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Firme, timbri e negligenze: l’altra faccia della gestione dei trasporti.

Stasera dovevo regalarvi la continuazione del post di ieri, con quel racconto particolare su ciò che accade in alcuni comuni etnei, tra suddivisioni di posti tra familiari, parenti e amici…
Purtroppo, non posso mantenere la promessa. E no, non posso spiegarvi il motivo. So che sembra strano, ma alcune storie, a volte, devono aspettare.

Fidatevi: se potessi parlare, lo farei. Purtroppo per il il momento debbo chiedervi di pazientare…

Ed allora stasera, continuo con quanto avevo a suo tempo iniziato…

Sì… so bene che avrei dovuto iniziare questo post con la frase “La fragile illusione del controllo: storie di documenti dimenticati”.

Infatti, dopo aver scritto il post https://nicolacostanzo.com/2025/07/29/se-il-direttore-dei-trasporti-ce-solo-sulla-carta-chi-risponde-davvero/ c’è una domanda che molti miei lettori mi hanno posto, con tono quasi ansioso: quali sono i documenti che un direttore dei trasporti dovrebbe davvero gestire? La risposta, teoricamente, è semplice. Basterebbe aprire un manuale, sfogliare una normativa, e l’elenco sarebbe lì, chiaro e inoppugnabile. Ma tra il dovrebbe e il fare, c’è un abisso che pochi hanno il coraggio di ammettere.

Prendiamo i documenti, quelli che dovrebbero essere il pane quotidiano di chi ricopre questo ruolo. Il registro di controllo dei veicoli, i fogli di viaggio, il monitoraggio delle ore di guida. Carta su carta, firme che a volte sembrano più un automatismo che una reale verifica.

Quanti di questi documenti vengono compilati per dovere, anziché per reale necessità? Quante checklist sono solo un segno di penna frettoloso, anziché l’esito di un controllo attento? La risposta, purtroppo, la conoscono bene quelli che poi, sul campo, si scontrano con le conseguenze di questa superficialità.

E poi arrivano i documenti settimanali, mensili, quelli che richiedono un minimo di pianificazione. La turnazione degli autisti, il report dei consumi, lo stato delle manutenzioni. Sembrano compiti banali, quasi meccanici. Eppure, quante volte vengono archiviati come semplici adempimenti, anziché essere usati per quello che sono: strumenti per evitare guai ben più grossi? Un direttore dei trasporti che si limita a timbrare carte, senza mai analizzare quei dati, è come un capitano che guarda la bussola ma ignora la rotta.

Passiamo ai documenti annuali, quelli che richiedono una visione più ampia. Le revisioni, gli audit, i piani di miglioramento. Qui la faccenda si fa ancora più delicata, perché se il quotidiano è già gestito con approssimazione, figuriamoci il resto.

Quante aziende hanno un manuale di qualità che esiste solo nello scaffale di un ufficio, mai sfogliato? Quanti audit sono semplici formalità, con checklist compilate a memoria anziché con attenzione? La verità è che, in troppi casi, la certificazione è solo un pezzo di carta da esibire, non una garanzia reale.

Eppure, basterebbe poco. Un sistema documentale strutturato, procedure chiare, controlli che siano veri controlli, non mere ritualità. Ma questo richiederebbe tempo, risorse, e soprattutto la volontà di fare le cose come si deve. Invece, troppo spesso, tutto si riduce a un gioco di apparenze. Si compila, si archivia, si firma, e si spera che nessuno vada a guardare troppo da vicino.

Alla fine, la domanda è sempre la stessa: serve davvero un direttore dei trasporti, se il suo ruolo si riduce a una firma? O sarebbe meglio ammettere che, senza un reale processo di qualità, quell’incarico è solo un nome vuoto?

I documenti ci sono, le norme pure, quello che manca, troppo spesso, è la serietà di chi dovrebbe farle rispettare. E il problema, purtroppo, non è nella carta. È in chi quella carta la tratta come un fastidio, anziché come uno strumento per evitare disastri!

Sono 6 i Comuni in Sicilia sciolti per mafia!!! Ah… soltanto sei???

Ho scritto alcuni mesi or sono che se si fossero intraprpese tutte quelle necessarie verifiche da parte del governo nazionale in carica, si sarebbe potuto scoprire come, non solo nella mia terra – parlo della meravigliosa Sicilia – erano presenti comuni a rischio di infiltrazione criminale, ma tutta l’Italia ne era piena, in particolare quelle regioni in cui il giro del denaro e di conseguenza il business economico/finanziario risulta essere più elevato…

Ed ora finalmente, dopo che parzialmente quei controlli sono stati effettuati, parliamo ancora di numeri certamente esigua, sono 25 i Comuni sciolti per mafia e precisamente: 8 in Calabria, 6 – come dicevo – in Sicilia, 5 in Campania, 4 in Puglia e 2 nel Lazio. 

A dichiararlo presso la commissione Antimafia è stato il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, che ha aggiunto come nel corso degli anni, la misura preventiva è stata applicata non solo nelle regioni meridionali, ma anche in alcune settentrionali e del centro, a conferma della capacità infiltrativa della criminalità organizzata in aree geografiche diverse da quelle di tradizionale ingerenza…

Sono certo che ancora molto si deve fare, tra l’altro vi sono realta nel nord italia ed anche al centro che meriterebbero un maggior controllo, ma forse – a causa di particolari ingerenze politiche – le indagini su quei comuni sono stati per il momento rimanadati, chissà forse qualcuno avrà chiesto a quegli organi di polizia di chiudere un occhio o quantomeno di prorogare le opportune verifiche… 

D’altronde non bisogna scandalizzarsi, stiamo parlando del nostro Paese, dove sono più le circostanze ambigue che vengono quotidianamente compiute e non certo l’applicazione delle regole di diritto, che come osserviamo, vengono palesemente violate da tutti, in particolare proprio da chi ci governa…

Ah dimenticavo… alla lista di cui sopra, oltre a mancare i nominativi di quei comuni che a breve andranno a sommarsi, mancano anche i nomi di talune Aziende ospedaliere già sciolte per mafia!!!

L'ex boss "fantasma" e deceduto…

Luigi Ciotti: “La sua morte non cancella responsabilità‘”. Con sè porta segreti, tesori nascosti, verità mai rivelate…

Matteo Messina Denaro è morto poco prima delle 2, nella nottata tra domenica 24 e lunedì 25 settembre all’ospedale dell’Aquila. Era stato arrestato il 16 gennaio 2023 ,dopo trent’anni di latitanza. Era considerato uno degli eredi dei corleonesi, l’ala dura di Cosa nostra che prese il sopravvento nella guerra di mafia degli anni Ottanta e che lanciò la sfida allo Stato con la strategia stragista del 1992 e 1993, ma  Matteo Messina Denaro, sconfitto nella notte da un tumore al colon, aveva poco in comune con lo stile di vita di Totò Riina e Bernardo Provenzano, se non gli ergastoli e la ferocia assassina. Nel supercarcere de L’Aquila, dove è stato interrogato più volte dal procuratore di Palermo Maurizio De Lucia e dall’aggiunto Paolo Guido, ha ricordato che se non fosse stato per il tumore al colon non sarebbe stato catturato ma soprattutto ha sempre ribadito “con voi parlo, ma non collaborerò mai”. Il boss 61enne nel 2020 era stato colpito dal cancro al colon: la malattia lo aveva costretto a prendere dei rischi rispetto a una latitanza perfetta durata quasi trent’anni.. Il boss di Castelvetrano ha rifiutato cerimonie religiose e sarà sepolto nella tomba di famiglia dove già riposa il padre, morto da latitante.

“Oggi che lui se n’è andato, di fronte alla morte ciascuno si ferma, ma la morte non può’ cancellare le responsabilità di quella violenza, di quei crimini, di quelle centinaia di persone che sono state spazzate via”.

La mafia e la corruzione costituiscono emergenze serie e sempre attuali, in Italia. I cittadini ne sono consapevoli (come emerge dalla Terza edizione della ricerca di Libera curata da Demos sulla percezione dei cittadini della corruzione e delle mafie)

Nonostante l’arresto di Matteo Messina Denaro, gli italiani, pur riconoscendo l’importanza di tale passaggio, non lo ritengono “decisivo” nella lotta alle mafie: l’80% degli intervistati pensa, infatti, che “la mafia in Italia è forte come prima“. Difatti, solo il 12% pensa che “l’arresto del boss abbia indebolito il sistema mafioso”.

Le parole di Don Ciotti dopo il suo arresto: “La sua latitanza ne nasconde altre“!!!

Le mafie non sono riducibili ai loro “capi”, non lo sono mai state e oggi lo sono ancora di meno, essendosi sviluppate in organizzazioni reticolari in grado di sopperire alla singola mancanza attraverso la forza del sistema. Sviluppo di cui proprio Matteo Messina Denaro è stato promotore e protagonista, traghettando Cosa Nostra dal modello militare e “stragista” di Riina a quello attuale, imprenditoriale e tecnologico capace di dominare attraverso la corruzione e il “cyber crime” riducendo al minimo l’uso delle armi. La sua latitanza è stata accompagnata anche dalla latitanza della politica indirettamente complice di quella di Messina Denaro: la mancata costruzione, in Italia come nel mondo, di un modello sociale e economico fondato sui diritti fondamentali – la casa, il lavoro, la scuola, l’assistenza sanitaria – modello antitetico a quello predatorio che produce ingiustizie, disuguaglianze e vuoti di democrazia che sono per le mafie di tutto il mondo occasioni di profitto e di potere. 

La lotta alla mafia non si arresta con la morte di Matteo Messina Denaro perché l’ultima mafia è sempre la penultima, perché il codice genetico della mafia affida alla sua creatura un imperativo primario: quello di sopravvivere. Ce n’è un’altra infatti che cova, ha sempre covato. Nei cambiamenti storici che sono avvenuti, ci sono sempre delle ceneri che ardono sotto. 

Il denaro non è stato soltanto una parte del suo cognome, ma uno strumento del suo potere invisibile e intatto. 

Libera e Lavialibera, la rivista dell’associazione, hanno provato a fare i conti in tasca a Matteo Messina Denaro che ha basato la sua leadership non soltanto sulla violenza, ma soprattutto sui soldi e sui rapporti con politica e massoneria, un tesoro stimato al 2020 ad oltre 4 miliardi di euro in una provincia, quella di Trapani, dove la media dei redditi pro capite è tra le più basse d’Italia. Parliamo di aziende, conti correnti, beni mobili e immobili sequestrati e confiscati in seguito alle attività investigative grazie a prestanomi, gregari, imprenditori, persone a vario titolo riconducibili all’ex boss…

Nel portafoglio della “società” di MMD il settore più “redditizio” sono stati gli impianti eolici, circa 1,5 miliardi sequestrati, altri 1,5 miliardi per i villaggi vacanze e i 700 milioni confiscati nel 2013 nella grande distribuzione, 500 milioni contabilizzati nel settore dell’edilizia e costruzione. Altri 4 miliardi di euro rappresentano parte del suo ingente capitale economico cresciuto anno dopo anno, grazie alla sua rete di fiancheggiatori fidati e soprattutto alla rete di protezione di gente che conta nel mondo della politica e della massoneria. Un capitale conosciuto che rappresenta solo un minima parte di quello “occulto” nascosto in libri contabili e investimenti in giro per Italia e all’estero grazie alla complessa e articolata catena di figure che in questi anni gli hanno consentito di gestire investimenti e operazioni di riciclaggio, individuando sempre nuovi settori economici nei quali muoversi.

Perché Berlusconi evita la Sicilia…


Ho letto ieri che il Cavaliere non sarà a Catania per sostenere il suo candidato: Nello Musumeci.

Una notizia quest’ultima… che d’altronde non mi sorprende minimamente!!!
Se guardate i post scritti in questi anni su questo signore… scoprirete come egli, si sia sempre tenuto alla larga dall’isola per non pestare i piedi ai suoi uomini/donne (Miccichè, Prestigiacomo…) ed anche a quegli alleati con cui da sempre è stato legato (vedasi Alfano, Schifani ed anche lo stesso Cuffaro…).
Però, la circostanza di andare a Palermo e non a Catania, fa ovviamente riflettere e forse il motivo va ricercato verso situazioni che poco centrano con la mia città, poiché vanno ricollocate in quel contesto “gattopardiano” a cui da sempre il Cavaliere ha fatto riferimento…

Tutti per altro sanno che a Palermo c’è chi comanda… e sono proprio quegli uomini politici di riferimento, che rappresentano ancora oggi quell’élite che conta a livello sociale e soprattutto perché raccoglie voti… 

Inoltre ciò che interessa ad egli principalmente e che i consensi vadano confluiti verso il suo partito e non verso altre liste, affinché “Forza Italia” possa contare maggiormente…
D’altronde più voti permetteranno più seggi, con i quali poter barattare le proprie richieste, in particolare, ai governi regionali e nazionale…
L’importante è avere quei propri uomini seduti lì, in quelle poltrone, affinché possano in ogni momento, salvaguardare le imprese di famiglia…
Ed allora…  ecco definirsi la reale motivazione che spinge il cavaliere a non venire a Catania… 

Poiché la sua presenza, favorirebbe ancor più la lista del candidato presidente #diventeràbellissima, data già vincente nella provincia di Catania…

Va aggiunto inoltre che proprio il delfino del cavaliere, Gianfranco Miccichè, non vede di buon occhio l’ascesa che sta avendo nell’isola il candidato scelto del centrodestra, sia perché non è stato lui ad averlo scelto… ma per non aver ancor digerito l’imposizione della coalizione…
Ma ciò che teme maggiormente è quell’indipendenza morale finora dimostrata, l’esasperazione del concetto di legalità espresso anche in questi giorni, con quelle liste pulite!!!
Il rischio è di avere un governatore, che appena eletto, stravolga i patti precostituiti… 
Sono in molti a temere quella sua indole di persona perbene e onesta, anzi per dirla tutta o meglio per dirla con le parole del senatore Bruno Alicata da fastidio: “quel atteggiamento di finta e spocchiosa superiorità morale… preso dal delirio giustizialista”…
Sono in molti infatti ad avere gongolato in questi giorni, per la notizia riportata sui problemi giudiziari di quel candidato inserito nella lista del presidente Musumeci: “Allora non siamo soltanto noi quelli brutti, sporchi e cattivi”, ha commentato proprio uno dei componenti del partito del cavaliere… 
D’altronde lo stesso Cuffaro, si era definito “il peggiore nemico” del candidato presidente dichiarando: “Sono molto diverso da Musumeci per storia politica, culturale e personale. Ma gli auguro di fare almeno un terzo delle cose buone che ho fatto io da presidente della Regione”…
Mi auguro che alla fine tutto questo tumulto si concretizzi con la vittoria di due soggetti: Cancelleri o Musumeci…
Ma chissà perché… mentre del candidato Grillino mi attendo una probabile rivoluzione, di contro, dal candidato presidente Musumeci ho la convinzione che saprà effettuare un profondo solco… tra ciò che si ci aspetta e ciò che di contro egli saprà fare: vedrete a cose fatte… saranno in molti di quei suoi colleghi di coalizione a restare delusi!!!

Cos'è più pericoloso? Un dipendente infedele o uno distratto…???

Scegliere bene i propri dipendenti è per un imprenditore uno dei fattori più importanti…
Infatti, avere alle proprie dipendenze, personale non solo professionalmente valido, ma soprattutto capace di garantire quella disponibilità degli orari, prestando altresì la propria opera al di fuori della sede operativa è di per se uno dei fattori fondamentali che incide in quella scelta…
Se poi oltre a quanto sopra, si potrà beneficiare d’ulteriori sue abilità, quali per esempio il possesso di attestazioni formative o di  requisiti certificati, della conoscenza delle lingue o della capacità di interconnessione al web con la capacità d’uso di software diversi da quelli esclusivamente attinenti la professione ricercata, ciò fa sì che s’indirizzi nel migliore dei modi quella eventuale ricerca…
Ma ciò che maggiormente (o forse più di tutte…) dovrebbe far si che la scelta ricada proprio verso quel particolare candidato è certamente la prova concreta che egli possieda un vero e proprio carisma, legato alla propria personalità… da non confondersi con istintivi atteggiamenti istrionici di prevaricazioni, che hanno quasi sempre la premessa di voler ostentare quella propria “sapienza” (il più delle volte inadeguata…), esprimendola anche quando non richiesta, esclusivamente per voler primeggiare (a scapito poi degli altri…)!!!
Bensì si tratta di saper scegliere quegli individui che sanno unire gli aspetti biologici del proprio temperamento, a quelli psichici del carattere, soggetti capaci di creare modelli comportamentali utili e necessari ai fini dell’organizzazione, per stabilire quali regole saranno in grado di modificare l’ambiente in cui dovrà prestare la propria opera…    
Il problema però è che nel nostro paese… si punta principalmente ad avere un altro tipo di dipendente…
Sì, quello che va per la maggiore (in particolare proprio qui da noi in Sicilia…) è il modello “sottomesso” (che nulla centra con l’essere fedele… anzi tutt’altro), quello cioè che fa sempre quanto gli si ordina… senza domandarsi se ciò che gli è stato ordinato sia giusto o sbagliato… (questo soggetto, è infinitamente peggiore rispetto a quei cosiddetti “soldati” di ben note associazioni criminali… perché dimostra d’essere ancor più debole di quei “affiliati” che,  scoperti e catturati, si pentono come “femminucce” diventano così “collaboratori di giustizia”…).
Sono proprio come quei bambini che non hanno mai il coraggio di scegliere e stanno lì… dietro i loro compagni, osservare in silenzio quanto accade, non si espongono e poi come cagnolini, saltano sul carro dei vincitori… che poi è quasi sempre quello del più forte.
Per fortuna però a questi “nati sottomessi“, ci si contrappone un’altra serie di soggetti “indipendenti“, che ragionano con la propria testa e che operano affinché si trovi sempre la migliore soluzione ai problemi emersi, decidendo il più delle volte, in modo diverso e contrario, a quanto loro imposto!!!
Ma quest’ultimi sono così… incondizionati… ed è per questo loro modo d’essere “ribelli”, se pur leali, precisi e corretti, che vengono definiti “infedeli”…
Una strana valutazione (del tutto nostra, regionale…) quella di voler applicare una diversa valutazione di giudizio a chi meriterebbe altra valutazione…
E tutto l’opposto di quanto avviene in altri paesi europei… dove proprio una recente indagine condotta su molte aziende del Regno Unito, ha dimostrato come il rischio rappresentato dai dipendenti “negligenti” è assai se non più grave, al rischio legati ad una loro infedeltà…
Lo studio ha dimostrato come il 57% delle aziende inglesi hanno subito danni a causa proprio della negligenza o per situazioni e azioni errate, da parte proprio di dipendenti “distratti” o che non hanno avuto il coraggio di manifestare, in quei precisi momenti, le proprie perplessità…
In particolare ciò che è stato maggiormente evidenziato, è che quanto accaduto è principalmente avvenuto in quelle aziende che avevano poco investito in “sensibilizzazione” dei dipendenti!!!
La mancanza quindi di un’adeguata formazione delle procedure da adottarsi, l’intuire o il prevedere eventuali iniziative correttive a seguito anche di arbitrarie decisioni da prendere lì sull’istante, è essenziale affinché non si commettano errori.
In quella loro inadeguatezza morale, si dimostra come il non aver compiuto le scelte giuste  ecco, in quel minimo lasso di tempo in cui non si sono intrapresi provvedimenti, si è venuta a creare quel giusto presupposto di violazione o danno, che preso in tempo, sarebbe risultato di modesta entità, ma che successivamente assume proporzioni drammatiche!!!
Per l’ennesima volta, l’inerzia si è dimostrata più negativa della stessa efficienza!!!
Nel voler ricercare ad ogni costo la salvaguardia della propria immagine o del proprio posto di lavoro, nel non aver saputo proporre o decidere, si è accettato di operare in modo negligente… Chissà forse il tempo non sarà in grado di far emergere quei comportamenti sleali compiuti… come probabilmente non ci si dovrà giustificare dinnanzi a qualcuno per quanto commesso… ma sono certo comunque che alla fine, prima o poi, con la propria coscienza… ci si dovrà confrontare!!!
E’ solo una questione di tempo…

I numeri delle aziende confiscate…

Quanto accaduto nel tribunale di Palermo, ha riproposto all’attenzione pubblica il tema della gestione delle aziende e delle attività d’impresa sottratte alle mafie…
I dati dell’Agenzia (2012) dicono che delle 1708 aziende confiscate in Italia, 497 sono uscite dalla gestione in quanto cancellate dal registro delle imprese e/o liquidate, mentre le restanti 1211 sono ancora sotto gestione amministrata…
Si legge che per 14 di esse la confisca è stata revocata, mentre per altri 45 casi si è proceduto alla vendita a soggetti privati, le restanti 393 sono ancora da destinare, mentre 342 sono state destinate alla liquidazione, 198 hanno un fallimento aperto durante la fase giudiziaria, per 189 è stata richiesta la cancellazione dal registro delle imprese e/o dall’anagrafe tributaria.
La gestione infine delle restanti 30 aziende è stata sospesa per pendenza di procedimenti penali e di cui, per 5 di queste, la sospensione è stata causata da varie criticità…
I numeri dicono inoltre che, di queste 1708 aziende confiscate, 623 erano in Sicilia, 347 in Campania, 223 in Lombardia, 161 in Calabria, 140 nel Lazio e 131 in Puglia, e per finire le restanti 83 escluse successivamente dai procedimenti giudiziari… ma ciò che emerge è che quasi tutte queste società sono registrate nel centro-sud…
I dati dicono inoltre che le imprese sono così suddivise… 477 nelle costruzioni, 471 nel commercio, 173 nel settore ristorazione e alberghiero, seguono le attività finanziarie, immobiliari, servizi, informatica, trasporti, manifatturiere, sanità ed anche servizi sociali…
Poi ci sono quelle a destinazione agricola, turistica, pesca e allevamento… ed in questi ultimi anni, non sono mancate nemmeno le confische legate alla produzione e distribuzione di energia elettrica, acqua e gas, tra cui impianti fotovoltaici, parchi eolici, termovalorizzatori, ecc…
Infine, quasi tutte le società sono seguite da una dicitura camerale, S.r.l. o individuale, pochissime quelle società in accomandita semplice o in in nome collettivo e ancor meno quelle in S.p.a.
Quelli di sopra sono i reali numeri, quante poi di quelle società ancora in vita, avranno la fortuna di sopravvivere, ecco… quello è un’altro discorso… ma di cui si sa avere ad oggi, altrettanti numeri certi… ed i risultati sono purtroppo al di sotto delle aspettative…
Difatti, in questi anni, il 90% delle imprese confiscate ha chiuso i battenti e non senza vittime…!!!
A cominciare dai dipendenti, costretti a fare i conti con i problemi legati alla fase di sequestro, che fa in modo di creare sin dall’inizio, quella contrapposizione tra Stato e vecchia proprietà…
Seguono poi le lungaggini della giustizia con rimpalli di competenze, che hanno come effetto quello di durare anni, lasciando che vadano a perdersi i contratti in corso ed in disuso, le strutture, impianti, macchinari, attrezzature varie…
Si crea un vero e proprio muro tra le opposte parti… che conduce quasi sempre, alla liquidazione della società!!!

Un meccanismo che si ripercuote nei giudizi della gente comune, che inizia ad avere nelle istituzioni, una vera e propria sfiducia, che porta in molti a rimpiangere quelle vecchie gestioni… ancora oggi sono in molti a ricordare i famosi quattro “Cavalieri del lavoro” di Catania, ripetendo che “quanto meno, lo stipendio a fine mese lo garantivano“…
Perché se lo Stato, non è capace di dare risposte certe, in particolare sulla garanzia occupazionale, ecco che diventa difficile in un periodo di crisi come questo, indirizzare i propri concittadini, verso regole e principi di legalità, che di fatto hanno quale obbiettivo, non solo quello di contrastare i ben noti meccanismi collusivi, ma soprattutto, quello di realizzare definitivamente, quel cambiamento morale, tanto augurato…

Italiani… ribellatevi!!!

RIBELLATEVI!!! Ecco con quale proclama il ns. ex Presidente del Consiglio, si presenta a noi Italiani…

Ma infatti è proprio quello che stiamo facendo… e cioè, ci stiamo ribellando alla sua presenza!!!
E’ l’inizio di quanto già accaduto ad un suo caro amico, Bettino Craxi, solo che Lui a quel tempo l’ha capito ed ha preferito scappare in Tunisia, prima di dover scontare i suoi ultimi giorni dietro qualche sbarra, Lei invece è come tutti quei dittatori, che fino alla fine tentano di salvare il proprio potere, senza voler capire che ormai il tempo dei proclami è scemato…
Se spera, attraverso questi proclami fatti dalle sue televisioni private, di voler intimidire qualcuno, ecco, penso che Lei sta percorrendo l’ennesima strada errata, ormai sono in pochi quelli che vorranno ancora seguirla!!!

L’eversione con i quali ha voluto inviare i suoi messaggi, sono degni propriamente del suo costruito personaggio, che ormai, trovano appoggi soltanto in quanti l’hanno finora ( dietro le quinte e per motivi strettamente finanziari…) appoggiato…

Se in Italia le leggi fossero chiare e non si godrebbero di tutte quelle opportunità usate dagli avvocati, a cominciare dai, ricorsi in appello, dal rivolgersi alla Corte Europea, dalla somma più o meno di prescrizioni, da quel legittimo impedimento creato ad hoc, da tutte quelle giustificate motivazioni e/o assenze, che grazie a certificati medici, producono quei ritardi necessari, ampliati anche, dal numero esiguo di personale nei Tribunali sommati al numero consitente di procedimenti a cui i giudici debbono dedicarsi…
Ed è per questi sopracitati motivi, che i ns. processi hanno tempi lunghissimi, mentre si potrebbero completare diversamente in tempi celeri, in modo che, le eventuali condanne verrebbero subito disposte… 
Da noi invece tutto è fatto perché si abbiano con tempi lunghissimi, decenni e soprattutto grazie ad Avv. di primissimo ordine, anche tutta una vita!!! 
Decadenza… una parola che il Cav. non vuole neppure sentire…, ma vederlo l’altra sera, mi ha dato un profondo senso di decadenza… e debbo aggiungere, che in cuor mio, mi sono pure preoccupato per quella condizione…, si certamente come sempre combattiva, ma ormai palesemente invecchiata, riproponendosi con le solite frasi fatte ( che ormai sentiamo da un ventennio), contro la magistratura, quel continuare a scagliarsi contro la mala-politica, di cui proprio lui ne è stato il primo artefice…
Ieri sera, mia moglie mi rimproverava che negli anni passati, io fossi stato un suo grande estimatore… è vero…, già la verità non può nascondersi, ma si ricorda quali preghiere c’insegnavano da piccoli: mi pento e mi dolgo con tutto il mio cuore.. ecc…ecc…
Ecco vede, sono quelli come me che l’hanno abbandonata…
Gente che senza mai essere stati iscritta al suo partito, per anni l’hanno votata… e non le hanno mai chiesto nulla, ne a lei e neanche ai suoi cari… ominicchi di partito!!!
Questa era la gente, che sperava in un cambiamento, in qualcosa che modificasse quello stato di cose, quel marciume e quei partiti con cui si era stati costretti a convivere e proprio la sua scesa in campo, aveva dato un’aria di rinnovamento e di speranza, a quei tanti che come me, le avevano creduto…  
Lei invece oggi, ai miei occhi è la rappresentazione pura di un fallimento, quell’odiato meccanismo clientelare che grazie al potere ricevuto le ha permesso di modificare a suo servizio quelle leggi, che per ragioni personali o societarie, hanno fatto beneficiare soltanto la sua persona e le proprie aziende… e debbo anche aggiungere quanti, le sono venuti dietro…
Non c’è più nulla da perdonarle, Io, Noi, vede…, fuggiamo quotidianamente da questa consuetudine, da questo sistema malato…, ed è per questi motivi che Lei, non può essere più quella persona degna, che mi può rappresentare!!!

Imprese in Sicilia tra sequestri e confische…

Purtroppo la nostra regione è fra tutte, quella che possiede più aziende confiscate…

Inoltre di queste, l’85-95% dopo esser passate da un sequestro preventivo, giungono ad una confisca parziale o definitiva e dove si perviene alla cessazione attraverso la liquidazione o il fallimento…
È ovvio che nella gestione di queste Società qualcosa però non funziona, a cominciare dalla sua Amministrazione, che proprio sotto il controllo pubblico, riceve le più dure sconfitte….
Ci si chiede allora… ma perché la gestione finanziaria delle aziende confiscate alla mafia non funziona, da cosa dipende, quali sono le difficoltà che incontra la Società e soprattutto perché queste finiscono in liquidazione o in fallimento? 
Io comunque una idea me la sono fatta…
Innanzitutto bisogna dividere i soggetti e cioè, da una lato abbiamo lo Stato, che interviene sequestrando o confiscando e dall’altro la Proprietà, che si vede sottratta, quanto aveva realizzato in tanti anni di sacrifici…

Questa situazione, nel caso in cui la confisca non interviene per il 100% delle quote societarie, crea ovviamente un muro insormontabile, infatti se da una parte abbiamo lo Stato che cerca di intervenire colpendo con durezza attraverso procedimenti giuridici, dall’altra c’è la restante parte minoritaria, che contrattacca, difendendo quanto reputa giustamente suo…

In tutta questa baraonda, chi ci va di mezzo sono certamente i dipendenti!!!
Infatti questi, pur essendo garantiti in quanto “privilegiati”, dall’altro lavorano in una completa condizione di stress psico-fisico.
Ci si ritrova ad operare in una condizione atipica, dove ogni iniziativa promossa, viene criticata e contestata, dalle parti, dove le decisioni a cui bisogna attenersi, non sono sostenute da scelte precise ma variabili a seconda delle circostanze e dove soprattutto chi possiede all’interno della società delle responsabilità oggettive,  non riceve alcuna assistenza e supporto, ma deve muoversi con estrema cautela, limitando il proprio raggio d’azione e demandando al proprio Amministratore, quanto di Sua competenza, al fine di garantire la propria personale correttezza ed equità.

Ma ciò che grava maggiormente è che in questa fase, degli stipendi maturati, nessuno se ne preoccupa…, e dove con il tempo, a causa delle lentezze burocratiche, questi, aumentano sempre di più…
Alla fine quindi, da una lato si diventa per lo Stato “osservati speciali” in quanto esistenti all’interno dell’impresa prima dell’intervento giudiziario, dall’altro nel continuare ad operare per la cosiddetta                        “Amministrazione Statale”, si viene visti, come collaborazionisti e traditori…

Malgrado ciò, soltanto il 2/3 per cento di queste imprese sopravvivono e migliorano, e ciò è originato dalla fondatezza che il successo di un’azienda è basato su particolari caratteristiche…

Innanzitutto dalle conoscenze personali, sia nel privato che nel pubblico, quindi da quelle capacità tecniche ed operative messe in mostra nel corso degli anni, dalla buona reputazione dei titolari, dalla promozione fatta dai clienti, dai fornitori e dal rapporto con le Banche ed Enti pubblici, ed infine anche da quanto riportato dagli stessi lavoratori e per finire dalle capacità proprie dell’Amministratore Unico…
I requisiti di cui sopra, al momento della confisca precipitano, in quanto l’Amministratore nominato dal Tribunale, non è quasi mai qualificato per operare in quello specifico settore al quale viene affidato, inoltre egli, non ha alcun particolare interesse di procacciare lavori per l’azienda, ne di ricercare commesse, ne di disturbare amici e/o clienti, sia perché non è nelle condizioni necessarie per potersi esporre, ed in quanto ciò, non rientra nelle proprie competenze…   

Egli deve amministrare e gestire il patrimonio e l’attività come il ” Buon padre di famiglia… “, ma alla fine (  ad esclusione di qualche rara eccezione, che riesce a svolgere il proprio compito in maniera onesta, imparziale, corretta ed equa), quanto sopra si riduce esclusivamente nell’unico interesse che è rappresentato dal proprio compenso e dalla salvaguardia personale, che gli possa permettere di continuare la propria professione grazie ad ulteriori incarichi!!!

Per far sì che l’impresa continui ad operare, questa deve essere “economicamente sana”, perché nella circostanza inversa, in cui presenta già gravi problemi finanziari e con un Amministratore nominato dal Tribunale, che giustamente non ha alcun interesse ( e sarebbe illegittimo chiederglielo…) di garantire personalmente…, ecco che se a questo si aggiunge il mancato sostegno creditizio delle Banche, l’epilogo è quello di accompagnare per mano, un malato al cimitero…
Di sicuro, per lo Stato ciò rappresenta una sconfitta, ed ancor più grave è che si continua ad alimentare l’opinione che  ( io l’ha ricordo ai tempi dei cosiddetti Cavalieri…), con la mafia si lavora e con lo Stato no!!!

Influisce sulle sorti dell’azienda anche la sua tipologia, certamente quelle che svolgono la propria attività attraverso contratti con terzi, sia per Enti pubblici che per privati, ecco che per queste diventa più difficile mantenerne il prosieguo, in quanto ad iniziare dei clienti, venendo a conoscenza della confisca ( invece di  sentirsi garantiti dalla Stato), si allontanano e preferiscono interrompere qualsivoglia rapporto…

Certo è un vero peccato che una azienda confiscata, non riesca ad avere continuità ed a produrre ricchezza, sostenendo così anche i lavoratori, che avrebbero visto garantito il proprio posto di lavoro…

Lo Stato comunque deve fare una scelta risoluta e cioè quella di decidere se le società potenzialmente  rilevanti, debbono continuare ad operare, garantendo così la continuazione aziendale ed il personale loro facente parte, oppure debbono chiudere!!!.
A queste società, perché possano superare le difficoltà di accesso al credito, debbono avere in maniera celere la possibilità di usufruire ad un fondo di garanzia, tale da permetterne l’utilizzo immediato,  garantito prima dalla Stato e successivamente dal patrimonio posto a confisca…
Bisogna blindare l’Amministratore nominato, sulla possibilità di utilizzo di questi crediti, che dovranno essere destinati soltanto per portare avanti le commesse ancora in essere, per il pagamento dei salari, per migliorare e mantenere la presenza sul mercato, continuando a beneficiare delle capacità professionali dei dipendenti ancora presenti. 

Certamente per fare ciò, l’Amministratore ( nominato dal Tribunale ) deve poter gestire la società con scelte e decisioni celeri, con procedure operative immediate, senza lungaggini, rinvii e inconcludenti perdite di tempo, dovute in particolari alle continue richieste fatte al giudice delegato, che nella funzione del proprio incarico e soprattutto per la consistente mole di lavoro, non sempre è disponibile…
Indugiare, attendere decisioni esterne da parte del Tribunale, salvaguardarsi cautelando la propria posizione, operare principalmente la scelta di non sbagliare, non fa altro che favorire e accelerare quella procedura di fallimento, che era proprio quanto dal principio, si voleva evitare…

La fine di un’impresa…

Lo Stato da un po’ di anni, ha deciso di confiscare le imprese ed in molti casi queste vengono affidate agli stessi lavoratori…, che costituiti in imprese sociali e/o in cooperative, tentano di recuperare attraverso il proprio lavoro, quella stessa società, dove per anni ne sono stati dipendenti…

La fruizione però dei beni confiscati, si scontra con la realtà, cioè con il mancato appoggio da parte di quegli Istituti bancari che, sia a causa della crisi internazionale, che non ricevendo quelle garanzie necessarie, ricevute in precedenza dagli ex datori di lavoro, non autorizzano alcun finanziamento ai nuovi soci…
La cosiddetta legge regionale n. 15/2008 rappresenta soltanto un’utopia, uno di quei meccanismi del tutto Italiani, che servono soltanto per sciacquarsi la bocca e che non troverà mai realtà nei fatti…, uno dei tanti provvedimenti pubblicizzati, che servono a farci conoscere il sorriso a 32 denti del politico o magistrato di turno… 

Infatti una cosa è la teoria…un’altra la pratica…, ed intanto le imprese non sopravvivendo e non riuscendo ad investire chiudono e vanno in liquidazione…, che poi è quasi sempre quello che i giudici preferiscono  soprattutto quelli della sezione fallimentare…, ( chissà, se forse non rappresenti proprio quel senso di vita interiore… ).

C’è sempre la convinzione che le imprese poste sotto sequestro e/o a confisca, rappresentino in capacità e  produttività una realtà si… ma di 2 livello, come se i meriti fossero stati soltanto caratterizzati da quegli  elementi negativi, avuti attraverso privilegi, raccomandazioni, intimidazioni ed azioni illegali…, ma si vuole polarizzare l’attenzione soltanto su quegli elementi negativi ( sempre da dimostrare ) dimenticando tutti coloro che in maniera operosa, attraverso proprie capacità individuali e di gruppo e con grandi sacrifici anche personali, riescono a portare a conclusione e con merito quelle iniziative pubbliche e private, la gestione tecnica ed economica operativa della società, senza farsi condizionare dal contesto critico a cui la società è stata sottoposta…
Ci si dimentica inoltre, che in situazioni analoghe, lo Stato dopo aver disposto l’impresa ad amministrazione controllata, a seguito di procedimento d’opposizione in appello e/o cassazione, ha dovuto restituire le quote societarie agli ex proprietari, dove nel contempo le imprese concorrenti, tentavano in vari modi di estraniare l’impresa posta a sequestro, per voler riuscire a toglierle quegli appalti già aggiudicati ( per milioni di euro… che in questo periodo di totale crisi fanno gola a tutti… ), ma soprattutto utilizzando quelle conoscenze e quelle manovre politico-giuridico ed economico, per lo più sotterranee, per distruggere definitivamente l’impresa concorrente, assorbendone così parte del patrimonio e/o attrezzature a costi fallimentari…      
Non bisogna sorvolare, su uno degli aspetti che appositamente viene mascherato è cioè quello di voler fondere insieme, le imprese cosiddette associate da quelle ricattate… cioè le imprese costituite ad hoc create ovviamente per il riciclaggio dei profitti ricavati dai traffici illeciti, da quelle che invece sottoposte a ricatti e/o minacce e/o a situazioni particolari che nel tempo avevano portano a coinvolgimenti purtroppo personali, dovendosi piegare per non incorrere a gravi rischi…, ed in Sicilia a differenza di quanto ci vogliono far credere…, sono la maggioranza di queste a subire intimidazioni, trovandosi così costrette a pagare ed a  favorirne l’assunzione di amici e parenti…
Ricordo che tanti anni fa, mentre mi trovavo a Verbania, stavo seguendo un programma televisivo, che parlava della lotta alla criminalità nella nostra Regione ed in particolare le interviste erano state svolte proprio nella Città di Catania, in un mercato adiacente Piazza Stesicoro, quando ad una domanda del giornalista, la risposta dell’ambulante mi colpiva poiché dichiarava: “ cà macari cu vinni u puddisinu a pavare…”  ( qui, anche chi vende del basilico deve pagare…); da allora poco è cambiato ed io credo che l’omertà la faccia ancora da padrone!!!  
Comunque è veramente esiguo il numero dei casi in cui è stata possibile la continuazione o la ripresa dell’attività produttiva, in quanto entrando in questo vortice, le opportunità lavorative calano, mentre viene privilegiata quale unica possibile soluzione la liquidazione…
Auspicare in un intervento deciso nel quale lo Stato salvaguardi principalmente i posti di lavoro, la ritengo ormai un’utopia, mentre vedo sempre più un interesse mirato atto a recuperare soltanto quei crediti disponibili e come unico pensiero la svendita del patrimonio finanziario e logistico…

La fine di un'impresa…

Lo Stato da un po’ di anni, ha deciso di confiscare le imprese ed in molti casi queste vengono affidate agli stessi lavoratori…, che costituiti in imprese sociali e/o in cooperative, tentano di recuperare attraverso il proprio lavoro, quella stessa società, dove per anni ne sono stati dipendenti…

La fruizione però dei beni confiscati, si scontra con la realtà, cioè con il mancato appoggio da parte di quegli Istituti bancari che, sia a causa della crisi internazionale, che non ricevendo quelle garanzie necessarie, ricevute in precedenza dagli ex datori di lavoro, non autorizzano alcun finanziamento ai nuovi soci…
La cosiddetta legge regionale n. 15/2008 rappresenta soltanto un’utopia, uno di quei meccanismi del tutto Italiani, che servono soltanto per sciacquarsi la bocca e che non troverà mai realtà nei fatti…, uno dei tanti provvedimenti pubblicizzati, che servono a farci conoscere il sorriso a 32 denti del politico o magistrato di turno… 

Infatti una cosa è la teoria…un’altra la pratica…, ed intanto le imprese non sopravvivendo e non riuscendo ad investire chiudono e vanno in liquidazione…, che poi è quasi sempre quello che i giudici preferiscono  soprattutto quelli della sezione fallimentare…, ( chissà, se forse non rappresenti proprio quel senso di vita interiore… ).

C’è sempre la convinzione che le imprese poste sotto sequestro e/o a confisca, rappresentino in capacità e  produttività una realtà si… ma di 2 livello, come se i meriti fossero stati soltanto caratterizzati da quegli  elementi negativi, avuti attraverso privilegi, raccomandazioni, intimidazioni ed azioni illegali…, ma si vuole polarizzare l’attenzione soltanto su quegli elementi negativi ( sempre da dimostrare ) dimenticando tutti coloro che in maniera operosa, attraverso proprie capacità individuali e di gruppo e con grandi sacrifici anche personali, riescono a portare a conclusione e con merito quelle iniziative pubbliche e private, la gestione tecnica ed economica operativa della società, senza farsi condizionare dal contesto critico a cui la società è stata sottoposta…
Ci si dimentica inoltre, che in situazioni analoghe, lo Stato dopo aver disposto l’impresa ad amministrazione controllata, a seguito di procedimento d’opposizione in appello e/o cassazione, ha dovuto restituire le quote societarie agli ex proprietari, dove nel contempo le imprese concorrenti, tentavano in vari modi di estraniare l’impresa posta a sequestro, per voler riuscire a toglierle quegli appalti già aggiudicati ( per milioni di euro… che in questo periodo di totale crisi fanno gola a tutti… ), ma soprattutto utilizzando quelle conoscenze e quelle manovre politico-giuridico ed economico, per lo più sotterranee, per distruggere definitivamente l’impresa concorrente, assorbendone così parte del patrimonio e/o attrezzature a costi fallimentari…      
Non bisogna sorvolare, su uno degli aspetti che appositamente viene mascherato è cioè quello di voler fondere insieme, le imprese cosiddette associate da quelle ricattate… cioè le imprese costituite ad hoc create ovviamente per il riciclaggio dei profitti ricavati dai traffici illeciti, da quelle che invece sottoposte a ricatti e/o minacce e/o a situazioni particolari che nel tempo avevano portano a coinvolgimenti purtroppo personali, dovendosi piegare per non incorrere a gravi rischi…, ed in Sicilia a differenza di quanto ci vogliono far credere…, sono la maggioranza di queste a subire intimidazioni, trovandosi così costrette a pagare ed a  favorirne l’assunzione di amici e parenti…
Ricordo che tanti anni fa, mentre mi trovavo a Verbania, stavo seguendo un programma televisivo, che parlava della lotta alla criminalità nella nostra Regione ed in particolare le interviste erano state svolte proprio nella Città di Catania, in un mercato adiacente Piazza Stesicoro, quando ad una domanda del giornalista, la risposta dell’ambulante mi colpiva poiché dichiarava: ” cà macari cu vinni u puddisinu a pavare…”  ( qui, anche chi vende del basilico deve pagare…); da allora poco è cambiato ed io credo che l’omertà la faccia ancora da padrone!!!  
Comunque è veramente esiguo il numero dei casi in cui è stata possibile la continuazione o la ripresa dell’attività produttiva, in quanto entrando in questo vortice, le opportunità lavorative calano, mentre viene privilegiata quale unica possibile soluzione la liquidazione…
Auspicare in un intervento deciso nel quale lo Stato salvaguardi principalmente i posti di lavoro, la ritengo ormai un’utopia, mentre vedo sempre più un interesse mirato atto a recuperare soltanto quei crediti disponibili e come unico pensiero la svendita del patrimonio finanziario e logistico…