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Droni russi in Polonia, Romania ed Estonia? O è solo l’ennesimo atto di una guerra mediatica per prepararci al conflitto che vogliono loro?


Si parla di droni russi in Polonia, e subito l’allarme sale, le sirene suonano, i telegiornali mostrano mappe con frecce rosse e volti preoccupati…

Ma siamo sicuri che si tratti davvero di un attacco, o piuttosto di un copione già scritto, recitato a beneficio di chi deve credere a una minaccia sempre pronta a materializzarsi?

Mi chiedo, e non per la prima volta, se non sia questa l’ennesima manovra orchestrata dai media e da certe “élite geopolitiche” per tenere alta la tensione, per spingerci verso un baratro che forse nessuno vuole, ma che qualcuno ha interesse a farci temere.

Perché ogni volta che sento parlare di droni russi al confine con la NATO, avverto un’inquietudine più profonda: quella di essere parte di un gioco più grande, dove le pedine siamo noi, e le regole le scrivono altri.

Non posso ignorare il sospetto che dietro queste narrazioni ci sia una regia invisibile, composta da poteri forti che muovono fili ben al di là dei nostri schermi. Non è paranoia, è semplice osservazione: quando un evento del genere accade, le reazioni sono sempre pronte, i commentatori all’unisono, le analisi già formulate ancor prima che i fatti siano chiariti. 

Sembra quasi che esista una tavola rotonda di decisionisti, seduti in stanze senza finestre, che decidono quando innalzare il livello di allerta, quando indicare il nemico, quando farci sentire in pericolo e così, mentre loro discutono, noi veniamo informati – o meglio, condizionati – a pensare in un certo modo, a reagire in un certo modo, a chiedere soluzioni che, guarda caso, rafforzano proprio chi quegli stessi poteri rappresenta.

Cosa c’è davvero dietro questi droni? Erano armati? No! Hanno colpito obiettivi strategici? No! Hanno causato vittime? Neanche una… eppure viene definita una “provocazione”, un test ai confini della guerra ibrida. Ma chi prova chi? La Russia sta mettendo alla prova la NATO, dicono. E allora perché non chiedersi anche se non sia vero il contrario? 

Forse è proprio questo il punto: creare una situazione ambigua, difficile da interpretare, dove ogni movimento possa essere letto come aggressione, dove ogni silenzio possa essere visto come debolezza, già… in questo clima, basta poco per accendere la miccia: un drone qui, un jamming del GPS là, un’esercitazione militare annunciata. Tutto diventa segnale, tutto diventa minaccia. E mentre Mosca viene indicata come artefice di ogni turbolenza, si dimentica che anche dall’altra parte ci sono manovre, pressioni, interessi strategici ben precisi.

Pensiamo al passato recente: quante volte abbiamo creduto a scenari poi smentiti dalla storia? L’Iraq, ancora una volta, con le armi di distruzione di massa mai trovate. La Siria, con gli attacchi chimici attribuiti ad Assad e mai provati oltre ogni ragionevole dubbio. Il Nord Stream, sabotato nel cuore del Mar Baltico, con tutti che puntavano il dito verso la Russia, finché giornalisti come Seymour Hersh hanno raccontato una verità molto diversa, scomoda, e immediatamente emarginata

Quante altre volte ci hanno usato il timore per giustificare l’aumento delle spese militari, il rafforzamento delle alleanze, la limitazione delle libertà interne? È un meccanismo noto: crea un nemico, diffondi la paura, offri la sicurezza in cambio dell’obbedienza!

E oggi, con l’esercitazione Zapad 2025 alle porte, con le truppe russe in movimento, con la Polonia che invoca l’articolo 4 della NATO, sento risuonare lo stesso copione, si alza la temperatura, si mobilitano gli aerei, si annuncia un “muro di droni” europeo, come se la difesa dovesse necessariamente significare escalation. E von der Leyen, nel suo discorso sull’Unione, ne approfitta per rilanciare un progetto di integrazione militare che, detto sinceramente, sembra più un salto verso l’inevitabile che una vera proposta politica. 

Ma chi guadagna da tutto ciò? Chi trae vantaggio dal mantenere l’Europa in uno stato di perenne emergenza? Forse chi vive del conflitto, chi specula sulle armi, chi teme un continente unito non sotto il segno della pace, ma sotto il simbolo della guerra.

E poi c’è Trump, ovviamente… Perché anche lui fa parte dello spettacolo. Un post criptico, una telefonata, e subito si dice che dipende da lui se la crisi degenera. Come se il destino del mondo debba sempre passare attraverso un uomo solo, un personaggio mediatico, un attore consumato del teatro del potere. Ma non è forse questo il vero obiettivo? Ridurre le grandi questioni internazionali a duelli personali, a tweet, a gesti simbolici, mentre le strutture profonde del controllo proseguono indisturbate, fuori dalla vista?

Ho paura… sì, ma non dei droni. Ho paura del silenzio che accompagna certe verità. Ho paura della facilità con cui accettiamo versioni comode, della fretta con cui demonizziamo chi non controlliamo. E ho paura che, tra provocazioni reali e montate ad arte, tra informazioni e disinformazione, finiremo per perdere la capacità di distinguere, fino a quando non sarà troppo tardi. 

Perché se davvero stiamo andando verso un nuovo conflitto mondiale, non sarà annunciato da cannoni, ma da titoli urlati, da allarmi calibrati, da dubbi soffocati prima ancora di essere formulati…

Droni russi? Ma quando mai… è l’ennesima macchinazione della “NATO”! Sì… per farci credere di avere un nemico che non esiste.


Droni russi? In Polonia? Ma quando mai…

Si tratta dell’ennesima macchinazione orchestrata dalla “NATO” per destabilizzare l’opinione pubblica, plasmare il consenso e indirizzare l’ira collettiva verso un nemico già predefinito!

Già… quante volte ci hanno raccontato una verità che poi si è sgretolata sotto i colpi della realtà, eppure continuiamo a bere dalle stesse fonti, a fidarci degli stessi canali, come se la storia non avesse mai provato a metterci in guardia.

Mi chiedo spesso: chi decide cosa deve arrivare alle nostre orecchie? Chi stabilisce quale versione dei fatti deve prevalere, anche quando le prove sono fragili, contraddittorie o del tutto assenti?

Sembra quasi che esista una regia silenziosa, invisibile, capace di modellare la narrazione globale con la precisione di un orologiaio, mentre noi, spettatori inconsapevoli, annuiamo convinti di sapere la verità.

È difficile non notare come certi eventi siano costruiti ad arte per generare reazioni prevedibili: paura, rabbia, richieste di intervento. E ogni volta, puntualmente, il colpevole ha lo stesso volto, lo stesso accento, lo stesso simbolo sulla bandiera. 

La Russia, negli ultimi anni, è diventata quel fantasma che aleggia su ogni crisi, su ogni incidente internazionale, come se fosse l’unica nazione al mondo capace di agire nell’ombra. Ma davvero crediamo che sia così? O forse ci stanno semplicemente abituando a cercare il male sempre nello stesso luogo, perché così è più facile giustificare le scelte geopolitiche, i riarmi, le alleanze strategiche? 

Quando sento parlare di droni russi abbattuti al confine con paesi NATO, non posso fare a meno di chiedermi: dove sono le prove concrete? Dove sono i dati accessibili, trasparenti, verificabili? Oppure assistiamo di nuovo a una sceneggiata mediatica, utile a tenere alta la tensione e a legittimare ulteriori pressioni?

Pensiamo al passato: quante volte ci hanno portato in guerra con argomentazioni fasulle? Ricordate le armi di distruzione di massa in Iraq? Un castello di bugie costruito su intelligence manipolata, dichiarazioni gonfiate, silenzi compiacenti. Milioni di persone sono morte per una menzogna che oggi nessuno osa più difendere. Eppure, all’epoca, tutti i media ripetevano lo stesso copione, come se fossero collegati allo stesso palcoscenico.

Oppure ricordiamo l’affondamento del Kursk: subito voci su incidenti provocati da sottomarini stranieri, teorie su collisioni con navi NATO. Poi, con il tempo, emerse che si trattava di un incidente interno, ma l’onda emotiva era già partita, e aveva già fatto il suo lavoro: creare sospetto, diffidenza, tensione. Anche in quel caso, la Russia fu dipinta come vittima di aggressioni occidentali, o come responsabile di disastri evitabili, a seconda delle convenienze narrative del momento.

E che dire del sabotaggio del gasdotto Nord Stream? All’inizio, ovviamente, la Russia fu indicata come principale sospettata. Una mossa logica, secondo la narrativa dominante: Putin vendica le sanzioni, colpisce l’Europa nel cuore energetico. Ma poi? Poi sono emerse tracce, analisi, testimonianze che hanno cominciato a puntare altrove. 

Giornalisti liberi e soprattutto coraggiosi, come Seymour Hersh, hanno tirato fuori documenti e fonti che indicavano un intervento diretto della NATO, con la complicità di governi europei. Non sono teorie complottiste, sono ricostruzioni basate su fonti militari e diplomatiche. Eppure, questi racconti sono stati marginalizzati, ridicolizzati, cancellati dai mainstream. Perché? Perché non si adattano alla storia che dev’essere raccontata. Perché smontare il nemico ufficiale significherebbe ammettere che il sistema ha mentito. E questo, evidentemente, non è contemplato.

Mi torna in mente anche la cosiddetta “invasione” della Georgia nel 2008. Fu la Russia a iniziare, dissero. Ma studi successivi, rapporti dell’Unione Europea, testimonianze di esperti neutrali, hanno mostrato che fu Tbilisi a scatenare le ostilità, con il sostegno esplicito di alcuni alleati occidentali.

 Ancora una volta, ecco che la Russia viene dipinta come l’aggressore, mentre in realtà quest’ultima intervenne dopo un attacco a una regione già in conflitto da anni. La stampa mondiale, però, non cambiò mai rotta. Il racconto rimase immutato: Mosca cattiva, Occidente buono. E così si costruiscono i mostri, non con la realtà, ma con la ripetizione costante di una versione dei fatti.

Tutto questo mi porta a un dubbio profondo, che non riesco a scrollarmi di dosso: siamo ancora liberi di pensare, o ci viene soltanto permesso di pensare entro limiti ben precisi? Dietro ogni notizia, dietro ogni emergenza internazionale, sembra esserci una mano che guida, che sceglie chi deve essere colpevolizzato, chi deve essere salvato, chi deve essere temuto. 

E quando questa mano appartiene a un blocco politico-militare come la NATO, che ha interessi economici, strategici e di potere da difendere, diventa ancora più urgente chiedersi: chi controlla la narrazione, controlla il mondo. 

E soprattutto… se continuiamo a credere ciecamente a ciò che ci viene servito ogni sera nei telegiornali, ahimè anche dai nostri governanti, sì… senza mai scavare oltre, senza mai domandarci chi trae vantaggio da quella specifica versione dei fatti, allora saremo sempre marionette, mossi da fili invisibili, applaudendo mentre il puparo cambia scena.

Ecco perché giunto il momento di smettere di guardare solo il palco, e iniziare a fissare l’ombra di chi sta dietro le quinte!!!

Israele e gli Houthi: Il braccio di ferro nel Mar Rosso.

Israele ha dimostrato più volte di saper colpire con precisione, come nel caso dei raid in Iran, e adesso si prepara a individuare nuovi bersagli nello Yemen ed in Libano per infliggere colpi ancora più significativi agli Houthi e agli Hezbollah.
Una fonte militare israeliana, però, non ha nascosto la complessità crescente di queste operazioni, ammettendo che gli strumenti attualmente a disposizione non sono sufficienti a fermare del tutto i lanci missilistici. Eppure, una cosa è chiara: Tel Aviv non ha intenzione di restare con le mani in mano.

Gli attacchi aerei israeliani hanno già centrato il porto di Hodeidah, un punto nevralgico per gli Houthi, colpendo direttamente bulldozer, camion e perfino un serbatoio di carburante.

Nel frattempo l’organizzazione sciita libanese avrebbe allestito una serie di hub logistici nei distretti di Batroun, Jbeil, Minieh e Akkar, tutti situati nella parte settentrionale del Paese, strutturando quell’area in maniera autonoma, non solo nei mezzi e nelle decisioni, ma soprattutto, con le armi.

L’uso crescente dei droni, lanciati direttamente dalle basi israeliane, ha permesso di ridurre i rischi per i piloti, dimostrando una strategia sempre più raffinata e mirata e nonostante la fermezza israeliana, replicare agli stessi modelli usati contro di essa, sembra al momento improbabile.

Già… la distanza geografica nel caso dello Yemen e la mancanza di una rete di intelligence altrettanto solida in quei territori, rendono difficile applicare lo stesso approccio utilizzato a Gaza o in Iran. Gli Houthi, dal canto loro, non si fermano nel cercare di sviluppare nuove capacità militari, spinti dal supporto di quest’ultimi, anche se i risultati non sempre seguono.

Difatti… ogni tentativo di ricostruire le infrastrutture portuali viene puntualmente vanificato da nuovi bombardamenti, come a ribadire un messaggio inequivocabile: ogni sforzo di riparazione verrà punito con nuovi attacchi!

Nel frattempo, gli Stati Uniti lanciano un nuovo monito: Teheran starebbe riorganizzando le milizie alleate nella regione, e gli Houthi potrebbero presto ricevere armamenti ancora più sofisticati.

In questo equilibrio instabile, però, nessuno può dire con certezza come andranno le cose. Le rotte del Mar Rosso, strategiche per il traffico marittimo mondiale, potrebbero presto trasformarsi in un teatro di conflitti imprevedibili, dove ogni mossa genera reazioni a catena.

E in questo gioco di specchi, dove le intenzioni si confondono con le azioni, l’unica certezza è che il prossimo colpo, in qualsiasi momento, potrebbe cambiare tutto.

Colpita la residenza privata del premier Netanyahu!!! Ora – dopo quanto occorso ai leader di Hamas e Hezbolah – non vorrei trovarmi al posto del leader supremo Khamenei o del Presidente iraniano Masoud Pezeshkian!

Secondo un funzionario del governo israeliano (che ha riferito alla tv Channel 12), ha provocare l’attentato – per eliminare il primo ministro Benyamin Netanyahu – sia stato l’Iran, se pur il drone fosse partito dal Libano…

L’obiettivo dell’attacco era l’abitazione privata del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, anche se le autorità israeliane non hanno dato alcuna conferma che la casa colpita dall’ordigno, fosse realmente quella di Netanyahu, ma certamente quanto ora accaduto, influenza negativamente qualsivoglia trattativa di pace…  

Altri due droni erano stati intercettati, mentre quello che ha colpito la struttura nella zona di Cesarea”, non ha causato vittime e feriti. 

Il leader supremo iraniano, l’Ayatollah Ali Khamenei ha nel contempo dichiarato: “Hamas, il movimento islamico palestinese è vivo e tale rimarrà” nonostante la morte del suo leader Yahya Sinwar!!!

Quanto sta accadendo nel Libano difficilmente porterà ad una pace, anzi tutt’altro, ciò che di fatto sta per compiersi è un’escalation del conflitto, con un ampliamento del conflitto verso l’Iran che potrebbe determinare una guerra sanguinosa e i cui sviluppi sono ahimè imprevedibili!!!

Sperare in una possibile pace ritengo sia attualmente un utopia, ma soprattutto ritengo questa possibilità molto lontana dal compiere!!!

Come peraltro non saranno le minacce annunciate da Teheran (“severa e avverrà al momento, nel luogo e nei modi appropriati”) a far modificare lo scenario in atto, che vedrete, porterà sicuramente ad uno scontro frontale tra Israele e le forze congiunte che vorrebbero la sua totale eliminazione: mi riferisco ai gruppi conosciuti come Hamas, Hezbollah, Psdaran e Houti.

Prima però di questa guerra simultanea, penso che Israele – proprio a seguito dell’attacco compiuto stamani per uccidere il suo leader – se pur finora contrario ad eliminare il leader supremo iraniano – per non immolare quella sua figura ad eroe e quindi a martire della causa – penso che viceversa, a breve, organizzerà (per come ha già fatto con gli altri leader) un omicidio mirato: sì… per colpire l’Hayatollah oppure l’attuale Presidente iraniano, Masoud Pezeshkian!!!

Sigilli a due cave abusive!!!

I controlli di forestali e degli ispettori della Regione hanno svolto delle ricognizioni usando sia l’elicottero dei carabinieri che i droni, ed è così che si è pervenuti ai sigilli per due cave risulate abusive. 

Dagli accertamenti è emerso che le due cave risultavano in esercizio e sarebbero state sfruttate in assenza dell’autorizzazione previste.

Per cui, effettuati i dovuti controlli, sono stati sequestrati tutti i macchinari presenti e anche i rifiuti da estrazione.

Come riportato sopra, il risultato dell’operazione è stato determinato attraverso la cooperazione fra i carabinieri forestali ed il Nucleo di vigilanza ambientale regionale, riguardante proprio il controllo sulle attività estrattive.

Il blitz dei militari condotto in collaborazione dei funzionari della Regione, è stato realizzato in un’area caratterizzata da vaste estensioni a formare un importante comprensorio per l’attività estrattiva. 

Sono così scattati i sigilli nelle aree: una di 1,70 ettari di superficie per 12-18 metri di profondità e l’altra di 0,80 ettari per 12 metri di scavo. 

Sono stati altresi sequestrati i rifiuti da estrazione accantonati sul posto, macchine tagliablocchi, un autocarro e un’ulteriore superficie, di circa 100 metri quadri dov’era stata allestita una discarica di rifiuti speciali (fresato di asfalto, materiale da demolizioni edili, tubi in plastica fuori uso).

Come sempre accade in questi casi sono stati indagati il proprietario delle aree e i due amministratori della società di gestione delle attività, per aver violato la “legge-cornice” sulla gestione dei rifiuti da attività estrattive e di gestione di rifiuti non autorizzata da attività estrattiva (inquinamento ambientale in zona sottoposta a vincolo paesaggistico), mancata nomina del direttore responsabile di cava e  mancata presentazione del DSS (documento di salute e sicurezza) ed anche del documento sulla stabilità dei fronti, così come prescritto dalla legge 624/1996, relativa aalla sicurezza e salute dei lavoratori nell’esercizio di attività estrattive.

Alla fine comunque vi è quantomeno una nota positiva e cioè che la vicenda sopra riportata non ha riguardato la nostra Regione, bensi essa fa riferimento ad un’altra… sempre del Sud, precisamente la Puglia.

C’è un motivo quindi perchè ho voluto scrivere questo post ed è quello di far comprendere (a chi ovviamente ha voglia di ascoltare poiché si sa… non c’è peggior sordo di chi non vuole sentire) che ormai i controlli – di queste peculiari attività, come per l’appunto quella estrattiva e/o la gestione dei rifiuti – si stanno sempre più perfezionando, sì… attraverso metodologie e tecniche innovative e quindi (forse) è venuto il tempo di seguire quel detto che dice: è meglio fermarsi e tornare indietro, che continuare con il mal cominciato cammino!!!  

 

 

Alì Kamenei, fossi al suo posto ci penserei due volte ad attaccare Israele!!!

Per fortuna che c’è il nuovo Presidente iraniano Masoud Pezeshkian a convincere l’ayatollah Ali Khamenei (85 anni) a rinviare l’attacco contro Israele.

Comprendo perfettamente quali motivi spingano l’attuale leader supremo a voler rispondere all’uccisione dello scorso luglio del leader di Hamas, Ismail Haniyeh, ma il rischio che si potrebbe correre con un nuovo attacco, è simile a quello che condotto al conflitto in corso nella “Striscia di Gaza”.

Già… aver creduto in una azione folle, in quell’attacco violento programmato dai miliziani di Hamas che -come abbiamo assistito- ha portato ai numerosi sequestri di civili; sì… hanno pensato senza aver previsto anticipatamente quali esiti avrebbe condotto quell’errata operazione militare, la stessa (ne sono fortemente convinto) che era già prevista e segnalata dall’intelligence istaeliana al governo, che infatti ha atteso che si compiesse quell’attacco, affinchè si potesse giungere al progetto previsto e cioè di liberare tutti i territori israeliani dalla presenza araba!!!

Ed ora sto ascoltando in Tv di come l’ayatollah Khamenei ,vorrebbe rispondere contro Israele con una rappresaglia , dimenticando o chissà… non tenendo conto di quanto Israele e soprattutto gli Usa, stanno progettando un conflitto contro quel Paese…

Ed ora egli vorrebbe promuovere questo “auspicato” desiderio dei suoi avversari, convinto che attraverso i suoi missili e droni, potrà dare inizio ad un conflitto anti-sionista che dovrebbe espandersi a macchia d’olio…

Beh, penso che non appena quella rappresaglia inizierà, in sei giorni – già come quanto accaduto nel 1967 – l’Iran si ritroverà con tutte le proprie strutture militari distrutte, con gli impianti nucleari colpiti in maniera decisa (se pur quest’ultimi siano stati posti in questi ultimi anni ancor più sottoterra, proprio per evitare di restare colpiti dai raid missilistici…) e tutto ciò porterà non solo ad una disfatta politico e internazionale, ma anche al rischio di una caduta del regime…

D’altronde questa personale analisi rappresenta quanto di fatto vuole tutto il Medio Oriente e cioè contenere l’egemonia iraniana; non va dimenticato come lo stesso Netanyahu, dopo l’incontro con i rappresentanti di Egitto e Giordania, aveva annunciato che la minaccia strategica iraniana costituisce il principale problema nella regione, portando, per la prima volta dalla fondazione di Israele, ad un’intesa arabo-israeliana.

Quanto sopra inoltre riflette un’altra intesa, quella tra israeliani e americani, dal momento che anche dagli Usa viene espresso come la sconfitta dell’Iran sia la sua priorità assoluta nella regione e difatti, la maggior parte dei paesi arabi ad oggi, non hanno ancora chiarito la propria posizione nel conflitto tra Iran e Israele!!!

Difatti, le possibilità degli arabi variano tra neutralità, alleanza con Israele, e coesistenza con Iran e Israele…

Ora, sebbene ciascuna di queste posizioni danneggino gli interessi dei paesi arabi, sembrerebbe però che i loro governanti non abbiano molta scelta, d’altronde il rischio sarebbe quello di rimanere coinvolti dal conflitto, senza aver la certezza di prevedere quali conseguenze negative si potrebbero ahimè determinare.

Sono quindi questi i motivi che mi spingono a suggerire all’Ayatollah Kamenei ed anche al Presidente Pezeshkian di pensarci bene, già… più e più volte, prima di attaccare Israele, sì… per non doversene pentire!!!

 

IRAN: ecco le armi ipotizzate dal sottoscritto per abbattere l'elicottero del Presidente Raisi!!!

Quando ho scritto il post “IRAN: Accident or murder? That is the question!!!” – vedasi link:

http://nicola-costanzo.blogspot.com/2024/07/iran-accident-or-murder-that-is-question.html – in molti avranno pensato che l’ipotesi descritta dal sottoscritto, fosse parecchio fantasiosa…

Beh… a differenza di quanto poteva apparire l’articolo, proprio di poche ore fa la notizia che la Corea del Sud si appresta a diventare il primo paese al mondo a utilizzare armi laser nel suo esercito. 

Hanno scelto quale nome per il programma laser “Star Wars” e sembra che queste armi siano talmente invisibili ad occhio umano e capaci di bloccare i motori e le apparecchiature elettriche inviando semplici fasci di luce per 10-20 secondi…

Nel mio precedente post avevo anticipato di come anche l’esercito australiano avesse testato l’utilizzo di armi laser contro i droni e quindi queste nuove armi confermano ancor più l’ipotesi che quanto accaduto all’ex Presidente Raisi potesse non essere del tutto accidentale…

Premetto che i miei post non hanno alcuna volontà di confermare che vi sia stato un attentato, come d’altronde non credo che vi sia un paese – attualmente in contrasto con le politiche dal Consiglio dei guardiani – che possa aver architettato di voler abbattere quell’elicottero, ma certamente resto dell’idea che ogni azione compiuta per destabilizzare l’attuale governo iraniano, viene vista da molti come un piccolo passo verso quella desiderata possibilità di scatenare una guerra civile…

Una cosa è certa l’impiego di armi laser o armi a energia diretta sono di fatto già utilizzate ed evidenziano di riuscire a colpire qualsivoglia oggetto in movimento senza l’utilizzo di pilota, ma soprattutto permetteranno in un prossimo futuro di sfruttarle in ogni campo avendo quest’ultime un’ampia possibilità di utilizzo grazie alla potenza variabile dell’energia impiegata.

 Pensavamo che tutto questo fosse fantascienza, ma purtroppo è la realtà!!!     

IRAN: Accident or murder? That is the question!!!

L’elezione in Iran (convocata per sostituire il presidente morto Ebrahim Raisi) è provvisoriamente terminata con il ballottaggio tra il riformista Pezeshkian e il fondamentalista Jalili…

L’affluenza al voto ha registrato una partecipazione di appena il 40%, ma forse ora a seguito del ballottaggio saranno in molti coloro (gli stessi che si sono astenuti, in particolare la maggioranza delle donne) che proveranno a far vincere il riformista Massud Pezeshkian a scapito del candidato appoggiato dal governo o dovrei dire dal Consiglio dei Guardiani!!!

Vedremo a giorni come andrà a finire, sempre che non emergeranno brogli elettorali…

Certamente queste nuove elezioni (dovute alla morte del presidente Raisi) hanno lasciato sul sottoscritto forti dubbi…

Già… incidente o omicidio? Questo è il problema!!! 

Sappiamo per certo – da quanto abbiamo potuto ascoltare dai Tg – che non è stata una bomba a far precipitare l’elicottero del presidente Iraniano!!!

Come d’altronde non è stato un missile straniero a colpire quell’aeromobile e difatti, sin dalle prime notizie iraniane è stato riportato che si è trattato di un incidente.

Ora… se pur certo che le informazioni iraniane corrispondessero al vero, d’altronde non sono stati trovati segni d’esplosivo nei rottami recuperati, possiamo accettare il giudizio che non vi sia stato alcun attentato dinamitardo e/o missile che abbia fatto esplodere quel veicolo aereo… 

Ma se viceversa dietro a quella sciagura fosse accaduto dell’altro, pur volendo considerare la buona fede dei periti chiamati a suffragare quel mancato intervento esterno o l’eventuale attacco militare, qualcosa resta da scoprire…

Vi starete chiedendo: ma Costanzo dove vuol arrivare??? 

Allora… poniamo il caso che esista un modo per far precipitare quell’elicottero senza l’utilizzo di armamenti convenzionali, mi riferisco ad esempio a quelli attualmente a conoscenza della maggior parte delle forze armate; ecco… chiunque analizzasse un veicolo precipitato a seguito di un tipo di arma come questa ipotizzata, non troverebbe nulla per suffragare l’idea di un attentato, come d’altronde a conferma di questa ipotesi, possono esser riprendere le comunicazioni intercorse prima dell’incidente, le quali non hanno evidenziato alcun problema tecnico.

E quindi siamo tutti concordi che quell’elicottero è caduto improvvisamente, senza comunicare anomalie, disfunzioni, guasti, etc…

Cosa fare quindi in questa circostanza se non certificare che si è trattato di una disgrazia…

Ma come dice il detto: “a pensare male si fa peccato, ma spesso si indovina”!!!

Ed allora provo ad instillare in ciascuno di voi un dubbio, lo stesso che dal primo istante, appena ascoltata la notizia, mi ha assillato…

Mettiamo il caso che esista un arma capace di colpire a distanza un qualsiasi mezzo meccanico, in particolare un veicolo aereo; questo sistema innovativo, sconosciuto ancora alla maggior parte dei militari, è capace di mandare in tilt l’intero impianto elettrico e di conseguenza bloccare le parti meccaniche di un veicolo, motori, pale, etc…

Quindi ipotizzando che esista quest’arma, se vi fosse un mezzo in volo da colpire, quest’ultimo si bloccherebbe immediatamente, già… su sé stesso e quindi non potrebbe far altro che precipitare…

Mayday, mayday” tuonerà certamente il radiofonista ed un segnale internazionale d’aiuto verrà così lanciato nell’etere, sì perché nel frangente di salvare quanti a bordo, il pilota proverà prima di precipitare di avvisare la base indicando la posizione e l’eventuale punto d’impatto!!!

Sì… una richiesta di aiuto che però non troverà alcun ascoltatore, perché come ho riportato sopra, tutto l’impianto elettrico è fuori uso e quindi anche quel messaggio non verrà mai trasmesso…

E difatti a conferma di ciò, le stesse squadre di ricerca iraniane hanno perduto ore e ore per comprendere dove fosse caduto quel veicolo, a conferma che nessun messaggio di avaria, fosse stato (stranamente) inviato dal pilota…

Vien ora da chiedersi: come avrebbe fatto ad esempio quell’organizzazione militare (diciamo avversa al governo iraniano) ad abbattere l’aeromobile???

Ah… ora che avete iniziato ad intuire cosa potrebbe essere accaduto, mi permetto di lanciare un sospetto!!!

Si è trattato di un raggio laser, non so dirvi se inviato da terra o da una nave militare posta al largo delle coste iraniane oppure da uno di quei droni dotati a grande autonomia in grado di compiere missioni di sorveglianza ad alta quota e nel caso specifico, capace di intercettare, mirare e quindi bloccare tutti i sistemi di un veicolo attraverso un raggio laser modificato per l’occasione…

Penso che si tratti di una arma militare ancora in fase sperimentale, già come taluni cannoni laser che proprio in questi giorni abbiamo letto esser stati provati, mi riferisco al nuovo potentissimo laser portatile anti drone in possesso dell’esercito australiano.

Quest’arma segreta avrebbe un raggio d’azione piuttosto ampio ed una precisione davvero elevata, con la certezza di riuscire a centrare l’obiettivo anche a lunga distanza e quindi capace di accecare e bloccare senza alcuna difficoltà qualsivoglia strumento in movimento e con la garanzia di colpire il bersaglio prescelto in modo certo…

Difatti il suo raggio laser potrebbe essere utilizzato per accecare i sistemi elettrici, danneggiando completamente la funzionalità dei veicoli nemici in movimento… 

Quindi, mettendo – per ipotesi – che si sia trattato di un attentato, resta ora da chiarire quale fosse il movente e soprattutto chi poteva avere interesse – non solo all’estero, ma anche nel proprio Paese – che l’ex Presidente Raisi, venisse improvvisamente a mancare…

Ho pensato quindi a due possibili soluzioni, tra qualche giorno ne parlerò, molto dipenderà anche da come finiranno queste elezioni presidenziali… 

Il 21 Gennaio 2019 anticipavo una guerra tra Iran e Israele: il 13 Aprile 2024 il conflitto è ahimè iniziato!!!

E’ accaduto quanto avevo predetto…

Il post anticipato ad inizio 2019 conferma ora quanto sta accadendo in quei territori, già… siamo passati da: Prove tecniche per l’inizio di un nuovo conflitto… – http://nicola-costanzo.blogspot.com/2019/01/prove-tecniche-per-linizio-di-un-nuovo.html all’inizio vero e proprio di un conflitto!!!

Ora tutto è nelle mani d’Israele e cioè se rispondere all’attacco dell’Iran oppure se in questa fase soprassedere…

Lo ha detto un funzionario israeliano alla Cnn spiegando che Tel Aviv debba decidere se “rompere tutti i piatti o adottare un approccio più misurato”

Certamente questa escalstion rappresenta qualcosa di grave e preannuncia venti di guerra che tutti noi preferiremo non dover assistere, ma fintanto che non si decida di costituire uno Stato Palestinese, diventa difficile qualsivoglia soluzione.
Difatti anche Papa Francesco nelal giornata di ieri durante il Regina Coeli in Piazza San Pietro e  tornato ancora una volta a chiedere la pace, già… attraverso un appello accorato ha ammesso di seguire con preoccupazione quanto sta avvenendo in queste ore nei confini più caldi del pianeta.

La paura è di arrivare sulla soglia di quella che più volte il Papa ha evocato come una “terza guerra mondiale a pezzi“, secondo un’ormai celebre sua definizione…

Tra l’altro mi fa piacere leggere come in questi giorni Papa Francesco abbia reiterato quanto il sottoscritto avesse già a suo tempo riportato e cioè che sia giunto il momento di chiedere a tutte le Nazioni del mondo che si schierano a favore della pace, di aiutare israeliani e palestinesi a vivere in due Stati, sì… fianco a fianco, certamente in sicurezza, in quanto questa rappresenta: “un loro profondo e lecito desiderio, ed è un loro diritto“. 

Già, due Stati vicini…

Mar rosso a rischio chiusura: un piano per liberare lo stretto di "Bab el-Mandeb" …

Ha una larghezza complessiva di circa 30 km e separa lo Yemen (Ras Menheli) da Gibuti (Ras Siyyan) e rappresenta un punto nevralgico per lanciare raid contro le navi mercantili e militari…

Sono già 24 gli attacchi compiuti dagli Houthi contro le navi che stanno provando ad attraversare quel tratto del Mar Rosso e se continua così, l’escalation verso un conflitto armato nei confronti di Yemen e Iran è cosa certa…

Difatti, dopo gli USA anche una fonte interna del governo inglese ha riferito al Times che l’esercito del Regno Unito si sta preparando ad una serie di attacchi aerei contro le postazioni dei ribelli yemeniti, in coordinamento Stati Uniti e altri Paesi europei.

Da quanto si è appreso il piano prevede il lancio di missili gli contro obiettivi in mare e nei territori controllati dalle milizie filo-iraniane da parte della Raf o del cacciatorpediniere Hms Diamond che già a dicembre ha dimostrato le proprie capacità, avendo abbattuto alcuni droni dei ribelli. 

Prima di autorizzare l’operazione il governo britannico rilascerà una dichiarazione congiunta con Washington per intimare ai terroristi yemeniti di fermare quei loro attacchi e per non dover affrontare la forza militare congiunta in corso di preparazione…

D’altronde va ricordato come otto delle venti navi finora attaccate dai ribelli battevano bandiera del Regno Unito e avevano tra l’equipaggio cittadini britannici ed è il motivo per cui qualcosa in quello stretto dovrà essere posto in campo…

Nessuno ovviamente vuol dar via ad una nuova guerra, gli stessi Houthi puntano con la loro strategia a consolidare ed aumentare il loro favore da parte delle popolazioni arabe, facendo leva in particolare su quanto sta accadendo in Palestina, puntando contemporaneamente a ritagliarsi un ruolo quale membro di un’asse di resistenza, sostenuto celatamente dall’Iran. 

Quest’ultima infatti ha inviato in quelle aree antistanti lo Yemen il proprio cacciatorpediniere Alborz, il che potrebbe presagire a un ulteriore aumento della tensione già di suo abbastanza alta….

Ho già anticipato in questi mesi il rischio che il Mar Rosso potesse diventare a tutti gli effetti un nuovo fronte per Israele e per gli uomini di Hamas, che troverebbero ora nello Yemen e in quei loro sodali combattenti degli Houthi, nuove energie da utilizzare contro Israele e gli Usa…

Se qualcuno pensava ad una pace prossima, può lasciar perdere… il 2024 sarà un anno difficile e sicuramente la storia – ahimè – lo ricorderà alle future generazioni…