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La nausea della Storia: il depistaggio che uccise due volte Piersanti Mattarella


Ci sono dettagli che, a distanza di decenni, gridano ancora più forte delle conclusioni ufficiali.

Già, come il ritorno di quel guanto di pelle marrone, trovato non fuori, ma dentro l’auto del presidente della Regione Piersanti Mattarella, sì… sotto il sedile del passeggero.

Per anni ci è stata proposta una versione ufficiale secondo cui, nel panico della fuga dopo quel delitto di Stato, un assassino si sarebbe tolto un guanto e lo avrebbe fatto scivolare – con cura quasi maniacale – sotto il sedile. Un gesto innaturale, illogico, che trasforma un reperto compromettente in un comodo biglietto da visita, quasi a indicare il nominativo dell’assassino.

A me è sempre sembrato più plausibile che quel guanto fosse stato posizionato lì appositamente: un dono avvelenato alle indagini. Forse non è mai appartenuto a nessun killer. Forse il suo scopo non era aiutare la giustizia, ma depistarla – già nelle prime ore dopo gli spari. Serviva a indirizzare lo sguardo altrove, a costruire un colpevole comodo o a inquinare la scena del crimine, garantendo che la verità non emergesse mai. È il primo, perfetto tassello di una copertura che doveva essere impeccabile.

E oggi, a oltre quarantacinque anni di distanza, non parliamo dei mandanti, né della regia: parliamo della scomparsa di quel guanto dagli archivi della polizia. Ci viene offerto un capro espiatorio – un funzionario accusato di averne simulato la consegna – ma questa nuova storiella non fa che confermare il sospetto atroce che ci accompagna da una vita: il sistema è un organismo tentacolare e infetto, in cui servizi deviati, logge massoniche, gruppi eversivi e politica collusa giocano la stessa partita.

In questo gioco al massacro, la criminalità organizzata è spesso il volto più utile da mostrare al pubblico: il colpevole “logico”, a cui attribuire ogni nefandezza, mentre i veri architetti del potere operano nell’ombra, indisturbati. L’omicidio di Mattarella fu un colpo al cuore dello Stato proprio perché un presidente onesto stava spezzando quel legame malsano e per questo fu fermato. Non solo dalla mafia, ma da quel sistema parallelo che della commistione tra affari, politica e violenza ha fatto la sua ragione d’essere.

È un gioco di poltrone che si tramanda da generazioni: una regia occulta che condiziona le nostre vite, decide dei nostri destini e insabbia le nostre verità. Depistaggi, collusioni, limitazioni non sono incidenti di percorso: sono il funzionamento stesso della macchina. E ogni volta che un caso come questo riemerge, non è per giustizia, ma per gestire la narrazione, sì… per offrire una verità di comodo che calmi le acque e continui a proteggere i nomi di chi, ieri come oggi, siede nelle stesse stanze di potere.

La domanda, allora, non è più chi ha ucciso Piersanti Mattarella, ma chi aveva interesse a che quella verità non venisse mai a galla, e perché quel sistema è ancora lì, intatto, a raccontarci storie. Alla fine, ciò che rimane dopo tutti questi anni non è la verità, ma la consapevolezza di aver vissuto in una narrazione forzata.

Io non ho mai creduto a nulla di ciò che mi è stato raccontato, perché ogni storia ufficiale si è rivelata un castello di carte, pronto a crollare sotto il peso delle sue stesse contraddizioni. Dall’omicidio di Aldo Moro – un teatro sanguinoso i cui veri registi sono rimasti impeccabilmente nell’ombra – alle stragi che hanno insanguinato piazze e stazioni, macchine perfette per seminare un terrore funzionale a qualsiasi restrizione delle nostre libertà.

E poi gli accordi: quei patti scellerati tra Stato e mafia, scritti su “papelli” di carta, che da diceria sono diventati verità storica, rivelando non un’emergenza, ma una simbiosi tossica al più alto livello.

Tutte queste vicende, intrecciate come i tentacoli di una stessa piovra, non sono tragedie isolate, ma capitoli di un’unica, grande strategia. Sono state le armi di una propaganda che ha sistematicamente alimentato paura e insicurezza nei cittadini, perché un popolo impaurito è un popolo che accetta qualsiasi cosa in cambio di un’illusione di ordine.

È così che si è consumato, passo dopo passo, fatto dopo fatto, un vero e proprio colpo di Stato silenzioso. Non con i carri armati in piazza, ma con leggi speciali, deviazioni investigative, segreti di Stato e la sistematica distruzione di ogni prova scomoda. E le stesse autorità che avrebbero dovuto proteggere la democrazia sono state le artefici del suo insabbiamento, garantendo che il gioco delle poltrone e il riciclo dei potenti continuasse e ahimè – continua ancora – indisturbato.

Questo non è più un sospetto, ma la traiettoria inconfutabile della nostra storia: un’eredità di menzogne che non appartiene al passato, ma avvelena il nostro presente e ipoteca il futuro.

E quando queste verità scomode tornano a galla, non proviamo più rabbia o sconcerto. Proviamo solo un profondo, viscerale disgusto. A pensarci, viene il vomito, sì… per un sistema che si è nutrito della nostra paura e ha scavato le sue fondamenta nella nostra inconsapevolezza.

L'ennesima inchiesta su magistrati e poliziotti!!!

Quando sembrava che tutto venisse “insabbiato” ecco che la Procura di Messina, converte l’indagine a carico di ignoti – sul depistaggio dell’inchiesta sulla strage di via d’Amelio – iscrivendo nel registro degli indagati alcuni magistrati del pool che indagarono sull’attentato di Palermo. 
Inoltre, agli stessi indagati e alle persone offese, la Procura ha notificato l’esecuzione di accertamenti tecnici irripetibili…
Stiamo parlando della Strage in cui hanno perso la vita il giudice Paolo Borsellino e gli agenti della scorta… 
Già… dopo aver ascoltato in questi ventisette anni (da quel tragico 19 luglio del 92′), tutta una serie di miriade invenzioni e falsità, ecco che ora vengono iscritti tra gli indagati, i due magistrati che si occuparono della prima inchiesta sulla strage, Carmelo Petralia (procuratore aggiunto a Catania) e Anna Maria Palma (avvocato generale di Palermo). 
Gli accertamenti irripetibili riguardano la verifica di 19 cassette su cui vennero registrati gli interrogatori e che potrebbero essere ora danneggiati; ecco quindi i motivi che hanno condotto a richiedere durante l’esame, la partecipazione dei legali (delle persone coinvolte) con l’ausilio dei consulenti…
Oltre ai due magistrati sopra riportati, sembra che nell’indagine – tra coloro che indagarono sulla strage e che gestirono il “falso pentito” (proprio pochi giorni fa ha ritrattato le accuse rivolte ai pm, dichiarando: “Non furono i pm ad orchestrare il depistaggio sulla strage Borsellino, ma solo i poliziotti. Il dottor Di Matteo non mi ha mai suggerito niente, come neppure il dottor Carmelo Petralia. Sono stati i poliziotti a convincermi di  parlare della strage”) – siano stati inseriti i magistrati Nino Di Matteo (attualmente alla Dna) e Giovanni Tinebra (deceduto).
Risultano altresì indagati per depistaggio (accertato con la sentenza “Trattativa”), tre poliziotti di Caltanissetta: Mario Bo, Michele Ribaudo e Fabrizio Mattei.
Pensare oggi, che si possa aver inquinato le indagini, addebitando quella strage di Via D”Amelio (successiva a quella compiuta a Capaci al giudice Falcone) a “cosa-nostra” per motivi “oscuri” e da ricercare in ambito politico, che sta evidenziando come siano state costruite a tavolino le dichiarazioni di falsi pentiti, dove molte circostanze sono state del tutto inventate e soprattutto facendo credere a noi tutti, come dietro quell’attentato vi fosse la mano della cupola, in particolare di quel suo boss Totò Riina che peraltro, in ogni sede giudiziaria, si era sempre dichiarato estraneo con quell’attentato… motivando che altri avessero interesse affinché fosse sovvertisse quell’allora democrazia…    
E difatti abbiamo visto tutti cosa è accaduto… 
Un vero e proprio “Colpo di Stato”… ma senza sparare un colpo, sì… un nuovo partito e una piccola rivolta di piazza, a cui hanno seguito le dichiarazioni di quei media “pilotati“, che hanno brillantemente saputo alzare quella già alta tensione sociale, a cui sono scaturite vergognose “monetine” gettate su quei leader di governo, tanto da farli preoccupare sulla loro incolumità, incitandoli a scappare via da questo paese… 
E difatti… improvvisamente e senza comprenderne i motivi, ecco che ci siamo ritrovati tutti catapultati in questo trentennio di nuovi governi – di cui alcuni mai votati – conosciuti come 3° e 4° Repubblica – che certamente non hanno brillato per capacità, ma soprattutto sono mancate – a differenza di quanto avevano promesso in campagna elettorale – nel contrasto alla illegalità, corruzione, criminalità e malaffare…
Ma d’altronde se le premesse sono quelle riportate anche dal sottoscritto in questi giorni, con tutta una serie d’inchieste che vanno dal “CSM” ad alcune Procure nazionali, dai Tribunali a quegli uffici istituzionali, dai magistrati a gli uomini delle forze dell’ordine dimostratisi corrotti, proseguendo ancora con Enti istituzionali e personalità note di associazioni di categorie o di legalità, già con tutto questo lerciume che ogni giorno ci viene evidenziato, dove si pensa di poter andare???
Si dice che nella vita abbiamo quello che ci meritiamo. Io dico che nella vita abbiamo ciò che meritiamo: il dieci percento dipende dalle scelte che abbiamo fatto all’interno di quella cabina elettorale, mentre il restante 90% dipende ahimè da coloro che per nome e per conto nostro: pianificano, programmano, organizzano, eliminano e successivamente insabbiano, danneggiano, distruggono, ma soprattutto occultano!!!

Anche i mafiosi chiedono un risarcimento di 50 milioni di euro allo Stato.

Dando seguito su quanto riportato alcuni mesi fa http://nicola-costanzo.blogspot.com/2018/07/salvatore-borsellino-non-bisogna.html  sul depistaggio compiuto nelle indagini della strage di Via D’Amelio che ha condotto all’assassinio del Giudice Borsellino e della sua scorta e che vede ora coinvolti tre poliziotti accusati da parte della Procura di concorso in calunnia,  ecco… da quanto sopra, all’udienza preliminare il gup del Tribunale di Caltanissetta, ha ammesso come parte civile i familiari del magistrato assassinato.

Secondo la Procura, i tre poliziotti avrebbero creato ad arte, il falso pentito Vincenzo Scarantino, affinché facesse i nomi di alcuni mafiosi, condannati – quantomeno per quella strage.- ingiustamente!!!
Ora gli stessi, avendo appreso dell’inchiesta in corso nei confronti di quegli uomini delle forze dell’ordine, hanno immediatamente avanzato la richiesta di potersi costituire parte civile…
Tra essi vi sono, Natale Gambino, Giuseppe La Mattina, Cosimo Vernengo, Gaetano Murana e Gaetano Scotto…

La circostanza comunque che più di tutte sembra incredibile, è che proprio quei “mafiosi” hanno citato in giudizio (nella qualità di responsabile civile) anche la Presidenza del Consiglio dei Ministri e il Ministero dell’Interno!!!

Già… ascoltate un po’: Chiedono allo Stato un risarcimento di 50 milioni di euro!!!
D’altronde pensavo, perché non darglieli… 
Già, sarebbe come non voler riconoscere, il grave danno “morale” subito da essi in questi lunghi anni….
No… no… non è giusto, prendersela così… con i più deboli… no…no…

Borsellino: Una storia da riscrivere!!!

Ho sempre scritto sull’argomento dicendo che c’era ancora tanto da compilare e soprattutto, che la storia che mi avevano raccontato, non mi convinceva affatto…
Sì… era palese che ci avessero raccontato una “balla”, d’altronde erano troppe le cose che non coincidevano, il tutto esclusivamente per dare la colpa di quanto accaduto alla mafia… 
La cosa assurda è che alla fine ci sono pure riusciti, e difatti tra il ’92 e il ’94 abbiamo assistito al più clamoroso depistaggio che la storia di questo paese ricordi… 
Grazie a quella strage, seguita a quella di Capaci del collega Falcone, si è riusciti a ribaltare la democrazia di questo paese, che si è trovata improvvisamente governata da nuove facce, nuovi partiti, e soprattutto con l’annullamento di tutte quelle formazioni politiche che dal dopoguerra avevano dominato ogni azione dei cittadini…         
Ed infine c’erano loro… quei servizi segreti (certamente deviati…) che insieme ad alcuni magistrati hanno fatto male il proprio lavoro, ed oggi, proprio la figlia di Paolo, Fiammetta Borsellino ha voluto esprimere il proprio pensiero: “Le motivazione del Borsellino quater hanno avvalorato quanto sapevamo sui depistaggi cominciati a partire dal ’92. Io racconto fatti, mi riferisco a dati contenuti nelle carte processuali. Le mie non sono opinioni. I nomi non li faccio io, ma sono negli atti. Se la procura di Caltanissetta e i magistrati del tempo hanno fatto male, è giusto che rendano conto del loro operato“!!!
Quanto accaduto allora non era giusto, quanto compiuto successivamente fu ancora peggio… perché a causa di quelle scelte infauste, è stata offesa non solo la verità, ma anche l’onorabilità della magistratura…
Aveva ragione il giudice Borsellino quando dichiarava: “Mi uccideranno, ma non sarà una vendetta della mafia, la mafia non si vendica. Forse saranno mafiosi quelli che materialmente mi uccideranno, ma quelli che avranno voluto la mia morte saranno altri“.

Salvatore Borsellino: "Non bisogna indagare solo i poliziotti, ma anche i magistrati. Ho fiducia nel governo"

Quanto emerso in queste ore sulle motivazioni della sentenza del processo Borsellino quater e cioè del “depistaggio” nelle indagini compiute per i fatti accaduti a Palermo 26 anni fa, mi dispiace doverlo dire, ma la notizia era stata anticipata dal sottoscritto il 19 Luglio dello scorso anno con il post: http://nicola-costanzo.blogspot.com/2017/07/borsellino-e-la-verita-negata.html
Ora, dopo che è passato un quarto di secolo per dare quantomeno una probabile verità, ci si è accorti di come tutto sia stato depistato, da una parte di quello stesso “Stato” deviato, rappresentato da una parte di quei suoi funzionari infedeli!!!
La chiamano nei Tribunali ricerca di verità e giustizia… ma di quale verità e di quale giustizia parlano se a quanto sembra, alcuni Pm hanno costretto un falso pentito a dichiarare circostanze e nomi, per nulla veritieri…
Ci avevano raccontato che Borsellino  era stato ucciso dalla mafia… da quel gruppo mafioso di “Toto Riina & Co”…
Ma evidentemente su quella vicenda, i contorni erano più quelli oscuri che quelli chiari: Troppe incertezze, troppi i ritardi, troppi gli errori e nessuna assoluta ricerca della verità… anzi, la verità ci è stata di fatto… negata!!!
Tutti s’aspettavano da un momento all’altro – a seguito peraltro della strage di Capaci – l’attentato al giudice Borsellino, sì… tutti sapevano e nessuno ha fatto nulla per impedirlo!!!
La mafia un fenomeno criminale che può essere sconfitto, ma per raggiungere questo obiettivo è indispensabile diffondere tra i giovani, la cultura della legalità” erano queste le parole del giudice Borsellino… ed è proprio su questo punto che lo Stato ha dimostrato principalmente di fallire!!!
Quanto successivamente compiuto serve a poco… indagini, arresti, condanne, sequestri, confische, ma come ripeto sempre, “sono cambiati i suonatori, ma la musica resta sempre la stessa”!!! 
Lo Stato deve dimostrare di essere “Stato” e non solo in quei giorni di doveroso tributo per il sacrificio di quei magistrati…
E’ tempo di finirla con i proclami, dobbiamo affrontare i problemi, in particolare quelli della nostra isola, ed è su questi temi che le istituzioni sono chiamati a svolgere il maggior lavoro, tenendo sempre in mente, l’indirizzo dato da quei suoi uomini esemplari… 
“La lotta alla mafia, rappresenta il primo problema da risolvere nella nostra terra bellissima e disgraziata, e non deve essere solo una distaccata opera di repressione, ma un movimento culturale e morale che coinvolge tutti, specialmente le giovani generazioni, le più adatte a sentire subito la bellezza del fresco profumo di libertà che fa rifiutare il puzzo del compromesso morale, dell’indifferenza, della contiguità e quindi della complicità…”.
Leggere quindi oggi del depistaggio, di qualcuno che ha partecipato direttamente a quella strage, di chi ha ha saputo costruito quella falsa verità, di chi conosceva perfettamente i particolari di quella pianificazione e li ha poi raccontati al pentito Gaspare Spatuzza… 
Dice bene il fratello del magistrato: “Non bisogna indagare solo sui poliziotti coinvolti, ma anche sui magistrati. Ho fiducia nel governo”!!!
Si… forse ora che il governo è cambiato, un po’ di luce potrebbe iniziarsi a vedere…
Non va dimenticato che le stragi compiute in quegli anni, sono servite anche a cambiare gli equilibri di quei partiti da sempre presenti nel contesto politico nazionale, che sono stati all’improvviso spazzati via, mentre altri, nati proprio sulla scia di quella rivoluzione culturale, hanno preso il sopravvento…
Chi sono i magistrati che hanno avallato questo depistaggio??? Come è possibile che molti di loro abbiano fatto una carriera così rapida??? Che fine ha fatto l’agenda sparita dall’auto di Borsellino???  
Credo che abbia ragione il fratello Salvatore Borsellino quando afferma: “Questa sentenza afferma quello che io grido da sempre: la strage fu accelerate per impedire a Paolo di essere convocato e sentito come testimone a Caltanissetta, come lui chiedeva, su quello che aveva scoperto sulla morte di Giovanni Falcone. E l’agenda rossa fu fatta sparire perché si temeva potesse contenere rivelazioni scomode. Eppure a suo tempo La Barbera disse che Lucia, mia nipote, farneticava quando parlava dell’agenda rossa”.
La giustizia ancora una volta ha dimostrato quanto poco uguale sia, a seconda delle circostanze e degli uomini… 
Concludo con un pensiero del giudice Borsellino, riportato nel lontano 26 gennaio 1989:
L’equivoco su cui spesso si gioca è questo: si dice quel politico era vicino ad un mafioso, quel politico è stato accusato di avere interessi convergenti con le organizzazioni mafiose, però la magistratura non lo ha condannato, quindi quel politico è un uomo onesto. E no! Questo discorso non va, perché la magistratura può fare soltanto un accertamento di carattere giudiziale, può dire: beh! 
Ci sono sospetti, ci sono sospetti anche gravi, ma io non ho la certezza giuridica, giudiziaria che mi consente di dire quest’uomo è mafioso. 
Però, siccome dalle indagini sono emersi tanti fatti del genere, altri organi, altri poteri, cioè i politici, le organizzazioni disciplinari delle varie amministrazioni, i consigli comunali o quello che sia, dovevano trarre le dovute conseguenze da certe vicinanze tra politici e mafiosi che non costituivano reato ma rendevano comunque il politico inaffidabile nella gestione della cosa pubblica. 
Questi giudizi non sono stati tratti perché ci si è nascosti dietro lo schermo della sentenza: questo tizio non è mai stato condannato, quindi è un uomo onesto. 
Ma dimmi un poco, ma tu non ne conosci di gente che è disonesta, che non è stata mai condannata perché non ci sono le prove per condannarla, però c’è il grosso sospetto che dovrebbe, quantomeno, indurre soprattutto i partiti politici a fare grossa pulizia, non soltanto essere onesti, ma apparire onesti, facendo pulizia al loro interno di tutti coloro che sono raggiunti comunque da episodi o da fatti inquietanti, anche se non costituenti reati!!!