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Dove non c’è lavoro, c’è mafia! E dove c’è lavoro, ahimè, c’è sempre mafia: una riflessione sul rapporto tra disoccupazione e criminalità organizzata.

Non è rigidamente dimostrato che un aumento della disoccupazione comporti necessariamente una maggiore espansione della mafia e delle sue attività. 

Tuttavia, è innegabile che le sacche di emarginazione sociale favoriscano il reclutamento di manodopera per le organizzazioni mafiose.

La mafia, però, non si limita a sostituirsi allo Stato laddove questo è assente, già… attraverso il controllo di appalti e finanziamenti pubblici, offre lavoro come parte di uno scambio biunivoco: favori e complicità in cambio di quel “posto” che diventa un’arma di controllo sociale. 

Chi accetta un impiego in un sistema così corrotto viene poi abitualmente coinvolto, anche indirettamente, in dinamiche illecite. 

Si sa… questo sistema clientelare alimenta il silenzio, la complicità e persino il consenso elettorale in favore dei politici che hanno permesso l’aggiudicazione di quegli appalti o l’accesso delle imprese mafiose a risorse statali milionarie.

Il risultato finale è un tessuto lavorativo degradato, in cui anche la manodopera si adegua a logiche di collusione. 

Viceversa, chi si oppone a questo sistema viene emarginato, privato di opportunità o costretto a cercare altrove – spesso in altre regioni – uno spazio in cui può dimostrare la propria professionalità.

La mafia infatti prospera sfruttando non solo la disoccupazione, ma anche il lavoro stesso come strumento di controllo e sopraffazione. 

Le sue dinamiche alterano le regole della concorrenza, marginalizzano le imprese sane e costruiscono un sistema dove il capitale sporco si intreccia con il capitale “pulito”, contaminando l’economia e la società.

L’infiltrazione mafiosa non è mai neutrale: essa esporta violenza, corruzione e soprusi, alterando il mercato e alimentando una spirale di illegalità che danneggia l’intera collettività. 

È dimostrato che l’assenza di adeguati controlli sui flussi finanziari – come quelli legati a commesse pubbliche o grandi progetti infrastrutturali – non solo attrae le organizzazioni mafiose, ma spesso scatena conflitti interni e pericolose faide, con gravi ripercussioni sull’ordine pubblico.

Non significa che lo Stato debba rinunciare a creare lavoro nelle aree a rischio, tuttavia, è essenziale rafforzare le istituzioni per spezzare i legami tra mafia e pubblica amministrazione. 

Provvedimenti come lo scioglimento di consigli comunali infiltrati rappresentano un primo passo, ma servono azioni sistematiche e una rinnovata cultura della legalità per restituire dignità al lavoro e ai diritti di ogni cittadino.

D’altronde, come ripeto ormai da oltre 15 anni, la lotta alla mafia non può più limitarsi alla repressione, ma deve mirare a costruire un sistema in cui il lavoro non sia più strumento di ricatto e corruzione, ma un diritto libero e autentico che possa dare a tutti i cittadini eguali opportunità o, quantomeno, privilegiare il merito rispetto alla sterile raccomandazione!

La Verità Amara: Quando le imprese cercano la "Mafia"!!!

Ormai mi sono convinto, e credo di non essere più il solo ad aver compreso cosa sta accadendo da anni, non solo nella mia regione, ma in tutto il Paese.

Sempre più spesso, le piccole e medie imprese in difficoltà si rivolgono alle organizzazioni criminali per risolvere rapidamente i loro problemi, in particolare la mancanza di liquidità.
Secondo le stime, il volume d’affari delle mafie italiane si aggira attorno ai 40 miliardi di euro l’anno.
Una cifra spaventosa, pari a due punti di PIL. Questo cosiddetto “fatturato” colloca l’industria criminale al quarto posto tra le principali realtà economiche nazionali, subito dopo Eni (93,7 miliardi), Enel (92,9 miliardi) e Gestore dei Servizi Energetici (55,1 miliardi).
Tuttavia, questi numeri sono probabilmente sottostimati: è impossibile calcolare con precisione i proventi generati dall’infiltrazione mafiosa nell’economia legale. Dopotutto, queste organizzazioni sono esperte nell’occultare i propri traffici illeciti e i guadagni che ne derivano.
Incrociando i dati della Banca d’Italia con quelli della DIA e della magistratura, si stima che in Italia vi siano almeno 150 mila imprese potenzialmente contigue a contesti di criminalità organizzata.
Solo in Lombardia i numeri sono impressionanti: a Bergamo 2.298, a Brescia 4.043 e a Milano addirittura 15.644. Province che costituiscono il cuore pulsante di quello che possiamo definire un “triangolo delle Bermuda” lombardo.
Le attività criminali più comuni includono narcotraffico, traffico d’armi, smaltimento illegale di rifiuti, appalti pubblici, gioco d’azzardo, contrabbando di sigarette e prostituzione. A queste si aggiungono le estorsioni, spesso a danno degli imprenditori, che negli ultimi dieci anni sono aumentate del 63%.
Secondo la Direzione Investigativa Antimafia, soprattutto al Nord, le estorsioni non avvengono più con minacce esplicite o violenza. Al contrario, si cerca di instaurare una sorta di complicità con le vittime.
Le imprese vengono coinvolte in pratiche apparentemente vantaggiose, come l’assunzione di personale, la fornitura di servizi o la fatturazione per operazioni inesistenti. 
Ma dietro queste proposte si nasconde una pressione costante: le imprese sono obbligate a pagare in contanti l’importo dell’IVA per operazioni fittizie. In questo modo, i mafiosi mascherano l’estorsione come un normale adempimento fiscale.
Questo scenario evidenzia quanto il legame tra mafia e imprese non sia sempre frutto di coercizione, ma spesso il risultato di scelte dettate dalla disperazione economica.
Una realtà inquietante che, ahimè, non possiamo ignorare.

Prepariamoci ad una inflazione e stagnazione dei mercati!!!

Da un po’ di tempo mi sono dato allo studio del trading e osservando l’andamento generale del mercato azionario e soprattutto i fattori che influenzano i prezzi delle azioni, ho scoperto come le quotazioni delle borse mondiali subiscano a seconda della crescita o meno di alcuni parametri, quelle variazioni di mercato a cui assistiamo; tra i fattori che influenzano in maniera considerevole la crescita economica di uno Stato vi sono: i tassi di interesse, l’inflazione, la disoccupazione, la crescita economica, ma anche la liquidità immessa dalle banche centrali, il clima politico e le condizioni sociali di un paese.

Ecco perché ritengo che a breve, tutti gli stati, potranno ritrovarsi con un periodo buio di “stagflazione“!!! 

In economia, con il termine stagflazione (combinazione dei termini stagnazione ed inflazione) si indica la situazione nella quale sono contemporaneamente presenti nello stesso mercato sia un aumento generale dei prezzi (inflazione), sia una mancanza di crescita dell’economia in termini reali (stagnazione).

In pratica, inflazione e stagnazione economica decretano una crescita zero del Prodotto interno lordo (Pil), con evidenti conseguenze anche sul debito pubblico del Paese.

Difatti, basti osservare i recenti dati economici riportati negli Usa per comprendere come l’inflazione  non stia in questi mesi rallentando, ed il rischio nel breve periodo, potrebbe determinare un declivio pericoloso, già… verso la stagflazione, cui seguirebbe un periodo prolungato d’alta inflazione!!!

Questa visione negativa è certamente in contrasto con molte le attuali previsioni di mercato che hanno – contrariamente al sottoscritto – pronosticato in maniera ottimisticamente come l’inflazione negli Usa si starebbe gradualmente diminuendo, portando così l’economia a crescere…

Ma se si osserva quanto realmente sta accadendo in quella nazione (e di come quindi ciò potrebbe riflettersi da noi in Europa), scopriamo come i i livelli dei prezzi negli Stati Uniti stiano sempre più aumentando a cui si è accompagnata un crescente disoccupazione, che sta determinando una debole crescita economica!!!

Potremmo paragonare l’attuale contesto attuale con quello degli anni 70′, una stagflazione che potrebbe ripetersi e che potrebbe quindi spingere gli investitori a deviare quei loro capitali dalle azioni agli asset a reddito fisso, per ottenere rendimenti più elevati.

Difatti il rischio è che fattori come i deficit fiscali, l’incremento della spesa pubblica, l’incerta evoluzione politica interna, gli elevati tassi d’interesse, la crisi energetica, l’involuzioni commerciali e soprattutto le tensioni geopolitiche, aggraveranno certamente i rischi in quel paese verso l’inflazione!!!

Prepariamo quindi, perché dopo aver superato la crisi pandemica, quanto potrebbe giungere entro l’anno, potrebbe di fatto destabilizzare tutta l’economia mondiale, creando una crisi economica e finanziaria con conseguenze devastanti, ad iniziarsi dalla perdita di potere d’acquisto, dalla mancanza di liquidità e dalla difficoltà di accesso ai finanziamenti!!! 

La mafia si è radicata al Nord grazie all'ausilio di imprenditori disonesti…per sostenere

La mafia si è trasferita??? No… è da tempo che si è ormai radicata!!!

Già… è finito il tempo degli anni 60-70, quando i criminali provenienti dal sud provavano ad infiltrarsi in quei territori sottoposti alla “mafia del Brenta, comandati da quel Felice Maniero…  

Ci avevano provato, ma il terreno non era libero ed allora hanno iniziato pian piano ad addentrarsi, in particolare nella politica e poi in quel mercato particolare delle costruzioni…

Da lì si è dato il via al trasferimento d’intere famiglie, a cui sono state affidate talune attività commerciali da poco acquisite… e grazie ad esse si è andati alla ricerca di nuove e più interessanti imprese nelle quali diventare partner, grazie anche a quei loro proprietari ben disposti a interessarsi a nuove logiche di mercato, ma soprattutto di opportunità. 

Il tutto è stato realizzato in silenzio… e lo Stato si è dimostrato impreparato poiché ha sottovalutato quel processo pianificato che ha di fatto condotto al controllo di quei territori sotto il profilo economico e sociale…

I nuovi imprenditori garantivano lavoro, liquidità e soprattutto “voti” per sostenere sul territorio i loro  amici politici… 

Ecco perchè quei boss di oggi comandano nel nord del Paese, perché sono influenti, perché decidono chi deve sopravvivere e chi deve chiudere i battenti… 

Loro, con quell’enorme disponibilità finanziaria di cui sono in grado di disporre, fanno il buono e il cattivo tempo, acquisiscono per pochi euro le imprese in difficoltà (in particolare a causa dell’emergenza sanitaria) e nel contempo, portano avanti le proprie, mai in sofferenza grazie al riciclaggio di denaro sporco… 

Tutto ovviamente deve procedere sul filo del rasoio, nulla deve essere lasciato al caso, in particolare i rapporti con quei loro amici e/o conoscenti sottoposti a indagini da parte degli organi inquirenti dovranno essere tenuti il meno possibile anzi bisognerà allontanarli da quegli uffici, affinchè nessuno sopetti che dietro quell’immacolata gestione finanziaria, si nascondano intrecci a cui far seguire controlli da parte della magistratura…

Il fine ultimo è quello di non farsi scoprire, si tratta di giocare una partita di scacchi, dove le mosse compiute serviranno ad evitare in tutti i modi possibili sequestri e/o confisca dei propri beni, perché quanto fatto non vada distrutto e costringendo l’intera struttura imprenditoriale/criminale a doversi riorganizzare, ripartendo con altra società, ma soprattutto con nuovi imprenditori dai casellari giudiziari limpidi…

Ma alla fine non sarà quest’ultimo il problema, perché come si dice: morto un papa se ne fa un altro…

Infati, anche quì… è la stessa cosa!!!

BCE: Quali sviluppi ???

Sembra che nel caso in cui si dovesse agire in caso di necessità, alcuni membri dell’Eu, hanno paventato la possibilità di ulteriori tagli dei tassi, mentre altri paesi hanno parlato di far ripartire il programma di acquisto asset o anche un ulteriore incremento della forward guidance”!!!
A dirlo è il governatore della Bce Mario Draghi, e rappresenta difatti il motivo che ha spinto a decidere d’estendere la “forward guidance”, sia per l’incertezza che circonda la vicenda Brexit, ma soprattutto per alcune economie emergenti e in generale per l’incertezza relativa al commercio globale…
Osservando la crescita dell’economia, si può stimare quest’ultima intorno all’1,2% e non vi è alcun rischio di deflazione, anche se le forti tensioni globali stanno creando incertezze geopolitiche, protezionismo e vulnerabilità in taluni mercati emergenti che ovviamente peggiorano il clima di fiducia economica…
La BCE comunque ha deciso di prendere alcune decisioni: i tassi di riferimento della BCE si manterranno su livelli pari a quelli attuali almeno fino alla prima metà del 2020 e in ogni caso finché sarà necessario per assicurare che l’inflazione continui stabilmente a convergere su livelli inferiori ma prossimi al 2% nel medio termine.
Il Consiglio direttivo ha inoltre confermato che intende continuare a reinvestire integralmente il capitale rimborsato sui titoli in scadenza nel quadro del programma di acquisto di attività (APP) per un prolungato periodo di tempo successivamente alla data in cui inizierà a innalzare i tassi di interesse di riferimento della BCE, e in ogni caso finché sarà necessario per mantenere condizioni di liquidità favorevoli e un ampio grado di accomodamento monetario.
Le indicazioni dei dati macro della zona Euro confermano due situazioni: la dinamica dei prezzi al consumo si conferma debole e il mercato del lavoro gode di buona salute.
In linea generale comunque lo scenario della BCE resta quello di una crescita debole, con il settore manifatturiero in sofferenza, con servizi e domanda domestica, che stabilizzano l’economia…
Comunque se da un lato il rischio di deflazione è stato scongiurato – e quindi lo strumento dell’allentamento quantitativo non è più necessario – condizioni particolarmente favorevoli per i nuovi prestiti e una guidance che sposti in avanti la prima stretta sui tassi, potrebbe agevolare certamente una ripresa dei prezzi!!!
Staremo a vedere…

O si sta dalla parte della Giustizia oppure si è delinquenti!!!

Mi è capitato di leggere sul web alcuni giorni fa una storia incredibile che desidero nuovamente riproporre, in quanto mi sembra che alcune circostanze d’allora, siano legate ad alcune congiunture, che a breve mi aspetto… stanno per compiersi!!!
L’episodio fu correttamente definito (nel 2013) dal quotidiano on-line “SUD”: Una bruttissima storia alla Procura di Catania!!!
Come dicevo sopra, sono passati ben cinque anni, ma ho come l’impressione che le vicende di questa nostra terra, non facciano altro che riproporsi come corsi e ricorsi storici…
Vi auguro quindi una buona lettura… 
“Noi di SUD siamo ormai abituati a maneggiare materiale incandescente. Abbiamo adottato protocolli rigidissimi di verifica e tutela di fonti e redattori.
La storia che raccontiamo è certamente tra le più brutte che abbiamo trattato, perché è vile, miserabile e coinvolge al massimo livello proprio quelle autorità che dovrebbero essere presidio di legalità ed invece si rivelano serve di quel sistema di potere parassitario e violento che continua, ancora adesso, a trarre vantaggi e ricchezza mentre un intero tessuto economico viene soffocato. Anzi, proprio per questo, proprio mentre la gente soffoca, loro la avvolgono, la circuiscono e poi la fagocitano.
Cominciamo quindi a raccontare come si conviene, com’è nostro stile, dai nomi e cognomi.
Ecco, per iniziare, i protagonisti, in ordine di apparizione:
il libraio Maurizio Distefano;
l’avvocato Riccardo Di Bella;
i noti imprenditori Riccardo e Gianfranco Campisi della notissima stirpe dei Virlinzi;
l’allora Procuratore Aggiunto Enzo D’Agata;
il sostituto procuratore Allegra Migliorini;
il GIP Alba Sammartino;
il consulente della Procura Massimo Cartalemi.
A raccontarci la storia  è Maurizio Distefano, 45 anni, noto libraio da generazioni.
E’ arrivato con una borsa di documenti e un carico di disperazione e determinazione che ci travolge.
Al primo incontro è un fiume di parole, date, circostanze, fatti che si intrecciano. Un romanzo criminale che ci confonde. Capiamo però una cosa: quest’uomo ha bisogno di rompere un muro che gli si è avvolto intorno e sta soffocando lui e la sua famiglia. Qualunque cosa sia, la decisione è presa: massima cautela, ma questo racconto deve essere reso pubblico.
La storia è davvero complessa, i documenti che ci consegna vengono protocollati e sottoposti alla nostra procedura di tutela, con deposito di copie in posti diversi e chiare disposizioni di pubblicare e consegnare all’autorità al verificarsi di eventi minacciosi. Tanto per essere chiari e chi deve intendere intenda.
Decidiamo di isolare alcuni fatti specifici e trattarli singolarmente, cominciando da quelli che ci appaiono più gravi per gli effetti che determinano sulla vita dell’intera famiglia Distefano e, alla fine, sullo stato di disagio di un’intera Comunità quando l’attività di alcuni magistrati, tra omissioni ed abusi, si sostanzia in vero e proprio sistema che si pone a tutela di quei poteri che lucrano nel caos amministrativo approfittando, determinandola, della miseria morale della classe politica che di tale impunità allargata alla fine si giova. Un circolo vizioso da spezzare ad ogni costo.
Sorvoleremo allora, al momento, sulle estorsioni che dal 2004 vessano la libreria di via Teramo di Maurizio Distefano, sorvoleremo anche sulla denuncia e arresto degli estortori, sulla concessione della scorta e sulla sua revoca, sulla denuncia per simulazione e la sua archiviazione, sulla liberazione degli estortori e la loro riscossa, sui problemi finanziari conseguenti, sui rapporti con alcuni esponenti delle forze dell’ordine, sulle tutele ottenute e quelle negate. E su molte altre cose.
Sorvoliamo su tutto questo, perché ciascuno di questi fatti merita uno spazio a parte. 
E glielo dedicheremo in seguito.
Per ora partiamo dal 2006, dal settembre 2006.
Maurizio Distefano  è ancora impelagato nelle difficoltà finanziarie provocate da estorsioni ed usura quando gli accade una fortuna insperata. Quasi senza troppa convinzione partecipa all’appalto per uno spazio commerciale presso l’aeroporto di Catania. E lo vince. L’opportunità di poter aprire una edicola-libreria nel trafficato scalo catanese appare come l’occasione della vita per Maurizio, la manna caduta dal cielo, quasi un risarcimento per tutto quanto subito nei 2 anni precedenti.
Ma c’è un problema: Distefano non ha al momento la liquidità per fare fronte agli impegni derivanti dalla concessione. Cauzione, fideiussione, canoni. Dove prendere i soldi? Compie quindi una decisione ovvia per un imprenditore in difficoltà: cerca un socio. E ne trova due. Anzi due più un prestanome, come egli stesso si definirà in pubblico dibattimento.
Il prestanome è l’avvocato Riccardo Di Bella, che acquista, per conto dei fratelli Riccardo e Gianfranco Campisi, il 51% della società libraia di Maurizio Distefano, per un corrispettivo di 210.000 euro. A parte la presenza di un “prestanome”, fin qui la vicenda è abbastanza comune e resta tale anche quando i rapporti tra i soci, tra i fratelli Campisi da una parte e Maurizio Distefano dall’altra, si complicano al punto da sfociare in querele e cause civili.
Fin qui siamo nella normale conflittualità imprenditoriale. Ci può stare, per quanto spiacevole. Arriviamo anche a considerare che la dinamica può ancora ritenersi normale (con molto sforzo però) persino quando, in emergenza finanziaria a causa di un assegno da coprire urgentemente, Distefano chiede ai soci occulti Campisi di intervenire e questi lo convocano presso la loro concessionaria di auto e, alla presenza di un notaio (che ha già pronto l’atto di cessione) lo costringono, in cambio di un conferimento di 21.000 euro per coprire l’assegno bruciante, a cedere loro la proprietà di un immobile intestato alla società del valore di almeno il quadruplo e che era stato acquistato proprio per patrimonializzare l’azienda, (questo fatto, detto per inciso, è oggetto di altro procedimento per violazione del patto commissorio).
Quello che trasforma la storia in scandalo è quanto accade al Palazzo di Giustizia, tra gli uffici dell’allora procura, del GIP e relativo perito.
Vediamo.
La querela presentata dal prestanome dei Campisi, Riccardo Di Bella contro Distefano finisce, abbastanza stranamente sul tavolo dell’allora Procuratore Aggiunto Enzo D’Agata. Strano perchè il dr. D’Agata aveva allora la delega per i reati contro la Pubblica Amministrazione e quella in questione è una banale denuncia per appropriazione indebita. 
Come mai se ne occupa il dr. D’Agata? Strano, anche perché nell’atto di querela non risulta il classico timbro recante il numero di protocollo da parte dell’ufficio ricevente, come se fosse finito sul tavolo del procuratore per caso o finito lì portato dal vento. 
Strano anche perché il procuratore aggiunto D’Agata lo assegna prima ad un sostituto, indicando addirittura il reato per cui procedere, e poi (carcerando il nome del primo assegnatario sul fronte della querela stessa) lo affida ad un altro sostituto, la dottoressa Allegra Migliorini.
E qui cominciano le “anomalie” (Attenzione alle date).
Il caso viene assegnato dal dr. D’Agata alla dr.ssa Migliorini il 28 settembre 2007. E’ un venerdì…
La dr.ssa Migliorini è un fulmine, un capolavoro di efficienza. Avrà passato il sabato e la domenica a studiare il complesso fascicolo per decidere il successivo lunedì 1 ottobre di richiedere un sequestro che viene subito notificato all’indagato Distefano anche come avviso di garanzia.
Intanto, è un altro fatto incidentale ed anomalo che riferisce il Distefano, i conti vengono in realtà movimentati abusivamente in corso di sequestro da parte della banca depositaria e di ciò non risulta alcuna conseguenza.
L’attività del sostituto Migliorini prosegue imperterrita, determinata, arrivando persino alla compilazione, il 24 giugno 2008, alla redazione di un altro strano ed inconsueto atto d’indagine.  Quel giorno la dr.ssa Migliorini verbalizza, da sola e senza la consueta presenza di un assistente verbalizzante, la testimonianza dei due fratelli Campisi. Nel verbale non si fa alcun riferimento alla relativa convocazione, come se i fratelli Campisi si fossero trovati innanzi al magistrato per pura coincidenza. Inoltre, cosa davvero abnorme, entrambi vengono ascoltati congiuntamente dal magistrato, quando è elementare che i testimoni vengano sentiti addirittura all’insaputa reciproca, proprio al fine di far emergere eventuali incongruenze. Non solo, ma il verbale è redatto come se i due testimoni rispondessero all’unisono, con una sola voce, senza fare alcuna distinzione su chi risponde cosa. Incredibile. L’assurdo verbale d’interrogatorio risulta firmato congiuntamente dalla dr.ssa Migliorini e da Riccardo e Gianfranco Campisi e fa stato nel procedimento senza che nessuno obietti nulla.
Intanto, gli effetti di tutta questa situazione sono drammatici per l’azienda e la famiglia Distefano, determinando inevitabilmente il blocco dell’operatività della libreria, con ulteriore definitivo deterioramento della situazione finanziaria. Il Distefano si ritrova così in una situazione paradossalmente ancora più preoccupante di quella estortiva subita nel 2004. 
Non capisce, non si spiega cosa stia succedendo ma tutto sommato pensa che alla fine la questione si chiarirà, essendovi dei magistrati ad occuparsene, magistrati pagati per chiarire le ragioni tra le parti, nominati per accertare verità ed impedire abusi, magistrati imparziali. Appunto.
Fa quindi quello che ciascun cittadino normale farebbe in circostanze così difficili, si affida a degli avvocati che tentano di difenderne la ragioni in una situazione che, come vedremo, non ha nulla di “normale”.
Ma torniamo un attimo indietro nel tempo, all’Ottobre 2007.
Già la storia non quadra al povero Distefano, troppa tempestività da parte degli inquirenti, troppa durezza nei provvedimenti, arriva a dubitare che tale solerzia possa essere determinata dal fatto che c’entri la potente famiglia dei Campisi, ma alla fine penserà che si tratta solo di sue malizie determinate dalla  improbabile sfortuna di uomo ormai in balia di eventi incredibili.
E va avanti, subendo un altro atto che si rivelerà determinante.
Il 23 ottobre 2007, mentre la famiglia Distefano ha l’intero patrimonio sotto sequestro, alle ore 16.10 presso gli uffici della procura di via Crispi, il sostituto procuratore dr.ssa Allegra Migliorini nomina il consulente tecnico d’ufficio, dr. Massimo Cartalemi, nato a Gorizia l’11/2/1967, domiciliato in Catania via Milano 47, per pura coincidenza a pochi passi dalla libreria di Distefano. 
Attenzione, il perito dr. Massimo Cartalemi giura, come di rito, di non trovarsi in alcuna delle condizioni di incapacità o incompatibilità previste dall’ordinamento.
Quindi, ricevuto l’incarico, si mette solertemente al lavoro e produce una perizia che pare aggravare la posizione del Distefano, che però reagisce con una contro perizia che ne contesta le risultanze. Fin qui siamo ancora nella dinamica processuale, a parte l’inusitata velocità degli atti vessatori interpretata dal Distefano come praticamente intimidatoria. Ne parla con qualcuno, ma tutti girano la testa. Infatti il libraio ricava la forte impressione di trovarsi di fronte a quelli che in cronaca vengono definiti “poteri forti”, rampolli di potenti famiglie in grado, quasi per gioco, di schiacciare un imprenditore che aveva avuto la presunzione di trattarli da soci qualunque, come fosse possibile entrare in contatto con questi ambienti e riuscire a salvare la propria posizione senza considerare che il prezzo da pagare per il loro “aiuto” non poteva che essere cedere tutto!
Il mondo gli sta crollando definitivamente addosso, tutto pare remare contro fino a che si ritrova in un Bar di piazza Verga.
Mentre sorseggia il caffè, alle sue spalle un parlottare invadente che lo distoglie dagli ormai tristi pensieri, come a volte capita. Quindi, in maniera inconsapevole si ritrova a fare attenzione a quanto si dicono quelle voci sconosciute. Si gira appena e ne riconosce una. E’ proprio di quel dr. Massimo Cartalemi cui per conto della Procura ha consegnato tutta la sua documentazione contabile. Guarda meglio, è proprio lui. Sta raccontando allo sconosciuto interlocutore qualcosa relativo al proprio recente matrimonio. Nella discussione emerge il nome di qualcuno dei Campisi. Nome noto, ormai purtroppo, stranoto al Distefano. Presta quindi maggiore attenzione e gli pare di capire che il dr. Cartalemi faccia riferimento al fatto che suo testimone di nozze sia nientemeno che Riccardo Campisi!? Pensa di aver sentito male, capito peggio, ma come una sprangata gli apre il cervello. Da quel momento, da vittima soccombente ad una incredibile sfortuna si trasforma in investigatore certosino. Decide di abbandonare la prudenza dell’attesa e comincia a scavare, girando chiese e parrocchie per scovare quell’atto di matrimonio capace di rendere chiaro che non si tratta più di equivoci, che nessun errore giudiziario si sta compiendo ma un vero e proprio disegno gli si è avvolto attorno. Per gioco, per il solo sollazzo di qualcuno a cui non si può dire no, qualcuno alla cui corte in troppi insospettabili corrono a servire e riverire. Qualcuno che non può permettere si sfugga alle grinfie di un potere che tutto compra e se non riesce a comprare al prezzo desiderato, distrugge.
Gira e rigira Maurizio Distefano, sino ad arrivare alla bella chiesa di San Biagio ad Acireale. L’atto di matrimonio è estratto, lo sposo certamente felice è proprio lui, Massimo Cartalemi, in calce la firma del testimone alle nozze, certamente altrettanto rallegrato, Riccardo Campisi. Fuochi d’artificio misti a pugnalate nella mente del povero Distefano. Ha scoperto l’inimmaginabile. E un po’ si sente salvo, ha le prove di una macchinazione, non sospetta ancora che il livello sia ancora più alto, che l’intrigo arrivi all’impensabile.
I suoi avvocati informano il sostituto procuratore Allegra Migliorini dell’inquietante scoperta.
La dr.ssa Migliorini appare sorpresa, contrariata, non si capisce se sorpresa della scoperta in se o per il fatto che la cosa sia stata scoperta.
E vedremo a breve.
La difesa si aspetta provvedimenti, una ricusazione del perito, magari una denuncia nei suoi confronti e invece nulla. Tutto prosegue come nulla fosse e la perizia del Cartalemi resta tranquillamente acquisita agli atti del processo come se non fosse viziata dalla comprovata confidenza amicale tra perito del PM e denunciante. Anzi, ci riferisce Distefano, tale è l’impudenza, la garanzia di impunità, che il perito/testimone di nozze Cartalemi arriva nonostante quanto scoperto, a richiedere il pagamento di una parcella di decine di migliaia di euro. Richiesta che, almeno questa, verrà respinta da un giudice terzo ed estraneo alla conventicola.
Continua quindi l’odissea sfiancante del Distefano che si trova mura più alte ogni qualvolta abbatte le precedenti.
Ma non demorde, non lo convince l’atteggiamento di quel PM che dovrebbe accertare la verità.
E indaga ancora, scoprendo che non c’è solo l’amicizia nuziale con il perito, ma persino una frequentazione tra il sostituto procuratore Allegra Migliorini, lo stesso Cartalemi, Riccardo Campisi e l’avvocato/prestanome dei Campisi/socio fittizio di Distefano Riccardo Di Bella.
Tutti amici tra di loro su Facebook! E come se non bastasse il sostituto procuratore Allegra Migliorini risulta aver fatto parte di una giuria ad un premio organizzato a Villa Di Bella in proprietà dell’avvocato dei Campisi e socio fittizio Riccardo Di Bella.
A quel punto, la facciamo breve, la Migliorini, scoperta documentalmente, ammette, a modo suo, i fatti e chiede al Procuratore Capo di potersi astenere dal procedimento. Richiesta accolta ma nessuno paga per questo obbrobrio, solo il Distefano che resta imputato in un processo penale che si trascina ormai stanco ed imbarazzante tra rinvii, cambio di giudici e PM onorari, con l’obiettivo probabile di far scivolare questa storia nell’oblio di una prescrizione che lascerà impuniti i carnefici e distrutta dall’onta del sospetto la vera vittima di un gioco vizioso e violento, Maurizio Distefano.
Ma Maurizio non ci sta, non può starci. Ne ha passate tante ed ha voglia di riprendersi il proprio onore, sente il dovere di farlo per la propria famiglia, per quello che ha patito.
Ha paura, ma sa che non può tornare indietro. Ha conosciuto sulla propria pelle quello di cui sono capaci certi poteri quando si uniscono, anche solo per gioco, anche solo per scherzarci su Facebook, tra un matrimonio ed una giuria. Ha visto come lo hanno schiacciato, ed i suoi occhi mentre ci racconta la sua storia si alzano alla ricerca di quei dolori ingiusti, al pensiero di giudici che hanno giurato di essere imparziali e hanno partecipato al suo scempio.
Ora in Procura non ci sono più D’Agata, in pensione, né la Migliorini trasferitasi nella città natale, Roma.
Rimangono però gli atti gravissimi e le palesi violazioni della legge commesse da Magistrati in Servizio.
Siamo sicuri, anzi certi, che il Procuratore Salvi non ne sappia nulla, poiché è difficile immaginare che chi sa storie simili informi il nuovo Capo delle malefatte passate.
Da questo momento però anche il Procuratore della Repubblica sa e potrà verificare accertare riscontrare e quindi trasmettere gli atti a Messina per chiedere la punizione dei colpevoli, responsabili di questa gravissima vicenda.
Distefano è un uomo distrutto, ma ancor di più potrebbe annientarlo pensare che possano farla franca i suoi carnefici, soprattutto quelli con la livrea della legge.
E l’Opinione Pubblica non può non temere che vicende analoghe, con massacro giudiziario di vittime e totale impunità per profittatori, possano essere alla base di quel sistema che distrugge il tessuto sano della città, devastandone le istituzioni.
Questa è davvero una brutta storia, che raccontiamo gonfi di indignazione e concludiamo con un appello ai tanti giudici per bene e ad una Pubblica Opinione che deve farsi parte attiva.
Non c’è più spazio per le ipocrisie, per le omissioni, perché in questa città si è superato il limite e la vita delle persone non è un gioco da consumare nei salotti buoni tra una chattata ed un aperitivo.
Non è più praticabile il quieto vivere: o si sta dalla parte della Giustizia o si è delinquenti”!!!
Naturalmente per maggiori dettagli, trovate l’articolo completo di tutta la documentazione ed il video del Sig. Distefano sulla pagina web: 

La Banca d'Inghilterra si prepara al "Brexit"

Una notizia interessante: pronto un piano per “liquidità illimitata per le Banche britanniche”. 
Dopo le dimissioni dalla direzione generale della British Chambers of Commerce, la Camera di commercio britannica, John Longworth spiega i motivi della sua scelta a favore dell’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea in un articolo pubblicato sul quotidiano “The Times”.
Innanzitutto, Longworth denuncia una campagna referendaria nel segno dell’iperbole e della disinformazione, con “un governo chiaramente di parte” che non garantisce un dibattito all’insegna dei fatti. 
L’esecutivo, accusa, “sta giocando il gioco pericoloso di promuovere l’idea che lasciare l’Ue sarebbe un disastro“; ciò, a suo parere, non e’ vero e la diffusione di questo messaggio potrebbe danneggiare le prospettive del paese, soprattutto nel caso in cui decidesse di lasciare l’Ue e dovesse negoziare i termini del divorzio.
Promette quindi, libero dall’impegno di direttore della Bcc, di dare il suo contributo nelle prossime settimane facendo parlare i dati. Longworth ricorda, quindi, di essere sempre stato a favore dell’appartenenza a una Ue riformata; tuttavia, le ricerche degli ultimi anni e l’esito, molto inferiore alle aspettative, della rinegoziazione con i partner condotta dal primo ministro, David Cameron, lo hanno convinto che l’Ue sia “incapace di riforme significative”.
“Avremo un futuro più brillante se lasciamo, ma bisogna fare questo passo adesso, prima che sia troppo tardi”, afferma. 
Ci sono argomenti validi su entrambi i fronti e la comunità d’impresa e’ divisa, ammette, infine, Longworth, concludendo, tuttavia, che la scelta è “tra il diavolo e il mare aperto”, ma che restando col diavolo si rimarrà sempre prigionieri mentre l’alternativa può’ essere perfino lo sbarco in un paradiso tropicale.
Intanto, la Banca d’Inghilterra prende molto sul serio la possibilità che vinca il Brexit e si prepara a proteggere le banche del Regno Unito dalla carenza di liquidità nell’eventualità di un voto referendario a favore dell’uscita dall’Unione Europea, segno del crescente nervosismo delle autorità sui possibili effetti del pronunciamento popolare.
La Boe, riferisce in questo caso il “Financial Times”, ha annunciato che darà’ alle banche commerciali tre eccezionali opportunità di ricorso al credito senza limiti appena prima e subito dopo il referendum sull’Ue, in programma il 23 giugno, per prevenire il ripetersi del caos della crisi finanziaria del 2007-2008.
Il piano, che i collaboratori del cancelliere dello Scacchiere, George Osborne, negano sia stato orchestrato d’intesa col Tesoro, rafforza l’allarme sul rischio di instabilità economica e turbolenze sui mercati finanziari in caso di Brexit.
Gli anti-europeisti, invece, ipotizzano interferenze del governo e accusano il banchiere centrale, Mark Carney, di essersi fatto trascinare in quello che definiscono il “Progetto paura” del fronte europeista. Carney ha ribadito l’importanza di restare fuori dalla mischia politica; era noto che l’istituto stesse lavorando a un piano di emergenza e ora ha annunciato tre operazioni pronti contro termine per il 14, il 21 e il 28 giugno.
L’impiego di simili strumenti era stato previsto anche nel 2014 per il post referendum sull’indipendenza della Scozia, ma il piano fu reso noto solo a voto concluso. 
In ogni caso, i sondaggi continuano a dare vincente in Brexit, che sarebbe in testa di 5 punti già ora, quando la campagna referendaria in realtà non è ancora entrata nel vivo. Il voto sarà il 23 giugno prossimo. 
Da il nord.it

Assenza di credito…

E’ evidente notare come le Banche, dopo gli scandali finanziari ed immobiliari, hanno provveduto a chiudere i propri rubinetti a tutti, sia questi essere privati che imprese…
A protezione quindi del proprio sistema, essi non fanno altro, che chiudere il sistema della liquidità e per paura di sbagliare, preferiscono che il denaro non venga quando richiesto, concesso…
La diffidenza è palese e la mancanza sugli investimenti, non permette l’uscita da questa crisi…
Infatti, la deficienza di liquidità, rappresenta il primo sistema di recessione, in quanto porta l’economia a non generare più quegli scambi necessari, tra chi propone l’offerta e chi la domanda…
Oggi il nostro sistema è basato sulle politiche che le Banche Centrali adottano, sia per quanto concerne l’Europa, che gli Stati Uniti e dove queste, concedono alle Banche Nazionali, a tassi d’interesse irrisori, le somme necessarie per poter vviare il cosiddetto credito…

Tralasciando comunque i problemi che tra Banche Centrali e Nazionali esistono e tra quest’ultime e quelle private, ciò di cui si accorge e che nemmeno tra loro vi è fiducia…
Pensavo quindi, visto che negli ultimi 15 anni, le Banche hanno prestato soldi a chiunque li chiedesse… ed abbiamo visto come è andata a finire…, ora mi chiedevo, ma che fine hanno fatto allora tutti quei soldi…, dove sono andati a finire??? Semplice, sono sempre lì, bloccati… nei loro forzieri.
Non si tratta quindi di non avere liquidità da poter affidare alle imprese, ma viceversa non c’è alcuna programmazione da parte delle Banche, in ciò che da sempre rappresenta la loro politica di gestione e cioè prestare denaro in cambio di un tasso d’interesse…
Le Banche come sempre, tentano di voler guadagnare, senza mai però voler rischiare; una posizione questa che non può essere più tollerabile, ed i governi nazionali, dovrebbero cominciare a pensare di creare un nuovo sistema al credito, alternativo a quello bancario, che permetta alle nostre imprese, di poter fare fronte a quelle difficoltà create da questa crisi economica mondiale… e che permetterebbe di ridare nuovamente slancio alle politiche di mercato…

Bisogna ridimensionare il ruolo del sistema bancario, imponendo ad esso regole precise, per continuare ad operare nel nostro paese, ed in caso contrario, se a tali regole non decidessero di adeguarsi…, escluderli, revocando tutte le autorizzazioni necessarie, per poter svolgere nel nostro paese, quanto finora realizzato, continuando a godere di quei privilegi, che hanno permesso loro ed in particolare ai loro banchieri, di accrescere quel loro sostanzioso patrimonio…
In questo debbo dire, che dovremmo prendere esempio dalle Banche Islamiche, al loro modo di gestire il credito, alla mancanza di quei tassi d’interesse a modello usura, alla possibilità del credito senza richieste eccessive su garanzie ed impegni personali, che non debbano poi condurre gli imprenditori, a dover svendere le proprie imprese, perché non riescono più a far fronte ai debiti accumulati con le stesse banche…; queste ultime debbono iniziare a svolgere in maniera coerente, ciò che esse da sempre hanno rappresentano con la loro funzione e cioè quella di svolgere una corretta ed equa intermediazione del denaro…

Ora, che le nostre banche e lo stiamo vedendo con le vicende di questi ultimi giorni, si siano messi a giocare in borsa con titoli, derivati ed investimenti tossici, utilizzando i risparmi dei poveri cittadini e nel momento in cui, si sono accorti che quegli investimenti, avevano concepito risultati fallimentari, hanno  modificato l’orientamento dato, verso la necessaria urgenza di doversi ricapitalizzare, per poter allontanare da essi, un probabile fallimento…
Bisogna quindi ripartire dall’inizio, cioè da quando le Banche provvedevano a finanziare il credito, mentre gli imprenditori si dedicavano a creare con proprie capacità sviluppo, per nuove opportunità di mercati e crescita d’occupazione…
Questa ovviamente, può rappresentare soltanto una possibilità tra le tante per uscire oggi da questa crisi, ma garantirebbe se attuata, non soltanto un vantaggio personale ad entrambi, ma una ripresa economica, di cui potrebbe beneficiare tutto il sistema internazionale…