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Eloì, Eloì, lema sabactani?

“Mio Dio, mio Dio, perché mi hai abbandonato???”.

Già… una frase che molti conoscono, ma che – a differenza di come pensato finora – non appartiene a quell’uomo posto sulla croce che in quella tragica occasione urla in aramaico le parole del mio titolo dì apertura; esse bensì appartengono a un suo predecessore, a quel re Davide che in punto di morte pregò Dio di sollevarlo dalla sofferenza e dalla morte…

Ed allora iniziamo a parlare di questo Dio che tanto unisce e altrettanto divide gli uomini, un Dio che non interviene nelle vicende umane, che lascia ciascuno di noi al cosiddetto “libero arbitrio“, ma che stranamente viene visto come punto di riferimento per molti popoli, in particolare quando si è trattato di provocare conflitti, stragi, olocausti, etc…

Sì… viene chiamato in causa solo quando serve per i propri fini, c’è chi garantisce in suo nome la vita eterna, altri promettono una vita strepitosa in paradiso, poi c’è chi offre beatitudini celesti che non sto qui a menzionare, segue chi viceversa crede che colui che incontra su questa terra la morte non incontrerà più Dio, c’è chi viceversa si contrappone e crede nella reincarnazione dell’anima attraverso una disanima: se si ci è comportati male nella vita dopo la morte l’anima ritornerà a vivere con un altro corpo per espiare i peccati commessi, mentre viceversa se si ha avuto rispetto per Dio e per tutti coloro che nel corso della vita lo hanno circondato, allora si raggiungerà la pace eterna…

Avrete compreso da quanto sopra come ciascuno abbia provato a dare un senso all’aldilà, a seconda di chi e quanto si è creduto nel corso della vita, di come ci si è comportati con gli altri, ma anche di quanta importanza si stata data a quel voler essere credenti, gnostici, agnostici e atei!!! 

D’altronde quanti tra noi possono dire con certezza di essere giunti a quella corretta via spirituale??? La maggior parte, me compreso è all’interno di una religione perché nato in un determinato paese dove in prevalenza vi era una religione più o meno imposta!!! 

Se ad esempio fossi nato in un paese arabo, oggi sarei musulmano, viceversa sono nato in Italia e mi ritrovo trovato battezzato a una chiesa cristiana “cattolica”, viceversa… se fossi nato a Gerusalemme forse sarei un ebreo e così via discorrendo…

Difatti, durante la mia adolescenza, avendo vissuto ad Addis Abeba in Etiopia, frequentavo abitualmente una di quelle chiese cristiane presenti, non cattolica, certamente cristiana, ma ufficialmente “Copta”; già… una chiesa ortodossa che a differenza della nostra crede in due nature, quella umana e quella divina, unite sì… ma senza alcuna “mescolanza, confusione e alterazione”!!!

Da quanto sopra quindi si comprende che la religione è quasi sempre frutto del caso, di circostanze mai nostre, sì… che non ci appartengono perché non le abbiamo decise noi, ma ahimè altri!!!

Ed allora diventa quantomeno naturale iniziare a ragionare, non dico a rinnegare o abiurare la propria religione, ma quantomeno – in età adulta – dubitare se quanto si sta espletando sia giusto o errato, se le nostre preghiere – in quanto fedeli di una qualche religione abbiano un senso, poiché viceversa quelle nostre orazioni – nei confronti di un qualcosa o di un qualcuno che dovrebbe ascoltarle – potrebbero non trovare il giusto interlocutore…

E allora che fare, come trovare la giusta via, come ricercare quel percorso di crescita spirituale che desideriamo senza più accontentarci di quanto ci hanno insegnato, raccontato, ahimè a volte intimato e comandato, il tutto per far si che da quel percorso non si deviasse…

E’ come per la politica, c’è chi nasce di destra, chi è di sinistra e chi preferisce il centro, c’è anche poi chi si astiene perché non crede alla politica e quindi a ciascuno di quei deputati… 

Qui è lo stesso, ciascuna di quelle religione apporta acqua al proprio mulino, non importa quanto di vero ci sia in quelle loro scritture, l’importante è che si creda ad essi e a nessun altro!!!

Ritengo viceversa sia importante giungere a un compromesso…

A nessuno è data la certezza di poter affermare “io sono nel giusto“; ciascuno di quegli uomini/donne di chiesa, proverà con le proprie argomentazioni a convincervi, già potremmo paragonarli ai cosiddetti “infuencer“, vi diranno cosa credere, quale reliquia comprare, cosa appendere in casa, quale libro tenere, quale quotidianamente pregare e quale viceversa gettare via…

Nessuno di loro vuole che apriate la vostra testa, che leggiate per comprendere fino a che punto vi è stato detto in nome della verità o di quanto celatamente vi è stato tenuto nascosto, sì per tenervi prigionieri, già quasi foste batterie elettriche come in quel noto film intitolato “Matrix”!!! 

Un consiglio quindi, aprite il vostro cuore o meglio dovrei dire il vostro cervello, senza farvi condizionare, iniziate a studiare, leggere, approfondire tutti quegli argomenti che possono interessarvi, in particolare quelli che argomentano sulla vostra religione; scoprirete le altrui opinioni, valuterete le diverse religioni, comprenderete come nessuna di loro sia perfetta e che non vi è alcun necessità di convertirsi ad una diversa dalla vostra, già… perché come dicevo sopra, nessuno è perfetta e soprattutto nessuna e migliore o superiore alle altre…

Alla fine tutto si riduce nel credere o non credere, il sottoscritto prova ad esempio a dare un senso pratico alle parole di un uomo che a modo suo (forse) credeva di essere nel giusto; difatti, poco m’interessa sapere su quanto egli fosse realmente un profeta, qualcuno ha detto che egli era un messia, altri e oggi, la maggioranza dei fedeli di quella religione cristiana, crede ad egli non solo come figlio di Dio, ma insieme nella trinità, la stessa persona!!!  

Di tutte queste ultime sciocchezze proverò nei giorni seguenti a farvi riflettere, ponendo prudenza e equilibrio argomentando su quanto riportato nei vangeli ufficiali (purtroppo quelli “apocrifi” e i vari scritti ritrovati nei secoli sappiamo quanta poca considerazione abbiano avuto negli insegnamenti della chiesa cristiana in particolare in quella cattolica…) in contrasto con quanto realmente accaduto, senza porre preconcetti e/o opinioni personali, ma rivalutando semplicemente i fatti di allora e tenendo conto dei ritrovamenti storici riportati alla luce in questi duemila anni… 

Per concludere, penso dopo quanto ho appreso in questi trent’anni che la nostra chiesa sia giunta ad un bivio: sì… se andare avanti per come ha finora fatto ed osservare così il suo naturale declino oppure viceversa, fare un passo indietro, rivedere il vero messaggio di quell’uomo chiamato Cristo e fare le dovute scelte.

Difatti, bisogna ritornare a fare riferimento alle sue parole, a quell’unico messaggio, tralasciare quanto riportato nei secoli successivi da chi non l’ha neppure conosciuto e cancellare definitivamente dogmi mai rivelati e per concludere (sicuramente la parte più impegnativa e difficile da accogliere) ridimensionare tutto l’apparato ecclesiastico che finora ha evidenziato essere stato il più delle volte fallace…    

Lettera al Procuratore Gratteri…

Ho letto stamani un post su  https://www.lacnews24.it/attualit/lettera-13enne-a-nicola-gratteri_167115/ che riporta la lettera commovente di un ragazzo di soli 13 anni consegnata al magistrato e procuratore Nicola Gratteri… 

Ritengo che nel corso della vita sono tante le espressioni di stima che si possono ricevere, alcune ufficiali come segno di gratitudine per il lavoro svolto, altre come semplici apprezzamenti di riconoscenza, come una stretta di mano…

Poi vi sono circostanze come quella di seguito riportata che fa comprendere come il proprio lavoro non sia solo il frutto di una espressione di contrasto alla criminalità organizzata, bensì rappresenti qualcosa di più, è sentimento puro di speranza per migliaia e migliaia di giovani, un’aspettazione fiduciosa della realizzazione, presente o futura, di quanto si desidera e difatti quel messaggio è accuratamente riportato in questa lettera di Davide, che ho il piacere di condividere, auspicando come in molti, tra i ragazzi, leggendo questa missiva possano ritrovarsi un giorno in quelle sue belle parole:   

«Caro procuratore spero non ti offenderai se ti darò del Tu, mia mamma mi ha intimato di darti del Lei, ma io vorrei parlarti come si parla ad un amico, ad un familiare, ad un parente». 

Inizia così la lettera che Davide, un ragazzo 13enne, ha voluto scrivere per poi consegnare consegnare direttamente al procuratore Nicola Gratteri, a margine della presentazione del libro “Fuori dai confini” avvenuta ieri sera a Girifalco.

«Il “Lei” aumenta le distanze, ma io non sono distante da te, sono un ragazzino di tredici anni, figlio della tua stessa terra, quella che tu, con tanta fatica, stai tentando di ripulire per consegnare a me e alle future generazioni un mondo migliore. So che da tanti anni non fai un bagno al mare – scrive Davide -, che anche per prendere un caffè devi fare mille giri, prendere tanti accorgimenti per proteggere i tuoi uomini e te stesso da chi del crimine ha fatto la sua scelta. Ho imparato che ad un posto di blocco devo essere cordiale con uomini e donne che stanno solo facendo il loro dovere e da grande vorrei fare il carabiniere oppure il poliziotto per poter fare anch’io la mia parte».

«La sera prima di dormire parlo con la mamma, penso al mio papà salito in cielo troppo presto, prego Dio per lui e gli chiedo di proteggere i tuoi passi. Di allontanare da te ogni pericolo e di consentirti ancora per lungo tempo di godere della nostra terra. Grazie per il futuro che stai disegnando per noi. Ti voglio bene, Davide».

Essere giovani vuol dire tenere aperto l’oblò della speranza, anche quando il mare è cattivo e il cielo si è stancato di essere azzurro!!!

Certuni… "si meritassuru a testa scippata"!!!

Ritengo che non vi sono più giustificazioni sul piano istituzionale, sociale e civile, di fronte alle continue attività giudiziarie e alle abituali inchieste da parte della magistratura e organi di polizia, su collusioni e corruzioni di pubblici funzionari, politici e imprenditori svenduti a quelle organizzazioni criminali…
Ciascuno di loro – con approcci e livelli di coinvolgimento diverso – si è prestato e ahimè continua ancora oggi a prestarsi a compiere tutta una serie di azioni illegali, pur di beneficiare di quei vantaggi personali e/o societari, a scapito di quella parte ancora onesta della collettività.
In quel calderone vi si ritrovano in molti, sono individui che hanno venduto la propria dignità per qualche euro da mettere in tasca, ricevuto solitamente all’interno di una bustarella.
Viceversa, la presenza di quelle associazioni criminali celate all’interno di molte imprese (la maggior parte di questa tra l’altro ben conosciute dalle Procure nazionali, ma incredibilmente ancora operanti nel mercato…) ha quale fine strategico quello di penetrare in maniera legale in tutte quelle attività imprenditoriali, che vanno dai pubblici esercizi alla gestione degli appalti.

Si tratta certamente di un metodologia migliorata ( in questi ultimi vent’anni) che si è dimostrata flessibile e che combina soggetti professionisti con individui dalle consistenti potenzialità finanziarie, determinando di fatto, un accrescimento sia della qualità teorica che della quantità economica.

Difatti, possiamo affermare di come si sia sviluppato negli anni, un patrimonio di conoscenze che ha portato a indirizzare al meglio il proprio “lavoro”, sia dal punto di vista territoriale, che a livello nazionale… di una continua spinta e capacità espansiva, nonostante – va detto – le dure sconfitte subite e il deciso contrasto compiuto da parte dello Stato!!!

Ma nonostante le batoste ricevute – che come si è visto, hanno provocato negli anni, periodi di ripiegamento, anche dal punto di vista sociale, tenendo conto dei cicli a volte intensi di ostilità e rifiuto compiuti dalle fasce più giovani del Paese – purtroppo, i meccanismi d’infezione, frutto di quelle collaudate debolezze morali di molti miei connazionali, ha determinato l’evolversi di un processo di colonizzazione o per meglio dire di conquista da parte di quelle organizzazioni illegali e mafiose, dissimulate ora all’interno di cosiddette società “regolari“, che attraverso i mezzi finanziari a loro disposizione, provano a impossessarsi di quel territorio su cui operano, promuovendo tra l’altro azioni d’accrescimento per quanto concerne il consenso sociale, incentivo adoperato al fine di mascherare il reale controllo monopolistico, ma soprattutto, la gestione di quella propria attività economica attraverso anche l’inserimento in società concorrenti, il tutto (ahimè) favorito da quegli apparati della politica corrotta e all’assoggettamento di collusi dirigenti e funzionari delle amministrazioni e/o dei servizi pubblici… 

Osservando quindi il potere attualmente in mano a quei soggetti, alle loro organizzazioni societarie, ai referenti celati (appartenenti alla criminalità organizzata), si comprende senza alcun dubbio quanto noi tutti siamo oggi come quel Davide dinnanzi all’imponente Golia e quindi per resistergli e sopravvivere, dobbiamo iniziare a pensare di combatterlo, salvando ciò che ancora resta della nostra libertà e dignità, ma soprattutto per quel po’ che resta dei valori di democrazia.

Ecco perché penso che vi è soltanto un modo per fare pulizia: sì…. bisognerebbe fare come nella foto in allegato: scippargli la testa a tutti!!!

Alice Grassi: "Manca la coscienza civile di denunciare il racket"!

Sono passati 27 anni da quando i sicari di cosa nostra, assassinarono l’imprenditore Libero Grassi…
Ed ora, per ricordare quel tristo giorno del 29 Agosto, durante la cerimonia commemorativa è stata spruzzata a terra una macchia rossa… per ricordare a tutti e non solo alla città di Palermo, che quella ferita è rimasta ancora aperta!!!
Sono presenti i familiari dell’imprenditore, i figli Alice e Davide, il nipote Alfredo ed anche l’ex presidente del Senato Piero Grasso, insieme al sindaco Leoluca Orlando, il prefetto Antonella De Miro e alcuni giovani dell’Associazione “Addiopizzo”.
Dice bene la figlia dell’imprenditore Alice: “L’omicidio di mio padre è una ferita ancora aperta sia per me che per una parte dei cittadini di questa città. Non so se lo è per tutti, visto come stanno le cose…”.
Ha perfettamente ragione a pronunciare queste parole, d’altronde perché continuare a prenderci in giro… 
A Palermo, come in tutte le realtà siciliane, nessuno si oppone al pagamento del pizzo e sono in molti, per dì non dire quasi tutti, quelli che continuano a pagare…
Non parliamo poi delle denunce… non ho alcuna voglia di mettermi a ridere, anche perché l’argomento è talmente tragico, che difficilmente si può pensare di sorridere…
La verità è che nessuno denuncia e non credo che il motivo sia da ricercare nella paura di ritorsioni, ma quanto accade va osservato in un contesto più ampio, e cioè in quel modo di essere siciliani… accodati come pecore e ripetendo quanto gli altri sommessamente compiono…
Ecco perché questi nuovi imprenditori pensano tutti in maniera eguale o per meglio dire “generalizzata”: “Se la regola dice di pagare, già… se tutti pagano, chi sono io per non pagare”???
Non è quindi quell’associazione criminale a far paura (quello stato emotivo di fronte ad un pericolo reale o paventato, potrebbe peraltro anche starci…), no… è proprio il desiderio inconscio di sottostare a quel ricatto, che li fa pagare!!!
D’altro canto, non bisogna dimenticare come parte di questi  nostri imprenditori, non sono certo così codardi o timorosi per come vorrebbero alcuni farci credere, anzi tutt’altro, non per nulla svolgono quella loro imprenditorialità in questa terra, ciò dimostra, che non sono dei soggetti così disposti a subire in maniera passiva eventuali intimidazioni da parte di terzi, in particolar modo, da presunti delinquenti… 
Non è quindi la paura a creare in loro timori, bensì è l’angoscia di sapere che la collettività li possa abbandonare… 
Il fatto stesso d’aver denunciato,  fa apparire quegli imprenditori (e non solo essi purtroppo… ) agli occhi della collettività, come soggetti da evitare, individui da relegare, da cui stare lontani, quasi fossero “infetti” (viceversa dovrebbero essere posti proprio a “modello”, in una società che manifesta quotidianamente un concetto molto basso della morale…), ed ecco quindi che si crea intorno ad essi, un vuoto…
E come se vi sia una forma di  barriera, non fisica e neppure tangibile, data ad esempio dalla presenza, dinnanzi alla propria attività, di individui affiliati alla criminalità organizzata, che fa sì d’allontanare l’eventuale clientela…
No… non c’è bisogno di nessun bestione dinnanzi a quei locali, perché sono le persone stesse, con quel loro modo di essere a mostrarsi reticenti ed omertosi…
A far sì che ciascuno in quel quartiere comprenda comr sia meglio evitare d’avere contatti con quell’imprenditore o quella attività…
Ciascuno di essi, ancor prima di subire sguardi aggressivi o di ricevere possibili atteggiamenti ostili, evita persino di passarci dinnanzi a quella strada, dimenticando altresì di come un tempo, in quello stesso locale, qualcuno… aveva dato loro sostegno, nel momento deli bisogno!!!
Ma si sa, la vita è così… e come dice quel detto: “Fai del bene e scordatelo, tanto se lo scorda pure chi lo riceve”!!! 
Ecco quindi che pian piano, quell’imprenditore perbene e quella sua attività, andrà a scomparire (nel termine “buono” della parola, senza alcun spargimento di sangue… ) e con essa, anche la propria famiglia…
Sì… alla fine, dovranno andarsene tutti: Al nord… all’estero, non ha alcuna rilevanza, l’importante è che se ne vadano presto via da quel luogo…
Per il resto tranquilli… quel posto “indegno”, verrà concesso ad un altro imprenditore (forse anche prestanome…) certamente più conciliante con quelle regole… 
Ecco perché condivido quanto dice la figlia Alice: “Le denunce, rispetto al fenomeno mafioso, sono poche”!!!
Quindi, pur comprendendo queste costanti “giornate della memoria“, non posso dimenticare la condizione di solitudine in cui è stato lasciato Libero Grassi, che descrive perfettamente quanto sopra riportato: “Abbandonato dai suoi colleghi, dalle istituzioni, dalla politica, ed anche dai suoi stessi concittadini”!!!
Perché in quella macchia rossa, realizzata oggi con lo spray, non ci sono soltanto i nomi e i cognomi di chi non lo ha protetto, ma tutti i nomi di coloro che possono oggi denunciare e non lo fanno, pur sapendo che le cose sono cambiate e che lo Stato è diverso e soprattutto più forte, rispetto a  trent’anni fa!!!
Concludo con una frase di Alice Grassi: “Palermo deve ancora dire davvero basta e deve recuperare un senso di comunità; mio padre – aggiunge – ha dato un esempio importante, se avesse anche insegnato qualcosa… oggi le denunce, sarebbero molte di più!”. 

Alice Grassi: "Manca la coscienza civile di denunciare il racket"!

Sono passati 27 anni da quando i sicari di cosa nostra, assassinarono l’imprenditore Libero Grassi…
Ed ora, per ricordare quel tristo giorno del 29 Agosto, durante la cerimonia commemorativa è stata spruzzata a terra una macchia rossa… per ricordare a tutti e non solo alla città di Palermo, che quella ferita è rimasta ancora aperta!!!
Sono presenti i familiari dell’imprenditore, i figli Alice e Davide, il nipote Alfredo ed anche l’ex presidente del Senato Piero Grasso, insieme al sindaco Leoluca Orlando, il prefetto Antonella De Miro e alcuni giovani dell’Associazione “Addiopizzo”.
Dice bene la figlia dell’imprenditore Alice: “L’omicidio di mio padre è una ferita ancora aperta sia per me che per una parte dei cittadini di questa città. Non so se lo è per tutti, visto come stanno le cose…”.
Ha perfettamente ragione a pronunciare queste parole, d’altronde perché continuare a prenderci in giro… 
A Palermo, come in tutte le realtà siciliane, nessuno si oppone al pagamento del pizzo e sono in molti, per dì non dire quasi tutti, quelli che continuano a pagare…
Non parliamo poi delle denunce… non ho alcuna voglia di mettermi a ridere, anche perché l’argomento è talmente tragico, che difficilmente si può pensare di sorridere…
La verità è che nessuno denuncia e non credo che il motivo sia da ricercare nella paura di ritorsioni, ma quanto accade va osservato in un contesto più ampio, e cioè in quel modo di essere siciliani… accodati come pecore e ripetendo quanto gli altri sommessamente compiono…
Ecco perché questi nuovi imprenditori pensano tutti in maniera eguale o per meglio dire “generalizzata”: “Se la regola dice di pagare, già… se tutti pagano, chi sono io per non pagare”???
Non è quindi quell’associazione criminale a far paura (quello stato emotivo di fronte ad un pericolo reale o paventato, potrebbe peraltro anche starci…), no… è proprio il desiderio inconscio di sottostare a quel ricatto, che li fa pagare!!!
D’altro canto, non bisogna dimenticare come parte di questi  nostri imprenditori, non sono certo così codardi o timorosi per come vorrebbero alcuni farci credere, anzi tutt’altro, non per nulla svolgono quella loro imprenditorialità in questa terra, ciò dimostra, che non sono dei soggetti così disposti a subire in maniera passiva eventuali intimidazioni da parte di terzi, in particolar modo, da presunti delinquenti… 
Non è quindi la paura a creare in loro timori, bensì è l’angoscia di sapere che la collettività li possa abbandonare… 
Il fatto stesso d’aver denunciato,  fa apparire quegli imprenditori (e non solo essi purtroppo… ) agli occhi della collettività, come soggetti da evitare, individui da relegare, da cui stare lontani, quasi fossero “infetti” (viceversa dovrebbero essere posti proprio a “modello”, in una società che manifesta quotidianamente un concetto molto basso della morale…), ed ecco quindi che si crea intorno ad essi, un vuoto…
E come se vi sia una forma di  barriera, non fisica e neppure tangibile, data ad esempio dalla presenza, dinnanzi alla propria attività, di individui affiliati alla criminalità organizzata, che fa sì d’allontanare l’eventuale clientela…
No… non c’è bisogno di nessun bestione dinnanzi a quei locali, perché sono le persone stesse, con quel loro modo di essere a mostrarsi reticenti ed omertosi…
A far sì che ciascuno in quel quartiere comprenda comr sia meglio evitare d’avere contatti con quell’imprenditore o quella attività…
Ciascuno di essi, ancor prima di subire sguardi aggressivi o di ricevere possibili atteggiamenti ostili, evita persino di passarci dinnanzi a quella strada, dimenticando altresì di come un tempo, in quello stesso locale, qualcuno… aveva dato loro sostegno, nel momento deli bisogno!!!
Ma si sa, la vita è così… e come dice quel detto: “Fai del bene e scordatelo, tanto se lo scorda pure chi lo riceve”!!! 
Ecco quindi che pian piano, quell’imprenditore perbene e quella sua attività, andrà a scomparire (nel termine “buono” della parola, senza alcun spargimento di sangue… ) e con essa, anche la propria famiglia…
Sì… alla fine, dovranno andarsene tutti: Al nord… all’estero, non ha alcuna rilevanza, l’importante è che se ne vadano presto via da quel luogo…
Per il resto tranquilli… quel posto “indegno”, verrà concesso ad un altro imprenditore (forse anche prestanome…) certamente più conciliante con quelle regole… 
Ecco perché condivido quanto dice la figlia Alice: “Le denunce, rispetto al fenomeno mafioso, sono poche”!!!
Quindi, pur comprendendo queste costanti “giornate della memoria“, non posso dimenticare la condizione di solitudine in cui è stato lasciato Libero Grassi, che descrive perfettamente quanto sopra riportato: “Abbandonato dai suoi colleghi, dalle istituzioni, dalla politica, ed anche dai suoi stessi concittadini”!!!
Perché in quella macchia rossa, realizzata oggi con lo spray, non ci sono soltanto i nomi e i cognomi di chi non lo ha protetto, ma tutti i nomi di coloro che possono oggi denunciare e non lo fanno, pur sapendo che le cose sono cambiate e che lo Stato è diverso e soprattutto più forte, rispetto a  trent’anni fa!!!
Concludo con una frase di Alice Grassi: “Palermo deve ancora dire davvero basta e deve recuperare un senso di comunità; mio padre – aggiunge – ha dato un esempio importante, se avesse anche insegnato qualcosa… oggi le denunce, sarebbero molte di più!”. 

Catania: Chjiù scuru i' menzannotti nun po’ fare…

Come si dice a Catania: più buio della mezza notte non può venire… e cioè che, se la notte è buia e la mezzanotte rappresenta per eccellenza il buio pesto… che si può far di più??? 
Questo detto viene quasi sempre enunciato quando, insicuri dell’esito di un’azione…, si mette in conto quale risultato finale – proprio con la speranza di voler evitare, eventuali spiacevoli sorprese – che si possa purtroppo concretizzare sin da subito, una situazione sfavorevole e negativa…
Chissà se proprio il neo-regista catanese Sebastiano Riso, in questo suo esordio non abbia voluto riproporre nella storia appena presentata a Cannes, il motivo più intrinseco del concetto: più buio di mezzanotte!!!
La storia rappresenta il passaggio, del disagio interiore di un ragazzo di 14 anni, che pian piano si allontana dalla propria famiglia per legarsi ad una nuova esterna, realizzata quest’ultima, attraverso nuove amicizie e conoscenza di coetanei anch’essi omosessuali, in una Catania dei primi anni 80′.
Le divergenze a casa, in particolare con il padre che non sa accettare questo aspetto femmineo del figlio crea forti contrasti ed incomprensioni…
La stessa madre, succube del marito soccombe, reprimendo quell’amore immenso per il proprio figlio, restando immobile per non essere sottoposta ai dissidi familiari, in particolare la furia cieca del marito…
Un passaggio obbligato quello dell’adolescenza, che attraverso la scoperta dell’omosessualità, evidenzia i sintomi di un problema emotivo irrisolto, classica relazione costituita solitamente da un un padre distante, distaccato e critico e da un ragazzo costituzionalmente sensibile, introspettivo e dai modi raffinati, che viene esposto ai rischi di carenza, sulla propria identità sessuale.
Nel film, escono fuori così tutte quelle controversie intime, rappresentate da una arretratezza culturale, che in quel particolare periodo erano ovunque presenti…
Una terra questa che è ostile a ciò che è diverso, chiusura mentale per ciò che non si conosce, immobilismo che tende sempre verso la conservazione, un’odio sociale per ciò che non si conosce e che si preferisce evitare…
Decade il dialogo, le giornate si riempiono di silenzi, la stessa madre che – nella vita vera è diventata ipovedente – diventa una metafora dell’incapacità di vedere cosa accadeva al proprio figlio…
La storia è ispirata alla vita di Davide Cordova in arte Fuxia; era uno degli animatori del club romano Muccassassina, che nel film si ritaglia una parte nelle vesti di drag queen e che proprio del regista ne era coinquilino…
Sono altrettanto vere, le cure ormonali ai quali il padre ha sottoposto per anni il figlio, convinto che la sua fosse una malattia, come è vera la fuga da casa in cerca di rifugio nella comunità di emarginati che pernottava alla Villa Bellini… 
E’ tutto buio intorno a lui, tutti gli avvenimenti vengono vissuti superficialmente e la tragedia nella quale si colloca diventa ininfluente ad occhi estranei, anzi ognuno di essi tenta di evitare qualsivoglia contatto e/o contagio, per evitare di restare coinvolti…
Un dramma, a cui il sistema non è preparato, in particolare come dicevo sopra, in meridione dove non è possibile accettare un figlio maschio come fosse una femmina!!!
Una città Catania, dove gli uomini “si’ sentunu masculi…” ma che poi – e lo si vede dall’alta concentrazione di prostituzione, che ogni sera è presente nelle ns. strade – di nascosto preferiscono pagare per andare a puttane…
Un bisogno primario che serve loro principalmente per nascondere quella reale ed inadeguata capacità di soddisfare anche la propria compagnia… ( che poi difatti, trova certamente, colui che la soddisfa…) ed anche perché tra questi, convinti “amatori” c’è ne sono tanti che sono “ambigui” e cioè che osteggiano comportamenti tali da nascondere la loro reale collocazione, quella cioè, di preferire i rapporti omosessuali…
Oggi se pur la città, in particolare il centro storico di notte, sembra essere tornato ad una nuova vita, grazie in particolare alla famosa Movida, che mette in risalto la libertà sfrenata di tanti giovani, ecco che però di contrasto, molto bisogna ancora fare, visti i continui maltrattamenti e ancor più grave i suicidi, cui molti ragazzi omosessuali a causa di forti depressioni purtroppo giungono….
E’ stato emozionante vedere a Cannes, accompagnare il film dal vero Davide, che oggi a 46 anni ed è tornato nella sua Sicilia e che ha tenuto a dire: Sono fiducioso che vedendo questo film altri genitori riescano a comprendere che a prescindere da ogni diversità un figlio va amato e coccolato. L’amore è quello che ci dà la forza di andare avanti…