Facendo seguito a quanto avevo riportato nel post di ieri – avevo anticipato la mia intenzione di contattare il Dott. Grassi per un aggiornamento – beh, l’ho fatto, e lui mi ha risposto quasi subito, con una chiarezza che non ammette repliche.
La sua risposta ha il suono secco di un’ammissione che conferma ogni più fondato sospetto. Non solo mi ha confermato la correttezza di quanto avevo ricostruito, ma ha aggiunto altri dettagli essenziali che rendono il quadro ancor più fosco.
Mi ha riferito (e quindi confermato) ad esempio, che per ben due volte è stato modificato lo schermo della stazione senza che il SIAS comunicasse al pubblico l’avvenuta modifica, e soprattutto senza spiegarne le ragioni. Questo non è più solo incuria, ma un pattern di opacità volontaria, una sistematica alterazione della scena senza rendere conto a nessuno.
E poi, il cuore della questione si sposta a Torino, al Laboratorio INRiM, quel tempio della metrologia che rappresenta il garante ultimo della veridicità del dato.
Il Dott. Grassi mi ha confermato che, nonostante le ripetute interlocuzioni compiute dal suo legale, il Laboratorio non ha dato riscontro alla sua richiesta di accesso agli atti o di confronto. Per cui, a differenza di quanto si pensava, il muro di silenzio, non è solo regionale, ma si erge anche di fronte a un Istituto Nazionale di altissima competenza.
Le sue parole successive squarciano il velo su quello che potrebbe essere il nodo cruciale di tutta la vicenda. Egli ricorda che nel documento tecnico-scientifico a firma di vari autori del laboratorio INRiM di Torino, con il quale la WMO ha poi deciso di approvare il record di 48,8°, è stato riportato che la stazione non era danneggiata e che dall’analisi delle foto non risultavano anomalie.
Questa immagine, così potente e grottesca, riassume da sola l’abisso che separa la realtà dei fatti dalla narrazione ufficiale. Da un lato, un documento scientifico di convalida che, basandosi su foto non specificate, asserisce l’integrità della strumentazione, dall’altro, la testimonianza oculare di un buco tale da poter accogliere un uccello.
Viene quindi spontaneo chiedersi: come si conciliano queste due verità? Quali foto sono state esaminate? E perché, di fronte a una discrepanza così macroscopica, non c’è stata la minima volontà di un confronto tecnico trasparente con chi quelle anomalie le ha documentate per anni?
Ciò che emerge, ormai in modo inequivocabile, non è più la storia di un semplice dato sbagliato, ma il racconto agghiacciante di come un dubbio, coltivato con tenacia e supportato da prove incontrovertibili, stia mettendo a nudo le crepe di un sistema che forse ha più a cuore la protezione di una narrazione e dei finanziamenti che essa genera, che non la pura, semplice e, in questo caso, tremendamente scomoda, accuratezza.
Il Dott. Grassi ha aggiunto di aver già richiesto un incontro ufficiale al World Meteorological Organization (WMO), indirizzando la richiesta direttamente alla Prof.ssa Celeste Saulo, Segretario Generale dell’organizzazione, e in copia anche al Prof. Jan Barani.
Da questo passaggio cruciale, posso già prevedere che a breve questo muro di gomma inizierà a mostrare tutte le sue incrinature, e sono certo che molti aspetti della storia verranno finalmente portati alla luce.
Lasciate quindi che concluda questa vicenda con un pensiero in versi:
Come molti di voi sapranno, il record di temperatura di 48.8°C registrato a Siracusa l’11 agosto 2021 è stato ufficialmente convalidato dopo un attento esame. Ciò che in pochi sanno – e che emerge da documenti ufficiali – è che l’indagine metrologica alla base di quella convalida è stata condotta nell’ambito del progetto “Climate Reference Station” (CRS-EMPIR).
Questo progetto, di altissimo profilo scientifico, è stato cofinanziato dal programma EMPIR e dall’Unione Europea attraverso Horizon 2020. La sua missione era chiara: sviluppare stazioni di riferimento climatologiche con strumenti metrologicamente validati per aumentare l’accuratezza delle misurazioni e rafforzare la fiducia nei dati raccolti. In altre parole, doveva eliminare ogni dubbio, ogni incertezza, ogni possibile bias ambientale che potesse inficiare i dati cruciali per lo studio del cambiamento climatico.
Difatti, la stazione di riferimento climatica installata dal progetto vicino a Torino, in Italia, è un gioiello di precisione, installata in un’area specifica libera da ostacoli e conforme alle rigorose raccomandazioni dettate dal “World Meteorological Organization”(WMO). I suoi dati sono così pregiati da essere stati proposti per entrare a far parte della ristretta cerchia di stazioni di riferimento della “GCOS Surface Reference Network” (GSRN).
Cosa significa tutto questo? Significa che la convalida del record di Siracusa non è stata un’operazione routine. È stata un’operazione di altissima scienza, condotta con la metodologia più avanzata e rigorosa al mondo, sotto l’egida dei programmi di ricerca più prestigiosi d’Europa.
La domanda allora che sorge spontanea, e che ancora attende una risposta chiara, è: perché tanta metrologia avanzata per convalidare un dato, e poi, forse, così poca trasparenza su tutto ciò che quel dato ha scatenato a livello istituzionale e sulle responsabilità di chi avrebbe dovuto prevenire le conseguenze di tali eventi estremi?
Infatti, mentre riflettevo su questa contraddizione, mi sono ritornate in mente le parole pronunciate dal Dott. Grassi che ora risuonano con una precisione quasi profetica: Il mio impegno – aveva affermato – è integralmente sostenuto con le mie finanze ed è soprattutto animato dal principio di verità. Posso altresì affermare di essere autonomo e indipendente a qualsiasi logica di potere, ma alla luce di quanto ho potuto direttamente verificare, ritengo inammissibile che un falso record sia stato convalidato da Enti, Organizzazioni, Istituti che dovrebbero ispirarsi esclusivamente al rigido metodo scientifico. In queste modalità, viceversa, ho riscontrato molte opacità.
Una dichiarazione che quando mi era stata – ufficialmente – comunicata, aveva sollevato un interrogativo ineludibile: chi beneficia di questa opacità e a quali finanziamenti pubblici, magari erogati proprio per garantire trasparenza e accuratezza, si è attinto, già… mentre un dato così fragile veniva elevato a verità indiscutibile?
La sua riflessione poi si è fatta ancora più penetrante, svelando retroscena che hanno gettano una luce sinistra sull’intera vicenda. Il SIAS – secondo il Dott. Grassi – dopo la registrazione del record, ha sostituito (per ben due volte) lo schermo bucato, sostituendolo con altri a norma.
Ora… di queste modifiche il SIAS non ha mai dato comunicazione ufficiale, difatti – sempre secondo il geologo Grassi – quest’ultima ha rimosso il secondo schermo dove alloggiava un altro sensore, sempre senza comunicarlo. Insomma, la stazione è stata modificata all’insaputa di tutti, egli ritiene che quanto sopra sia avvenuto nel tentativo di normalizzarla, ovvero di eliminare quella sovrastima sistemica che quasi proprio in quei i giorni quella stazione registrava.
Difatti, il dott. Grassi proseguendo ha commentato: Mi sono convinto che questo record di 48,8° serviva – o forse serve – a qualcuno per creare allarmismo climatico e incutere spavento alla popolazione.
Perché? Semplice dichiara Grassi: da questo allarmismo si generano nuovi dibattiti, nuove politiche economiche, insomma diventa più facile condizionare le nostre società. Affermare che siamo sulla soglia dei 50° ha un impatto devastante verso l’opinione pubblica, perché suscita grande panico. È qui che il dubbio si fa concreto: quanti progetti, quanti finanziamenti europei e nazionali legati alla cosiddetta transizione ecologica o all’adattamento climatico trovano la loro ragion d’essere in narrazioni costruite su dati così incerti? Ed allora, ecco che viene spontaneo chiedersi: “Chi trae vantaggio da questo panico indotto”?
Ma nel frattempo – in attesa di comprendere (come tanti di voi) cosa sia realmente accaduto – e dopo aver letto e ascoltato in un video pubblicato su Youtube le parole del Dott. Grassi e del suo legale, si… proprio mentre venivano poste quelle domande, è giunta da Vienna, dal Meteorological Technology World Expo 2025, una conferma sconcertante che dà un peso internazionale a quei miei primi, solitari dubbi, quando iniziai a parlare di questo problema.
L’intervento di Jan Barani, uno dei massimi esperti internazionali in strumentazione meteorologica, ha sollevato proprio il caso del termometro malfunzionante della stazione SIAS in Sicilia, citando esplicitamente il lavoro del geologo Alfio Grassi.
Barani ha parlato di come la meteorologia stia perdendo credibilità, afflitta dal “teatro delle schede tecniche”, dove le specifiche dei sensori mostrano buone performance in laboratorio, ma non riescono a mantenere la stessa accuratezza in condizioni reali. Ha evidenziato altresì come un errore di 3°C, – proprio come quello documentato dal Dott. Grassi – comporti una distorsione del 30% nelle previsioni, influenzando gravemente le previsioni energetiche e climatiche.
Ecco, allora, che inizio a pensare che i miei sospetti non erano affatto campati in aria, ma trovano ora un riscontro autorevole, sì… in una sede prestigiosa, trasformando una questione che ipotizzavo “locale”, in un simbolo di una crisi di fiducia globale.
Sappiamo tutti come dopo l’intervista realizzata al Dott. Grassi, egli, non abbia alcuna intenzione di fermarsi, tanto da avermi anticipato d’aver inoltrato, richiesta di accesso agli atti, al Laboratorio Metrologico INRiM di Torino, dove per l’appunto, era stato effettuato il test di calibratura della strumentazione della stazione di Floridia allo scopo di convalidare il record.
Confido in un celere riscontro – aveva sottolineato Grassi alcuni giorni fa – al fine di fugare alcuni miei sospetti. È l’ultimo, necessario tassello di un’indagine che vuole arrivare fino in fondo, per scoprire non solo la verità su un singolo termometro, ma su un sistema che sembra aver smarrito il suo legame con il rigore scientifico, preferendo alimentare una narrazione utile piuttosto che affrontare la complessità della realtà.
E difatti il Dott. Grassi aveva anticipato che pensava di inoltrare richiesta di accesso agli atti al Laboratorio Metrologico INRiM di Torino, dove era stato per l’appunto effettuato il test di calibratura della strumentazione della stazione di Floridia allo scopo di convalidare il record.
Cosa aggiungere (ho pensato ieri – mentre stavo scrivendo questo post – di contattare per mail il Dott. Grassi, per sapere se nel frattempo egli abbia ricevuto le risposte ufficiali che desiderava) ciò che alla fine emerge non è solo la storia di un dato sbagliato, ma il racconto di come un dubbio, coltivato con tenacia e supportato da prove, stia lentamente smontando una verità imposta, rivelando crepe in un sistema che forse ha più a cuore il consenso e il finanziamento che la pura, semplice e a volte scomoda, accuratezza.
Non mi resta che promettere ai miei lettori che, se vi saranno nuovi sviluppi, farò in modo di farveli conoscere.
Riprendo da dove avevo lasciato nell’ultima nota a riguardo della temperatura record di 48.8°C registrato a Siracusa l’11 agosto 2021, ufficialmente convalidato dopo un attento esame e come riportavo, ciò che in pochi sanno, e che emerge dai documenti presentati, è che l’indagine metrologica alla base di quella convalida è stata condotta nell’ambito del progetto “Climate Reference Station (CRS-EMPIR)”.
Questo progetto, di altissimo profilo scientifico, è stato cofinanziato dal programma EMPIR e dall’Unione Europea attraverso Horizon 2020. La sua missione era chiara e nobilissima: sviluppare stazioni di riferimento climatologiche con strumenti metrologicamente validati per aumentare l’accuratezza delle misurazioni e rafforzare la fiducia nei dati raccolti.
In altre parole, doveva eliminare ogni dubbio, ogni incertezza, ogni possibile “bias ambientale” che potesse inficiare i dati cruciali per lo studio del cambiamento climatico. La stazione di riferimento climatica installata dal progetto vicino a Torino, in Italia, è un gioiello di precisione, installata in un’area specifica libera da ostacoli e conforme alle rigorose raccomandazioni del World Meteorological Organization (WMO). I suoi dati infatti, sono così pregiati da essere stati proposti per entrare a far parte della ristretta cerchia di stazioni di riferimento della GCOS Surface Reference Network (GSRN).
Ma cosa significa tutto questo? Significa che la convalida del record di Siracusa non è stata un’operazione routine. È stata un’operazione di altissima scienza, condotta con la metodologia più avanzata e rigorosa al mondo, sotto l’egida dei programmi di ricerca più prestigiosi d’Europa. E proprio per questo motivo, la domanda che sorge spontanea – e che attende ancora una risposta chiara – è: perché tanta metrologia avanzata per convalidare un dato, e poi così poca trasparenza su tutto ciò che quel dato ha scatenato a livello istituzionale? Perché un simile apparato scientifico si è piegato a certificare un valore proveniente da una stazione che, come ci ha mostrato il Dott. Alfio Grassi con prove fotografiche, tecniche e logiche inoppugnabili, era palesemente fuori norma, esposta al sole diretto, circondata da asfalto surriscaldato e priva delle condizioni minime richieste da qualsiasi protocollo internazionale?
Passiamo quindi ad analizzare l’ultima parte dell’intervista, quella che forse scioglie i dubbi ma ne apre di nuovi, molto più profondi.
Alla mia 5° domanda, relativa alle motivazioni personali e al sostegno economico delle sue indagini, il Dott. Grassi ha risposto con disarmante sincerità: Il mio impegno sotto forma di volontariato e integralmente sostenuto con le mi finanze è animato dal principio di verità. Mi ritengo autonomo e indipendente a qualsiasi logica di potere, ma ritengo inammissibile, come nel caso in questione, che un falso record sia stato convalidato da Enti, Organizzazioni, Istituti che dovrebbero ispirarsi esclusivamente al rigido metodo scientifico. Quindi, non ricevo alcun finanziamento se non dalla mia stessa tasca. Ritengo, inoltre, che ogni cittadino ha il dovere di ricevere una corretta informazione e che da questi Enti, finanziati con i nostri soldi, sia reso un servizio professionale e trasparente. Qui, invece, ho notato molta opacità, anzi direi malafede!
Ecco perché ha desiderato aggiungermi testualmente che trova inammissibile che Enti pagati con denaro pubblico producano informazioni opache, se non addirittura maliziose. Perché – secondo egli – non si parla più solo di errore tecnico, ma di responsabilità morale e istituzionale. Se un geologo spende i suoi soldi per installare una stazione meteo a norma a 500 metri da quella del SIAS e registra temperature sistematicamente inferiori di fino a 3 gradi, mentre l’altra continua a produrre dati gonfiati, qualcuno dovrà pur chiedersi: chi decide cosa è affidabile e cosa no? E soprattutto, chi trae vantaggio da questa narrazione distorta?
Passiamo quindi alla 6° domanda, quella sulle possibili ragioni dietro il falso record, la risposta è stata ancora più esplosiva: La ringrazio per questa domanda, ma prima di entrare nel merito, le vorrei dare alcune notizie che tutti sconoscono. Il SIAS, dopo la registrazione del record, ha cambiato per ben due volte lo schermo bucato, sostituendolo con altri a norma. Di queste modifiche il SIAS non ha mai dato comunicazione ufficiale; Il SIAS inoltre ha rimosso il secondo schermo dove alloggiava un altro sensore, senza mai darne comunicazione. Insomma, la stazione si sta trasformando all’insaputa di tutti (che trasparenza!!!), magari nel tentativo di normalizzarla, ovvero di eliminare quella sovrastima sistemica che quasi tutti i giorni la stazione registra a causa di quella bolla di calore che viene dalla strada. Mi sono convinto che questo record di 48,8° serviva e serve a qualcuno/alcuni per creare l’allarmismo climatico e incutere spavento alla popolazione. Da questo allarmismo si generano nuovi dibattiti, pubblici, nuove politiche economiche, insomma diventa più facile condizionare le nostre società, inducendo le persone ad assumere nuovi stili di vita che possono orientare le popolazioni a consumi alternativi. Affermare che siamo sulla soglia dei 50° ha un impatto devastante verso l’opinione pubblica, perché suscita grande panico. Molte persone sono fragili e a quella temperatura farebbero veramente fatica a sopravvivere, motivo per cui l’allarmismo climatico non passa inosservato, ma suscita una immediata reazione in ognuno di noi. Senza dubbio il riscaldamento climatico è un dato di fatto ma deve essere valutato nella sua reale consistenza, invece, noto da tempo che viene istillato un allarmismo esasperato, quasi isterico, alimentato dai mass media e dai social, molto spesso viziato da informazioni false, come il record di 48,8°. Mi creda Costanzo, mi sono reso conto che questa storia del record nasconde risvolti veramente inquietanti che molti esperti, pur essendo consapevoli della falsità del dato, rimangano al silenzio Credo che molti abbiano perfino paura a parlare! Il sottoscritto non intende fermarsi e le annuncio che da qualche settimana ho inoltrato richiesta di accesso agli atti al Laboratorio Metrologico INRiM di Torino, dove è stato effettuato il test di calibratura della strumentazione della stazione di Floridia allo scopo di convalidare il record di 48,8°. Confido in un celere riscontro da parte del Laboratorio INRiM, al fine di fugare alcuni miei inquietanti sospetti che da tempo mi attanagliano.
Comprenderete come ormai il Dott. Grassi si sia fermamente convinto – ed il sottoscritto, dopo averlo ascoltato, non può fare a meno di condividerne il ragionamento – e cioè che quel record potesse servire o serve a qualcuno. Si… potrebbe servire per creare allarmismo climatico, per incutere spavento nella popolazione, per giustificare politiche economiche stringenti, per orientare comportamenti collettivi verso modelli di consumo controllati, per alimentare una narrazione dominante che, pur partendo da un fondo di verità, viene distorta fino a diventare propaganda.
Affermare difatti che siamo a un passo dai 50° ha un effetto psicologico devastante. Suscita panico, condiziona le menti e molte persone, fragili, vulnerabili, ci credono. Non è un caso che il termine “emergenza climatica” sia ormai ovunque, ripetuto come un mantra, mentre i dati che lo supportano non vengono mai messi in discussione.
Il riscaldamento globale esiste, nessuno lo nega, ma va misurato con serietà, con onestà, con strumenti a norma e quando invece si sceglie di ignorare evidenze tecniche inconfutabili, come quelle portate avanti dal Dott. Grassi, allora non si sta combattendo il cambiamento climatico: si sta manipolando la percezione della realtà.
Mi ha colpito particolarmente quando ha detto che molti esperti, pur consapevoli della falsità di quel dato, preferiscono il silenzio. Forse per paura. Forse per complicità. Forse perché chi osa parlare viene emarginato, deriso, cancellato. Ma lui non si fermerà. Come ci ha detto… da qualche settimana ha inoltrato richiesta di accesso agli atti al Laboratorio Metrologico INRiM di Torino, dove sarebbe stato effettuato il test di calibratura della strumentazione della stazione di Floridia. Vuole vedere con i suoi occhi quali prove sono state utilizzate per convalidare quel record e confida che, finalmente, quei documenti possano fugare i suoi inquietanti sospetti.
Noi tutti speriamo con lui che arrivi una risposta. Perché non è solo una questione tecnica. È una questione di democrazia dell’informazione. Di diritto alla verità. Di responsabilità di chi gestisce il sapere scientifico. Chi ha finanziato quel progetto CRS-EMPIR? L’Unione Europea. Chi ne ha beneficiato? Organizzazioni internazionali, enti di ricerca, istituti accademici.
Ma chi ha perso? Noi. I cittadini. Perché abbiamo ricevuto un dato presentato come inoppugnabile, mentre le condizioni reali della stazione che lo ha prodotto erano tutt’altro che scientifiche. E se questo è accaduto in Sicilia, quanti altri casi simili esistono in Italia o in Europa? Quanti record basati su stazioni isolate in mezzo all’asfalto, circondate da cemento, ventilazione alterata, sensori mal posizionati? E quanto di ciò che ci viene detto sul clima è davvero accurato, e quanto invece è costruito ad arte per sostenere una narrazione comoda, conveniente, redditizia?
Vi lascio quindi con un pensiero che mi ha accompagnato lungo tutta questa inchiesta: la verità non ha bisogno di spot, di titoli urlati, di like sui social. Ha bisogno di trasparenza, di controllo, di coraggio.
Ed infine permettetemi di allegare il link di un’intervista – realizzata dal programma “Border Nights” – nella quale il Dott. Alfio Grassi insieme all’avvocato Nunzio Condorelli Caff hanno dato prova di una riflessione illuminante, che vi invito caldamente a guardare, perché va oltre la meteorologia, tocca il cuore del rapporto tra istituzioni, informazione e potere.
Rappresenta un momento di riflessione profonda, necessaria, urgente. E mentre guardate quel video, chiedetevi: quanti di noi si fidano ciecamente dei numeri che leggono sui giornali, senza mai chiedersi chi li ha prodotti, come, e perché? Perché forse, alla fine, la domanda più importante non è quanto caldo ci sia, ma chi decide quale versione del caldo dobbiamo accettare come verità.
Buonasera a tutti, proseguo stasera l’approfondimento con il Dott. Alfio Grassi, dopo avervi lasciati con una rivelazione che ha scosso le fondamenta di ciò che abbiamo sempre dato per scontato: i dati sulle temperature record in Sicilia non sono solo – secondo il geologo – discutibili, ma potrebbero essere il frutto di un sistema malato, fatto di incuria, omissioni e forse anche di una sorta di complicità silenziosa tra chi produce i dati e chi dovrebbe controllarli.
Nel precedente post, vi ho riportato le prime due risposte del Dott. Grassi, dove emergeva con chiarezza come la stazione SIAS di Floridia, quella stessa che registrò il clamoroso 48,8°C considerato per mesi il record europeo, fosse collocata in condizioni tecnicamente inaccettabili: schermo solare danneggiato, esposizione diretta ai raggi solari, vicinanza ad asfalto surriscaldato, ventilazione alterata da alberi circostanti. Eppure, quel dato è stato accolto, diffuso, utilizzato come prova scientifica di un clima impazzito.
Ma ora andiamo oltre, perché ciò che viene fuori dalle domande successive non riguarda più un semplice errore tecnico isolato, bensì un fenomeno molto più ampio, sistematico, che mina alla base l’attendibilità di un intero sistema di monitoraggio climatico regionale, e forse nazionale.
La terza domanda che ho posto riguardava le segnalazioni formali: se il Dott. Grassi avesse denunciato le anomalie agli enti preposti e quale risposta avesse ricevuto. La sua risposta è stata netta, precisa, e soprattutto documentata: Certamente, ho segnalato allo stesso SIAS il malfunzionamento della stazione di Floridia trasmettendo un dettagliato report sulle prove e cause della sovrastima sistemica; sono andato anche personalmente a riferire al Dirigente Generale dell’Assessorato all’Agricoltura, ma non solo: ho scritto a tutti gli Enti nazionali e internazionali competenti in meteorologia (Aeronautica Militare, Laboratorio Metrologico INRiM, WMO), ma nessuno ha mai dato riscontro ai miei accertamenti tecnici. E le ripeto: a supporto della mia tesi ho anche trasmesso un documento tecnico sulle clamorose risultanze degli studi condotti dal sottoscritto e la relativa documentazione fotografica attestante le palesi difformità strumentali e di localizzazione della stazione SIAS di Floridia.
Viene spontaneo dire: “tutto ciò è alquanto strano”. Già… nessuno che risponde, non una nota, non un’accusa, non un controllo incrociato, non una rettifica. Si… so bene che quanto riportato accade spesso nella mia terra, già… nella mia meravigliosa Sicilia, non so… sarà colpa di quell’intrinseca idea mentale conosciuta come “omertà”, difficilissima da sradicare, ma in questo caso i silenzi riguardano tutti, già… da Nord a Sud! Solo silenzi… sì, ma parliamo di silenzi che non sembrano frutto di disattenzioni, ma di calcolo…
E quando un professionista serio, preparato, mette nero su bianco prove tecniche inconfutabili e nessun ente reagisce, ecco che non siamo più di fronte a un problema di trasparenza, ma a qualcosa di più grave: la normalizzazione della disinformazione e la salvaguardia della poltrona.
Ed è a questo punto che non potevo non chiedermi – e non chiedergli – se quanto scoperto a Floridia fosse un caso isolato o parte di un quadro più ampio. E qui, la risposta alla quarta domanda spalanca una porta su un panorama ancora più inquietante.
Il Dott. Grassi mi conferma che le anomalie non riguardano solo Floridia, ma molte altre stazioni della rete SIAS: i miei studi sono stati estesi anche ad altre stazioni SIAS e non solo. Nel corso degli anni ho potuto constatare che molte stazioni non sono a norma, per difetto di strumentazione, per mancata manutenzione, per infelice posizionamento. Per la rete SIAS, oltre alla stazione di Floridia, ho riscontrato che anche le stazioni di Mineo, Mazzarrone, Noto, Lentini, Francofonte, Paternò, Augusta – ne cito solo alcune – non rispettano i requisiti minimi di conformità. Stessa cosa ho potuto constatare per la rete della Protezione Civile e persino per qualche stazione gestita dall’Aeronautica Militare.
Ed ancora: Ci tengo a precisare che di per sé la misurazione della temperatura in qualsiasi ambiente è sempre legittima, ma una cosa è usare i dati per un’utilità amatoriale o per scopi privatistici, altra cosa è attribuire al dato rilevato una valenza meteo-climatica. In quest’ultimo caso, il dato deve essere verificato e studiato nel rispetto di rigidi protocolli di convalida e ufficialità, e i requisiti strumentali e di localizzazione devono essere pienamente soddisfatti. In assenza dei quali, il dato va scartato.
Quanto sopra – tiene a precisare il Dott. Grassi – non significa che ogni singola misurazione sia falsa, ma che molti dati vengono raccolti in condizioni che violano i protocolli internazionali, rendendo quindi quei valori inutilizzabili per finalità climatologiche ufficiali. Eppure, stranamente, quegli stessi dati vengono regolarmente citati nei bollettini, nei comunicati stampa, nelle campagne mediatiche sul cambiamento climatico.
Perché – permettetemi di aggiungere da profano – esiste una differenza abissale tra rilevare una temperatura per uso privato e farne un dato scientifico ufficiale. Comprenderete certamente che nel primo caso tutto è lecito, mentre nel secondo servono conformità, verifica, validazione. E quando queste mancano, non si tratta di semplici imprecisioni: si tratta di legittimare un falso.
Mi sorgono allora alcune domande, le stesse che molti di voi si staranno ponendo: quanti dei “record” che ci vengono annunciati con toni apocalittici sono davvero tali? Quanti sono gonfiati da errori strumentali, da ubicazioni sbagliate, da stazioni isolate in mezzo all’asfalto, circondate da cemento e traffico? E soprattutto: chi decide quali dati vengono presi in considerazione e quali vengono ignorati?
Il quadro che emerge non è quello di un complotto, forse, ma di un sistema che preferisce la narrazione allo scrutinio, il sensazionalismo alla precisione. Un sistema che, pur di alimentare una certa visione del clima, accetta dati fragili, li amplifica, li celebra, mentre chi osa metterli in discussione viene emarginato, ignorato, cancellato con il silenzio.
E mentre scrivo, penso a quanta fiducia riponiamo nei numeri, nei grafici, nei bollettini ufficiali, pensando ad essi come oggettivi, neutri, incontrovertibili. Ma se dietro quei numeri c’è incuria, indifferenza, o addirittura volontà di non vedere, allora non stiamo parlando solo di meteorologia: stiamo parlando di qualcos’altro.
E forse, proprio come il sole che il Dott. Grassi ha citato nella nostra conversazione, la verità prima o poi riesce a filtrare, anche attraverso le crepe dello schermo solare di una stazione malconcia.
Ed allora – come dice spesso mia figlia Alessia: “grazie al mio fiuto da profiler e/o investigatore” – sarà forse merito al fatto che, in questi lunghi anni, frequentando uffici delle Procure, la Dia, la Gdf, le sezioni di polizia giudiziaria a seguito delle mie denunce, sto iniziando a comprendere – come molti di voi – cosa vi sia davvero dietro quel record di temperatura di 48,8°C registrato a Siracusa l’11 agosto 2021, che fu ufficialmente convalidato, in prima battuta, dopo un attento esame.
Ma ciò che in pochi sanno, ed emerge da documenti ufficiali, è che l’indagine metrologica alla base di quella convalida è stata condotta nell’ambito del progetto “Climate Reference Station (CRS-EMPIR)”.
Di questo parlerò nel prossimo e ultimo appuntamento, insieme alle conclusioni e alle ultime rivelazioni emerse dall’intervista con il Dott. Grassi.
Restate quindi connessi, perché questa storia non finisce qui…
Come promesso ai miei lettori più attenti, oggi ho avuto il privilegio di incontrare il Dott. Alfio Grassi nel suo ufficio, un professionista che desidero ringraziare pubblicamente non solo per la disponibilità dimostrata, ma per il coraggio e l’integrità intellettuale con cui ha deciso di affrontare una tematica spinosa, proprio come aveva preannunciato nella sua breve risposta – vedasi link: http://nicola-costanzo.blogspot.com/2025/09/richiesta-intervista-al-dott-alfio.html. Dietro la mia insistente richiesta di un confronto, c’era una semplice ma fondamentale ricerca: trovare delle risposte.
Sì… risposte che, fino ad oggi, sembravano sfuggire a qualsiasi logica, sepolte sotto una coltre di silenzi, dichiarazioni ufficiali spesso contraddittorie e una narrazione che non riusciva a soddisfare la curiosità e le legittime preoccupazioni di noi “semplici” cittadini.
Grazie all’intervento del Dott. Grassi, quel muro di omertà e di dubbi forse sta per essere finalmente scalfito, difatti, quel che è emerso nel corso della nostra lunga conversazione, va ben oltre le mie più rosee aspettative e, devo ammetterlo, le mie più fosche previsioni.
L’argomento è talmente vasto, complesso e ricco di dettagli cruciali che, per onestà intellettuale verso i miei lettori e per il rispetto della chiarezza che un tema del genere merita, ho deciso di suddividere il resoconto dell’intervista in più post (peraltro ho avuto poco tempo a disposizione stasera per organizzare tutto il materiale).
Ma non posso, e non voglio, trattenere oltre la notizia più sconvolgente. Voglio preannunciarvi sin da questo primo articolo che quanto scoperto oggi è di una portata tale da lasciare basiti.
Le informazioni che il Dott. Grassi mi ha comunicato, supportate da documenti e una logica stringente, sono qualcosa che mai avrei creduto possibile. Sono certo che, come è successo a me, anche voi lettori resterete senza parole, sorpresi e profondamente turbati da ciò che sta dietro la facciata delle “temperature record” che hanno investito la nostra Sicilia.
Procediamo quindi…
Buonasera, iniziamo con la prima domanda: Occupazione del caso del presunto record e tempistiche – Dott. Grassi, desidero sapere come mai Lei si sta occupando di questo presunto record e soprattutto da quando?
Risposta: Da anni mi occupo di aspetti ambientali-climatici nella qualità di professionista geologico; in particolare, dall’anno 2016 ho avviato uno studio di monitoraggio sulle reti di rilevazioni di dati meteo installate nella Sicilia orientale, sia pubbliche che private, attraverso lo studio dei dati e dei sopralluoghi periodici, al fine di constatare lo stato di conformità di queste stazioni meteorologiche.
Nel 2017, dopo un’analisi accurata condotta sui dati registrati da una stazione ubicata nel comune di Floridia, appartenente alla rete SIAS (Servizio Informativo Agrometeorologico Siciliano), ente regionale gestito dall’Assessorato all’Agricoltura, mi rendo conto di alcune notevoli anomalie sull’andamento termico delle temperature diurne registrate e decido di effettuare un sopralluogo nel sito di ubicazione della stazione.
In sede di sopralluogo mi accorgo, con grande stupore, che lo schermo protettivo del termometro presenta un’ampia apertura attraverso la quale, in alcune ore del giorno, entravano perfino i raggi solari, inficiando la reale misura termometrica in violazione di qualsiasi protocollo di conformità nazionale e internazionale attinente alla metodologia standard di regolare rilevazione della temperatura dell’aria sulla superficie terrestre.
Seconda domanda: Scoperta delle non conformità della stazione SIAS di Floridia – Quando ha scoperto per la prima volta che la stazione SIAS di Floridia non era a norma?
Risposta: Come le ho detto, anni prima che avvenisse il record europeo di 48,8°, il sottoscritto si era accorto che la stazione non rispettiva minimamente i requisiti standard richiesti dai protocolli tecnico-scientifici ufficiali, ma non solo per la presenza del buco nello schermo solare di protezione del termometro, ma anche per l’infelice ubicazione della stazione.
La stazione si trova circondata da alberi e nelle immediate vicinanze, a meno di 10 m, è presente una strada pubblica asfaltata che durante le ore diurne si riscalda notevolmente creando una bolla di calore che spesso, in condizioni di scarsa ventilazione, invade la stazione facendo impennare la temperatura rilevata.
Già alcuni giorni dopo la registrazione del record, avvenuto l’11/08/21, il sottoscritto si è premurato di effettuare un monitoraggio temporaneo e comparativo attraverso l’uso di una stazione datalloger professionale piazzata a circa 50 m dalla quella SIAS, i cui risultati hanno confermato che in alcuni momenti del giorno, quando il vento proveniva dalla stessa direzione di quella del giorno in cui si registrò il record, la sovrastima della temperatura della stazione SIAS registrava picchi di quasi 3°.
Nel 2024, a spese mie, decisi di installare in un luogo non influenzato da ostacoli o strade una stazione professionale a 500 m di distanza da quella del SIAS, dotata di certificazione di calibratura del sensore termometrico e, quindi, rispettosa di tutti i requisiti di conformità richiesti dai protocolli tecnici – scientifici ufficiali.
La stazione è stata messa in rete e, quindi, i dati di temperatura che vengono registrati in automatico ogni 10 minuti sono consultabili online da chiunque, Dopo 14 mesi di monitoraggio si è potuto constatare che la mia stazione restituisce temperature massime quasi sempre inferiori a quelli del SIAS e in certi giorni si sono registrate differenze di ben 3°!
Ma ecco che improvvisamente arriva il momento della rivelazione più sconvolgente, quella che ha giustificato ogni mia perplessità e che trasforma questa intervista in un’indagine su una delle pagine più opache della recente storia meteorologica italiana.
Sì, vi assicuro: questo è solo un assaggio, il primo di una serie di post che cercheranno di scavare a fondo, per arrivare alla verità.
E del resto, non si dice che la verità è come il sole? È vero: fa fatica a rimanere nascosta per sempre!
Restate quindi sintonizzati: i prossimi capitoli saranno ancora più incredibili.
Non so che dire… la vicenda delle temperature in Sicilia continua a rivelarsi un groviglio inestricabile di dubbi e opacità, e più leggo le notizie riportate sul web, più mi convinco che ciò che sfugge alla mia vista, sia molto più interessante – e forse decisivo – di ciò che mi viene mostrato. Se ricordate, qualche giorno fa mi interrogavo su alcune affermazioni riportate su http://www.meteoweb.eu in particolare riguardo alle stazioni SIAS dichiarate “malfunzionanti”, e su quel presunto record europeo di 48,8°C registrato a Floridia nell’agosto 2021. Un dato la cui ombra di illegittimità, anche alla luce delle ultime rivelazioni, sembra allungarsi sempre di più.
Difatti, la lettura del paper tecnico-scientifico utilizzato dalla WMO per convalidare ufficialmente quel record non ha fatto altro che alimentare nuove perplessità. Anzi, da quanto ho approfondito in queste ore, quelle perplessità si sono trasformate in un vero e proprio sospetto. Sono emerse contraddizioni evidenti, affermazioni che appaiono costruite ad arte per superare l’esame della commissione internazionale. E mi ritrovo, ancora una volta, a chiedermi: quale sia davvero il gioco in corso?
Il geologo Alfio Grassi – che ho contattato telefonicamente e che gentilmente mi ha concesso un incontro nel suo ufficio per metà della prossima settimana – nel suo ultimo contributo smonta pezzo per pezzo lo studio, evidenziando quelle che a tutti gli effetti sembrano vere e proprie falsità.
La prima riguarda lo schermo solare della stazione, quel guscio protettivo fondamentale per garantire una misurazione accurata della temperatura. Nel documento della WMO si afferma che lo schermo del sensore principale era intatto, e che le foto che ne mostravano uno danneggiato si riferivano invece a un sensore secondario di backup.
Eppure, un confronto incrociato tra le foto scattate da Grassi pochi giorni dopo il record e i fotogrammi di una trasmissione televisiva successiva dimostra il contrario: lo schermo sottoposto alle verifiche di laboratorio – e presentato come originale – è proprio quello danneggiato, con il famoso buco che avrebbe potuto alterare significativamente la lettura termica.
Questo non è un semplice dettaglio tecnico: è una discrepanza fondamentale, che getta un’ombra pesantissima sull’intera procedura di convalida. A tutto ciò si aggiunge il fatto sconcertante che la verifica dello stato della stazione sia avvenuta esclusivamente attraverso fotografie fornite dal SIAS, senza alcuna ispezione diretta sul campo da parte di tecnici indipendenti. E ancora: la strumentazione è stata poi sostituita in modo opaco, senza trasparenza né protocolli condivisi, violando ogni principio di corretta prassi scientifica.
Ma le incongruenze non finiscono qui. La descrizione del sito di misurazione fornita nel paper sembra volutamente ignorare la realtà dei fatti. Si legge che il terreno circostante è prativo, con “piccoli alberi”, e che una stretta stradina asfaltata non si trovava a monte rispetto alla direzione del vento durante l’evento record.
Guardando però una semplice mappa satellitare, emerge con chiarezza che la strada si trova esattamente a nord-ovest – la stessa direzione da cui proveniva il vento in quelle ore. Ciò significa che una potenziale bolla di calore generata dall’asfalto sarebbe stata spinta direttamente verso i sensori, falsando la misurazione.
Inoltre, quei “piccoli alberi” sono in realtà un filare alto diversi metri, disposto in modo da poter favorire il ristagno dell’aria calda, creando un microclima anomalo. Sono dettagli troppo grossolani per essere semplici errori di valutazione: sembrano piuttosto elementi di una narrazione costruita ad hoc, finalizzata a dipingere uno scenario ideale che nella realtà non esiste.
Tutto questo mi porta a chiedermi: perché tanta ostinazione nel difendere un dato numerico? Perché investire tante energie, autorevolezze e procedure internazionali su un valore che presenta così tante crepe?
Penso che si stia giocando una partita che va ben oltre la meteorologia: una schermaglia tra schieramenti, dove la scienza viene piegata, strumentalizzata, trasformata in arma di persuasione. Da una parte, chi quel record – gonfiato o meno – lo brandisce per alimentare una certa narrazione climatica, amplificando allarmi; dall’altra, chi forse cerca di coprire inefficienze strutturali, ritardi tecnologici o, semplicemente, di salvare la faccia di un sistema già sotto pressione.
Il vero mistero, allora, non è più il termometro di Floridia. Il vero mistero è ciò che si nasconde dietro la volontà di renderlo credibile a tutti i costi: interessi istituzionali, pressioni mediatiche, ambizioni di visibilità, o forse qualcosa di ancora più profondo, legato al modo in cui oggi la scienza viene selezionata, filtrata e usata.
Auspico che il Dott. Grassi possa finalmente chiarire questa circostanza, che ormai sta rasentando il malcostume scientifico. E che qualcuno, da qualche parte, abbia ancora il coraggio di chiedersi non solo quanto ha fatto caldo, ma come e perché lo sappiamo. Perché la verità non sta nei numeri, ma nel modo in cui vengono prodotti.