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Sì… potremmo copiare l'idea di Kim Jong-un. Già dalla nostra isola potremmo riempire i palloncini di rifiuti per farli svuotare sopra…
Che ridere…
Immaginatevi la sorpresa che avrebbero i nostri politici se venissero investiti da quei palloncini d’immondizia!!!
Diciamo che potrebbe rappresentare la corretta contromisura ad una serie (delinquenziali) di azioni compiute nei confronti di noi cittadini del Sud…
Ho letto in queste ore che Pyongyang è riuscita in pochi giorni, ad inviare circa 3.500 palloncini nella vicina Corea del Sud, trasportando ben 15 tonnellate di spazzatura e letame.
Ed allora ho pensato – visto e considerato le tonnellate di rifiuti tossici che hanno viaggiato dal Nord del Paese verso il Sud, sostanze di cui ancora oggi nessuno conosce le reali quantità scaricate e soprattutto la tipologia di quei veleni – perché non restituire a quei legittimi proprietari i loro rifiuti???
Perché va detto il nostro “Sistema di controllo dei rifiuti” è un totale fallimento e le mafie lo sanno bene, tanto d’aver continuato – proprio in queste ore in cui sto scrivendo – ad alimentare i profitti, perché nel contempo lo Stato dorme o forse debbo pensare che quest’ultimo sia colluso con quel sistema (in particolare proprio in questi giorni vista la prossimità delle votazioni) criminale!!!
Container pieni di barili con scorie pericolose, sostanze chimiche o metalli che per le loro proprietà fisiche hanno provocato gravi lesioni o la morte per cause di vario genere!!!
Ma tanto a chi interessa se in questo Paese si muore, non certo a chi sta seduto inutilmente in quelle poltrone e d’altronde con il giro finanziario che quei rifiuti producono, a nessuno viene in mente di fermare quel business…
Certo il Nucleo operativo ecologico dei Carabinieri (NOE) prova a contrastare quotidianamente quel traffico illecito, ma come ben sappiamo il 90% sfugge a quei controlli, soprattutto perché i primi a non dare loro una mano a contrastare quel traffico sono proprio i cittadini che attraverso i loro omertosi comportamenti, foraggiano di fatto quei meccanismi criminali!!!
Parliamo di milioni di tonnellate di rifiuti speciali e pericolosi che finiscono in discariche clandestine o sotto terreni destinati alla produzione agricola, i cui veleni e le esalazioni determinano ahimè malattie irreversibili…
Ed allora, dopo quanto siamo stati costretti a subire, ritengo sia opportuno premiare quei nostri referenti, sì… dimostrando tra qualche giorno tutto il nostro consenso, ma non con una “X” scritta all’interno di quell’urna elettorale, bensi con un bel palloncino colorato, con dentro una parte di quello stesso rifiuto con cui ci hanno fatto convivere…
Miei cari connazionali, ecco quindi l’idea: per ogni volantino politico che proprio in questi giorni ci è stato lasciato nella cassetta postale, noi tutti potremmo rispondere con una tenace rappresaglia, già… inviando palloncini pieni d’immondizia per scaricarli (mi dipiace per i miei molti amici romani…) in due di quelle note piazze di Roma!!!
Un Parlamento ignorante è un pericolo per il paese nel suo insieme!!! Quindi, non votate più per l'ignoranza e per una volta siate dignitosi: fate la cosa giusta!!!
Osservando quel video non sapevo se ridere o piangere, ma ho subito rinunciato a scrivere – con riferimento all’incidente che ha provocato la morte del Presidente iraniano Ebrahim Raisi ma soprattutto l’eventuali responsabilità che hanno, secondo il sottoscritto, condotto a quel disastro – e mi sono preso questo giorno per affrontare un problema grave che attanaglia da sempre il nostro Paese: l’ignoranza!!!
Nell’iniziare a scrivere su questo argomento mi sono ricordato quanto avevo letto alcuni anni fa, ed allora nel ricercare quel documento, ho deciso di riproporlo, perchè rappresenta esattamente quanto avrei voluto dirvi oggi e cioè che “prevale l’idea che persone senza istruzione o senza alcuna esperienza lavorativa siano perfettamente in grado di gestire un Paese di sessanta milioni di abitanti”!!!
E difatti… “ci siamo assuefatti a un linguaggio sgangherato, all’ignoranza confusa per spontaneità e vicinanza al popolo (…), ci hanno fatto credere che con l’ignoranza al potere si potesse trovare una scorciatoia e dare un colpo alle élite, agli intellettuali e ai poteri forti”.
Inizia così Irene Tinagli nel suo libro “La grande ignoranza”.
Raramente un libro è arrivato così tempestivamente sul mercato come questo: è sufficiente fare 15’ di zapping fra i telegiornali per sentire una candidata alla presidenza della regione Abruzzo affermare che il suo risultato deludente è dovuto al fatto che “clientelismo e ignoranza hanno avuto la migliore” (presumibilmente intendeva dire “hanno avuto la meglio”).
Cambiando canale, si intercetta la dichiarazione del presidente del Consiglio che afferma: “In quanto presidente della Repubblica, io sono il garante dell’unità nazionale” (di solito, agli esami, gli studenti di diritto o di scienza politica che non distinguono le due cariche vengono bocciati).
Originale anche la lettera che il vicepresidente del Consiglio ha scritto al quotidiano francese Le Monde per ribadire il suo attaccamento alla “millenaria tradizione democratica” della Francia.
Una tradizione, quindi, che non nascerebbe nel 1789 ma che invece comprenderebbe Luigi XVI, il Re Sole Luigi XIV, Carlo VIII (quello che invase l’Italia nel 1494) risalendo nei secoli fino a Carlo Magno…
Il post scritto da Fabrizio Tonello che vi consiglio di leggere per intero su –https://ilbolive.unipd.it/it/news/democrazia-ammalata-ignoranza continua con una frase bellissima: un elettorato ignorante rappresenta un pericolo non solo per i votanti ignoranti stessi, ma per il paese nel suo insieme!!!
Infatti… se dovessimo riprendere tutte le frasi quotidianamente pronunciate da molti Parlamentari, beh… credo che queste potrebbero esser raccolte in un voluminoso tomo, già… che supererebbe di gran lunga quello stesso libro divertente, pubblicato sulle barzellette di Francesco Totti!!!
Berlusconi: anche da defunto la sua immagine riesce a promuovere voti al partito!!!
Dopo un bel po’ di mesi in cui non parlo di politica e in particolare di quei suoi referenti, il più delle volte pubblicizzati per essere nelle pagine di cronaca giudiziaria, beh… ho deciso stamani di fare un’eccezione.
Camminavo stamani in auto, quando ad ogni rotonda nella circonvallazione di Catania, osservavo alcune immagini su quei cartelloni pubblicitari che preannunciano le prossime votazioni del Parlamento Europeo…
Tra i tanti uno attirava la mia attenzione e cioè quello dello scomparso Presidente Berlusconi, quasi fosse lì ancora una volta, a sostenere n modo “rassicurante” i suoi uomini, sì… di quel partito: “Forza Italia”!!!
Ovviamente la scelta dell’immagine è creata ad arte, già… si vede ad esempio in quell’immagine Berlusconi tener per mano (quasi fosse) l’attuale segretario nazionale, il preannunciato vincitore della coalizione di centro-destra, inviando a chi osserva quella foto: lui è il mio unico erede, sì perché vincente!!!
Continuando… possiamo vedere altri cartelloni di varie dimensioni con altri candidati in cui è riportata la scritta “Il partito di Berlusconi“, come se egli rappresentasse anche da defunto quel partito e di conseguenza i suoi uomini, ma d’altronde ciascuno di loro auspica che grazie a quell’immagine o ancor più a quel nome impresso, potranno far confluire le eventuali preferenze…
Una circostanza che sa d’incredibile, già… sono un’immagine riflessa e ne vanno fieri, evidenziano di non avere alcuna personalità, nessun distinguo e difatti, invece di promuovere se stessi, grazie a evidenziate proprie capacità personali e professionali, essi mirano a caldeggiarsi, sì… sfruttando quel Cavaliere passato da tempo a miglior vita…
Non so voi, ma il sottoscritto – che già di per se mal sopporta tutti coloro che provano a spacciarsi per “influencer” – è sin d’ora certo che non darebbe mai il suo voto a qualcuno che già di suo evidenzia un elenco interminabile di limitazioni sotto tutti profili, sia morali che culturali, ancor più se si mostra come immagine riflesso di un’altro!!!
Già… quest’ultima rappresenta una di quelle circostanze che proprio non sopporto… e quindi immaginatevi ora il mio pensiero e soprattutto il mio aspetto nel vedere quelle immagini artefatte…
Mi sembra quasi una sfrontatezza utiliizzare quell’ex presidente per ottenere una manciata di voti in più, già… una spudoratezza sapendo che egli non è più tra noi, quasi che quei suoi uomini di partito non vogliano che egli attraversasse questo mondo per quello ultraterreno…
Vi è in quel gesto qualcosa di insolente, per non dire sfacciato… basta quindi, mettete in gioco la vostra faccia e lasciate in pace quel signore ormai defunto, perché di questo si tratta e di nulla più…
Se quel partito vuole risalire la china e riprendere nuovamente le percentuali di un tempo, basta semplicemente che il suo segretario Tajani inizi a far pulizia, ricominciando dall’inizio, buttando fuori tutti coloro che si sono macchiati di colpe gravi e portando all’interno del partito non i soliti raccomandati o i figli dei “tal dei tali”, ma individui preparati e soprattutto con il pedigree limpido e trasparente, affinchè la legalità diventi il cardine principale di quel partito!!!
Ecco… quando ciò verrà realizzato, forse tra qualche anno, mi rivedrà nuovamente all’interno di quell’urna e chissà se non anche per dare il mio consenso, ma non certo ora…
Da Giulia Donato a Giulia Cecchettin: tutte le vittime di femminicidio nel 2023 in Italia
“Almeno è qualcosa, un piccolo passo, una presa di posizione”!!!
“Un provvedimento inutile, sbagliato, che non tiene conto della realtà”.
Da giorni il dibattito sul decreto presentato come la panacea contro il femminicidio anima la rete tra favorevoli e contrari (quasi sempre sono commenti di donne o associazioni che lottano contro la violenza) anche se, a riproporne l’urgenza e al tempo stesso i limiti, sono arrivati, quasi nelle stesse ore, altri due delitti.
Altre due vittime innocenti che hanno perso la vita solo per aver osato un “no, non voglio più” all’uomo che aveva giurato di amarle e che le voleva a qualunque costo. Senza contare una donna ustionata con l’acido a Genova e altri episodi di violenza che nemmeno trovano spazio sui giornali, piccoli stalker fermati, almeno per il momento. E questo continua a far pensare che ci sia una scollatura profonda tra chi siede in Parlamento e chi tutti i giorni si scontra con questo dramma, siano esse donne alla ricerca di una via d’uscita dalla violenza quotidiana, operatrici, associazioni, esperte, persino poliziotte o persone impegnate tra le forze dell’ordine.
Entrando nel sito del governo per leggere i dodici punti in questione si ha la prima sorpresa (www.interno.gov.it) perché si parla di “decreto sicurezza” e non certo di donne o di femminicidio, come se il complesso rapporto tra i sessi che stiamo vivendo non meritasse una nota a se stante, una presa di posizione precisa, un desiderio reale di cambiamento, ma venga visto solo come una questione di ordine pubblico, da sconfiggere con l’inasprimento delle pene, passando con disinvoltura, nello stesso decreto, dagli stalker ai ladri di rame, dalle truffe on line ai supporter violenti negli stadi.
Il che riporta alla memoria altri tentativi analoghi di repressione come ad esempio l’idea di sconfiggere il terrorismo negli anni di piombo con la Legge Reale, con i risultati che abbiamo visto nella nostra storia recente. Perché è di un cambiamento morale che le donne hanno bisogno, di un’educazione permanente che parta dai bambini e dalle bambine, dalla scuola, dalla costruzione di una rete di appoggio e solidarietà, dalla consapevolezza reale, insita nella coscienza collettiva, che un delitto contro le donne non è un delitto di “serie b”, non può liquidarsi con un “se l’è cercata”, non può essere confinato in un “piano sicurezza”, non può dimenticare le associazioni e i centri anti violenza che hanno il polso del problema e il contatto quotidiano con le donne in fuga e nemmeno ignorare la necessità di nominare un nuovo ministro per le Pari Opportunità, dopo le dimissioni di Josefa Idem. Così il primo pensiero che viene a chi scrive è che, come al solito, si cerchi di speculare sulla pelle delle donne, ottenendo facili consensi e titoloni sui giornali, come spesso avviene quando si parla di questa realtà.
Addossano la colpa a lei. Li ha costretti con il suo comportamento, aveva un amante, era sfuggente, voleva lasciarlo, se ne era andata di casa e via dicendo. Non sono criminali mafiosi, non sono abituati, nella vita quotidiana, a delinquere. Sono persone con un problema psichico, malate della sindrome del possesso, incapaci di gestire un abbandono, di veder messa in dubbio la loro presunta superiorità maschile. Così come chi picchia la propria donna, magari davanti ai bambini (nel caso in cui la famiglia viva ancora sotto lo stesso tetto) o chi la tortura inseguendola fino a rendere la vita di tutti un inferno (nel caso in cui lei stia tentando di ricostruirsi una vita altrove). Questi uomini non guariranno con la bacchetta magica, chi è stato violento una volta lo sarà ancora e non basterà nemmeno il carcere preventivo o l’arresto in fragranza di reato, perché dopo usciranno di galera e ricominceranno. Questi uomini dovrebbero essere allontanati davvero dalle loro vittime, e soprattutto aiutati, curati con una terapia di sostegno, rieducati a vivere. Dovrebbero vedere negli occhi di chi li circonda la riprovazione mentre torturano la ex, sentire che sono dalla parte del torto e che non possiedono il corpo e i pensieri altrui. Una rivoluzione culturale che non può passare certo per l’inasprimento delle pene. Di cui non c’è traccia nel decreto. Dei centri per uomini maltrattanti (una dozzina o poco più in Italia) non c’è parola. Eppure sono loro, gli uomini, che uccidono.
L’altro punto dolente del “piano sicurezza” (segnalato a più voci) è in quell’irrevocabilità della querela che invece viene presentata come un punto di forza, dando per scontato che la donna è un soggetto fragile, incapace di intendere e volere, che va tutelata dal legislatore ma anche e soprattutto da se stessa. Già è gravissima l’idea che si decida contro il suo volere, d’ufficio, ma qualcuno si è chiesto, veramente, perché una donna ritira una denuncia? Non sempre lo fa perché vuole dare una seconda possibilità al suo aguzzino e non riesce a spezzare il legame affettivo che la lega a quest’uomo, l’autonomia emotiva è un percorso complesso, come sappiamo. E di sicuro non torna sui suoi passi perché è una minorata psichica, come sembra pensare il legislatore, la soluzione è molto più complessa, variegata. La ritira anche perché non trova nessuno pronto a sostenerla nella vita quotidiana, nemmeno tra le forze dell’ordine che ancora non sono preparate ad aiutarla concretamente o nelle aule dei Tribunali dove spesso non viene creduta e la violenza pericolosa viene confusa con conflittualità di coppia- se e quando la sua causa viene portata in dibattimento – oppure non ha una casa dove andare o soldi per affrontare l’emergenza, figli a carico cui deve garantire una vita normale. Certo potrebbe anche essere stata minacciata, costretta a questo passo indietro per evitare nuove violenze, come suggerisce il decreto. Ma allora dovrebbe risuonare l’ulteriore campanello d’allarme, prima della prossima domanda. Chi la aiuterà in concreto dopo, quando non potrà ritirare la denuncia ? Dove troverà rifugio? Dove andrà a dormire? Come ricostruirà la sua vita? Le associazioni femminili che da anni conoscono questa realtà andrebbero ascoltate e potenziate, così come i centri antiviolenza, troppo pochi in Italia, con pochi posti letto e ormai quasi senza finanziamenti. Nel decreto a queste strutture c’è solo un vago accenno, così come alla formazione degli operatori, il problema culturale e anche quello emotivo rimangono al limite del testo. Inesistenti.
L’altro passaggio che colpisce è quello sulla “delazione”, ovvero l’ammonimento del Questore, chiamato a prevenire un possibile delitto, privando il presunto aggressore di armi e patente, misura che “può essere applicata anche a seguito dell’intervento delle forze di polizia, senza che ne faccia richiesta la parte lesa, con specifica forma di tutela della riservatezza dell’identità dei soggetti che hanno segnalato i fatti”. Un passaggio pericoloso per molti versi, sia per l’intromissione nelle scelte della donna – e sappiamo quanto è difficile il cammino verso la consapevolezza e l’autonomia- sia per le reazioni che potrebbe avere il presunto maltrattante se e quando tornerà a casa o cercherà la sua compagna. Sarà sempre lei ai suoi occhi la colpevole di essersi confidata con chi poi lo ha denunciato. Sembra quasi di essere tornati ai tempi del proibizionismo, della caccia alle streghe.
C’è da aggiungere che alcuni punti del “piano sicurezza” rappresentano un tentativo interessante di andare oltre, per esempio per quanto riguarda i minori vittime a loro volta di violenza assistita, con l’inasprimento delle pene nei confronti del padre carnefice, o delle donne straniere, tutelate anche se prive del permesso di soggiorno che a quel punto otterrebbero e ancora dell’arresto in flagranza di reato del persecutore o della corsia preferenziale del processo e del patrocinio gratuito per persone in difficoltà economica. Ma ancora una volta bisogna ricordare che si tratta di misure repressive che porteranno solo a una sospensione momentanea del pericolo. Chi aiuterà i bambini e la donna, ad esempio, una volta che è stato allontanato il papà, chi li seguirà per permettere loro di ricostruire una base affettiva e una vita serena? Cosa succederà quando l’aggressore, una volta scarcerato, tornerà in libertà, magari con il desiderio ingigantito dalla prigionia di vendicarsi? Il problema della violenza contro le donne, non ci stancheremo di ripeterlo, non è un problema di ordine pubblico ma culturale, richiede uno sforzo e un impegno congiunto, di tutti, per educare, sensibilizzare, cambiare la mentalità e di conseguenza i comportamenti.
Leggere ancora oggi di una donna costretta da più di sette anni sulla sedia a rotelle per colpa dell’ex (www.https://www.repubblica.it/cronaca/2013/08/14/news/femminicidio_intervista_filomena_de_gennaro-64742614/?ref=HREC1-10) con il paese che attribuisce a lei la colpa di averlo mandato in carcere non fa davvero ben sperare.
Ma è anche da questo che si deve partire o se preferite dalle 84 donne uccise dall’inizio dell’anno in Italia e da tutte quelle che sono in fuga dal loro ex, senza sapere bene cosa accadrà loro domani.
L’articolo è stato ripreso dal sito della psicologa Dott.ssa Roberta Bruzzone: https://robertabruzzone.com/segnaliamo-e-riproduciamo-integralmente-larticolo-relativo-al-decreto-sul-femminicidio-del-telefono-rosa/
Purtroppo dalla pubblicazione di questo post, abbiamo in queste ore letto e ascoltato altre tragiche notizia su vittime di femminicidio, in particolare quella di Giulia Cecchettin, uccisa in maniera disumana, da quel suo ex fidanzato…
Come avevo riportano nel mio precedente post, scrivendo su Castelfiorentino https://nicola-costanzo.blogspot.com/2023/09/castelfiorentino-una-cittadina-che.html, quanto per l’ennesima volta accaduto, dimostra “il fallimento di uno Stato e delle sue Istituzioni che per l’appunto non hanno saputo dettare e quindi obbligare, al rispetto delle regole di civile convivenza”!!!
Auspico quindi che – dopo queste ultime vittime – s’intervenga da quel Parlamento in maniera seria e soprattutto concreta, affinché si ponga la parola fine a questa continua tragedia!!!
Che schifo: si sceglie "si" hai vitalizi e si dice "no" al salario minimo a 9 euro!!!
Dinnanzi a quanto accaduto in questi giorni, gli Italiani, invece di andarsene a mare, si sarebbero dovuti dirigere a Roma, dinnanzi proprio a quel Parlamento ed iniziare uno sciopero generale, fintanto che quei privilegi vergognosi, non venissero immediatamente aboliti,
Ed invece cosa accade… NULLA!!!
Ricordiamolo, nel nostro Paese, così tanto decantato come “democratico“, il salario minimo non è previsto per legge, dato che la tutela della retribuzione adeguata è garantita attraverso la contrattazione collettiva!!!
Ci sono più di tre milioni di lavoratori che oggi non percepiscono neppure quei 9 euro l’ora eppure abbiamo governanti, uomini della politica e tutto quell’andirivieni di persone incompetenti, all’interno di quegli uffici istituzionali, posti lì grazie alle solite raccomandazioni, che fanno di tutto affinché il sistema resti così com’è!!!
E difatti mentre i vitalizi nel nostro Paese sono stati concessi a tutti quei parlamentari quasi fossero delle pensioni speciali, già… concesse a coloro per aver servito quali membri del Parlamento (per aver fatto cosa, sì… sarebbe da chiederlo), in molti altri paesi, questo sistema pensionistico extra per i parlamentari dopo essere stato oggetto di dibattito pubblico ( noi cittadini tra l’altro l’avevamo abolito…) e stato eliminato!!!
D’altronde non ci vuole molto per comprendere come i vitalizi dei parlamentari siano ingiusti, in quanto costituiscono un privilegio rispetto ai sistemi pensionistici ordinari, già di chi come il sottoscritto da trent’anni versa…
E’ evidente a tutti che questo tipo di pensioni utilizzi benefici certamente più generosi rispetto a quelli offerti ai cittadini comuni, in particolare perché essi vengono concessi solo dopo un periodo di servizio relativamente breve, soprattutto questo privilegio riservato ai soli politici, se ci si pensa… è totalmente inadeguato, paragonato al mancato contributo che questi hanno dato alla nostra società.
Quindi perché riconoscerlo??? Perché non scendere in piazza e far di tutto affinché non se ne parli più???
Certo, comprendo bene tutti quei lacchè che hanno potuto mantenere le proprie famiglie grazie al sostegno dato da quei loro “padroni” politici, gli stessi che li hanno mantenuti per una vita ed oggi quindi ne difendono i vitalizi, proprio per farsi belli con quei loro parlamentari, sostenendo altresì che è giusto riconoscere loro tali pensioni, perché rappresenta un modo per affermare un servizio pubblico reso alla nazione ed anche necessario per garantire loro una certa sicurezza finanziaria dopo aver terminato il loro mandato.
E certo… per loro quei politici, sono come aver incontrato il messia!!!
Che schifo… viene il voltastomaco, sapere di convivere con dei connazionali capaci di pensare al solo interesse personale e mai a quello collettivo, dover continuare a convivere in questa società iniqua è una sofferenza, già un Paese che invece di premiare chi lavora e riconoscere quel minimo sussidio affinché si possa sopravvivere e progettare un futuro, si preferisce dedicarsi al riconoscimento dei vitalizi, dimenticando di fatto, non solo i costi pensionistici da sostenersi, per un Paese da tempo sull’orlo del fallimento, ma evidenziando una scorretta equità complessiva che dovrebbe essere la base principale per portare avanti una nazione che sopravvive grazie ai finanziamenti dell’Ue…
Ah… ricordo a tutti, che quei fondi ricevuti – sono precisamente 123 miliardi – dovranno essere prima o poi restituiti, già con gli interessi!!!
Il tetto contanti a €. 10.000 farà sicuramente felice gli evasori e gli imprenditori che effettuano pagamenti in nero, ma soprattutto quanti a tutt'oggi percepiscono tangenti!!!
In un Paese rappresentato in parlamento da condannati, imputati ed indagati, pensavate forse che improvvisamente quei fondamentali principi di legalità diventassero prioritari su tutto???
Ma chi ha pensato per un momento ciò è stato folle, vedrete – ma non lo dico per parte presa o per indirizzo politico, credetemi.. non me ne frega niente – se con tanti problemi immensi da affrontare, si pensa come primo punto ha depositare un progetto di legge per alzare il tetto del contante a 10mila euro, comprenderete come l’obbiettivo del Governo Meloni ( e mi dispiace per Lei… ) è quello di far passare leggi e norme che agevoleranno tutti coloro che oggi corrompono, evadono, truffano e via discorrendo…
Già, invece di fare provvedimento che dovrebbero condurre all’abolizione del contante, anche questo governo procede nella direzione di quanto fatto dai governi che l’hanno proceduto!!!
Ma poi mi verrebbe da dire… ma chi cammina oggi in tasca con 10.000 euro in contanti???
Ma finitela di prenderci per il culo… è ovvio che ciò serve a mascherare tutte quelle circostanze che hanno necessità illegali o che favoriscono la criminalità organizzata, che si ritrova ad avere grandi disponibilità di liquidità quotidiana e deve cercare di riciclare e quindi far circolare nuovamente nel mercato legale in breve tempo…
Ma non solo… va ricordato come vi siano enormi patrimoni depositati all’estero in paradisi fiscali che bisogna far rientrare e quale migliore soluzione se non proporre il tetto a 10.000 giornalieri…
Uno schifo sotto tutti i punti di vista… ma d’altronde è la rappresentazione esatta di questo nostro paese, dove chi ruba e non fa un cazz… viene premiato e chi lavora costantemente viene bastonato e costretto a pagare per mantenere tutta questa inutilità!!!
Ma d’altronde, fintanto che i cittadini vanno a votare invece di scendere in piazza, cosa si pretende…
Elezioni: si vede che siamo Italiani!!! Si vota volontariamente in due giorni: già… affinché il lunedì si possa giustificare l'assenza di qualche ora dal proprio posto di lavoro per andare a votare!!!
Già non bastava la domenica, no… sapendo che soltanto il 15% dei votanti si sarebbe presentato ai seggi elettorali hanno aggiunto la giornata del lunedì, sapendo che in molti avrebbero sfruttato questo primo giorno feriale per potersi allontanare dal proprio posto di lavoro, giustificando quella momentanea assenza con il diritto di recarsi al voto…
Pensate… per l’occorrenza hanno abolito anche il “green pass” all’ingresso di quelle strutture, già come se in quei locali al chiuso non vi sia alcun pericolo di contagio, a differenza di tutti gli altri, in particolare di quelli della ristorazione dove i controlli continuano a essere serrati e le sospensioni/chiusure esercitate dalle forze dell’ordine risulatano essere in queste ore numerose.
Ma quando si tratta di votare tutto passa legittimamente, non importa se chi opera in quella sede elettorale rischi un’infezione da Covid-19, l’importante è che essi stiamo seduti lì ad accogliere i cittadini per consegnare loro quelle schede elettorali!!!
Se fossimo in Svezia, tutti – o quantomeno quanti desiderano andare al voto – si sarebbero recati alle urne di domenica per fare il proprio dovere, dalle 8.00 alle 22.00, senza fiatare, protestare o quant’altro…
Ma qui siamo in Italia e la domenica si sa, si pensa esclusivamente a divertirsi e non certo alla politica o a quei suoi referenti per lo più inutili, per non dire – vedasi le inchieste giudiziarie di questi giorni – “abietti”… già per quei loro comportamenti deviati che offendono gravemente la morale!!!
Non entro nel merito di quelle azioni, ma pensare di avere soggetti come questi nel nostro Parlamento è qualcosa di indegno…
Drogati, corrotti, ladri e lestofanti che si prestano a compiere tutte quelle vergognose illegalità, personaggi pubblici di cui scopriamo ogni giorno qualcosa di nuovo, eppure stranamente nessuno riesce a cacciarli da quelle poltrone, certo viene da pensare come forse essi possiedano tanti di quegli scheletri nell’armadio da compromettere qualsivoglia loro collega!!!
Ci chiedono adesso di votarli, certo… ci vuole coraggio a farlo, ma si sa da quelle parti parole come reputazione, decoro, onore, rispettabilità, sono qualcosa di alieno!!!
Ed allora meglio assentarsi per qualche ora, ci si prende un caffè con qualche collega, si discute del più e del meno su questo nostro Paese, si passeggia per recarsi a quelle urne e dopo aver votato, chissà forse anche scheda bianca, si ritorna nel proprio ufficio, giustificando quelle ore di assenza a causa del traffico o della lunga coda presente dinnanzi a quelle urne…
Già, peccato che in pochi sanno come lì… non vi fosse nessuno!!!
Il messaggio del premier Draghi riguarda la "responsabilità nazionale"!!! Ma scusate, non è la stessa parola utilizzata dal suo predecessore??? Ed allora cos'è cambiato??? Ah sì dimenticavo… le poltrone!!!
Ho appena finito di leggere il programma del premier Draghi ed ho voluto sottolineare le parti più interessanti di quel suo discorso e cioè quelle che hanno coinvolto esclusivamente noi cittadini, perché una cosa va riconosciuta a quell’inutile Parlamento (o per meglio dire ad una parte di coloro che siedono in quelle poltrone), e cioè, di aver pensato di tutelare i propri interessi, viceversa, più 100.000 nostri connazionali hanno lo scorso anno perso la vita mentre e più di 5 milioni stanno sopravvivendo patendo quasi la fame!!!
Leggendo peraltro il programma, mi sarei aspettato di leggere qualcosa che riguardasse il contrasto alla criminalità organizzata, a quella diffusa corruzione presente in particolare nel settore pubblico, a quel continuo malaffare, ed anche, alle ingerenze e collusioni che ormai sono ovunque presenti…
Ma su quanto sopra nulla o meglio… una semplice stringa, in cui è stato riportato: legalità e sicurezza siano sempre garantite!!!
Che cazz… ta!!!
Ed allora se vi va… rileggetevi questo suo messaggio che con tanto entusiasmo è stato apprezzato da gran parte di quei parlamentari presenti ( peccato… già, se a quelle parole pronunciate dal premier avessimo potuto leggere le loro menti, chissà, forse anche noi… avremmo iniziato a ridere)!!!
Il primo pensiero che vorrei condividere con Voi è quello che riguarda la “responsabilità nazionale“!!!
Uh… l’abbiamo vista, già… quanta responsabilità, d’altronde come non ricordare quanto occorso durante le ultime sedute all’ex premier Conte!!!
Il principale dovere cui siamo chiamati, tutti, io per primo come presidente del Consiglio, è di combattere con ogni mezzo la pandemia e di salvaguardare le vite dei nostri concittadini. Una trincea dove combattiamo tutti insieme. Il virus è nemico di tutti. Ed è nel commosso ricordo di chi non c’è più che cresce il nostro impegno.
Prima di illustrarvi il mio programma, vorrei rivolgere un altro pensiero, partecipato e solidale, a tutti coloro che soffrono per la crisi economica che la pandemia ha scatenato, a coloro che lavorano nelle attività più colpite o fermate per motivi sanitari. Conosciamo le loro ragioni, siamo consci del loro enorme sacrificio e li ringraziamo. Ci impegniamo a fare di tutto perché possano tornare, nel più breve tempo possibile, nel riconoscimento dei loro diritti, alla normalità delle loro occupazioni. Ci impegniamo a informare i cittadini con sufficiente anticipo, per quanto compatibile con la rapida evoluzione della pandemia, di ogni cambiamento nelle regole.
Il Governo farà le riforme ma affronterà anche l’emergenza. Non esiste un prima e un dopo. Siamo consci dell’insegnamento di Cavour:”… le riforme compiute a tempo, invece di indebolire l’autorità, la rafforzano“. Ma nel frattempo dobbiamo occuparci di chi soffre adesso, di chi oggi perde il lavoro o è costretto a chiudere la propria attività.
Nel ringraziare, ancora una volta il presidente della Repubblica per l’onore dell’incarico che mi è stato assegnato, vorrei dirvi che non vi è mai stato, nella mia lunga vita professionale, un momento di emozione così intensa e di responsabilità così ampia.
Forse l’unica affermazione che condivido è questa: Ringrazio altresì il mio predecessore Giuseppe Conte che ha affrontato una situazione di emergenza sanitaria ed economica come mai era accaduto dall’Unità d’Italia!!!
Si è discusso molto sulla natura di questo governo. La storia repubblicana ha dispensato una varietà infinita di formule. Nel rispetto che tutti abbiamo per le istituzioni e per il corretto funzionamento di una democrazia rappresentativa, un esecutivo come quello che ho l’onore di presiedere, specialmente in una situazione drammatica come quella che stiamo vivendo, è semplicemente il governo del Paese. Non ha bisogno di alcun aggettivo che lo definisca. Riassume la volontà, la consapevolezza, il senso di responsabilità delle forze politiche che lo sostengono alle quali è stata chiesta una rinuncia per il bene di tutti, dei propri elettori come degli elettori di altri schieramenti, anche dell’opposizione, dei cittadini italiani tutti. Questo è lo spirito repubblicano di un governo che nasce in una situazione di emergenza raccogliendo l’alta indicazione del capo dello Stato.
La crescita di un’economia di un Paese non scaturisce solo da fattori economici. Dipende dalle istituzioni, dalla fiducia dei cittadini verso di esse, dalla condivisione di valori e di speranze. Gli stessi fattori determinano il progresso di un Paese.
Si è detto e scritto che questo governo è stato reso necessario dal fallimento della politica. Mi sia consentito di non essere d’accordo. Nessuno fa un passo indietro rispetto alla propria identità ma semmai, in un nuovo e del tutto inconsueto perimetro di collaborazione, ne fa uno avanti nel rispondere alle necessità del Paese, nell’avvicinarsi ai problemi quotidiani delle famiglie e delle imprese che ben sanno quando è il momento di lavorare insieme, senza pregiudizi e rivalità.
Nei momenti più difficili della nostra storia, l’espressione più alta e nobile della politica si è tradotta in scelte coraggiose, in visioni che fino a un attimo prima sembravano impossibili. Perché prima di ogni nostra appartenenza, viene il dovere della cittadinanza.
Siamo cittadini di un Paese che ci chiede di fare tutto il possibile, senza perdere tempo, senza lesinare anche il più piccolo sforzo, per combattere la pandemia e contrastare la crisi economica. E noi oggi, politici e tecnici che formano questo nuovo esecutivo siamo tutti semplicemente cittadini italiani, onorati di servire il proprio Paese, tutti ugualmente consapevoli del compito che ci è stato affidato.
Questo è lo spirito repubblicano del mio governo.
La durata dei governi in Italia è stata mediamente breve ma ciò non ha impedito, in momenti anche drammatici della vita della nazione, di compiere scelte decisive per il futuro dei nostri figli e nipoti. Conta la qualità delle decisioni, conta il coraggio delle visioni, non contano i giorni. Il tempo del potere può essere sprecato anche nella sola preoccupazione di conservarlo. Oggi noi abbiamo, come accadde ai governi dell’immediato Dopoguerra, la possibilità, o meglio la responsabilità, di avviare una Nuova Ricostruzione. L’Italia si risollevò dal disastro della Seconda Guerra Mondiale con orgoglio e determinazione e mise le basi del miracolo economico grazie a investimenti e lavoro. Ma soprattutto grazie alla convinzione che il futuro delle generazioni successive sarebbe stato migliore per tutti. Nella fiducia reciproca, nella fratellanza nazionale, nel perseguimento di un riscatto civico e morale. A quella Ricostruzione collaborarono forze politiche ideologicamente lontane se non contrapposte. Sono certo che anche a questa Nuova Ricostruzione nessuno farà mancare, nella distinzione di ruoli e identità, il proprio apporto. Questa è la nostra missione di italiani: consegnare un Paese migliore e più giusto ai figli e ai nipoti.
Spesso mi sono chiesto se noi, e mi riferisco prima di tutto alla mia generazione, abbiamo fatto e stiamo facendo per loro tutto quello che i nostri nonni e padri fecero per noi, sacrificandosi oltre misura. È una domanda che ci dobbiamo porre quando non facciamo tutto il necessario per promuovere al meglio il capitale umano, la formazione, la scuola, l’università e la cultura. Una domanda alla quale dobbiamo dare risposte concrete e urgenti quando deludiamo i nostri giovani costringendoli ad emigrare da un paese che troppo spesso non sa valutare il merito e non ha ancora realizzato una effettiva parità di genere. Una domanda che non possiamo eludere quando aumentiamo il nostro debito pubblico senza aver speso e investito al meglio risorse che sono sempre scarse. Ogni spreco oggi è un torto che facciamo alle prossime generazioni, una sottrazione dei loro diritti. Esprimo davanti a voi, che siete i rappresentanti eletti degli italiani, l’auspicio che il desiderio e la necessità di costruire un futuro migliore orientino saggiamente le nostre decisioni. Nella speranza che i giovani italiani che prenderanno il nostro posto, anche qui in questa aula, ci ringrazino per il nostro lavoro e non abbiano di che rimproverarci per il nostro egoismo.
Questo governo nasce nel solco dell’appartenenza del nostro Paese, come socio fondatore, all’Unione europea, e come protagonista dell’Alleanza Atlantica, nel solco delle grandi democrazie occidentali, a difesa dei loro irrinunciabili principi e valori. Sostenere questo governo significa condividere l’irreversibilità della scelta dell’euro, significa condividere la prospettiva di un’Unione Europea sempre più integrata che approderà a un bilancio pubblico comune capace di sostenere i Paesi nei periodi di recessione. Gli Stati nazionali rimangono il riferimento dei nostri cittadini, ma nelle aree definite dalla loro debolezza cedono sovranità nazionale per acquistare sovranità condivisa. Anzi, nell’appartenenza convinta al destino dell’Europa siamo ancora più italiani, ancora più vicini ai nostri territori di origine o residenza. Dobbiamo essere orgogliosi del contributo italiano alla crescita e allo sviluppo dell’Unione europea. Senza l’Italia non c’è l’Europa. Ma, fuori dall’Europa c’è meno Italia. Non c’è sovranità nella solitudine. C’è solo l’inganno di ciò che siamo, nell’oblio di ciò che siamo stati e nella negazione di quello che potremmo essere. Siamo una grande potenza economica e culturale. Mi sono sempre stupito e un po’ addolorato in questi anni, nel notare come spesso il giudizio degli altri sul nostro Paese sia migliore del nostro. Dobbiamo essere più orgogliosi, più giusti e più generosi nei confronti del nostro Paese. E riconoscere i tanti primati, la profonda ricchezza del nostro capitale sociale, del nostro volontariato, che altri ci invidiano.
Da quando è esplosa l’epidemia, ci sono stati — i dati ufficiali sottostimano il fenomeno — 92.522 morti, 2.725.106 cittadini colpiti dal virus, in questo momento 2.074 sono i ricoverati in terapia intensiva. Ci sono 259 morti tra gli operatori sanitari e 118.856 sono quelli contagiati, a dimostrazione di un enorme sacrificio sostenuto con generosità e impegno. Cifre che hanno messo a dura prova il sistema sanitario nazionale, sottraendo personale e risorse alla prevenzione e alla cura di altre patologie, con conseguenze pesanti sulla salute di tanti italiani.
L’aspettativa di vita, a causa della pandemia, è diminuita: fino a 4 – 5 anni nelle zone di maggior contagio; un anno e mezzo – due in meno per tutta la popolazione italiana. Un calo simile non si registrava in Italia dai tempi delle due guerre mondiali.
La diffusione del virus ha comportato gravissime conseguenze anche sul tessuto economico e sociale del nostro Paese. Con rilevanti impatti sull’occupazione, specialmente quella dei giovani e delle donne. Un fenomeno destinato ad aggravarsi quando verrà meno il divieto di licenziamento.
Si è anche aggravata la povertà. I dati dei centri di ascolto Caritas, che confrontano il periodo maggio-settembre del 2019 con lo stesso periodo del 2020, mostrano che da un anno all’altro l’incidenza dei “nuovi poveri” passa dal 31% al 45%: quasi una persona su due che oggi si rivolge alla Caritas lo fa per la prima volta. Tra i nuovi poveri aumenta in particolare il peso delle famiglie con minori, delle donne, dei giovani, degli italiani, che sono oggi la maggioranza (52% rispetto al 47,9 % dello scorso anno) e delle persone in età lavorativa, di fasce di cittadini finora mai sfiorati dall’indigenza.
Il numero totale di ore di Cassa integrazione per emergenza sanitaria dal 1 aprile al 31 dicembre dello scorso anno supera i 4 milioni. Nel 2020 gli occupati sono scesi di 444 mila unità ma il calo si è accentrato su contratti a termine (-393 mila) e lavoratori autonomi (-209). La pandemia ha finora ha colpito soprattutto giovani e donne, una disoccupazione selettiva ma che presto potrebbe iniziare a colpire anche i lavoratori con contratti a tempo indeterminato.
Gravi e con pochi precedenti storici gli effetti sulla diseguaglianza. In assenza di interventi pubblici il coefficiente di Gini, una misura della diseguaglianza nella distribuzione del reddito, sarebbe aumentato, nel primo semestre del 2020 (secondo una recente stima), di 4 punti percentuali, rispetto al 34.8% del 2019. Questo aumento sarebbe stato maggiore di quello cumulato durante le due recenti recessioni. L’aumento nella diseguaglianza è stato tuttavia attenuato dalle reti di protezione presenti nel nostro sistema di sicurezza sociale, in particolare dai provvedimenti che dall’inizio della pandemia li hanno rafforzati. Rimane però il fatto che il nostro sistema di sicurezza sociale è squilibrato, non proteggendo a sufficienza i cittadini con impieghi a tempo determinato e i lavoratori autonomi.
Le previsioni pubblicate la scorsa settimana dalla Commissione europea indicano che sebbene nel 2020 la recessione europea sia stata meno grave di quanto ci si aspettasse — e che quindi già fra poco più di un anno si dovrebbero recuperare i livelli di attività economica pre-pandemia – in Italia questo non accadrà prima della fine del 2022, in un contesto in cui, prima della pandemia, non avevamo ancora recuperato pienamente gli effetti delle crisi del 2008-09 e del 2011-13.
La diffusione del Covid ha provocato ferite profonde nelle nostre comunità, non solo sul piano sanitario ed economico, ma anche su quello culturale ed educativo. Le ragazze e i ragazzi hanno avuto, soprattutto quelli nelle scuole secondarie di secondo grado, il servizio scolastico attraverso la Didattica a Distanza che, pur garantendo la continuità del servizio, non può non creare disagi ed evidenziare diseguaglianze. Un dato chiarisce meglio la dinamica attuale: a fronte di 1.696.300 studenti delle scuole secondarie di secondo grado, nella prima settimana di febbraio solo 1.039.372 studenti (il 61,2% del totale) ha avuto assicurato il servizio attraverso la Didattica a Distanza.
Questa situazione di emergenza senza precedenti impone di imboccare, con decisione e rapidità, una strada di unità e di impegno comune.
Il piano di vaccinazione. Gli scienziati in soli 12 mesi hanno fatto un miracolo: non era mai accaduto che si riuscisse a produrre un nuovo vaccino in meno di un anno. La nostra prima sfida è, ottenutene le quantità sufficienti, distribuirlo rapidamente ed efficientemente.
Abbiamo bisogno di mobilitare tutte le energie su cui possiamo contare, ricorrendo alla protezione civile, alle forze armate, ai tanti volontari. Non dobbiamo limitare le vaccinazioni all’interno di luoghi specifici, spesso ancora non pronti: abbiamo il dovere di renderle possibili in tutte le strutture disponibili, pubbliche e private. Facendo tesoro dell’esperienza fatta con i tamponi che, dopo un ritardo iniziale, sono stati permessi anche al di fuori della ristretta cerchia di ospedali autorizzati. E soprattutto imparando da Paesi che si sono mossi più rapidamente di noi disponendo subito di quantità di vaccini adeguate. La velocità è essenziale non solo per proteggere gli individui e le loro comunità sociali, ma ora anche per ridurre le possibilità che sorgano altre varianti del virus.
Sulla base dell’esperienza dei mesi scorsi dobbiamo aprire un confronto a tutto campo sulla riforma della nostra sanità. Il punto centrale è rafforzare e ridisegnare la sanità territoriale, realizzando una forte rete di servizi di base (case della comunità, ospedali di comunità, consultori, centri di salute mentale, centri di prossimità contro la povertà sanitaria). È questa la strada per rendere realmente esigibili i “Livelli essenziali di assistenza” e affidare agli ospedali le esigenze sanitarie acute, post acute e riabilitative. La “casa come principale luogo di cura” è oggi possibile con la telemedicina, con l’assistenza domiciliare integrata.
La scuola: non solo dobbiamo tornare rapidamente a un orario scolastico normale, anche distribuendolo su diverse fasce orarie, ma dobbiamo fare il possibile, con le modalità più adatte, per recuperare le ore di didattica in presenza perse lo scorso anno, soprattutto nelle regioni del Mezzogiorno in cui la didattica a distanza ha incontrato maggiori difficoltà.
Occorre rivedere il disegno del percorso scolastico annuale. Allineare il calendario scolastico alle esigenze derivanti dall’esperienza vissuta dall’inizio della pandemia. Il ritorno a scuola deve avvenire in sicurezza.
È necessario investire in una transizione culturale a partire dal patrimonio identitario umanistico riconosciuto a livello internazionale. Siamo chiamati disegnare un percorso educativo che combini la necessaria adesione agli standard qualitativi richiesti, anche nel panorama europeo, con innesti di nuove materie e metodologie, e coniugare le competenze scientifiche con quelle delle aree umanistiche e del multilinguismo.
Infine è necessario investire nella formazione del personale docente per allineare l’offerta educativa alla domanda delle nuove generazioni.
In questa prospettiva particolare attenzione va riservata agli ITIS (istituti tecnici). In Francia e in Germania, ad esempio, questi istituti sono un pilastro importante del sistema educativo. E’ stato stimato in circa 3 milioni, nel quinquennio 2019-23, il fabbisogno di diplomati di istituti tecnici nell’area digitale e ambientale. Il Programma Nazionale di Ripresa e Resilienza assegna 1,5 md agli ITIS, 20 volte il finanziamento di un anno normale pre-pandemia. Senza innovare l’attuale organizzazione di queste scuole, rischiamo che quelle risorse vengano sprecate.
La globalizzazione, la trasformazione digitale e la transizione ecologica stanno da anni cambiando il mercato del lavoro e richiedono continui adeguamenti nella formazione universitaria. Allo stesso tempo occorre investire adeguatamente nella ricerca, senza escludere la ricerca di base, puntando all’eccellenza, ovvero a una ricerca riconosciuta a livello internazionale per l’impatto che produce sulla nuova conoscenza e sui nuovi modelli in tutti i campi scientifici. Occorre infine costruire sull’esperienza di didattica a distanza maturata nello scorso anno sviluppandone le potenzialità con l’impiego di strumenti digitali che potranno essere utilizzati nella didattica in presenza.
Quando usciremo, e usciremo, dalla pandemia, che mondo troveremo? Alcuni pensano che la tragedia nella quale abbiamo vissuto per più di 12 mesi sia stata simile ad una lunga interruzione di corrente. Prima o poi la luce ritorna, e tutto ricomincia come prima. La scienza, ma semplicemente il buon senso, suggeriscono che potrebbe non essere così.
Il riscaldamento del pianeta ha effetti diretti sulle nostre vite e sulla nostra salute, dall’inquinamento, alla fragilità idrogeologica, all’innalzamento del livello dei mari che potrebbe rendere ampie zone di alcune città litoranee non più abitabili. Lo spazio che alcune megalopoli hanno sottratto alla natura potrebbe essere stata una delle cause della trasmissione del virus dagli animali all’uomo.
Come ha detto papa Francesco “Le tragedie naturali sono la risposta della terra al nostro maltrattamento. E io penso che se chiedessi al Signore che cosa pensa, non credo mi direbbe che è una cosa buona: siamo stati noi a rovinare l’opera del Signore”.
Proteggere il futuro dell’ambiente, conciliandolo con il progresso e il benessere sociale, richiede un approccio nuovo: digitalizzazione, agricoltura, salute, energia, aerospazio, cloud computing, scuole ed educazione, protezione dei territori , biodiversità, riscaldamento globale ed effetto serra, sono diverse facce di una sfida poliedrica che vede al centro l’ecosistema in cui si svilupperanno tutte le azioni umane.
Anche nel nostro Paese alcuni modelli di crescita dovranno cambiare. Ad esempio il modello di turismo, un’attività che prima della pandemia rappresentava il 14 per cento del totale delle nostre attività economiche. Imprese e lavoratori in quel settore vanno aiutati ad uscire dal disastro creato dalla pandemia. Ma senza scordare che il nostro turismo avrà un futuro se non dimentichiamo che esso vive della nostra capacità di preservare, cioè almeno non sciupare, città d’arte, luoghi e tradizioni che successive generazioni attraverso molti secoli hanno saputo preservare e ci hanno tramandato.
Uscire dalla pandemia non sarà come riaccendere la luce. Questa osservazione, che gli scienziati non smettono di ripeterci, ha una conseguenza importante. Il governo dovrà proteggere i lavoratori, tutti i lavoratori, ma sarebbe un errore proteggere indifferentemente tutte le attività economiche. Alcune dovranno cambiare, anche radicalmente. E la scelta di quali attività proteggere e quali accompagnare nel cambiamento è il difficile compito che la politica economica dovrà affrontare nei prossimi mesi.
La capacità di adattamento del nostro sistema produttivo e interventi senza precedenti hanno permesso di preservare la forza lavoro in un anno drammatico: sono stati sette milioni i lavoratori che hanno fruito di strumenti di integrazione salariale per un totale di 4 miliardi di ore. Grazie a tali misure, supportate anche dalla Commissione Europea mediante il programma SURE, è stato possibile limitare gli effetti negativi sull’occupazione. A pagare il prezzo più alto sono stati i giovani, le donne e i lavoratori autonomi. E’ innanzitutto a loro che bisogna pensare quando approntiamo una strategia di sostegno delle imprese e del lavoro, strategia che dovrà coordinare la sequenza degli interventi sul lavoro, sul credito e sul capitale.
Centrali sono le politiche attive del lavoro. Affinché esse siano immediatamente operative è necessario migliorare gli strumenti esistenti, come l’assegno di riallocazione, rafforzando le politiche di formazione dei lavoratori occupati e disoccupati. Vanno anche rafforzate le dotazioni di personale e digitali dei centri per l’impiego in accordo con le regioni. Questo progetto è già parte del Programma Nazionale di Ripresa e Resilienza ma andrà anticipato da subito.
Il cambiamento climatico, come la pandemia, penalizza alcuni settori produttivi senza che vi sia un’espansione in altri settori che possa compensare. Dobbiamo quindi essere noi ad assicurare questa espansione e lo dobbiamo fare subito.
La risposta della politica economica al cambiamento climatico e alla pandemia dovrà essere una combinazione di politiche strutturali che facilitino l’innovazione, di politiche finanziarie che facilitino l’accesso delle imprese capaci di crescere al capitale e al credito e di politiche monetarie e fiscali espansive che agevolino gli investimenti e creino domanda per le nuove attività sostenibili che sono state create.
Vogliamo lasciare un buon pianeta, non solo una buona moneta.
La mobilitazione di tutte le energie del Paese nel suo rilancio non può prescindere dal coinvolgimento delle donne. Il divario di genere nei tassi di occupazione in Italia rimane tra i più alti di Europa: circa 18 punti su una media europea di 10. Dal dopoguerra ad oggi, la situazione è notevolmente migliorata, ma questo incremento non è andato di pari passo con un altrettanto evidente miglioramento delle condizioni di carriera delle donne. L’Italia presenta oggi uno dei peggiori gap salariali tra generi in Europa, oltre una cronica scarsità di donne in posizioni manageriali di rilievo.
Una vera parità di genere non significa un farisaico rispetto di quote rosa richieste dalla legge: richiede che siano garantite parità di condizioni competitive tra generi. Intendiamo lavorare in questo senso, puntando a un riequilibrio del gap salariale e un sistema di welfare che permetta alle donne di dedicare alla loro carriera le stesse energie dei loro colleghi uomini, superando la scelta tra famiglia o lavoro.
Garantire parità di condizioni competitive significa anche assicurarsi che tutti abbiano eguale accesso alla formazione di quelle competenze chiave che sempre più permetteranno di fare carriera – digitali, tecnologiche e ambientali. Intendiamo quindi investire, economicamente ma soprattutto culturalmente, perché sempre più giovani donne scelgano di formarsi negli ambiti su cui intendiamo rilanciare il Paese. Solo in questo modo riusciremo a garantire che le migliori risorse siano coinvolte nello sviluppo del Paese.
Aumento dell’occupazione, in primis, femminile, è obiettivo imprescindibile: benessere, autodeterminazione, legalità, sicurezza sono strettamente legati all’aumento dell’occupazione femminile nel Mezzogiorno. Sviluppare la capacità di attrarre investimenti privati nazionali e internazionali è essenziale per generare reddito, creare lavoro, investire il declino demografico e lo spopolamento delle aree interne. Ma per raggiungere questo obiettivo occorre creare un ambiente dove legalità e sicurezza siano sempre garantite. Vi sono poi strumenti specifici quali il credito d’imposta e altri interventi da concordare in sede europea.
Per riuscire a spendere e spendere bene, utilizzando gli investimenti dedicati dal Next Generation EU occorre irrobustire le amministrazioni meridionali, anche guardando con attenzione all’esperienza di un passato che spesso ha deluso la speranza.
In tema di infrastrutture occorre investire sulla preparazione tecnica, legale ed economica dei funzionari pubblici per permettere alle amministrazioni di poter pianificare, progettare ed accelerare gli investimenti con certezza dei tempi, dei costi e in piena compatibilità con gli indirizzi di sostenibilità e crescita indicati nel Programma nazionale di Ripresa e Resilienza. Particolare attenzione va posta agli investimenti in manutenzione delle opere e nella tutela del territorio, incoraggiando l’utilizzo di tecniche predittive basate sui più recenti sviluppi in tema di Intelligenza artificiale e tecnologie digitali. Il settore privato deve essere invitato a partecipare alla realizzazione degli investimenti pubblici apportando più che finanza, competenza, efficienza e innovazione per accelerare la realizzazione dei progetti nel rispetto dei costi previsti.
La strategia per i progetti del Next Generation EU non può che essere trasversale e sinergica, basata sul principio dei co-benefici, cioè con la capacità di impattare simultaneamente più settori, in maniera coordinata.
Dovremo imparare a prevenire piuttosto che a riparare, non solo dispiegando tutte le tecnologie a nostra disposizione ma anche investendo sulla consapevolezza delle nuove generazioni che “ogni azione ha una conseguenza”.
Come si è ripetuto più volte, avremo a disposizione circa 210 miliardi lungo un periodo di sei anni.
Queste risorse dovranno essere spese puntando a migliorare il potenziale di crescita della nostra economia. La quota di prestiti aggiuntivi che richiederemo tramite la principale componente del programma, lo Strumento per la ripresa e resilienza, dovrà essere modulata in base agli obiettivi di finanza pubblica.
Il precedente Governo ha già svolto una grande mole di lavoro sul Programma di ripresa e resilienza (PNRR). Dobbiamo approfondire e completare quel lavoro che, includendo le necessarie interlocuzioni con la Commissione Europea, avrebbe una scadenza molto ravvicinata, la fine di aprile.
Gli orientamenti che il Parlamento esprimerà nei prossimi giorni a commento della bozza di Programma presentata dal Governo uscente saranno di importanza fondamentale nella preparazione della sua versione finale. Voglio qui riassumere l’orientamento del nuovo Governo.
Le Missioni del Programma potranno essere rimodulate e riaccorpate, ma resteranno quelle enunciate nei precedenti documenti del Governo uscente, ovvero l’innovazione, la digitalizzazione, la competitività e la cultura; la transizione ecologica; le infrastrutture per la mobilità sostenibile; la formazione e la ricerca; l’equità sociale, di genere, generazionale e territoriale; la salute e la relativa filiera produttiva.
Dovremo rafforzare il Programma prima di tutto per quanto riguarda gli obiettivi strategici e le riforme che li accompagnano.
Il Programma è finora stato costruito in base ad obiettivi di alto livello e aggregando proposte progettuali in missioni, componenti e linee progettuali. Nelle prossime settimane rafforzeremo la dimensione strategica del Programma, in particolare con riguardo agli obiettivi riguardanti la produzione di energia da fonti rinnovabili, l’inquinamento dell’aria e delle acque, la rete ferroviaria veloce, le reti di distribuzione dell’energia per i veicoli a propulsione elettrica, la produzione e distribuzione di idrogeno, la digitalizzazione, la banda larga e le reti di comunicazione 5G.
Il ruolo dello Stato e il perimetro dei suoi interventi dovranno essere valutati con attenzione. Compito dello dello Stato è utilizzare le leve della spesa per ricerca e sviluppo, dell’istruzione e della formazione, della regolamentazione, dell’incentivazione e della tassazione.
In base a tale visione strategica, il Programma nazionale di Ripresa e Resilienza indicherà obiettivi per il prossimo decennio e più a lungo termine, con una tappa intermedia per l’anno finale del Next Generation EU, il 2026. Non basterà elencare progetti che si vogliono completare nei prossimi anni. Dovremo dire dove vogliamo arrivare nel 2026 e a cosa puntiamo per il 2030 e il 2050, anno in cui l’Unione Europea intende arrivare a zero emissioni nette di CO2 e gas clima-alteranti.
Selezioneremo progetti e iniziative coerenti con gli obiettivi strategici del Programma, prestando grande attenzione alla loro fattibilità nell’arco dei sei anni del programma. Assicureremo inoltre che l’impulso occupazionale del Programma sia sufficientemente elevato in ciascuno dei sei anni, compreso il 2021.
Chiariremo il ruolo del terzo settore e del contributo dei privati al Programma Nazionale di Ripresa e Resilienza attraverso i meccanismi di finanziamento a leva (fondo dei fondi).
Sottolineeremo il ruolo della scuola che tanta parte ha negli obiettivi di coesione sociale e territoriale e quella dedicata all’inclusione sociale e alle politiche attive del lavoro
Nella sanità dovremo usare questi progetti per porre le basi, come indicato sopra, per rafforzare la medicina territoriale e la telemedicina.
La governance del Programma di ripresa e resilienza è incardinata nel Ministero dell’Economia e Finanza con la strettissima collaborazione dei Ministeri competenti che definiscono le politiche e i progetti di settore. Il Parlamento verrà costantemente informato sia sull’impianto complessivo, sia sulle politiche di settore.
Infine il capitolo delle riforme che affronterò ora separatamente…
Alcune riguardano problemi aperti da decenni ma che non per questo vanno dimenticati. Fra questi la certezza delle norme e dei piani di investimento pubblico, fattori che limitano gli investimenti, sia italiani che esteri. inoltre la concorrenza: chiederò all’Autorità garante per la concorrenza e il mercato, di produrre in tempi brevi come previsto dalla Legge Annuale sulla Concorrenza (Legge 23 luglio 2009, n. 99) le sue proposte in questo campo.
Negli anni recenti i nostri tentativi di riformare il paese non sono stati del tutto assenti, ma i loro effetti concreti sono stati limitati. Il problema sta forse nel modo in cui spesso abbiamo disegnato le riforme: con interventi parziali dettati dall’urgenza del momento, senza una visione a tutto campo che richiede tempo e competenza. Nel caso del fisco, per fare un esempio, non bisogna dimenticare che il sistema tributario è un meccanismo complesso, le cui parti si legano una all’altra. Non è una buona idea cambiare le tasse una alla volta. Un intervento complessivo rende anche più difficile che specifici gruppi di pressione riescano a spingere il governo ad adottare misure scritte per avvantaggiarli.
Inoltre, le esperienze di altri paesi insegnano che le riforme della tassazione dovrebbero essere affidate a esperti, che conoscono bene cosa può accadere se si cambia un’imposta. Ad esempio la Danimarca, nel 2008, nominò una Commissione di esperti in materia fiscale. La Commissione incontrò i partiti politici e le parti sociali e solo dopo presentò la sua relazione al Parlamento. Il progetto prevedeva un taglio della pressione fiscale pari a 2 punti di Pil. L’aliquota marginale massima dell’imposta sul reddito veniva ridotta, mentre la soglia di esenzione veniva alzata.
Un metodo simile fu seguito in Italia all’inizio degli anni Settanta del secolo scorso quando il governo affidò ad una commissione di esperti, fra i quali Bruno Visentini e Cesare Cosciani, il compito di ridisegnare il nostro sistema tributario, che non era stato più modificato dai tempi della riforma Vanoni del 1951. Si deve a quella commissione l’introduzione dell’imposta sul reddito delle persone fisiche e del sostituto d’imposta per i redditi da lavoro dipendente. Una riforma fiscale segna in ogni Paese un passaggio decisivo. Indica priorità, dà certezze, offre opportunità, è l’architrave della politica di bilancio
In questa prospettiva va studiata una revisione profonda dell’Irpef con il duplice obiettivo di semplificare e razionalizzare la struttura del prelievo, riducendo gradualmente il carico fiscale e preservando la progressività. Funzionale al perseguimento di questi ambiziosi obiettivi sarà anche un rinnovato e rafforzato impegno nell’azione di contrasto all’evasione fiscale.
L’altra riforma che non si può procrastinare è quella della pubblica amministrazione. Nell’emergenza l’azione amministrativa, a livello centrale e nelle strutture locali e periferiche, ha dimostrato capacità di resilienza e di adattamento grazie a un impegno diffuso nel lavoro a distanza e a un uso intelligente delle tecnologie a sua disposizione. La fragilità del sistema delle pubbliche amministrazioni e dei servizi di interesse collettivo è, tuttavia, una realtà che deve essere rapidamente affrontata.
Particolarmente urgente è lo smaltimento dell’arretrato accumulato durante la pandemia. Agli uffici verrà chiesto di predisporre un piano di smaltimento dell’arretrato e comunicarlo ai cittadini
La riforma dovrà muoversi su due direttive: investimenti in connettività con anche la realizzazione di piattaforme efficienti e di facile utilizzo da parte dei cittadini; aggiornamento continuo delle competenze dei dipendenti pubblici, anche selezionando nelle assunzioni le migliori competenze e attitudini in modo rapido, efficiente e sicuro, senza costringere a lunghissime attese decine di migliaia di candidati.
Nel campo della giustizia le azioni da svolgere sono principalmente quelle che si collocano all’interno del contesto e delle aspettative dell’Unione europea. Nelle Country Specific Recommendations indirizzate al nostro Paese negli anni 2019 e 2020, la Commissione, pur dando atto dei progressi compiuti negli ultimi anni, ci esorta: ad aumentare l’efficienza del sistema giudiziario civile, attuando e favorendo l’applicazione dei decreti di riforma in materia di insolvenza, garantendo un funzionamento più efficiente dei tribunali, favorendo lo smaltimento dell’arretrato e una migliore gestione dei carichi di lavoro, adottando norme procedurali più semplici, coprendo i posti vacanti del personale amministrativo, riducendo le differenze che sussistono nella gestione dei casi da tribunale a tribunale e infine favorendo la repressione della corruzione.
Nei nostri rapporti internazionali questo governo sarà convintamente europeista e atlantista, in linea con gli ancoraggi storici dell’Italia: Unione europea, Alleanza Atlantica, Nazioni Unite. Ancoraggi che abbiamo scelto fin dal dopoguerra, in un percorso che ha portato benessere, sicurezza e prestigio internazionale. Profonda è la nostra vocazione a favore di un multilateralismo efficace, fondato sul ruolo insostituibile delle Nazioni Unite. Resta forte la nostra attenzione e proiezione verso le aree di naturale interesse prioritario, come i Balcani, il Mediterraneo allargato, con particolare attenzione alla Libia e al Mediterraneo orientale, e all’Africa.
Gli anni più recenti hanno visto una spinta crescente alla costruzione in Europa di reti di rapporti bilaterali e plurilaterali privilegiati. Proprio la pandemia ha rivelato la necessità di perseguire uno scambio più intenso con i partner con i quali la nostra economia è più integrata. Per l’Italia ciò comporterà la necessità di meglio strutturare e rafforzare il rapporto strategico e imprescindibile con Francia e Germania. Ma occorrerà anche consolidare la collaborazione con Stati con i quali siamo accomunati da una specifica sensibilità mediterranea e dalla condivisione di problematiche come quella ambientale e migratoria: Spagna, Grecia, Malta e Cipro. Continueremo anche a operare affinché si avvii un dialogo più virtuoso tra l’Unione europea e la Turchia, partner e alleato Nato.
L’Italia si adopererà per alimentare meccanismi di dialogo con la Federazione Russa. Seguiamo con preoccupazione ciò che sta accadendo in questo e in altri paesi dove i diritti dei cittadini sono spesso violati. Seguiamo anche con preoccupazione l’aumento delle tensioni in Asia intorno alla Cina.
Altra sfida sarà il negoziato sul nuovo Patto per le migrazioni e l’asilo, nel quale perseguiremo un deciso rafforzamento dell’equilibrio tra responsabilità dei Paesi di primo ingresso e solidarietà effettiva. Cruciale sarà anche la costruzione di una politica europea dei rimpatri dei non aventi diritto alla protezione internazionale, accanto al pieno rispetto dei diritti dei rifugiati.
L’avvento della nuova Amministrazione USA prospetta un cambiamento di metodo, più cooperativo nei confronti dell’Europa e degli alleati tradizionali. Sono fiducioso che i nostri rapporti e la nostra collaborazione non potranno che intesificarsi.
Dal dicembre scorso e fino alla fine del 2021, l’Italia esercita per la prima volta la Presidenza del G20. Il programma, che coinvolgerà l’intera compagine governativa, ruota intorno a tre pilastri: People, Planet, Prosperity. L’Italia avrà la responsabilità di guidare il Gruppo verso l’uscita dalla pandemia, e di rilanciare una crescita verde e sostenibile a beneficio di tutti. Si tratterà di ricostruire e di ricostruire meglio.
Insieme al Regno Unito – con cui quest’anno abbiamo le Presidenze parallele del G7 e del G20 – punteremo sulla sostenibilità e la “transizione verde” nella prospettiva della prossima Conferenza delle Parti sul cambiamento climatico (Cop 26), con una particolare attenzione a coinvolgere attivamente le giovani generazioni, attraverso l’evento “Youth4Climate”.
Questo è il terzo governo della legislatura. Non c’è nulla che faccia pensare che possa far bene senza il sostegno convinto di questo Parlamento. E’ un sostegno che non poggia su alchimie politiche ma sullo spirito di sacrificio con cui donne e uomini hanno affrontato l’ultimo anno, sul loro vibrante desiderio di rinascere, di tornare più forti e sull’entusiasmo dei giovani che vogliono un paese capace di realizzare i loro sogni. Oggi, l’unità non è un’opzione, l’unità è un dovere. Ma è un dovere guidato da ciò che son certo ci unisce tutti: l’amore per l’Italia.
Sì… certo…
Duro colpo per le banche italiane!!!

La Commissione europea ha presentato ricorso contro una sentenza del tribunale dell’UE che ha ratificato il salvataggio di un piccolo creditore italiano, in una mossa che contrappone il capo antitrust del blocco Margrethe Vestager al governo “euroscettico” italiano.
Vestager, candidato alla presidenza della prossima commissione, ha aspettato le elezioni del Parlamento europeo della scorsa settimana prima di annunciare la sua decisione di appellare la sentenza, in quella che è stata vista come una mossa per evitare d’interferire con il voto.
I salvataggi bancari italiani dopo Tercas sono stati effettuati con schemi meno generosi, a causa del rifiuto di Bruxelles di tale intervento.
La stessa “Tercas” fu successivamente salvata in termini più onerosi e venduta a un’altra banca (Popolare di Bari).
Di recente, abbiamo visto come il governo italiano non abbia escluso l’aiuto pubblico per Banca Carige, l’ultimo di una serie di crisi bancarie in un’economia che ancora si sta riprendendo dagli effetti della recessione…
Sicilia: vanno a casa 20 deputati e 9 senatori!!!
- Sicilia 1 25 15 -40,0%
- Sicilia 2 27 17 -37,0%
- Sicilia, 25 16 -36,0%
Ed ancora, si fissa a cinque il numero massimo di senatori a vita di nomina presidenziale che possono essere in carica, anche perché finora non era stato chiarito se quel limite riguardasse il numero di senatori a vita che ciascun presidente della Repubblica poteva nominare oppure il numero massimo complessivo…C'era una volta l'Europa…
"Lo Stato deve fare di più per questa città e per la Sicilia": Ma guarda da quale pulpito arriva la predica…
A rilasciare questa frase è stato stamani il presidente del Parlamento europeo, Antonio Tajani, in visita ufficiale a Catania e Palermo…Gli inglesi avendo compreso quali e quanti rischi avrebbero con la "Brexit"… vorrebbero ora restare dentro l'Eu!!!
Come a Parigi però… anche a Londra si sono visti stamani dimostranti “No-Brexit” protestare fuori dalle Camere del Parlamento.
Ed è il motivo per cui proprio in questi giorni, stanno cercando di far giungere sempre più giovani dalla nostra patria, affinché prima di quella data, possano dimostrare d’essere in possesso di un assunzione regolare e di una residenza certificata… Chi l'ha vista??? Cosa…??? La "COMMISSIONE NAZIONALE ANTIMAFIA"!!!
L’ultima volta che ho ascoltato la Presidente On. Rosy Bindi (della Commissione parlamentare antimafia) è stato il 21 Febbraio a Palazzo Madama durante la Relazione conclusiva, che descriveva la situazione delle mafie in Italia, presentando un documento di 504 pagine sul lavoro svolto nei cinque anni di mandato, che si riassumevano in 245 sedute, 130 riunioni dei comitati di lavoro, per un totale di 315 audizioni e 104 missioni in Italia (in particolare in Campania, Calabria, Puglia e Sicilia, che rappresentano tradizionalmente le quattro regioni con il maggiore insediamento mafioso) e all’estero.
Senza tali contributi, sarebbe stato impossibile svolgere adeguatamente quei compiti istituzionali che hanno saputo tener viva l’attenzione sui temi economici, sociali e produttivi delle attività mafiose, nonché della verifica dell’adeguatezza della normativa sulla prevenzione e il contrasto delle varie forme di accumulazione dei patrimoni illeciti, del riciclaggio e dell’impiego di beni che rappresentino il provento delle attività della criminalità organizzata mafiosa…
Ulteriore attenzione è stata data alle associazioni antimafia, antiracket e antiusura, senza dimenticare la speciale considerazione che la Commissione ha voluto riservare al ruolo e alla storia dei testimoni di giustizia, ed inoltre, nel quadro di una collaborazione quasi strutturale riconosciuta dal Consiglio superiore della magistratura, si è intervenuti nell’ambito di quelle attività connesse alle tornate elettorali nelle regioni e nei comuni, in particolare quelle che tornavano al voto dopo uno scioglimento o un accesso ispettivo per forme di infiltrazione e condizionamento mafioso.
Ora incredibilmente sembra che le mafie siano scomparse…Fateci caso, nei Tg nazionali e regionali si parla esclusivamente di migranti, come se la lotta all’immigrazione sia diventata la principale strategia dell’ordine pubblico, in linea con le nuove gerarchie della sicurezza, per i quali un immigrato sia più pericoloso di un mafioso!!!
Quindi, se da un lato s’inneggia la sentenza sul riconoscimento della trattativa Stato-mafia, dall’altro si trascura di dare priorità alla ricostruzione di quell’organismo parlamentare che ha contribuito negli anni a rendere le mafie meno sconosciute e a segnare con alcuni suoi atti, non solo la vita parlamentare, ma la stessa storia del nostro paese…
Non si comprende quindi perché ora che quelle mafie hanno raggiunto un ruolo economico /e finanziario così considerevole, con una presenza altresì costante in tutte le regioni italiane (circostanza quest’ultima che mai storicamente era stata raggiunta…), si continui ad operare, senza rimettere nuovamente in movimento, quella importante commissione!!!
Ho come l’impressione che qualche “puparo”, abbia deciso di far ritornare indietro di trentanni questo nostro Paese…
Già… quando erano in molti a sostenere per l’appunto quel ritornello: “La mafia non esiste”!!!
Ciccio… Ciccio!!! Ma comu ti putisti scurdari da to terra???
A proposito del nostro bimbo annegato nel fango…ecco, qui voglio ringraziarti per aver detto che “i bambini affogati sono uguali”; almeno questo ce lo hai riconosciuto, Ciccio…i nostri non sono figli di un dio minore almeno quando affogano nel fango. Grazie, grazie davvero…
Il Meridione possedeva una flotta mercantile pari ai 4/5 del naviglio italiano, una flotta che era la quarta del mondo.
La bilancia commerciale con gli Stati Uniti era fortemente in attivo e il volume degli scambi era quasi il quintuplo del Piemonte. Il cantiere di Castellammare di Stabia, con 1.800 operai, era il primo d’Italia per grandezza e importanza.
E, se proprio la vogliamo dire tutta, anche a Genova c’erano case costruite nei greti dei torrenti: le abbiamo viste tutti in televisione: anche lì, dunque, “mattone selvaggio” e “accozzaglia di laterizi”?
E mi dispiace se fra loro dovessero esserci amici tuoi: sempre idioti restano o delinquenti che hanno interesse ad affossarci ancora di più. Perché -vedi- se qui i mafiosi portano ancora la coppola, mentre al Nord portano la cravatta e magari hanno l’auto blu e la scorta, per noi non fa molta differenza.Bye, Bye… "Vitalizi"!!!
Si festeggia dinnanzi al Parlamento… con bottiglie di champagne!!!
Certo la lotta ai privilegi è soltanto all’inizio, c’è ancora tanto da fare, mi permetto di suggerire il prossimo provvedimento: Quei decrepiti… senatori a vita!!! Nuovi nomi per l'elezioni nazionali"??? No… sempre i soliti candidati: Indagati e condannati!!!
Ci vorrebbe una "VAR" per l'equità…!!!
Quale "FUTURA" per la SICILIA??? Nessuno… è solo un ritorno al "passato"!!!
Basta raccomandati e familiari nel NOSTRO Parlamento!!! I Parlamentari li decidiamo NOI!!!

Ho appena firmato la petizione di Change.org (promossa dal Fatto Quotidiano in collaborazione con Change.orge) e vorrei chiedere a ciascuno di Voi di fare altrettanto…
La Sicilia… come la Catalogna??? Purtroppo no!!!
Loro stanno combattendo per la propria libertà, facendo riferimento a quella propria indipendenza, noi di contro, ci siamo adeguati a quella sottomissione iniziata con i famosi “mille”, comandati dal generale Garibaldi, il quale, sovvenzionato dai Savoia (i cui eredi molti anni dopo… scapparono con i forzieri dello Stato, nella vicina nazione elvetica…), condusse malauguratamente la nostra isola, ad essere inserita in quella proclamazione del Regno d’Italia (17 marzo 1861)…
Per cui, mentre altre regioni rivendicano in questi giorni la propria indipendenza, (vedasi quanto sta compiendo la Lega di Salvini, che in questi giorni proverà a chiedere l’autonomia per alcune regioni della “Padania”… sì, in questi anni hanno abbandonato l’idea di secessione del loro vecchio leader Bossi & Co.), contrariamente da noi, tutto passa nell’indifferenza generale, senza alcun sussulto…
Ho letto in una nota: “il sicilianismo… intreccio perverso tra arrogante senso di superiorità e inconcludente vittimismo rivendicazionista, deve diventare lo sforzo umile e pieno di concretezza personale di un popolo che voglia accettare la sfida della modernità…
Per diventare finalmente adulto, il popolo siciliano farà bene a liberarsi al più presto di questo statuto speciale che continua a contrapporre l’isola al resto del Paese per un’autonomia collaborativa in cui Stato e Regione Siciliana devono continuare a stare insieme condividendo responsabilmente un progetto comune di crescita economica e sociale; Paradossalmente, oggi più di ieri, la Sicilia ha bisogno dell’Italia!!!”.Ma come sempre avviene qui da noi, è bastato comprarsi quei suoi esponenti (assorbiti in quella Democrazia Cristiana…), che quello spirito d’indipendenza, venne sepolto definitivamente nel dimenticatoio, per la grande felicità, di tutta quella politica corrotta e dei suoi esponenti mafiosi…
Ai giorni nostri e precisamente nel novembre del 2016 è stato creato un nuovo partito politico tra tre gruppi, Movimento per l’Indipendenza della Sicilia, Fronte Nazionale Siciliano, Sicilia Nazione in Movimento Nazionale Siciliano, ma si è ancora lontano dal ricevere quel consenso generale di quei suoi conterranei…
Oggi, dopo anni di studi, sono in molti ad aver compreso come per questa nostra terra, non vi sia stato – in più di un secolo e mezzo – alcun vantaggio sotto l’unità d’Italia; viceversa, il divario che si è venuto a creare non solo con il nord Italia, ma anche con le altre regioni europee, si è fatto progressivamente sempre più ampio ed ora quella distanza è diventata impossibile da colmare…
Ecco il motivo per cui negli anni, durante i vari governi nazionale succeduti, si è cercato di far dimenticare a noi siciliani, che questo nostro Statuto Siciliano, era stato stipulato (15 Maggio 1946, con decreto reale) ancor prima della Costituzione Italiana, affinché ciascuno di noi, non abbia a sentirsi moralmente “libero e indipendente” da quello stato nazionale…
Se poi a quanto sopra, si aggiunge un popolo ben disponibile a chinare in ogni circostanza la testa, a non ribellarsi mai, a non combattere… ne contro la mafia e neppure contro quella sterile politica, corrotta e clientelare, ecco quindi, che non ci dobbiamo meravigliare, se in questi settant’anni, l’ascensore sociale è tornato indietro ai tempi del dopoguerra…
Stiamo ormai in profonda recessione, con una classe media totalmente scomparsa o quantomeno sopraffatta dai debiti, a cui non riesce più a fare fronte!!!
Siciliano, la natura non ti ha detto… “Non essere povero” e ancor meno “Sii ricco”; ma grida tuttavia: “Sii indipendente”!!!
Un "Codice Antimafia" tra mille ostruzionismi… alla faccia della legalità: Il nostro è un paese d'ipocriti!!!
Sono stati 129 i voti a favore con 56 no e 30 astenuti… come dicevo sopra, il minimo storico per un voto al Senato, su un provvedimento così importante…Quel voto segreto di Pulcinella…
Il bello è che si erano messi d’accordo… o quantomeno Renzi, Berlusconi e Salvini insieme a Grillo, avevano deciso di anticipare il voto, prevedendo una legge proporzionale con sbarramento al 5%…
Ma ormai il danno era stato compiuto e noi tutti sappiamo com’è andata… il resto, sono tutte cazzate!!!
La verità e che ora non esiste più una maggioranza in grado di approvare una legge elettorale e soprattutto alle prossime elezioni, non ci sarà una maggioranza certa e si finirà come al solito, con un accordo a modello “inciucio”…Politico fai da te??? No 5%… ahi…ahi…ahi…
Certo, questo sistema non assicura al 100% la formazione di una maggioranza nella prossima legislatura, ma quantomeno permette di togliere, coloro che con quel 3% di voti… hanno governato il nostro paese!!!
L’altra ipotesi e rientrare all’interno di quegli schieramenti da cui a suo tempo si era usciti, sempre se (secondo la parabola del figlio prodigo), il padre misericordioso, rivuole a casa quei “figghi pessi“… ora ritrovati… A volte ritornano…???
Certo, chiamarli “onorevoli”dopo quanto compiuto è veramente assurdo, ma la circostanza più paradossale è sapere che molti di essi, stiano ancora seduti lì in parlamento… come se nulla fosse!!!
Eccoli quindi nuovamente in pista, sempre più visibili… Alcuni appoggiano l’amico di turno, altri si presentano all’interno di liste civiche ed altri ancora, richiedono un posto a quel loro ex partito, avendo dimostrato in questi anni la propria fedeltà, non avendo mai “tradito” e soprattutto avendo protetto tutti e quei compromessi che hanno permesso loro di concludere interessanti “affari”, il più delle volte illegali…
C’è chi si da un tono da padre della repubblica, chi vorrebbe elevarsi a intellettuale in un paese profondamente ignorante e chi ancora crede di far valere le proprie qualità filosofiche, dando suggerimenti su come risolvere i problemi sociali, ed infine i peggiori, quelli che per sviare le proprie strategie politiche dichiarano di voler ancora attendere, prima di pensare di rientrare per dare una mano a questo nostro paese, avendo compreso quante difficoltà ha oggi la nostra politica, i suoi partiti e soprattutto i suoi interlocutori…Doniamo il jackpot del Superenalotto ai terremotati del centro Italia!!!
La mafia… ha conquistato Londra!!!
Nel 2015 la National Crime Agency pubblicò un report i cui dati sono estremamente importanti. Il report spiegava che “ogni anno centinaia di miliardi di dollari di provenienza criminale quasi sicuramente continuano ad essere riciclati attraverso le banche del Regno Unito e le loro filiali”.
Londra è un sistema finanziario internazionale da cui passano transazioni da tutto il mondo per il valore di bilioni di sterline ogni anno e offre i servizi finanziari più ricercati.
È fondamentale tenere presente che ci sono ambiti – come la sicurezza e la giustizia – in cui non si può agire isolati. 




















































































