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Larry Fink: il filosofo del capitalismo che investe in tutto e il contrario di tutto – Seconda Parte

Per capire quindi BlackRock, dobbiamo guardare alla figura che ne è il volto e la mente: il suo fondatore e CEO, Larry Fink.

Già, la sua storia personale rappresenta difatti la chiave per interpretare le apparenti contraddizioni di quella sua società.

Sembra che un enorme errore finanziario, commesso da giovane, lo rese ossessionato dal rischio, sì, un’ossessione che ha plasmato la cultura di “BlackRock”, trasformandola nel pilastro di stabilità che è diventata oggi.

Ma Larry Fink è molto più di un manager; sì, potremmo definirlo un filosofo del capitalismo moderno.

Le sue lettere annuali ai CEO di tutto il mondo sono attese come documenti programmatici che lanciano grandi tendenze, mi riferisco all’importanza della sostenibilità (ESG) e al futuro delle criptovalute.

Ed è qui che nasce il paradosso più intrigante. Fink è il grande promotore di un capitalismo responsabile e con uno scopo sociale, eppure la sua società, BlackRock, rimane ahimè il più grande investitore al mondo in compagnie di combustibili fossili e soprattutto uno dei principali finanziatori dell’industria bellica.

Certo, leggendo ora quanto sopra, molti di voi si stanno chiedendo se questo comportamento non possa paragonarsi a un’ipocrisia, ma la verità è che esso è lo specchio di una missione duplice: da un lato spingere per un cambiamento a lungo termine, dall’altro adempiere al mandato primario di generare rendimenti per quella sua clientela, non solo vastissima, ma certamente con obiettivi diversi.

Ma non solo, il suo potere si misura anche nella fiducia che molte istituzioni gli ripongono. Ad esempio, durante le crisi, dai subprime del 2008 al crack bancario del 2023, sono state la Federal Reserve e i governi a chiamare BlackRock per gestire le operazioni più delicate, affidando a essa, già, attore privato, compiti di stabilizzazione pubblica.

Ecco perché Fink siede ai tavoli del “World Economic Forum” e incontra regolarmente i leader di tutto il mondo, un accesso certamente privilegiato che gli permette di plasmare il dibattito economico globale.

E allora ritengo che la questione più importante non è se un uomo d’affari stia tessendo da tempo una delle più grandi cospirazioni mondiali, bensì se noi, come società, siamo diventati “comfortable”, e cioè che un numero sempre più ristretto di attori privati, per quanto potremmo definire “illuminati”, detengano un’influenza così profonda, sia sulla stabilità economica, che sulle scelte etiche del nostro futuro.

Per cui la vera sfida non sta nel comprendere cosa sia BlackRock e cosa si celi dietro le manovre di Larry Fink, bensì cosa possiamo fare noi, come cittadini e investitori, per avere una maggiore trasparenza e soprattutto coerenza, usando quindi quel po’ che ci resta come potere per orientare il sistema verso una direzione che rifletta davvero i nostri valori, senza quindi dover ancora dipendere da scelte più o meno giuste, ma certamente di altri.

Il Medio Oriente e l’eterno fallimento americano: già… quando le “nuove strade” portano sempre allo stesso vicolo cieco!

Sono anni che si sussurra di una “nuova strada” americana in Medio Oriente, ma la realtà è che ogni amministrazione ripete lo stesso copione fallimentare, rivestito solo di nuovi slogan.

Quando Trump, a maggio di quest’anno, ha sventolato accordi per 1.400 miliardi di dollari con Arabia Saudita, Emirati e Qatar, promettendo una rivoluzione negli equilibri regionali, ha solo riciclato la retorica di Obama nel 2009: grandi proclami, pochi fatti.

Qual è oggi la differenza? Nessuna. Sì, mentre Obama annunciava il disimpegno con un linguaggio conciliante, Trump ha imballato quelle vecchie promesse in un nuovo pacchetto regalo, con un involucro più aggressivo, ma alla fine la sostanza è rimasta immutata.

Eppure tutti i media – sottomessi e pilotati dalla politica Usa (basti osservare quanto accade oggi attraverso le decisioni messe in atto dal nostro governo…) – hanno celebrato il discorso tenuto a Riad come una svolta epocale, dimenticando (o volendo ignorare) che la storia in Medio Oriente si ripete ormai con imbarazzante regolarità.

E infatti, riprendendo il nervo pulsante di questa “nuova strategia” americana, si scopre quanto essa rappresenti di fatto un paradosso: attirare capitali dal Golfo mentre quei stessi Paesi cercano disperatamente di diversificare le proprie economie.

I numeri proposti sono astronomici, ma in fondo privi di sostanza!

Il Qatar, ad esempio, promette investimenti quintuplicati rispetto al suo PIL, mentre l’Arabia Saudita raddoppia magicamente il budget militare per acquistare armi USA, e infine gli Emirati annunciano il più grande campus di intelligenza artificiale al mondo fuori dagli Stati Uniti.

Peccato però che nel 2017 questi stessi protagonisti abbiano portato a termine soltanto il 20% degli accordi prefissati. Difatti, con il petrolio a prezzi più bassi e il Fondo Sovrano Saudita (PIF) che riduce le esposizioni negli asset americani, anche gli investitori arabi, pieni di petrodollari, sembrano meno entusiasti di questa pseudo-partnership.

E così, mentre Washington e i Paesi ricchi del Golfo giocano a poker, rilanciandosi con cifre da capogiro, una parte di quel Medio Oriente continua, ahimè, a bruciare e a perdere vite umane.

Lo stesso presunto accordo nucleare con l’Iran, che avrebbe dovuto portare stabilità in quell’area, ha di fatto riacceso la guerra per procura tra Teheran e Riyadh, cui si sono aggiunte Siria, Yemen, Libano e la striscia di Gaza.

E così l’Iran, dopo essersi liberato delle sanzioni, ha cercato di rafforzare la propria leadership con i gruppi militari di Hezbollah, Houthi e Hamas, mentre l’Arabia Saudita ha risposto stringendo ancor più il legame con gli Usa e finanziando i tanti gruppi sunniti.

Nessun Paese arabo sembra volersi muovere. Restano tutti a guardare, senza prendere posizione o intervenire, per non restare coinvolti in conflitti che non vogliono. E così, quelle note “primavere arabe”, nate per portare democrazia, alla fine si sono trasformate in un incubo.

Difatti, la Tunisia, un tempo modello di transizione pacifica, oggi vede fuggire migliaia di giovani verso le nostre coste. L’Egitto è tornato a essere una dittatura militare. La Libia e lo Yemen sono inghiottiti da guerre civili. E per finire, la Siria e il territorio palestinese sono ormai un mosaico di macerie e distruzione.

Nessuna rivolta è stata capace di stravolgere gli equilibri, e soprattutto, la mancata presenza di una classe dirigente capace ha impedito di ribaltare i governi in atto, i quali hanno immediatamente represso nel sangue quei tentativi di cambiamento.

E l’Occidente, nel frattempo, sta a guardare. Sì, promuove di voler sostenere il cambiamento, ma alla fine ha preferito allearsi con chi garantiva una stabilità almeno illusoria, ben sapendo che, il più delle volte, alimentava gruppi terroristici.

Ecco, forse è qui il fallimento più grande: nell’incapacità di imparare dal passato. Gli Stati Uniti e il loro attuale Presidente sono convinti che basti sostituire un alleato scomodo con un altro, come se il problema fossero i singoli attori e non il sistema stesso.

Già, Trump punta tutto sui dazi, sugli investimenti miliardari obbligatori per il suo Paese, ma anche sull’acquisto di armi prodotte dai suoi amici industriali. Parliamo di società tra le più ricche del mondo, come Lockheed Martin, RTX (Raytheon Technologies), Northrop Grumman, Boeing e General Dynamics, tutte aziende che prosperano grazie alla vendita di tecnologia militare.

E infine, per foraggiare quei suoi amici miliardari, utilizza le loro imprese per vendere ai Paesi arabi software, intelligenza artificiale e microchip, presentati come necessari per aggiornare la “sicurezza” contro le nuove minacce, il tutto in cambio di petrolio.

E così, mentre l’Arabia Saudita potenzia le sue difese missilistiche con sistemi come il THAAD e il Patriot, altri Paesi del Golfo ampliano la cooperazione militare con gli Stati Uniti. Nel frattempo, Abu Dhabi costruisce data center, Israele e Iran si scambiano missili, e la Palestina cerca di non scomparire del tutto dai radar.

Ecco perché ritengo che, senza una visione che vada oltre gli interessi immediati, ogni “nuova strada” proposta sarà soltanto l’ennesimo vicolo cieco imboccato in quel labirinto mediorientale.

La strana alleanza del Medio Oriente: quando nemici storici si uniscono (e la Bibbia lo aveva previsto).

La Turchia si trova oggi al centro di un intricato scenario mediorientale, dove le tensioni geopolitiche sembrano ripercorrere antiche profezie…
Il ministro degli Esteri turco Hakan Fidan ha lanciato un monito chiaro: qualsiasi tentativo di dividere la Siria verrà interpretato come una minaccia diretta alla sicurezza nazionale turca.

Questo avvertimento risuona come un’eco lontana delle parole di Ezechiele, che oltre 2500 anni fa predisse un’alleanza improbabile tra Russia, Iran e Turchia contro Israele.

Oggi, quelle stesse nazioni, storicamente divise da conflitti religiosi e politici, si ritrovano stranamente unite nel teatro siriano.

Israele, accusato da Ankara di fomentare la divisione in Siria, ha intensificato i suoi attacchi nella provincia di Sweida, colpendo obiettivi militari siriani sotto il pretesto di proteggere la comunità drusa. Questi sviluppi hanno scatenato proteste nelle alture del Golan occupato, dove i manifestanti chiedono le dimissioni del governatore siriano Abu Muhammad al-Jolani.

E così… mentre le tensioni sembrano autoalimentarsi, un drone israeliano ha preso di mira un convoglio di tribù siriane, lasciando morti e feriti. Nel contempo, le forze democratiche siriane, si rifiutano di consegnare le armi a Damasco, sostenendo che un accordo costituzionale sia l’unica via per integrare i curdi nell’esercito siriano.

Ma cosa unisce davvero Turchia, Russia e Iran in questa crisi? La risposta andrebbe ricercata nelle loro economie. Già… mentre il mondo vive un boom economico, questi tre paesi lottano contro sanzioni, inflazione e instabilità interna. L’Iran, con il riyal crollato dopo l’attacco d’Israele e Usa, vede i cittadini riversarsi sull’oro come ultimo rifugio. La Russia, minacciata dai giacimenti di gas israeliani nel Mediterraneo, teme di perdere il monopolio energetico in Europa. Ed infine la Turchia con Erdogan che si erge a mediatore tra Mosca e Kiev, cerca disperatamente di consolidare la sua influenza regionale.

Ezechiele descrisse una guerra scatenata dall’avidità di nazioni in crisi, pronte a saccheggiare le ricchezze di Israele. Oggi, la Siria sta diventando il campo di prova di quella profezia.

Nel frattempo Baku ha ospitato colloqui segreti tra funzionari siriani e israeliani, mentre le forze affiliate al governo di Jolani sono accusate del massacro di 1.426 alawiti. Il quadro è fosco, eppure sembra seguire un copione già scritto. La domanda che sorge spontanea è: stiamo assistendo all’inverarsi di una profezia biblica, o è solo una sinistra coincidenza dettata da calcoli politici ed economici?

La Turchia, sunnita, e l’Iran, sciita, hanno combattuto per secoli, eppure oggi condividono un nemico comune. La Russia, storicamente in conflitto con entrambe, ora le affianca in Siria. Israele, con le sue scoperte di gas e le sue ambizioni regionali, diventa il bersaglio perfetto per nazioni affamate di risorse.

Forse la vera profezia non è nella guerra, ma nella disperazione economica che spinge vecchi rivali a unirsi. Speriamo solo che il futuro riservi una pagina diversa da quella scritta millenni fa…

Trump potrebbe anche contribuire a porre fine al conflitto in Ucraina, ma una soluzione non si realizzerà prima del 2026!

Sì… Donald Trump è ora il 47° Presidente degli Stati Uniti!

In molti si chiedono se riuscirà a mantenere le promesse della campagna elettorale, riuscendo a convincere l’amico Putin a sospendere la guerra in Ucraina.

Tuttavia, in queste riflessioni, si dimentica un elemento cruciale: gli Stati Uniti, per il governo di Mosca, rappresentano ancora una nazione ostile, direttamente coinvolta nel conflitto contro la Russia. 

Per questo motivo, non basta un cambio di Presidente per stravolgere gli obiettivi militari già stabiliti, come sospendere le operazioni significherebbe abbandonare lo “scopo” iniziale di questa guerra e tradire le promesse fatte al Presidente ucraino Zelens’kyj.

Abbandonare ora il popolo ucraino in guerra e rinunciare al sostegno internazionale precedentemente offerto potrebbe compromettere del tutto la politica di Zelens’kyj. 

Tale “dietrofront” infatti isolerebbe l’Ucraina e potrebbe portare al potere un nuovo leader, forse più incline a nuovi compromessi con la Russia pur di ottenere rapidamente la pace; quest’ultimo potrebbe difatti accordare le concessioni territoriali richieste da Putin, abbandonando definitivamente tutte quelle aspirazioni di una modernizzazione dell’alleanza e della sicurezza europea.

In effetti, quanto è stato compiuto finora ha rappresentato una vera provocazione che ha eroso la fiducia con l’ex partner russo, da cui — ricordiamo — dipendiamo ancora anche noi, sì… per gas e petrolio.

L’eventualità di impedire l’ingresso dell’Ucraina nella NATO rappresenterebbe quindi una minaccia non solo perché non porterebbe alla fine del conflitto, ma rischierebbe di allargarlo, coinvolgendo anche quei paesi confinanti. 

Non va dimenticato inoltre come alla fine della Guerra Fredda, l’Unione Sovietica ricevette più volte rassicurazioni da Stati Uniti e Germania, in particolare che la NATO non si sarebbe mai estesa oltre i confini della Germania riunificata.

Come sappiamo, però, quella promessa non fu rispettata: dopo l’implosione dell’Unione Sovietica, quasi tutti i paesi ex-comunisti aderirono alla NATO, spingendo i confini dell’Alleanza fino alla Russia, che percepì questa espansione come una grave umiliazione.

Negli anni, paesi come Albania, Bulgaria, Repubblica Ceca, Estonia, Lettonia, Lituania, Macedonia, Polonia, Romania, Slovacchia, Slovenia e Ungheria sono entrati nella NATO e di recente, anche Finlandia e Svezia hanno presentato la propria candidatura, rinunciando alla neutralità; l’Ucraina stessa, già nel 2008, aveva avviato il processo di adesione.

Quindi, in questo scenario complicato, sperare che Trump possa ora “miracolosamente” risolvere la situazione appare irrealistico. 

Tuttavia, un cambiamento potrebbe essere possibile ma solo tramite concessioni territoriali e politiche significative per la sicurezza della Russia, compresa la revoca delle sanzioni internazionali. 

Ritengo quindi che solo con un’apertura economica — inclusa la ripresa delle importazioni ed esportazioni di beni essenziali, dai prodotti agricoli agli industriali — si potrebbe forse intravedere una via di uscita diplomatica, altrimenti una soluzione – vedrete –  non si realizzerà prima del 2026! 

Ok al decreto di salvaguardia per la raffineria siciliana Lukoil di Priolo.

E’ stato approvato dal Cdm il decreto per il salvataggio della raffineria siciliana Lukoil di Priolo, in provincia di Siracusa. Il via libera è arrivato all’unanimità. 

Il decreto prevede una “amministrazione temporanea” per lo stabilimento. Questo permetterà di garantire la continuità operativa, dopo che lunedì scatteranno le sanzioni Ue sul petrolio russo. E’ prevista anche la nomina di un commissario ministeriale che potrà essere incaricato per 12 mesi, prorogabili per altri 12.

Il decreto si compone di due parti: da un lato, viene spiegato, si interviene nel settore degli idrocarburi per ” assicurare continuità produttiva e la sicurezza degli approvvigionamenti” attraverso “le procedure di amministrazione temporanea”. 

Dall’altra si prevedono “misure compensative” che si possono attivare a sostegno delle imprese destinatarie delle misure di Golden Power, sulla base di specifiche richieste.

L’amministrazione temporanea può durare per 12 mesi ed è rinnovabile solo una volta per altri 12. Le disposizioni saranno valide fino al 30 giugno 2023. 

Le richieste potranno essere avanzate entro giugno 2023 ma in assenza di domanda il governo, perseguendo “l’interesse nazionale” potrà disporre comunque l’amministrazione temporanea attraverso un decreto ministeriale del Mimit, Mef e Mase.

Il presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, esprime “soddisfazione” per l’approvazione del decreto. “Una norma – sottolinea una nota di Palazzo Chigi – con la quale il governo interviene, tra l’altro, per garantire la continuità del lavoro nella raffineria di Priolo che impiega con l’indotto circa 10mila persone. 

Scopo dell’intervento d’urgenza è tutelare al tempo stesso un nodo energetico strategico nazionale e i livelli occupazionali.

Usa – Iran: Speriamo bene…

Lo scorso anno avevo scritto su una profezia http://nicola-costanzo.blogspot.com/2018/11/una-coincidenza-le-profezia-della.html e a inizio anno avevo ripreso quel post per annunciare una possibile escalation militare tra Usa e Iran http://nicola-costanzo.blogspot.com/2019/01/prove-tecniche-per-linizio-di-un-nuovo.html
Oggi purtroppo quelle riflessioni iniziano ad avere delle conferme!!!
Infatti, Teheran ha accelerato il conto alla rovescia per la sua violazione dell’accordo nucleare con l’annuncio che supererà il limite di scorte di uranio nei prossimi 10 giorni!!!
L’agenzia atomica del paese ha altresì  affermato che Teheran potrebbe iniziare il processo di arricchimento dell’uranio fino al 20%, più vicino al livello delle armi, dal 7 luglio.
L’annuncio di Behrouz Kamalvandi, portavoce dell’Autorità per l’energia atomica iraniana, mette così pressione all’Europa per trovare nuove condizioni all’accordo nucleare del 2015…
La risposta iniziale dei leader europei è stata negativa, difatti il presidente Macron, ha esortato l’Iran ad essere paziente e responsabile, mentre il ministro degli esteri tedesco, Heiko Maas, ha dichiarato: “Non accetteremo certamente una riduzione unilaterale degli obblighi“!!!
Un portavoce del Consiglio di sicurezza nazionale ha accusato l’Iran di voler imporre un ricatto nucleare.
L’UE ha concordato un calendario inedito a Teheran per contribuire e facilitare gli scambi tra Iran e nazioni europee, ma ad oggi non è chiaro se le misure arriveranno abbastanza velocemente e se saranno sufficienti per convincere l’Iran a ripensare alla sua strategia di scalpore nucleare.
L’Iran dichiara che sta agendo dopo che un anno fa Donald Trump ha ritirato gli Stati Uniti dall’accordo unilateralmente. 
Da allora, l’UE non è stata in grado di proteggere le sue imprese del settore privato dalla minaccia delle sanzioni secondarie statunitensi se tentano di commerciare con l’Iran. 
D’altronde le sanzioni statunitensi hanno ridotto le esportazioni di petrolio dell’Iran a 400.000 barili al giorno, ben al di sotto dei livelli necessari per finanziare la spesa pubblica!!!
Ora… Washington e il Regno Unito accusano degli attacchi alle petroliere nel Golfo di Oman la scorsa settimana l’Iran, ma ovviamente quest’ultimo ha negato qualsivoglia coinvolgimento e ha descritto l’operazione come una copertura creata ad arte per incolpare il paese islamico.
Il capo dell’esercito iraniano, Maj Gen Mohammad Hossein Baqeri, ha detto che se l’Iran avesse mai deciso di bloccare l’esportazione di petrolio dal Golfo, lo farebbe apertamente, senza ricorrere all’inganno o ad operazioni segrete, come viceversa sta facendo lo stato “terrorista e ingannevole” degli Usa…
Secondo i termini dell’accordo nucleare, l’Iran può mantenere una scorta di non più di 300 kg di uranio a basso arricchimento. 
In una riunione Kamalvandi ha affermato che, data la recente decisione dell’Iran di quadruplicare la produzione di uranio a basso arricchimento, il 27 giugno sarebbe passato al limite…
Come dicevo nel titolo: Speriamo bene… 

MALTA porto sicuro??? Sì… ma solo per affaristi, faccendieri, ladri e mafiosi!!!


Dicono che Malta insieme all’Italia rappresenti per l’Europa un porto sicuro per accogliere quei poveri migranti…
Eppure ogni qualvolta che una nave “Ong” si dirige verso quell’isola, viene automaticamente respinta… 

Ed allora mi chiedo, a quale norme internazionali fa riferimento questo Stato e perché nessuno prende provvedimenti contro di essa… 
Tutti in Europa si ricordano di fare pressioni al nostro paese e di applicare la convenzione di Amburgo del 1979 che prevede che gli sbarchi debbano avvenire nel “porto sicuro” più vicino al luogo del soccorso ed allora mi chiedo, come mai quando si tratta di Malta, fanno tutti orecchi da mercante???
La verità è semplice: lo stato maltese fa comodo a molti, in particolare fanno gola quelle sue Banche e quella sua disponibilità ad aprirsi a trafficanti di ogni genere e luogo, che grazie a quel suo mare prospiciente le acque internazionali, fa in modo che si possa compiere qualsivoglia azione illegale… e non mi riferisco al traffico dei migranti!!!

Ora, con la guerra civile in atto in Libia, diventa ancor più esplicita l’esigenza di chiudere i porti, perché altrimenti il mercato di quei trafficanti di uomini, lieviterà in modo esponenziale, in quanto quei criminali, non penseranno a garantire quella minima sicurezza della vita dei naufraghi, ma penseranno esclusivamente al proprio business… inviando migliaia di loro su gommoni fatiscenti, ed esponendoli certamente a gravi pericoli…

D’altronde a quei poveri migranti, senza quelle necessarie esigenze primarie, quali cibo, alloggio e cure mediche, e con una guerra in atto di cui potranno a breve diventare vittime inermi, non resta che la fuga in qualsiasi modo senza sapere a priori a quale destinazione finale saranno destinati…
Ecco perché è importante… perché è realmente il primo “porto sicuro”, tanto che il più delle volte si occupa sì… della cura dei malati soccorsi in mare, ma poi vieta gli sbarchi con la scusa di non possedere capacità ricettive sull’isola, ovviamente è tutta una scusa…

Si… perché viceversa, quando si tratta di far entrare nel proprio territorio soggetti ricercati, affiliati a qualche associazione criminale, trafficanti di petrolio, contrabbandieri, personaggi dediti al narcotraffico, ecc… ecco che all’improvviso quei porti si aprono e vengono immediatamente messi a disposizione quelle necessarie lavanderie di riciclaggio, per  far si che i loro “clienti” restino soddisfatti…

Ecco quindi che grazie a quei business… sono tutti felici e contenti, in particolare quei suoi uomini istituzionali, sì… gli stessi che grazie a quell’applicato sistema illegale, si stanno facendo strada… arricchendosi!!!

Malta… la nuova "casanostra"!!!

Per molti la notizia potrebbe rappresentare una novità, eppure posso garantirvi che non è così…
Il collegamento con talune “famiglie” siciliane risale già agli anni 70’…
Pensate che un siciliano, noto per essere diventato il capo di “cosa nostra”, si recò insieme alla sua sposa proprio su quell’isola… ad essere precisi in quella adiacente, sì… l’isola di Gozo, per festeggiare lì… la propria luna di miele.
Qualcuno ricorda ancora oggi il nome di quel siciliano, “Totò”!!!
Amava così tanto quell’isola che spesso vi tornava, passando gran parte del suo tempo sul mare, in quello che allora era un piccolo villaggio ma che vantava una favolosa vista sulle isole di Comino e di Malta…
Il nome di quel borgo era Qala e in molti, in particolare gli anziani proprietari dei locali nella pjazza San Frangisk, ricordano ancora quel giovane “Totò”…
Egli d’altronde a quel tempo non era ancora il temuto padrino di Corleone, già era un picciotto… il boss era un’altro, Luciano Liggio detto “Lucianeddu”, l’unico capo di quell’associazione criminale…
Salito al potere “Totò” non si dimenticò di quell’isola, tanto che raggiunto l’apice del controllo sulla Sicilia, estese quella sua influenza anche in quelle isole che ricordava con molto affetto…
Eguale considerazione d’altronde ebbero altri esponenti di cosa nostra ed ecco che così, pian piano, quell’isola diventò un’importante centro per le proprie attività illegali, in particolare quelle di riciclaggio, grazie alla presenza sia del casinò che attraverso le società create appositamente sulle scommesse dei giochi online, dove a seguito del reclutamento di sviluppatori software, si è riusciti a creare un casinò online internazionale, in grado di bypassare quei pagamenti gateway sicuri come Emoney o Skrill e lasciando così celati quei pagamenti non più rintracciabili…

Fonti interne all’industria del gioco d’azzardo hanno raccontato agli inquirenti che quei clan mafiosi avrebbero mandato mensilmente a raccogliere presso quei centri di scommessa la loro parte…
Denaro che è stato quindi riciclato in quello stato maltese grazie ad intermediari del luogo, sia per mantenere in funzione quella struttura finanziaria che per prendere possesso di una parte delle attività produttive di quel Paese ed anche, per corrompere molti suoi uomini istituzionali…
Vanno ricordati inoltre gli arresti compiuti delle forze dell’ordine internazionali che ha visto coinvolti personaggi siciliani, maltesi e libici nel contrabbando di carburante dalla Libia o da quello proveniente dallo stato islamico (ex Isis), partito su petroliere (non censite) dalle sponde del Libano, per giungere da noi ed essere inserito nel mercato nazionale ed europeo…
Si comprende quindi come Malta rappresenti oggi una Hub fondamentale per quelle attività criminali che da anni utilizzano, proprio quelle isole, ma soprattutto il tratto di mare internazionale (anche per quel lucroso traffico dei migranti…), per estendere la portata dei loro profitti.

D’altronde, avevo scritto alcuni giorni fa http://nicola-costanzo.blogspot.com/2019/03/la-mafia-siciliana-continua-i-suoi.html – di come Malta permetta a quelle società (illegali) di operare…
Peraltro si è visto come alle autorità maltesi interessi principalmente il denaro che entra nelle loro casse, senza stare lì a controllare in maniera meticolosa, se la provenienza di quello stesso sia legale o illegale…
Una vigilanza quella dalle autorità compiuta con molta superficialità o forse dovrei aggiungere, con una metodologia che da adito a gravi sospetti di complicità e favoreggiamento… e che dimostra nei fatti o ad ogni richiesta da parte delle nostre autorità, di essere sempre meno collaborativa!!!
Chissà forse un giorno – come noi – pagheranno il prezzo di quella correità…
Già c’è un detto perfetto per quegli amici maltesi che dice: “Chi male ha seminato, resta povero e gabbato”!!!

Ecco perché la Libia è cosi importante per noi italiani!!!

In questi anni ho scritto parecchi articoli sulla Libia e su quel suo ex dittatore, sugli interessi internazionali e commerciali che quella sua posizione geografica strategica possiede (sia perché si affaccia sul mediterraneo, che per essere porta d’accesso per quanti giungono dal Sahara), ed inoltre per l’immense risorse energetiche di cui dispone e a cui tutti mirano, quali petrolio e gas…
Il prezzo del petrolio d’altronde ha iniziato in questi mesi a riprendere verso quei valori alti di un tempo e quindi diventa essenziale per molti paesi, in particolare quelli europei, intraprendere nuove azioni tali da definire quella loro presenza in quelle aree, attraverso promesse finanziarie d’investimenti, non solo per sviluppare quel settore petrolifero e di gas naturale, ma anche per aumentarne la produzione…
Ecco perché l’Italia ha perso una grande occasione… in quanto non è riuscita a mantenere quel rapporto privilegiato con l’ex dittatore Mu’ammar Gheddafi, permettendo così ad altre nazioni quali USA, Gran Bretagna ma soprattutto Francia, di far cadere quel governo e mettere le mani su quei giacimenti ai quali per anni, non avevano avuto accesso… 
L’aver destabilizzato nel 2011 il paese nord africano, sull’onda di quella cosiddetta “Primavera Araba”, ha favorito non solo quei moti d’insurrezione popolare che come ben sappiamo sfociarono in una guerra civile (nella quale la Nato… ma in particolare le nazioni di cui sopra,  avrebbero fiancheggiando le forze ribelli affinché venisse rovesciato il regime di quel dittatore -che venne difatti assassinato pochi mesi dopo), ma soprattutto, quelle nazioni che hanno appoggiato le fazioni locali, le stesse che ora si ritrovano ad aver preso il controllo di quelle risorse energetiche…
Si parla di miliardi di riserve di barili di petrolio e di gas, comprenderete quindi come, ciascuna di quelle milizie, sta tentando di accaparrarsi quel controllo delle risorse energetiche, che garantirebbe ad essa un grande potere non solo finanziario, ma anche politico e sociale…
Vedrete, questa guerra civile durerà per altri cinque anni… perché in questo momento nessuna di quelle fazioni, può ritenersi superiore alle altre… anche perché ciascuno dei suoi capi, sta in fin dei conti, provando a diventare il nuovo dittatore di quel paese, in sostituzione di quello scomparso…
Nel frattempo il problema terroristico e di contrabbando, ma soprattutto quello umanitario dei profughi, continuerà in quella sua crescita esponenziale, perché… con una condizione instabile come quella attuale, sarà impossibile limitare o ancor più bloccare, quei flussi migratori diretti verso il nostro continente…
Peraltro, se da un lato il nostro Paese si è accollato gran parte di quei profughi, dall’altro l’Europa è stata a guardare, in particolare proprio quei paesi (come la Francia ad esempio) che più di altri, si sono dichiarati da sempre aperti all’accoglienza e alla tutela dei diritti umanitari, ma che nella pratica, hanno saputo soltanto approvare leggi repressive su quel diritto di asilo ed immigrazione… 
Analoga circostanza è accaduta nel territorio libico, dove l’Europa non ha saputo imporre una decisione comune, bensì ciascuno ha scelto il proprio referente, ad esempio mentre la francia si è schierata con Haftar, il nostro Paese ha deciso di appoggiare Serraj…
E’ ovvio che ciascuno di essi, nel puntare a riaffermare la propria posizione predominante per controllare il paese, si appoggia, proprio a quelle compagnie petrolifere straniere che hanno grandi interessi a mettere le mani su quel petrolio locale…
Ecco perché quella guerra continuerà, perché dietro  a quelle milizie ci sono loro, quelle società petrolifere che controllano già l’economia mondiale e che si possono permettere di foraggiare, questo o quel governo e nel caso particolare della Libia, questa o quella fazione militare!!!
Va infine aggiunto che, a causa della guerra civile, il paese è stato totalmente distrutto e va quindi nuovamente ricostruito!!!, 
Immaginatevi quindi quale pozzo di desideri per le nostre imprese di costruzione… appalti su appalti milionari per realizzare tutte quelle opere necessarie, ad iniziarsi dalla rimozione delle macerie, per passare a quelle necessarie infrastrutture, reti idriche e fognarie, strade, ripristino del centro storico, nuovi sobborghi per civili abitazioni, ospedali, scuole, stazioni di polizia, penitenziari, magazzini, punti di ritrovo, logistici, impianti sportivi, luoghi di culto, ed anche impianti per l’energia alternative…
Ed ancora, vanno ricostruiti dalle fondamenta quei settori fondamentali quali industria, agricoltura, pesca e commercio…  Comprendere bene come questa nazione, possa diventare un cuccagna per tutti quei paesi fortemente in crisi, sia sotto l’aspetto produttivo che occupazionale, tra cui ad esempio proprio il nostro, che troverebbe per la vicinanza non solo geografica, ma soprattutto culturale, quell’indotto capace di capovolgere o meglio stravolgere in maniera positivo, questa nostra economia…
Ora il gioco è nelle mani della nostra diplomazia e chissà se questa volta sarà capace di fare scelte diverse, senza cioè accodarsi alle decisioni altrui, ma definendo quanto necessario per giungere a quegli accordi internazionali, che favoriscano principalmente il nostro paese…

Predetto… accaduto: disastro ambientale in Liguria!!!

Il giorno del referendum sulle trivelle si è preferito andare a passeggiare… e mentre le urne stavano per chiudere, una parte dell’oleodotto Iplom sversava i propri olii lungo i torrenti per sfociare a mare…

Avevo predetto il danno ambientale… anticipandone i rischi: per la fauna, le coste, la salute dei cittadini e senza dimenticare tutti i risvolti occupazionali anche nel settore del turismo che a causa di quanto sopra, potrebbero condurre i turisti a dirigersi verso altri e più puliti lidi…
Ora forse saranno in molti a pentirsi della scelta fatta al referendum… adesso che il disastro ha colpito proprio una di quelle regione che non presentavano “trivelle”, si può comprende meglio la motivazione di tutti quei sostenitori del si delle altre regioni, che ahimè chiedevano una mano per evitare un futuro possibile disastro ambientale !!!
Come sempre si voleva fare passare quanto accaduto nel più completo silenzio… perché ormai da noi l’importante è censurare quanto avviene, in particolare per non far emergere quelle responsabilità politiche e amministrative, ancor prima che societarie…
Ma è logico credere che con un business miliardario qual’è quello del petrolio… sono in molti ad avere avuto in questi anni la bocca cucita o quantomeno si sarà sorvolato su tutti quei controlli certamente previsti!!!
Non per nulla lo chiamano “oro nero” e nel salire e scendere per quelle condotte… sicuramente un po di quell’oro sarà rimasto in qualche tasca sotto forma di tangenti e bustarelle…

Sarei curioso di sapere ora chi pagherà… non mi riferisco ai dirigenti della società (quello è una ovvietà…), ma m’interessava conoscere i nomi dei responsabili che avrebbero dovuto effettuare quella adeguata prevenzione ambientale e di messa in sicurezza, segnalando quando opportuno, ciò che non andava… ecco mi chiedo, dov’erano questi e dove sono adesso???

Le barche dei pescatori in questi giorni si son dovute ritirare… di pesce non ne parliamo… mentre i primi uccelli iniziano a cadere a terra, con le ali impregnate di bitume… proprio in quelle spiagge che adesso iniziano ad imbrattarsi di nero…
Dopotutto, come avevo espresso nel mio precedente post: il “gregge” ha scelto il “greggio”… 
Ora però… a pochi giorni di distanza… s’inizia a parlare di “disastro ambientale”, perché dai controlli effettuati sembrano essere fuoriusciti circa 700 tonnellate di greggio!!! 
Quindi, all’apertura della stagione estiva balneare, ci si ritrova con un problema che potrebbe distruggere completamente l’economia di una regione.
Il gregge sta fluttuando nel mare e le correnti marine lo stanno trasportando in lungo e largo su buona parte della costa ligure… con l’aggravante che a breve, l’arrivo di temporali potrebbe aggravare la situazione, trasportando per parecchi chilometri…quelle sostanze oleose.
Certo a danno compiuto..(ma è così che funzionano le cose nel nostro paese…). si avviano le inchieste delle procure, si dispone il sequestro della raffineria… e i dipendenti (circa 250)… a cui a breve si aggiungeranno tutti quelli dell’indotto… (sono sempre purtroppo quest’ultimi a dover pagare per tutti) sono stati posti in CIG (almeno quelli più protetti dai sindacati della raffineria), mentre i restanti… appartenenti a società minori… verranno pian piano certamente licenziati!!!
Su quanto sopra, mi sono limitato a evidenziare esclusivamente i danni immediati… mentre di quelli futuri e cioè dai rischi da esposizione da inquinanti, staremo a vedere cosa accadrà agli anziani (già affetti da patologie croniche) ed ai bambini…
Si, purtroppo è scientificamente dimostrato che nell’infanzia i processi di assorbimento e di metabolismo risultano accelerati ed il sistema immunitario, l’apparato polmonare e quello cardiocircolatorio, risultano essere più vulnerabile ai fattori inquinanti… rispetto agli adulti!!! 
La salute viene prima di tutto e forse è meglio che il premier Renzi (e quanti -come pecore- si sono al suo suggerimento allineati…) riveda quel teatrino propagandistico prodotto in quei giorni di referendum, dando atto che è tempo di mettere mano ad una legge che protegga noi cittadini da questi disastri, tornando indietro sui propri passi e ammettendo che –i suggerimenti dati per l’astensionismo– erano stati di certo (come gli olii che a breve cadranno nelle teste di molti cittadini liguri) precipitosi!!! 

Napolitano che invita all'astensione? Prima di poter parlare di democrazia… avrebbe dovuto permetterci l'ascolto di quelle… intercettazioni!!!

Un ex presidente della Repubblica che invita all’astensione…
Se ripenso a cosa mi disse da piccolo l’allora Presidente Aldo Moro… comprendo finalmente il significato di quelle parole…
Dice bene Erri De Luca: patetico congedo di un ex della democrazia!!!
Già voler commentare la decisione di Giorgio Napolitano di astenersi al referendum del 17 aprile sulle trivelle è solo una perdita di tempo… come forse lo sono stati quei suoi due mandati…
Io comunque insieme a mia moglie e mia figlia (per lei sarà la prima volta…) andremo a votare e sappiamo già come voteremo… SI!!!
Perché vede… non è importante decidere a priori come andrà a finire questo referendum… questa è la democrazia…
Potrebbero anche vincere i no o l’astensionismo… va bene lo stesso… perché per me… per noi… l’importante è… avere fatto il proprio dovere di cittadini… e cioè quello di andare a votare!!!

Infatti, credo che se avessimo potuto decidere in tutti questi anni… (noi cittadini) il presidente, per come avviene già in paesi più democratici del nostro (USA, Francia,ecc..), sono certo che difficilmente molti di quei nostri ex presidenti, avrebbero ricevuto il mandato… e cioè onorarsi di diventare presidenti di questa meravigliosa Repubblica!!!
Non interessa neanche la motivazione data sull’astensione: “se la Costituzione prevede che la non partecipazione della maggioranza degli aventi diritto è causa di nullità, non andare a votare è un modo di esprimersi sull’inconsistenza dell’iniziativa referendaria“… un paese che cerca di andare avanti, non può certo soffermarsi sulle dichiarazioni di un uomo che è più diretto verso l’altro mondo e che tenta ancora oggi di volersi aggrappare a questo… 
Votare… significa fare parte di un paese, essere concretamente veri e corretti cittadini!!!
Per fortuna che almeno l’attuale Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha fatto sapere che andrà a votare…
Strano vero…. stesso incarico… ma figure totalmente opposte e diverse!!!
Sì… di uno sappiamo aver perso il fratello per mano della mafia… dell’altro conosciamo dell’esistenza di alcune intercettazioni registrate…. nell’ambito dell’inchiesta sulla trattativa Stato-mafia, che “stranamente” (non per nulla siamo in un paese democratico…), sono state distrutte dal gip di Palermo (io mi auguro che qualcuno ne abbia fatto delle copie… e chissà forse tra qualche anno riusciremo ad ascoltarle… e dopo di che, rielaboreremo la storia di questo paese)!!!  

La verità è che negli ultimi anni si è tentato in tutti i modi di limitare la partecipazione elettorale dei cittadini, segno di una forte preoccupazione di rinnovamento… di quella sana trasformazione che sta portando finalmente i cittadini, ad una maggiore consapevolezza…
L’opinione pubblica è stanca di questi cadaveri che da oltre 40 anni continuano a governarci… e che ancora oggi vorrebbero indirizzare l’opinione pubblica, condizionandone non solo le scelte politiche ma anche quelle di vita sociale!!!
Non mi meraviglierei scoprire che, dietro le cautele su questo referendum, non si nascondano i soliti meccanismi perversi tanto noti a questo nostro paese, dietro i quali vi sono come sempre… la difesa dei propri interessi personali!!!

Dopotutto non ci scordiamo che attraverso il mercato del petrolio… gira l’economia del mondo… è chissà oggi quanti tra i nostri governanti politici (attuali e passati) ed aggiungerei familiari compresi, non hanno di fatto legami personali ed economici proprio con quelle società petroliere, che in questi giorni si stanno tentando in ogni modo di preservare…

IRAQ nuova frontiera…

L’IRAQ diventa per le imprese italiane, un nuovo rilancio allo sviluppo economico…
A differenza infatti di altri paesi, colpiti di recente da movimenti nazionalisti, da guerre civili, dalla presenza di dittatori da cacciare e/o uccisi…, ecco che, dove ancora esistono queste condizioni incerte, l’Iraq diventa oggi per le nostre imprese, un nuovo punto di partenza…
Rischiare trasferendo le proprie capacità, tecnici,   attrezzature e macchinari, provare ad investire in uno dei posti che da sempre è stato crocevia di culture millenarie, può oggi divenire, in questo  momento stagnante della nostra economia, una vera evoluzione…

Oggi infatti le nostre imprese si imbattono con le difficoltà d’accedere al credito…, con la mancanza di incentivi fiscali, che contrariamente vengono sostituiti da nuove tassazioni e da aliquote sempre più alte, integrate anche da quei rallentamenti, causati da procedure burocratiche ed amministrative inefficienti…

Ancora peggiore è la fotografia degli investimenti nei lavori pubblici, dove vengono permessi ribassi impossibili e dove i certificati di pagamento, sono sempre prorogati ed in ritardo, creando ulteriori disagi alle nostre imprese…, ma ciò che preoccupa maggiormente è non vedere alcuna prospettiva di miglioramento…
Non dimentichiamoci, che proprio il nostro paese è leader per alcune tipologie di opere, quali infrastrutture ferroviarie e stradali, opere idrauliche, impianti idroelettrici, aeroporti, porti, metropolitane, centrali solari ed eoliche, impianti di dissalazione e impianti chimici…, che per paesi come l’Iraq,  che hanno intrapreso il bivio dello sviluppo, diventano di fondamentale importanza…

Tralasciando quindi, qualche paese Europeo, posto negli anni scorsi sotto la sfera dell’ex Unione Sovietica, oggi restano soltanto in pochi quelli che, possono rappresentare quel sogno tanto desiderato dai nostri imprenditori Italiani… e quindi escludendo l’altra contendente Kazakistan e la sua capitale Astana, l’IRAQ diventa fondamentale per tutte quella moltitudine di grandi e medie imprese che vogliono dare una nuova possibilità di ripresa ed una nuovo accesa speranza di quel coraggio imprenditoriale che nel corso di questi ultimi anni si è andato affievolendo ed in molti casi spegnendo…

Diventa basilare imprimere un’accelerazione, programmare il proprio sviluppo, utilizzare quei percorsi d’intesa che possano garantirsi la partecipazione ad appalti pubblici, dove i contratti vengono rispettati dai reciproci Governi, dalla Banca Mondiale e dove il supporto dell’Ufficio ICE e quanto svolto dalle Associazioni e dalle Camere di Commercio, possono certamente agevolare e migliorare la permanenza in questo paese…

Oggi l’Iraq è impegnato in una grande opera di ricostruzione del proprio sistema economico a tutti livelli, impegnando le più cospicue risorse provenienti dagli introiti petroliferi, per la realizzazione di queste opere, a dimostrazione di ciò infatti, sono ormai centinaia le imprese Italiane a vario titolo presenti nel paese ed ancora l’ufficio Ice e l’Ambasciata d’Italia a Baghdad ricevono continuamente richieste di imprese italiane che si offrono per eseguire grandi opere oppure per fornire impianti nei diversi settori…

Qualcuno è già partito, proprio come un gruppo di Imprese Siciliane ( della Provincia di Catania ), che sta operando nella realizzazione di una autostrada che dal Kuwait porta fin dentro l’IRAQ, tracciando oggi quelle linee guida, per quelle imprese che ora vogliono accodarsi, intrecciando percorsi e collaborazioni, che porteranno a nuovi e importanti sviluppi… 

La pianificazione in questi casi è fondamentale! Creare una nuova attività all’estero non è semplice, prevede molti passaggi, ad iniziare da quello normativo e fiscale, proseguendo con le normative sugli appalti e sui contratti di lavoro, su quanto previsto in legislazioni bancaria e sulle movimentazioni di valuta estera…; prepararsi scrupolosamente, eviterà di dover commettere errori e di incappare successivamente in problemi.
I confini per le nostre imprese oggi sono stati abbattuti, esportare ed internazionalizzare la propria impresa, diventa l’unica strada percorribile, per non dover soccombere, ad uno stato di fatto, che non permette almeno in tempi brevi, alcuna possibilità di ripresa…

IRAQ nuova frontiera…

L’IRAQ diventa per le imprese italiane, un nuovo rilancio allo sviluppo economico…
A differenza infatti di altri paesi, colpiti di recente da movimenti nazionalisti, da guerre civili, dalla presenza di dittatori da cacciare e/o uccisi…, ecco che, dove ancora esistono queste condizioni incerte, l’Iraq diventa oggi per le nostre imprese, un nuovo punto di partenza…
Rischiare trasferendo le proprie capacità, tecnici,   attrezzature e macchinari, provare ad investire in uno dei posti che da sempre è stato crocevia di culture millenarie, può oggi divenire, in questo  momento stagnante della nostra economia, una vera evoluzione…

Oggi infatti le nostre imprese si imbattono con le difficoltà d’accedere al credito…, con la mancanza di incentivi fiscali, che contrariamente vengono sostituiti da nuove tassazioni e da aliquote sempre più alte, integrate anche da quei rallentamenti, causati da procedure burocratiche ed amministrative inefficienti…

Ancora peggiore è la fotografia degli investimenti nei lavori pubblici, dove vengono permessi ribassi impossibili e dove i certificati di pagamento, sono sempre prorogati ed in ritardo, creando ulteriori disagi alle nostre imprese…, ma ciò che preoccupa maggiormente è non vedere alcuna prospettiva di miglioramento…
Non dimentichiamoci, che proprio il nostro paese è leader per alcune tipologie di opere, quali infrastrutture ferroviarie e stradali, opere idrauliche, impianti idroelettrici, aeroporti, porti, metropolitane, centrali solari ed eoliche, impianti di dissalazione e impianti chimici…, che per paesi come l’Iraq,  che hanno intrapreso il bivio dello sviluppo, diventano di fondamentale importanza…

Tralasciando quindi, qualche paese Europeo, posto negli anni scorsi sotto la sfera dell’ex Unione Sovietica, oggi restano soltanto in pochi quelli che, possono rappresentare quel sogno tanto desiderato dai nostri imprenditori Italiani… e quindi escludendo l’altra contendente Kazakistan e la sua capitale Astana, l’IRAQ diventa fondamentale per tutte quella moltitudine di grandi e medie imprese che vogliono dare una nuova possibilità di ripresa ed una nuovo accesa speranza di quel coraggio imprenditoriale che nel corso di questi ultimi anni si è andato affievolendo ed in molti casi spegnendo…

Diventa basilare imprimere un’accelerazione, programmare il proprio sviluppo, utilizzare quei percorsi d’intesa che possano garantirsi la partecipazione ad appalti pubblici, dove i contratti vengono rispettati dai reciproci Governi, dalla Banca Mondiale e dove il supporto dell’Ufficio ICE e quanto svolto dalle Associazioni e dalle Camere di Commercio, possono certamente agevolare e migliorare la permanenza in questo paese…

Oggi l’Iraq è impegnato in una grande opera di ricostruzione del proprio sistema economico a tutti livelli, impegnando le più cospicue risorse provenienti dagli introiti petroliferi, per la realizzazione di queste opere, a dimostrazione di ciò infatti, sono ormai centinaia le imprese Italiane a vario titolo presenti nel paese ed ancora l’ufficio Ice e l’Ambasciata d’Italia a Baghdad ricevono continuamente richieste di imprese italiane che si offrono per eseguire grandi opere oppure per fornire impianti nei diversi settori…

Qualcuno è già partito, proprio come un gruppo di Imprese Siciliane ( della Provincia di Catania ), che sta operando nella realizzazione di una autostrada che dal Kuwait porta fin dentro l’IRAQ, tracciando oggi quelle linee guida, per quelle imprese che ora vogliono accodarsi, intrecciando percorsi e collaborazioni, che porteranno a nuovi e importanti sviluppi… 

La pianificazione in questi casi è fondamentale! Creare una nuova attività all’estero non è semplice, prevede molti passaggi, ad iniziare da quello normativo e fiscale, proseguendo con le normative sugli appalti e sui contratti di lavoro, su quanto previsto in legislazioni bancaria e sulle movimentazioni di valuta estera…; prepararsi scrupolosamente, eviterà di dover commettere errori e di incappare successivamente in problemi.
I confini per le nostre imprese oggi sono stati abbattuti, esportare ed internazionalizzare la propria impresa, diventa l’unica strada percorribile, per non dover soccombere, ad uno stato di fatto, che non permette almeno in tempi brevi, alcuna possibilità di ripresa…

Sicilia, Sardegna e Campania in vendita…

Stronzate se ne sentono tante in giro, ma quella espressa dal nostro europarlamentare Sig. Borghezio le supera tutte…
Invitato presso Klaus Condicio, un talk show di Klaus Davi,  su Youtube dichiara che:  “ fossi al posto del premier Monti – spiega – venderei la Sicilia agli Usa o a qualche pool di miliardari russi o americani ”…

L’idea è che, essendo questi territori in mano alla mafia ed alla camorra ed essendo questi saldamente radicate nel territorio sono difficile da estirpare, ed una soluzione potrebbe essere che Monti la venda a uno stato estero o a qualche miliardario visto che lo Stato non riesce ad eliminare una volta e per sempre questo malaffare…

Aggiunge che purtroppo, nonostante i numerosissimi Siciliani e Campani onesti, non c’è speranza…
L’idea, nata nell’immediato dopoguerra,  purtroppo ( e lo dico da Siciliano… ) non si è concretizzata, perché  state certi che volentieri avremmo preferito essere il 51° Stato USA che appartenere ad uno Stato che oggi mette al suo parlamento elementi come Lei…

Comunque vede a differenza Sua, gli altri Stati ci prenderebbero subito, per tutte le ricchezze che il nostro territorio possiede, naturali e culturali… mentre la cosiddetta Padania…, quella non la vuole nessuno perché non ha niente da dare, ne sotto il profilo naturale ed ancor di più sotto quello culturale…
E poi, riprendendo le sue argomentazioni e secondo quanto accaduto di recente, sembra che quella con più possibilità di essere cacciata via dal resto dell’Italia sia proprio la Padania, dal momento che ormai conta più ladri che persone perbene…

Altro che territori completamente improduttivi, noi siamo quelli che stiamo tenendo in piedi l’Italia, veda soltanto quanto petrolio portiamo per fare funzionare le vostre imprese…, certamente saremmo molto più alleggeriti senza questa palla al piede chiamata Nord…
Abbiamo visto infatti come avete gestito la vostra cassa… ed ora stanno tutti scendendo dal carroccio…ma stia tranquillo che ora che i finanziamenti stanno terminando, ora che la Padania ladrona è stata scoperta, adesso che il Sig. Maroni comincerà le pulizie…, vedrà che resterete in pochi!!!

Vede mentre Dio legava quella vostra terra allo stivale… a noi invece a permesso di poter fare, ( come ormai è di moda dire da voi ultimamente…),  " un passo indietro…“ e difatti ancora oggi, dalla nostra posizione,  subiamo purtroppo ancora la vostra puzza… 

Sicilia, Sardegna e Campania in vendita…

Stronzate se ne sentono tante in giro, ma quella espressa dal nostro europarlamentare Sig. Borghezio le supera tutte…
Invitato presso Klaus Condicio, un talk show di Klaus Davi,  su Youtube dichiara che:  ” fossi al posto del premier Monti – spiega – venderei la Sicilia agli Usa o a qualche pool di miliardari russi o americani “…

L’idea è che, essendo questi territori in mano alla mafia ed alla camorra ed essendo questi saldamente radicate nel territorio sono difficile da estirpare, ed una soluzione potrebbe essere che Monti la venda a uno stato estero o a qualche miliardario visto che lo Stato non riesce ad eliminare una volta e per sempre questo malaffare…

Aggiunge che purtroppo, nonostante i numerosissimi Siciliani e Campani onesti, non c’è speranza…
L’idea, nata nell’immediato dopoguerra,  purtroppo ( e lo dico da Siciliano… ) non si è concretizzata, perché  state certi che volentieri avremmo preferito essere il 51° Stato USA che appartenere ad uno Stato che oggi mette al suo parlamento elementi come Lei…

Comunque vede a differenza Sua, gli altri Stati ci prenderebbero subito, per tutte le ricchezze che il nostro territorio possiede, naturali e culturali… mentre la cosiddetta Padania…, quella non la vuole nessuno perché non ha niente da dare, ne sotto il profilo naturale ed ancor di più sotto quello culturale…
E poi, riprendendo le sue argomentazioni e secondo quanto accaduto di recente, sembra che quella con più possibilità di essere cacciata via dal resto dell’Italia sia proprio la Padania, dal momento che ormai conta più ladri che persone perbene…

Altro che territori completamente improduttivi, noi siamo quelli che stiamo tenendo in piedi l’Italia, veda soltanto quanto petrolio portiamo per fare funzionare le vostre imprese…, certamente saremmo molto più alleggeriti senza questa palla al piede chiamata Nord…
Abbiamo visto infatti come avete gestito la vostra cassa… ed ora stanno tutti scendendo dal carroccio…ma stia tranquillo che ora che i finanziamenti stanno terminando, ora che la Padania ladrona è stata scoperta, adesso che il Sig. Maroni comincerà le pulizie…, vedrà che resterete in pochi!!!

Vede mentre Dio legava quella vostra terra allo stivale… a noi invece a permesso di poter fare, ( come ormai è di moda dire da voi ultimamente…),  ” un passo indietro…” e difatti ancora oggi, dalla nostra posizione,  subiamo purtroppo ancora la vostra puzza… 

Combattiamo l’aumento delle compagnie petrolifere…

A differenza degli americani che, si sono incazzati perché gli hanno aumentato il prezzo della benzina a circa 0.75 € , noi che invece la paghiamo ad 1.50 € a litro, cosa facciamo… subiamo come pecoroni e tutti zitti!!!
Ma siamo impazziti??? Cosa fare??? Un sistema c’è… per fare abbassare la benzina a metà prezzo…, diamoci da fare…
Siamo venuti a sapere di un’azione comune per esercitare il nostro potere nei confronti delle compagnie petrolifere. Si sente dire che la benzina aumenterà ancora fino a 1.80 Euro al litro… Noi possiamo uniti, far abbassare il prezzo muovendoci insieme, in modo intelligente e solidale. 
Ecco come. La parola d’ordine è ‘colpire il portafoglio delle compagnie, senza lederci da soli. 
Posta l’idea che non comprare la benzina in un determinato giorno ha fatto ridere le compagnie ( sanno benissimo che, per noi, si tratta solo di un pieno differito, perché alla fine ne abbiamo sempre bisogno…), c’è invece un sistema che li fa ridere poco… anzi pochissimo, purché si agisca in tanti. 
I petrolieri e l’OPEC ci hanno condizionati a credere che un prezzo che varia da 0,95 e 1 Euro al litro sia un buon prezzo, ma noi possiamo far loro scoprire che un prezzo ragionevole anche per loro è circa la metà.
I consumatori possono incidere moltissimo sulle politiche delle aziende: bisogna usare il potere che abbiamo. La proposta è che da qui alla fine dell’anno non si compri più benzina dalle 2 più grosse compagnie, SHELL ed ESSO, che peraltro ormai formano un’unica compagnia. Se non venderanno più benzina (o ne venderanno molta meno), saranno obbligate a calare i prezzi. Se queste due compagnie caleranno i prezzi, le altre dovranno per forza adeguarsi. Per farcela, però dobbiamo essere milioni di NON-CLIENTI di Esso e Shell, in tutto il mondo. 
Questo messaggio mi è stato inviato insieme ad una trentina di persone; se ciascuno di NOI, aderisce e a sua volta e lo trasmette a diciamo una decina di amici, siamo a trecento. Se questi fanno altrettanto, siamo a tremila, e così via…
Di questo passo, quando questo messaggio sarà “ passato ”, avremmo già raggiunto e informato circa 30 milioni di consumatori! Inviate dunque questo messaggio a dieci persone chiedendo loro di fare altrettanto. Se tutti sono abbastanza veloci nell’agire, potremmo sensibilizzare circa trecento milioni di persone in otto giorni! E’ certo che, ad agire così, non abbiamo niente da perdere, non vi pare? Chi se ne frega per un po’ di bollini e regali e baggianate che vincolano VOI a queste compagnie…, ogni punto, tanto alla fine lo pagate voi…Coraggio, diamoci da fare!!!..

Combattiamo l’aumento delle compagnie petrolifere…

A differenza degli americani che, si sono incazzati perché gli hanno aumentato il prezzo della benzina a circa 0.75 € , noi che invece la paghiamo ad 1.50 € a litro, cosa facciamo… subiamo come pecoroni e tutti zitti!!!
Ma siamo impazziti??? Cosa fare??? Un sistema c’è… per fare abbassare la benzina a metà prezzo…, diamoci da fare…
Siamo venuti a sapere di un’azione comune per esercitare il nostro potere nei confronti delle compagnie petrolifere. Si sente dire che la benzina aumenterà ancora fino a 1.80 Euro al litro… Noi possiamo uniti, far abbassare il prezzo muovendoci insieme, in modo intelligente e solidale. 
Ecco come. La parola d’ordine è ‘colpire il portafoglio delle compagnie, senza lederci da soli. 
Posta l’idea che non comprare la benzina in un determinato giorno ha fatto ridere le compagnie ( sanno benissimo che, per noi, si tratta solo di un pieno differito, perché alla fine ne abbiamo sempre bisogno…), c’è invece un sistema che li fa ridere poco… anzi pochissimo, purché si agisca in tanti. 
I petrolieri e l’OPEC ci hanno condizionati a credere che un prezzo che varia da 0,95 e 1 Euro al litro sia un buon prezzo, ma noi possiamo far loro scoprire che un prezzo ragionevole anche per loro è circa la metà.
I consumatori possono incidere moltissimo sulle politiche delle aziende: bisogna usare il potere che abbiamo. La proposta è che da qui alla fine dell’anno non si compri più benzina dalle 2 più grosse compagnie, SHELL ed ESSO, che peraltro ormai formano un’unica compagnia. Se non venderanno più benzina (o ne venderanno molta meno), saranno obbligate a calare i prezzi. Se queste due compagnie caleranno i prezzi, le altre dovranno per forza adeguarsi. Per farcela, però dobbiamo essere milioni di NON-CLIENTI di Esso e Shell, in tutto il mondo. 
Questo messaggio mi è stato inviato insieme ad una trentina di persone; se ciascuno di NOI, aderisce e a sua volta e lo trasmette a diciamo una decina di amici, siamo a trecento. Se questi fanno altrettanto, siamo a tremila, e così via…
Di questo passo, quando questo messaggio sarà “ passato ”, avremmo già raggiunto e informato circa 30 milioni di consumatori! Inviate dunque questo messaggio a dieci persone chiedendo loro di fare altrettanto. Se tutti sono abbastanza veloci nell’agire, potremmo sensibilizzare circa trecento milioni di persone in otto giorni! E’ certo che, ad agire così, non abbiamo niente da perdere, non vi pare? Chi se ne frega per un po’ di bollini e regali e baggianate che vincolano VOI a queste compagnie…, ogni punto, tanto alla fine lo pagate voi…Coraggio, diamoci da fare!!!..

Combattiamo l’aumento delle compagnie petrolifere…

A differenza degli americani che, si sono incazzati perché gli hanno aumentato il prezzo della benzina a circa 0.75 € , noi che invece la paghiamo ad 1.50 € a litro, cosa facciamo… subiamo come pecoroni e tutti zitti!!!
Ma siamo impazziti??? Cosa fare??? Un sistema c’è… per fare abbassare la benzina a metà prezzo…, diamoci da fare…
Siamo venuti a sapere di un’azione comune per esercitare il nostro potere nei confronti delle compagnie petrolifere. Si sente dire che la benzina aumenterà ancora fino a 1.80 Euro al litro… Noi possiamo uniti, far abbassare il prezzo muovendoci insieme, in modo intelligente e solidale. 
Ecco come. La parola d’ordine è ‘colpire il portafoglio delle compagnie, senza lederci da soli. 
Posta l’idea che non comprare la benzina in un determinato giorno ha fatto ridere le compagnie ( sanno benissimo che, per noi, si tratta solo di un pieno differito, perché alla fine ne abbiamo sempre bisogno…), c’è invece un sistema che li fa ridere poco… anzi pochissimo, purché si agisca in tanti. 
I petrolieri e l’OPEC ci hanno condizionati a credere che un prezzo che varia da 0,95 e 1 Euro al litro sia un buon prezzo, ma noi possiamo far loro scoprire che un prezzo ragionevole anche per loro è circa la metà.
I consumatori possono incidere moltissimo sulle politiche delle aziende: bisogna usare il potere che abbiamo. La proposta è che da qui alla fine dell’anno non si compri più benzina dalle 2 più grosse compagnie, SHELL ed ESSO, che peraltro ormai formano un’unica compagnia. Se non venderanno più benzina (o ne venderanno molta meno), saranno obbligate a calare i prezzi. Se queste due compagnie caleranno i prezzi, le altre dovranno per forza adeguarsi. Per farcela, però dobbiamo essere milioni di NON-CLIENTI di Esso e Shell, in tutto il mondo. 
Questo messaggio mi è stato inviato insieme ad una trentina di persone; se ciascuno di NOI, aderisce e a sua volta e lo trasmette a diciamo una decina di amici, siamo a trecento. Se questi fanno altrettanto, siamo a tremila, e così via…
Di questo passo, quando questo messaggio sarà “ passato ”, avremmo già raggiunto e informato circa 30 milioni di consumatori! Inviate dunque questo messaggio a dieci persone chiedendo loro di fare altrettanto. Se tutti sono abbastanza veloci nell’agire, potremmo sensibilizzare circa trecento milioni di persone in otto giorni! E’ certo che, ad agire così, non abbiamo niente da perdere, non vi pare? Chi se ne frega per un po’ di bollini e regali e baggianate che vincolano VOI a queste compagnie…, ogni punto, tanto alla fine lo pagate voi…Coraggio, diamoci da fare!!!..

Combattiamo l'aumento delle compagnie petrolifere…

A differenza degli americani che, si sono incazzati perché gli hanno aumentato il prezzo della benzina a circa 0.75 € , noi che invece la paghiamo ad 1.50 € a litro, cosa facciamo… subiamo come pecoroni e tutti zitti!!!
Ma siamo impazziti??? Cosa fare??? Un sistema c’è… per fare abbassare la benzina a metà prezzo…, diamoci da fare…
Siamo venuti a sapere di un’azione comune per esercitare il nostro potere nei confronti delle compagnie petrolifere. Si sente dire che la benzina aumenterà ancora fino a 1.80 Euro al litro… Noi possiamo uniti, far abbassare il prezzo muovendoci insieme, in modo intelligente e solidale. 
Ecco come. La parola d’ordine è ‘colpire il portafoglio delle compagnie, senza lederci da soli. 
Posta l’idea che non comprare la benzina in un determinato giorno ha fatto ridere le compagnie ( sanno benissimo che, per noi, si tratta solo di un pieno differito, perché alla fine ne abbiamo sempre bisogno…), c’è invece un sistema che li fa ridere poco… anzi pochissimo, purché si agisca in tanti. 
I petrolieri e l’OPEC ci hanno condizionati a credere che un prezzo che varia da 0,95 e 1 Euro al litro sia un buon prezzo, ma noi possiamo far loro scoprire che un prezzo ragionevole anche per loro è circa la metà.
I consumatori possono incidere moltissimo sulle politiche delle aziende: bisogna usare il potere che abbiamo. La proposta è che da qui alla fine dell’anno non si compri più benzina dalle 2 più grosse compagnie, SHELL ed ESSO, che peraltro ormai formano un’unica compagnia. Se non venderanno più benzina (o ne venderanno molta meno), saranno obbligate a calare i prezzi. Se queste due compagnie caleranno i prezzi, le altre dovranno per forza adeguarsi. Per farcela, però dobbiamo essere milioni di NON-CLIENTI di Esso e Shell, in tutto il mondo. 

Questo messaggio mi è stato inviato insieme ad una trentina di persone; se ciascuno di NOI, aderisce e a sua volta e lo trasmette a diciamo una decina di amici, siamo a trecento. Se questi fanno altrettanto, siamo a tremila, e così via…

Di questo passo, quando questo messaggio sarà ” passato “, avremmo già raggiunto e informato circa 30 milioni di consumatori! Inviate dunque questo messaggio a dieci persone chiedendo loro di fare altrettanto. Se tutti sono abbastanza veloci nell’agire, potremmo sensibilizzare circa trecento milioni di persone in otto giorni! E’ certo che, ad agire così, non abbiamo niente da perdere, non vi pare? Chi se ne frega per un po’ di bollini e regali e baggianate che vincolano VOI a queste compagnie…, ogni punto, tanto alla fine lo pagate voi…Coraggio, diamoci da fare!!!..

Siria: non interessa a nessuno…o forse interessa a tutti???

Gli avvenimenti storici a volte si ripetono… 
Nel 1982 gli abitanti della cittadina di Hama si erano ribellati ed avevano intrapreso un lotta contro il regime di Hafiz-al-Asad, il quale aveva risposto con i carri armati (fu proprio il fratello a pianificare l’operazione Rifa’at al-Asad) invadendo la città e massacrando la popolazione locale, all’incirca 30 mila persone!!! 
Inoltre nell’abbandonare la città, l’esercito e le forze di sicurezza del regime si abbandonarono a massacri sanguinosi persino all’interno delle varie colonie di rifugiati politici ospitati all’interno di Hama, torturando e giustiziando gli oppositori politici della dittatura, veri o presunti che fossero.
Per cancellare ogni ricordo di quel tragico giorno e per dare un segnale di avvertimento alle future generazioni, la città artefice degli scontri fu totalmente rasa a suolo.
Ecco che oggi dopo tanti anni, tutto si ripete!!!
La Siria è nuovamente a rischio di una guerra civile. 
Il bilancio dell’attacco dell’esercito è drammatico: quasi 200 le vittime che nelle scorse settimane aveva manifestato contro il regime.
Durante i combattimenti i carri armati dell’esercito hanno colpito la città con granate a ripetizione e inoltre le utenze come acqua ed elettricità sono stata sospese, ovviamente in molti hanno dichiarato che il sabotaggio fosse programmato.
Altri morti sono stati accertati in altre località ed almeno un centinaio di manifestanti nella capitale di Damasco sono rimasti feriti a seguito del lancio di bombe da parte della Polizia nel voler disperdere la protesta.
Gli Stati Europei hanno condannato le violenze nel Paese e in particolare Barack Obama ha espresso di voler isolare il presidente Assad, che sta ancora facendo ricorso alla tortura e al terrore!!!
Inoltre, il Presidente degli Stati Uniti ha auspicato una sostegno alla popolazione con una rapida transizione del paese verso la democrazia…
L’Italia in particolare ha chiesto che che si riunisca di urgenza il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite per prendere una posizione molto decisa nei riguardi del Presidente “dittatore”, Bashar al-Asad…  
La Germania ha minacciato sanzioni dichiarando che saranno prese misure straordinarie, anche attraverso  il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite…
Purtroppo comunque ad oggi non è stato raggiunto un accordo sulla linea da seguire, questo è quanto ha dichiarato Vitaly Churkin, che al Palazzo di Vetro rappresenta la Russia e che si oppone ad ogni posizione forte nei confronti di Damasco…
La posizione geografica dominante nel medio oriente, il favore sempre alterno nelle alleanze con gli Stati adiacenti, la situazione politica altalenante e soprattutto la non chiara lotta al terrorismo, hanno portato e portano ancora oggi questo Stato a non trovare una tranquilla collocazione ed un maggiore consenso da parte di quei paesi maggiormente sviluppati…
Anche i mancati accordo di pace sia per l’annessione di Israele (durante la guerra dei sei giorni), delle alture del Golan che per la cessione durante il mandato francese nel 1939 della provincia di Hatay alla Turchia, (il cui capoluogo era la storica città di Antiochia) ed anche il progetto (sempre della Turchia) di voler costruire una serie di dighe sul Tigri e sull’Eufrate, che in conseguenza ridurrebbero la loro portata in Siria e in Iraq, ha provocato contenziosi in questi anni, per i quali sono ancora in corso trattative ed oggi diventano forte motivo di risentimento e di rivendicazione…

Se a quanto sopra si aggiunge che il territorio è strategico non solo per i passaggi commerciali ma soprattutto per quelli petroliferi – la produzione è sì… di molto inferiore rispetto al volume prodotto dai suoi ricchi vicini – ma i ricavi che ne conseguono costituiscono una ricchezza importante anche per i paesi occidentali, i cui proventi vanno a depositarsi presso le loro banche…

Non dimentichiamo inoltre che, la vicinanza con l’Iran ha permesso alla Siria di uscire dal suo isolamento internazionale, durato quasi trent’anni…
Ma non solo, entrambe sorreggono il movimento sciita libanese degli Hezbollah e la fazione radicale palestinese di Hamas. 
La Siria infatti, come il Venezuela, appoggia il diritto dell’Iran a proseguire lungo la strada dell’arricchimento dell’uranio, al fine di completare il suo programma nucleare per scopi essenzialmente civili. 
Come hanno più volte ribadito i presidenti di questi Stati, non è illegale fornire aiuti all’Iran e alla sua economia, martellata da pesanti sanzioni inflitte dalle Nazioni Unite e sempre ratificate dall’Unione Europea e sono proprio questi paesi che oggi, appoggiano la Siria ed in particolare il Presidente…

Come si può capire la situazione non è di facile lettura, il crocevia fondamentale di oleodotti e traffico, le riserve di petrolio di quasi 3 miliardi di barili, la posizione strategica tra i Paesi del Golfo ed il Mediterraneo, ma soprattutto il mancato ripristino del passaggio del grezzo che dalla zona nord irachena di Mosul/Kirkuk portava petrolio al porto israeliano di Haifa, (e che malgrado le forti pressioni straniere la Siria oggi non è disposta ad acconsentire…) sono tutti, motivi prioritari, per cercare di destabilizzarne l’area, speriamo che almeno la popolazione presa fra questi due fuochi non debba continuare a pagarne il prezzo…

Attacco all’Iran…

Si sembrerà strano, ma esiste già un programma di preparazione al conflitto con l’Iran da parte di Israele il cui nome in codice è « Spartan 08». Nel tratto di mare, a sud est dell’isola di Creta, dal 28 maggio al 18 giugno, l’aviazione israeliana ha simulato un attacco. Con oltre cento caccia F16 e F15 e con l’ausilio di aerei per il rifornimento in volo, hanno condotto una missione di 1.500 chilometri, circa la stessa distanza che divide lo Stato ebraico dall’Iran e precisamente agli impianti nucleari…;
Durante la missione sono state sganciate bombe, realizzati trasporti di militari con elicotteri di supporto, prevedendo il recupero dei piloti abbattuti in eventuale «territorio ostile», inoltre sono state effettuate manovre con portaerei ed incrociatori e non dimentichiamoci dei cinque sottomarini armati con missili nucleari che potrebbero facilmente raggiungere gli obiettivi iraniani, direttamente dal golfo persico.
Con questa azione di forza, Israele ha voluto rimarcare che non resterà a guardare, la politica del presidente Iraniano Ahmadinejad, ma se continuerà alla proliferazione con l’energia nucleare, Israele, se la comunità mondiale non darà segni d’intervento, se i ripetuti tentativi negoziali falliranno, Israele è pronta a scatenare una rappresaglia distruggendo gli impianti realizzati e quelli in corso di realizzazione…
Gli iraniani sono convinti che qualcosa si stà preparando, infatti il presidente Iraniano promette ritorsioni pesanti e l’ayatollah Ahmad Khatami minaccia conseguenze « terribili ». Ovviamente l’Iran si sta preparando ad un possibile attacco, della difesa contraerea, acquistando batterie missilistiche Russe ed inoltre si stanno potenziando i radar, visto che proprio questi hanno dimostrato la propria vulnerabilità grazie a tecniche di elettronica che li rendono inutili.
Per giustificare ovviamente questo attacco Israele ed anche gli Stati Uniti considerano un “ Iran armato di nucleare “ una grave minaccia per la sicurezza del mondo…
Bisogna sempre ricordare comunque l’esperienza appena passata, con l’attacco in Iraq; come venne strumentalizzata l’opinione pubblica sulla necessità di un’invasione, alla ricerca delle cosiddette armi di distruzione di massa, che alla fine, non sono mai state trovate…
Ovviamente un attacco terrestre non sarà contemplato fra i possibili scenari, sia per l’esperienze fatte in questi anni in Iraq e in Afganistan, che per la conformazione del territorio e quindi l’attacco aereo con missili via mare e bombardamenti con jet si profila essere l’unico scenario possibile.
Certamente un attacco aereo non sarà accettato dalle Nazioni Unite ed incontrerebbe un’opposizione da parte della comunità internazionale, in particolare da Russia e Cina e dai paesi arabi, che saranno costretti a prendere posizione contro chi attacca una nazione islamica.
Lo scenario che si sta sviluppando intorno all’area medio orientale e del golfo persico è di un continuo rafforzamento militare, anche le difese degli stati limitrofi si stanno adottando contro eventuali rappresaglie dell’Iran, non dimentichiamoci che molti di questi presentano basi militari americane, ed è da escludersi un’eventuale lancio di missili nucleari contro Israele da parte dell’Iran anche perché Israele, con più di 300 testate nucleari ad alta tecnologia, distruggerebbe totalmente l’Iran.
Ancora forse i tempi non sono pronti, in quanto l’Iran è indietro nel programma di realizzazione di armi nucleari, ma bisogna cominciare a prepararsi, perché entro i prossimi due/tre anni, questa, sarà pronta a realizzare la prima testata nucleare ed ovviamente gli Israeliani non lo potranno permettere.
L’unica soluzione reale per bloccare il programma nucleare iraniano è la via diplomatica. L’Iran si è appellato infatti per l’istituzione di una zona franca di produzione di armi nucleari per il Medio Oriente, con l’adozione della quale tutte le nazioni della regione sarebbero chiamate a rinunciare alle proprie armi nucleari ed aprire i loro programmi a restrittive ispezioni internazionali
Certo un attacco militare non frenerà il programma nucleare iraniano, anzi motiverà il governo iraniano, forte dell’appoggio popolare incrementato in reazione all’aggressione straniera contro la propria nazione, a raddoppiare i propri sforzi.
Lo scenario che si aprirà condizionerà certamente l’economia mondiale, con gravi ripercussioni su tutti i settori dalla vita quotidiana, dalle ripercussioni politiche, alimentari, energetiche ( l’Iran proverà a bloccare lo stretto di Hormuz. Nel braccio di mare che chiude il Golfo Persico, tra Iran e Oman, passa il 20% di tutto il petrolio estratto nel mondo), e non dimentichiamoci anche di quelle religiose.

Attacco all'Iran…

Si sembrerà strano, ma esiste già un programma di preparazione al conflitto con l’Iran da parte di Israele il cui nome in codice è « Spartan 08». Nel tratto di mare, a sud est dell’isola di Creta, dal 28 maggio al 18 giugno, l’aviazione israeliana ha simulato un attacco. Con oltre cento caccia F16 e F15 e con l’ausilio di aerei per il rifornimento in volo, hanno condotto una missione di 1.500 chilometri, circa la stessa distanza che divide lo Stato ebraico dall’Iran e precisamente agli impianti nucleari…;
Durante la missione sono state sganciate bombe, realizzati trasporti di militari con elicotteri di supporto, prevedendo il recupero dei piloti abbattuti in eventuale «territorio ostile», inoltre sono state effettuate manovre con portaerei ed incrociatori e non dimentichiamoci dei cinque sottomarini armati con missili nucleari che potrebbero facilmente raggiungere gli obiettivi iraniani, direttamente dal golfo persico.
Con questa azione di forza, Israele ha voluto rimarcare che non resterà a guardare, la politica del presidente Iraniano Ahmadinejad, ma se continuerà alla proliferazione con l’energia nucleare, Israele, se la comunità mondiale non darà segni d’intervento, se i ripetuti tentativi negoziali falliranno, Israele è pronta a scatenare una rappresaglia distruggendo gli impianti realizzati e quelli in corso di realizzazione…
Gli iraniani sono convinti che qualcosa si sta preparando, infatti il presidente Iraniano promette ritorsioni pesanti e l’ayatollah Ahmad Khatami minaccia conseguenze « terribili ». Ovviamente l’Iran si sta preparando ad un possibile attacco, della difesa contraerea, acquistando batterie missilistiche Russe ed inoltre si stanno potenziando i radar, visto che proprio questi hanno dimostrato la propria vulnerabilità grazie a tecniche di elettronica che li rendono inutili.
Per giustificare ovviamente questo attacco Israele ed anche gli Stati Uniti considerano un “ Iran armato di nucleare “ una grave minaccia per la sicurezza del mondo…
Bisogna sempre ricordare comunque l’esperienza appena passata, con l’attacco in Iraq; come venne strumentalizzata l’opinione pubblica sulla necessità di un’invasione, alla ricerca delle cosiddette armi di distruzione di massa, che alla fine, non sono mai state trovate…
Ovviamente un attacco terrestre non sarà contemplato fra i possibili scenari, sia per l’esperienze fatte in questi anni in Iraq e in Afganistan, che per la conformazione del territorio e quindi l’attacco aereo con missili via mare e bombardamenti con jet si profila essere l’unico scenario possibile.

Certamente un attacco aereo non sarà accettato dalle Nazioni Unite ed incontrerebbe un’opposizione da parte della comunità internazionale, in particolare da Russia e Cina e dai paesi arabi, che saranno costretti a prendere posizione contro chi attacca una nazione islamica.

Lo scenario che si sta sviluppando intorno all’area medio orientale e del golfo persico è di un continuo rafforzamento militare, anche le difese degli stati limitrofi si stanno adottando contro eventuali rappresaglie dell’Iran, non dimentichiamoci che molti di questi presentano basi militari americane, ed è da escludersi un’eventuale lancio di missili nucleari contro Israele da parte dell’Iran anche perché Israele, con più di 300 testate nucleari ad alta tecnologia, distruggerebbe totalmente l’Iran.
Ancora forse i tempi non sono pronti, in quanto l’Iran è indietro nel programma di realizzazione di armi nucleari, ma bisogna cominciare a prepararsi, perché entro i prossimi due/tre anni, questa, sarà pronta a realizzare la prima testata nucleare ed ovviamente gli Israeliani non lo potranno permettere.
L’unica soluzione reale per bloccare il programma nucleare iraniano è la via diplomatica. L’Iran si è appellato infatti per l’istituzione di una zona franca di produzione di armi nucleari per il Medio Oriente, con l’adozione della quale tutte le nazioni della regione sarebbero chiamate a rinunciare alle proprie armi nucleari ed aprire i loro programmi a restrittive ispezioni internazionali
Certo un attacco militare non frenerà il programma nucleare iraniano, anzi motiverà il governo iraniano, forte dell’appoggio popolare incrementato in reazione all’aggressione straniera contro la propria nazione, a raddoppiare i propri sforzi.
Lo scenario che si aprirà condizionerà certamente l’economia mondiale, con gravi ripercussioni su tutti i settori dalla vita quotidiana, dalle ripercussioni politiche, alimentari, energetiche (l’Iran proverà a bloccare lo stretto di Hormuz. Nel braccio di mare che chiude il Golfo Persico, tra Iran e Oman, passa il 20% di tutto il petrolio estratto nel mondo), e non dimentichiamoci anche di quelle religiose.