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Non siete eredi dei padri, ma dei figli che quei padri hanno ucciso.

Sì… avrei dovuto pubblicare questo post alcuni giorni fa, ma purtroppo alcuni impegni ed altri post che avevo preparato hanno avuto la precedenza e quindi ho dovuto posticipare questa pubblicazione.

C’è però un motivo più profondo: quando la notizia mi ha raggiunto, sono rimasto senza parole. È un paradosso, perché le sue sono state tra quelle che più mi hanno trasmesso la vicinanza e la forza di Peppino Impastato.

Oggi, provando a superare quello sconforto, voglio unirmi al ricordo di Luisa Impastato che dice: ci lascia un altro pezzo grande della nostra storia, una storia di ragazzi che volevano cambiare il mondo sfidando il potere della mafia. Con profonda gratitudine e sincera tristezza salutiamo Salvo Vitale, fondatore di Radio Aut e da sempre testimone della lotta, che ha incarnato con straordinaria coerenza il senso più autentico della testimonianza quotidiana. La sua voce è stata un esempio luminoso di libertà e responsabilità, capace di guidare intere generazioni a comprendere che il cambiamento nasce da ciascuno di noi.

Era lui, nel film “I cento passi”, a essere interpretato da Claudio Gioè nel momento del monologo più straziante e vero, quello che squarcia il velo dell’omertà. In quel monologo diceva: domani leggerete che Peppino si è suicidato, che ha abbandonato la politica e la vita, come Pinelli, come Feltrinelli, tutti suicidi. Poi non leggerete proprio niente, perché i giornali parleranno di altro, perché chi se ne frega del piccolo siciliano di provincia. E concludeva, con un’amarezza che era un pugno nello stomaco per tutti: spegnete questa radio, tanto si sa che niente può cambiare, e diciamolo una volta per tutte che noi siciliani la mafia la vogliamo, perché ci dà sicurezza, perché ci identifica, perché ci piace. Noi siamo la mafia!
Ma Salvo Vitale, quel ragazzo di Cinisi nato nel 1943, amico e compagno di battaglie di Peppino Impastato, a quella rassegnazione non si è mai arreso, nemmeno nei momenti più difficili. Ha invece custodito e rinnovato la memoria collettiva, trasformandola in azione concreta.

Difatti, dopo la morte di Peppino, ha continuato la sua attività attraverso “Radio Aut”, lavorando senza sosta per cercare la verità, puntando il dito contro il boss Gaetano Badalamenti, insegnando storia e filosofia ai giovani, perché la cultura arrivasse a tutti. Con le sue parole, i suoi gesti e il suo impegno costante ha mostrato cosa significhi contrastare le mafie sul piano civile e culturale, senza paura, senza piegarsi.

Ecco perché a lui va la mia gratitudine, sì… per la strada che ha tracciato con dignità e coraggio, una strada lastricata dalla forza semplice di persone che non hanno accettato di essere “Nuddu ammiscatu cu nenti”, un esempio, insieme a quello di Peppino, che ogni giorno orienta il mio cammino, già… di chi crede – ancora tra mille difficoltà – nella giustizia e soprattutto nella democrazia, ricordando a me e a tutti voi, che la vera sicurezza non viene dalla sottomissione, ma dal riscatto!