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La nausea della Storia: il depistaggio che uccise due volte Piersanti Mattarella


Ci sono dettagli che, a distanza di decenni, gridano ancora più forte delle conclusioni ufficiali.

Già, come il ritorno di quel guanto di pelle marrone, trovato non fuori, ma dentro l’auto del presidente della Regione Piersanti Mattarella, sì… sotto il sedile del passeggero.

Per anni ci è stata proposta una versione ufficiale secondo cui, nel panico della fuga dopo quel delitto di Stato, un assassino si sarebbe tolto un guanto e lo avrebbe fatto scivolare – con cura quasi maniacale – sotto il sedile. Un gesto innaturale, illogico, che trasforma un reperto compromettente in un comodo biglietto da visita, quasi a indicare il nominativo dell’assassino.

A me è sempre sembrato più plausibile che quel guanto fosse stato posizionato lì appositamente: un dono avvelenato alle indagini. Forse non è mai appartenuto a nessun killer. Forse il suo scopo non era aiutare la giustizia, ma depistarla – già nelle prime ore dopo gli spari. Serviva a indirizzare lo sguardo altrove, a costruire un colpevole comodo o a inquinare la scena del crimine, garantendo che la verità non emergesse mai. È il primo, perfetto tassello di una copertura che doveva essere impeccabile.

E oggi, a oltre quarantacinque anni di distanza, non parliamo dei mandanti, né della regia: parliamo della scomparsa di quel guanto dagli archivi della polizia. Ci viene offerto un capro espiatorio – un funzionario accusato di averne simulato la consegna – ma questa nuova storiella non fa che confermare il sospetto atroce che ci accompagna da una vita: il sistema è un organismo tentacolare e infetto, in cui servizi deviati, logge massoniche, gruppi eversivi e politica collusa giocano la stessa partita.

In questo gioco al massacro, la criminalità organizzata è spesso il volto più utile da mostrare al pubblico: il colpevole “logico”, a cui attribuire ogni nefandezza, mentre i veri architetti del potere operano nell’ombra, indisturbati. L’omicidio di Mattarella fu un colpo al cuore dello Stato proprio perché un presidente onesto stava spezzando quel legame malsano e per questo fu fermato. Non solo dalla mafia, ma da quel sistema parallelo che della commistione tra affari, politica e violenza ha fatto la sua ragione d’essere.

È un gioco di poltrone che si tramanda da generazioni: una regia occulta che condiziona le nostre vite, decide dei nostri destini e insabbia le nostre verità. Depistaggi, collusioni, limitazioni non sono incidenti di percorso: sono il funzionamento stesso della macchina. E ogni volta che un caso come questo riemerge, non è per giustizia, ma per gestire la narrazione, sì… per offrire una verità di comodo che calmi le acque e continui a proteggere i nomi di chi, ieri come oggi, siede nelle stesse stanze di potere.

La domanda, allora, non è più chi ha ucciso Piersanti Mattarella, ma chi aveva interesse a che quella verità non venisse mai a galla, e perché quel sistema è ancora lì, intatto, a raccontarci storie. Alla fine, ciò che rimane dopo tutti questi anni non è la verità, ma la consapevolezza di aver vissuto in una narrazione forzata.

Io non ho mai creduto a nulla di ciò che mi è stato raccontato, perché ogni storia ufficiale si è rivelata un castello di carte, pronto a crollare sotto il peso delle sue stesse contraddizioni. Dall’omicidio di Aldo Moro – un teatro sanguinoso i cui veri registi sono rimasti impeccabilmente nell’ombra – alle stragi che hanno insanguinato piazze e stazioni, macchine perfette per seminare un terrore funzionale a qualsiasi restrizione delle nostre libertà.

E poi gli accordi: quei patti scellerati tra Stato e mafia, scritti su “papelli” di carta, che da diceria sono diventati verità storica, rivelando non un’emergenza, ma una simbiosi tossica al più alto livello.

Tutte queste vicende, intrecciate come i tentacoli di una stessa piovra, non sono tragedie isolate, ma capitoli di un’unica, grande strategia. Sono state le armi di una propaganda che ha sistematicamente alimentato paura e insicurezza nei cittadini, perché un popolo impaurito è un popolo che accetta qualsiasi cosa in cambio di un’illusione di ordine.

È così che si è consumato, passo dopo passo, fatto dopo fatto, un vero e proprio colpo di Stato silenzioso. Non con i carri armati in piazza, ma con leggi speciali, deviazioni investigative, segreti di Stato e la sistematica distruzione di ogni prova scomoda. E le stesse autorità che avrebbero dovuto proteggere la democrazia sono state le artefici del suo insabbiamento, garantendo che il gioco delle poltrone e il riciclo dei potenti continuasse e ahimè – continua ancora – indisturbato.

Questo non è più un sospetto, ma la traiettoria inconfutabile della nostra storia: un’eredità di menzogne che non appartiene al passato, ma avvelena il nostro presente e ipoteca il futuro.

E quando queste verità scomode tornano a galla, non proviamo più rabbia o sconcerto. Proviamo solo un profondo, viscerale disgusto. A pensarci, viene il vomito, sì… per un sistema che si è nutrito della nostra paura e ha scavato le sue fondamenta nella nostra inconsapevolezza.

Quando i segreti in questo nostro Paese fanno storia!!!

 

Trentatré anni dopo, il silenzio che avvolgeva una pagina oscura sembra incrinarsi sotto il peso di un documento ritrovato, come se il tempo avesse deciso di consegnarci ciò che qualcuno aveva sperato di tenere nascosto per sempre.

Un foglio dimenticato, un verbale che racconta di incontri, di voci, di dettagli mai approfonditi, prova che sin dall’inizio c’erano elementi in grado di cambiare la direzione delle indagini. Ma non fu così.

Già… chi poteva agire non lo fece e chi doveva ascoltare preferì ignorare…

E mentre si costruiva una verità ufficiale, comoda e rassicurante, altre tracce venivano cancellate, archiviate, occultate con cura.

Un magistrato, poco prima della sua fine violenta, aveva cercato di ottenere una delega per interrogare un pentito. Non era una richiesta qualsiasi. Quell’uomo parlava di collegamenti tra organizzazioni estremiste e ambienti mafiosi, di accordi stretti al riparo da occhi indiscreti. Voleva portare quelle informazioni ai colleghi che indagavano su una strage che ancora oggi fa dibattere.

Ma sappiamo bene come finii… non ebbe il tempo di completare il suo lavoro. Il verbale rimase lì, abbandonato tra carte che nessuno volle leggere fino in fondo. Perché? Chi decise che quelle rivelazioni non meritavano attenzione?

Eppure, negli anni, si è sempre faticato a far emergere certe connessioni. Si parlò di “ pista nera “, ma fu liquidata come una teoria inconsistente, quasi una fantasia. Altri, invece, ci credettero. Lo stesso pentito insistette più volte, insieme alla sua compagna, anch’essa messa in discussione, sospettata non per le prove prodotte ma per chi le pronunciava. Fu accusato di mentire, lei di suggestionarlo. E quelli che avrebbero dovuto ascoltarlo, che forse ne conoscevano i segreti, fecero orecchie da mercante. Oggi però quel verbale è tornato alla luce grazie all’ostinazione di un avvocato che non ha accettato il silenzio come risposta.

E allora ci si chiede: perché quelle parole furono ignorate? Perché chi le raccolse finì sotto processo, mentre chi le avrebbe potute usare per scavare più a fondo non fu mai davvero chiamato a rispondere?

C’è un filo che lega tutto, invisibile ma resistente, che collega depistaggi, omissioni, incontri notturni e luoghi sospetti. Il pentito raccontò di un boss che controllava un territorio preciso, di persone che frequentavano ambienti diversi ma con interessi convergenti, di sopralluoghi mai registrati, di movimenti anomali mai indagati. Parlò anche di un politico, non tanto per nome quanto per rapporto personale con uno dei protagonisti di questa storia. Di un uomo che, a scuola, aveva condiviso banchi e ideali con il magistrato. Che strano destino, no? Vedere intrecciarsi vite così distanti in superficie ma collegate da fili che affondano nel profondo. E proprio in quei giorni, il magistrato confessò a qualcuno di sentirsi tradito da un amico. Un’amarezza improvvisa, una frase buttata lì, come un barlume di consapevolezza. Ma nessuno gli chiese mai chi fosse quel traditore. Nessuno volle sapere.

Forse perché certe domande, una volta poste, non lasciano spazio alle bugie. Forse perché scoprire troppo avrebbe significato smontare equilibri precari, mettere in discussione ruoli e fedeltà. E allora si preferì tacere. Si preferì processare chi parlava, piuttosto che chi sapeva. Si preferì archiviare, piuttosto che indagare. Ma i documenti, quando sono veri, non muoiono mai. Aspettano solo il momento giusto per riemergere. E oggi, quel verbale parla chiaro.

Per cui… non possiamo fingere di non aver capito. Possiamo solo chiederci cosa altro è stato nascosto, quanti altri nodi non sono stati sciolti, quante verità hanno pagato il prezzo dell’omertà. In questo paese, purtroppo, i segreti sono sempre stati più numerosi delle verità. E forse, per qualcuno, continueranno a esserlo.


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Il ritorno del re dei paparazzi: Corona scatena il caos con un nuovo scandalo.

Nel 2014 parlando di Fabrizio Corona concludevo un post con questa frase: La legge non può rendere giustizia… quando colui che detiene il potere (esecutivo) tiene in mano anche la legge!!!

Ed ora dopo tanti anni, questo mio coetaneo ed anche amico/conoscente (non so se si ricorda delle serate trascorse insieme da ragazzo nelle tante discoteche di Catania, Recanati (Giardini Naxos) ed anche Taormina, quando il sottoscritto organizzava come PR…), ha deciso nuovamente di far parlare di sé, tornando alla ribalta con le sue solite rivelazioni esplosive.

Sappiamo bene come, alcuni anni fa, durante il periodo più buio della sua vita, già… quando si trovava rinchiuso in un penitenziario (ricordiamolo: senza aver ucciso nessuno), sia stato costretto a pagare caro per alcune dichiarazioni che coinvolgevano uno dei membri di una delle famiglie più potenti d’Italia. Una famiglia che, da sempre, ha avuto un’influenza enorme sulle sorti del Paese, muovendo come fossero pedine, i protagonisti della nostra politica nazionale.

In quell’occasione, Corona fu messo a tacere e sono stati in molti, forse per paura o per non restare coinvolti, ad avergli voltato le spalle, già… quasi che egli avesse la peste; non il sottoscritto che viceversa ha sempre preso le sue difese, basti rivedere alcuni post scritti sin dal 2014:

– http://nicola-costanzo.blogspot.com/2014/05/fabrizio-corona-non-tutti-gli-uomini.html

– http://nicola-costanzo.blogspot.com/2015/06/fabrizio-corona-finalmente-libero.html

– http://nicola-costanzo.blogspot.com/2018/06/non-e-larena-fabrizio-corona-non-tutti.html

Ho sempre pensato (ed il sottoscritto, forse, avrebbe fatto lo stesso…) che, per poter uscire da quella situazione critica, egli abbia dovuto firmare qualche liberatoria, sì… rinunciando di parlare pubblicamente su quanto accaduto in quella notte, a quel noto “rampollo”… ma soprattutto, a non divulgare le prove di cui è sicuramente ancora in possesso.

Ora che è finalmente uscito da quel tunnel, ha deciso di riprendersi ciò che gli spetta, tornando a immergersi nell’ambiente in cui un tempo brillava: quello dei social media.

E così, il “re dei paparazzi” è tornato alla carica!!!

Dopo aver pubblicato il “Libro Nero” su Totti e Ilary Blasi e quello dedicato ai “Ferragnez”, ha ora deciso di accendere i riflettori su un nuovo caso che coinvolge nientemeno che il Presidente del Senato, Ignazio La Russa, e la Ministra del Turismo, Daniela Santanchè.

In occasione della presentazione del suo libro alla Mondadori a Milano, Corona ha rivelato di aver ricevuto una telefonata da La Russa, il quale gli avrebbe chiesto di non diffondere il nome di un’amica di suo figlio, coinvolta in una presunta storia di tradimento.

Di per sé, la notizia potrebbe sembrare di poco conto, ma assume un peso diverso se a chiedere l’eventuale favore fosse stato realmente il Presidente del Senato. Questo, naturalmente, solleverebbe non poche riflessioni…

Ovviamente da parte degli ambienti vicini al presidente La Russa, arriva una netta smentita: nessun contatto con Corona! 

Lui, però, insiste sulla sua versione e promette di rivelare i dettagli.

Staremo a vedere come andrà a finire…

CONTINUA

Come la reclusione può scardinare il sistema del silenzio.

La detenzione, soprattutto se improvvisa, rappresenta uno spartiacque nella vita di chi, abituato al comfort del proprio status, si ritrova catapultato in una realtà completamente estranea. 

Pentirsi, raccontare ciò che è accaduto nel corso della propria carriera, elencare i nomi e le dinamiche di un sistema che ha permesso l’ascesa e garantito privilegi: tutto questo diventa un’opzione concreta. Un’opzione dettata non solo dal desiderio di alleggerire la propria posizione giudiziaria, ma anche dalla necessità di ritrovare una libertà che ora appare lontana, irraggiungibile.

La privazione della libertà personale colpisce tutti, ma in maniera più acuta chi non ha mai vissuto a contatto con il crimine o con contesti degradati. 

E quindi, per chi è abituato a una vita fatta di certezze e privilegi, il carcere è un mondo alieno, fatto di spazi limitati, rigide regole e costante esposizione a uno stress emotivo senza precedenti.

Ditfatti, è proprio in questo ambiente, dove la fragilità umana viene messa a nudo, che nasce un bisogno primordiale: uscire!!!

E spesso, il prezzo di questa libertà è la collaborazione. Collaborare significa trasformare il peso della reclusione in una spinta a raccontare, a svelare i retroscena di un sistema che, fino a poco prima, veniva vissuto come normale.

Però… a differenza del delinquente abituale, che vede il carcere quasi come una tappa ciclica della propria esistenza, il “colletto bianco” si sente ingiustamente perseguitato, negando inizialmente ogni responsabilità. Ma con il passare dei giorni, tra il peso delle accuse, la solitudine e il pensiero costante rivolto ai propri cari, si fa strada una nuova consapevolezza. La paura interiore cresce, insieme alla pressione esterna.

Ogni ora trascorsa in prigione diventa un momento di riflessione forzata: le cause che hanno condotto a quella situazione, le dinamiche professionali, i compromessi morali accettati per ottenere vantaggi. Tutto riaffiora con prepotenza, mettendo a nudo non solo le azioni passate, ma anche le fragilità emotive e relazionali di chi si trova a confrontarsi con un ambiente spietato.

E così, da quel conflitto interiore nasce una decisione: collaborare. Non per eroismo o redenzione, ma per necessità. Perché solo attraverso la verità, o una sua versione negoziabile, si può sperare di barattare la reclusione con una via d’uscita. Ed è in quel momento che il sistema trova la sua leva più potente.

E se fosse proprio in quel baratto che si cela l’inizio della fine per i grandi meccanismi di malaffare? Quando un singolo pezzo decide di parlare, il castello, per quanto imponente, può iniziare a vacillare. Ma c’è un’altra faccia della medaglia.

Non tutti, infatti, scelgono di collaborare. Per alcuni, la paura di perdere la posizione privilegiata raggiunta è troppo forte, ma ancor più lo è il terrore di trovarsi invischiati in dinamiche ben più grandi di loro. Collaborare significherebbe esporsi non solo a ripercussioni personali, ma anche a rischi per i propri familiari. Quella scelta, apparentemente salvifica, potrebbe trasformarsi in un pericolo imminente, un passo verso una spirale di minacce e pressioni che mettono a repentaglio tutto ciò che hanno di più caro.

Ed è qui che il silenzio diventa la loro unica arma di difesa. Un silenzio che, spesso, non è una decisione autonoma, ma il frutto di un sistema che, dall’esterno, fa di tutto per proteggerli. Non tanto per l’interesse verso la loro persona, quanto per salvaguardare il proprio equilibrio, garantendo che nessun dettaglio trapeli, che nessuna parola sveli le crepe di un’organizzazione costruita su connivenze e segreti.

La realtà del “non detto” si intreccia così con quella del carcere: un luogo dove il prezzo della verità e quello del silenzio convivono, separati solo dal coraggio o dalla paura di chi si trova a decidere. Alla fine, la vera domanda rimane: quanto siamo disposti a tollerare un sistema che si alimenta del silenzio, e quanto, invece, siamo pronti a lottare per rompere il muro che lo protegge?

Il triangolo oscuro: intrecci tra criminalità, politica e istituzioni

La situazione attuale, analizzata attraverso il prisma delle relazioni tra criminalità organizzata, politica e istituzioni, presenta due scenari distinti ma profondamente intrecciati.

Il primo scenario mette in evidenza una frattura interna alla criminalità organizzata stessa. 

Già… da un lato, vi sono i capi detenuti, figure storiche che dal carcere cercano di mantenere la loro influenza attraverso strategie orientate a ottenere benefici legali, come sconti di pena e allentamenti delle rigide misure detentive. Il loro obiettivo non è soltanto personale: garantire il controllo delle proprie cosche e preservare il potere anche dall’interno del carcere rappresenta una forma di continuità del dominio. 

Dall’altro lato, vi è una nuova generazione, attiva sul territorio, che considera i detenuti come un ostacolo al consolidamento degli affari, specie in seguito ai danni reputazionali e operativi causati da azioni eclatanti del passato. Questa nuova leadership sembra preferire un approccio più silenzioso e meno esposto, concentrato sulla gestione economica e sulle alleanze strategiche. Non è escluso che questa frattura sia stata acuita da calcoli interni che hanno portato a tradimenti mirati per eliminare le figure ritenute scomode.

Il secondo scenario riguarda il rapporto tra la criminalità organizzata e alcuni settori delle istituzioni. 

Qui emergono tensioni legate a promesse politiche non mantenute, che avrebbero alimentato malumori tra i boss incarcerati. Tra queste promesse figurano questioni come l’abolizione di regimi detentivi particolarmente duri, la revisione di processi penali e modifiche legislative favorevoli. Le dichiarazioni di alcuni esponenti del crimine organizzato sembrano denunciare apertamente la percezione di essere stati strumentalizzati da settori della politica, utilizzati come merce di scambio durante momenti di campagna elettorale e poi abbandonati.

Tali dinamiche come ben sappiamo non sono nuove… 

Già in passato si è rilevato come la criminalità organizzata puntasse a instaurare nuovi equilibri politici ed economici, cercando interlocutori istituzionali che potessero garantire il ripristino di vecchie complicità o la creazione di nuovi legami strategici. La capacità di sfruttare trattative sotterranee con lo Stato, o almeno con alcune sue componenti, emerge come un tratto ricorrente nelle strategie di lungo periodo del crimine organizzato.

Un elemento significativo di questa complessa rete di relazioni è rappresentato dalle testimonianze di alcuni collaboratori di giustizia, il cui contenuto, spesso custodito con estrema segretezza, ha rivelato dettagli inquietanti sulle modalità di interazione tra politica, istituzioni e criminalità. Le implicazioni di tali rivelazioni sono di tale gravità che hanno richiesto, in alcuni casi, interventi ai massimi livelli istituzionali per discuterne la portata e le conseguenze.

Questa complessa trama di rapporti, fatta di alleanze temporanee, tradimenti e calcoli strategici, evidenzia quanto sia profonda e ramificata l’interconnessione tra politica, istituzioni e criminalità organizzata. 

Questa realtà, in cui alcuni esponenti politici e istituzionali scelgono di piegarsi ai voleri della criminalità organizzata per interessi personali, non può che suscitare in me una profonda amarezza. 

Sì… è desolante constatare come chi dovrebbe incarnare l’etica e il senso di giustizia si trasformi in complice di un sistema corrotto, svendendo il bene comune per tornaconto individuale. 

Ogni compromesso, ogni promessa tradita e ogni silenzio complice non fa altro che rafforzare un circolo vizioso che priva la società di fiducia nelle sue istituzioni. 

Già… un completo tradimento non solo della legge ma anche del popolo che quelle istituzioni dovrebbe poter considerare un baluardo contro ogni forma di sopraffazione!!!

Chissà, forse ora avendo compreso di esser stato tradito, l'ex boss di cosa nostra potrebbe iniziare a raccontare quelle verità scomode che molti preferirebbero restassero celate???

Chissà se forse la malattia o l’avvenuta convinzione di essere stato tradito, non conduca Matteo Messina Denaro ha parlare con i giudici, in particolare di quegli aspetti “stragisti” rimasti finora oscuri e di cui certamente molti vorrebbero tener segreti, quantomeno per altri trent’anni…

L’ex boss di cosa nostra qualche passo verso quella direzione lo sta realizzando, difatti ha deciso (dopo il suo arresto ad inizio gennaio) di non nascondersi, per come avevano fatto quei suoi predecessori, in particolare egli ha fatto comprendere di essere stato affiliato a quella associazione criminale, di avere dato anche ordini per eseguire omicidi, di cui si è assunto la paternità, ma viceversa si è scaricato di talune azioni violente commesse nei vari anni del suo comando e tra questi ha dichiarato al gip di Palermo Alfredo Montalto: “Non ho dato l’ordine di uccidere il piccolo Giuseppe Di Matteo”!!!

Le nuove dichiarazioni del boss scaricano la colpa su Giovanni Brusca, capo mandamento di San Giuseppe Jato, un’assassinio ritenuto (a suo dire) ingiusto, il ragazzino venne brutalmente strangolato e poi sciolto nell’acido a soli 12 anni per aver quale colpa, quella di essere figlio di un collaboratore di giustizia: Santino Di Matteo. 

Se solo si aprisse ancora un po’, già… se soltanto decidesse di raccontare chi c’è stato dietro a quelle stragi ed ancora, dove è finita l’agenda rossa del giudice Borsellino e chi l’abbia presa per poi farne che cosa???

Sì… chi aiuto la mafia a compiere la strage di Capaci, quali servizi deviati o militari hanno portato l’esplosivo necessario e tutta la strumentazione atta a potersi compiere quell’attentato???

Ed ancora, chi tra i nostri politici ha permesso la sua latitanza, quali partiti hanno usufruito dell’appoggio della mafia negli anni scorsi e in quelli attuali, quanti tra essi “ricattabili” sapevano di quella sua latitanza e non hanno parlato???     

Dice bene Don Luigi Ciotti (fondatore di Libera)durante il corteo organizzato a Milano per la Giornata della memoria e dell’impegno in ricordo delle vittime innocenti delle mafie, a proposito della cattura di Matteo Messina Denaro: Chiederci che questa latitanza – 30 anni – nasconde altre latitanze. La latitanza di chi avrebbe dovuto fare di più la propria parte. Non è possibile che una persona per 30 anni sia latitante”!!!

Non ci resta quindi che auspicare che quel suo essere stato capo, al comando tra l’altro di una delle organizzazione più numerosa al mondo, possa permettergli ora di dimostrarlo, sì… dall’interno di quel penitenziario, dimostrando a tutti noi – senza alcun dubbio – che egli fosse l’unico boss rimasto, dopo Riina e Provenzano, un boss capace di prendersi le responsabilità di aver fatto commettere molti di quei fatti gravi accaduti, come viceversa, rinnegare o rigettare ad altri, quelli da egli non commessi…

Ed allora, riprendendo una frase di un suo ex compagno di viaggio di quel mondo criminale, divenuto successivamente collaboratore di giustizia, mi riferisco a Tommaso Buscetta, per la sola circostanza che egli sia stato il vero capo per come in molti hanno raccontato, ma anche soltanto averne assunto quel ruolo per tutti questi anni, non può esimerlo dal continuare ad esserlo fino in fondo, sì aggiungerei… fino alla morte!!!

Ed allora è proprio questo il momento di farsi sentire, di dimostrare a tutti che – anche nelle attuali condizioni da recluso – egli resta sempre un capo, perché quel ruolo, quell’essere superbo di aver sempre comandato, non si può perdere, neppure se rinchiuso all’interno di quattro mura!!!

Ed allora riprendo le parole di don Masino rivolte al suo ex predecessore Totò Riina: voglio sentire il ruggito di un leone e non  ahimè… lo squittio di un topo!!!

Da quanto stiamo scoprendo, non era Matteo Messina Denaro il latitante, bensì lo Stato!!!

Non se ne può più di scoprire – attraverso le inchieste di questi giorni – con quanta spensieratezza abbia vissuto in questi trent’anni, il più importante latitante d’Italia!!!

Ci hanno raccontato di un “Diabolik” criminale, genio del travestimento e delle tecniche di spionaggio, chi lo ha conosciuto lo aveva descritto freddo, calcolatore, tattico, stratega, dotato in analisi e deduzioni, un fantasma che compariva e spariva a suo piacimento… 

Sono state fatte leggende su quest’uomo,  nessuno sapeva dov’era, come fosse cambiato, quale volto avesse assunto, in quanti erano a proteggerlo, ci hanno raccontato che possedesse intorno a se una schiera di fedelissimi che si prendevano costantemente cura di egli e di ogni sua esigenza… 

Un uomo che stava nascosto, che rimaneva isolato in quel suo bunker e dal quale dava ordini ai sottoposti attraverso i suoi pizzini… 

Già… mi viene da sorridere pensare a quante cazzate ci hanno raccontato dalle nostre istituzioni in questi (lunghissimi) anni, pur di proteggere la sua latitanza!!!

E si perché va detto… lo Stato, quando si è trattato di arrestarlo, si è reso latitante!!!

D’altronde correggetemi se sto sbagliando: abitava e passeggiava liberamente in un paesino a pochi metri adiacente un’enorme caserma militare eppure stranamente nessuno mai lo ha riconosciuto e chi l’ha fatto stranamente è rimasto inascoltato!!!

Guidava l’auto senza alcuna scorta a proteggerlo, ma soprattutto senza che mai alcun controllo stradale –a quanto sembra –  l’abbia mai fermato.

Continuando, abbiamo letto che (talmente si sentiva sicuro…) si recava assiduamente per pranzare un locale frequentato dalle forze dell’ordine, precisamente dagli uomini della Dia!!!

Si scopre soltanto ora, che si è provveduto a controllare “saltuariamente” l’abitazione di sua sorella…

Ecco questa notizia ha dell’incredibile; ciascuno di noi ha sempre pensato che quantomeno i suoi familiari fossero costantemente sotto controllo, ma da quanto abbiamo ascoltato in questi giorni, così non è stato, ed allora viene spontaneo chiedersi: perché???

E quindi continuando con quanto riportavo sopra, nessuno lo ha riconosciuto, eppure non era minimamente cambiato, sì… certamente invecchiato come d’altronde chiunque di noi, eppure quel viso non ha insospettito nessuno, né in quel quartiere, neppure per le strade, al supermercato, al bar, in trattoria, al ristorante, tutti luoghi che frequentava quotidianamente…

Mi viene da chiedere quindi, non è che forse era lo “Stato” latitante??? 

Già… forse qualcuno aveva paura che certi documenti segreti (in possesso allora nella cassaforte dell’ex capo dei capi di cosa nostra Totò Riina) potessero emergere nel caso di un suo arresto??? 

Ed allora viene da chiedersi, perché l’arresto è stato ora compiuto??? Già… perché proprio ora??? Ed ancora, che fine hanno fatto quei documenti??? Sono passati ad altre mani, chissà forse le stesse che hanno deciso di vendersi quel latitante stragista che dava fastidio ai nuovi affari in arrivo o al ripristino di certi collegamenti politici/imprenditoriali, a causa della sua clandestinità???

Peraltro, abbiamo visto quanto egli fosse di fatto isolato, d’altro canto va detto, la maggior parte dei suoi accoliti erano stati in questi mesi arrestati dalle forze dell’ordine, già… molti di essi, tra l’altro, permettetemi di ricordare, si trovavano a poche centinaia di metri dalla sua residenza…

Ma ormai l’ordine dall’alto era stato dato, egli andava consegnato, con il suo beneplacito o senza… d’altronde abbiamo visto come il messaggio riportato dal Sig. Baiardo (nella trasmissione di Giletti  “Non è l’Arena”) parlasse chiaro e concedesse ad egli alcuni mesi di riflessione, per consegnarsi volontariamente, ma forse così non è stato ed allora si è deciso – visto la promessa fatta sul cosiddetto “regalino” – di consegnarlo!!!

Resta però ancora da scoprire che fine hanno fatto quei documenti trafugati (come si è visto da mani esperte, già…  capaci di aprite una cassaforte in maniera professionale e senza danneggiare il contenuto posto al suo interno), di cui nessuno sembra saperne nulla…

Infatti… chi ha preso quei documenti nei giorni d’assenza dello Stato da quell’abitazione??? Sono stati gli uomini di Provenzano, che ha poi affidato gli stessi al suo pupillo Matteo Messina Denaro oppure ci hanno pensato i servizi segreti “deviati“, gli stessi che hanno fatto sparire poco prima l’agenda rossa del giudice Borsellino??? 

Ma se così fosse, se quei documenti sono stati prelevati e consegnati in mano sicure e chissà forse da tempo andati distrutti, perché lasciare per trent’anni latitante questo soggetto??? E allora vi è soltanto una risposta a quell’interrogativo: quei documenti sono ancora in mano a cosa nostra!!!

Certo, da quanto sopra detto si comprende come qualcosa non torni e forse la risposta va ricercata da un’altra parte, sì… in un altro luogo, certamente celato, conosciuto da un solo individuo, egli posto a garante è sicuramente al di sopra di ogni sospetto!!!

Un vero professionista scelto accuratamente per la sua discrezione, conserva e tutela gelosamente quanto ricevuto (forse chissà… in una qualche cassetta di sicurezza all’estero intestata a suo nome); sono documenti scottanti (e aggiungerei imbarazzanti per i nomi riportati…) i cui segreti diventano – a seconda delle circostanze – “baratto“, per i capi di quell’associazione criminale, che di volta in volta, si vanno alternando. 

Vengono da anni centellinati da questo “puparo”, sì… sotto forma a volta di ricatti e altre volte di trattative… 

Ecco è soltanto lui (e chi fa parte di quella élite…) ha dirigere le fila, mentre questi cosiddetti “capo mafia” sono dei semplici esecutori, sì… soggetti che prendono ordini e si assoggettano alle volontà di chi da sempre comanda questo nostro Paese!!!

Un arresto "scontato"…

L’arresto di ieri del boss Matteo Messina Denaro era qualcosa che potremmod definire “prevedibile”, quasi fosse qualcosa di annunciato…

Il sottoscriutto ad esempio aveva realizzato proprio alcuni giorni fa un post (che seguiva tra l’altro quanto riportato da altre testate giornalistiche che avevano in questi giorni riportato della possibilità di un arresto eccellente in tempi brevi) ed è soltanto per ragioni tecniche che i miei post, scritti dopo l’11 di questo mese, non sono stati pubblicati, anche se a conferma di quanto sopra, posso portare – a testimonianza delle mie anticipazioni – alcuni miei amici che proprio in queste ore mi hanno telefonato manifestandomi la loro sospresa per questo arresto e dichiarandomi di credere che il sottoscritto abbia poteri di chiaroveggenza, che naturalmente non possiede… 

Difatti, riprendendo quanto riportato nel programma di Giletti, anche lì erano state fatte delle rivelazioni shock: “E se ci fosse una trattativa per un arresto clamoroso?” – vedasi link: https://www.la7.it/intanto/video/matteo-messina-denaro-le-rivelazioni-shock-e-se-ci-fosse-una-trattativa-per-un-arresto-clamoroso-16-01-2023-468118.

Penso che si sia giunti a una nuova trattativa che interessa in particolare l’abolizione dell’ergastolo ostativo; anche il Sig. Baiardo aveva dichiarato ciò nell’intervista con Giletti:  “L’unica speranza dei Graviano è che venga abrogato l’ergastolo ostativo” e sul nuovo governo: “Che arrivi un regalino?…Che magari, presumiamo, che un Matteo Messina Denaro sia molto malato e faccia una trattativa per consegnarsi lui stesso per fare un arresto clamoroso?” e sulla trattativa Stato-mafia: ”Non è mai finita”.

Si tratta peraltro di quanto allora richiesto a mezzo “papello” nella trattativa Stato-mafia che ha condotto alle stragi e di cui ancora nessuno dice di sapere nulla…

D’altronde come non ricordare quanto accaduto in quella residenza del boss di Totò Riina (ora trasformata in caserma), della mancata perquisizione dopo la sua cattura, di tutti quei documenti compromettenti spariti dalla sua cassaforte, quali nomi e cognomi chissà forse anche istituzioni erano legati a filo doppio con la mafia, già… quelle mafie silenti e le loro complicità…

Ora, come non ricordare l’agenda rossa del giudice Borsellino, anch’essa sparita nel nulla, sono troppe le risposte che ancora attendiamo e che non hanno avuto risposta e chissà se mai ne avranno.

Sì… vi è una certa soddisfazione nel sapere che lo Stato (finalmente) ha fatto sentire il proprio peso… ma dover attendere 30 anni, prima di vedere arrestato un latitante mi sembra qualcosa non certo di cui andare fieri, anzi viceversa fa comprendere come ancora oggi vi siano forti poteri che condizionano l’operato degli organi di polizia e della magistratura!!!

L’arresto di ieri va visto sotto una prospettiva più ampia che tiene conto di un cambiamento in corso nella cupola di cosa nostra, di nuove forze emergenti e in particolare mi riferisco a quelle manageriali, ai fondi del PNRR che stanno arrivando nel mezzogiorno in particolare nella Sicilia e che non possono permettere ingerenze di pseudi capo mafia o suoi affiliati, gli stessi che potrebbero a mettere a rischio la sospensione di quegli stessi fondi…

Sono troppe le circostanze che non conosciamo, sì… per adesso apprezziamo quanto compiuto dai Ros perché va detto, questo arresto rappresenta una punto fondamentale importante per il nostro Paese, una pagina buia che viene finalmente chiusa!!!

L’auspicio è quello di vedere l’inchiesta esplodere in tutta la sua gravità, per giungere finalmente a quei nomi sommersi che hanno fatto sì che la storia di questo Paese prendesse la direzione che ben conosciamo: bugie, collusioni e accordi politici con chi, proprio come Messina Denaro, si sarebbe dovuto combattere!!! 

Mi dispiace dover aggiungere a quanti pensano che da oggi (per il nostro Paese) cambierà qualcosa: sì… non avete capito nulla!!! 

Sembra ieri eppure sono passati 29 anni da quella giorno tragico di Capaci e ad oggi i veri protagonisti di quella strage, non sono mai emersi!!!

Già… sono passati 29 anni da quella strage di Capaci e domani si ripeterà quella consuetudine ipocrita di usare le icone di Falcone e Borsellino per fare un po’ di propaganda… sia personale da parte dei nostri uomini istituzionali (necessaria a consolidare la propria immagine dinnanzi all’opinione pubblica) che sociale per quanti aspirano ad ottenere visibilità politica per la loro prossima campagna elettorale…

Eppure ci si dovrebbe preoccupare di un periodo così tragico come quello che stiamo vivendo e non mi riferisco al covid-19… no, parlo della crisi drammatica della “magistratura” che ha evidenziato sia nel caso Palamara che per quanto concerne i corvi al Csm, di come anch’essa, baluardo di giustizia e legalità, sia stata colpita da una drammatica e devastante crisi morale!!!  

Sono d’altronde le stesse irregolarità marcate e invasive che si sono ravvisate nell’inchieste compiute sui due magistrati dopo essere stati assassinati insieme alle loro scorte…

Infatti, che fine ha fatto quell’agenda rossa o quei file spariti dal notebook personale che conteneva gli appunti del giudice Falcone necessari guarda caso per difendersi dalle accuse formulate da quel Csm…???

Un portatile acceso mentre si trovava in un locale posto sotto sequestro e con i sigilli del Ministero della Giustizia, ma tutti noi sappiamo bene che fine abbiano fatto quei nostri eroi dell’Antimafia… 

Sì vedrete, domani saranno nuovamente tutti lì a ricordarli: prima a Palermo e poi chissà a Capaci…

Condivido quanto detto dal ministro della Giustizia Marta Cartabia, ricordando la figura di Falcone: “Ha insegnato che nella lotta alla mafia non basta perseguire il singolo reato; bisogna agire su tutte le articolazioni su cui si radica il potere della mafia. Quelle sociali, quelle economiche. Quelle che oltrepassano i confini nazionali”.

Difatti ritengo sia all’estero che vada ricercata la verità storica, bisogna ripartire dalla posizione degli Usa!!! 
Quest’ultimi infatti vedevano nella politica internazionale del presidente Andreotti qualcosa da doversi interrompere, in particolare quei processi di distensione iniziati con l’avvento di Papa Woityla, politiche che si contrapponevano a qualsivoglia conflitto militare internazionale e spingevano l’allora governo italiano ad attuare nuove aperture anche nei confronti della Russia di Gorbačëv… 

Ma un nuova figura si era candidata a Presidente degli Usa, George Bush, che di lì a poco diverrà uno degli uomini più potenti del mondo, appoggiato tra l’altro da quelle industrie degli armamenti che per il sostegno finanziario dato alla sua elezione, chiedevano ora quel ritorno d’investimento attraverso nuovi conflitti mondiali, che come abbiamo avuto modo di vedere, ci sono stati e sono durati parecchi anni!!!

Ecco perché la politica estera del presidente Andreotti andava alterata, perché avrebbe di fatto compromesso quell’imperialismo americano: egli quindi, insieme a quel suo partito “Democrazia cristiana” andava bloccato!!! 

Come fare quindi affinché ciò poteva realizzarsi??? 
Semplice, compiere due stragi d’effetto…  in particolare la seconda doveva scatenare a livello mediatico un reazione deflagrante: già… la fine della Prima Repubblica con i suoi partiti tradizionali e l’avvento di un nuovo corso politico che abbiamo visto quale essere stato…

E la mafia??? Ma quale mafia, quella è stata usata per lasciare il marchio, per dire a tutti chi era stato l’artefice di quella strage, chi era stato quindi a compierla… 

Ma quelli erano semplici pecorai!!! Brusca non aveva mai preso un telecomando in vita sua, non sapeva neppure come usarlo, gli hanno fatto credere che avesse realmente premuto quel pulsante, ma sono stati altri – ben più professionisti – a farlo!!!

Ecco a cosa è servito l’ausilio dell’FBI, per dare il l’etichetta di origine a quella strage, attraverso immaginate un po’… cicche di sigaretta lasciate appositamente in quella collinetta, poi ritrovate e analizzate (mi chiedo… mentre che c’erano, perché non lasciavano quei pecorai anche il loro documento d’identità sotto qualche pietra) ma per favore…

Cosa nostra si è fatta prendere in giro e quei suoi uomini sono stati ingenui comparse!!!
Per loro è stata la fine, poiché da semplici attori sono divenuti dinnanzi agli occhi del mondo i veri criminali di quella strage, mafiosi e assassini che da tutti ora venivano e andavano colpiti per quanto avevano commesso: sì… per aver utilizzato un congegno (forse neanche funzionante…) senza neppure saperlo !!!

Mentre, della vera organizzazione non se ne saprà più nulla!!!

Già di tutti coloro che hanno realizzato lo studio e la dinamica di quell’attentato, di come si sia saputo anticipatamente di quel piano di volo coperto da Segreto di Stato e quindi di quegli apparati dello Stato deviato che hanno avvisato da Roma del suo arrivo a Palermo; ed ancora, della consegna e della predisposizione della dinamite sotto quel tratto stradale, della scelta del luogo e del momento ideale su quando compiere quell’attentato, tutte circostanze studiate in maniera precisa e dettagliata da altri, quegli stessi soggetti che in questi trent’anni non sono mai emersi!!!

Il resto si è soltanto prestato a recitare una comparsa, la stessa che ogni anno ci viene ahimè a noi tutti… riproposta!!!

Ma quante "minchiate"…

In edicola esiste un bellissimo libro intitolato “LE MILLE BALLE BLU“!!!
E’ un libro uscito nel 2006, scritto da Peter Gomez e Marco Travaglio, nel quale gli autori hanno raccolto tutta una serie di frasi, falsità, promesse, smentite ed anche telefonate segrete compiute dal Cavaliere (Silvio Berlusconi), dalla sua “discesa in campo” fino a giungere al ben noto “contratto con gli italiani” durante la trasmissione (propagandata) su RAI1 “Porta a Porta”, grazie al presentatore… Bruno Vespa.
In quel libro vengono raccolte le bugie che sono state raccontate nella sua carriera politica e a cui, una gran parte di italiani hanno creduto….
In appendice, gli autori elencano tutte le “leggi-vergogna” approvate dal suo governo nel quinquennio 2001-2006: dai condoni alla Giustizia alle televisioni, dal mausoleo finanziario di Arcore a tutte le leggi “Ad personam”.
Sono presenti inoltre le telefonate segrete e certamente sospette, con personaggi discutibili della società italiana…
Gli autori ricordano volentieri ciò che scrisse Indro Montanelli sul “Cavaliere”: “È il bugiardo più sincero che ci sia, è il primo a credere alle proprie menzogne, ed è questo che lo rende così pericoloso…. Non ha nessun pudore… sì… Berlusconi non delude mai: quando ti aspetti che dica una scempiaggine, la dice. Ha l’allergia alla verità, una voluttuaria e voluttuosa propensione alle menzogne. “Chiagne e fotte”, dicono a Napoli dei tipi come lui. E si prepara a farlo per cinque anni”!!!
Ed oggi, in forza dell’appoggio datogli dai due valletti (Salvini e Meloni) e soprattutto, grazie alle preferenze di tutti quegli italiani “creduloni”… ecco che nuovamente, ci riprova!!!
Comunque, come anticipazione, allego un video nel quale sono raccolte una parte di quelle cosiddette “balle”!!! 

Ma la nostra isola… è forse indirettamente sotto la minaccia nucleare???

Nessuno ne parla ovviamente… eppure la nostra isola rappresenta per le forze armate “USA”, uno dei capisaldi più importanti dal punto di vista militare…

Infatti, non dimentichiamoci che le basi presenti nel nostro territorio nazionale, ma soprattutto nella nostra regione, sono tra le più strategiche, sia sotto il profilo nucleare (vedasi Sigonella…) che per quanto concerne le telecomunicazioni, attraverso il ben noto “Mobile User Objective System” conosciuto nel gergo comune come “MUOS”, che rappresenta una delle quattro moderne stazioni a terra di telecomunicazioni satellitare della marina militare statunitense, composto da cinque satelliti geostazionari e da altre tre stazioni di terra, oltre quella presente bella cittadina di  Niscemi, dotata di tre grandi parabole del diametro di 18,4 metri e da due antenne alte 149 metri…
Per cui, in caso di una eventuale conflitto nucleare, che speriamo ovviamente non accada mai, come si porrà il nostro territorio nello scacchiere internazionale…
Il nostro paese è in grado d’affrontare questa minaccia e cosa accadrebbe per la popolazione civile…???
E’ ovvio che una eventuale guerra nucleare, condurrebbe ad un escalation di guerra totale, dove ciascuno dei contendenti e certamente dei proprio alleati, proverà a colpire con attacchi nucleari globali, tutti i territori e nel caso specifico, quelli gli stati che favoriranno le basi Usa…
E quindi l’Italia!!!
Infatti nel nostro territorio nazionale vi sono alcune basi importanti…
Ad esempio, nel Friuli Venezia Giulia troviamo vicino la cittadina di Aviano, la più grande base aerea avanzata, con un deposito d’armi ed un centro di telecomunicazioni dell’Usaf, con almeno tremila presenza tra militari e civili americani…
Nella base sono dislocate inoltre le forze operative pronte al combattimento (un gruppo di cacciabombardieri), a cui si sommano la Sedicesima Forza Aerea ed il Trentunesimo Gruppo da caccia dell’aviazione Usa, nonché uno squadrone di F-18 dei Marines. 
Si presume inoltre che la base ospiti in bunker sotterranei delle bombe nucleari…
Se rivolgiamo lo sguardo verso l’Adriatico troviamo Trieste, con la sua base navale Usa, mentre in provincia di Vicenza, vi è il Quartier generale della Nato ed il comando della Setaf della Us Army, che controlla le forze americane in Italia, Turchia e Grecia. 
Sembra che proprio in questa base, vi siano le forze da combattimento terrestri,  tra cui un battaglione aviotrasportato e tre compagnie del genio, a cui va sommato un battaglione di artiglieri con capacità nucleare. 
Quest’ultima, oltre ad essere un’importante stazione di telecomunicazioni, presenta all’incirca 2000 militari e civili americani…
Tralascio l’elenco delle strutture presenti nel nostro paese, se dovessi elencarle tutte vi impressionereste… comunque in ciascuna di quelle realtà sono presenti centri di telecomunicazioni e radar, depositi vari di bombe nucleari, missili, armamenti e munizioni, basi navali, aeree, centri per sommergibili, ecc… 
Ma ritornando nuovamente nella nostra isola, come siamo posti…
Innanzitutto c’è Sigonella!!! Rappresenta la principale base terrestre dell’Us Navy nel Mediterraneo centrale, supporto logistico della Sesta flotta con circa 3.500 tra militari e civili americani. 
Oltre ad essere unità della Us Navy, ospita diversi squadroni tattici dell’Usaf: elicotteri del tipo HC-4, caccia Tomcat F14 e A6 Intruder, gruppi di F-16 e F-111 equipaggiati con bombe nucleari del tipo B-43, da più di 100 kilotoni l’una.
Quindi, seguono le stazioni di telecomunicazione di Motta S. Anastasia, Caltagirone, Marina di Marza, Monte Lauro, Centuripe, Pantelleria e Lampedusa ed ovviamente la più importante, quella di Niscemi… 
Certo, molte di queste basi, sono coperte da segreto di Stato, per cui non ci è dato a sapere cose sia presente in quelle istallazioni…
Una cosa è certa: se qualcuno ancora pensa che una eventuale guerra nucleare, lascerà la nostra isola fuori da quel conflitto… non ha capito nulla!!!
Non ci resta che sperare comunque che, la ragione di tutti gli uomini di buon senso, prevalga sempre sulla pazzia di pochi!!!

Quali segreti si nascondono dietro l'omicidio di Piersanti Mattarella…???


Se provate a verificare, per ogni giorno dell’anno, quali vittime della mafia andrebbero commemorate, resterete sorpresi nello scoprire che, per ogni giorno, vi è stato un’omicidio…
Solitamente, siamo portati a rievocare i personaggi più illustri o certamente quelli che hanno lasciato un segno profondo sia nel campo sociale che in quello culturale…
Ma ci sono molti tra essi, che in totale anonimato, hanno operato in gran segreto affinché la legalità potesse compiersi…
Parlo di tutti quei militari delle forze dell’ordine, che sotto copertura, si sono infiltrati all’interno di quelle associazioni malavitose, per dare la caccia a quei boss latitanti e che a causa di ciò, hanno purtroppo perso la vita…

Oggi, 6 gennaio 2017… ricordiamo Piersanti Mattarella.

Fu dichiarato nel processo che, ad assassinarlo era stata “cosa nostra”… ma forse rileggendo meglio quei documenti processuali, si comprenderà come la mafia, in questo delitto, centrasse poco… o forse nulla, anche perché a quei tempi, gli interessi della Dc erano convergenti con gli affari di quella associazione criminale, per cui, non era ragionevole colpire un uomo di quel partito!!! 
Va ricordato inoltre, che proprio durante il processo, la moglie di Mattarella (testimone oculare dell’omicidio), dichiarò di riconoscere l’esecutore materiale nella persona di Giuseppe Valerio Fioravanti, ma tuttavia, per questo crimine verrà assolto, in quanto la testimonianza della Sig.ra Mattarella e di altre testimonianze contro di egli (tra cui quella del pluriomicida Angelo Izzo) non furono ritenute attendibili…
Non si tenne conto d’altronde, delle dichiarazioni stesse del Fioravanti, che fece intendere che l’ordine di uccidere Piersanti Mattarella, proveniva direttamente da quell’ambiente massonico, affaristico e politico di carattere democristiano…
Va inserito in quei “delitti politici” iniziati l’anno prima, con il segretario provinciale Dc a Palermo Michele Reina, proseguito quindi con l’uccisione di Mattarella proprio mentre era presidente della Regione siciliana e completato, con il segretario regionale del Pci, Pio La Torre…
La storia come abbiamo visto, proseguì con l’assassinio dell’eurodeputato Salvo Lima, assassinato il 12 marzo del 1992, che secondo però il killer Angelo Izzo, sarebbe stato il “suggeritore” del pentito catanese Giuseppe Pellegriti, il quale indicò in Salvo Lima, il mandante del delitto Mattarella… 
Era un periodo nel quale i Procuratori della Repubblica, passavano “informazioni” ai cugini Salvo, i giornalisti erano molto vicini ai boss, i funzionari di polizia si dimostravano corrotti. con i Ministri che restavano “a disposizione”, seguiti da tutta una serie di personaggi collusi, tra cui noti Avvocati, Consulenti, Medici, Docenti universitari e vari “nobili”… tutti ovviamente al servizio dei mafiosi. 
Ecco questa era la sicilia di allora… raccontata dai vari pentiti e chi decise di non piegarsi a quel sistema mafioso/clientelare, come per esempio il giornalista Mario Francese, venne tragicamente ucciso…
In questa lista di persone perbene, vanno ricordati i giudici Scaglione, Costa e Terranova, anch’essi barbaramente uccisi…
Come abbiamo visto, per molti di quei delitti, lo “stato” (quello con la “s” minuscola… ) ha preferito attribuire a quella associazione criminale tutte le responsabilità…
In questo modo, ha potuto continuare indisturbata per un altro ventennio, a realizzare quelle necessarie collusioni, di cui in molti sapevano, ma che per l’appunto facevano finta d’ignorare…

Bisogna aggiungere comunque, che qualcosa in questi anni (grazie al sacrificio di quegli uomini) è cambiata… anche se purtroppo di quel sistema restano ancora oggi, molti intrecci attivi, ben legati tra essi e purtroppo difficili –con le metodologie “delicate” finora applicate ed una legislazione basata sulle “interpretazioni”  da essere debellati…
Mi piace ricordare una frase di Carlo Alberto Dalla Chiesa: Quando c’è un delitto di mafia, la prima corona che arriva è quella del mandante!!!

Intravvedere un lumino in fondo al tunnel… non basta più!!!

Ci sono due famiglie a Palermo che da anni aspettano di conoscere la verità sulla morte dei loro figli.
Nino Agostino e la sua giovane moglie incinta, Ida Castellucci, sono stati uccisi il 5 agosto 1989 a Villagrazia di Carini.
Dell’esecuzione e del movente, nonostante l’impegno di magistratura e forze dell’ordine, non si è potuto accertare nulla. 
Il papà di Nino,Vincenzo ha giurato che non si sarebbe mai più tagliato la barba fino a quando non avesse ottenuto giustizia e oggi, che quella barba è diventata lunghissima e bianca, chiede che venga tolto il segreto di stato sulla morte del figlio e della nuora.
Emanuele Piazza, invece, è stato strangolato nel piano inferiore di un negozio di mobili a Capaci il 16 marzo 1990. 
Lo ha raccontato il pentito Francesco Onorato. 
Aveva ricevuto l’ordine di eliminare Emanuele di cui era amico da Salvatore Biondino in persona. Il capo della famiglia di San Lorenzo e misterioso autista personale di Riina (quando li catturarono assieme il 15 gennaio 1993 era incensurato) lo aveva visto scambiare quattro chiacchiere amichevoli con Piazza e lo aveva rimproverato: “Che fai ti abbracci con gli sbirri?” 
Come Biondino sapesse cosa faceva Emanuele e soprattutto che avesse il compito, super riservato, in accordo con i servizi segreti, di cercare i latitanti la dice lunga sullo spessore di tale personaggio.
C’è poi un intero Paese che da sempre aspetta di capire quanto la vera gestione del potere nella Repubblica italiana sia stata affidata pienamente a governi democraticamente e legittimamente eletti dal popolo come presupporrebbe la Costituzione oppure no. 
Dietro tutte le stragi a partire da Portella della Ginestra fino a Capaci, via D’Amelio e alle bombe del continente, passando per i terrorismi neri e rossi, si agita lo spettro di quell’entità che a quanto pare ha condizionato la nostra intera storia, ma di cui non abbiamo se non una nebulosa idea: i servizi segreti.
Infiltrati, deviati, etero-diretti, non individuabili e soprattutto non punibili per motivi di sicurezza, ma chi sono, che fanno e soprattutto chi servono, questi servizi?
Documenti de-secretati negli anni dagli archivi di vari Paesi e alcune sentenze dei processi per omicidi e stragi ci restituiscono l’immagine di questa sorta di Forza Superiore che interviene, in accordo con altre, per influenzare gli equilibri di un Paese. 
E che questo sia accaduto in Italia è ormai storia.
Oggi lo schemino dei servizi che in connubio con Cosa Nostra avevano progettato e cercato di portare ad esecuzione l’attentato all’Addaura ai danni del giudice Falcone torna agli onori della cronaca con un articolo di Attilio Bolzoni su La Repubblica. 
Già da un po’ di tempo si sapeva che erano in corso nuove indagini e da quanto scrive l’esperta penna, attorno agli scogli sui quali fu rinvenuta la borsa piena di candelotti destinata al magistrato e ai suoi ospiti (Carla del Ponte e Claudio Lehman magistrati elvetici con cui Falcone stava indagando il riciclaggio di denaro in Svizzera, ndr) in quel giorno, il 21 giugno 1989, vi sarebbero state due squadre di servizi segreti addirittura l’una contro l’altra. 
Una che voleva Falcone morto l’altra vivo. 
E al largo su di un gommone, a cercare di salvare Falcone ci sarebbero stati proprio Nino Agostino ed Emanuele Piazza. 
Uccisi poi perché sapevano troppo.
Se così fosse si spiegherebbe perché Falcone al funerale di Nino avrebbe detto: “Questo ragazzo forse mi ha salvato la vita”.
Ipotesi però, nulla di più in questo momento, l’unica costante certa è il depistaggio, scientifico, metodologico che annacqua ogni indizio e lo indebolisce al punto che dopo vent’anni ancora ci si debba accontentare di ipotesi. 
E’ una prassi regolare e purtroppo, a guardare l’iter giudiziario degli omicidi strategici, estremamente efficace.
I magistrati titolari delle indagini, così come hanno fatto altri, pochi, magistrati in passato faranno il loro dovere ma non si può pensare di lasciare l’onere di questa verità solo a loro. 
La morte di Falcone è stata un danno irreparabile per tutta la nostra Nazione. 
Come quella di Borsellino. 
Giganti che avrebbero dato tutta un’altra dignità a questo nostro paesetto di nani.
Quei pochi politici onesti che abitano le Istituzioni si attivino perché si faccia chiarezza. 
Così tutte le altre forze sociali, dagli intellettuali ai singoli cittadini che vogliono un altro Paese.
Che cadano le maschere… di coloro cui questi servizi obbediscono! 
Sono loro che hanno fatto uccidere Falcone, Borsellino e tutti gli altri elementi eterogenei che avrebbero potuto indebolire il sistema criminale che ci governa. 
Basta con il gioco delle tre carte, servizi e non servizi! 
Intravvedere un lumino in fondo al tunnel non basta più! 
E’ ora per l’Italia di crescere, di guardare in faccia alla verità, ci piaccia a no, se si vuole voltare pagina e provare a diventare la democrazia che sognavano i nostri padri costituenti…

Muore Licio Gelli ed i suoi segreti…

Aveva la “venerata” età di 96 anni  l’ex capo della loggia P2… 

Era stato condannato a 10 anni per calunnia al processo per la strage di Bologna del 1980 e 12 anni per la bancarotta dell’Istituto Banco Ambrosiano di Roberto Calvi… ed ancora il suo nome era stato inserito nelle indagini per gli attentati sui treni in Toscana, fino a quelle di tangentopoli…
Diciamo che con lui se ne vanno pagine segrete della nostra Repubblica, dal mancato golpe Borghese al caso Moro, da quell’omicidio Pecorelli fino alla trattativa Stato-mafia…
I personaggi “istituzionali e non” inseriti nella lista P2 erano talmente tanti che alla fine si decise d’insabbiare tutto… ed il Sig. Gelli… si prese soltanto una condanna condanna a otto mesi per essere in possesso di documenti riservati dei servizi segreti, Sid e Sismi.
Per la strage fu assolto definitivamente da quella accusa di associazione eversiva…  mentre per il 
Banco Ambrosiano venne condannato a 18 anni di reclusione… pena poi ridotta a 12 anni e di lì a poco si rese irreperibile, avendo dovuto scontare la condanna definitiva…
Venne arrestato in Francia a Cannes… ma nel Maggio 2009 il procedimento sul banchiere assassinato… venne archiviato!!!

Poi si scopri avere rapporti con Craxi e Claudio Martelli su trasferimenti di denaro nell’ex Psi… ma anche lì… la cassazione annullo la condanna…
Era definito il “gran maestro” ed è stato capace d’intrecciare rapporti con la politica, gli affari e la mafia, riuscendo secondo le inchieste a “sistemare” anche alcuni processi in Cassazione a presunti mafiosi…
Dopotutto, bisogna ricordare che nella famosa lista della loggia segreta, c’erano nomi importanti della magistratura e delle forze delle forze dell’ordine,
Un uomo che aveva in tutti i settori le mani in pasta… in quei collegamenti tra banche con il riciclaggio di valuta, con esponenti noti di associazioni criminali, nel traffico internazionale di armi, con servizi segreti stranieri…
Un uomo dal patrimonio finanziario inestimabile, difatti, si permetteva di tenere lingotti d’oro nelle fioriere di casa…
Quanto ai segreti… che porterà con sé nella tomba, come la lista completa di quella famosa Loggia Massonica o l’omicidio di Aldo Moro da parte delle “brigate rosse” ed ancora, cosa sapeva su quelle stragi o sulla morte del Presidente Calvi???
Secondo quanto dichiarato dal suo Avv. nulla… non porta con sé alcun segreto, anzi la sua eredità cartacea… adesso è diventata di dominio pubblico…
Ora, se c’era qualcuno che aveva paura di quelle carte… adesso “forse” potrà stare finalmente tranquillo…
Chissà se prima o poi, qualcuno o qualcosa, farà tornerà nuovamente alla luce quei documenti ed allora finalmente scopriremo cosa è realmente accaduto in quegli anni bui nel nostro paese…

Fabrizio Corona… finalmente libero!!!

Per uno Stato di diritto come il nostro, la condanna a Fabrizio Corona era una vergogna!!!

Neanche i talebani con i loro modi così violenti… avrebbero usato metodi coercitivi così terribili nei riguardi dei loro detenuti…
Dove sono i diritti dei cittadini…, con quali criteri vengono commisurate le pene… chi uccide, sequestra, violenta, usa il machete (per tagliare le braccia d’ignari ferrovieri) durante le proprie passeggiate … esce dopo pochi giorni… e chi invece usa una macchina fotografica ( sì… non nei modi corretti, ricattare rientra certamente in quelle azioni deprecabili, in cui è prevista correttamente una sanzione o in casi più gravi una adeguata condanna…) riceve 16 anni di condanna, mi sembra un po’ troppo…
Neanche i nostri peggiori mafiosi, hanno ricevuto una pena così severa… e cosa dire allora, di quel sistema delinquenziale con nomi di politici corrotti, per esempio – roma capitale – che soltanto per quelle specifiche azioni criminali, accertate, meriterebbero di essere condotti immediatamente in una cella sottoterra… e lasciati li per sempre… e preferibilmente buttando nell’uscire… la chiave nel primo water-closet…
Ma per favore… è evidente che qualcuno ha paura… e forse sono in molti ad avere timore, che quei possibili documenti, ancora in mano dell’ex re del gossip… potrebbero, se fatti emergere… provocare uno scandalo memorabile…
Non c’è bisogno d’immaginare quali nomi ci sono in quelle foto, quali video sono stati girati e con chi sono stati ripresi… salterebbero fuori, nomi eccellenti, finti mariti e mogli, modelli di quelle famiglie cosiddette perbene, orientamenti sessuali particolari, ah…, ci sarebbe veramente da ridere e chissà forse qualcuno potrebbe piangere per la vergogna !!!

Nella sua prima foto appena uscito dal carcere… a mo’ di selfie, si vede un Fabrizio distrutto, maltrattato, ammaccato… quegli stessi tatuaggi “aggressivi” che dovrebbero provocare nell’osservatore una forma di timore reverenziale… ora sembrano cascanti… sbiaditi…

Comunque l’importante e che sia uscito ed un grosso merito bisogna darlo ai suoi legali ( che in questi anni lo hanno difeso con le unghia e contro quel sistema, ancora oggi condizionato, da certe influenze clientelari di tipo politico/imprenditoriale ) ed anche a Don Mazzi va riconosciuto un plauso, adesso, dovrà tenerlo protetto da quegli stessi paparazzi di cui un tempo si serviva…, provando a ricostruire moralmente l’attuale Fabrizio…
Adesso deve solo riprendersi, coltivare quegli affetti che, in questi anni, non l’hanno abbandonato, godersi la propria famiglia e tra un po… appena si sentirà nuovamente in forze, riorganizzare la propria vita.
E’ tempo di ripartire, lasciarsi tutto alle spalle… un giorno, quando tutto sembrerà ormai passato e di lui non si parlerà più… ecco, quel giorno, sarà il momento adatto, per vendicarsi di questi anni…
Preferibilmente lontano dal nostro paese, da un’isola sperduta nell’oceano, potrà, con una piccola parabola, collegarsi nuovamente alla rete e pubblicare tutte quei documenti che finora ha segretamente tenuto conservato…
Verranno tutti sputtanati… e sarà un vigoroso squarciagola di Vendetta!!! 
Dopotutto “vendicare” nel linguaggio moderno, significa ottenere soddisfazione di un’offesa… rovinando proprio chi… l’aveva inflitta!!!