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COSEDIL Spa: Il problema non sono i 29 giorni per ottenere il permesso di costruire, bensì la media di 800 giorni finora…


Ho letto in questi giorni un articolo su “Il Fatto Quotidiano“, una delle poche testate che ancora leggo, non per fedeltà incondizionata, ma perché almeno tenta di non arrendersi al copione condiviso.

Le altre testate ormai, sono troppo allineate ai voleri degli editori o dei palazzi della politica, e quindi da tempo, le ho lasciate indietro senza alcun rimpianto…

Eppure, stavolta non mi trovo d’accordo, già… con l’impostazione scelta: non tanto per i fatti riportati – chiedo scusa sin da ora all’autore, se ho frainteso – quanto per il sottinteso che accompagna il racconto: come se una pratica conclusa in tempi umani non potesse che nascondere qualcosa di storto o una scorciatoia illegittima dietro la vicenda della COSEDIL Spa.

Il punto per me non è se quella società abbia ottenuto un permesso in 29 giorni – un tempo che, sì, fa sobbalzare chi conosce bene i tempi biblici della burocrazia edilizia italiana – ma piuttosto perché, per ottenere un permesso c’è bisogno di otto mesi, due anni, una vita intera, tra attese, solleciti, correzioni e ahimè silenzi?.

Il vero interrogativo non è dunque chi è stato bravo oppure ha saputo correre più veloce, ma perché tutti gli altri sono costretti a camminare con i piedi nel cemento fresco. Ecco la vera domanda da porsi è: quali ingranaggi si inceppano, dove si annidano le inefficienze, chi ha interesse a lasciarle lì, e soprattutto, cosa potremmo fare, domani, se davvero volessimo svecchiare un sistema che non rallenta lo sviluppo per difetto, ma lo paralizza per scelta.

Condivido, senza riserve, le parole dell’Ing. Gaetano Vecchio, uno dei titolari dell’azienda – e lo dico con la massima trasparenza, visto che qualcuno potrebbe insinuare retroscena personali: non conosco l’ingegnere né di vista, né in cantiere, neppure per lontana fama professionale. In 35 anni di direzione tecnica, trascorsi quasi interamente fuori dalla Sicilia – per scelta, per lavoro, per necessità – non ci siamo mai incrociati. Solo da un anno e mezzo sono tornato qui, in questa terra che amo con tutte le sue contraddizioni, eppure sempre – come dimostrano con i fatti le mie denunce – con gli occhi aperti.

L’articolo in questione, scritto con cura e rigore da un giornalista che stimo e con cui ho avuto modo di confrontarmi più volte, racconta di un intervento edilizio rilevante – oltre 8000 metri quadri – per il quale il permesso è arrivato in meno di un mese. E qui sorge la domanda inevitabile: se i documenti sono stati depositati in perfetta regola – progetti conformi, relazioni tecniche a norma, pagamenti effettuati, pareri acquisiti, vincoli verificati – perché mai dovremmo sospettare di un iter celere? Non è forse il segnale che qualcosa, da qualche parte, funziona?

Mi vien da dire che forse, invece di cercare ombre, dovremmo applaudire l’amministrazione di Acireale, capace di esaminare una pratica complessa con tempestività, chiarezza e competenza, virtù non così rare quanto si fa credere, ma certamente non diffuse come dovrebbero.

Basti guardare alcuni comuni del Nord, quelli che la retorica giornalistica spesso indica come “esemplari”, per scoprire che sì, anche lì certe pratiche vengono chiuse in 25/30 giorni e nessuno alza un sopracciglio, perché lì la velocità non è sospetta, è normale.

Ecco, qui casca l’asino: la retorica del “Sud corrotto, Nord efficiente” è un automatismo pigro, e soprattutto falso. Ho trascorso metà della mia vita tra Piemonte, Lombardia, Emilia, Toscana, e posso dirlo con cognizione di causa: il malaffare non ha coordinate geografiche, la burocrazia punitiva non è una specialità regionale, gli interessi incrociati non rispettano confini amministrativi. “Tutto il mondo è paese” non è un modo di dire per rassegnarsi, ma un invito a smettere di demonizzare un luogo solo perché ci fa comodo pensare che altrove sia tutto diverso.

La COSEDIL ha fatto una scelta razionale: investire dove le condizioni lo consentono, e minacciare di spostarsi altrove se quelle condizioni vengono meno. Non è un ricatto, è il mercato, crudo, vero, disarmante. E se questa minaccia costringe un’amministrazione a fare il proprio dovere in tempi umani, forse non dovremmo lamentarci, ma chiederci perché non accada sempre così: perché non si faccia sistema, perché non si trasformi quell’eccezione in regola.

Perché ogni permesso rilasciato in tempi decenti non è un favore a qualcuno, ma un atto di giustizia verso tutti. È un segnale per chi crede ancora nel fare, per chi vorrebbe costruire, assumere, progettare, e invece si sente dire “aspetti”, “vediamo”, “forse”, “non ora”. È un colpo al cuore di chi, come me, ha scelto di girare il mondo pur di non rimanere impantanato nel limbo delle carte bollate – non per sfuggire alla legalità, ma per inseguire la possibilità di lavorare dentro una legalità che non strangola, ma sostiene.

E allora sì, concludo riprendendo le parole dell’ingegner Vecchio – ripeto, non perché le condivido per cortesia, ma perché le sento come fossero mie: “Con tempi più lunghi avremmo spostato altrove l’iniziativa”.

Consentitemi di aggiungere su questo (straziante) punto che se fossimo onesti fino in fondo, dovremmo ammettere che, quando qualcuno se ne va per non attendere l’eternità, non è lui a tradire il territorio: è il territorio che ha già tradito lui.

Lo so bene, non per teoria, ma per esperienza diretta – e dolorosamente familiare. Le mie due figlie, entrambe laureate – una a Milano, l’altra a Perugia – non hanno scelto di restare lontano per vocazione nomade, né per ambizione smisurata. Semplicemente, qui non hanno trovato un sentiero percorribile: non un rifiuto esplicito, ma un’assenza – di opportunità chiare, di procedure trasparenti, di segnali che dicessero: qui puoi costruirti un domani senza dover prima scavarti una trincea nella burocrazia. E così se ne sono andate, non con rancore, ma con quella lucida rassegnazione che nasce quando capisci che il tuo impegno, da solo, non basta.

Non le giudico, anzi le ammiro, e ogni volta che sento parlare di “fuga dei cervelli” come se fosse un fenomeno naturale, inevitabile, quasi geologico – mi vien da chiedere: e se invece fosse solo la conseguenza logica di un sistema che premia chi aspetta in silenzio, e punisce chi prova a camminare?

Catania: Un primato che brilla, sì… di oscurità!


Ed ecco che la conferma arriva puntuale e inesorabile come un tramonto sull’Etna: non resta che sedersi, come quel signore disteso sul tavolo del mio quadro, a contemplare un paesaggio dietro di sé, bellissimo, incandescente e inesorabilmente immobile, mentre intorno tutto precipita…

Il dato sulla “qualità delle amministrazioni locali” ci ha regalato un balzo degno di un’atleta specialista in fuga all’indietro: ultimo posto nazionale.

Non un passo falso, non un infortunio momentaneo, no… un vero traguardo. Il risultato di un anno in cui sguardi alti e maniche basse hanno lavorato in perfetta sincronia, come due ingranaggi oliati dalla rassegnazione, per produrre quel piccolo miracolo che solo l’incuria, coltivata con metodo, può portare a compimento.

Nella classifica generale sulla qualità della vita, siamo scivolati al 96° posto, tredici gradini verso il basso, con la grazia di chi scende una scala mobile rotta senza neanche accorgersene. E mentre sprofondiamo, a brillare beffardamente c’è solo la nostra illuminazione pubblica sostenibile, premiata come faro nel buio.

Peccato che quel faro, per chi percorre la tangenziale davanti all’aeroporto Fontanarossa – vedasi quanto ho scritto a suo tempo al link: http://nicola-costanzo.blogspot.com/2024/07/sindaco-e-assessorato-alla-viabilita.html – sia ancora un’ipotesi astratta. Forse chi ha redatto il report non ha mai guidato di notte da quelle nostre parti, o forse semplicemente ha scelto l’illuminazione metaforica, quella che si accende un attimo prima di chiudere il documento.

Alla voce ambiente e servizi il crollo è stato “solo” di sette posizioni – una sorta di applauso di consolazione da parte del destino, ma la vera opera d’arte – quella che meriterebbe un allestimento in una galleria di performance tragicomiche – è il tracollo in demografia e società: trentacinque posizioni in meno, un record da Guinness dell’apatia collettiva.

Sì… moriamo di più di tumori, usciamo prima da scuola, come se il sapere fosse un bagaglio troppo pesante da portare oltre la terza media. Eppure, per un paradosso degno di Pirandello, continuiamo a fare figli e abbiamo pochi anziani a carico. La nostra gioventù, così, ha tutto il tempo del mondo per assistere in diretta al declino… con comodo, seduta in prima fila, magari sgranocchiando popcorn forniti dalla rassegnazione generazionale.

E il lavoro? Siamo al 98° posto! Le imprese qui falliscono più che altrove, ma almeno le pensioni di vecchiaia scarseggiano, forse perché qui si invecchia più in fretta, forse perché la pensione arriva solo dopo aver superato l’esame di realtà…

E la giustizia? La sicurezza? Be’, quelle sono le colonne portanti della stabilità: stabili nella mediocrità, solide nella precarietà, un esempio raro di coerenza amministrativa.

Insomma, una cosa sola possiamo dire con certezza, in mezzo a questo mare di oscillazioni: la nostra capacità di confermare il peggio è straordinariamente affidabile. Una costante, in un universo di variabili.

Naturalmente, a commentare il disastro ci pensa la politica – in particolare l’opposizione, che declama con la solita litania: “destra”, “scelte miopi”, “mancanza di visione”. Hanno ragione, certo… ma viene da chiedersi, mentre snocciolano dati con la solennità di chi fa finta di meravigliarsi, di non sapere, quando a quei loro stessi discorsi non è mai seguita un’azione chiara (con il rischio di dover perdere la propria poltrona…) se non ribadire ciò che oggi suona, come un déjà vu, le solite chiacchiere in salsa catanese.

Perché il problema, vedete, non è solo di chi oggi amministra – no… non sto parlando della criminalità organizzata, quella è un’altra storia, troppo nota per essere rievocata qui come se fosse un colpo di scena in una serie già vista – il vero dramma è quel coro muto di assenze: di responsabilità scaricate, di competenze dimenticate, di promesse che evaporano come la pioggia sulla lava rovente.

Da quando sono arrivato in questa città, i problemi sono rimasti sempre gli stessi, come vecchi mobili impolverati che nessuno butta via perché “tanto, prima o poi serviranno”. Sì… son cambiati i volti – quasi mai i cognomi – a volte le sigle di partito, ma la musica no… quella è sempre la stessa, un valzer lento e stonato, dove chi non balla viene guardato come un intruso. Del resto, come recita una delle massime più sagge di questa terra: se vogliamo che tutto rimanga com’è, bisogna che tutto cambi.

E i cittadini? Niente… loro semplicemente ballano. Cambiano casacca con la disinvoltura di chi sa che il vero potere non è nelle idee, ma nelle file. Si rivolgono a chi è appena salito sul carro dei vincitori, non per convinzione, ma per sopravvivenza, per ottenere un posto, per sbloccare una pratica, per comprare un silenzio. E intanto, passo dopo passo, accompagnano quotidianamente con le proprie azioni quel carro, con la tranquilla consapevolezza che, “sì… così è più comodo”… per tutti!

Tranne, forse, per quel signore disteso sul tavolo. Lui sembra aver capito che comodo non vuol dire giusto, ma solo più lento. E che, prima o poi, anche il tramonto sull’Etna finisce. Poi – ahimè – viene il buio. Già… quello vero.

Il condominio tradito: malagestione, collusioni, giustizia che tarda!


Riprendo stamani a parlare di un tema che, pur essendo quotidiano per molti, viene spesso taciuto finché non diventa insostenibile.

Mi riferisco alla gestione dei condomini, un ambito che dovrebbe garantire tranquillità e sicurezza e che invece troppo spesso si trasforma in una trappola silenziosa, dove chi paga regolarmente finisce per accollarsi debiti a tre zeri, cifre che mai avrebbe immaginato di dover sostenere.

Già… perché quanto accade il più delle volte non sono errori contabili banali, ma veri e propri buchi neri creati con metodo sofisticato: bilanci infedeli, oneri fiscali mai versati, decreti ingiuntivi occultati, spese senza giustificazione alcuna, registri compilati in modo da rendere impossibile qualsiasi verifica. Tutto avviene nell’ombra, fino a quando non è troppo tardi.

Ecco che così la casa, questo rifugio intimo, si svela all’improvviso un campo minato. Chi si è sempre comportato con correttezza si trova a dover pagare per gli altri, non solo i morosi – che pure esistono – ma soprattutto per chi, pur ricevendo regolarmente i contributi di tutti, li ha dirottati altrove. Non è una svista, non è una distrazione: è una strategia!

Si gonfiano le fatture, si pilotano gli appalti per le manutenzioni, si incassano somme in contanti, si usano i beni comuni per servizi privati, si baratta quella gestione – in particolare quando le proprietà si trovano in località turistiche note, di montagna o di mare – con favori ad amici, funzionari, dirigenti, talvolta persino forze dell’ordine, affinché possano godersi, insieme ai propri cari, periodi gratuiti di villeggiatura, in cambio di silenzi compiacenti.

E quando i conti non tornano, la colpa come sempre ricade sempre sui condomini: “non avete controllato”, “non avete partecipato all’assemblea”, “non avete chiesto copie”, come se aver fiducia fosse un reato.

Ed è qui che inizia la seconda fase, quella ancora più amara. Quando qualcuno prende coraggio, presenta un esposto, denuncia, chiede l’intervento delle autorità, si scontra con un sistema che sembra progettato per logorare la pazienza, la salute, le risorse. Gli anni passano, le udienze vengono rinviate per motivi futili, gli incartamenti giacciono in attesa di essere letti – e nel frattempo, chi ha commesso gli atti non è sospeso, non è allontanato, i suoi beni (e quelli dei familiari) non vengono sequestrati. Tutto continua a operare, magari con un nuovo nome, un parente, un prestanome, un socio di comodo.

Sono veri e propri esperti: sfruttano i vuoti normativi, come l’assenza di limiti chiari sui movimenti tra conti condominiali, e creano un caos tale che persino il successore, per tentare di ricostruire i conti, deve affidarsi a un revisore esterno. Eppure, di fronte a spostamenti di centinaia di migliaia di euro, a conti ridotti a otto euro nonostante i pagamenti regolari di tutti, la reazione istituzionale è spesso un silenzio assordante.

Perché dietro quelle cifre non c’è solo un’amministrazione negligente, ma vere truffe – specie quando si inseriscono voci fittizie per indurre in errore e ottenere un profitto illecito. C’è appropriazione indebita, ogni volta che si utilizza il denaro comune come se fosse proprio. C’è danno all’erario, quando si omettono versamenti obbligatori sperando nella prescrizione o in una futura sanatoria. C’è bancarotta fraudolenta, quando si crea un buco deliberato per trarne vantaggio personale.

E in casi estremi, quando l’organizzazione è ramificata e coinvolge più soggetti, emergono elementi che configurano vere e proprie associazioni a delinquere – specie se a fare da sfondo sono meccanismi di riciclaggio, estorsione, o tentativi di accedere a fondi pubblici con documenti falsi. In questo contesto si innesta una gravissima circostanza di cui nessuno vuole parlare: molti di quegli immobili, in particolare quando si trovano in località isolate e soprattutto nei periodi “fuori stagione”, cioè quando non sono utilizzati dai proprietari e molte volte restano in mano all’amministratore per la gestione insieme ai cosiddetti “beni comuni”, probabilmente questi sono stati utilizzati dalla criminalità organizzata per celare chissà… anche “latitanti”.

Eppure, il cittadino che denuncia viene spesso isolato, ridicolizzato, talvolta minacciato. Vi sono assemblee che degenerano in aggressioni fisiche. Vi sono amministratori che, anziché consegnare i registri all’amministratore giudiziario nominato dal Tribunale, li affidano a terzi o li fanno sparire, denunciandone il furto – rendendo così impossibile qualsiasi transizione legale.

E non solo: vi sono uffici delle autorità competenti – per fortuna non tutti; tra essi vi è anche chi opera in maniera puntuale e corretta – che, pur ricevendo esposti dettagliati e documentati, li archiviano come “beghe condominiali”, come se non sapessero che un condominio con un migliaio di unità ha un bilancio superiore a quello di molti comuni. Come se non dovessero sapere che, in assenza di trasparenza, ogni assemblea può diventare un teatro di coercizione, ogni convocazione un atto di potere.

Quindi, non basta dire che servono figure professionali riconosciute; serve a poco ipotizzare un elenco nazionale, se non si parte da un filtro reale: carichi pendenti puliti, casellari giudiziari verificabili, obblighi societari applicati con la stessa severità di qualsiasi altra impresa. Un condominio non è un’entità astratta: è una comunità, è un patrimonio collettivo, è spesso una piccola società con entrate, spese, dipendenti, fornitori, obblighi fiscali. E come tale va trattato, con regole chiare, controlli efficaci, sanzioni certe.

La legge offre strumenti – il diritto d’accesso ai documenti, la revoca giudiziaria, la querela per truffa, la nomina di un revisore – ma sono inutili se non si accompagna a un cambio di mentalità. Se non si smette di considerare legittimo ogni silenzio, ogni delega in bianco o falsificata, ogni voto espresso per compiacere chi ha fatto un favore. Se non si accetta che il diritto di critica, anche aspro, è un dovere, non un’aggressione. Se non si capisce che una convocazione infilata sotto la porta non ha valore, che un amministratore che non consegna i registri commette un reato, che ogni condomino ha il diritto di sapere, di chiedere, di opporsi.

Alla fine, il problema non è la complessità della norma, ma la facilità con cui si accetta che la legge valga solo per chi non ha potere. E finché sarà così, la casa non sarà mai davvero un rifugio. Sarà solo il luogo in cui ci si sente in trappola – e dove chi ha le mani in pasta, come dice un vecchio detto, “non pinia”.

Quel che resta da fare: Quando il cittadino entra in scena.


Dopo aver parlato del ritmo e del silenzio, resta ora da chiedersi: e noi?

Già… noi, non come denuncianti improvvisati, non come investigatori della domenica, ma come cittadini che camminano ogni giorno per strade costruite – o non costruite – da scelte che qualcuno ha fatto al posto nostro, spesso senza chiederci nulla.

Non si tratta di sostituirsi alle autorità, né di sostituire il sospetto alla fiducia: si tratta, più semplicemente, di non lasciare che la complessità diventi scusa per l’indifferenza.

Esistono oggi strumenti che, fino a pochi anni fa, sarebbero sembrati fantascienza. Ad esempio il portale “OpenCantieri”, mette a disposizione – in tempo reale e in formato aperto – dati su oltre 150.000 cantieri pubblici in tutta Italia: chi li ha vinti, a quanto, con quale procedura, se sono in ritardo e di quanto. Non è un archivio per esperti: basta inserire il nome del proprio comune e compariranno le voci di spesa, i soggetti aggiudicatari, le date di inizio e fine lavori. Certo, è uno specchio a volte impietoso, ma quantomeno veritiero.

Poi c’è l’Indice della Pubblica Amministrazione, gestito dall’ANAC, che permette di verificare, con pochi clic, se una stazione appaltante ha pubblicato i suoi bandi sul sito previsto dalla legge, se ha rispettato i tempi minimi di consultazione, se ha motivato le scelte tecniche con trasparenza.

Ed ancora, il Portale Unico dei Contratti Pubblici, dove ogni bando, ogni aggiudicazione, ogni variazione deve essere registrata – pena sanzioni amministrative. Non sempre lo si fa. Ma se qualcuno lo nota, e lo segnala – con calma, con precisione, senza clamore – qualcosa può cambiare.

Segnalare non significa per forza “accusare”, significa viceversa chiedere chiarimenti, inviare una PEC alla stazione appaltante per sapere perché un bando è stato pubblicato un lunedì con scadenza giovedì; significa, in alcuni casi, rivolgersi all’ufficio preposto all’accesso civico, previsto dalla legge 241/1990, per ottenere copia dei verbali di gara. Significa ahimè – quando i dubbi diventano troppo consistenti – scrivere all’ANAC, che ha un canale dedicato (segnalazioni@anticorruzione.it) che garantisce riservatezza a chi denuncia irregolarità. Non serve quindi essere avvocati, basta semplicemente essere precisi: citare il CIG del bando, la data di pubblicazione, il punto del capitolato che appare anomalo.

Ho visto piccole cose nascere da gesti altrettanto piccoli. Un lettore del mio blog, qualche anno fa, notò che lo stesso raggruppamento temporaneo si era aggiudicato quattro scuole in altrettanti comuni limitrofi, sempre con ribassi identici al 29,7%. Non scrisse un articolo. Non lanciò accuse. Mandò una mail all’ufficio trasparenza di uno dei comuni coinvolti, allegando i quattro bandi. La risposta arrivò dopo due settimane: la gara fu sospesa, avviata una verifica interna, e infine annullata. Nessuno finì sui giornali. Ma la scuola fu rifatta, da un’altra ditta.

Non sto dicendo che basti questo. Sto dicendo che, senza questo, non basta nient’altro…

Perché la corruzione non teme le leggi più severe – quelle… le ha già imparate e soprattutto le sa aggirare. Quello che teme di più, siamo noi, lo sguardo attento di chi è ostinatamente ordinario, di chi non ha potere, ma ha una forte memoria.

Già… di chi non alza la voce, ma non distoglie gli occhi, di chi sa che, talvolta, la prima crepa in un sistema opaco non è un’inchiesta, ma una domanda scritta in una mail, inviata un pomeriggio qualunque, mentre prendiamo all’interno di un bar una tazza di te, da una semplice scrivania improvvisata.

Il silenzio tra un appalto e l’altro: Quando la gara finisce prima di cominciare.


Il metodo forse più subdolo è quello che si nasconde dietro la formula dell’“offerta economicamente più vantaggiosa”. In teoria, un modo per premiare il valore tecnico. In pratica, a volte, un meccanismo perfetto per favorire gli amici.
Come si può pensare di pubblicare un bando da milioni di euro e concedere solo quindici giorni per presentare uno studio migliorativo? Un tempo così esiguo che non basta neppure per leggere e comprendere a fondo il progetto. Viene il sospetto che il capitolato sia stato disegnato su misura per qualcuno, che conosceva in anticipo i dettagli e ha potuto preparare l’offerta con calma.

Non è fantasia: la Corte dei Conti, nella sentenza n. 746 del 28 marzo 2024, ha annullato l’aggiudicazione di un intervento di messa in sicurezza idrogeologica in Calabria proprio per questo motivo – un bando pubblicato un venerdì sera, con scadenza di giovedì successivo, e un capitolato tecnico contenente requisiti così specifici da coincidere, quasi alla lettera, con le caratteristiche di una sola delle tre imprese partecipanti. La sentenza, consultabile nel registro ufficiale della Corte, parla chiaro: non si tratta di errore procedurale, ma di “alterazione della par condicio sostanziale”, una formula che, tradotta in parole semplici, significa che la gara non era una gara.

La caccia al bando stesso diventa una prima, ardua selezione. Documenti nascosti su siti inaccessibili, pubblicazioni fatte circolare in ritardo, gare indette a ridosso di festività. Sono tutti espedienti che, sommati, scoraggiano i concorrenti sgraditi e restringono il campo a pochi eletti. E se, nonostante tutto, vince un’impresa “sbagliata”, ecco che i tempi di avvio dei lavori si dilatano magicamente, fino a quando un intoppo burocratico non permette di ripiegare sulla seconda in graduatoria, che guarda caso è proprio l’impresa amica.

In questo panorama, persino l’ipotesi più fantasiosa, come quella di un accesso informatico illecito per conoscere le offerte degli altri pochi minuti prima della scadenza, lascia un dubbio amaro in gola.

Non è solo un dubbio, del resto. Il Rapporto 2024 della Direzione Nazionale Antimafia dedica un’intera sezione al “rischio informatico nei sistemi telematici degli appalti”, segnalando come, in almeno tre inchieste concluse negli ultimi diciotto mesi, sia emersa la pratica di accessi non autorizzati a piattaforme di gara da parte di consulenti esterni – figure apparentemente neutrali, spesso nominate con procedure semplificate, che avevano accesso simultaneo ai documenti delle stazioni appaltanti e alle bozze delle offerte.

Il rapporto, disponibile nel sito ufficiale della DNA , non parla di casi isolati, ma di un’evoluzione della collusione: non più bustarelle in contanti, ma intrusioni digitali, scambi di file criptati, tempi di risposta sospettosamente sovrapposti. È una corruzione che ha imparato a digitare.

Proprio in queste ore, la cronaca giudiziaria torna a occuparsi della materia, con inchieste che coinvolgono figure di alto livello nella pubblica amministrazione. La politica assicura massima attenzione e rigore, in attesa degli esiti dell’autorità giudiziaria. È un segnale che qualcosa, forse, potrebbe muoversi.

Ma la sensazione è che, senza una vigilanza costante e una volontà ferrea di cambiare le regole del gioco, questo meccanismo ben oliato sia destinato a riavviarsi, ciclo dopo ciclo, appalto dopo appalto.

Eppure, ogni volta che un funzionario sceglie di non voltarsi dall’altra parte, ogni volta che un cittadino chiede copia di un bando e ne verifica i termini, ogni volta che un giornalista ricostruisce una catena di aggiudicazioni che nessuno aveva collegato – in quei momenti, il silenzio tra un appalto e l’altro non è vuoto: Sì… è per fortuna lo spazio in cui, forse, può ancora nascere qualcosa di diverso.

Il ritmo che conosciamo: Quando il bando non è una gara.


Si torna a parlare di gare d’appalto, ed è come riaprire un libro di cui si conosce già il finale, ma la cui lettura continua a turbare. Mi riferisco a una sensazione che conosco bene, fatta di sospetti che si accumulano giorno dopo giorno, osservando la stessa scena ripetersi con una regolarità che ha del perturbante.
Basti guardare l’alta frequenza con cui certe imprese si aggiudicano i lavori, una ciclicità che sembra sfidare ogni legge statistica. Si presentano da sole, in temporanea associazione, o celate dietro il comodo paravento di un consorzio, e costantemente, come baciate da una fortuna insolitamente propizia, ottengono la vittoria. È un ritmo che fa riflettere, un ritmo che parla di meccanismi non proprio limpidi.

Certo, qualcuno obietterà che sia solo una coincidenza, che non si debba dar credito a ombre dove non ce ne sono. Eppure i numeri raccontano una storia diversa, fatta di episodi di corruzione che affiorano in continuazione, con la Sicilia purtroppo in testa a queste classifiche.

Il settore più a rischio rimane sempre quello dei lavori pubblici in genere, un mondo vasto che va dalle costruzioni al ciclo dei rifiuti, settori notoriamente sensibili eppure ancora così opachi. So bene che parliamo di un ambiente in cui, per operare, si dovrebbe essere inseriti in appositi elenchi di soggetti affidabili, ma a volte sembra che quei controlli ed i criteri applicati siano ben altri, o quantomeno evidenzino una scarsa attenzione al merito e alla dignità del servizio pubblico.

Si osserva poi una strategia quasi scientifica nella distribuzione degli appalti. Per le commesse più ricche, sembra prevalere un sistema di turnazione tra aziende, con ribassi d’asta così minimi da apparire coordinati. Per gli affidamenti di minore entità, invece, si scende più in basso nella scala amministrativa, coinvolgendo figure tecniche con promesse di contropartite in denaro, in prestazioni o in favori.

In cambio, le imprese ottengono una certa discrezionalità nell’esecuzione, alterando qualità e quantità, chiedendo varianti e risparmiando persino sulla sicurezza. Basterebbe blindare le procedure, verificare seriamente la reale consistenza di queste aziende, per scoprire che molte di loro, a guardarle bene, non sarebbero in grado di riparare neppure la tapparella di casa di mia nonna.

A volte i sospetti trovano conferma in modo così immediato da lasciare senza parole. Già: alcuni anni fa, dopo aver messo nero su bianco in un mio post queste considerazioni, un presidente dell’associazione dei costruttori lanciava pubblicamente l’allarme, parlando di sorteggi sospetti e rischi di una nuova Tangentopoli.

Non era un’allusione generica: pochi mesi prima, l’Autorità Nazionale Anticorruzione aveva dedicato un intero capitolo del suo Rapporto annuale 2024 proprio al fenomeno della “frequenza anomala di aggiudicazione”, un’espressione asettica che nascondeva un dato concreto — il 42% delle stazioni appaltanti con almeno un procedimento sanzionato per irregolarità gravi aveva visto prevalere sempre le stesse imprese in più del 70% dei bandi negli ultimi tre anni.

I casi analizzati includevano appalti per opere stradali, edilizia scolastica e gestione del ciclo idrico, tutti ambiti in cui la qualità dell’esecuzione non è una questione tecnica, ma di sicurezza collettiva. Il rapporto, disponibile integralmente sul sito ufficiale dell’ANAC, non parla di eccezioni: parla di pattern ricorrenti, di procedure formalmente corrette, ma sostanzialmente orientate.

È un richiamo sinistro a una storia ben documentata, non a un ricordo vago o lontano – come quella del cosiddetto “ministro dei Lavori Pubblici” di Cosa Nostra, un ruolo non ufficiale, ma reale: un uomo incaricato dall’organizzazione di decidere chi poteva vincere appalti milionari per le opere pubbliche, chi doveva restare fuori, e a quale prezzo. Un controllo esercitato non con le armi – almeno non sempre – ma con una rete di imprenditori, tecnici e funzionari collusi, capace di far vincere bandi già scritti a misura.

Quella vicenda ci ricorda che il meccanismo corruttivo rappresenta un’infezione che si è ormai normalizzata, diventando quasi ordinaria, e che ormai non affligge più solo alcuni territori ma, in forme diverse, l’intero Paese. Sono parole che confermavano ciò che si osserva ormai da troppo tempo: circostanze curiose nelle aggiudicazioni e un pericolo concreto per la trasparenza.

Cosa aggiungere? Domani proseguirò, seguendo il silenzio che cala tra un bando e l’altro, tra un’aggiudicazione sospetta e la successiva, tra ciò che si scrive nei capitolati e ciò che si decide fuori, già… in stanze dove il tempo sembra non passare mai.

SP102 II: dopo le mie segnalazioni, ora anche il Consigliere Strano denuncia il degrado.

Ieri, scorrendo Facebook, mi sono imbattuto in un post che riecheggiava una denuncia che conosco bene: la mia. Prima di parlare di ponti sullo stretto o di venire a chiederci il voto, qualcuno dovrebbe ascoltare le voci che si alzano dal cemento crepato della SP102 II. 
Già… come quella del Sindaco Ruggero Strano, ora anche Consigliere Provinciale, che ha appena inviato un grido d’allarme alla Città Metropolitana di Catania.
Leggere la sua nota ufficiale è come ripercorrere quella strada con le sospensioni che gemono:

la presente per segnalare alla S.S. un tratto di strada ammalorato sito presso la SP102 Il al Km 3.0 da Sferro direzione Castel di ludica. La strada in questione versa in condizioni di grave degrado, con buche e crepe che rendono pericoloso il transito veicolare, dunque la sua condizione attuale rappresenta un rischio concreto per la sicurezza di tutti gli utenti della strada.

Pertanto, al fine di prevenire disagi e situazioni di grave pericolo per la regolare circolazione veicolare della strada SP102 II, nonché al fine di garantire l’incolumità dei cittadini che giornalmente si trovano a percorrere la sopracitata strada, con la presente, si chiede alla S.S. un intervento urgente affinché possa essere ripristinato il tratto di strada ammalorato sito presso la SP102 II eseguendo i lavori di manutenzione e riparazione necessari a garantire la sicurezza e la fluidità del traffico“.
Rileggendo alcune di quelle parole – “segnaliamo un tratto ammalorato, buche, crepe, un rischio concreto per chi transita, intervento urgente per garantire sicurezza e fluidità“- non si può che avere i brividi. 
Già… parole che sembrano scolpite nel bitume consumato. Eppure, quante volte abbiamo urlato la stessa cosa? Io stesso, in questo blog, ho mappato quel degrado come un diario di bordo, a cui debbo dire sono seguiti degli interventi se pur limitati, come il ripristino di alcune buche con bitume, lavori sul viadotto, posa di guard rail e segnaletica…
Venerdì 7 giugno 2024 – Forse è tempo che quell’Assessorato delle infrastrutture e della mobilità, inizi a fare qualcosa! 
Domenica 14 luglio 2024 – SP102 II per Castel di Judica: Assessore Aricò… molto bene, abbiamo fatto 30, ora facciamo 31? 
Venerdì 30 agosto 2024 – Presidente Schifani – so bene che non siamo sotto periodo di elezioni – ma perché non prova a farsi un giro con il suo staff per le strade siciliane?
Per ultimo, il post di giovedì 6 giugno 2024, nel quale facevo all’inizio riferimento: Caro “Ministro delle Infrastrutture” (Matteo Salvini) & Co. (Meloni e Tajani): prima di parlare di ponte sullo stretto o presenziare in questi giorni per chiederci il voto, ascoltate ed osservate quanto richiesto a gran voce dal Sindaco Ruggero Strano! 
Non so quanto peso abbiano avuto le mie segnalazioni, ma qualcosa nell’anno solare si è mosso e oggi, con la nota del Consigliere Provinciale Strano, la richiesta diventa corale.
 
Perché essere cittadini attivi significa proprio questo: insistere, documentare, tenere traccia, senza aspettarsi medaglie, ma con la certezza che ogni voce aggiunta al coro scalfisce l’indifferenza.
E allora Vi chiedo: cosa possiamo fare ancora? Condividere queste richieste? Fotografare ogni buca? Scrivere ancora ai “politici e dirigenti” di turno!
Perché la verità è semplice: una strada sicura dovrebbe essere un diritto, non un miraggio! 

E mentre a Roma discutono di megaprogetti, ponti, altavelocità, porti, etc… noi continueremo a indicare il selciato che crolla sotto le nostra ruote…

Il nemico invisibile: quando la corruzione resiste più della mafia!

Mentre il vento soffiava forte sulla Sicilia, le parole del procuratore Maurizio De Lucia risuonavano come un campanello d’allarme in un’aula gremita di persone.

I reati di pubblica amministrazione? “Non siamo in grado oggi di contrastarli adeguatamente!

Con queste parle e con voce ferma, carica di preoccupazione, si è espresso il Procuratore durante un convegno e la sua, non è una semplice constatazione, ma ahimè, una vera e propria denuncia di un sistema in affanno. 

Il magistrato nella sua disanima ha altresì elencato tutta una serie di problematiche e di ostacoli attualmente presenti nel sistema giudiziario: il carico di lavoro insostenibile dei GIP, la precedenza dovuta al codice rosso, le nuove procedure che impongono interrogatori preventivi prima di applicare misure cautelari, per non parlare del limite di 45 giorni per le intercettazioni!

Un mosaico di impedimenti che rendono la lotta alla corruzione quasi impossibile e chissà, viene il sospetto che quanto compiuto con queste nuove normative, serva principalmente a promuovere l’illegalità o quantomeno a proteggerla!!!  

Non posso che sorridere pensando al contrasto che il nostro paese ha dedicato alla mafia, con strumenti sempre più sofisticati, pool di magistrati e forze dell’ordine, ma anche cittadini comuni che hanno dedicato la loro vita a quella lotta, cui si sono sommate legislazioni speciali, per poi scoprire che il vero nemico, più resiliente e adattabile, forse non è più “Cosa Nostra“, bensì quel cancro silenzioso che divora le istituzioni dall’interno. 

La corruzione in Italia ha assunto ormai i contorni di una consuetudine, un malcostume che si infiltra in ogni anfratto della società, dal piccolo comune di provincia ai grandi palazzi del potere. Essa non fa rumore come le bombe mafiose, non lascia cadaveri per strada, ma lentamente erode la fiducia dei cittadini nello Stato e nelle sue istituzioni. 

D’altronde è diventata quasi una prassi accettata, un modo di fare, dove il confine tra lecito e illecito si è fatto sempre più labile. Nei corridoi degli uffici pubblici, nelle anticamere dei potenti, nei consigli di amministrazione, si è sviluppato un linguaggio fatto di cenni, di mezze parole, di silenzi eloquenti, dove ogni favore presuppone un contraccambio, dove ogni pratica ha il suo prezzo, ufficiale o nascosto che sia. 

La corruzione moderna ha saputo creare un sistema che si autoalimenta dove pubblico e privato si fondono in una danza pericolosa di interessi incrociati. Il funzionario che velocizza una pratica, il politico che orienta un appalto, l’imprenditore che offre una tangente mascherata da consulenza, il professionista che falsifica una perizia, tutti ingranaggi di una macchina ben oliata che gira indisturbata. 

Questo sistema ha di fatto creato una società parallela dove il merito viene soppiantato dalla raccomandazione, dove l’onestà diventa un ostacolo alla carriera, dove chi rispetta le regole viene visto come un ostacolo da eliminare o quantomeno da costringere al silenzio!!!

Nel frattempo la mafia mostra il suo volto feroce, la corruzione indossa abiti eleganti, frequenta salotti buoni, parla lingue straniere, usa tecnologie avanzate per nascondere i suoi traffici. E così…. mentre la mafia intimidisce e minaccia, la corruzione seduce e corrompe, offrendo vantaggi immediati in cambio di piccole o grandi deviazioni dal sentiero della legalità e il cittadino comune si trova così di fronte a un bivio: resistere in un mondo che sembra premiare chi aggira le regole o adeguarsi al malcostume imperante.

Comprenderete come le conseguenze di questa pervasiva accettazione della corruzione sono devastanti anche se meno visibili di un attentato mafioso: Servizi pubblici inefficienti, sprechi di risorse, aumento delle disuguaglianze, perdita di competitività dell’intero sistema Paese. 

La corruzione diventa così non solo un problema morale ma un vero e proprio freno allo sviluppo economico e sociale, ecco perché le parole di De Lucia ci ricordano che nonostante le leggi, nonostante i proclami, nonostante gli sforzi di magistrati e forze dell’ordine oneste, il sistema attuale non è attrezzato per combattere efficacemente questo nemico invisibile. 

Sì… servirebbero più risorse, procedure più snelle, maggiore coordinamento, ma soprattutto una rivoluzione culturale che rimetta al centro il valore dell’onestà e del bene comune. Bisognerebbe partire dalle nuove generazioni, mostrare loro che esiste un’alternativa al sistema corrotto, che si può vivere con dignità senza scendere a compromessi con la propria coscienza. 

Certo, mentre formiamo i giovani di questa nazione, il malaffare purtroppo continua a diffondersi, silenzioso e inarrestabile, negli uffici pubblici come nelle aziende private, nelle grandi città come nei piccoli paesi, alimentato dall’indifferenza di molti e dalla complicità di troppi, ed è una battaglia che rischiamo di perdere se non prendiamo coscienza che la vera mafia oggi non è più solo quella delle lupare e dei pizzini, ma quella ben più insidiosa che si annida tra le pieghe della burocrazia, nella normalizzazione dell’illegalità, nella assuefazione collettiva al malaffare. 

So bene come questa sfida sia ardua, ma non impossibile, bisogna che ciascuno faccia la propria parte, rifiutando la logica del favore, denunciando le irregolarità, pretendendo trasparenza, soltanto così potremo sentirci persone dignitose e auspicare di poter lasciare un giorno ai nostri figli un Paese migliore, libero non solo da questo cancro chiamato “mafia”, ma soprattutto da quella diffusa corruzione che oggi sembra quasi inattaccabile!

AMMINISTRATORE GIUDIZIARIO ARRESTATO

Il tema degli amministratori giudiziari è stato affrontato più volte su questo blog (e non solo), con particolare attenzione alle modalità attraverso cui alcune imprese sottoposte a sequestro o confisca sono state, di fatto, gestite senza soluzione di continuità dalle stesse organizzazioni cui erano state sottratte.

E infatti, il nuovo procuratore capo di Messina, Antonio D’Amato, si è distinto, a differenza di altri colleghi che negli anni sembravano aver “dormito” o addirittura “celato” esposti ufficialmente protocollati. 

Ricordo a chi di dovere che tali esposti dovrebbero ancora trovarsi negli archivi del Tribunale e quindi nella disponibilità dei sostituti procuratori che potrebbero ora, finalmente, riprenderli in mano…

Per cui, grazie alle investigazioni condotte attraverso intercettazioni, monitoraggi e, pare, con il contributo di un collaboratore di giustizia, si è scoperto che questa situazione era resa possibile, secondo l’accusa, dalla complicità di un amministratore giudiziario.

Come spesso ripeto, l’antimafia, in questi lunghi anni, è servita a molti, specialmente a coloro incaricati di gestire beni e imprese confiscate. 

Ricordo che parliamo di un patrimonio immenso, spesso a scapito delle imprese stesse e dei loro titolari, sottoposti a provvedimenti interdittivi.

Basti pensare al caso di un magistrato, allora presidente della sezione misure di prevenzione del Tribunale di Palermo, finito sotto processo insieme ad altri imputati. Secondo l’accusa, quel magistrato avrebbe gestito i beni confiscati alla mafia in modo clientelare, creando un vero e proprio “sistema“. Al suo fianco agivano fedelissimi, tra cui commercialisti, professori universitari, amministratori giudiziari, uomini in divisa e persino familiari. Secondo i PM nisseni, questo gruppo rappresentava il “cerchio magico” del presidente.

Ma d’altronde è sufficiente recarsi in alcuni uffici per notare come tra i collaboratori vi siano professionisti, dipendenti e altre figure legate, in qualità di familiari, parenti o amici, a referenti istituzionali. Ed è per questi motivi infatti che questi ultimi, abitualmente, affidano loro quegli incarichi di gestione e amministrazione.

Nel caso specifico, l’impresa in questione era già stata destinataria di diversi provvedimenti giudiziari di sequestro e confisca, divenuti definitivi dopo procedimenti penali e misure di prevenzione. Tuttavia, nonostante l’amministrazione giudiziaria, secondo l’inchiesta in corso, l’impresa continuava a essere gestita dagli stessi soggetti interdetti. Questo sarebbe stato reso possibile grazie alla complicità dell’amministratore giudiziario, completamente asservito.

L’attività investigativa ha permesso di ricostruire il modus operandi degli indagati, finalizzato alla creazione di illeciti guadagni grazie alla complicità dell’amministratore giudiziario. Per tali motivi, il Giudice per le Indagini Preliminari, su richiesta della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Messina – Direzione Distrettuale Antimafia, ha applicato una misura restrittiva nei confronti dell’indagato.

Mi chiedevo – discutendo con un amico – come questa vicenda mettesse ora in evidenza un ulteriore paradosso: lo Stato, a seguito dell’arresto dell’amministratore giudiziario, si ritrova ora nella necessità di nominare un nuovo referente per la gestione dei beni sequestrati. Una situazione che non solo rappresenta un evidente fallimento del sistema, ma che getta un’ombra pesante sulle istituzioni, dimostrando come i loro stessi rappresentanti possano risultare altrettanto corrotti. La fiducia dei cittadini ne risulta gravemente compromessa, poiché ciò che dovrebbe essere garanzia di legalità si trasforma spesso in ulteriore occasione di abusi e malaffare!!!

L'ennesimo bonus su lavori mai effettuati!!!

Ancora uan volta parlo di bonus…

Ho scritto in questi anni decine di post sull’argomento, ed ora nuovamente scopro come talune circostanze illegali si vadano a ripetersi!!!

Difatti, i militari del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Barletta Andria Trani, hanno eseguito un provvedimento applicativo di misura cautelare su richiesta della locale Procura della Repubblica nei confronti di 14 soggetti indagati per indebita percezione di erogazioni pubbliche utilizzando abusivamente crediti fiscali relativi ai cc.dd. “Bonus facciate”, “Bonus ristrutturazione” e “Sismabonus”, per un valore complessivo di oltre 52 milioni di euro…

Gli accertamenti hanno consentito di svelare un sistema fraudolento basato sulla creazione di falsi crediti d’imposta in capo a società ed a persone fisiche collegate agli organizzatori della frode; nello specifico è stato riscontrato che una società aveva ceduto crediti fittizi per lavori edili ed investimenti mai sostenuti su immobili totalmente inesistenti, nei confronti di 8 società, dislocate sul tutto il territorio nazionale, risultate in alcuni casi appena costituite, in altri qualificate come evasori totali, ovvero, in stato d’insolvenza…

I riscontri hanno permesso di configurare in capo agli amministratori di quelle società, ipotesi di reato di cui agli artt. 110 e 316 ter c.p. (indebita percezione di erogazioni pubbliche), in quanto i crediti d’imposta di cui sopra sono risultati originati da documenti falsi o attestazione di cose non vere – inserite nella “Piattaforma cessione crediti” – messa a disposizione dall’Amministrazione finanziaria.

Non so che dire, mi sembra assurdo che dopo tanti anni in cui circostanze come queste sono state portate alla luce, qualcuno continui imprterrito ad effettuarle, già… vorrei suggerire a quei soggetti che forse sarebbe meglio (se proprio volessero a tutti i costi continuare a delinquere…) provare nuove strade, sì… piuttosto che ripetere quelle ormai palesi.

D’altro canto, come dice il detto: Errare humanum est, perseverare autem diabolicum!!!

Finanziamenti a imprese affiliate…

Il Fondo di Garanzia del Ministero delle Imprese, gestito dal Mediocredito Centrale (MCC), è uno strumento fondamentale per supportare le piccole e medie imprese italiane, offrendo garanzie alle banche che concedono prestiti. Grazie a questa garanzia, le banche sono più disposte a erogare finanziamenti, riducendo il rischio di insolvenza per le aziende e incentivando la crescita dell’economia. Tuttavia, il sistema si basa su una responsabilità condivisa tra banche e istituzioni, e la superficialità o negligenza nell’erogazione dei prestiti può portare a gravi conseguenze.

In alcuni casi, infatti, le banche, spingendo per aumentare il volume di finanziamenti, potrebbero abbassare la guardia e concedere prestiti senza effettuare adeguate verifiche sulle aziende richiedenti. Questo approccio rischia di trasferire il rischio di insolvenza sullo Stato, che garantisce il prestito tramite il Fondo di Garanzia. Una situazione che crea un paradosso: in alcuni casi, le garanzie pubbliche finiscono per finanziare anche imprese legate alla criminalità organizzata, un fenomeno che danneggia non solo l’economia, ma anche la fiducia nel sistema finanziario.

Le indagini recenti hanno portato alla luce un caso in cui una banca ha erogato, nel periodo 2019-2023, prestiti per un valore di 10 milioni di euro a nove imprese legate a imprenditori coinvolti in attività criminali. La Direzione distrettuale antimafia, accertando l’illegalità e il rischio di infiltrazioni mafiose, ha chiesto e ottenuto dal Tribunale l’amministrazione giudiziaria della banca coinvolta, una misura che non prevede la confisca dell’istituto ma impone un controllo giudiziario. L’istituto bancario, che è nato nel 2015 dal riassetto di una precedente banca, è specializzato in finanziamenti alle piccole e medie imprese. Nonostante non siano stati trovati elementi di illeciti all’interno della banca stessa, il sistema bancario ha mostrato falle che hanno permesso l’accesso a finanziamenti a imprenditori con legami con la criminalità.

Questa misura, pur non essendo un sequestro, mira a prevenire il rischio di infiltrazioni mafiose e a ridisegnare le procedure interne della banca. Un amministratore giudiziario è stato nominato per intervenire nei processi aziendali e strutturare una nuova governance che impedisca il ripetersi di simili situazioni. L’amministrazione giudiziaria ha lo scopo di rafforzare l’impresa e metterla al riparo da future contaminazioni criminali, senza punire le attività lecite condotte dalla banca.

Questa misura, che in passato è stata applicata in settori come l’evasione fiscale o il caporalato, viene utilizzata per le aziende che, pur esercitando attività lecite, potrebbero facilitare indirettamente l’attività di organizzazioni mafiose. L’obiettivo principale non è la punizione, ma la prevenzione, il che significa che l’intervento ha una funzione “terapeutica”, mirata a depurare l’impresa e restituirla al mercato, dopo aver eliminato gli elementi di rischio. L’intervento giudiziario, se ben gestito, potrebbe anche risultare un’opportunità per l’impresa stessa, che acquisirebbe una maggiore resistenza contro future infiltrazioni e un sistema di controllo più solido.

In sintesi, la vicenda mette in luce l’importanza di un rigoroso controllo sulle pratiche bancarie e la necessità di una maggiore responsabilizzazione delle istituzioni finanziarie. La garanzia pubblica non dovrebbe mai essere una via per mascherare la superficialità nelle valutazioni delle banche, e le misure di prevenzione come l’amministrazione giudiziaria sono strumenti fondamentali per garantire che il sistema finanziario resti sano, trasparente e libero da infiltrazioni criminali.

La verità è che non si può corrompere ciò che è già corrotto!!!

Sapete bene come le statistiche internazionali assegnino al nostro Paese un livello di corruzione molto elevato, tanto che nelle classifiche degli Stati più virtuosi l’Italia è fra gli ultimi posti dei Paesi occidentali, superato tra l’altro da nazioni del terzo mondo…

Ora non voglio dire che si è tutti corrotti o che vi sia rimasta nel Paese soltanto una esigua parte di onesti, perché so bene che per motivi professionali è facile imbattersi in circostanze che per vari motivi ci portano a comportarci in maniera errata, a volte semplicemente per favorire un familiare, un collega, un conoscente o ancor più il classico amico dell’amico…
Ma si sa altrettanto bene che con quelle errate azioni si sta provando ad aggirare le regole e soprattutto si è ben coscienti che nel metterle in pratica si favorisce qualcuno, a scapito di altri…
È chiaro quindi che non è semplice combattere la corruzione e serve a poco quanto solitamente viene detto da parte delle Istituzioni e cioè che bisogna coinvolgere i cittadini, in particllare le nuove generazioni, iniziando con i processi educativi.
D’altronde nessuna legge potrà mai debellare questo fenomeno se non verrà accompagnata da un cambiamento drastico come quello ad esempio che conduce la gran parte dei cittadini a disprezzare quei soggetti corrotti, affinchè essi finiscano i loro giorni alla gogna, perché soltanto così tutti gli altri potranno comprendere quanto sia giusto non emularli…
Sperare viceversa che attraverso nuove forme di prevenzione si possa giungere ad eliminare questo fenomeno negativo, significa non voler prendere atto che una grossa fetta di cittadini non ha alcuna intenzione di barattare i propri privilegi personali con la messa in atto di comportamenti leali per soddisfare principi morali e sociali che secondo loro… rendono sì felici i loro connazionali, ma che tolgono di fatto a loro prestigio e vantaggi finanziari interessanti…    
 
Non si tratta quindi corrompere perché il sistema prevede già che un numero impressionante d’individui abbia scelto da tempo di esser corrotti, pur sapendo che quei loro lesivi comportamenti determinano di fatto una concorrenza sleale ed aprono a nuovi scenari corruttivi!!!
In ogni discorso politico sento parlare di combattere la corruzione, in particolare quella compiuta nelle amministrazioni pubbliche, la cui organizzazione risulta essere a servizio dei poteri forti e mai a favore dei cittadini che viceversa si ritrovano ad essere vessati e sottoposti – ogni giorno – ad ogni tipo di prevaricazione.
Ecco perché sorrido ai vari governi nazionali quando parlano di riforme della pubblica amministrazione, perché nonostante gli annunci propagandistici a cui ogni governo ci ha abituato, alla fine nessuno è mai riuscito a penetrare a fondo in quella sua stessa “manchevole” organizzazione, già… eliminando non soltanto gli elementi infedeli, ma rovesciando definitivamente quel sistema che – per come abbiamo potuto appurare – si è dimostrato esser imperfetto!!!
Sì… basterebbe quanto sopra per veder diminuire la corruzione in questo nostro Paese, ma purtroppo invece di provare a combattere questa diffusa corruzione, la si è di fatto alimentata e sono proprio i nostri governanti ad aver dato il peggior esempio!!! 
Ma d’altronde “ chi nasce quadrato, non può morire tondo” e difatti nessuno può cambiare la propria natura, così come un quadrato non può diventare un cerchio, poiché chi nasce “infetto” e possiede una forma mentale corrotta, difficilmente modificherà sé stesso per diventare una persona perbene e quindi onesta!!!

Il voto rappresenta l'unico sano investimento per migliorare questo paese!!!

Votare è importante, d’altronde è soltanto attraverso le urne che si rafforzano i rapporti relazionari con i cittadini, ma non solo, quel voto diventa fondamentale per organizzare un buon governo, sia esso nazionale che regionale o come in questi giorni… Europeo.

Esso contribuisce in modo notevole al rafforzamento di quel cosiddetto “senso civico” e soprattutto alimenta la fiducia nei confront della pubblica amministrazione e la qualità della democrazia.

Difatti, con il nostro voto si legittimità le decisioni di quei poteri pubblici, ma nello stesso tempo si può ribaltare lo stato di fatto, già… attraverso il voto, in questo caso…  contrario, anche perché i cittadini comprendono quando i loro sforzi vengono ignorati, ad esempio non venendo celermente informati o come ad esempio escludendoli di partecipare attivamente al processo politico…

Perchè ciascuno di essi ha bisogno di comprendere cosa sta accendo non solo nel proprio territorio di apparenenza, ma anche a livello regionale e nazionale, attraverso una informazione completa, obiettiva, affidabile e soprattutto facile da comprendere…

Ecco perché la politica deve dedicare tempo, risorse, energia, per sviluppare adeguati strumenti normativi e far di tutto per coinvolgere i cittadini nei processi decisionali delle politiche pubbliche….

C’è quindi necessita di rispondere alle esigenze degli elettori, evidenziando da parte delle amministrazioni una maggiore trasparenza e soprattutto mostrando responsabilità nelle decisioni, considerando che non solo il pubblico, ma anche i media, guardano con particolare attenzione le azioni compiute e ahime, anche tutte quelle inchieste giudiziarie che naturalmente, quando emergono, provocano un evidente perdita di fiducia dei cittadini nei confronti delle istituzioni…

Ecco perchè bisogna soddisfare le attese dei cittadini, già… è fondamentale esser presenti sul territorio, toccare con mano le difficoltà di quest’ultimi che desiderano semplicemente essere ascoltati e trovare così quel giusto riscontro alle loro esigenze…

L’informazione è diventata ormai un punto fondamentale della politica ed è grazie ai social se oggi si può rimanere in contatto con i propri elettori, ma anche con chi ha preferito – per ragioni diverse – demandare il proprio voto a chi opera all’opposizione…

Facebook, Istagram, X (ex Twitter), Bluesky, Tumblr, Testate Web, Blogger, WordPress ed altri, permettono oggi a chiunque di quei politici di dialogare con i cittadini ed è grazie a questi social che sono aumentate quantità e qualità delle informazioni di quei suoi referenti istituzionali…

Questa nuova tecnologia rappresenta una parte importante di questa dinamica, in quanto permette l’interscambio dell’informazione e della comunicazione; quest’ultima infatti non consiste nel dare ai cittadini l’ingannevole illusione di poter partecipare a grandi decisioni, ma viceversa, permette a ciascuno di essi di elaborare proposte e controllare i modi in cui viene esercitato il potere, affinchè ci si possa eventualmente organizzarsi, ahimè per ribalate un sistema ritenuto malauguratamente, sterile o inconcludente…

Già… perché c’è un’azione peggiore di quella di togliere il diritto di voto al cittadino, e consiste nel togliergli la voglia di votare!!!

Salirò, salirò… fino a quando sarò solamente un ricordo lontano!!! Presidente Mattarella può aiutarmi??? – Seconda Parte

Continuando il post pubblicato ieri sul Governatore ligure Giovanni Toti, ho letto una frase del Ministro della Giustizia Nordio che avanzava sull’inchiesta una riflessione: “Si tratta di fatti che risalgono ad alcuni anni fa e l’inchiesta è nata tempo addietro. Ho esercitato 40 anni da pm e raramente ho chiesto provvedimenti di tutela cautelare dopo anni di indagini“.
Su quanto sopra ha dato seguito il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, Matteo Salvini che ha dichiarato: “Dimettersi sarebbe una resa, non basta un’inchiesta“.

Ed allora scusatemi, senza voler fare alcun riferimento su quanto sta accadendo al Governatore ligure – peraltro per quell’inchiesta vi saranno altre sedi opportune per far emergere la verità (non certo il mio Blog) – vi è però una frase riportata che mi ha fatto sorgere un dubbio e vorrei sapere cosa ne pensa il nostro Presidente della Repubblica, Sergio  Mattarella, su quanto sto per riportare…

Sì… perché vede Presidente, se come ho letto “non basta un’inchiesta“, se l’operato quindi della magistratura (che Lei di fatto in qualità di Capo dello Stato rappresenta, poiché presiede il Consiglio superiore della magistratura e il Consiglio supremo di difesa) non conta un caz…, significa allora che in questo Paese ciascuno di noi può far ciò che vuole!!! 

E quindi a cosa servono le forze dell’ordine… mandiamole a casa!!! Già… perché esistono i Tribunali, perché rispettare le leggi o affidarsi ai processi??? Perché arrestare quotidianamente affiliati mafiosi, spacciatori, ladri, delinquenti, rapinatori, truffatori??? Perché pensare ad essi quando poi la maggior parte dei cittadini – anche chi di fatto appartiene alle Istituzioni – ruba, delinque, fa uso proprio di stupefacenti e dimostra con i fatti d’esser associato alla criminalità organizzata, ma non solo, raggira, ricicla ed esporta valuta nei paradisi fiscali???

Presidente Mattarella gradirei una risposta, perché vede è difficile per il sottoscritto espletare ogni giorno quei principi di “legalità“, palesando alle mie figlie e ai tanti giovani che abitualmente incontro e a cui provo d’infondere quei valori di giustizia, liceità, diritto, costituzionalità, quando poi essi apprendono dai media/social quanto putrido sia questo nostro Paese, in particolare quell’apparato statale, lo stesso d’altronde che evidenzia costantemente poca limpidezza e mette in luce sempre più soggetti infedeli, gli stessi tra l’altro incaricati di amministrarci!!!  

La verità caro Presidente Mattarella è che forse parliamo di un sistema talmente infetto e contaminato che ormai non si può far più niente!!! E chissà se non è per questo motivo che i suoi colleghi pur di nascondere le malefatte prefiscono proteggerlo, alterando la verità e portando avanti con le loro dichiarazioni, una montagna di falsità!!! 

Già… perché sono tutte pedine dello stesso domino e quindi se cade una, cadono tutte le altre!!!

Giardini Naxos??? Qualcosa mi sfugge…

Sig. Costanzo buonasera, 

le scrivo perché ho come l’impressione che qualcosa in quel Comune di Giardini Naxos non vada – secondo la sottoscritta – per come dovrebbe…

Segua questo mio pensiero…

L’Amministrazione elabora un bilancio che non è congruo, il Consiglio quindi non lo vota, viene sciolto il consiglio e nel frattempo – per come tutti noi abbiamo letto – il sindaco viene dichiarato decaduto a seguito di una sentenza; quest’ultimo comunque (legittimamente) ha fatto ricorso, per cui resta in carica con la sua giunta, e difatti tutti insieme decidono di aumentarsi il compenso con una delibera!!!

Le chiedo quindi da quanto sopra riportato, come sia evidente che i cittadini – a causa di quanto accaduto in questi mesi – non hanno più alcuna rappresentanza, ma stranamente il sindaco e la giunta restano fino al 2025!!!

Mi scusi, ma il ragionamento quadra oppure c’è qualcosa che mi sfugge???

Tra l’altro, è possibile che chi dovrebbe verificare, mi riferisco alle Istituzioni e agli organi di controllo, non si siano accorti di quanto stia avvenendo in quel Comune che mi permetta di ricordare, solo pochi mesi fa ha rischiato il dissesto???

Lettera firmata 

R.C.

LA PAZIENZA HA UN LIMITE E QUEL LIMITE E’ LUNEDI 30 OTTOBRE ALLE ORE 09.00!!!

Ho ricevuto stasera un post interessante di una pagina social di  Facebook sul “Consorzio Rete Fognante”, un argomento che come sapete, ho in questi anni più volte trattato, ed è il motivo per cui stasera mi permetto di riportarne copia del contenuto pubblicato…

Inizia così:

In questi giorni, in cui ho avuto modo di leggere e sentire delle immense ca… ho preferito il silenzio, come sono solito fare da quando sono stato chiamato alla guida del CRF, girare lo sguardo sulle cose da fare, sui problemi da risolvere…

Si è appena conclusa una stagione che ha registrato presenze turistiche oltre ogni più rosea aspettativa per il nostro comprensorio. 

Presenze che, per quel che riguarda il CRF, si tramutano in maggiori reflui da depurare e tutto sommato, grazie anche al lodevole impegno degli uffici e delle maestranze, possiamo ritenerci più che soddisfatti di quanto fatto.

Adesso inizia la stagione della programmazione e della realizzazione di manutenzioni importanti per far sì che gli impianti mantengano livelli di efficienza ottimali. 

Abbiamo richiesto agli Uffici, che hanno già predisposto, perizie per manutenzioni (strutturali e meccaniche) per circa 600 mila euro ed è proprio notizia di qualche giorno fa che occorre intervenire su quadri ed impianti elettrici con una previsione di spesa che sfora 100 mila euro. 

A queste attività vanno ad aggiungersi ulteriori spese per il riconoscimento di debiti fuori bilancio ereditati dalle passate gestioni ed onorare quelli già riconosciuti.

Eppure, c’è chi fa lo struzzo! Infila la testa sotto la sabbia e non si cura di ciò che avviene intorno a lui.

L’Amministrazione Comunale, il Sindaco di Giardini Naxos da mesi gioca al nascondino sfuggendo da precisi obblighi e responsabilità finanziarie nei confronti del CRF.

A luglio ci siamo seduti intorno ad un tavolo ed alla presenza dei quattro Sindaci sono stati assunti precisi impegni per consentire al CRF di operare in condizioni di ordinaria tranquillità economica chiedendo, al tempo stesso, all’attuale “governance” di realizzare tutte quelle attività necessarie a far cessare l’applicazione del contratto di salvaguardia Enel. 

Com’è noto dal 1° dicembre 2023 il CRF sarà fuori dal contratto di salvaguardia con un risparmio di circa 600 mila euro/anno sul costo dell’energia.

I Comuni di Taormina, Letojanni e Castelmola hanno dato seguito agli impegni assunti trasferendo somme, sia sul debito pregresso che sulla competenza 2023, mentre il Comune di Giardini Naxos, purtroppo, dopo un primo versamento sul pregresso pari a circa 800 mila euro non ha più effettuato trasferimenti per i noti problemi tecnici (MANCATA PREVISIONE NEL BILANCIO PLURIENNALE!!)

Da mesi è in corso una fitta corrispondenza per trovare soluzioni, per evitare maggiori danni per il CRF e quindi per l’intero comprensorio, Giardini Naxos compresa, ma ad oggi non si registra alcuna novità. Vediamo, verifichiamo, ragioniamo prepariamo…. “IL NULLA”!

Da Presidente del CdA e quindi dell’Assemblea continuo, per evitare il peggio, a proporre l’approvazione per riconoscimenti di debiti f.b., a difendere l’Ente da richieste economiche surreali, a programmare interventi manutentivi di primaria importanza.

Tutte queste attività hanno un costo e non ritengo virtuoso procedere alla carlona  generando ulteriori debiti che un domani altri dovranno risanare e riconoscere con maggiori ed inutili costi per i cittadini dei Comuni consorziati.  

Nell’ennesimo tentativo di concordare TUTTI INSIEME modalità operative per gestire economicamente il Consorzio (dopo aver contattato i quattro Sindaci avendo ricevuto assenso e conferma della disponibilità da ciascuno di loro) ho convocato una riunione per lunedì 30 ottobre alle ore 10.00 presso il CRF.

Stamattina telefonicamente vengo avvertito (NON DAL DIRETTO INTERESSATO), di una possibile richiesta di rinvio, l’ennesima in questi mesi, da parte del Sindaco di Giardini Naxos per la concomitanza del Consiglio Comunale per le ore 10.30 del 30 ottobre.

Ebbene per opportuna notizia caro Sindaco non ho l’anello al naso! Potrà averne conferma da amici comuni che mi conoscono abbastanza bene e da tempo! 

LA PAZIENZA HA UN LIMITE E QUEL LIMITE E’ LUNEDI 30 OTTOBRE ALLE ORE 09.00 (anticipando di 90 minuti i suoi presunti impegni in Consiglio Comunale) ed in quella sede è bene che venga con dati e tempi precisi per assolvere agli impegni assunti a luglio e ad oggi in buona parte disattesi!

PS: A chi cerca di dipingermi come un avversario, un nemico, della “MIA” Giardini Naxos dico che i veri NEMICI della comunità sono coloro che mancano, tradiscono, la parola data!

Una delibera del Consiglio dei ministri, scioglie un comune nel catanese…

Se questo è il principio, credo che quanto sia accaduto non sarà che l’inizio anche per molti altri comuni della nostra isola…  

Sembra che siano state accertate forme di ingerenza da parte della criminalità organizzata che nei fatti comprometterebbero il buon andamento dell’amministrazione locale e di conseguenza la sua imparzialità…

Con queste motivazioni è stato deliberato dal Consiglio dei ministri, su proposta del ministro dell’interno Matteo Piantedosi, lo scioglimento del Consiglio comunale di Palagonia e sarà quindi una commissione straordinaria ad occuparsi, come da prassi, della gestione del comune per i prossimi diciotto mesi.

La notizia è stata resa nota dallo stesso sindaco di Palagonia, Salvatore Astuti che ha dichiarato: “Con il comunicato stampa di pochi minuti fa apprendo che il Consiglio dei Ministri di ieri ha deliberato lo scioglimento delle cariche elettive del nostro comune, da questo momento decado io come Sindaco, tutti i membri della Giunta ed il Consiglio Comunale. Le cariche istituzionali saranno rappresentate, per 18 mesi, da una commissione nominata appositamente che probabilmente già domani si insedierà con i poteri di Sindaco, Giunta e Consiglio. Quando ho intrapreso l’esperienza da Sindaco, tutto avrei potuto pensare nella vita, ma mai che mi sarei trovato a dare una notizia del genere. Scioglimento per infiltrazioni mafiose. Commentare oggi — si legge — comunque, senza aver letto le motivazioni che hanno portato a questa drastica soluzione, sarebbe, da parte mia, operazione di patetica presunzione. Aspettiamo di leggere quanto è stato rilevato ed a carico di chi è stato rilevato, così che ognuno di noi possa trarre le proprie conclusioni. È senz’altro una brutta pagina per la città ed il peggiore epilogo possibile, di questa esperienza politica. Vorrei — conclude Astuti — in questo mio ultimo post da Sindaco, ringraziare tutti coloro che mi hanno sostenuto e supportato nel corso di questa esperienza politica. Sono grato per l’opportunità che mi è stata data di servire la nostra comunità e porterò sempre con me i ricordi e gli insegnamenti di questo percorso”.

Certo… è importante leggere le motivazioni che hanno condotto a questa drastica e aggiungerei tragica soluzione, ma certamente quanto accaduto qui da noi, dovrebbe rappresentare anche un apripista per altre realtà del centro/nord, dove sicuramente non vi è una forte presenza della mafia, ma dove la criminalità organizzata locale, evidenzia in maniera concreta la propria forza all’interno di quelle compagini amministrative… 

Quindi, rivolgendo il mio pensiero al ministro Pantedosi, chiedo ad egli di esser altrettanto scrupoloso nel ricercare quelle realtà che nulla hanno a che fare con la nostra isola; ingerenze che – posso assicurare – vi sono…. e mi riferisco a tutte quelle località di cui solitamente poco si parla, ma che da tempo sono di fatto sottomesse a pericolosi gruppi criminali…   

Ecco perché da parte Sua mi attendo quantomeno in tempi celeri, lo scioglimento amministrativo di almeno un migliaio di Comuni… 

Ma se i siciliani votano come amministratori i soggetti che hanno legami di parentela e/o di affiliazione alla mafia, mi chiedo: a quali principi di legalità aspirano???

Ho letto di un Sindaco appena eletto che, all’indomani delle elezioni amministrative, è stato visto in compagnia di un esponente della cosca locale…

L’articolo del post riportava: “Parentele scottanti e, sullo sfondo quell’intrecciato e fitto tessuto relazionale, costituito da rapporti di parentela e di affinità, fra gli amministratori e soggetti gravati da condanne per associazione di stampo mafioso che riguardano alcuni degli assessori e dei consiglieri comunali, eletti o nominati nelle ultime votazioni, sia nelle file della maggioranza che della minoranza consiliare”.

Già…  prima vengono eletti dai cittadini a rappresentarli in quelle delicate cariche amministrative  e dopo poco tempo, quegli stessi consigli comunali, si ritrovano a seguito di provvedimenti giudiziari, senza più alcuna rappresentanza…

Tra l’altro, la situazione più indegna non è tanto quella rappresentata nelle relazioni prefettizie che rimarcano gli interessi compiuti da quelle associazioni a delinquere, parliamo tra l’altro di gruppi locali conosciuti in  contesti territoriali e storicamente legati ad alcune famiglie di “cosa nostra”, no… incredibilmente quei loro concittadini – quando chiamati al voto – pur sapendo l’opera negativa condotta da quelle cosche in quel territorio e conoscendo i legami di parentela e/o affiliazione con taluni politici, vere e proprie “teste di legno”, incredibilmente li votano, dimostrando attraverso quella apposta “X”, quanto anch’essi siano profondamente collusi con quel sistema dedito al malaffare!!!

Riporto quanto l’organo ispettivo ha evidenziato e cioè che le informazioni fornite dalle forze di polizia, hanno posto in evidenza i rapporti e le cointeressenze sussistenti tra una parte dell’apparato politico e burocratico comunale, con degli esponenti del locale crimine organizzato!!!

Si parla di relazioni personali riferite a soggetti «chiave» dell’amministrazione comunale dalle quali non sono esenti Sindaci, Consiglieri e dipendenti posti in uffici preposti, una gestione quella dell’amministrazione comunale che evidenzia l’assoluta inerzia tenuta in materia di appalti e che ha di fatto comportato l’affidamento diretto di lavori e servizi (talvolta operato in somma urgenza) ad un numero ristretto d’imprese, solitamente legate a quegli “amici degli amici“, in spregio a quanto disposto dal codice dei contratti e dal codice antimafia in materia di rotazione!!!

Tali modalità operative hanno peraltro consentito a molti Comuni “contagiati da malagestio” di procedere alla concessione di beni del patrimonio immobiliare dell’ente locale e al rilascio di licenze comunali a soggetti o ad imprese prive dei requisiti per poter contrattare con la pubblica amministrazione in quanto direttamente o indirettamente legati o riconducibili alla criminalità organizzata!!!

Ecco perché ancora oggi non riesco a comprendere a quali principi di legalità tendano i miei conterranei, già… vorrei conoscere quali motivazioni conducono loro a piegarsi alle richieste di quei loro concittadini, prestati ora alla “politica”, pur sapendo a quali familiari essi appartengono, gli stessi che nel corso degli anni si sono macchiati di fatti gravi dinnanzi alla giustizia!!!

Tranquilli… ormai l’avete votati??? 

Quindi preparatevi, perché tra un po’, in quel vostro Comune, inizierà: “L’ora Illegale“!!!

Ma se anche le forze dell'ordine e istituzionali si prestano al malaffare, ditemi… come dobbiamo andare avanti???

Sono 34 i provvedimenti cautelari emessi e tra quei soggetti vi sono comprovati rapporti corruttivi tra ex parlamentari e uomini appartenenti alle Forze di Polizia, Gdf, funzionari prefettizi ed alcuni vertici dell’Agenzia delle Dogane!!!

M’interessa poco parlare di quei soggetti e dell’ipotesi accusatoria compiuta dalla procura di Forlì, per un appalto milionario che vede coinvolta l’Azienda Usl Romagna per la fornitura di mascherine, nonostante non esistesse alcuna specifica attitudine aziendale e lucrando così su quanto accaduto durante quel periodo pandemico del 2020.

Ovviamente la lista è lunga e tra gli indagati troviamo un ex direttore dell’Agenzia delle dogane, un collega tecnico con delega alle Infrastrutture e ai Lavori pubblici, cui segue un economista professore universitario e nell’inchiesta sono altresì coinvolti anche esponenti del mondo imprenditoriale romagnolo con importanti trascorsi istituzionali di livello nazionale nonché altri soggetti appartenenti alle istituzioni, asserviti ad interessi economici estranei e contrastanti con il fine pubblico, la trasparenza e la legalità della pubblica amministrazione!!!

Le indagini hanno preso spunto da un’inchiesta legata al mondo della droga, più precisamente un imprenditore emiliano si giovava d’importanti conoscenze criminali legate alla malavita albanese e al narcotraffico per approvvigionarsi di denaro da reinvestire in attività formalmente lecite o per l’acquisto di immobili; viceversa, l’altro soggetto coinvolto, sfruttando le conoscenze di alto livello maturate grazie all’incarico istituzionale ricoperto in seno al Parlamento, era riuscito a garantirsi la presenza di persone a lui asservite all’interno di diverse istituzioni pubbliche locali e nazionali, quest’ultime infatti, a richiesta dell’ex parlamentare, garantivano la cura dei suoi interessi dall’interno dell’Amministrazione di appartenenza. 

L’arresto in frontiera da parte delle Autorità italiane, le perquisizioni eseguite da parte delle forze dell’ordine, ed i flussi finanziari delle disponibilità man mano emerse nel corso delle investigazioni a cui si è sommata l’analisi del contenuto dei dispositivi elettronici sequestrati come pc e smartphone, hanno permesso di ricostruire dettagliatamente i rapporti tra l’ex parlamentare e gli appartenenti alle istituzioni per ottenerne uno stabile asservimento delle loro pubbliche funzioni ad interessi economici e imprenditoriali prettamente personali.

Per fortuna che il marcio ahimè all’interno delle nostre forze dell’ordine e istituzionale rappresenta soltanto un’eccezione di quel sistema criminale e per come è stato possibile evidenziare dall’inchiesta appena condotta, possiamo soltanto congratularci con quella parte onesta che tra mille difficoltà, compie fino in fondo il proprio dovere… 

Un plauso quindi al coordinamento della Procura della Repubblica di Forlì, della Procura Distrettuale Antimafia di Bologna, delle Questure di Forlì-Cesena e di Modena, in collaborazione con le forze dell’ordine del Belgio e della Germania, un lavoro che attesta l’impegno costante delle Istituzioni nella lotta alla criminalità e ai fenomeni corruttivi che si dimostrano essere costantemente presenti, non solo nel nostro territorio, ma anche in quello transnazionale…

Ischia: perdonatemi, ma quegli applausi "sterili" durante il corteo funebre non li comprendo!!!

Mariateresa, Francesco e Michele, insieme ai genitori Gianluca e Valentina non ci sono più…

E non ci sono perché una malattia se li è portati via o perché il destino ha voluto che durante una loro vacanza, l’auto con cui viaggiavano dovesse avere un incidente, no… loro non sono più, per colpa di noi… tutti!!!

Non importa se non siamo residenti ad Ischia, la colpa resta eguale, perché quanto accaduto lì, poteva tranquillamente presentarsi in ciascuna abitazione del nostro territorio, un paese che dimostra di essere fragile, in particolare proprio per tutte quelle corresponsabilità non solo istituzionali (da parte di quei funzionari e addetti al controllo del territorio che non svolgono in maniera corretta il proprio compito) ma anche ahimè da parte di quei professionisti che pur di ricevere una parcella s’inventano espedienti che sanno bene essere irregolari, ed infine i cittadini, non meno colpevoli, sì… anche loro hanno colpe, che chiudono abitualmente un occhio  dinnanzi a quegli abusi, chissà… forse perché loro per primi hanno già approfittato di quella leggerezza legislativa e/o amministrativa!!!

Sono tutte connivenze che hanno portato tre ragazzini di 6, 11 e 15 anni, a non essere più tra noi e non per colpa di una frana che (forse) si poteva prevedere e che ahimè li ha inghiottiti per sempre!!!

Ecco perché non posso accettare quanto accaduto, come non m’interessano le lacrime di quegli uomini che avrebbero dovuto fare di più e non l’hanno fatto; peraltro non ho alcun trasporto per le parole espresse nell’omelia, sono le solite frasi di circostanza, quel prete ripete ciò per cui è stato indottrinato, mai una parola di condanna, difatti ripete a pappagallo quelle usuali frasi del tutto “inconcludenti” : “oggi li pensiamo nel paradiso uniti e sorridenti”.

Ma che cazz può fregare a Dio di averli nel “Paradiso“; scusate ma qual è il messaggio che si vorrebbe far passare, forse che “Egli” abbia pensato di portarli con se perché sarebbero stati meglio che qui??? 

Certo, osservando quanto accaduto qualcuno potrebbe crederlo.. ma Dio (se esiste…) non perde il suo tempo con noi, ha cose ben più importanti a cui pensare e soprattutto non può sostituirsi a quei dirigenti, funzionari e/o professionisti che richiedono o autorizzano (o ancor peggio fanno finta di non sapere…) ciò che sapevano e cioè che nulla doveva essere realizzato!!!   

Il Territorio è gravemente ferito ma non per colpa di Dio; Egli ci ha dato questa terra quasi fosse un paradiso, ma osservando ovunque cosa ne stiamo facendo, si sarà sicuramente pentito…

Non esiste per questa tragedia la parola “perché“??? Tutti sapevano e nessuno ha fatto nulla!!! D’altronde ditemi: dove sono le denunce, gli esposti presentati da quei conterranei, chi in quell’isola vedendo quanto stava accadendo si è presentato dalle autorità competenti o giudiziarie per evidenziare la realizzazione  di quelle costruzioni abusive???

Risponde il sottoscritto: NESSUNO!!!

Sono d’accordo con un loro compagno di scuola, quando legge dal pulpito: Non accettiamo la tua bara bianca, sarà dura salire le scale della scuola sapendo di non trovarti. Con te se ne va un pezzo di noi. Ci impegneremo per un’isola più bella

Infatti… non si può accettare!!! Scrosciano gli applausi sotto la pioggia, ma questi (credetemi) non servono a nulla, se non saranno seguiti da azioni concrete!!! 

Ragazzi tocca ora a voi farvi sentire, se volete cambiare questo stato di cose dovete lottare, non piegarvi a quelle abituali regole o consuetudini cui vedrete con il tempo – gli adulti – vorranno condurvi, affinché ciascuno di voi, diventi come sono stati (sterili) loro!!!

Ma voi per fortuna voi non siete così, siete diversi, puri, avete dalla vostra il tempo, sì…per cambiare questo schifo che vi circonda e dare finalmente una prospettiva diversa a voi stessi e perché no, ai vostri figli…

Ricordate da ora in poi queste mie parole: loro sono il passato, voi siete il futuro!!! Non lo sprecate… 

Imprenditori siciliani disonesti??? Analizzando in maniera obiettiva si scopre che…

Come ben sapete ritengo che chi pecca nel compiere la propria professione debba sempre pagare, ma vi sono dei casi che m’inducono a pensare che non sempre la colpa di quegli imprenditori sia da imputare a quanti – mi riferisco naturalmente a tutti coloro che nulla hanno a che fare con affiliazioni a strutture legate alla criminalità organizzata o per meglio dire appartengono di fatto a quel sistema clientelare, corruttivo, ed  anche mafioso – possiamo definire ancora “onesti“.

Certo quest’ultimo termine è certamente difficile da affibbiare a quanti operano nella mia Sicilia, ma come dicevo esiste ancora una parte sana che sta in questi ultimi anni – forse a causa delle difficoltà finanziarie provocate dal “covid” – ma non solo, anche quanto in questi mesi ha provocato un aumento esponenziale nel settore energetico e petrolifero, incremento che stanno mettendo in crisi parecchie imprese e che ha determinato in molti imprenditori la decisione di chiudere definitivamente i battenti o quantomeno di provare a resistere non solo alla crisi, ma anche ribellandosi a quel sistema coercitivo di regolari richieste, a cui da sempre erano sottomessi!!!

Desidero affrontare stasera questo tema, dopo aver letto in questi giorni di talune inchieste giudiziarie che hanno visto coinvolti alcuni imprenditori indagati per corruzione…

Naturalmente lungi dal sottoscritto pensare che qualsivoglia forma di pagamento di tangente possa non venir considerata quale forma di corruzione o che essa non costituisca un reato; no… ciò che mi permetto di dire e che il più delle volte – per compiere in maniera corretta la propria attività – ci si ritrova a doversi sottomettere a un sistema che preclude, a chi si ribella, la possibilità d’operare…

Perché diciamoci la verità, in Sicilia ( ma non solo lì…) per lavorare bisogna pagare: da sempre è così e così continuerà fintanto che le leggi sono così permissive e soprattutto non difendono chi vuole contrastare quel sistema illegale dimostrando di non volerne fare parte…

Già perché da noi si sa, per dimostrare di essere onesti bisogna farsi sparare o quantomeno far comprendere a tutti – mettendoci in primis la faccia – che non si ha paura di niente e di nessuno, perché soltanto così lo Stato è costretto ad intervenire, altrimenti – quegli imprenditori coraggiosi – dovranno sottostare al sistema oppure decidere di chiudere definitivamente, abbandonando le aspirazioni di una vita o quei desideri di continuità da voler consegnare ai propri figli… 

Ho letto nell’articolo di un imprenditore che ha affermato di avere pagato, già… non per accaparrarsi i lavori, ma per velocizzare l’affidamento di quel proprio cantiere, sì… alla luce di un’aggiudicazione che sarebbe avvenuta in maniera del tutto trasparente!!! 

Quindi, una mazzetta per comprare non l’appalto ma il tempo di chi avrebbe dovuto seguirla in maniera corretta e soprattutto celere!!! 

Ed allora mi sono permesso di verificare gli appalti aggiudicatisi da quell’impresa e penso di poter confermare che essa non avesse alcun bisogno di pagare per inseguire altri appalti, d’altronde consentitemi una riflessione: se analizziamo i ricavi prodotti dagli appalti pubblici e quanto essi rendano alle nostre imprese – con ribassi intorno al 30% – beh… lasciatemelo dire con molta franchezza, soltanto chi esegue i lavori in maniera difforme dai previsti Capitolati e soprattutto chi possiede i favori delle Dl,  può pensare di ricavare oggi un utile, altrimenti… si ci rimette sempre!!!

Ed allora mi sono chiesto: cosa avrebbe potuto fare quell’imprenditore dopo essersi aggiudicato in maniera corretta e trasparente l’appalto??? Mi direte tutti: semplice… denunciare quel funzionario alle autorità competenti??? 

Già… una risposta scontata, si vede che siete in pochi quelli che avete avuto a che fare con la giustizia e soprattutto coi i suoi tempi interminabili, che vedono ahimè il più delle volte – grazie a giudizi iniqui – ribaltare i giudizi a favore proprio di chi era stato per l’appunto denunciato!!!

Comprenderete altresì come dopo quella denuncia, nessuno più vorrà aver a che fare con quell’impresa, in particolare nessun funzionario o dirigente sarà più disposto a verificare quei lavori in corso (o da eseguire a seguito aggiudicazione), in maniera serena, ma staranno tutti lì – già… con il fucile puntato – a verificare la regolarità di quelle opere in tutte le loro fasi, osservando in particolare quei dettagli che si sarebbero sicuramente sorvolati, ma ora, con il rischio che ci sia qualcuno delle forze dell’ordine disposto a verificarli e contestarli, ecco che si preferisce bloccare l’appalto!!!

La verità??? Questo paese è come quel cane che si morde la coda!!! E’ un problema senza via di uscita, una condizione che conduce tutti, dopo aver risolto un problema, a doverne affrontarne un altro, un ciclo vizioso e perverso nel quale ci troviamo tutti ad essere coinvolti, anche ahimè quei pochi imprenditori che con grande difficolta provano a restare retti!!!

Strage dei Georgofili, quando il Teatro racconta la storia…

Mi permetto di riproporre una pagina degli amici di Facebook di Castelfiorentino che stasera 20 ottobre alle ore 21.00, al Ridotto del Teatro del Popolo presentano uno intitolato “Il paese nelle mani”, nato per volontà dell’Associazione Familiari Vittime Strage di via dei Georgofili di cui proprio il presidente Luigi Dainelli è originario di Castelfiorentino. 

Il regista Nicola Zavagli l’ha definita ”un’orazione civile”, che respinge qualsiasi forma di spettacolarizzazione della storia per affidarsi unicamente alla “nuda parola”, attenendosi soltanto ai fatti. 

E’ questo il biglietto da visita de “Il Paese nelle mani”, spettacolo dedicato alla Strage dei Georgofili avvenuta a Firenze per mano mafiosa nel 1993 in cui morirono cinque persone e cancellando un’intera famiglia. 

La serata,  promossa dalla Compagnia Teatri d’Imbarco e Insetttostecco in collaborazione con l’Associazione tra i Familiari delle vittime della Strage dei Georgofili e il patrocinio del Comune di Castelfiorentino, presenta una lucida riflessione su un periodo cruciale della storia d’Italia, tra il 1992 e il 1994, quando si verificarono ben sette stragi di mafia. 

Lo spettacolo, interpretato da Beatrice Visibelli, scaturisce da un’attenta analisi che Nicola Zavagli, regista e autore del testo, ha svolto esaminando gli atti dei vari processi che si sono tenuti a Firenze nel corso degli anni, alla ricerca della verità, senza lasciarsi trasportare dalle “possibili ipotesi e congetture”, ma solo raccontando “i fatti accertati nei processi”.   

L’Associazione Familiari Vittime della Strage dei Georgofili, da sempre impegnata nella preservazione e nella diffusione della memoria attraverso ogni possibile linguaggio (dalla musica alla poesia, all’arte, al teatro) ha fortemente sostenuto l’idea di questo spettacolo, realizzato lo scorso anno in occasione del 28° anniversario della strage. Il suo presidente, Luigi Dainelli, ha manifestato il desiderio che venisse presentato anche al Ridotto del Teatro del Popolo, essendo originario di Castelfiorentino. 

“Abbiamo accolto con piacere la proposta di Luigi Dainelli, presidente dell’associazione familiari delle vittime – osserva il Vicesindaco con delega alla Cultura, Claudia Centi – per questo spettacolo teatrale di impegno civile che si sofferma su uno dei periodi più difficili della nostra storia, come i primi anni Novanta, segnati dalle stragi di mafia, che causarono la morte di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino e decine di innocenti, di cui cinque nella strage causata da una bomba posizionata vicino all’Accademia dei Georgofili a Firenze nel 1993. 

Condivido pienamente quanto riportato dalla Amministrazione di Castelfiorentino ed è il motivo per cui mi sono permesso di riproporre questo post: Diffondere la memoria, in particolare tra le nuove generazioni, è sempre stato uno dei punti fermi di questa Amministrazione, per cui invito tutti i cittadini a partecipare allo spettacolo di giovedì sera, che è libero e gratuito”. 

La direzione organizzativa dello spettacolo è di Cristan Palmi, organizzazione Nicoletta Maria Loisi e Francesca Pingitore. Luci e fonica Alice Mollica.

Info e prenotazioni: info@teatridimbarco.it, 329.4187925, 055310230

LA SCHEDA

Nella notte tra il 26 e il 27 maggio 1993, a Firenze in via dei Georgofili, scoppia un’autobomba che provoca il crollo della Torre, dove ha sede l’Accademia dei Georgofili. Muoiono Caterina Nencioni (di 50 giorni), Nadia Nencioni (9 anni), Angela Fiume (36 anni), Fabrizio Nencioni (39 anni), Dario Capolicchio (22 anni), quest’ultimo giovane studente che soggiornava di fronte alla Torre. I feriti sono 48 e i danni sono ingenti al patrimonio artistico circostante. Per questo attentato, avvenuto per mano mafiosa, saranno comminati a conclusione di un lungo iter processuale 15 ergastoli.

Ance Sicilia: “Le imprese edili si fermano, personale in cassa integrazione”!!!

Botta e risposta tra la Regione Siciliana e l’Ance…

Già. l’associazione regionale dei costruttori edili, ha lanciato l’allarme sui mancati pagamenti alle imprese, paventando tra l’altro il fallimento di queste ultime… 

Immediata la replica degli uffici regionali e in particolare del vice presidente della Regione e assessore all’Economia, Gaetano Armao e dell’assessore regionale alle Infrastrutture, Marco Falcone.

“Ci lasciano francamente stupiti – hanno affermato i rappresentanti del Governo Musumeci – le affermazioni diffuse da Ance Sicilia. 

Nel 2021, infatti, la Regione attraverso i suoi Dipartimenti ha erogato pagamenti per un miliardo di euro alle imprese che, a vario titolo, hanno eseguito lavori. 

Rimangono aperte alcune poste finanziarie marginali che riguardano commesse effettuate tra fine 2021 e inizio 2022 e che trovano imputazione nell’anno trascorso”.

Abbiamo già proceduto – hanno aggiunto gli esponenti del Governo Musumeci – al riaccertamento dei residui che consentirà alla giunta, non appena i revisori dei conti forniranno il necessario parere, di sbloccare tutti i pagamenti aperti, per chiudere così ogni pendenza entro la seconda metà di maggio. Siamo disponibili a ogni confronto, carte alla mano, che darà prova della poco consistente mole di crediti ancora pendenti”.

Caro materiali, Ance Sicilia: “Le imprese edili si fermano, personale in cassa integrazione”.

A puntare il dito contro il Governo Musumeci è stato in particolare il presidente di Ance Sicilia, Santo Cutrone: “Apprendiamo ora – ha affermato in una nota diffusa nei giorni scorsi – che per ricevere i nostri soldi dobbiamo aspettare ancora che il Parlamento nazionale vari una norma che sblocchi fondi destinati alla Sicilia e previsti dalla nuova Finanziaria 2022. Cioè, la programmazione finanziaria del futuro serve a pagare i debiti del passato, dopo che le Amministrazioni hanno appaltato opere senza la necessaria copertura finanziaria e dopo che non si è riusciti ancora una volta ad approvare il Bilancio della Regione negli ordinari termini di legge nonostante i nostri pressanti richiami al senso di responsabilità”.

“È finito il tempo delle promesse – ha concluso Cutrone – poiché i politici, a qualsiasi livello, non possono permettersi il lusso di lanciarsi nella campagna elettorale senza avere prima prodotto risultati concreti. Davanti a noi non ci sono più anni o mesi, ma pochi giorni prima di essere costretti a dichiarare fallimento. Chi ne ha la responsabilità faccia una volta per tutte il proprio dovere”.

Quello dei ritardi nei pagamenti purtroppo è un argomento ricorrente per la Regione. L’Ance si era già ritrovata a settembre del 2021 a sollecitare la liquidazione dovuta alle imprese da parte dell’Amministrazione Musumeci. Addirittura nel mese di luglio 2021 Ance aveva minacciato una pioggia di ricorsi da parte delle aziende nei confronti della Regione per i mancati pagamenti. Un meccanismo che, alla lunga, rischia di inceppare del tutto una ruota economica, quella siciliana, che già si muove con moltissima difficoltà.

Ex assessori regionali, condannati a pagare…

Ho letto un post su Facebook che riportava una notizia riportata su Live Sicilia e che fa riferimento ad alcuni compensi percepiti da alcuni ex assessori regionali, certo quando leggo certe notizie e soprattutto quando vedo certi nomi, non so cosa dire…

Preferisco quindi attedere ulteriori esiti, d’altronde la nostra giustiia ci ha fatto vedere più volte come circostanze che sembrano indubbie e sentenze totalmente incontrovertibili, giungano con il tempo ad essere ribaltate!!!

E quindi per il momento riporto esclusivamente la notizia e lascio in me eventuali commenti, con il tempo vedremo cosa accadrà…

La sezione giurisdizionale della Corte dei conti ha condannato gli ex assessori della Regione Siciliana, Lucia Borsellino, Baldassare Gucciardi e l’attuale assessore Ruggero Razza, e i dirigenti generali Salvatore Sammartano e Mario La Rocca, “per il danno sugli esborsi ed oneri pagati dalla Regione Siciliana per i compensi dei componenti del consiglio di amministrazione della Fondazione Istituto Giglio di Cefalù nel periodo 2015-2020, senza una normativa, statale o regionale, che legittimasse l’istituzione dello stesso consiglio di amministrazione”.

La sezione ha sostanzialmente accolto la ricostruzione del pubblico ministero, Marco Cavallaro, che si è avvalso delle indagini delegate al nucleo di polizia economico finanziaria di Palermo, riducendo l’importo del danno contestato da 545.146 euro a complessivi a 381.602 così ripartiti: Baldassare Gucciardi 68.100 euro, Lucia Borsellino 107.505 Ruggero Razza 59.416 euro, Salvatore Sammartano 107.505 e Mario La Rocca 39.075 euro.

Cave e miniere ( VI Parte ): tempi delle istruttorie

E’ stato rilevato dalle Associazioni di categoria che nel caso di istanze presentate ai sensi dell’art. 19 del D.Lgs 152/06 e ss.mm.ii., si verifica spesso che l’istruttoria si concluda con la determinazione di assoggettare a VIA il progetto di cava,  dopo un tempo medio di attesa di oltre 15 mesi, in palese violazione dei termini previsti dalla normativa e che per arrivare alla conclusione della successiva procedura di PAUR sia necessario un ulteriore dispendio di tempo di oltre due anni.

La conseguenza è che gli esercenti di cava in attesa di rinnovo dell’autorizzazione sono costretti a sospendere l’attività estrattiva per alcuni anni, col serio rischio di perdere le commesse di fornitura già acquisite e, quindi, di chiudere la propria attività. 

Sull’argomento è stato ha replicato che la non trattazione di tutti i fattori ambientali, nei progetti,  comporta un assoggettamento diretto a VIA delle istanze di procedura di verifica ambientale,  precisando che la CTS non è pagata sul numero di pratiche, e che il rimando a VIA comporta un aggravio del carico di lavoro per la stessa CTS.

Su quest’ultima affermazione i tecnici delle associazioni di categoria hanno fatto osservare che la CTS è, invece, giustamente, retribuita per ogni parere reso e che il rimando a VIA di un’istanza comporta una nuova procedura di VIA e quindi l’emissione di ulteriori pareri retribuiti secondo le modalità indicate nel D.A. n. 311/GAB del 31/12/20 “determinazione dei compensi per i componenti della CTS a decorrere dall’anno 2021”.

Inoltre, nel corso dell’incontro del 02/03/21 è stato chiesto alla CTS di pronunciarsi sull’ordine cronologico di istruttoria applicato alle istanze, visto che in qualche caso è stato da essi verificato che taluni procedimenti sono stati conclusi nei tempi di Legge, mentre in altri casi si assiste ad una violazione dei termini perentori previsti dalla Legge. 

La risposta ricevuta dai tecnici delle associazioni di categorie è stata alquanto sorprendente; a suo avviso, la CTS è dotata di gruppi più veloci rispetto ad altri, motivo per cui qualche pratica riesce ad avere il parere in tempi molto più rapidi rispetto a tante altre, ammettendo che non vi è un rigido rispetto dell’ordine cronologico.

Le Associazioni di categoria hanno potuto constatare, previa consultazione dei pareri pubblicati sul sito regionale dell’ARTA, che mediamente per le procedure ex art. 19 D.lgs 152/2006 e ss.mm.ii. il parere della CTS arriva non prima di 15 mesi.

Tuttavia va segnalato qualche raro emblematico caso di procedimento ex art. 19 che ha ricevuto parere favorevole, non rimandato a VIA, in meno di 5 mesi, sebbene l’istanza sia pervenuta successivamente a tante altre rimaste ancora inevase!!

Anche su questa evidenza il CTS non ha accettato alcun confronto…

A parere dei tecnici delle associazioni di categoria, sarebbe opportuno che l’assegnazione delle pratiche avvenisse nel rigoroso rispetto dell’ordine di entrata delle istanze e che i gruppi valutativi fossero composti in maniera omogenea, in modo tale da evitare distonie nei tempi e nelle modalità di espletamento delle pratiche.

Infine, in occasione del secondo e terzo incontro i Componenti della CTS hanno accolto la proposta di redigere una check list di riferimento per i proponenti dei progetti di cava, al fine di uniformare il contenuto e la completezza degli studi ambientali dei progetti.

La check list redatta dalla CTS, pervenuta poi alle associazioni di categoria, per mezzo email, è stata oggetto di discussione nel terzo incontro svoltasi in data 16/04/21.

Sulla natura di questo documento la CTS ha manifestato qualche perplessità anche con riferimento al campo di applicazione della stessa check list, precisando che questa non può avere una funzione di indirizzo ai fini della “completezza della documentazione”, ma deve essere utilizzata solo per definire gli elementi necessari che permettano una valutazione ambientale appropriata sui contenuti dell’istanza, al fine di evitare errori e incomprensioni, rimarcando più volte che la check list non può essere predisposta dalla CTS, ma è un documento che deve essere ufficializzato dall’Amministrazione.

Sempre nell’ultima riunione, è stato reso noto che l’Assessorato Territorio ed Ambiente, nell’intento di velocizzare i procedimenti istruttori, ha programmato di inserire nella CTS altri 30 professionisti a supporto degli attuali componenti, accogliendo le varie richieste dell’associazioni imprenditoriali che da tempo sollecitano l’Amministrazione Regionale a potenziare l’organo tecnico del servizio 1 VIA-VAS.

Tale decisione è stata molto apprezzata dalle rappresentanti delle Associazioni di categoria e ci si augura che, nel più breve tempo possibile, la CTS possa essere operativa in pieno organico, nonostante le perplessità manifestate dalla CTS secondo la quale “non è automatico il raddoppio della produttività con il raddoppio dei componenti”!!!

CONTINUA…

Università di Catania: "Un sistema squallido"!!!

Sono passati dieci anni da quando scrivevo questo post:
“Ed ancora, come dimenticare tutti i rettori, professori, docenti universitari, presidi ed anche semplici insegnanti di quell’apparato scolastico, che certamente influenzano parecchie di quelle preferenze, sia tra quanti operano nella didattica, che per i molti familiari di quei cosiddetti discenti…”!!!
Le ipotesi di reato sono sempre le stesse: concorso in truffa, abuso d’ufficio, associazione a delinquere, corruzione e turbativa d’asta!!!
Ormai, i nomi di quegli abusi li conosciamo a memoria, ma come vado spesso reiterando,  fintanto che le pene prevederanno condanne temporanee e soprattutto “effimere”, senza colpire in maniera decisa quei lestofanti ed anche i loro eventuali familiari, questi reati continueranno imperterriti ad essere sempre compiuti!!!

Sono le leggi d’altronde a favorire e permettere queste situazioni incresciose… d’altro canto, il rischio di venir scoperti, come si dice… in quegli ambienti: “vale a candela…”!!!’

Ma ancor più grave è la convinzione acquisita con il tempo, grazie soprattutto a quelle posizioni prestigiose raggiunte, in quel volersi ergere a modelli da prendere come esempio, professori di vita e di conoscenza che offrono la propria presenza in convegni, riunioni, manifestazioni, ecc… per dare a noi tutti consigli morali, suggerimenti e proposte!!!
La verità è che ognuno di loro in quel ruolo, non fa  altro che danneggiare ciascuno di noi!!!

I peggiori ovviamente restano sempre quegli individui legati classe politica, ma poi si continua verso chi opera in settori chiave della ns. amministrazione, per proseguire verso i loro cari, mogli/mariti, figli ed affini tra cui generi e nuore, che nella maggior parte dei casi, risultano incompetenti e presuntuosi, dimenticando o per meglio dire fanno finta di dimenticare, chi li ha opportunamente collocati lì…e a chi dovranno dire grazie, per tutta la vita, in particolare ogni qualvolta verranno chiamati a compensare chi li ha a suo tempo sostenuti!!!

E difatti nel 2014 uscivo con un post intitolato “i nuovi miserabili”, nel quale riportavo: “Credevate che durante le riunioni con i professori a scuola i Vs. genitori andavano a chiedere sul vostro percorso formativo o forse portavano i saluti di qualche vostro parente o amico comune con i vs. insegnanti??? 
Ed ancora, quando eravate all’Università ricordate chi da dietro le quinte vi sosteneva immeritatamente???
Oppure ditemi, a quel concorso e/o colloquio come siete giunti, con quali meriti, forse con i vostri… o perché eravate semplicemente raccomandati???
Ed infine, potete mettere la vostra mano sul fuoco che nel corso della vostra  professione non avete mai accettato alcun compromesso… in particolare quando ciò serviva a farvi proseguire nella carriera, a scapito di colleghi certamente più bravi di voi???
Ecco, sono questi i nuovi miserabili, gente inutile e viscida che striscia ovunque per creare danni e non mi riferisco ai nostri abituali politici, ma a quanti operano con analoghe metodologie “mafiose”, per far progredire se stessi in campo professionale/sociale e soprattutto i propri figli…
Sono miserabili, dentro e fuori, sotto ogni aspetto e come avrete capito sono i peggiori!!!
Potremmo dire che raggruppano in se molti dei peccati descritti nei gironi dell’inferno di Dante; infatti se li osservate bene, ne vedrete tutte le caratteristiche: lussuriosi, ingannatori, ruffiani, gelosi, ipocriti, ladri, traditori, seminatori di discordia ed infine aggiungerei superbi ed invidiosi!!!
Lo so… avrei dovuto parlare di quanto emerso stamani grazie alla Procura Nazionale di Catania nella persona del Procuratore, Dott. Carmelo Zuccaro (“Beato”… a vita), di quell’inchiesta criminale che vede ora coinvolti nove professori e una università quella etnea… “bandita” e con il proprio rettore sospeso da un provvedimento di interdizione dai pubblici uffici!!!

Sì… avrei dovuto entrare nel merito della notizia, ma lascio ad altri le specifiche di questa inchiesta, viceversa preferisco riportare quanto da sempre il sottoscritto aveva finora evidenziato e cioè… un presunto sistema delinquenziale universitario ora emerso in tutta la sua gravità, confermando l’esistenza di un’associazione a delinquere che conferiva ai soliti “amici degli amici“, borse di studio, dottorati di ricerca ed anche assunzione di personale tecnico-amministrativo per la composizione degli organi statutari dell’Ateneo ed ancora, l’assunzione e la progressione delle carriera dei docenti universitari!!!

Come sempre accade da noi… tutti sapevano, sì… ma tutti hanno fatto finta di non sapere, proprio come quei sopraddetti “Miserabili“!!!