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Quando la corruzione non è anomalia. È metodo! (Seconda parte)


Ciò che da circa trent’anni si sta compiendo in questo nostro Paese è chiaro e ahimè terribile: si sta selezionando una classe di peggiori, perché la disonestà diventa strategia vincente!

Questo processo – evidente a tutti – ha di fatto degradato in modo visibile la qualità della vita, dei servizi, della democrazia stessa, normalizzando l’illegalità, sì… fino a farla apparire giustificabile.

È quasi diventata una componente strutturale del nostro vivere, ma non solo: questa normalizzazione è come un veleno che genera rassegnazione, che fa credere che le mafie, la corruzione, l’illegalità diffusa siano qualcosa d’invincibile, e ciò serve esclusivamente affinché essi possano prosperare proprio grazie a questo clima di indifferenza e disincanto, nella complicità silenziosa di chi pensa solo al proprio minuscolo orticello, lo stesso che frutta indegno vantaggio.

Come dicevo nella prima parte di questo post, la mia terra è quarta in questa classifica, ma in fondo è solo un dettaglio in un malessere che è nazionale, che dal Sud arriva al Centro e al Nord, con nomi e modalità forse diverse, ma con la stessa, identica sostanza: l’interesse privato che divora il pubblico, il bene comune che si riduce a merce di scambio.

Non è un’anomalia, ci viene detto con forza. È un sistema che si adatta, si evolve, usa tecniche sofisticate o si nasconde dietro leggi fatte su misura, conflitti di interesse tollerati, relazioni opache. La questione, comprenderete, va ben oltre la singola mazzetta, il singolo concorso truccato.

Sono all’opera meccanismi che consolidano un potere irresponsabile, che catturano lo Stato per trasformarlo in una risorsa per pochi. Invocare pene più severe non basta (d’altronde, basti osservare le riforme ridicole che compiono sulla giustizia, per comprendere come nessuno abbia realmente interesse a contrastare questa condizione…), serve un patto diverso, un cambio radicale di mentalità, sia da parte dei cittadini, ma soprattutto nelle istituzioni (solitamente i primi ad aver beneficiato, da generazioni, di questo stato di fatto)!

Serve smetterla di pensare che così vadano le cose e che non vi sia altra possibilità che adeguarsi o lamentarsi a bassa voce, sì… sapendo di poter anche voi, un giorno, essere nella posizione di chiedere quel favore, quella raccomandazione che vi sembra l’unica via per sopravvivere o per farcela!

Le caste, le consorterie, le associazioni a delinquere, i gruppi di potere non sono un destino ineluttabile. Sì… sono il frutto di scelte, di omissioni, di connivenze, scelte che qui, nella mia Sicilia, ma non solo, sembrano essere state fatte così tante volte da aver creato una strada maestra, percorsa ormai senza più vergogna.

E allora, mentre leggo di summit per le nomine, di giro di telefonate, di affari che vanno dalla sanità alla cultura, il mio dubbio (ma ormai da troppo tempo dubbi non ne ho…) si trasforma in una domanda scomoda, anche ahimè per molti miei amici, conoscenti, molti di questi miei conterranei: quando smetterete di essere ancora complici, anche solo per inerzia, di tutto questo?

Già… quando decideremo che il bene di tutti, il servizio che funziona, la promozione meritata, valgono più della bustarella, della raccomandazione, del favore ottenuto per sé o per i propri cari?

Sì… so bene che la risposta, purtroppo, non la trovo in nessuna classifica.

Ed allora, se qualcosa non vi quadra, in un cantiere, in un bando, in un condominio: segnalatelo! Come ripeto da sempre: non serve essere eroi, basta non voltarsi dall’altra parte.

Quando la corruzione non è anomalia. È metodo! (Prima parte)


La notizia arriva, un’altra volta, e non si fa nemmeno fatica a leggerla, ormai. È diventata una sorta di bollettino meteorologico che annuncia pioggia in continuazione, già… come un inverno che non vuol finir mai. 

Si parla ovunque di mazzette, bustarelle, un sistema che si fa sempre più intricato e sfacciato, e la mia terra, ancora una volta, si piazza bene in questa squallida classifica, quarta per numero di indagati. Mi chiedo, ogni volta che scorgo questi dati, cosa si nasconda veramente dietro le cifre, dietro le analisi minuziose che pure vengono compilate con cura quasi scientifica.

Mi domando se, in tutto il Paese e in particolare qui da noi (in modo così plateale), si pensi ormai esclusivamente a quel gioco perverso: prendere, farsi corrompere, aggrapparsi a qualsiasi collegamento pur di beneficiare, personalmente (o per i propri cari), di promozioni, raccomandazioni, vantaggi. Vantaggi che non sono guadagni legittimi, ma moneta falsa coniata nel retrobottega del potere, dove il valore di scambio è la dignità, spesa a credito e mai restituita.

Si snodano le storie, una dopo l’altra, e sembrano copiare sempre lo stesso copione, cambiando solo i nomi e le location. Attestazioni di residenza false, certificati di morte fasulli, appalti nella sanità o per i rifiuti che vanno al migliore offerente, non in termini di qualità, ma in termini di tangente. Licenze edilizie che spuntano come funghi dopo una pioggia di denaro, concorsi universitari truccati, voti di scambio, opere pubbliche che profumano di clan.

Parliamo di un un catalogo così esteso e variegato da far perdere il senso, da far sembrare quasi normale che ogni servizio, ogni possibilità, ogni atto pubblico abbia un prezzo segreto, una tariffa non ufficiale da saldare in un sotterraneo mercato delle influenze.

E Palermo, insieme alla mia Catania, non fanno eccezione. Anzi, sembra quasi di essere in un teatro per soli privilegiati, con i loro metodi di regime, con quelle liste di raccomandati, con quel cinico prendiamo questa, “è bona” che suona come una condanna a vita, non solo per chi la pronuncia, ma per chi la ascolta e non obietta, perché ormai ci si è abituati a considerare la corruzione una tassa di ingresso, il biglietto obbligatorio per accedere a qualsiasi diritto.

I numeri sono impietosi: quasi cento inchieste, un migliaio di persone coinvolte tra amministratori, politici, imprenditori, professionisti e mafiosi, in una commistione che ormai definisce un unico, fosco panorama. 

Emerge il ritratto di una corruzione che non è più incidente di percorso, ma sistema solidamente regolato, con le sue gerarchie e i suoi garanti che possono essere l’alto dirigente, il faccendiere, il boss mafioso o il politico d’affari. Tra questi, più della metà dei politici indagati sono sindaci, figure che dovrebbero curare il bene della comunità e che invece, stando alle accuse, ne gestiscono le risorse come un bottino privato.

E allora il mio dubbio si fa ancora più amaro: è possibile che questa sia diventata l’unica concezione del potere? Un potere che non serve, ma che si serve, in modo spudorato e totale

"Ci sono momenti nella vita in cui tacere diventa una colpa e parlare diventa un dovere morale, una responsabilità, un imperativo etico. Non possiamo tacere!"

“Ci sono momenti nella vita in cui tacere diventa una colpa e parlare diventa un dovere morale, una responsabilità, un imperativo etico. Non possiamo tacere!”. Sono le parole iniziali dell’intervento di don Luigi Ciotti, alla manifestazione “La Via Maestra” e ancora: “La nostra Costituzione è il primo vero testo antimafia. La mafia non solo è quella delle armi, delle bombe, degli omicidi, ma anche quella dei privilegi, degli abusi, della corruzione. E’ la mafia dei poteri, la mafia di quella finanza sporca, spesso insanguinata.”

Uniamo le nostre forze per diventare una forza etica, sociale, culturale e politica come servizio per il bene comune.