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Nicola Costanzo: La mia unica griffe!


Sì… come dice quel testo della canzone che ho scritto nei giorni scorsi: c’è chi vive per la fortuna, chi per la fama, chi per il potere o per il gioco, come se la vita fosse un tavolo da poker in cui ogni gesto sia calcolato per vincere qualcosa di visibile, di misurabile, di esponibile.

Già… c’è chi pensa, ad esempio, che la ricchezza del cuore si possa sostituire con oggetti: l’ultimo modello di cellulare, un orologio firmato, un accessorio che urla status prima ancora di essere indossato, simboli esteriori di un successo che non ha mai chiesto permesso a nessuno prima di imporsi.

Stamani, ero seduto con un amico in un bar prendendo un aperitivo, quando all’improvviso, si sono uniti a noi dei suoi conoscenti e così – mio malgrado – mi sono ritrovato a dover ascoltare quei loro dialoghi banali. 

Per me, erano semplici estranei, con cui scambiare al massimo un cenno del capo, presenze dalle quali comprendevo, almeno in quel frangente, una limitata preparazione, quantomeno le loro argomentazioni, basate su esposizioni riduttive e circoscritte.

Uno di essi, faceva pesare l’ultimo modello di telefono appena acquistato, posandolo sul tavolo con la delicatezza di chi espone una reliquia, l’altro, viceversa, quasi per ribattere a quel silenzioso vanto, si aggiustava il proprio piumino bianco firmato, sfiorandone il logo con una punta di dita orgogliosa.

E la cosa più assurda è che ridevano a crepapelle di quel rituale sociale dove “vale di più chi mostra di più” e così, mentre l’aria si faceva pesante di una scialba competizione, fatta di sigle e di marchi, io rimanevo in silenzio ad osservarli, e dentro me non potevo fare a meno di sorridere.

Sì… in quel particolare momento, mi sono ricordato di un gesto che avevo compiuto alcuni giorni fa e cioè: firmare la suola della mia scarpa.

Ovviamente quanto avevo realizzato per scherzo, non rappresenta un’opera d’arte e non deve evidenziare alcuna ricerca di autenticità. Già… si potrebbe definire una “presa per il culo”, elegante, silenziosa, eppure ferocemente chiara, dedicata a tutti coloro che nel marchio cercano uno specchio in cui riflettersi. 

Quella firma ha uno scopo: preparare la risposta perfetta per quando qualcuno, con quel tono sospeso tra la curiosità e la valutazione, mi chiederà: “Belle quelle scarpe… di chi sono?”, intendendo naturalmente a quale griffe, a quale stilista, casa di moda, già… a quale divinità commerciale appartengano.

E io, con tutta la calma del mondo, potrò rispondere: “di Nicola Costanzo”! E se lo sguardo (come solitamente accade) dovesse restare vuoto, perplesso, allora… ecco che alzerò semplicemente la suola e mostrerò la mia firma blu, nitida sulla gomma consumata. 

E in quel gesto, che è un ribaltamento, vi è tutto: l’assurdità sublime di aver firmato la parte che calpesta la polvere, la beffa verso chi crede che il valore vada indossato all’esterno, la dichiarazione che io non ho bisogno di elevarmi indossando la firma di un altro.

Perché è questo il punto, no? La maggior parte brilla di luce riflessa, riverberi pallidi di un prestigio preso in prestito. Io, con questa sciocca, meravigliosa firma sulla suola, brillo di luce propria! È una certezza, non una possibilità. 

Una luce che non chiede permesso a nessun marchio, che non si accende per il riflesso di un logo, ma che emana beffardo, il deliberato atto di rivendicare se stessi come unica firma necessaria. È dire, senza bisogno di alzare la voce, che la mia unica griffe accettabile è il mio nome, e che lo metto dove voglio, soprattutto dove nessuno, nella sua ossessione per le apparenze, penserebbe mai di cercarlo. 

E se qualcuno rimane perplesso, se non capisce il contenuto o le motivazioni di questa mia piccola follia, forse è proprio quello il segno che ho centrato il bersaglio!

Se questo è esser genitori: già… si comprende il perché accadono ogni giorno tragedie come quelle che purtoppo andiamo vivendo!!!

Esser genitori è una cosa difficile, forse rappresenta una di quelle situazioni che solo pochi riescono a mettere in pratica…

Sì… perché non si tratta semplicemente di volerli i figli e quindi cercare di metterli al mondo, per questo (più o meno) siamo bravi tutti, il problema è farli crescere in maniera moralmente sana, cercando di far privilegiare sempre quei principi morali con cui dovranno tutta la vita condividere…

Quindi si tratta di creare quei presupposti affinché un soggetto non oltrepassi quella corretta razionalità per far emergere una personalità istintiva, irrazionale o per meglio far comprendere, una pazzia che soltanto un folle può evidenziare!!!

Non so dirvi se questa sia insita nel soggetto, se si tratta di un qualche Dna che si ha ancor prima di nascere, certamente qualcosa in quell’ambiente familiare non funziona o quantomeno non ha mai funzionato e a leggere certe notizie mi convinco che sia proprio così!!!

Sento giustificare alcuni genitori su quanto compiuto dai propri figli, parliamo ad esempio di un omicidio efferato compiuto con oltre settanta coltellate nei confronti di una ragazzina ed incredibilmente i propri genitori giustificano quell’azione inumana, anche se va detto che gli animali nella loro ferocia non attuano mai comportamenti sadici come quelli compiuti da certi barbari!!!

Si vorrebbe tra l’altro paragonare quella crudeltà con le azioni compiute dai mafiosi o da qualche terrorista, la chiamano “debolezza“, uno stato d’animo che va a sommarsi con tutti gli altri “femminicidi” compiuti in questo nostro Paese…

Si prova in quel colloquio a minimizzare quel crimine commesso dal figlio, evidenziando in quel comportamento una mancanza di lucidità, quasi vi fosse una personalità bipolare che ne abbia preso il sopravvento e che la parte sana (vorrei conoscere dove questa si trovi in quell’individuo) sia viceversa responsabili e abbia motivo di ricevere quella giusta comprensione…

Sapete come penso dopo aver letto quella intercettazione pubblicata sul web che se una situazione come quella fosse capitata ad un genitore “mafioso, criminale, terrorista”, beh… non credo proprio che quei “genitori” (se così si potessero definire…)  avrebbero ancora un figlio con cui andare a dialogare, ma siccome dall’altra parte vi è una famiglia perbene, con dei genitori sani… ecco questo è il risultato!!!

D’altronde leggendo l’intercettazione il messaggio che passa da quei cosiddetti “genitori” (in generale…non solo quindi per quel loro figlio…) è che chiunque commetta in questo Paese un reato (e parliamo di un omicidio…), prima o poi potrà beneficiare di tutta una serie di riduzioni della pena, a cui poi si sommeranno benefici per buona condotta, permessi di libera uscita, già… per lo studio, per andare al lavoro, per giungere anche ad una libertà condizionale…

Ma in un tutto ciò la giustizia dov’é??? Come sanno bene i miei lettori vi sono circostanze – proprio come quella sopra rappresentata – che mi convincono sempre di più a restare fedele a quel principio del “Contrappasso”!!!

Il senso dell'onore é il coraggio!!! Ma ahimè… è da troppo tempo che non se ne vede più!!!

Come sappiamo l’onore può assumere diversi significati a seconda delle culture e/o dei territori ove essa si manifesti. 

Abbiamo visto tra l’altro come l’onore venga spesso associato alla virtù dei forti, al coraggio e alla capacità di perseguire con i propri ideali quei valori morali di eguaglianza e democrazia, nonostante le difficoltà poste in campo a causa di chi esercita costantemente pressanti influenze negative al fine d’imporre proprie regole di vita, per ottenere quanto essi vogliono a tutti i costi…  

Ritengo comunque che l’importanza dell’onore sia negli anni andata scemando, sí… diminuita, certamente rispetto al passato e ciò si evince dalla mancanza di coraggio nella società civile, in particolare in quei suoi comportamenti, sia individuali che collettivi…. 

D’altronde pensare che l’onore possa in taluni soggetti determinare coraggio è qualcosa di errato, non sempre accade, anzi solitamente si verifica propriamente il contrario, non esiste infatti alcuna correlazione che promuova benessere a giustizia, per il raggiungimento di una società più equa e rispettosa dei diritti altrui, infatti, vediamo come abitualmente si viene a manifestare quasi sempre un’esigua solidarietà o ancor peggio una mancanza di empatia… 

Auspicare quindi che in questo Paese i cittadini possano per una volta provare a difendere i propri diritti o contrastare le ingiustizie presenti, è qualcosa certamente di meraviglioso, ma utopistico, quanto appena espresso infatti non appartiene al nostro e quindi, mancando di fatto di queste cinbesse esperienze, sarà impossibile alla maggior parte di essi, che un qualche gene del coraggio, risvegli in loro la capacità di agire con determinazione!!!

D’altro canto va detto, le condizioni imposte dai governi con le loro politiche, mettono a dura prova la capacità di lottare per i propri diritti o per portare avanti quelle giuste idee e sono proprio queste condizioni che determinano nei cittadini le tante paure, le stesse che impediscono di agire in modo coraggioso e proattivo.

Ma si sa, il coraggio non è una virtù innata, essa potrà se voluta, esser coltivata attraverso l’esperienza e con una continua ricerca di quei valori morali, unici principi fondamentali per divenire finalmente audaci. 

Solo in questo modo potremmo creare una cultura unica, solidale e rispettosa nei confronti degli altri e sarà grazie a quel possibile cambiamento che vedremo emergere quella forza interiore e soprattutto quel coraggio, da troppo tempo oppresso e reso muto!!!

Catania: il "liotru" usato come fosse un parco di divertimento…

Ho letto di quei ragazzi che si sono presi gioco del noto liotru di Catania…

Ciò che mi meraviglia non è tanto il fatto che questi ragazzi abbiano compiuto una azione così deplorevole, no… è il pensare che nel punto più centrale di Catania, in Piazza Duomo, di fronte al Palazzo comunale, in un’area strategica e di fondamentale interesse, non solo monumentale, ma istituzionale, visto i documenti che in quei palazzi sono custoditi, beh… qualcuno, due ragazzini, abbiano potuto manifestare la propria esaltazione folle in maniera così tranquilla, come se non ci fosse nessuno delle nostre forze dell’ordine a sorvegliare quel luogo…

Immaginate ad esempio se quei ragazzi invece di appendersi a quella proboscita, avessero utilizzato tecniche “parkour” per saltare da un palazzo ad un altro…

Essi avrebbero potuto in maniera indisturbata entrare e uscite liberamente da quegli uffici pubblici e/o ecclesiastici, perchè nessuno mai li avrebbe bloccati, peraltro non si dice: “se uno non c’è… non c’è e nulla può fare“???

Ora immagino che, come sempre avviene in questi casi, si sarannno presi dei provvedimenti… e non mi riferisco alle sanzioni penali da doversi eseguire nei confronti di quei giovani, no… parlo di quelle azioni preventive che quanlcuno avrebbe dovuto mettere in atto e come dimostrato erano inesistenti o quantomeno inadeguate, visto quanto si è compiuto…

Ma d’altro canto si sa, da noi tutto viene vissuto così, con leggerezza e senza mai assumersi le proprie responsabilità e chissà se non è proprio questo il motivo perché alla maggior parte dei miei concittadini piace stare quì…  

Catania: un giorno di ordinaria "follia"…


Non so dirvi quanti anni sono passati dal mio ultimo viaggio in autobus..  

Di una cosa sono sicuro: sono più di trent’anni!!!
Odiavo da ragazzo prendere l’autobus e la prima cosa che ho fatto al raggiungimento della maggiore età, è stato prendere celermente la patente…
Credo di potermi annoverare tra i più giovani patentati, perché solo dopo un mese guidavo per la mia città.
Ricordo adesso quell’avvenimento, perché stamani, dopo aver consegnato all’aeroporto l’auto presa a noleggio ho provato a riprendere nuovamente quel autobus…
Ora, che sia stato un momento di “follia” è sicuro, perché a  differenza delle altre circostanze in cui chiamo immediatamente il taxi, questa volta, forse perché non avevo alcun appuntamento urgente, ho deciso di cambiare e mi sono seduto nella fermata ad aspettare quel bus, proprio lì… vicino al famoso aeroplano rosso, posto nella rotatoria alla fine di Via San Giuseppe alla Rena 
Erano le 8.45 e ho quindi iniziato a leggere il quotidiano appena acquistato…

Alle 9.30 non era ancora passato un autobus, mi è venuto il dubbio che forse quella fermata, non fisse più attiva ed allora, avendo cercato il numero telefonico dell’AMT, ho provato a contattarli nei numeri indicati nella loro pagina web… 

Nessuno… il telefono squillava, ma dall’altra parte nessuno rispondeva!!!
Ho pensato: “Semu a Catania“!!!   
Il bello è che a differenza delle altre fermate poste al centro o in circonvallazione, nella mia non era presente alcun cartello digitale che indicasse quanti minuti avrei dovuto aspettare, per veder giungere quell’atteso bus…

Comunque, intorno alle 9.40, mentre mi stavo per accingere a fermare un taxi di passaggio, ecco che ho visto sopraggiungere il “524”… 

Era passata quasi un’ora!!!
Già… ho pensato: “non è cambiato nulla, così era trent’anni fa, quando attendevo il bus e così è oggi”!!!
“E va be” – mi sono detto – prendiamola con filosofia, tra pochi minuti sarò al centro… in Piazza Borsellino!!!
Salgo sull’autobus… mi è sembrato lo stesso di quello che prendevo da ragazzo, forse di meno ci sono soltanto i sedili, poi per il resto c’è tutto… sì come allora: la solita sporcizia, quella condizione vetusta, quel cattivo odore (per fortuna che i finestrini sono tutti aperti), un monitor divelto ed un altro schermo sulla porta d’uscita che non comprendo quale utilizzo avesse (un tempo chissà, forse funzionava pure… ma oggi no), ed il solito passeggero che disturba l’autista!!!
Abbasso gli occhi e mi dedico al cellulare… viaggio sul web (benedetto web…), mentre il bus si muove verso il centro, il tempo di salire sulla rampa della tangenziale”… penso, ed ecco la sorpresa…
L’autobus stranamente inverte il proprio tragitto e prosegue in direzione opposta, entriamo nel “famoso” (per modo di dire…) parcheggio scambiatore (quanti soldi spesi inutilmente…  direi sprecati, poiché è quasi del tutto inutilizzato…) e finalmente usciamo da quello spazio per riprendere la desiderata tangenziale…
Imbocchiamo Via Acquicella Porto ed eccoci costeggiare i moli di Via Domenico Tempio e quando pensavo finalmente d’essere giunto a destinazione, la sorpresa… una coda di auto, il traffico, già ci mancava soltanto questo…
Guardo scoraggiato di lato e vedo ormeggiata una nave da crociera…
Vorrei essere lì in questo momento…. e mi chiedo cosa stia facendo ancora qui, sì in questa terra, in questa città, dove nulla cambia, nulla è mai cambiato e nulla cambierà mai, perché a tutti i miei concittadini, va bene così…
Sarà che forse soltanto il sottoscritto si accorge di questa condizione, sarà che essi non sono mai usciti fuori da questa terra se non per andare in un villaggio turistico o per visitare qualche capitale europea o ancora peggio, per finire in una qualche spiaggia tropicale dal mare cristallino!!!
Pochi di loro avranno avuto la fortuna di risiedere in altre città italiane o anche europee, dove l’eccellenza è alla portata di tutti, dove ciascuno dei residenti s’impegna a mantenere ed a garantire in condizione perfetta la propria città!!!

Ordine, disciplina, rispetto per gli altri, per la cosa pubblica, la consapevolezza di volere sempre il massimo, il non volersi accontentare, la pretesa dei propri diritti, ma il rispetto e l’osservanza dei propri doveri, paesi dove regna l’attenzione per le regole e dove i risultati di quelle condotte, si vedono dappertutto…

Tutto il contrario che da noi, già… dove le cose trascurate un vita fa, le ritrovi eguali oggi, per come erano state lasciate!!!  
Già… possiamo stare tranquilli.
Se qualcuno di voi pensa di perdere qualcosa andando via, si sbaglia…

Sì… perché quando deciderà di ritornare, si accorgerà che non è cambiato nulla o certamente, non si è perso niente!!!  

Siamo arrivati in Piazza Borsellino, sono le 10.45…
Sono passate due ore, sì… per fare meno di cinque chilometri, più del tempo che solitamente utilizzo per andare da Catania a Palermo… 
Ed ora “mi viene il freddo”, al solo pensiero che per andare alla “Barriera”, sarò costretto a prendere un altro bus…
“No…no… basta autobus”, ho raggiunto il limite di sopportazione, scendo e mi metto alla ricerca di un taxi che trovo per fortuna lì… poco distante.
“Ah… finalmente, riprendo il mio viaggio“…
Il prossimo autobus…??? Si certamente, fra trent’anni!!!