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Se il direttore dei trasporti c’è solo sulla carta, chi risponde davvero?

Negli ultimi anni, c’è una figura professionale che più di altre mi fa riflettere, e non in senso positivo…
Parliamo del “direttore dei trasporti”, un ruolo che dovrebbe essere svolto con massima cura e competenza, ma che troppo spesso viene trattato come una formalità, una semplice voce da inserire in un organigramma. Eppure, le responsabilità legate a questo incarico sono enormi, sia dal punto di vista penale che in termini di sicurezza e rispetto delle normative.

Alcuni dei miei lettori – quelli per i cui uffici passano quotidianamente dossier ben più corposi di questo – mi perdoneranno se sorvolo su certe dinamiche, del resto, se fossero davvero un mistero, non ci sarebbe nemmeno bisogno di parlarne, come d’altronde mi spiace dover deludere chi magari vorrebbe un discorso edulcorato, ma stasera non ho intenzione di girare attorno al problema.

La realtà è che molti di coloro che ricoprono questo ruolo lo fanno in modo superficiale, senza alcun reale interesse o competenza. Spesso vengono nominati solo per rispettare un obbligo di legge, senza possedere un contratto regolare e ancor meno una retribuzione adeguata, ma soprattutto senza la consapevolezza di ciò che quell’incarico comporta.

È come se quella figura del direttore dei trasporti fosse ridotta a un mero timbro, una firma su un documento, mentre tutto il resto viene gestito in modo approssimativo, quando non del tutto negligente.

E qui si aprirebbe un capitolo infinito sulle mancanze, sulle omissioni, sulle pratiche scorrette che si ripetono giorno dopo giorno. Ma non servono pagine e pagine di esempi per capire che il problema esiste ed in taluni casi è sistemico.

Chi dovrebbe vigilare, chi dovrebbe garantire che tutto funzioni come previsto, spesso chiude un occhio, o peggio, contribuisce a questo circolo vizioso, eppure, basterebbe un minimo di serietà, di controllo, di rispetto per le regole, per evitare conseguenze disastrose.

Per questo mi rivolgo a chi, più o meno consapevolmente, si trova a ricoprire questo ruolo senza averne piena cognizione. Le conseguenze di una gestione negligente possono essere gravissime: da sanzioni amministrative a veri e propri reati penali, a seconda della gravità delle violazioni.

E non si tratta di ipotesi remote. Pensate a un incidente mortale causato da un veicolo mal mantenuto, a uno sversamento di materiali pericolosi che inquina l’ambiente, a frodi fiscali legate alla gestione dei trasporti. In tutti questi casi, il direttore dei trasporti potrebbe finire nel mirino della giustizia, accusato di omicidio colposo, reati ambientali o evasione fiscale.

E non è tutto. La responsabilità non si limita alle proprie azioni, ma si estende anche a quelle di chi lavora sotto la sua supervisione. Se un dipendente commette un illecito, il direttore potrebbe essere chiamato a risponderne, soprattutto se non ha adottato le necessarie misure preventive. Insomma, un ruolo che dovrebbe essere sinonimo di garanzia e sicurezza, troppo spesso viene svuotato di significato, con il rischio – di trasformarsi in un boomerang – che ritorna su se stesso.

Alla fine, ciò che emerge è un quadro desolante. Il direttore dei trasporti dovrebbe essere una figura chiave, un garante della legalità e della sicurezza. Invece, troppo spesso è solo un nome riportato su un foglio, un incarico svolto con sufficienza, senza alcun minimo processo di qualità, anche se non obbligatoriamente certificato. E il risultato? Un sistema che funziona male, che mette a rischio vite umane, che alimenta illegalità e inefficienza.

La domanda è: per quanto ancora si potrà andare avanti così?

Il nemico invisibile: quando la corruzione resiste più della mafia!

Mentre il vento soffiava forte sulla Sicilia, le parole del procuratore Maurizio De Lucia risuonavano come un campanello d’allarme in un’aula gremita di persone.

I reati di pubblica amministrazione? “Non siamo in grado oggi di contrastarli adeguatamente!

Con queste parle e con voce ferma, carica di preoccupazione, si è espresso il Procuratore durante un convegno e la sua, non è una semplice constatazione, ma ahimè, una vera e propria denuncia di un sistema in affanno. 

Il magistrato nella sua disanima ha altresì elencato tutta una serie di problematiche e di ostacoli attualmente presenti nel sistema giudiziario: il carico di lavoro insostenibile dei GIP, la precedenza dovuta al codice rosso, le nuove procedure che impongono interrogatori preventivi prima di applicare misure cautelari, per non parlare del limite di 45 giorni per le intercettazioni!

Un mosaico di impedimenti che rendono la lotta alla corruzione quasi impossibile e chissà, viene il sospetto che quanto compiuto con queste nuove normative, serva principalmente a promuovere l’illegalità o quantomeno a proteggerla!!!  

Non posso che sorridere pensando al contrasto che il nostro paese ha dedicato alla mafia, con strumenti sempre più sofisticati, pool di magistrati e forze dell’ordine, ma anche cittadini comuni che hanno dedicato la loro vita a quella lotta, cui si sono sommate legislazioni speciali, per poi scoprire che il vero nemico, più resiliente e adattabile, forse non è più “Cosa Nostra“, bensì quel cancro silenzioso che divora le istituzioni dall’interno. 

La corruzione in Italia ha assunto ormai i contorni di una consuetudine, un malcostume che si infiltra in ogni anfratto della società, dal piccolo comune di provincia ai grandi palazzi del potere. Essa non fa rumore come le bombe mafiose, non lascia cadaveri per strada, ma lentamente erode la fiducia dei cittadini nello Stato e nelle sue istituzioni. 

D’altronde è diventata quasi una prassi accettata, un modo di fare, dove il confine tra lecito e illecito si è fatto sempre più labile. Nei corridoi degli uffici pubblici, nelle anticamere dei potenti, nei consigli di amministrazione, si è sviluppato un linguaggio fatto di cenni, di mezze parole, di silenzi eloquenti, dove ogni favore presuppone un contraccambio, dove ogni pratica ha il suo prezzo, ufficiale o nascosto che sia. 

La corruzione moderna ha saputo creare un sistema che si autoalimenta dove pubblico e privato si fondono in una danza pericolosa di interessi incrociati. Il funzionario che velocizza una pratica, il politico che orienta un appalto, l’imprenditore che offre una tangente mascherata da consulenza, il professionista che falsifica una perizia, tutti ingranaggi di una macchina ben oliata che gira indisturbata. 

Questo sistema ha di fatto creato una società parallela dove il merito viene soppiantato dalla raccomandazione, dove l’onestà diventa un ostacolo alla carriera, dove chi rispetta le regole viene visto come un ostacolo da eliminare o quantomeno da costringere al silenzio!!!

Nel frattempo la mafia mostra il suo volto feroce, la corruzione indossa abiti eleganti, frequenta salotti buoni, parla lingue straniere, usa tecnologie avanzate per nascondere i suoi traffici. E così…. mentre la mafia intimidisce e minaccia, la corruzione seduce e corrompe, offrendo vantaggi immediati in cambio di piccole o grandi deviazioni dal sentiero della legalità e il cittadino comune si trova così di fronte a un bivio: resistere in un mondo che sembra premiare chi aggira le regole o adeguarsi al malcostume imperante.

Comprenderete come le conseguenze di questa pervasiva accettazione della corruzione sono devastanti anche se meno visibili di un attentato mafioso: Servizi pubblici inefficienti, sprechi di risorse, aumento delle disuguaglianze, perdita di competitività dell’intero sistema Paese. 

La corruzione diventa così non solo un problema morale ma un vero e proprio freno allo sviluppo economico e sociale, ecco perché le parole di De Lucia ci ricordano che nonostante le leggi, nonostante i proclami, nonostante gli sforzi di magistrati e forze dell’ordine oneste, il sistema attuale non è attrezzato per combattere efficacemente questo nemico invisibile. 

Sì… servirebbero più risorse, procedure più snelle, maggiore coordinamento, ma soprattutto una rivoluzione culturale che rimetta al centro il valore dell’onestà e del bene comune. Bisognerebbe partire dalle nuove generazioni, mostrare loro che esiste un’alternativa al sistema corrotto, che si può vivere con dignità senza scendere a compromessi con la propria coscienza. 

Certo, mentre formiamo i giovani di questa nazione, il malaffare purtroppo continua a diffondersi, silenzioso e inarrestabile, negli uffici pubblici come nelle aziende private, nelle grandi città come nei piccoli paesi, alimentato dall’indifferenza di molti e dalla complicità di troppi, ed è una battaglia che rischiamo di perdere se non prendiamo coscienza che la vera mafia oggi non è più solo quella delle lupare e dei pizzini, ma quella ben più insidiosa che si annida tra le pieghe della burocrazia, nella normalizzazione dell’illegalità, nella assuefazione collettiva al malaffare. 

So bene come questa sfida sia ardua, ma non impossibile, bisogna che ciascuno faccia la propria parte, rifiutando la logica del favore, denunciando le irregolarità, pretendendo trasparenza, soltanto così potremo sentirci persone dignitose e auspicare di poter lasciare un giorno ai nostri figli un Paese migliore, libero non solo da questo cancro chiamato “mafia”, ma soprattutto da quella diffusa corruzione che oggi sembra quasi inattaccabile!

La complicità dello Stato: un'illusoria lotta alla criminalità organizzata.

Stasera voglio riprendere un mio vecchio post del 2013. Sono passati 12 anni, ma nulla è cambiato. Anzi, molte cose sono peggiorate, forse troppe…
 
Lotta alla criminalità“. Quante volte abbiamo sentito questa espressione? Eppure, più che una lotta, sembra un’operazione cosmetica, utile a decorare discorsi preconfezionati durante campagne elettorali o celebrazioni ufficiali. Dietro queste parole non c’è la sicurezza dei cittadini, ma un teatrino politico in cui l’interesse reale è tutt’altro.

Ogni giorno, i notiziari riportano rapine, violenze, spaccio, estorsioni e altri crimini che, anziché diminuire, si moltiplicano. E lo Stato? Dove si trova quando la criminalità si evolve e cresce sotto i nostri occhi?

Si dice di non generalizzare, che lo Stato è presente e combatte. Ma i fatti dimostrano il contrario: le azioni si limitano a interventi sporadici, a operazioni dal forte impatto mediatico ma prive di un vero seguito. Nel frattempo, la criminalità si riorganizza, si insinua nei settori economici e istituzionali, trasformando il malaffare in sistema.

Dopo le stragi e le grandi operazioni di facciata, la lotta alla criminalità si è trasformata in compromesso. Non c’è prevenzione, non c’è visione strategica. L’impegno dello Stato sembra più mirato a gestire che a estirpare il problema, lasciando spazio a un sistema che ormai si nutre di collusioni, connivenze e silenzi.

Cosa serve davvero? Un sistema che prevenga il crimine prima che si manifesti? Un impegno reale nel sostenere le famiglie disagiate, educare i giovani, creare opportunità di lavoro? Pene certe, giuste e celeri, senza vie di fuga per i criminali?

Ma tutto questo rimane un miraggio, perché è qui che emerge la vera sconfitta dello Stato. La criminalità organizzata non è solo tollerata: in molti casi, è protetta. Esistono figure istituzionali che, dietro una maschera di rispettabilità, lavorano attivamente per mantenere intatto il sistema. Non per incapacità, ma per volontà.

Il punto più infame è proprio questo: lo Stato che dovrebbe combattere il crimine ne è spesso complice. Non solo con le sue omissioni, ma con le sue azioni. Chi è chiamato a rappresentare la legalità si piega a interessi privati, trasformando le istituzioni in strumenti di potere al servizio di pochi.

Il contrasto alla criminalità organizzata non è una priorità, ma una farsa. Perché cambiare lo status quo significherebbe colpire quegli stessi interessi che alimentano carriere politiche e arricchiscono chi, in teoria, dovrebbe difenderci. Fino a quando questo sistema resterà intoccabile, ogni discorso sulla lotta al crimine sarà solo una recita ben orchestrata.

Ed è questo il vero tradimento dello Stato verso i suoi cittadini: aver abdicato al suo ruolo di garante della giustizia, scegliendo di convivere con il male invece di combatterlo.

Come è possibile che ancora oggi, nel 2025, si continuino a commettere reati come quelli che sto per descrivere?

Mi chiedo se sia normale trovarsi ad ascoltare inchieste giudiziarie che rivelano sempre gli stessi scenari: militari dei comandi provinciali della Guardia di Finanza che, attraverso indagini accurate, portano alla luce un inquietante panorama fatto di emissioni di fatture per operazioni inesistenti, dichiarazioni omesse e mancati versamenti dell’IVA.

Sono meccanismi complessi, messi in atto con l’intento di produrre fatture false per decine e decine di milioni di euro, utilizzate poi per evadere imposte sui redditi e sul valore aggiunto. Un modus operandi consolidato, che sembra ripetersi quasi come una prassi.

E così, a fatti compiuti e con il denaro ormai volatilizzato, si procede con sequestri preventivi e confische, mentre si effettuano arresti di quegli “imprenditori” – o meglio, “prenditori” – che per anni hanno costruito un sistema basato su violazioni fiscali. Al momento opportuno, queste stesse persone riescono a ottenere la chiusura d’ufficio delle società coinvolte, sottraendosi così ulteriormente alle proprie responsabilità.

Certamente, l’obiettivo dello Stato è recuperare quanto più possibile le somme illecitamente sottratte e smantellare gli schemi fraudolenti, ma la realtà ci mostra un sistema di controllo e garanzia che spesso si rivela inefficace.

E quando a questo si aggiunge l’ulteriore beffa di incaricare “Amministratori giudiziari” che, durante il loro mandato, commettono a loro volta atti fraudolenti o comunque infedeli – come raccontano le cronache di questi giorni – viene naturale pensare che il problema non sia circoscritto a pochi casi isolati. Si tratta di un sistema profondamente malato, che sembra resistere a ogni tentativo di cambiamento.

Ma perché? C’è forse una volontà latente di mantenere le cose come stanno? Un equilibrio che avvantaggia sia chi froda il sistema sia chi, in teoria, dovrebbe vigilare, ma si accontenta di raccogliere i frutti di incarichi ispettivi ben retribuiti?

Siamo di fronte a un “cane che si morde la coda“, dove chi dovrebbe rappresentare la giustizia e la legalità finisce per alimentare lo stesso sistema che dovrebbe combattere.

Se non si interviene con una revisione radicale delle procedure, dei controlli e delle responsabilità, il rischio è che questo ciclo di frodi, indagini e inadempienze continui senza fine. Serve un sistema che non solo sanzioni, ma soprattutto prevenga. Un sistema che metta al centro trasparenza, tecnologia e meritocrazia, capace di smantellare le reti di complicità e corruzione.

Eppure, resta un dubbio amaro: si vuole davvero cambiare o tutto questo serve a garantire il perpetuarsi di un sistema che, in fondo, fa comodo a troppi?

Se continuiamo a tollerare questa situazione, non sarà solo lo Stato a perdere; saremo tutti noi, cittadini onesti, a pagare il prezzo più alto!!!

Gravi rischi per chi viola le normative sul subappalto

Molti imprenditori ignorano, o fingono di ignorare, che violare le norme nell’esecuzione dei lavori può comportare conseguenze penali significative. Questo articolo intende chiarire i principali aspetti relativi al subappalto, sia autorizzato che non autorizzato, analizzando le condizioni necessarie per la conformità normativa e le relative conseguenze in caso di violazione.

Partiamo dal subappalto autorizzato. Per ottenere l’autorizzazione, occorre rispettare le seguenti condizioni:

Dichiarazione di subappalto all’atto dell’offerta: Il concorrente deve indicare con precisione i lavori, i servizi o le forniture che intende subappaltare.

Deposito del contratto di subappalto: L’affidatario deve presentare una copia del contratto alla stazione appaltante almeno 20 giorni prima dell’inizio delle prestazioni.

Requisiti di qualificazione: Contestualmente al deposito del contratto, è obbligatorio produrre la documentazione attestante la qualificazione del subappaltatore e il possesso dei requisiti generali previsti dall’art. 38 del D.Lgs. 163/2006.

La normativa sul subappalto, disciplinata dall’art. 118 del D.Lgs. 163/2006, integra i principi delle direttive europee 2004/17/CE e 2004/18/CE. Secondo questa normativa, qualsiasi contratto tra l’appaltatore e terzi, che preveda l’esecuzione di una parte delle prestazioni, è considerato subappalto. Tale contratto è soggetto all’obbligo di qualificazione dei soggetti coinvolti e al rispetto della disciplina antimafia.

Viceversa il subappalto senza autorizzazione comporta conseguenze civili e penali gravi:

Nullità del contratto: Un contratto stipulato senza autorizzazione è nullo per violazione di norme imperative, mentre l’eccedenza oltre le percentuali consentite è nulla per la parte eccedente.

Sanzioni penali: L’art. 21 della legge 646/1982 prevede per l’appaltatore e il subappaltatore l’arresto da sei mesi a un anno e ammende significative. Per i funzionari coinvolti, le pene possono arrivare fino a quattro anni di reclusione.

Sospensione dei pagamenti e risoluzione contrattuale: La stazione appaltante può sospendere i pagamenti e chiedere la risoluzione del contratto per inadempimento, con rottura del rapporto fiduciario.

Errori nella dichiarazione di subappalto

Se in fase di gara il concorrente non dichiara l’intenzione di ricorrere al subappalto o se la dichiarazione è generica, ciò non comporta l’esclusione dalla gara, ma preclude l’utilizzo del subappalto (Cons. Stato, Sez. V, 23 giugno 1999, n. 438). È fondamentale specificare con esattezza i lavori da subappaltare, pena l’invalidità della dichiarazione.

In alcuni casi, il bando di gara può escludere il subappalto per ragioni tecniche. Una dichiarazione in contrasto con tale esclusione può portare all’esclusione del concorrente, poiché l’offerta risulterebbe non conforme alla lex specialis (Cons. Stato, Sez. V, 21 novembre 2007, n. 5906).

Per cui, il subappalto, pur essendo uno strumento utile per la gestione delle commesse, è regolato da norme stringenti che impongono agli imprenditori un’attenzione particolare.

Le violazioni non solo minano la fiducia della stazione appaltante, ma espongono le imprese a pesanti sanzioni, mettendo a rischio la continuità operativa.

Emergenza carceri: la società civile non puo più restare a guardare!!!

La questione dei penitenziari in Italia rappresenta un grave problema….

Da anni ci troviamo di fronte a strutture fatiscenti, obsolete e inadeguate a garantire la sicurezza e il recupero dei detenuti. 

È naturale chiedersi per quanto tempo ancora possiamo ignorare questa emergenza, ma soprattutto è fondamentale riflettere su che tipo di pena vogliamo infliggere a chi ha violato le norme della civile convivenza, riconoscendo che il carcere dovrebbe mirare al recupero e non solo alla punizione.

È essenziale differenziare i detenuti in base al reato commesso: non si possono mescolare individui che hanno commesso crimini gravi con coloro che hanno violato norme amministrative. 

Egualmente, va posta attenzione ai minori, che in carcere si ritrovano a contatto con affiliati di organizzazioni criminali, i quali spesso li attraggono in un percorso di affiliazione piramidale, con promesse allettanti in stile “Gomorra.”

L’emergenza delle carceri richiede una riflessione collettiva, coinvolgendo tutti i soggetti interessati, per affrontare seriamente i problemi di sovraffollamento, inadeguatezza delle strutture e gestione eterogenea dei detenuti. 

Questi fattori aumentano i rischi per i più vulnerabili e per il personale carcerario, aggravando una situazione già critica. Un piano di ristrutturazione o, meglio ancora, la costruzione di nuovi istituti potrebbe portare benefici significativi.

L’introduzione di penitenziari differenziati per categoria di reato – tra reati penali e amministrativi – aiuterebbe a limitare le influenze negative sui detenuti non abituali, promuovendo percorsi di recupero mirati. 

Per i giovani detenuti, la situazione è ancora più delicata: il rischio di affiliazione criminale è elevato in mancanza di un ambiente protettivo e di programmi di reinserimento sociale. Separare i minori e offrire loro percorsi educativi e riabilitativi è indispensabile per aiutarli davvero.

È chiaro come il ruolo delle istituzioni sia centrale: serve una vera riforma del sistema penitenziario che coinvolga tribunali di sorveglianza, avvocati, operatori sociali, associazioni e la società civile. 

Solo attraverso un impegno condiviso si potrà creare un sistema più giusto ed efficace.

Scriveva Dostoevskij: Il grado di civilizzazione di una società si misura dalle sue prigioni!!!

Bancarotta fraudolenta e altri reati di natura fallimentare…

Le Fiamme Gialle su delega della locale Procura della Repubblica, hanno dato esecuzione all’ennesimo provvedimento di sequestro preventivo di beni, nei confronti di un’azienda amministrata di fatto da due imprenditori indagati per bancarotta fraudolenta e altri svariati reati di natura fallimentare…
La complessa attività d’indagine, condotta dai finanzieri del Nucleo di Polizia Economico Finanziaria nei confronti di una azienda operante nel settore d’impianti idraulici, ha consentito di accertare che i soggetti indagati, nonostante avessero già compiuto plurime condotte distrattive del patrimonio aziendale di due società fallite ad essi riconducibili in danno dei creditori, riuscivano a proseguire la propria attività imprenditoriale, attraverso la costituzione di un’ulteriore azienda, formalmente gestita dalla classica testa di legno ma riconducibile ai familiari, operante non solo nel medesimo settore economico ma anche in quello stesso territorio e con gli stessi clienti delle precedenti società, dichiarate “fallite”!!!
Le Fiamme Gialle quindi, a seguito di accertamenti operati sui molteplici conti correnti nonché sulle disponibilità patrimoniali riconducibili alla società e a quei familiari, hanno individuato e sottoposto a sequestro l’intero patrimonio aziendale (tra cui crediti, beni strumentali e rimanenze di magazzino), a cui si non sommate partecipazioni societarie e ingenti disponibilità finanziarie, che hanno di fatto consentito il pieno e integrale recupero del profitto del reato…
Infine, dalle attività di indagine sono stati segnalati alla locale Procura della Repubblica due soggetti ritenuti responsabili, in concorso, per il reato di bancarotta fraudolenta!!!
Come ripeto spesso, non si finosce mai, forse perchè – viste le “pene” irrisorie applicate dalle normative vigente per quanto concerne i reati amministrativi – quei soggetti, certamente “schifosi delinquenti” d’altronde non vi è altro modo per definirli…), ritengono più produttivo operare in maniera truffaldina che in maniera legale!!! 

Finanziamenti a imprese affiliate…

Il Fondo di Garanzia del Ministero delle Imprese, gestito dal Mediocredito Centrale (MCC), è uno strumento fondamentale per supportare le piccole e medie imprese italiane, offrendo garanzie alle banche che concedono prestiti. Grazie a questa garanzia, le banche sono più disposte a erogare finanziamenti, riducendo il rischio di insolvenza per le aziende e incentivando la crescita dell’economia. Tuttavia, il sistema si basa su una responsabilità condivisa tra banche e istituzioni, e la superficialità o negligenza nell’erogazione dei prestiti può portare a gravi conseguenze.

In alcuni casi, infatti, le banche, spingendo per aumentare il volume di finanziamenti, potrebbero abbassare la guardia e concedere prestiti senza effettuare adeguate verifiche sulle aziende richiedenti. Questo approccio rischia di trasferire il rischio di insolvenza sullo Stato, che garantisce il prestito tramite il Fondo di Garanzia. Una situazione che crea un paradosso: in alcuni casi, le garanzie pubbliche finiscono per finanziare anche imprese legate alla criminalità organizzata, un fenomeno che danneggia non solo l’economia, ma anche la fiducia nel sistema finanziario.

Le indagini recenti hanno portato alla luce un caso in cui una banca ha erogato, nel periodo 2019-2023, prestiti per un valore di 10 milioni di euro a nove imprese legate a imprenditori coinvolti in attività criminali. La Direzione distrettuale antimafia, accertando l’illegalità e il rischio di infiltrazioni mafiose, ha chiesto e ottenuto dal Tribunale l’amministrazione giudiziaria della banca coinvolta, una misura che non prevede la confisca dell’istituto ma impone un controllo giudiziario. L’istituto bancario, che è nato nel 2015 dal riassetto di una precedente banca, è specializzato in finanziamenti alle piccole e medie imprese. Nonostante non siano stati trovati elementi di illeciti all’interno della banca stessa, il sistema bancario ha mostrato falle che hanno permesso l’accesso a finanziamenti a imprenditori con legami con la criminalità.

Questa misura, pur non essendo un sequestro, mira a prevenire il rischio di infiltrazioni mafiose e a ridisegnare le procedure interne della banca. Un amministratore giudiziario è stato nominato per intervenire nei processi aziendali e strutturare una nuova governance che impedisca il ripetersi di simili situazioni. L’amministrazione giudiziaria ha lo scopo di rafforzare l’impresa e metterla al riparo da future contaminazioni criminali, senza punire le attività lecite condotte dalla banca.

Questa misura, che in passato è stata applicata in settori come l’evasione fiscale o il caporalato, viene utilizzata per le aziende che, pur esercitando attività lecite, potrebbero facilitare indirettamente l’attività di organizzazioni mafiose. L’obiettivo principale non è la punizione, ma la prevenzione, il che significa che l’intervento ha una funzione “terapeutica”, mirata a depurare l’impresa e restituirla al mercato, dopo aver eliminato gli elementi di rischio. L’intervento giudiziario, se ben gestito, potrebbe anche risultare un’opportunità per l’impresa stessa, che acquisirebbe una maggiore resistenza contro future infiltrazioni e un sistema di controllo più solido.

In sintesi, la vicenda mette in luce l’importanza di un rigoroso controllo sulle pratiche bancarie e la necessità di una maggiore responsabilizzazione delle istituzioni finanziarie. La garanzia pubblica non dovrebbe mai essere una via per mascherare la superficialità nelle valutazioni delle banche, e le misure di prevenzione come l’amministrazione giudiziaria sono strumenti fondamentali per garantire che il sistema finanziario resti sano, trasparente e libero da infiltrazioni criminali.

Le mafie oggi: Dal crimine violento all'Infiltrazione economica.

I reati delle mafie sono strettamente legati all’economia: frodi, bancarotte, riciclaggio di denaro e reati fiscali sono diventati i principali strumenti attraverso cui le organizzazioni criminali operano. In passato, la criminalità organizzata era principalmente associata a reati violenti, come omicidi, estorsioni e traffico di droga, ma oggi la sua natura si è evoluta, adottando modalità più sottili e sofisticate. 

Le mafie, infatti, si sono infiltrate nelle strutture economiche legali, cercando di ottenere il controllo di attività imprenditoriali e risorse finanziarie attraverso metodi che non lasciano tracce evidenti di violenza, ma che possono avere un impatto devastante sull’economia e sulla società nel suo complesso.

Il cambiamento dell’oggetto della criminalità organizzata è evidente: mentre un tempo le mafie esercitavano il loro potere principalmente tramite l’intimidazione e la violenza, ora il loro raggio d’azione si è ampliato nell’ambito delle transazioni economiche. 

Le infiltrazioni mafiose nelle imprese, nei contratti pubblici e nella gestione dei fondi sono spesso difficili da individuare, ma altrettanto dannose per la competitività del mercato e per la crescita sana delle attività imprenditoriali. La criminalità economica legata alle mafie si manifesta anche attraverso l’accesso illecito al credito, la manipolazione dei bilanci aziendali e la gestione fraudolenta delle risorse.

Alcuni reati, definiti “spia”, possono essere indicatori della presenza di infiltrazioni mafiose. Tra questi, i reati fiscali sono tra i più rilevanti. Le frodi fiscali e le bancarotte fraudolente, ad esempio, possono nascondere dietro di sé operazioni di riciclaggio di denaro o il tentativo di mascherare il flusso illecito di fondi provenienti da attività criminali. Anche se non sempre è automatico, la presenza di determinati crimini può fungere da segnale per avviare indagini più approfondite e scoprire le radici di operazioni illegali più complesse. Un caso emblematico è rappresentato da operazioni giudiziarie recenti, come quelle legate a indagini sul riciclaggio e sulle frodi aziendali, che hanno portato all’apertura di processi rilevanti.

Il caso del processo Aemilia ha segnato una tappa importante nella lotta contro la criminalità economica. Non si è trattato però di un punto di arrivo, ma piuttosto di un inizio: questo processo ha aperto la strada a ulteriori indagini, alcune delle quali hanno condotto a nuovi procedimenti, come quello denominato 

Perseverance, che ha evidenziato ulteriori dinamiche di infiltrazione mafiosa in ambiti economici precedentemente considerati immuni. La costante evoluzione delle tecniche mafiose richiede un’attenzione rinnovata e un impegno continuo nell’adattare le indagini ai nuovi scenari, per prevenire il consolidamento di strutture criminali che, sotto le sembianze di attività legittime, operano in modo sotterraneo, ma altrettanto pericoloso.

La lotta contro la mafia oggi non si limita solo a combattere la violenza, ma richiede una visione globale e multidimensionale, che comprenda l’intercettazione dei flussi finanziari illeciti, la protezione delle imprese sane e il rafforzamento delle capacità investigative nell’area economica. 

Solo con un approccio integrato e in costante evoluzione sarà possibile contrastare efficacemente l’infiltrazione mafiosa nei settori produttivi e mantenere l’integrità del sistema economico e sociale.

Collusione e corruzione negli appalti pubblici…

Sappiamo bene come gli appalti pubblici costituiscano il processo attraverso il quale le amministrazioni pubbliche affidano lavori, forniture e servizi ad aziende private. 

Tuttavia, questa struttura rappresenta ahimè uno di quei settori nei quali si verificano la maggior parte dei  fenomeni di corruzione e illeciti che minano l’efficacia e la trasparenza del processo di assegnazione degli appalti.

Difatti, uno dei reati comunemente perpetrato è la collusione che si verifica quando alcune le imprese partecipanti alla gara d’appalto, si mettono d’accordo per fissare i prezzi o per allocarsi i lavori in anticipo. Questo comportamento anti-concorrenziale impedisce ad altre imprese di partecipare alla gara e di offrire quindi un prezzo migliore.

Il bello è che questi appalti pubblici sono regolamentati da leggi e norme severe che prevedono sanzioni per coloro che commettono reati, ma come si, fatta la legge trovato l’inganno e poi in un paese “infetto” come il nostro, dove la maggior parte dei cittadini sa che il gioco vale la candela (d’altronde nessuno mai paga realmente per i reati commessi), ecco che la lista si fa ogni giorno più lunga e comprende sempre più imprese e funzionari pubblici, ciascuno di essi coinvolto in quel meccanismo perverso che li lega in quelle corruzioni e/o collusioni.

Sì… qualcuno pensa che le possibili conseguenze per le imprese possono fermare quei farabutti “prenditori” o quei loro “prestanome”; pensare da parte dello Stato che escludendoli dalle future gare d’appalto o limitare quei loro rappresentati legali o ancora far pagare loro sanzioni e/o revocare i contratti già assegnati, possa rappresentare un problema, è veramente da sciocchi, perché vi è subito pronta un’altra impresa (appartenente a quella stessa “famiglia” ora colpita dai provvedimenti giudiziari…) che immediatamente la sostituisce e riprende a partecipare e quindi ad aggiudicarsi i nuovi appalti da realizzarsi!!! 

Peraltro, ci viene raccontato altresì dalle nostre Istituzioni l’enorme frottola che i funzionari pubblici infedeli possono subire gravi conseguenze, ad esempio attraverso sanzioni finanziarie, sospensione dal loro incarico o addirittura condanne con pene detentive!!!

Ma quando mai, ditemi un solo nome in questo Paese che ha visto coinvolto un dirigente e/o un funzionario che poi si sia fatto un giorno in penitenziario!!! 

La verità è che in questo Paese si raccontano soltanto cazz… perchè basta avere un “discreto” (non dico ottimo…) legale e mai nessuna conseguenza verrà applicata a seguito di queste nostre sterili normative… 

C’è un solo modo per contrastare questa serie infinita di reati che vengono perpetrati costantemente nei nostri appalti pubblici!!!

E’ necessario abilitare particolari meccanismi di trasparenza, dove chiunque può controllare in qualunque minuto l’efficienza dei processi di assegnazione degli appalti, le reali capacità organizzative e finanziare delle imprese che decidono di concorrere, controllare le qualifica possedute non solo sulla carta, bensi quelle reali, adottando procedure di gara non solo competitive, ma limitando la stessa partecipazione, affinchè tutti, nel corso dell’anno solare, possano aggiudicarsi un numero sufficiente di lavori, senza appropriarsi del mercato e soprattutto creando subdoli meccanismi di affidamenti che celano di fatto una serie di raggiri come la cessione del contratto di appalto, subappalti mascherati, sub affidamenti, distaccamenti illeciti di manodopera all’interno del cantiere, noleggi (a caldo), etc…  

E’ ovvio quindi a tutti che a seguito del giro di mazzette cui abitualmente si assiste, non vi è di fatto alcuna collaborazione tra quegli uffici pubblici e le forze dell’ordine (e di conseguenza la magistratura…) per individuare, perseguire e punire coloro che commettono reati negli appalti pubblici (d’altronde provate a chiedervi quante sono state finora le denunce di “Whistleblowing” presentate attraverso quegli apparati statali…)!!!

Si parla tanto di anticorruzione, già… l’ANAC che rappresenta l’Ente preposto a prevenire la corruzione e a promuovere la trasparenza e la legalità, ditemi cosa ha fatto in tutti questi anni??? Il sottoscritto può certamente riportare l’elenco di migliaia e migliaia di truffe e raggiri compiute in tantissimi appalti pubblici, ciò a dimostrazione dell’inefficace sistema posto in atto che non garantisce alcuna trasparenza, efficienza e soprattutto legalità, in un settore cruciale per lo sviluppo economico e sociale del paese.

Ma sarà – come riporto spesso e non mi stancherò mai di ripeterlo – che questo sistema illegale e soprattutto corruttivo fa comodo a tutti, anche a coloro che proprio da quei pulpiti, solitamente manifestano, ogni qual volta chiamati (più per propagandare se stessi che per altro…), di voler contrastare la criminalità di impresa, promuovendo principi di legalità e comportamenti etici!!!

Già… come riportavo sopra: sono tutte caz…!!!

Minch… che notizia: un amministratore di condominio fa sparire 130.000 euro!!!

Ho letto stasera di un amministratore di condominio che dal 2018 operava in nero e avrebbe sottratto ai propri condomini una somma pari a 130.000 euro. 

Una cosa da pazzi, già… perché questa notizia è stata persino pubblicata sui media nazionali!!! 

Perdonatemi, ma resto sconvolto quando osservo le diverse metodologia d’indagini compiute da eguali forze dell’ordine; da un parte c’è chi opera in maniera puntuale e precisa, mi riferisco al lavoro compiuto dalla Guardia di Finanza di Forlì (nell’ambito di quei controlli coordinati dalla Procura nel settore del contrasto all’evasione fiscale e ai reati contro il patrimonio) e da altre parti, già… le nostre, c’è chi pur avendo ricevuto sulle proprie scrivanie un esposto con allegato un faldone contenente centinaia di pagine, a cui pochi mesi dopo si è sommata un ulteriore integrazione su quanto in precedenza consegnato (peraltro, quella persona denunciata, anch’egli amministratore di condominio, è stato alla fine indagato e rinviato a giudizio e  tra qualche giorno, un Tribunale siciliano, dovrebbe emettere (forse) quel provvedimento di sentenza, a conferma comunque che i documenti a suo tempo consegnati, fossero di fatto congruenti), non accade nulla, tra l’altro visti gli eventi sopra riportati, bastava semplicemente che in quel lontano 2018 qualcuno di quei “funzinari e/o responsabili” si fosse attivato quantomeno a leggerli… 

Ma si sa, qui… non siamo mica a Forlì, questa è la terra dei Gattopardi, la terra della decadenza e allo stesso tempo la terra degli eccessi, degli “infiniti spazi e sovrumani silenzi”, già… è la terra dove un qualsivoglia cittadino, senza mimetizzarsi e/o camuffarsi, può rendersi latitante per quasi trent’anni: ah… dimenticavo, sì… alla fine quell’individuo è stato arrestato, anche se solo per pochi giorni!!!    

Riprendendo con l’inchiesta di cui sopra, questa è scaturita da una verifica fiscale che i finanzieri di Cesenatico hanno eseguito a seguito di una denuncia per condotta illecita compiuta da diversi proprietari, scoprendo così quegli stratagemmi posti in essere ai danni dei condomini, ripeto, con un danno finanziario di circa 130.000!!!

Viceversa qui, sì… in “quest’isola maledetta” (già… come nel libro di Stefano Di Marino), per reati peggiori e per danni finanziari superiori al milione di euro, non ci si è mossi minimamente o quantomeno quel “reparto” (se così lo si può definire) non ha proceduto in quelle necessarie verifiche!!!

La fortuna comunque ha voluto che viceversa, altri colleghi, certamente più meritevoli, mi riferisco a quelli presenti all’interno della PG di Messina che – se pur tra mille difficoltà e gravosi impegni – sono riusciti a far emergere i reati gravi compiuti da quell’amministratore, non solo a danno di quegli affranti proprietari condomini, ma anche ahimè nei confronti dell’e casse dello Stato!!!

Vorrei aggiungere tra l’altro che dopo lunghe battaglie, quegli stessi condòmini coraggiosi, sono riusciti tra mille vicissitudini – neppure “Report” o le “Iene” riuscirebbero a descrivere quanto accaduto in questi anni in una sola puntata – a far nominare al Tribunale competente un amministratore giudiziario: ora… sapete bene quanto “alta” considerazione il sottoscritto abbia su questa particolare categoria di professionisti – d’altronde nel web vi sono decine di interviste al sottoscritto che tratta questo spiacevole argomento – e quindi auguro a quest’amministratore giudiziario nominato un buon lavoro, affinchè sappia riportare finalmente quella inderogabile legalità, ma non solo, riporti la serenità in un villaggio che da ormai troppo tempo si è andata esaurendo!!!

Perché alla fine – consentitemi di dire – è per questo che serve la giustizia!!! Sì… per dare forza alle azioni di quei cittadini coraggiosi che ancora credono nello Stato e specialmente in quei nei suoi militari (tra l’altro proprio in quest giorni posti sotto esame…) che, mi eprmetto di ricordare, sono dall’interno di quegli uffici essenzialmente per compiere il proprio dovere e non certo per altro… 

Ah… dimenticavo, riprendendo quindi con quell’amministratore di Forlì: al termine degli accertamenti, il soggetto è stato denunciato alla Procura Nazionale con l’ipotesi di reato di appropriazione indebita ed è stato altresì segnalato all’Agenzia delle Entrate per condotta evasiva posta in essere.

Ma in questo Paese, chi paga effettivamente per i reati commessi???

Inizio questo post ricordando la consegna della laurea “post mortem” a Giulia Cecchettini, evidenziando inoltre come nel solo anno trascorso vi siano stati ben 323 omicidi, di cui 118 vittime di femminicidio!!!

Un dato assurdo considerato che la maggior parte di quelle donne hanno perso la vita per opera di chi diceva loro di amarle, come un familiare, un fidanzato e/o anche un semplice conoscente.

In altre parole, ogni tre omicidi in famiglia sono morte due donne!!!

Dovremmo meravigliaci??? Ma basta osservare semplicemente quanto accade quotidianamente in ogni aspetto della vita sociale, ovunque atti di violenza, ultimi quelli compiuti nelle scuole che evidenziano tutta una serie di atti di bullismo a cui proprio in queste ore sono seguite azioni violente da parte di genitori nei confronti di Presidi e Professori.

Si sommano altresì tutti quegli omicidi stradali compiuti il più delle volte da “youtuber” al volante di auto di grosse cilindrate, solitamente in stato di ebbrezza in quanto sotto influenza di sostanze alcoliche o ancor peggio… stupefacenti!!! 

E cosa dire di quelle azioni violente compiute nei luoghi di lavoro, ad esempio nei trasporti pubblici che vedono coinvolti autisti o addetti ai controlli di autobus, tram, metropolitane, ferrovie, ma anche taxi e servizi di noleggio con conducente…

Non parliamo poi delle violenza sessuali, atti di libidine, stupri di gruppo, atti carnali su minorenni, molestie e via discorrendo… 

Sono tutti delitti contro la persona, ma alla fine, viene spontaneo chiedersi: ma per quei reati commessi qualcuno paga??? Già… quanti sono realmente gli individui che scontano la pena??? Molti di essi infatti vengono “perdonati” dai magistrati per ragioni oscure, ma verrebbe da verificare quanti di quei soggetti si siano pentiti effettivamente e viceversa quanti usufruendo di genitori o familiari noti e benestanti, abbiano potuto godere di legali importanti per riuscire a farla franca???

E difatti, leggendo nei social molti di quei commenti pubblicati, ho potuto constatare la forte ostilità dei cittadini che sta crescendo sempre più, come l’avversione verso questo Stato che si dimostra indifferente, in particolare la contestazione è rivolta alla magistratura, che con le proprie decisioni, ha fatto in modo d’incrementare il livello di avversione nei confronti della giustizia, tanto da diventare ovunque palpabile e sono in molti infatti a pensare che – viste le pene irrisorie inflitte a quei criminali – è meglio farsi giustizia da se!!! 

Ho letto tra l’altro come molti lettori vorrebbero tornare alla vecchia “Legge del taglione“, quella famosa vendetta che diceva “Occhio per occhio, dente per dente” per riferirsi ad una azione concreta oltre che giusta e difatti, sono molti a voler passar sotto tortura tutti quei (accertati) colpevoli…

In particolare la loro attenzione si rivolge a quei soggetti incriminati di violenze di gruppo che, dopo esser stati arrestati, si dimostrano poco collaborativi con le Istituzioni; sì…  per quest’ultimi ho letto come la maggior parte userebbero su di essi la tortura dell’annegamento simulato, conosciuta come  “waterboarding“, affinché si sciogliesse loro la lingua!!!

Poi c’è chi scrive viceversa preferisce di colpirli per come hanno fatto con le loro povere vittime, assestando un paio di colpi all’addome, all’inguine, cui seguirebbe qualche calcio ben assestato in testa, altri ancora hanno proposto la castrazione o l’elettroshock!!!

Comprenderete da quanto sopra come ormai la maggior parte di quei commentatori social (il più delle volte anonimi o celati dietro nickname di fantasia), manifesti con parole dure, l’esaltazione a una giustizia personale che non tiene conto di processi o sentenze, ma che esprime in maniera chiara quel concetto del “far da se“!!!

Questi soggetti, che stanno diventando sempre più numerosi, se pur a parole stanno promuovendo se stessi nell’esser giustizieri, provando così a sostituirsi – quasi fossero stati investiti da una autorità “super partes” – alle forze di polizia, nuovi paladini a difesa dei cittadini che, con una stella di “sceriffo” posta sulla giacca, inizieranno quella necessaria “pulizia”!!!

In quale modo???, Semplice… conficcando a quei soggetti ritenuti “colpevoli” una pallottola in testa, per poi buttare i loro corpi “inutili” nella prima discarica!!!

Ovviamente nessuno di noi vuole che quanto sopra accada, ma osservando l’incremento di repulsione che sta accadendo e se il sistema giudiziario e detentivo continuerà a mostrarsi ancora così debole e ahimè corrotto, ritengo non ci vorrà molto per scoprire come in molti passeranno dalle parole ai fatti e allora sì che saranno guai per tutti!!!

La capacità di adattarsi delle mafie…

Ho scritto in questi lunghi anni sulla capacità di adattamento delle associazioni criminali a seconda del territorio in cui operano e di conseguenza, del loro modus operandi in tutte quelle operazioni di riciclaggio…

D’altronde ritengo banale ripetermi, perché è evidente a tutti come quegli utili provenienti dal narcotraffico, vengano reinvestiti in attività d’impresa “legali”, diversificate nei vari settori, ad esempio quello immobiliare, delle costruzioni, della logistica o ancora, nella gestione dei rifiuti, per passare ai servizi quali ad esempio la cessione del credito, la sicurezza, la ristorazione, il settore turistico alberghiero, i locali notturni e per continuare, le scommesse, le attività di compro oro, etc…

Ormai, la velocità con la quale quelle consorterie mafiose riescono – anche grazie alle piattaforme web – a riciclare denaro è diventato qualcosa di difficile comprensione e per le forze dell’ordine – specializzate in reati reati finanziari – riuscire a comprendere quali procedimenti di riciclaggio siano stati posti in atto (vedasi ad esempio la compravendita di crediti fittizi per indebite compensazioni oppure la fatturazione per operazioni inesistenti o quelle false compensazioni di crediti tributari) diventa difficile se non impossibile…

Comprenderete inoltre che si tratta di reati fiscali di grande insidiosità, che richiedono una risposta repressiva celere, certa ed incisiva!!!

Vediamo peraltro ogni giorno come talune società e i loro “prestanome”, utilizzino specifiche condotte fraudolente, schemi simulatori, documentazioni false e altri mezzi illegali (talvolta particolarmente sofisticati e certamente di difficile accertamento), per evadere le imposte previste di legge o ancor peggio per provocare su altri evasione e complicità.

E’ evidente quindi che le scelte fin qui applicate dalla normativa vigente non siano valide, d’altro canto, se l’evasione in Italia incide per quasi 100 miliardi, è evidente che qualcosa non funzioni e quindi, coloro che oggi stanno governando questo Paese, invece di perdere il loro tempo in sterili combutte propagandistiche, dovrebbero iniziare a lavorare seriamente, sia per ridurre tutta questa propensione all’evasione, che per eliminare di conseguenza, tutte quelle attività certamente illegali!!!

Cancelliere infedele all'interno del Tribunale!!!

Ecco l’ennesimo cancelliere infedele posto all’interno di un Tribunale…

Sì… perché vi è una falla nel sistema o per meglio dire, in molte di quelle procedure adottate in taluni uffici, difatti il sottoscritto, avendone avuto le prove, ha provveduto a informare le autorità competenti…

Tralasciando – per ragioni di riservatezza – di parlare di quell’ufficio del Tribunale, vorrei attenzionare quanto accaduto (tra il 2012 e il 2018) ai giudici della sezione Fallimentare del Tribunale di Milano, vittime di un ingegnoso inganno architettato (per sostituirsi a creditori irreperibili o morti in procedure fallimentari ormai risalenti nel tempo) da una cancelliere di quel Tribunale, sia prima che durante il suo pensionamento, avvenuto nel 2015 insieme ad alcuni amministratori di società. 

Un vero e proprio buco normativo che ha fruttato ingenti somme, sino agli arresti disposti nel 2020 dalla gip Alessandra Clemente, in una inchiesta coordinata dalla Pm Donata Costa (oggi alla Procura antifrodi europea) e da Nicola Rossato.

Difatti, una volta ricevute da funzionari amministrativi infedeli, come per l’appunto il cancelliere le “dritte” giudiziarie su quel tipo di fallimenti polposi da mettere nel mirino, i truffatori predisponevano false cessioni di credito (ingannando i giudici delegati nei relativi provvedimenti) e assumevano la qualifica di creditori in procedure in cui era rimasto un qualche attivo da ripartire ma non ancora richiesto da altri veri creditori magari ignari dell’esistenza di questi attivi, e poi dirottavano questi patrimoni “dormienti” su società gestite di fatto da prestanome dell’organizzazione. 

In questo modo si erano appropriati negli anni, ai danni dello Stato e della massa dei creditori delle procedure fallimentari, di ingenti somme che altrimenti (se davvero senza creditori) sarebbero dovuto confluire per legge nel FUG-Fondo Unico Giustizia…

Ora, l’ex cancelliere è stato condannato a 4 anni; gli amministratori delle società protagoniste delle operazioni, hanno avuto 7 anni e mezzo ciascuno, cui è seguita la condanna di una funzionaria del comune bresciano, accusata di aver autenticato firme sulle false cessioni di credito.

Tutti ora in solido dovranno tutti anticipare 552.000 euro per il risarcimento dei danni alla parte civile di una società che era per l’appunto, stata posta in liquidazione!!! 

La III sezione penale del Tribunale, presieduta da Ilio Mannucci Pacini, ha inoltre confiscato altri 583.000 ad alcuni indagati e 876.000 euro ai tre funzionari tutti ora interdetti per 5 anni dai pubblici uffici!!!

Auspico che a breve, altri infedeli funzionari – posti ahimè all’interno di quei Tribunali – possano ricevere eguale sorte, perché soltanto così, denunciando, si può pensare di avere giustizia, altrimenti rimanendo omertosi, si diventa di fatto partecipi a quel sistema clientelare, massonico e soprattutto corruttivo!!!

Infiltrazioni nell’economia legale e nella pubblica amministrazione…

“Un quadro criminale quello presente in Emilia Romagna che conferma il consolidarsi della strategia di infiltrazione nell’economia legale e nei gangli della Pubblica Amministrazione da parte delle organizzazioni mafiose“: E’ quanto si legge sulla Relazione semestrale della DIA – Direzione Investigativa Antimafia – presentata dal Ministro dell’Interno e relativa ai fenomeni di criminalità organizzata di tipo mafioso…

Secondo la DIA, si confermerebbe la presenza di soggetti collegati alla criminalità organizzata calabrese e siciliana, difatti, la Corte di Cassazione ha confermato, rendendolo esecutivo, il decreto di confisca emesso a suo tempo dalla Corte di Appello di Bologna, ad alcune società per un patrimonio del valore di circa 10 milioni di euro, riconducibile a soggetti contigui a famiglia della mafia e della ‘ndrangheta, comprendente 9 imprese, di cui alcune di trasporti, turistiche, immobiliari, e attinenti a rapporti finanziari. 

La confisca ha interessato beni situati nelle regione dell’Emilia, per reati di trasferimento fraudolento di valori ed operativi nel riciclaggio e nei settori illeciti delle truffe, ai danni di società di forniture, assicurativi, etc., utilizzando anche l’esercizio abusivo del credito e l’intestazione fittizia di beni.


Una riunione condominiale finisce col fuoco!!! La prossima prevedo, se continua così nell'indifferenza generale, finirà nel sangue!!!

A Torino Pietra Alta la riunione di condominio finisce male: l’amministratore tenta di dare fuoco a un condomino!!!

Alcuni presenti ormai esasperati, durante una riunione di condominio hanno rischiato di diventare vittime “infuocate”… già, nel senso letterale della parola!!!

Mercoledì 9 agosto c.a., durante una convocazione assembleare, l’Amministratore ormai stanco di sentirsi accusare di avere eluso le casse del condominio (sull’accaduto tra l’altro sono in corso accertamenti d parte degli organi giudiziari, ma alcuni condomini sono certi che egli abbia fatto sparire parecchie somme, tanto da aver chiesto la sua revoca), beh… secondo quanto riportato, quell’amministratore di condominio ha rovesciato addosso ad un avvocato – invitato da alcuni condomini ad assisterli – una sostanza infiammabile, tentando di appiccare le fiamme con l’uso di un accendino che per fortuna non ha funzionato salvandolo così da un incendio certo…

A quel punto i presenti dopo aver separato i due soggetti hanno chiamato immediatamente i carabinieri, i quali hanno arrestato l’amministratore con l’accusa di tentato omicidio. 

I militari dell’Arma hanno quindi eseguito un sopralluogo nella sede legale dell’amministratore, trovando un liquido compatibile con quello versato addosso alla vittima che come riportato sopra, non ha evidenziato alcun danno, se non lo spavento…

Ripeto quanto già evidenziato in un mio precedente post, intitolato “Omicidi compiuti nelle riunioni condominiali??? Ho come la sensazione che alcune negligenze vadano ricercate nell’operato superficiale di una parte delle nostre Istituzioni!!!”. link: http://nicola-costanzo.blogspot.com/2023/07/omicidi-compiuti-nelle-riunioni.html

E sì… perché fintanto che l’illegalità viene consentita da questa nostra fallace giustizia o dovrei dire da taluni suoi togati, gli stessi che per motivi irrazionali non garantiscono neppure l’operato di quegli stessi amministratori giudiziari da loro stessi nominati, come pensate che le cose possano cambiare…

Già… perché quest’ultimi sono chiamati a difendere le ragioni di quei poveri condomini sottomessi ad accertate imposizioni e soprattutto raggiri e truffe compiute da taluni amministratori (protetti da quel sistema…) e da quei suoi lacchè, ma non solo, questi amministratori la cui mala-gestio è stata accertata dalle forze dell’ordine, beh… dopo essere stati indagati e soprattutto rinviati a giudizio per una sfilza incredibile di reati gravi, continuano come nulla fosse, già… prendendo per il culo sia la giustizia (che evidenzia con le sue azioni tutte quelle proprie lacune, auspico che trattasi soltanto di questo e che non vi sia qualcosa altro, come solitamente scopriamo ogni giorno in questo nostro corrotto Paese…), ma soprattutto quel suo apparato, grazie all’utilizzo di meccanismi elusivi e ad una serie di espedienti che permettono a quell’ex amministratore di rimanere di fatto in “carica” attraverso suoi complici, tra referenti (e/o familiari), ma principalmente non permettendo a chi è stato nominato propriamente da quel Tribunale, di poter compiere quanto dovuto, non avendo consegnati i documenti contabili!!!

Già… tutti sanno, ma nessuno fa nulla: che schifo di giustizia, abbiamo, una completa vergogna sia per lo Stato ma ancor più per quei cittadini coraggiosi che cercano in maniera legale di far emergere quei principi di legalità!!! 

Ma la circostanza più assurda è dover stare ad ascoltare tutte quelle parole sterili pronunciate solitamente durante abituali commemorazioni, incontri con i giovani o convegno sulla legalità, già… frasi espresse dal nostro Presidente della Repubblica e da tutti quei referenti istituzioni: Denunciate, denunciate e ancora denunciate, che lo Stato è con voi!!! Sì perdonatemi ma mi viene da aggiungerei: “e con lo Spirito Santo”!!!    

Auspico solo che a breve qualcuno vorrà spiegare cosa sta accadendo all’interno di quel Tribunale peloritano, perché il sottoscritto da ben cinque anni, non riesce a capirlo: sì… ho come la sensazione che quando a breve si giungerà a quella tanto auspicata sentenza definitiva, forse… sarà troppo tardi, perché vedrete… nel frattempo, qualcuno ci avrà rimesso la pelle!!!

     

Omicidi compiuti nelle riunioni condominiali??? Ho come la sensazione che alcune negligenze vadano ricercate nell'operato superficiale di una parte delle nostre Istituzioni!!!

Sono passati solo alcuni mesi da quella lite condominiale (dicembre 2022) che portò un condomino ad uccidere tre donne a Roma ed ora nuovamente una lite condominiale che termina ahimè con l’ennesima vittima – vedasi i link: 

https://www.ansa.it/sito/notizie/cronaca/2022/12/11/lite-per-il-condominio-spara-e-uccide-tre-donne_bd4629d0-281a-4e10-8316- 903d29b3c74a.html   

https://www.ansa.it/lazio/notizie/2023/07/08/ucciso-con-mazza-da-baseball-per-lite-condominiale-tre-arresti_39ca721d-7591-42d9-a372-8472bafa4233.html 

Sembrerà incredibile, ma a differenza della generale omertà con cui ogni giorno mi scontro, posso assicurare che il problema fondamentale su quanto accade inmolti condomini è da ricercarsi principalmente nella superficialità o per meglio dire nella poca preparazione di alcuni “togati o uomini con la “divisa”…

Perché il problema fondamentale che in molti non vogliono capire o fanno finta di non capire per ragioni o interessi che non sto qui a riportare… è che dietro quei condomini girano parecchi soldi, in particolare quando questi presentano bilanci da oltre un milione di euro, (neppure certi nostri Comuni viaggiano su queste cifre…) e risulta quindi facile intuire che siano in molti a voler fare di tutto pur di gestire tutta quella montagna di denaro… 

Ma la circostanza più grave e che questo tipo di situazioni vengano affrontate dalle nostre Istituzioni come fossero semplici beghe condominiali, eppure vi sono casi in cui queste presentano tipologie di reati le cui sanzioni sono ben riportate nel codice di procedura penale… 

Mi riferisco a raggiri, appropriazione indebita, mala-gestio, bancarotta e trasferimento fraudolento di valori, danno all’erario, a cui si sommano in taluni casi, associazione a delinquere finalizzate a commettere truffe a danno dello Stato nell’ambito delle misure di sostegno al settore edilizio, parlo di quei “Bonus” concessi dallo Stato per lavori di recupero o restauro di facciate…

Vanno altresì evidenziati, oltre a quanto riportato sopra, altri specifici fatti gravi che hanno fatto emergere in taluni condomini: favoreggiamento alla latitanza, associazione mafiosa, spaccio, estorsione, usura, etc…

E sì perché un condominio, quando esso è rappresentato da un numero considerevole d’individui, può essere paragonato ad una piccola comunità, costituita da migliaia di persone che in certi periodi dell’anno, possono anche raggiungere le 5/6mila unità… 

Ed allora pur comprendendo la natura civilistica della definizione di condominio, non sempre questa definizione va dimessamente accettata per com’è, se pur la regola preveda che basti semplicemente che il numero di proprietari e di unità immobiliari superi una determinata soglia, per diventare obbligatoria la nomina di un amministratore e la redazione di un regolamento… 

Ma non sempre il condominio è quello…  quantomeno questa regola vale quando la gestione del condominio viene eseguita in maniera corretta, ma quando vi è la presenza di reati, quando si è già proceduto a denunciare gravi fatti emersi, quando ahimè ci si trova a dover combattere con un muro di gomma istituzionale che non effettua le dovute verifiche, quando si sa essere demandati a quel compito, ma ancor peggio, si disinteressa di leggere i documenti ricevuti, ditemi… o meglio, mi rivolgo come cittadino al mio caro Presidente Mattarella: a cosa serve denunciare, denunciare, DENUNCIARE???

E si… perché chi dovrebbe verificare dorme, chi dovrebbe studiare quelle carte fa in modo che esse vengano insabbiate, ed ancora, si ci si ritrova a dover costatare come in taluni uffici istituzionali (auspico soltanto che i nominativi di quei soggetti trasmessi ad alcune note testate d’inchiesta televisive possano prima o poi emergere…) si dorme, mentre viceversa alcune Procure o per meglio dire talune “PG” (vedasi ad esempio quella di Messina…), fanno il proprio dovere!!! 

Difatti, mentre chi ha ricevuto gli esposti li ha ritenuti semplici “beghe condominiali” (il problema va anche ricercato in quel sistema massonico addentrato all’interno dei nostri apparati pubblici), mentre per fortuna, in altre strutture (dove sono presenti ufficiali e agenti di polizia giudiziaria integerrimi e professionali), quelli ad esempio che appartengono alla sezione diretta e funzionale del Procuratore della Repubblica, beh… in quelle Sedi, le verifiche condotte hanno viceversa evidenziato come i reati a suo tempo denunciati, avevano ragione di essere e che quindi, quanto già in mano da tempo a taluni magistrati, avrebbe dovuto condurre ad una definita sentenza di condanna e invece siamo ancora qui a parlarne… 

Già…. ci si è palleggiati per anni, sono cinque per l’esattezza (da quel lontano 2018 in cui è stato presentato il primo esposto…) e se non fosse per la sola volontà di chi come il sottoscritto (ma anche di molti amici, gli stessi che in questi lunghi anni, hanno dimostrato di avere seguito l’esempio…) non sa piegarsi a quel sistema colluso e dimostra – con i fatti – di non aver paura di nulla e di nessuno, per raggiungere – dopo anni di silenzi assordanti e circostanze al limite della illegalità – lo scopo prefissato e cioè riportare giustizia e legalità dove non c’è!!!

Sì… qualcosa è stato fatto, chi di dovere è stato rinviato a giudizio, ma nel frattempo come dicevo, l’illegalità ha continuato come nulla fosse, utilizzando il banale stratagemma, di passare di mano in mano…

Ed allora mi chiedo, ma lo Stato cosa fa??? 

Parlo dello stesso Stato che attraverso il Tribunale ha nominato (a seguito di quanto dal sottoscritto e da altri compiuto) un suo Amministratore, sì…  “giudiziario”, ma a cui di fatto è stato reso impossibile operare, perché altri, quegli stessi che ora sono stati rinviati a giudizio, non ne consentono in pratica la sua corretta gestione, neppure quando obbligati alla consegna, dinnanzi all’ufficiale giudiziario e alle forze dell’ordine, che vengono presi di fatto, a pesci in faccia!!! 

Ho saputo che proprio alcuni giorni fa, in una sala riunione di quel condominio, una Sig.ra insieme ad altri condomini sono stati aggrediti, subendo violenze non solo verbali, ma anche fisiche, soltanto per essersi voluti ribellati a quel sistema coercitivo e di malaffare, maltrattamenti che sono stati immediatamente denunciati alle forze dell’ordine presenti nella Struttura Ospedaliera, durante quello spiacevole ricovero…

Ed allora “mio caro Stato“, mi chiesdo: cosa bisogna attendere ancora ??? Forse di contare le prossime vittime di quel Condominio??? 

Permettetemi di riportare la parte conclusiva di una missiva ufficialmente inviata dal sottoscritto alcuni giorni fa a mezzo Pec : “Ecco perché richiedo un intervento mirato da parte delle Istituzione di cui all’indirizzo, per far sì che le parole espresse alcuni giorni fa dal nostro Presidente Mattarella,  parlando di legalità in una scuola, trovino finalmente quel giusto riscontro: grazie al lavoro prezioso delle Istituzioni, delle forze dell’ordine, delle associazioni di volontariato, la cultura dell’antimafia e il rigetto alla corruzione passa attraverso noi tutti, spezzando definitivamente le catene dell’omertà e della paura. Noi, non dobbiamo smettere di vigilare, il malaffare è sempre presente, capace di vivere nascosto e pronto a rialzare la testa al minimo sintomo di cedimento. La Repubblica vi è vicina e tutte le amministrazioni pubbliche devono far sentire con efficacia la loro presenza accanto ai cittadini e insieme a tutte le espressioni della società civile”.

Si… Presidente, veramente delle belle parole: peccato che non abbiano alcuna attinenza con la realtà in cui viviamo!!! 

Finalmente a Catania è in corso una "rinnovata" lotta a frodi e criminalità organizzata!!!

Nel corso del 2022/2023 sono stati eseguiti nella sola provincia di Catania, centinaia di controlli e interventi ispettivi a imprese ed attività commerciali.

Questi controlli anche se poco propagandati dai media (alcune di quelle inchieste giudiziarie sono ancora in corso…) sono state estremamente fondamentali per contrastare le infiltrazioni della criminalità organizzata nell’economia e nel tessuto finanziario/sociale di questa città, ma anche della sua provincia, in particolare dopo quanto occorso negli scorsi anni a causa della  pandemia… 

Difatti, sono tante le attività che a seguito del “Covid-19” hanno dovuto chiudere i propri battenti, sia per le sopraggiunte difficoltà economiche, ma non solo, anche per aver ceduto alle lusinghe di celati “finanziatori”, che si sono così impadroniti di quelle attività interessanti, tanto da averle incrementate finanziariamente, per quindi rilanciarle (attraverso il riciclaggio dei proventi illeciti) nell’economia legale!!!

Come riportavo sopra, sono in pochi a conoscere quali interventi mirati sono stati compiuti nel corso di questi mesi dagli organi di polizia, difatti molte di quelle condotte fraudolente sono state analizzate attraverso l’uso dell’intelligenza artificiale che ha incrociato i dati bancari con i relativi accertamenti mirati sul campo e compiuti dai militari competenti in materia economica e finanziaria, dai cui controlli sono emersi collegamenti tra soggetti incensurati (posti lì a “prestanome”…) ed i loro diretti superiori (di fatto, veri proprietari dell’intera “baracca”, molti dei quali già considerati ad elevata pericolosità fiscale).

Tra questi individui possiamo ritrovare quanti hanno già operato condotte fraudolente non solo a carattere nazionale, ma anche oltre i confini, difatti attraverso quelle strategie è stato possibile estendere quella loro opera di diffusione dei fenomeni di riciclaggio, attraverso la quale è stato possibile far inserire nel mercato dell’economia legale quelle loro società “illegali”, determinando di fatto un’illecita concorrenza nel settore degli appalti pubblici, nelle forniture e nei servizi!!! 

Difatti, dai controlli effettuati e da quelli in corso,  sono emersi frodi al fisco milionari, ma soprattutto i nomi di nuovi evasori (molti dei quali sono stati in questi mesi denunciati…) e anche di imprese di capitali o individuali, soggetti giuridici del tutto sconosciuti all’amministrazione finanziaria, in quanto molti di essi operavano grazie all’ausilio di professionisti esterni, quest’ultimi capaci di fuorviare il sistema nazionale tributario, mettendo in atto procedure illecite per frodare le imposte dirette e l’Iva, ma non solo, questi “abili” professionisti si sono occupati di realizzare anche investimenti all’estero tramite il Web o attraverso il cosiddetto “commercio elettronico”.

Difatti, sono ormai rilevanti i casi già scoperti d’evasione fiscale internazionale principalmente riconducibili ad organizzazioni “occultate” nazionali che operavano attraverso la manipolazione dei prezzi di trasferimenti, la fittizia localizzazione in altre regioni o il trasferimento all’estero della residenza fiscale sia di persone fisiche che di quelle giuridiche, determinando così l’illecita detenzione di capitali oltre confine.

Le ultime inchieste giudiziarie (non ancora portate alla luce, ma vi assicuro che stanno per giungere all’arrivo…), evidenzieranno nomi “al di sopra di ogni sospetto“, nello specifico individui che fanno riferimento alla materia degli “appalti e delitti contro la Pubblica Amministrazione”, ambiti che come ben sappiamo rivestono grande importanza economica e finanziaria: prevedo difatti a breve l’incriminazione di alcuni dirigenti e funzionari di PA, ma non solo, con essi verranno indiziati anche alcuni responsabili in materia di contrattualistica pubblica, anticorruzione e trasparenza!!! 

Concludo confermando quanto avevo anticipato lo scorso anno – a proposito dei fondi del PNRR destinati alla Sicilia – e cioè che ad usufruire di quel denaro pubblico, non saranno (per come in molti credono) le nostre imprese siciliane, ma bensì quelle del nord!!! 

Già… saranno quest’ultime a rivestire il ruolo di “General Contractor” e ad esse (e soltanto ad esse…) verranno assegnati la maggior parte di quegli appalti milionari e miliardari, destinati da tempo alla nostra regione!!!

Quanto sopra verrà conseguito mettendo in atto procedure di gara pilotate, aggiungerei “blindate“, attraverso mirati “Protocolli di legalità” che escluderanno di fatto quelle nostre imprese in “odore di mafia”, giustificando le  procedure poste in atto, con la necessità di garantire quel necessario contrasto alla criminalità organizzata in un settore, quello degli appalti pubblici, che ha dimostrato finora essere stato poco trasparente, con regole e metodologie fortemente condizionate da ambigui processi decisionali.

Cosa aggiungere… a quelle esigue imprese del nostro territorio rimaste ancora “legali” non resterà che raccogliere le briciole di quel piatto, concesse a loro dalle imprese del Nord, le stesse che procederanno comunque a tener “buoni” i siciliani, offrendo quelle abituali assunzioni nei loro staff (classico scambio politico/clientelare…) e concedendo qualche contratto di fornitura e/o di subappalto!!!

E così… vissero tutti, felici e contenti!!!

Non solo azioni, ma anche la cultura dell’antimafia deve essere tramandata!

Oltre alle azioni concrete, è essenziale trasmettere la cultura dell’antimafia. Questo il cuore del messaggio dell’evento “Il ruolo e l’impegno della Guardia di Finanza nel contrasto alla Mafia”, svoltosi al Savoia Hotel Regency di Bologna. 

L’incontro ha visto la partecipazione dei massimi rappresentanti dell’Autorità giudiziaria e delle forze dell’ordine locali, ed è stato dedicato ai militari del Comando Provinciale della Guardia di Finanza e a una selezione di studenti liceali e universitari. Fra i presenti, anche un giornalista che da oltre trent’anni si occupa di criminalità organizzata.

Il Procuratore generale della Corte d’Appello di Bologna ha sottolineato l’importanza del lavoro della Guardia di Finanza: “Il ruolo della GdF è cruciale. 

Per anni, è stata l’unica forza in grado di condurre indagini patrimoniali di alto livello, fondamentali nel contrasto alle mafie. Oggi anche altre forze dell’ordine sono specializzate, ma la GdF ha una peculiarità: si occupa di reati finanziari e di infiltrazioni mafiose nell’economia.”

Ha anche approfondito il tema delle mafie in Emilia-Romagna, spiegando come le infiltrazioni risalgano a trent’anni fa e siano ormai radicate nel tessuto economico: “Le mafie oggi sono perfettamente inserite nelle imprese. All’inizio le imprese sono sane, ma spesso cedono di fronte alle difficoltà economiche e accolgono l’aiuto delle mafie, che si sono sempre più professionalizzate. Si avvalgono di professionisti come geometri, avvocati, architetti, ingegneri. La confisca dei patrimoni è il momento cruciale, quando la magistratura capisce di aver colto nel segno. Colpire il patrimonio mafioso è il modo più efficace per neutralizzare la criminalità.”

Anche una docente universitaria ha parlato dell’importanza di diffondere la cultura dell’antimafia: “È fondamentale che i giovani conoscano la storia, la struttura e le dinamiche della criminalità organizzata. Solo conoscendo il nemico possiamo combatterlo.” 

La docente ha anche analizzato la presenza delle mafie sul territorio emiliano-romagnolo, evidenziando la complicità di certa imprenditoria attratta dai facili guadagni: “Questa criminalità non è immune dalla violenza, come intimidazioni o incendi. E non dimentichiamo che i mafiosi non sono imprenditori, sono criminali, e continuano a esserlo anche quando entrano nelle grandi aziende. 

Questo intacca l’economia, la rende più fragile. In un contesto mafioso, gli imprenditori sani non investono e fuggono via. La ‘ndrangheta, ad esempio, ha trasformato la Calabria in una terra abbandonata. 

Non pensiamo che questo non ci riguardi, perché se non combattiamo la mafia, non ci sarà lavoro.

La mafia non è cambiata, ma è camaleontica, come il camaleonte che cambia pelle ma rimane sempre lo stesso. Conoscere le sue diverse manifestazioni ci permette di riconoscerla e combatterla.

L'ennesimo condominio truffato…

Sig. Costanzo buongiorno e buone feste, 

le scrivo con riguardo al post da Lei pubblicato al link: https://nicolacostanzo.wordpress.com/2021/12/17/superbonus-110-truffato-un-condominio/ per raccontarLe quanto sta per capitare anche al nostro condominio.

Il problema è che abbiamo l’amministratore che secondo me fa la parte dell’impresa che lui stesso ha scritto una clausola e tutti in maggioranza hanno approvato tranne io e un altro condomino abbiamo votato contro persone che hanno votato senza rendersi conto della gravità cioè la clausola che ha scritto l’amministratore identico a quello che avvisa il suo blogs.

Qualora l’impresa inizia i lavori per un totale di 2.000.000 milioni di euro compreso lavori extra senza sconto in fattura a mio avviso un ricatto e dopo effettuato lavori per 30 – 40% e la banca non gli dà i soldi, significa che dobbiamo pagare noi, bella truffa.

Caro Sig. Vincenzo, come può vedere ho pubblicato quanto ricevuto, poiché quanto sta accadendo al Vs. condominio, è eguale (ahimè) a tanti altri…

Mi permetta di darLe comunque un consiglio, Lei – anche se oggi si sente solo o quantomeno in minoranza (insieme a un altro condomino ) – ha ancora la possibilità di ribaltare la sua posizione, perché la legge ( anche se a volte lenta come una lumaca…) è per fortuna dalla sua parte, si tratta solo di non avere paura e denunciare quanto sta accadendo in quel condominio!!!

Posso assicurarLe che oggi, chi crede di vantare un potere al di sopra delle parti, si ritroverà – se sono stati compiuti realmente dei reti o delle procedure illegali – improvvisamente in un Tribunale, ma dalla parte inquisita e Lei potrà finalmente ritrovare “giustizia”!!!

D’altronde, qualcosa in questi giorni è cambiato – visto purtroppo quanto accaduto violentemente a Roma in una riunione condominiale – e difatti ora, gli organi di polizia e la stessa magistratura, hanno finalmente compreso che dietro a quelle riunioni di spese per le parti comuni, non vi soltanto beghe condominiali, ma un giro consistente di denaro e soprattutto reati commessi o in procinto di commettere di ogni tipo…

Il sottoscritto infatti, proprio su questo argomento, ha pubblicato ad inizio mese un post: http://nicola-costanzo.blogspot.com/2022/12/quando-la-giustizia-dorme-o-si-rende.html dal quale può prendere alcune considerazioni importanti, quale ad esempio: l’Articolo 2700 del Codice Civile.

In ogni caso, se volesse ricevere ulteriori consigli su come procedere oppure avere qualche dritta su come accelerare le procedure giuridiche affinché vengano sospese le procedure adottate dall’assemblea e dal suo amministratore, mi contatti nuovamente che – se attuerà quanto le dirò (ormai su questo argomento sono diventato un esperto…) – posso garantirLe che in tempi abbastanza celeri, riuscirà a limitare o ancor meglio a far sopprimere tutte quelle procedure che sicuramente potrebbero determinare non solo a lei, ma a tutto  il condominio, gravi danni economici e non solo… 

Cordialmente, Nicola Costanzo.

La giustizia, grazie al governo Meloni, compie cento passi indietro!!!

Sono sempre a favore di quei Governi che applicano alla regola la Giustizia!!!

Siano essi di centro, di sinistra o di destra, al sottoscritto non importa, l’importante è che si compiano in maniera corretta tutti quei procedimenti che hanno quale finalità il raggiungimento della legalità, il contrasto alla criminalità organizzata e soprattutto alla corruzione.

Viceversa, quanto sto scoprendo attraverso il nuovo Ministro Nordio, è proprio il disarmo di tutti quei controlli sulla legalità e sulla corruzione…

Una cosa è certa, d’altronde si sta rasentando la follia, basti vedere le modifiche alla legge sull’ergastolo ostativo, l’aumento del tetto del contante cui si somma il progetto di abolire il reato di abuso d’ufficio o il traffico d’influenze illecite al fine di ottenere favori e agevolazioni, grazie al pagamento di denaro…

Ma non solo, si vogliono eliminare per di più le intercettazioni giudiziarie compiute dalla Magistratura, ma si… quasi quasi consiglio – visto che siamo a Natale – l’apertura delle carceri per tutti i detenuti, tanto a cosa serve tenerli lì dentro, rappresentano solo costi per la comunità… 

Ho la sensazione che a breve, se si continua con queste scellerate decisioni, saranno in molti a recarsi a Roma e bloccare questo Paese da scelte errate che portano ad aumentare i rischi di sicurezza per il nostro paese, a causa della direzione intrapresa dall’attuale governo, di voler abbassare la soglia di legalità…

D’altronde osservando quanti inquisiti hanno avuto negli anni gli attuali partiti di governo non mi meraviglio che oggi abbiano diretto le proprie azioni verso i mancati controlli in particolare nella gestione del denaro pubblico…

E quindi, mentre dall’Europa ci viene chiesto – visto le truffe commesse in questi anni – di attenzionare ed elevare gli strumenti contro la corruzione, in particolare per garantire i fondi del PNRR che a breve arriveranno, di contro, l’attuale governo Meloni, sembra indirizzare il proprio programma in maniera contraria…

Qualcuno dimentica che siamo noi cittadini a comandare il Paese e non il contrario: auspico che il governo ravvedi le proprie posizioni, per evitare uno scontro di cui non si è preparati, d’altronde la giustizia, come la sicurezza del Paese, non può essere barattata da finalità politiche o dettate da compromessi degli alleati!!!

C'è anche un carabiniere coinvolto nell'inchiesta "appalti e commesse" sotto controllate dalla 'ndrangheta!!!

Sono tre gli imprenditori ed un pubblico ufficiale a finire ai domiciliari nell’ambito dell’operazione “Revolvo” condotta dalla Guardia di Finanza in esecuzione di un’ordinanza di custodia cautelare emessa dal gip su richiesta del procuratore di Reggio Calabria Giovanni Bombardieri. 

Nell’inchiesta sono indagate altre 10 persone tra cui sei funzionari del Comune di Reggio Calabria, contestualmente è stato eseguito un sequestro preventivo ad 11 imprese attive nel settore edile, per un valore stimato in oltre 10 milioni di euro. 

Assieme ai tre imprenditori, è finito ai domiciliari un carabiniere in servizio a Vibo Valentia e all’epoca dei fatti contestati in forza alla caserma dell’Arma «Modena» di Reggio Calabria. 

L’inchiesta è il seguito dell’operazione «Araba Fenice» e fonda le sue basi sulle dichiarazioni del collaboratore di giustizia, che secondo gli inquirenti, avevano descritto del monopolio della ‘ndrangheta negli appalti pubblici indetti dal comune di Reggio Calabria.

In particolare, sarebbe stata accertata l’esistenza di un consolidato sistema illegale fondato su ripetuti favoritismi protratti nel tempo, a fronte di utilità corrisposte ai funzionari pubblici, in un consolidato rapporto di “do ut des”. 

Il carabiniere in particolare avrebbe consentito a uno degli indagati, sottoposto agli arresti domiciliari, di disattendere sistematicamente le prescrizioni derivanti dalla misura cautelare. Oltre a ciò, il graduato avrebbe fornito mezzi e apparecchiature tecniche al fine di consentire a soggetti investigati di eludere, tramite vere e proprie “bonifiche” ambientali, eventuali attività di intercettazione condotte a loro carico. L’esecuzione della misura degli arresti domiciliari nei confronti del militare è stata eseguita con il supporto del Comando Provinciale dei Carabinieri di Vibo Valentia. 

Ora, l’appuntato scelto dei carabinieri è stato accusato di concorso esterno con la ‘ndrangheta e secondo la Dda, egli era fi fatto al servizio della cosca, in particolare, si sarebbe messo a disposizione fornendo veicoli e apparecchiature tecniche nella sua disponibilità al fine di garantire “libertà di movimento e bonifiche del territorio da possibili microspie”.

Il militare, inoltre, avrebbe informato su attività di indagine nei confronti di taluni affiliati o di disattendere i domiciliari a cui alcuni di essi erano sottoposti, omettendo di denunciare la sistematica violazione delle prescrizioni.

Sono tutti indagati per concorso esterno in associazione mafiosa e per i reati di corruzione e atti contrari ai doveri di ufficio.

Ho come la sensazione che la capacita dello Stato di prevenire i reati, non si sia mai evoluta!!!

Non so voi, ma il sottoscritto in questi trent’anni non ha visto alcun cambiamento positivo per quanto concerne la crescita di legalità…
Nel chiarire meglio questo concetto, ho come la percezione che le azioni adottate dalle nostre Istituzioni nei confronti della criminalità organizzata, non abbiano  portato a una concreta riduzione dei reati nel nostro Paese.

Già… quel cosiddetto “contrasto” alla illegalità, non ha determinato nei fatti quel cambiamento radicale tanto desiderato, in particolare nelle coscienze dei cittadini, come d’altro canto potrei dire che le dotazioni tecnologiche poste in campo dalle forze dell’ordine, non hanno minimamente spostato in modo ragguardevole o quantomeno decisivo (a favore proprio di quest’ultimi) gli equilibri posti in campo, dimostrando che quanto utilizzato dalla struttura delinquenziale nell’esercizio delle proprie funzioni, è rimasto inalterato!!!

Viceversa mi è sembrato che con il passar degli anni, i reati siano aumentati ed abbiano coinvolto sempre più settori, anche quelli che prima venivano da quell’associazione criminale scartati; viceversa, posso affermare che vi è stata una rilevante riduzione nel contrasto alla criminalità organizzata, dove – a esclusione del periodo buio vissuto nel periodo delle stragi – ho visto affrontare (dai vari governi nazionali) in maniera certamente labile, quella necessaria intransigenza!!!

Quei fatti gravi, hanno provocato nella società civile un’atteggiamento di sfida e di dissenso, già… quel momento storico ha alimentato un’intensa energia emotiva, la stessa che è stata capace d’influenzare le decisioni del governo, obbligando quest’ultimo a un cambio di rotta, considerato peraltro l’inerzia fino ad allora adottata da tutti i governi nazionali, gli stessi che proprio sulla “giustizia” hanno evidenziato ancora oggi d’aver miseramente fallito!!!

D’altronde fateci caso, i Tg nazionali non aprono più le loro edizioni parlando di reati, di corruzione nella pubblica amministrazione, di tangenti negli appalti, di politici corrotti, nessuno più si preoccupa dei fondi esigui destinati alla sicurezza o al controllo del territorio nel nostro paese… 

Il pensiero generale è quello che: “Va bene così… d’altronde ciò che si può fare si fa, il resto… va da se”!!!

La partita tra magistrati finisce 3-1: ma incredibilmente a vincere è l'ingiustizia!!!

Sig. Costanzo buongiorno,

le scrivo perché penso sia uno dei pochi a cui oggi ci si può rivolgere per far emergere circostanze gravi che evidenziano ancora una volta come la nostra giustizia sia nelle mani di nessuno o quantomeno che chi è preposto per far emergere la verità e dimostri con i fatti come giustizia venga compiuta, non si dimostri viceversa colluso con quel “sistema” malato, di cui abbiamo letto fino a poco tempo fa nelle nostre cronache giudiziarie.  

La vicenda che sto per raccontarLe rappresenta qualcosa di assurdo e dimostra come i giudici dei nostri tribunali cambino giudizio a seconda dei magistrati che si occupano di quel nostro procedimento. 

Difatti, quanto finora accaduto è diventato per la sottoscritta e soprattutto per molti altri amici, insostenibile!!!

Non si può accettare che dopo ben 3 ordinanze/sentenze emesse dai Giudici del Tribunale di Messina (                                                 ), in un altro procedimento, un’altra Giudice (                              ) possa controvertere il giudizio e l’operato fin qui svolto dai suoi precedendi colleghi.

La circostanza inquietante è che quanto finora accaduto si riferisce ai procedimenti in sede civile, ma ciò che rende ancor più grave il contesto, è quanto accaduto in sede penale, dove incredibilmente (con indagini in corso a seguito di denunce presentate dalla sottoscritta alla Gdf e alla Pg) viene improvvisamente sostituito il PM con una collega (                                                    ), tra l’altro già nota alle cronache in quanto citata nel cosiddetto “Sistema Palamara”!!!    

Vedasi link:                                                                                                                     

Questo Magistrato senza tener conto del giudizio precedente dei suo colleghi, è riuscito ad archiviare una parte del fascicolo (anche se in effetti ha tentato di archiviare tutto il fascicolo), vorrei aggiungere una nota gravissima e cioè che al suo interno sono visibili tutte le relazioni della GDF che ha in carico le indagini e la sottoscritta – senza alcuna censura – è riuscita in maniera tranquilla, a causa di un sistema operativo che definirei “superficiale” all’interno di quell’ufficio” del Tribunale di Messina, pagando solo €. 28.00, averne copia (all’incirca 250 pagine), nelle quali erano presenti documenti sensibili, le confermo che si è provveduto a fare un esposto sulle metodologie di archiviazione fin qui adottate. 

Ma d’altronde non vi è tanto da meravigliarsi, che il Tribunale di Messina sia uno posto ambiguo dove molti pentiti hanno evidenziato problemi di talpe, massoneria, intrecci gravi, è noto a tutti ed io in questa disamina non aggiungo nulla di nuovo: https://www.youtube.com/watch?v=AJQvHxzAEtc

Tra l’altro (essendo una sua assidua lettrice) vorrei ricordare come anche Lei ne parlò in un suo precedente posto: http://nicola-costanzo.blogspot.com/2022/02/la-massoneria-mafiosa-messina-parla.html

Comunque per sintetizzare, la nostra storia inizia da un semplice controllo contabile, per poi scoprire come dietro vi fosse uno scenario inquietante a causa di un “sistema” consolidato con ramificazioni impensabili.

Quanto sopra ha prodotto non solo un enorme danno erariale, ma presenta reati di peculato, frode, raggiro e sottomissione di privati cittadini, parliamo di somme che si aggirano intorno al 1.700.000 euro e che vedono esposti (sin dal 2017) presentati presso Catania e Messina, ma non solo, durante questo periodo è emerso come il “meccanismo” posto in atto, risulti essere esteso anche in altre realtà come la nostra. 

Pertanto auspico che il suo Blog Lei ed altri noti programmi televisivi che abbiamo (insieme a Lei) proprio in questi giorni contattato, possano occuparsi in maniera analitica di questa vicenda, affinché ci si incontri, unitamente ai nostri avvocati (civilisti e penalisti), per poterVi fornire tutta la documentazione di cui in questa mia missiva, solo per brevi linee ho accennato. 

Siamo un gruppo di cittadini perbene, che vorrebbero ricevere un po’ di giustizia in un sistema che finora si è dimostrato certamente iniquo, se pur va detto, abbiamo sempre fatto i passi corretti e mi riferisco alle procedure richieste sia civili che penali, agli esposti presentati nelle Procure Generali, cui sono seguite vari esposti presso le GDF, i VV.FF., le ASP, vari Comuni interessati alla vicenda, ma tutti, in particolare questi ultimi, hanno evidenziato di preferire metter la testa sotto la sabbia (oppure dovrei malignamente pensare che anch’essi sono parte integrante di quel sistema?).

Chissà se con il Suo aiuto e aspettando quei noti giornalisti a cui sono state mandate a mezzo Pec le nostre comunicazioni, provino finalmente a far emergere quanto in questi anni è accaduto e ancora oggi accade, affinché si possa finalmente mettere la parola fine ad una vicenda che ormai rasenta per la giustizia di questo nostra Paese il ridicolo!!!

Ringraziando, per l’attenzione

Firmato (                                 ).

Quanto siamo ancora disposti a sopportare…

Mi permetto di pubblicare un estratto di una comunicazione ricevuta, già preceduta da parecchi esposti!!!

Ieri in Tv ho visto un servizio di una operazione condotta dalle forse dell’ordine in cui dei lavoratori erano costretti a tornare dei soldi della loro paga ai datori di lavoro….

Avete messo fine a tutto ciò, bene, ma mi chiedevo, ma quei Signori che per anni sono stati pagati mensilmente in nero con assegni del                        per una pseudo collaborazione               , oppure quei pseudo collaboratori esterni, mai ufficializzati                                 pagati con assegni                             o quei muratori licenziati (percettore di disoccupazione), che continuano ad operare nella medesima struttura sempre a nero per il                              percependo denaro che viene sì giustificato, ma su semplici fogli di carta e ancora, quei professionisti che senza rilasciare fattura ricevono somme di denaro ingiustificate, il tutto accertato da un                                                             . 

L’altro giorno                                                         

Ora, capisco che                                        ma mi chiedevo i soldi non sono forse sempre soldi, i reati pure???

Certo stamani pensavo siamo in Italia dove attualmente non abbiamo un Governo, siamo in Sicilia dove le regole vengono spesso infrante, dove l’ex Presidente dei beni confiscati, magistrato Saguto, è stato appena condannato, dove vige la legge del più forte e dei mafiosi che si fanno compagnia con i Massoni che esercitano il loro potere senza neppure nascondersi e poi ci sono i cittadini… i quali, se non si adeguano vengono vessati, perseguitato e talvolta ahimè uccisi!!! 

Quello di oggi e questa email non sono uno sfogo, ma oggi dobbiamo decidere tutti insieme, Voi compresi: quale scenario siamo ancora disposti a sopportare e se forse, non sia giunto il tempo, di intraprendere un percorso più duro e risolutivo che possa ridarci dignità???


Denunciate, denunciate e se vi resta ancora un briciolo di dignità: DENUNCIATE!!!

Come riportavo ieri, i militari del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Messina hanno dato esecuzione ad un’ordinanza di sottoposizione agli arresti domiciliari, emessa dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Patti, nei confronti di un direttore dei lavori di un cantiere, indagato ora per concussione (art. 317 cp).

Il provvedimento cautelare era stato adottato sulla scorta delle risultanze delle investigazioni condotte dai Finanzieri della Tenenza di Sant’Agata di Militello, unitamente agli specialisti del Gruppo Investigazione Criminalità Organizzata del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria di Messina, coordinati dalla Procura della Repubblica di Patti.

Il G.I.P. ha successivamente riqualificato il reato, inizialmente ipotizzato come concussione (art. 317 cp), in quello di tentata induzione indebita a dare o promettere utilità (artt. 56, 319 quater cp).

Secondo le ipotesi dell’accusa, che dovranno naturalmente trovare conferma nei successivi gradi di giudizio, sono stati accertati alcuni episodi commessi da un ingegnere, con la qualifica di direttore dei lavori il quale, nell’ambito dei “lavori di consolidamento di un costone roccioso oggetto di precedenti frane” e abusando dei propri poteri (derivanti dal ruolo ricoperto), a più riprese, tentava di convincere un imprenditore incaricato dell’esecuzione dei lavori a commettere frodi contrattuali nei confronti dell’ente appaltante, pretendendo da quest’ultimo somme di denaro, beni ed altre utilità, per fini strettamente personali…

Ciò che più mi ha interessato della vicenda di cui sopra, è la tipologia dei lavori da effettuarsi, quali ad esempio le paratie in calcestruzzo sostenuti da barre d’acciaio infisse nella roccia e tutte le opere connesse, quali scavi, tubazioni, opere di drenaggi, etc, dirette a consolidare quel costone roccioso…

Ho letto sul web che le investigazioni hanno interessato anche intercettazioni telefoniche, ambientali ed operazioni di video-sorveglianza, che ora costituiscono le prove che hanno fatto emergere la propensione dell’indagato a servirsi della funzione pubblica a lui attribuita, per scopi di personale arricchimento…

Ora so bene come in molti stanno puntando l’indice verso questo direttore dei lavori – che naturalmente avrà tempo per dimostrare le propria non colevolezza, e sono già pronti con la pietra in mano per scagliarla contro di esso se solo ne avessero l’occasione…

Già… ma vrrei dire a questi cosiddetti “giustizialisti” e a tutti gli altri… di tutti coloro che costantemente compiono azioni riprorevoli come quelle di cui sopra, cosa ne facciamo??? 

Sì… fintanto che gli imprenditori sono parte collusa di quel sistema come si pensa di andare avanti???

Cos’è… forse speriamo che altri compiano il nostro dovere, nel caso specifico gli uomini della Gdf di Messina o i loro colleghi???

Ma di quante GDF abbiamo allora bisogno, perché tutti ormai sanno come questo sistema dei lavori pubblici è totalmente marcio e sono pochi – già si contano sulle punta di una mano, sì… due sono fin troppe…- che si salvano, che non fanno parte di quell’organico chiamato “cosa nostra“, che non si prestano quotidianamente a collusioni e concussioni, che non concendono mazzette e non si fanno corrompere, pur di volersi aggiudicare un lavoro…

Ed ancora, cosa dire di quegli Enti pubblici, di quei loro referenti, di quanto sono incaricati a controllare la regolare esecuzione delle opere, tra l’altro vorrei ricordare come queste sono destinate a finalità collettive e quindi a tutti noi…

Ma come ripeto spesso, fintanto che i controlli iniziano solo dopo che qualcuno ha denunciato, dover apsettare qualcuno che si distacchi da questo paese omertoso…difficilmente potremmo vedere un bagliore di legalità…

Bisogna ripartire dalla “sperequazione finanziaria“, solo controllando i movimenti di entrate e uscita di tutti i familiari si può comprendere quanto sta accadendo sotto il profilo gestionale all’interno di quella famiglia…

Perché non sono gli incassi dichiarati o giacenti presso i c/c bancari o postali, no… per verificare quell’ambito familiare si dovranno verificare i costi sostenuti durante gli anni…

Basterà ad esempio osservare gli immobili posseduti, le auto e/o le minicar a disposizione, i viaggi compiuti negli anni, gli alberghi e i resort frequentati, i voli sostenuti, i giorielli acquistati, i master universitari ed anche i corsi professionali, le barche e via discorrendo, tutto serve per comprendere quale reale attività fraudolenta viene di fatto compiuta in maniera celata, già… grazie agli incarichi ricevuti!!! 

Non dimentichiamo infine che proprio questi soggetti sono gli stessi che mettono a richio ciascuno di noi, perché d’altronde sono le nostre vite sono ad essere messe a  repentaglio…

Questi individui infatti, invece di porre in sicurezza le autostrade, le strade provinciali e/o comunali, i viadotti, tutte le infrastrutture o come nel caso specifico i costoni rocciosi ad alto rischio idrogeologico, questi soggetti pensano esclusivamente ai propri interessi, mettendo a repentaglio noi, i nostri familiari, amici ed ahimè anche quanti risultano a noi estranei, ma pur sempre persone sono!!!

E’ tempo per ciascuno quindi di fare il proprio dovere e invece di perdere tempo in quelle pagine social inutili, ciascuno ha il dovere di denunciare e dichiarare quanto a sua conoscenza direttamente alle forze dell’ordine, perché solo così si può curare quest’infetto paese, dando speranza così alle persone perbene…

Un plauso quindi all’impegno costante delle Fiamme Gialle, in particolare nell’ambito a tutela della spesa pubblica ma anche al contrasto dei reati compiuti non solo dalla criminalità organizzata nei confronti della Pubblica Amministrazione, ma anche di tutti quei soggetti corrotti e predisposti a non voler garantire il regolare svolgimento degli appalti e di tutto ciò che rappresenta il settore pubblico, solo ed esclusivamente per ottenere vantaggi personali a scapito della collettività e della sicurezza pubblica!!!

Chissà, non è forse giunto il tempo d’iniziare a pensare per questi ladri e farabbutti, alla “legge del taglione”!!!

Una giustizia scarsamente attenta ai diritti dei più deboli e molto sensibile nei confronti dei più forti!!!

Sarà una coincidenza, ma casualmente da quando esiste questo governo “Draghi-Mix” ho come la sensazione che la nostra giustizia si sia un po’ rammollita… 

Per meglio chiarire questo mio pensiero, dopo anni e anni d’inchieste giudiziarie, una montagna di documenti, intercettazioni, dichiarazioni, etc… ecco che tetto finisce incredibilmente  nel cassonetto dei rifiuti, quelli “indifferenziati” (già perché non portano con se soltanto carte…)  e le persone che per anni erano state incriminate, ora improvvisamente vengono prosciolte, con la formula ampiamente liberatoria di “non aver commesso il fatto“!!!

Ed allora mi chiedo, perché non facciamo pagare tutti quei costi sostenuti – aggiungerei inutilmente, visto l’esito finale – a quei referenti della nostra giustizia???

Già… a cosa sono serviti tutti quei dibattimenti se poi la fine doveva essere questa???

Ecco, qualcosa di certo in questa nostra giustizia non funziona, oppure debbo credere che funzioni talmente bene da giustificare qualsiasi forma deviante, già evidenziata in questi anni attraverso i privilegiati collegamenti d’interdipendenza tra soggetti giudicanti e soggetti incriminati, tra individui influenti della nostra società e quanti incaricati d’analizzare quei loro illegali comportamenti, che vengono ora incredibilmente considerati quali vittime di un sistema coercitivo…

Ecco quindi che anni di storia, d’incriminazioni, di vergognose inchieste giudiziarie, di reati perpetrati, trasformano in un battito di ciglia quei soggetti in vere e proprie “vittime”!!!

Già… potrei dire che sia nato in questi mesi un nuovo concetto di “vittimologia” che tende ora ad identificare quegli individui in innocenti, quasi fossero stati bersagliati e di conseguenza danneggiati da atteggiamenti di vera e propria persecuzione, allo scopo di stroncare qualsivoglia loro influenza personale o ancor di più politica…  

Oggi però quel tempo è cambiato, come vediamo nel governo nazionale vanno tutti d’amore e d’accordo e il Presidente Draghi in questo è un maestro d’orchestra (d’altronde punta alla Presidenza della Repubblica…), compiacendo una volta l’uno e una volta l’altro, trasformando e con essa mutando anche quella devianza un tempo considerata illegale, ma che ora – grazie ad una forma di condono generalizzato –  è divenuta, sia pur illecitamente, condizione fondamentale per riapparire nuovamente “limpidi” in questa nostra società. 

Quanto sopra ha di fatto comportato una vera e propria trasformazione delle coscienze, in particolare nei cittadini che come fossero stati colpiti da un’amnesia, riprendono in maniera fisiologica da dove avevano a suo tempo lasciato, divenendo ora improvvisamente garantisti e accettando questo nuovo concetto espresso di “vittimologia”, prendendosela con tutto ciò che rappresenta l’ordine pubblico e le stesse istituzioni che a loro dire, hanno volontariamente sbagliato nel prendersela con chi era innocente…

Siamo passati quindi dal tirare le monete ad una totale rivisitazione della storia, in particolare ora grazie a una intercorsa tolleranza della nostra politica, si è dato il via a una profonda azione garantista, che sta portando al progressivo scomparire di un’equa giustizia sociale, che permette di disconoscere nei fatti le ragioni dei cittadini a scapito sempre dei personaggi più celebri e soprattutto ricchi di questo paese…

Una giustizia quindi non più in grado di occuparsi dei diritti delle persone offese, ma divenuti garanti delle regioni dei più forti e come conseguenza diretta assistiamo a quanto sta accadendo, vedasi i reati a carattere personale e/o collettivi, quelli ambientali ma anche a quelli connessi ahimè all’ambiente lavorativo!!!

Ma questa si sa… è un altra storia!!! 

Catania… e ahimè i forti dubbi che restano in ciascuno di noi "catanesi", su tutte quelle eventuali fughe di notizie!!!

Sembra una di quelle storie che non trova mai fine… 

Già assomigliano a quelle serie tv a cui ultimamente mi sono dedicato (ma credo di non essere il solo…) – causa le limitazioni imposte dai continui DPCM – che danno l’impressione allo spettatore di concludersi ma contrariamente a quanto si era creduto, proprio nel momento in cui si è giunti alla fine di quegli episodi, si scopre come la serie non si sia conclusa, ma bensì continui con nuovi episodi che danno il via ad una inedita stagione…

Ecco perché paragono quanto pubblicato dal quotidiano “La Sicilia” alcuni giorni fa, come una di quelle serie Tv, dove –  per come riporta perfettamente il giornalista Mario Barresi – sembra di esserci immersi in un genere  romantico “vouyeuristico-letterario”:

Il rapporto di amicizia che legava Luca Palamara a Renato Panvino è ormai un dato assodato della cronaca giudiziaria, con paginate negli scorsi mesi sui giornali nazionali. 

La novità, adesso, è che nell’informativa del Gico della guardia di finanza di Roma, uno degli atti sfoderati dai pm di Perugia per contestare ipotesi di reato ben più gravi all’ex ras delle toghe, più di 100 pagine (sulle 165 complessive) sono dedicate all’ex capo centro della Direzione investigativa antimafia di Catania. Il quale non è fra gli indagati ed è stato sentito, a lungo, domenica scorsa come persona informata sui fatti.

Perché è così preponderante il peso di Panvino per chi vuole dimostrare che Palamara sia stato, fra l’altro, l’artefice della fuga di notizie nell’inchiesta della Procura di Messina sugli intrecci corruttivi del sistema Siracusa? 

Il compendio probatorio (178 contatti telefonici dal 15 maggio 2017 al 1° marzo 2019; migliaia di messaggi WhatsApp; vacanze assieme, alcune delle quali pagate dall’imprenditore Fabrizio Centofanti, fra gli imputati davanti al gup di Perugia) è quasi tutto riversato dal fascicolo originario.

Ma nell’ultima ricostruzione del Gico, depositata al pm Mario Formisano meno di una settimana fa, ci sono un paio di elementi nuovi. Il primo è la testimonianza di Bonaventura Candido prestigioso avvocato messinese, difensore dell’ex pm Giancarlo Longo nel troncone principale dei processi sul “sistema Siracusa”. 

Sentito lo scorso 9 febbraio, Candido, dopo aver ammesso i suoi contatti con Piero Amara (grande accusatore del procuratore generale di Messina, Francesco Barbaro, che smentisce con forza ogni coinvolgimento nella vicenda), a un certo punto Candido ricorda che lo stesso Amara «faceva riferimento ad una persona della polizia giudiziaria che lavorava a Messina che gli faceva pervenire delle informazioni sulle indagini. 

Tale persona, a suo dire, era un uomo che proveniva dalla zona di Catania o era residente nella zona Catania». 

Ma chi lo interroga gli fa una domanda specifica: «Amara le parlò mai del dottor Panvino?». La risposta di Candido, a questo punto, è più esplicita: «Ora che me lo dite, ricordo che di questa persona Amara mi parlò in più circostanze ed è la persona di cui ho fatto menzione in precedenza. Mi disse che aveva un rapporto personale con lui e che aveva da tale persona informazioni sulle indagini. Diceva che aveva un canale a Roma ed uno sul posto. Nel mio ricordo – prosegue il verbale dell’avvocato Messinese – tale ufficiale era il canale attraverso il quale lui cercava conforto e riscontro su ciò che proveniva da Roma».

Candido conclude ricordando che Amara «mi riferiva che Panvino era una persona di primo piano e di lui mi parlava spesso come fonte delle sue conoscenze sull’andamento delle indagini».

In una memoria, il giorno dopo essere stato sentito dai pm, l’avvocato in parte ritratta. «Devo, però, doverosamente precisare che in quella occasione (cioè quando Amara gli avrebbe parlato delle indagini, «tutta fuffa», attribuendo la definizione a un colloquio fra Barbaro e Palamara, riferitogli da Centofanti, ndr) non ricordo che Amara fece esplicito riferimento a Panvino, né che utilizzò il termine “fuffa”».

Amara, nel verbale d’interrogatorio citato (con molti “omissis”) nell’informativa, non parla mai di Panvino. E c’è un altro particolare che smentirebbe l’utilità del dirigente di polizia come “corvo”. Nell’inchiesta romana sulle sentenze pilotate al Consiglio di Stato, infatti, viene arrestato maresciallo dei carabinieri, Francesco Loreto Sarcina, ex Aisi. Ed è proprio Amara a incastrarlo. Nell’interrogatorio del 17 luglio 2018 riferisce dell’amicizia di Calafiore con «tale Francesco o Franco, un dipendente della Presidenza del Consiglio dei ministri» che «aveva loro riferito notizie interne alle indagini e consegnato l’informativa del 15 settembre 2017 in formato word». L’avvocato avrebbe incontrato l’ex 007 tre o quattro volte. «Ci disse che ci avrebbe tolto dai guai sia per l’indagine di Messina sia per quelle di Roma avvalendosi di suoi uomini». 

Ma Panvino è citato in un altro atto inedito, firmato da un magistrato. Cioè Antonio Carchietti, fra i pm impegnati proprio nell’indagine sul sistema Siracusa. La nota è del 29 marzo 2018. E racconta un episodio di due giorni prima nel carcere romano di Regina Coeli, subito dopo l’interrogatorio di Amara. Il cui legale, Angelo Mangione, rientra nella stanza e chiede «espressamente» a Carchietti e al procuratore capo Maurizio de Lucia «che non venisse fatto cenno alcuno, all’indirizzo del dott. Renato Panvino, in ordine che l’Amara potesse valutare l’adesione ad una scelta processuale incentrata su contegni latu sensu collaborativi ai fini del più ampio accertamento dei fatti». Tradotto dal magistratese: l’avvocato Mangione chiede ai pm di Messina di tenere all’oscuro il capo della Dia rispetto al “pentimento” di Amara. 

E questa circostanza richiama alla memoria di Carchietti un episodio risalente agli «ultimi mesi dell’anno 2017», poco dopo perquisizioni e sequestri sul sistema Siracusa. Panvino, scrive il pm «venne insieme a un suo collaboratore, di cui non ricordo il nome» e «manifestò l’intenzione di salutarmi» e «successivamente “condusse” il discorso sulla vicenda Siracusa». 

Il capo della Dia ha dell’indagine una «conoscenza embrionale», risalente all’epoca in cui gli otto magistrati aretusei presentarono un esposto da cui partì tutto, tanto più che Barbaro, all’epoca procuratore facente funzione, sostiene Carchietti, «chiese al dott. Panvino, alla mia presenza, la disponibilità della Dia di Catania per lo svolgimento dell’attività d’indagine». Ma lui, visto «l’elevato carico di lavoro» già in corso, rifiutò. 

Una circostanza incompatibile, al dire il vero, con chi avesse intenzione di mettere le mani su un’inchiesta in cui erano coinvolti gli amici del suo amico Palamara, dai quali – come lo stesso Panvino avrebbe rivelato ai pm di Perugia – ha provato più volte a metterlo in guardia, «perché non mi ispiravano fiducia» e dunque «gli consigliavo di frenare». Carchietti, nella nota inviata mesi dopo l’insolita visita («mai aveva assunto l’iniziativa di passare a salutarmi») definisce «singolare» il discorso del suo interlocutore che «innestò una più ampia riflessione il cui nucleo concettuale, che mi parve palesarsi come la vera ragione della “visita”», starebbe «nell’importanza di orientare il convincimento investigativo su dati certi e non su “suggestioni” derivanti da mere situazioni conflittuali». 

Il pm, nella nota di fine marzo 2018, scrive che «non ho più avuto occasione di incontrare il capo centro». Alla Dia di Panvino, nei mesi successivi, la Procura di Messina affiderà almeno due deleghe delicate, entrambe riguardanti le toghe: una sul depistaggio di via D’Amelio, una su un presunto abuso d’ufficio nel Ragusano a carico di un magistrato catanese.

E qui si arriva al punto finale. Panvino, trasferito a Nuoro nel maggio 2019, è uno “sbirro” dal curriculum importante, arricchito da operazioni su mafia e colletti bianchi nei suoi cinque anni in Sicilia tanto da far coniare la definizione di “modello Catania” per il lavoro alla Dia. 

È “colpevole” di un’amicizia a tratti sin troppo stretta con Palamara (fino a chiedergli, nelle chat, anche qualche “aiutino” per la sua carriera), all’epoca il più potente magistrato d’Italia, legato a un imprenditore, Centofanti, frequentatore di ministri e importanti pezzi dello Stato. Nelle carte, certo, ci sono tante suggestioni. 

Le foto a Ibiza, i conti di alberghi e ristoranti, le feste di compleanno e le chiacchierate complici anche sui politici. 

C’è anche l’ormai arcinota vicenda dell’anello acquistato da Panvino, in parte anticipando soldi suoi, in una gioielleria di Misterbianco (curiosamente la stessa scelta da Luigi Di Maio come tappa etnea nel suo tour elettorale, il 25 ottobre 2015, fra le «eccellenze siciliane») su commissione di Palamara che doveva regalarlo all’amante Adele Attisani.

Eppure il dirigente di polizia finora non risulta coinvolto nell’inchiesta di Perugia. Che però adesso fa un salto di qualità, con le nuove accuse all’ex dominus del Csm sulle fughe di notizie a Roma e a Messina. E in questo contesto gli investigatori inseriscono una certa mole di atti (molti dei quali già conosciuti) riguardanti «il ruolo» di Panvino e i suoi «rapporti» con Palamara e Centofanti, «il Piccoletto» nelle chat.

Ma la verità, a questo punto, si trova a un bivio. Panvino, ricordato a Catania come un poliziotto di rango, oltre ad avere frequentazioni ex post pericolose, è davvero sospettabile di essere la talpa di indagini delicatissime? Oppure, non essendo coinvolto in prima persona nell’indagine sulla fuga di notizie sull’asse Messina-Siracusa, la grande attenzione giudiziaria (e poi anche mediatica) su di lui nasconde qualcosa di diverso. 

Magari, come sospetta sotto il Vulcano chi lo conosce bene, una postuma resa dei conti per alcune indagini della sua Dia, che, guarda caso proprio a Messina, hanno toccato i fili ad alta tensione della massoneria. 

Che nella sponda siciliana dello Stretto accomuna, talvolta con legami di parentela, potenti dentro i più svariati palazzi. Compresi quelli frequentati, per lavoro, dallo stesso Panvino.