Massimo D’Antona. 
Il killer impugna una pistola calibro 38, si assicura la copertura e spara senza silenziatore. 
Uno, due colpi, che sembrano petardi… D’Antona cerca un disperato tentativo di difesa.
Si copre il torace con le braccia e con la borsa. Tre, quattro,in rapida successione… D’Antona perde l’equilibrio. Cinque, sei. L’assassino scarica tutto quello che contiene il tamburo della 38. 
Spara anche quando D’Antona è a terra e lo raggiunge alla schiena, alle braccia, nella zona lombare, l’ultimo proiettile è al cuore. 
D’Antona si accascia in terra scivolando lentamente lungo il muro di cinta di villa Albani. 
L’agguato dura sessanta secondi. Un minuto per uccidere il consulente del ministro del Lavoro Antonio Bassolino. Un agguato,un omicidio politico nel centro di Roma. 
Solo allora il killer ripone il revolver nei pantaloni ed insieme al complice che porta un giubbotto di jeans e una maglia rosa, si dirige verso via Adda. 
Veloci come razzi salgono in sella di un motorino,uno di quelli di piccola cilindrata parcheggiato poco prima ,schizzano via e si dileguano nel traffico. Il professore chiede aiuto con una voce flebile, che solo una giovane che gli passa accanto riesce ad udire. 
Sono le sue ultime parole,incomprensibili,quelle di tutta una vita. Alle 8,35 arriva un’ambulanza chiamata da un uomo con il cellulare. Le condizioni del professore sono disperate.Viene trasportato al Policlinico Umberto Primo. Per quaranta minuti i medici tentano di rianimarlo ma Massimo D’Antona muore alle 9,30.
Degli ultimi istanti di vita di D’Antona rimangono la sua sagoma disegnata da un poliziotto con un gessetto bianco sull’asfalto grigio e una borsa lì accanto, semichiusa. 
Un cronista che giunge sul luogo dell’omicidio ha in genere scarse possibilità di movimento. Non è questione di contatti con gli inquirenti. E’ che tutto intorno gli si chiude a riccio ed è difficile conoscere subito alcuni particolari fondamentali per un’indagine.
Diceva anni fa un grande poliziotto della squadra narcotici di Milano:”Se fai passare ventiquattro ore dall’omicidio e ancora non hai compreso la dinamica, l’inchiesta può proseguire per mesi”.
Ma in via Salaria arrivano gli uomini della polizia scientifica coordinati dal dirigente Alfonso D’Alfonso.
Gente preparata,con un passato da segugi dell’antiterrorismo!!!
Il luogo dove D’Antona trova la morte è delimitato da strisce rosse e bianche. I primi poliziotti posizionano piccoli cartelli bianchi con i numeri in nero accanto ai bossoli.1,2,3,4,5,6. Annotano quello che vedono e sentono sopra pagine di block notes che diventeranno verbali. 
Aprono sacchetti di plastica, con i guanti prelevano decine di mozziconi di sigarette che saranno poi analizzati in laboratorio. 
Qualcuno estrae da una borsa la videocamera e inizia a girare. In quei momenti un giornalista può solo capire,comprendere e osservare. I primi indizi sono confusi, forse non serviranno neppure allo sviluppo delle indagini ma rappresentano le indicazioni prese a caldo. Perché le prime dichiarazioni di un testimone di un omicidio rappresentano soltanto un punto di vista,una prospettiva limitata alla posizione in cui si trova rispetto al luogo in cui cade la vittima. La visuale è ostacolata da vetture,insegne,persone,cose in movimento.
Dal basso l’occhio vede soltanto alcuni particolari. Meglio piazzarsi in alto. Dal quinto piano di un palazzo di via Salaria la scena del delitto D’Antona è molto più chiara. E’ la somma di tutte le angolazioni possibili. Niente c’è tra l’occhio e il punto esatto in cui è riverso D’Antona.La vista si allarga.Si scorge il cartellone pubblicitario, il marciapiede che si stringe, la macchinetta del parcheggio,due pali di ferro. D’Antona è stato stretto nel unico segmento di asfalto dove poterlo uccidere. 
Dall’alto è possibile scorgere la via d’uscita degli aggressori, via Adda ,e la presenza ingombrante di quei due furgoni. Il Vanette Nissan piazzato vicino al muro di cinta di villa Albani ha il lunotto posteriore verniciato di bianco ed è graffiato in almeno due punti. I killer si erano piazzati da alcune ore ,sorvegliando così il cammino di D’Antona e i suoi possibili spostamenti. Avevano oscurato il lunotto per non farsi riconoscere dall’esterno e segnato la pellicola per ottenere l’esatta traiettoria tra loro e il professore. Nel Ducato parcheggiato davanti ad una profumeria c’è un bloster ai pedali di guida e all’interno si scorgono alcuni attrezzi per la pittura, fusti di vernice,barattoli di colla, una scala. Accanto alla borsa di D’Antona i poliziotti trovano subito le tre ogive dei proiettili. Basta una chiamata in centrale e si scopre che i furgoni risultano rubati: il Nissan sottratto nella zona di Porta Portese il 29 aprile,il Ducato sparito l’8 maggio a Montespaccato, alle porte di Roma. Il commando lascia sui furgoni le targhe vere,un indizio utile a chi indaga. Il gruppo che ha agito in via Salaria ha commesso il primo errore di carattere organizzativo, indicativo di un apparato logistico non ancora perfezionato.
Solo dopo aver visto la scena dall’alto e compresi i meccanismi dell’ omicidio si possono ascoltare i testimoni.”Ho sentito dei colpi sordi –dice un signore -sembrava come l’esplosione di petardi. Poi ho visto un uomo allontanarsi in direzione di via Adda”. Una donna che ha il negozio a pochi metri dal luogo del delitto prosegue il racconto.”Sono arrivata verso le 8,30 in auto con mio figlio. Mentre stavamo parcheggiando,abbiamo sentito dei colpi sordi. Così, abbiamo visto un uomo che sparava proprio dietro al cartellone pubblicitario.Poco dopo l’uomo ha infilato la pistola dietro al giubbotto e si è allontanato a piedi verso via Adda”. Le prime intuizioni di chi ha scelto un’altra prospettiva,vengono dunque confermate. I killer di D’Antona hanno utilizzato una calibro 38 (“i colpi sordi”) e hanno rimediato l’unica possibile fuga:via Adda,una piccola strada a senso unico orientata verso la periferia. Il docente viene colpito prima alle spalle, si gira e solo allora uno degli aggressori gli spara: il secondo uomo del commando é di copertura,armato,pronto ad intervenire se la P 38 si fosse inceppata. L’assassino spara sei colpi e quasi certamente non è un professionista: si nota subito una strana imprecisione nel colpire la vittima.”Perché sei colpi?- si lascia scappare subito un investigatore. Il killer sceglie un revolver che non lascia bossoli, evita accuratamente un arma semiautomatica come nello stile dei terroristi negli anni settanta.

La donna non ricorda le caratteristiche dello sparatore ma qualche particolare lo offre.”Ero troppo spaventata. Ricordo solo che aveva un berretto in testa e credo fosse vestito di chiaro”. Il figlio aggiunge altri indizi. Dice di aver visto il killer salire su un motorino,con un complice che lo attendeva in via Adda. ”Avevo appena parcheggiato l’auto quando ho sentito dei colpi sordi,molto più silenziosi dei petardi che si sparano a Capodanno. D’istinto mi sono voltato verso il punto da cui provenivano gli spari e ho visto due persone a pochissima distanza dall’avvocato. D’Antona si è accasciato lentamente,scivolando lungo il muro.Chiedeva aiuto con voce flebile. Dopo averlo ucciso i due si sono girati e incamminati con passo tranquillo ma svelto verso via Adda.Avevano il volto scoperto. I due assassini erano alti circa 1,80 e di un’età compresa tra i 25 e i 30 anni,con visi normali.Erano vestiti in modo simile.Uno aveva un capellino da baseball e una giacca tipo k-way di colore chiaro;l’altro portava un giubbotto di jeans e una maglia rosa.Uno di loro ha portato la mano all’altezza della cintura dei pantaloni,come se stesse nascondendo un’arma”.

La custode di un palazzo di via Adda afferma di aver visto proprio davanti al suo portone due ragazzi sui 25-30 anni salire in sella di un motorino di piccola cilindrata di color giallo e allontanarsi a velocità normale. Altri affermano che accanto ai due sparatori c’è una donna. La complice con funzioni di copertura è lontana,forse dall’altra parte della strada.Disegnano un primo identikit:gli occhi grandi e scuri,i capelli castani e lisci,tagliati corti,una piega semplice con una riga in mezzo alla fronte. Alcuni testimoni dicono che a prima vista può essere perfino scambiata per un uomo:indossa i pantaloni e porta un berretto da baseball,proprio come l’uomo che impugna la P 38. Dopo il sesto colpo,la complice,secondo le testimonianze,si gira in fretta e fugge a piedi lungo via Salaria. 
Una donna filippina che lavora come colf in un palazzo vicino,è convinta che “soltanto uno dei due furgoni utilizzati dagli attentatori, era stato parcheggiato dalla sera prima in via Salaria”. 
Lo dice con sicurezza: da quelle parti ci passa ogni sera. E’ il Vanette Nissan, si saprà giorni dopo; il Ducato,invece, è stato parcheggiato di notte davanti alla profumeria. 
Ecco perché i titolari del negozio, a cui il Ducato copriva la visuale non hanno segnalato nulla alle forze di polizia. La conferma di questo particolare non di poco conto viene dalle dichiarazioni del regista televisivo Luca Manfredi che proprio sul luogo del delitto D’Antona girava una fiction con Nancy Brilli.
Racconta Manfredi:”Era l’ultimo giorno di riprese in via Salaria. Prima di chiudere il lavoro abbiamo girato una scena. Una macchina doveva entrare nella villa ma c’era un furgone chi ci ostacolava. Abbiamo poi saputo che era proprio quello utilizzato dai killer. Un attrezzista della troupe ha notato che era aperto e così lo ha spinto a mano di circa un metro”.Gli investigatori sono certi che oltre ai due killer, nell’area di azione dovevano esserci almeno altre 4 o 5 persone piazzate nei furgoni e lungo la via, con compiti di osservazione ed eventuale copertura. A pochi passi dal luogo dell’omicidio c’è una filiale della Banca di Roma. All’esterno una videocamera nascosta registra in continuazione tutti i movimenti di cose e persone.
La polizia sequestra i filmati degli ultimi cinque giorni. Cerca quel volto che alcuni testimoni dicono di aver visto aggirarsi all’incrocio tra via Adda e via Salaria. E’ un uomo di 45 anni,con i baffi, ben vestito:stava nella sua auto ferma ma con il motore acceso. 
E’ un basista? Uno che passava da quelle parti per caso? Il lavoro sulle registrazioni filmate risulta comunque faticoso. Le riprese dell’occhio elettronico riguardano il lato opposto al marciapiede in cui è caduto D’Antona. L’orientamento dell’obiettivo fa supporre l’impossibilità di ritrarre la scena del delitto e l’immagine del furgone parcheggiato in quel tratto di strada. Gli inquirenti confidano su quei filmati e tentano di individuare qualche movimento sospetto di persone . Viene anche analizzato il contenuto della memoria del computer portatile che D’Antona portava nella borsa marrone scura:consulenze,documenti di prossima pubblicazione. Le carte non sembrano però utili alle indagini. I reperti vengono portati nei laboratori. Si dovrà attendere l’autopsia sul corpo di Massimo D’Antona. I proiettili della calibro 38 estratti dalle ferite della vittima devono essere comparati con altre armi,per riconoscere le sottili striature che ogni revolver imprime sul piombo.Gli altri indizi sono tutti analizzati nelle stanze fumose della Procura della Repubblica di Roma,nei locali della Questura. E’ già chiaro a molti che quello di Massimo D’Antona è un omicidio politico,un atto terroristico che intende riportare la lancetta dell’orologio a momenti passati e sepolti dalla storia. Passano le ore e gli attentatori si fanno vivi.
Alle 17,09 l’agenzia Ansa mette in rete poche righe.Le “Brigate Rosse per la costituzione del partito comunista combattente” rivendicano l’agguato al professore con una risoluzione strategica di 14 fogli su due facciate inviata al Messaggero e al Corriere della Sera. Sono in tutto 28 pagine fitte di righe. Il documento porta al centro una stella a cinque punte e una sigla:Brigate Rosse. E’ realizzato con il computer, non è dattiloscritto come i volantini brigatisti degli anni settanta. Nella parte iniziale c’è tutto il senso dell’azione.
” Il giorno 20 maggio 1999, a Roma, le Brigate Rosse per la Costruzione del Partito Comunista combattente hanno colpito Massimo D’Antona, consigliere legislativo del Ministro del Lavoro Bassolino e rappresentante dell’Esecutivo al tavolo permanente del ” Patto per l’occupazione e lo sviluppo”. Con questa offensiva le Brigate Rosse per la Costruzione del Partito Comunista Combattente, riprendono l’iniziativa combattente, intervenendo nei nodi centrali dello scontro per lo sviluppo della guerra di classe di lunga durata, per la conquista del potere politico e l’istaurazione della dittatura del proletariato, portando l’attacco al progetto politico neo-corporativo del” Patto per l’occupazione e lo sviluppo”, quale aspetto centrale nella contraddizione classe/Stato, perno su cui l’equilibrio politico dominante intende procedere nell’attuazione di un processo di complessiva ristrutturazione e riforma economico- sociale, di riadeguamento delle forme del dominio statuale, base politica interna del rinnovato ruolo dell’Italia nelle politiche centrali dell’imperialismo.”
Massimo D’Antona viene condannato a morte dai brigatisti perché ritenuto la mente pensante di quel “Patto per l’occupazione e lo sviluppo”,che aveva ideato per l’esecutivo guidato da Massimo D’Alema e per il ministro del Lavoro Antonio Bassolino.
“All’interno di questo quadro si è collocato l’incarico conferito a Massimo D’Antona, dapprima come esponente dell’Esecutivo nella definizione generale del “Patto per l’occupazione e lo sviluppo”, poi come responsabile della sua sede stabile, ossia il Comitato consultivo sulla legislazione del Lavoro, il Comitato ha la funzione dare attuazione alla strutturazione delle politiche neo-corporative, approvata con il Patto nel dicembre del 1998, e cioè alla istituzione di una consultazione continua tra esecutivo e parti sociali………”
Il documento analizza la politica italiana, il governo delle sinistre, la situazione internazionale ,la guerra nella ex Jugoslavia. L’attacco al sindacato,e in particolare alla Cgil è nello stile dei vecchi documenti delle Brigate Rosse degli anni settanta. Una copia quasi conforme,a cose già viste e sentite.
“La linea seguita dalla Cgil, nell’aggressione Nato alla Jugoslavia, è stata quella di fare assumere con gesti concreti una posizione ai lavoratori italiani, nella polarizzazione del conflitto tra Jugoslavia e secessionismo kosovaro-imperialismo Nato, per sfruttare ogni minima possibilità di attiva legittimazione dell’intervento bellico, che viene qualificato dal suo segretario Cofferati, come una “necessità contingente”, in una posizione più generale che preme il governo italiano e che, rivendicando una funzione attiva dell’Europa nell’area balcanica, chiede che l’Europa stessa si attrezzi politicamente, istituzionalmente e militarmente a svolgerla congiuntamente agli Usa…”.
Aggettivi e termini sono certamente cambiati ma il gergo,il gusto per le sigle e per gli assiomi sono gli stessi. E’ identico il tentativo di condurre un ragionamento politico inoppugnabile che non lasci mai spazio ad alcuna contestazione. La ragione degli “eredi” delle Brigate Rosse è una e immutabile, con un vago sentore nostalgico per l’ex blocco sovietico e una critica alla Germania che ha “inglobato” l’ex Ddr, la Repubblica democratica tedesca.
“Nell’affermazione del processo di coesione europea una funzione centrale di spinta è stata svolta dalla Germania, nel suo ruolo di principale potenza economica europea, che si è ulteriormente accentuato con la fine degli equilibri di Yalta, con l’inglobamento dell’ex-Ddr e con l’esportazione di capitali nei paesi dell’est europeo e con l’influenza politica che vi esercita……”
Lo stile e il testo sembrano nati in due tappe. E’ come se le 28 cartelle del documento fossero uscite dalla penna di giovani di oggi, colti, intelligenti, informati della politica nazionale e internazionale, di buona formazione e di buone letture. Una risoluzione scritta a più mani. I giovani “eredi”, prima di scrivere il testo, avrebbero però passato in rassegna tutti gli antichi documenti delle Brigate Rosse, compresi quelli del sequestro e dell’omicidio del presidente della Democrazia Cristiana, Aldo Moro. Poi discusso, per ore, con uno della vecchia guardia degli anni ’70 e ’80. E’ lui che avrebbe lasciato una impronta davvero indelebile sul documento rivendicativo per l’assassinio di Massimo D’Antona. Ci sono le analisi politiche aggiornate fino all’elezione di Carlo Azeglio Ciampi al Quirinale, termini e aggettivi attuali,che non apparivano nelle risoluzioni strategiche di vent’anni fa. Al posto del vecchio “Sim”,lo Stato Imperialista delle Multinazionali, c’è la “B.I”,la ” Borghesia internazionale” .
“Se da una parte, quindi, la risposta è quella di incrementare le misure repressive generali, rafforzare organici e strumentazioni degli apparati di polizia (vedi pacchetto anticriminalità Diliberto-Jervolino), inasprire le sanzioni anti-sciopero, estendere le campagne di criminalizzazione e la pratica dell’incriminazione delle lotte di settori che non accettano la subordinazione agli interessi della B.I. ma anche alternativamente quella di assorbire e svilire l’opposizione di settori di proletariato, dall’altra, l’istanza di una più forte legittimazione dell’azione statuale viene soddisfatta affiancando al canale di legittimazione istituzionale, politico-rappresentativo, quello negoziale con le parti sociali….” 
Ma il continuo ricorso alle maiuscole è davvero qualcosa di più di un’impronta. Non manca una sorta di autocritica al vecchio spontaneismo. Quasi una spiegazione delle antiche sconfitte. Il giudizio sul governo guidato da Massimo D’Alema e sulla politica riformista dei Democratici di sinistra è duro.
“Un ruolo particolare in questi anni è stato svolto dal Pds che ha sostenuto organicamente le politiche di riforma e ristrutturazione economico-sociale e di forzatura degli assetti politici. All’interno del Pds è D’Alema che ha operato alla costruzione degli equilibri politici che hanno sostituito il governo Berlusconi e ricondotto, l’opposizione di classe ad esso, in un ambito funzionale all’esercizio di un ruolo di governo. 
Un ruolo quello di D’Alema, e dei Ds in generale, che viene rilanciato dalla responsabilità assunta, dal suo governo, con il pieno impegno dell’Italia nell’attacco alla Jugoslavia, responsabilità che gestisce le continue forzature con un’articolata tattica di progressive ratifiche parlamentari al coinvolgimento delle forze armate italiane nella infame e folle aggressione al popolo Jugoslavo……”
C’è poi un richiamo all’omicidio di Roberto Ruffilli, il consigliere per i problemi istituzionali dell’allora presidente del Consiglio Ciriaco De Mita,avvenuto il 16 aprile 1988 a Forlì. Il richiamo a quel delitto è già un forte indizio.E’ come se le nuove leve delle Brigate Rosse-Partito Comunista Combattente riprendessero il folle progetto di lotta armata proprio da dove lo avevano terminato,sul finire degli anni ’80.
“In questo quadro, De Mita, sia come segretario della Dc, che come Presidente del Consiglio, nell’assunzione della necessità di ridefinizione complessiva della mediazione politica, richiesta dal dover corrispondere ai termini del governo dell’economia che si prospettavano per dare risposta alle spinte della borghesia imperialista e garantire la governabilità del conflitto di classe, tentò di attestare un progetto, e i relativi equilibri politici, che partisse dalla ridefinizione della rappresentanza politica e dell’assetto istituzionale…
La concezione che sosteneva questo progetto ruotava intorno alla tesi che il processo controrivoluzionario avesse prodotto una condizione di modificazione dei rapporti di forza tra le classi e una ridefinizione delle forze politiche intorno agli interessi della B.I. L’attacco delle Br-Pcc al progetto di riforma dello Stato, attuato con l’azione contro Ruffili in dialettica con l’opposizione della classe, e le contraddizioni interne al quadro politico-istituzionale legato anche ad altre frazioni della borghesia, impediscono l’affermazione del progetto”.
Oltre all’agguato a Roberto Ruffilli c’è un altro indizio e un legame con il passato. E’ l’attentato al Defence College della Nato,avvenuto a Roma nella notte tra il 9 e il 10 gennaio 1994. Un ordigno di grande potenziale distrusse un’ala intera del palazzo, senza provocare vittime.
“Un processo di rifunzionalizzazione della Nato e del ruolo dei singoli Stati imperialisti in essa, che non è affatto privo di contraddizioni, che si deve imporre sulle resistenze che trova all’interno dei paesi e deve contrastare le tendenze al coagularsi dell’opposizione alla guerra in opzioni offensive e rivoluzionarie; processo contro il quale, in Italia, già nel 1994 i Nuclei Comunisti Combattenti collocarono la propria iniziativa offensiva contro il Nato Defence College, in occasione del Vertice Nato di Bruxelles con cui si sanzionavano le linee del Nuovo Ordine Mondiale……”
La continuità con il passato è espressa nella parte finale del lungo documento.Il piano d’azione dei nuovi brigatisti si snoda attraverso quattro tappe:l’assassinio di Roberto Ruffilli dell’88,il tentato attacco alla sede di Confindustria nel ‘92,l’attentato alla Nato del ’94 e l’uccisione di Massimo D’Antona del ‘99.
“ Un attacco al “cuore dello Stato” che è il portato della dialettica politica tra una linea di continuità-critica-sviluppo del patrimonio comunista in specifico dell’esperienza prodotta dalle Br nel nostro paese e peculiarmente del ricentramento operato dalle B.R.-P.C.C. nella Ritirata Strategica, e il concetto percorso di riaggregazione delle avanguardie rivoluzionarie, in funzione della ricostruzione delle forze rivoluzionarie e in particolare di un’Organizzazione Comunista Combattente che agisca da partito per costruire il Partito.Un processo di aggregazione che costituisce uno stadio peculiare della Fase di Ricostruzione delle Forze Rivoluzionarie, processo che ha visto come passaggio centrale il rilancio dell’iniziativa rivoluzionaria operato dai Nuclei Comunisti Combattenti, con l’attacco all’accordo sulla politica dei redditi tra governo confindustria e sindacati confederati, nel ’92 con l’attacco contro la sede della Confindustria, e nel ’94 in occasione del Vertice N.A.T.O. di Bruxelles, con l’iniziativa contro il N.A.T.O. Defence College con cui veniva attaccato il disegno di nuovo ordine mondiale e la strategia di “presenza avanzata” e la complessiva rifunzionalizzazione della …”
Come ogni risoluzione strategica, i brigatisti inseriscono nelle ultime righe il loro obiettivo finale:diventare punto di riferimento per cellule e gruppi che agiscono in clandestinità,ma senza organizzazione.
“E’ perciò questo l’obiettivo che le Br-Pcc propongono alle avanguardie rivoluzionarie congiuntamente all’obiettivo della ricostruzione del complesso di strumenti politico-militari-teorici e organizzativi necessari al campo proletario per sostenere lo scontro prolungato con lo Stato per l’affermazione degli interessi generali della classe. Parallelamente, alle forze e istanze rivoluzionarie e antimperialiste della nostra area geopolitica, le Br-Pcc propongono la costruzione del Fronte Antimperialista Combattente per la realizzazione di attacchi convergenti e comuni contro le politiche centrali dell’imperialismo al fine di indebolirne il dominio, quadro entro cui sviluppare i processi rivoluzionari nei singoli paesi”.
Una pagina triste, un uomo che muore per aver provato a migliorare “l’occupazione e lo sviluppo” di questo nostro Paese… 
Volevo quindi ricordare quell’uomo, ma nell’iniziare a scrivere questo post, mi sono ricordato di aver letto un giorno un articolo esemplare che mi ero appositamente conservato, perché descriveva in maniera inappuntabile quanto accaduto prima durante e dopo, gli ultimi passi del giurista e docente… 
Rappresenta una pagina di storia fondamentale e che purtroppo i ragazzi di oggi poco conoscono… Spero così facendo di rimediare a quei mancati insegnamenti a cui la società civile, la scuola, le istituzioni, non riescono in maniera capillare a trasmettere, dimenticando quanto sia necessario far comprendere ai giovani gli errori ideologici commessi e che essi non abbiano mai più a ripetersi!!! 

A volte la storia si ripete… speriamo che non sia questo il momento.

Alcuni giorni fa mi ero sorpreso nel vedere un mio post schizzare tra quelli più letti sulla pagina di wordpress… 
Il titolo diceva “Quali previsioni economiche aspettarci…” e questo era il link: http://nicola-costanzo.blogspot.com/2018/11/quali-previsioni-economiche-aspettarci.html 
Mi sono chiesto da cosa poteva dipendere quell’interesse e quale “tag” inserito avevo fatto interessare una platea come quella straniera…
Ho scoperto che la parola chiave era “Russia”, ed il post si concludeva dicendo:  “Mi riferisco alla Russia, pronta a tutto, anche ad imporre con la propria forza le sue regole… e malauguratamente non mi riferisco alla sola potenza economica…”. 
Sono passate due settimane ed ecco che quella previsione si è realizzata attraverso l’inizio di un’escalation militare che sta coinvolgendo la grande potenza russa e quel suo ex stato confederato, chiamato Ucraina…
Abbiamo visto alcuni anni fa le prove sul campo di mettere in mostra la propria forza e dove la parte più debole si aspettava che qualcuno venisse in suo aiuto, se non proprio militarmente, quantomeno economicamente, circostanza che come abbiamo visto è poi avvenuta, con l’invasione della Crimea da parte di Mosca, che ha determinato da parte delle potenze occidentali, tutta una serie di sanzioni commerciali e finanziarie, ma che hanno provocato in quei territori migliaia di vittime, di cui nessuno finora ha desiderato raccontare… 
E quindi se da un lato i dirigenti ucraini schiacciano l’occhiolino alla NATO (la quale ha affermato che sostiene pienamente la sovranità dell’Ucraina e la sua integrità territoriale, compresi i suoi diritti di navigazione nelle sue acque territoriali”, aggiungendo che la Russia dovrebbe “garantire un accesso senza ostacoli ai porti ucraini nel Mar d’Azov”), concedendo la propria disponibilità a realizzare una sua base a difesa sul proprio territorio, dall’altro Mosca ha sostenuto tutta una serie di rivolte in quelle province orientali ucraine, ancora oggi a lingua russa, affinché decidessero di passare liberamente – attraverso un referendum – con la nazione più grande del mondo…
Ecco perché nel contempo il presidente dell’Ucraina per bloccare sul nascere un eventuale pericolo di secessionismo, ha imposto in quei propri territori posti a confine la messa in atto della corte marziale!!!
In tutto questo allora mi chiedo dove la diplomazia???
Cosa sta facendo l’Europa se non aver invitato la Russia a “ripristinare la libertà di passaggio nello stretto di Kerch“??? 
Perché non si sta intervenendo politicamente per sedare questi due contendenti, considerato che in questo momento, il primario interesse manifestato dagli stati europei, in particolare di quanti hanno un’importanza primaria come Germania, Francia, Inghilterra, perché stanno lì a guardare in silenzio???
Se pur comprendo le parole dell’Unione europea che ha esortato tutti ad agire con il massimo riserbo, non si sta esagerando con tutta questa cautela???
Ed anche l’Organizzazione delle Nazioni Unite, di quanto tempo ha bisogno per intervenire e risolvere quanto accaduto a largo della penisola di Crimea???
La crisi è iniziata e state certi che il conflitto non sarà di facile soluzione, soprattutto vedrete come questa crisi, influenzerà per come avevo previsto, tutta l’economia mondiale, in particolare proprio quella del nostro Paese…

25 Aprile 1945: Liberati da cosa, se non da noi stessi…

Sono in pochi a sapere che la data del 25 aprile venne decisa solo quattro anni dopo e precisamente nel 1949…
La scelta cadde su quel giorno, perché era il giorno della liberazione dei partigiani delle città di Milano e Torino, ma pochi sanno che la guerra continuò ancora per qualche giorno e precisamente fino ai primi giorni di maggio.

L’hanno definita “festa della liberazione“… ma liberazione da cosa, dal fascismo forse???
Ma se in quel periodo erano tutti fascisti ed erano pochi gli italiani che avevano avuto il coraggio di ribellarsi a quel governo fascista del Duce, tanto da venire deportati o essere emarginati dalla società…
In quell’analisi, non si tiene conto delle vicissitudini italiane e di quel periodo storico, si viole esclusivamente premiare i partigiani, ma dimenticano volontariamente quanto accaduto a causa loro, mi riferisco alle vittime decedute a seguito di attentati commessi dal loro gruppo di resistenza… oppure di quel successivo periodo di fine della guerra ,che condusse – attraverso un gruppo ristretto ai partigiani – ad una insensata guerra civile, fatta di saccheggi e di violenze gratuite  da parte di quei partigiani che potremmo equiparare per condotta, ai peggiori nazisti delle SS…
Per favore quindi… non mi parlate di lotta di liberazione dai tedeschi o dal fascismo, di un momento di riscatto politico e militare della nostra nazione, di una riconquista della libertà e della democrazia!!!
Gli italiani avevano scelto il “fascismo”, ci credevano, erano esaltati nel vedere il DUX da quel balcone , ed oggi, dopo che sono trascorsi più di settant’anni, non si ha minimamente il coraggio di raccontare all’opinione pubblica quella verità scomoda e cioè, descrivere uanto accaduto realmente, senza liquidare quel periodo, quasi fosse stato un infortunio storico…
Si sa… nei successivi anni si è cercato di portare avanti una nuova costruzione della memoria, in particolare grazie alla pubblicazione di libri (scritti da social-comunisti) o sulla quella carta stampata (di quotidiani d’ispirazione cattolico-democristiana), dove si è creato uno stereotipo di quella Resistenza, divenuta con gli anni – in particolare fra gli strati meno acculturati – l’unica vera componente, che determinò la liberazione del nostro paese…
Ma se per un istante ci fermassimo a rileggere la storia o quantomeno nutrissimo riserve sulla loro fondatezza, ci accorgeremo di come una grossa parte del paese, durante il referendum istituzionale del 2 giugno 1946, avesse espresso per l’ennesima volta, la propria fiducia a quel re fedifrago!!!
Monarchia o Repubblica… fu la domanda posta agli italiani con quel referendum e sappiamo bene come poco più della metà di quel 54,3% degli elettori (furono ammesse per l’occasione al voto le donne, altrimenti non si sarebbe raggiunta la maggioranza…) votò per la Repubblica, con un scarto minimo di appena due milioni di voti, decretando così la fine della Monarchia… 
Viene quindi da chiedersi: Ma come… metà degli italiani votarono per quella monarchia (la stessa che aveva permesso a Mussolini di diventare dittatore, una monarchia che nel momento del pericolo era fuggita via saccheggiando i forzieri del nostro paese),  invece di premiare i partigiani e la resistenza da essi compiuta, ad appena un anno dalla liberazione???
Quanto sopra insegna come i ricorsi storici si ripetano… 
Ad esempio vedasi quanto sta accadendo in questi giorni… e di come la paura dell’italiano di allora venga riproposta oggi, già… quel timore per tutto ciò che è il nuovo e quella desiderata riproposizione di continuità, che suona come implicita sconfessione delle istanze di rinnovamento incarnate allora dal movimento di liberazione ed oggi dai movimenti politici definiti “populisti”…
Ancora una volta, a distanza di tanti anni, le nostre forze istituzionali provano a influenzare l’opinione pubblica descrivendo quel periodo in maniera difforme, ignorando appositamente quanto accaduto e cioè che allora il nostro paese aveva molto da farsi perdonare dai vincitori, perché con se, portava le colpe non solo del fascismo, ma anche della guerra rovinosa da esso dichiarata.
Ecco perché oggi dobbiamo rivalutare quel periodo e la sua resistenza, dobbiamo guardare a tutta la vicenda che inizia con il periodo prefascista e si conclude con la guerra di liberazione e con tutte quelle migliaia di vittime decedute a causa di “giustizie sommarie” improvvisate dai tribunali militari partigiani… 
Cerchiamo prima di tutto quindi di capire, di comprendere cosa ha significato vivere in quel periodo, coglierne tutte le diversità morali e collocarle in un’epoca di guerra, imbarbarito da una violenza estrema perpetrata sulla popolazione civile, senza precedenti nell’età contemporanea… 
Il tempo della resa dei conti è finito… e il nostro Paese deve saper andare avanti, ammettendo ahimè anche le proprie colpe, che come sappiamo sono state tante!!!
Nasconderci ancora una volta… non servirà a nulla, come provare a festeggiare una liberazione che non vi è mai stata, non darà al nostro paese nuova dignità o il rispetto di coloro che oggi siedono insieme a noi come partner europei o in quanto inseriti in quella organizzazione internazionale per la collaborazione nel settore della difesa….
Di contro, riuscire ad ammettere i nostri errori, farà crescere le coscienze dei nostri giovani (peraltro sono gli stessi che oggi – quantomeno due su tre – non sanno minimamente cosa si stia festeggiando…), affinché gli errori d’allora, non abbiano a ripetersi…