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Berlusconi: 41 milioni di lire al mese da consegnare alla mafia di Toto Riina!!!

L’intercettazione va ovviamente presa con il beneficio d’inventario, dopotutto  non c’è modo di verificarne la fondatezza su quanto racconta l’ex “capo dei capi“…

Dopotutto, è difficile credere solo in parte a ciò che una persona dice… non avendo di contro un eventuale riscontro… 
Certo, se le forze dell’ordine intervenute nell’arresto a casa Riina, avessero preso quei documenti posseduti all’interno della cassaforte a casa del Boss, forse oggi avremmo avuto un maggiore riscontro oppure avremmo potuto dimostrare che quanto riportato nelle intercettazioni,non è altro che il frutto di una fantastica ricostruzione…
Certo, Riina discutendo con il compagno d’aria (il pugliese A. Lorusso) dimostra di conoscere tante notizie… ed è strano, perché molte di quelle circostanze sono avvenute dopo il suo arresto e non si comprende in quali modi – con regime carcerario duro come quello del 41bis – sia stato in condizioni d’apprenderle quelle notizie… così dettagliate e aggiornate… 
Difatti, parlando del cavaliere, racconta dei suoi festini, di Ruby e poi ancora di come negli anni 80, consegnava alla sua associazione criminale 250 milioni di lire ogni sei mesi, circa 40 milioni di lire al mese!!!
L’intermediario era ovviamente il senatore Dell’Utri (oggi detenuto) che temeva a suo tempo per la sua persona (credeva infatti di poter essere sequestrato) o che potessero colpire i suoi ripetitori in Sicilia…. 
Dichiara Riina: “È venuto, ha mandato là sotto ad uno, si è messo d’accordo, ha mandato i soldi a colpo, a colpo, ci siamo accordati con i soldi e a colpo li ho incassati”; quello… è venuto il palermitano… mandò a lui, è sceso il palermitano ha parlato con uno… si è messo d’accordo… dice vi mando i soldi con un altro palermitano. Ha preso un altro palermitano, c’era quello a Milano. Là c’era questo e gli dava i soldi ogni sei mesi a questo palermitano. Era amico di quello… il senatore”…
Il “palermitano” è Tanino Cinà, lo stesso che negli anni Settanta suggerì a Dell’Utri di mandare Vittorio Mangano come stalliere ad Arcore quando Berlusconi cercava “protezione”…
L’ex boss definisce Dell’Utri, “una persona seria”; dopotutto, se pagava (per come riportato) nei modi precisi e puntuali, è logico pensare che non si può… che parlarne bene!!!    
Contrariamente andò a Catania… dove il “Cavaliere” non voleva pagare la cifra richiesta… ed allora… gli bruciarono la Standa”: sì, gli hanno dato fuoco alla Standa… minchia aveva tutte le Stande della Sicilia… – ma non vuole pagare – e allora gli ho detto: bruciagli la Standa”.
A differenza di Dell’Utri, i giudizi sul cavaliere sono pieni di sdegno, è considerato difatti dall’ex boss, un “buffone disgraziato” e poi continua con la figlia Barbara e su come abbia messo “ko” il giocatore Pato ed infine, parla di quel “disgraziato” d’Angelino Alfano…
Certo non sapremo mai, quanto di quelle dichiarazioni siano veritiere e chissà se forse, un giorno, qualcuno, farà emergere quei documenti riservati che comproveranno non solo le sue dichiarazioni, ma che in quel preciso periodo, la trattativa “Stato-mafia” (tanto successivamente dibattuta), non era frutto di una fantasia, ma purtroppo qualcosa di concreto e reale!!!
Un giorno la storia della nostra Sicilia verrà riscritta e forse quel giorno, s’inizierà a dare le giuste risposte a tutte quelle domande mai espresse (o volontariamente taciute…), per fare sì che non si possa mai giungere alla verità!!!
D’altronde è quanto hanno deciso per noi siciliani: se alzi la mano e fai una domanda, sarai sciocco per cinque minuti…. ma se non alzi la mano e non chiedi mai, resterai sciocco tutta la vita!!!

Ed ora, cosa accadrà internamente cosa-nostra con la morte di uno dei due vecchi padrini???

Come si dice: “Morto un papa se ne fa un altro” e difatti da sempre quella organizzazione criminale, ha continuato ad operare in tutti questi anni, sapendo che i loro ultimi due “padrini”(Riina e Provenzano) fossero reclusi ormai per sempre… con l’ergastolo a vita.

Ancor più adesso, diventa fondamentale dover proseguire, sapendo appunto che è venuto a mancare… uno dei due!!!
Ciò che risulta importante è che il sistema possa continuare –sempre ed in ogni circostanza– senza la presenza dei suoi eventuali affiliati…

“Siete tutti importanti e nessuno indispensabile” difatti, nei duecento anni trascorsi, quest’associazione ha dato prova di essersi saputa non solo trasformare, ma anche evolvere, resistendo ad ogni cambiamento e continuando in quell’opera di “infestazione” su tutta la nostra regione, in particolare nelle coscienze dei suoi conterranei, violandone libertà personale e moralità…

Due secoli di colpevoli collusione, in cui politica, imprenditoria e uomini dello stato,si sono legati in quel ginepraio di oscuri interessi, con questa associazione criminale, che è poi la base di quell’illegale meccanismo, nel quale vicende finanziarie vengono interconnesse a condotte sanguinarie, che hanno macchiato di rosso le strade delle nostre città…
Si vorrebbe rilegare la mafia ad una semplice biografia, quasi fossero quelli… personaggi di una fiction… nomi rappresentativi di un sistema, che secondo alcuni portava benessere, ed essi, vengono ora visti, come dei direttori d’orchestra di quella associazione e non per come fossero realmente e cioè degli assassini e delinquenti!!!
La storia… in particolare quella nostra “siciliana” è stata da sempre caratterizzata da una continua e persistente collusione con quella criminalità, intrecciata a filo doppio con una parte di quella classe dirigente… dove sempre più spesso, interessi e dello Stato e convenienze delle istituzioni, hanno trovato in quei professionisti del crimine, un supporto per poter coprire o celare, quelle proprie e dirette partecipazioni… 

Non bisogna dimenticare che la mafia esiste perché lo Stato permette ad essa di poter esistere… perché senza quegli appoggi, quelle connivenze e l’interesse opaco ma sempre presente di un blocco politico e sociale, quanto compiuto non sarebbe possibile… 

Se le istituzioni in tutti questi secoli… avessero voluto la distruzione totale di quell’apparato mafioso, per come per esempio è stato fatto contro il terrorismo (Brigate rosse, Avanguardia nazionale, ecc..), ecco che oggi, non avremmo motivo di parlare di questa organizzazione criminale…

Tutti infatti dicono la stessa cosa: le mafie sono nate, cresciute e hanno prosperato invadendo l’Italia intera, grazie allo scellerato abbraccio (lungo due secoli) con appartenenti allo Stato in ogni sua declinazione…

Ora, la morte di Provenzano, porterà con se tanti segreti… ed altri ancora spariranno per sempre, con l’ormai presumibile prossima dipartita, del amico corleonese… 
Quanto poi accadrà sarà tutto da vedere… e credo che a breve, saranno in molti tra quelle fila… a voler emergere, dopo tanti anni, relegati a posizioni secondarie e sotto l’ombra dei propri capi… 
Scriveva nel libro “Così parlò Bellavista” il grande De Crescenzo: “Il potere non sazia, anzi è come una droga e richiede sempre dosi maggiori” e qui è la stessa cosa!!!
Se la storia insegna… tra qualche anno ci sarà una nuova recrudescenza; lotte tra famiglie mafiose che vorranno avere un maggiore controllo del territorio, di quello a suo tempo loro affidato ed ora troppo limitato… 
D’altronde si dice da quelle parti: “senza piccioli ie rispetto… si nuddu a miscatu cu nenti…” (senza soldi e rispetto sei il nulla mischiato al niente…)!!!

Non ci saranno quindi accordi di pace… vincerà solo il più forte, mentre lo Stato in quel frangente, starà alla larga da quel conflitto e conterà i morti, 

Tutto sommato da Roma diranno: non è cosa “nostra”… ma cosa “loro”!!!
Sono sin d’ora certo… che tra qualche anno ne riparleremo…

Ma cosa ha detto Salvo Riina???

In questi giorni ho letto brevemente quanto dichiarato nella trasmissione “Porta a Porta”, i commenti all’intervista, le critiche per quel libro pubblicato ed il rifiuto alla vendita da parte di molte librerie, per giungere a quelle varie congetture, fatte da giornalisti e scrittori noti tra cui in particolare quelle riportate da Roberto Saviano… 
Ed allora, come mio solito, prima di esprimere un qualsivoglia pensiero… ho voluto osservare il video, per farmi un’idea di quanto di fatto accaduto… 
Il video può essere rivisto su questo link:
Ecco quindi cosa ne ho tratto…
Innanzitutto, ho ascoltato le parole, dando un particolare interesse ai gesti espressi… mi riferisco a quegli inconsci movimenti del viso… 
Ho notato difatti, una certa incompatibilità tra le parole dette e l’espressioni rivelate…
In quelle frasi emerge una chiara discordanza nei tempi… tra quanto viene detto e quanto successivamente solo pochi minuti dopo viene completamente ribaltato…
Infatti, se da un lato dice: “ho vissuto una vita serenaeguale a quella di tanti bambini della stessa età…, dopo un po continuando rispondendo alla domanda sulla mancata frequenza scolastica dice: “il non andare a scuola? non ci pensavamo e non ci chiedevamo il perché… sapevamo d’essere una famiglia diversa” (ma come diversa non si era “eguale” agli altri…) e dopo aggiungerà: “eravamo bambini particolari“… “differenti” a causa dell’excursus vitae che è stato completamente diverso ( una contraddizione rispetto a quanto aveva detto prima…)!!!

Ho notato inoltre che quando comincia l’intervista, ricordando quei momenti vissuti dichiara “Mai chiesto niente!!! Era un tacito accordo familiare!!!

Ed anche quando si parla del lavoro del padre… “non ci siamo mai chiesti cosa faceva nostro padre, ho meglio ci era stato detto che era un geometra (a questo punto ho trovato un’analogia… sì… mi è venuta in mente quella regola matematica che da piccoli ci insegnarono alle scuole elementari… si chiamava “proprietà transitiva“ e diceva che se se A è uguale a B e B è uguale a C, allora si può legittimamente affermare che A è uguale a C e quindi se il Boss (A) era un impiegato (B) e svolgeva la mansione di geometra (C) anche il geometra (C) è anch’esso un Boss… ed ora comprendo il perché gli amici/colleghi mi hanno da sempre affibbiato quest’appellativo…) e comunque “partiva la mattina e si ritirava la sera“… ciò dimostra che a differenza di quanto ci è stato raccontato sulla sua latitanza (nascosto, isolato… quasi segretato in chissà quale dimora protetta e abbandonata…) egli passeggiava per la città come nulla fosse, mentre le nostre forze dell’ordine, propagandavano che lo stavano cercando… ma dove… resta un mistero…
Crescendo comunque – attraverso i media o i giornali – si era compreso che forse “qualcosa di diverso” per quel cognome tanto ricercato c’era… che dietro quella professione di geometra si celava un “lavoro di copertura” e che per quel cognome fittizio “Bellomo” con il quale si facevano chiamare quando uscivano a passeggio, fosse di per se… un pretesto…
Sì… risponde… ma comunque era un “tacito accordo familiare“!!!
Ma dove Riina Jr. dimostra di essere abile… è nel saper pilotare l’intervista… fare cioè in modo che il giornalista Bruno Vespa… domandi… quanto egli  vuole poter dire… infatti:
rispondendo alla domanda del giornalista, ci si pone di traverso con un argomento futile… “una vita completamente differente dagli altri” (un’altra discordanza) vissuta “in maniera piacevole” per poi esprimere in modo “subliminale” il vero messaggio che si era pianificato: “ERA UN SEGRETO DA MANTENERE IL NOSTRO per TENERE LA FAMIGLIA UNITA“!!!
Ecco la prima vera motivazione a quella intervista!!!
Ed ancora incalza con il secondo punto: era una forma di “PROTEZIONE” verso i propri familiari – più trasparente di così… qui messaggi celati non ve ne sono… il messaggio è chiaro e diretto a tutti coloro che devono comprendere!!!
Ritornando all’intervista… a cinque anni (Riina Jr) aveva ben compreso chi fosse il padre… e la madre ( qui Bruno Vespa ne amplia le virtù… “donna forte… che ha studiato“) educava i figli  e considerava il proprio marito “un uomo giusto“…
Ecco quindi il terzo punto focale dell’intervista… si parla di “valori morali“: mio padre era visto come un uomo tutto d’un pezzo, il rispetto per la famiglia, per le tradizioni, forte… alla fine aggiunge la nostra… una famiglia come tutte le altre… ribadisce molto modesta…
E’ orgoglioso… (lo si vede dagli occhi lucidi) quando attacca “siamo stati tutti registrati con il nostro cognome… originale“, andavano a mare insieme e la gente lo salutava con molto rispetto (penso quindi che erano in molti a dover sapere chi fosse… ed allora mi domando… dov’erano in quel periodo gli inquirenti? Ma…). 
Come mai nessuno sapeva chi fosse quell’uomo tanto ossequiato… un personaggio che veniva salutato con “rispetto e deferenza” e che da quanto oggi raccontato… non si nascondeva dietro paraventi, ma palesava ovunque quel proprio carisma???
Il quarto punto… “RISPETTO E PAURA“!!!
Cos’è che bisogna comprendere… che chi non ha rispetto deve avere paura e viceversa???
Il quinto punto… “l’EREDITA‘”: questo figlio… visto come il bastone della vecchiaia… a chi è diretto questo messaggio???
Improvvisamente il colpo di scena… il video… già quel video drammatico sulla strage di Capaci… si vede dallo sguardo la difficoltà emotiva e ci si prepara mentalmente a rispondere alla domanda del giornalista… 
Difatti… scatta l’errore del 93′ con il 92’… (tutti ormai sanno l’anno preciso della strage e lui… proprio lui… commette quell’errore… è evidente che dipende dallo stato di tensione…), analoga situazione sul “sospetto” dell’eventuale mandante (lì dovremmo possedere la “macchina della verità” per capire se a quella data ne fosse cosciente oppure no…) e comunque da quella momentanea difficoltà, ne esce grazie all’assistenza di Vespa che magistralmente cambiando argomento parla di latitanza… 
Quel periodo di quasi 15 anni vissuto dai figli (mentre sono circa 23-25 per il padre) in cui ci si sentiva “intoccabili”, ma soprattutto incalzato sulla domanda che “forse quel cognome tanto frequentemente nominato avesse commesso qualcosa…” ecco che, riprende le difese del padre asserendo: si poteva anche averlo fatto… ma a noi non interessava!!!
La situazione si ripete per l’assassino di Borsellino… e difatti ecco riportato l’episodio istintivo della sorella più piccola (Lucia) che. rivolgendosi al padre, chiede se debbono prepararsi per trasferirsi… 
Mentre, sul giudizio richiesto per i giudici morti assassinati per mano della mafia risponde “io non li giudico… anche perché qualsiasi cosa io dica sarebbe strumentalizzata… come sempre succede… se io esterno un parere su queste persone questo viene strumentalizzato, io ho sempre rispetto per i morti, per tutti…”. 
Ed alla domanda “cos’è per Lei la mafia” risponde: non me lo sono mai chiesto… penso che sia una cosa… non so… non ho una risposta precisa… però poi casualmente, quasi gli fosse sopraggiunta la risposta sul momento asserisce: “oggi la mafia può essere tutto e nulla…“.
Vespa – si comprende come non abbia intuito la risposta… parla di tutt’altro… di droga, d’omicidi… e difatti – Riina Jr. – riprendendo nuovamente quanto aveva appena dichiarato aggiunge “gli omicidi non li fanno soltanto i mafiosi” (che difatti rappresenta da sempre la versione avallata da molti sull’omicidio del giudice Borsellino, compiuto non dalla mafia, ma dai servizi segreti deviati…).  
Si giunge all’arresto del padre… Riina Jr guarda le immagini e per un momento nel rivedere il padre scatta istintivamente un qualcosa… lo si vede per un istante… controlla nervosamente la bocca… quasi non riesce a controllarsi ed è soltanto la voce di Vespa a distoglierlo, a richiamarlo all’attenzione… ed allora, ritrova (se pur con gli occhi lucidi) nuovamente la calma, lo sguardo però si lascia andare… e così prima di rispondere… torna nuovamente (per un attimo fuggente…) verso il padre (quasi a volerne ricevere il conforto), un sostegno a quella domanda posta (e difatti, guardando nuovamente il padre prima di rispondere) sullo “Stato” e su quella frase espressa da Paolo Frajese “ha vinto lo Stato“… dice (pensandoci su…) “rispetto lo Stato, a volte non condivido determinate leggi o determinate sentenze… ma lo rispetto sempre… anche se non condivido l’arresto di mio padre…
Il Capo dei Capi… non si è mai pentito come anche da parte sua non vi è nessuna frase di dissenso da suo padre… come si spiega??? 
Ecco che allora in modo strategico vengono scisse le due figure… quella del padre “umano”… da quella mafiosa… due figure totalmente diverse, con principi e regole opposte… dove per una, se ne esaltano le qualità, i valori in particolare… quelli familiari, mentre per l’altra, ci si giustifica, analizzando che per quanto commesso, si stanno espiando le pene… quel sapere di compensare quelle azioni violente con la carcerazione… conseguenze logica dei torti commessi!!!
Nessuna frase quindi sul padre che ha sbagliato… non è questo dopotutto il messaggio che deve circolare… manifestando… “non tocca a me giudicare mio padre… per questo c’è lo Stato” e nel contempo volge gli occhi al monitor (quasi come se il padre fosse lì ad ascoltarlo… a poter sentire quel proprio figlio che pronuncia quelle parole… già, potersi sentire fiero di essere suo figlio…). 
Ecco giungere infine la cattura di Brusca: ed è su questo tema che esprime il meglio di se… 
Non parla di lui (anzi lo esclude… quasi fosse un appestato…) ma parla di tutti i pentiti… di quel fenomeno del pentitismo che esprime un modo d’agire del tutto italiano… “sì… solo in Italia succede ciò… in altri Paesi non succede che un pentito -che dice (lui) di aver commesso degli omicidi- non fa neanche un giorno di carcere… mentre poi con le proprie accuse… si mandano in carcere innocenti, mentre loro, tornano a fare quello che facevano prima…. ecco penso che si poteva scegliere di far scontare almeno un minimo delle cose che avevano fatto, perché alla fine i pentiti sono serviti per essere usati dallo Stato… 
L’intervista finisce… e le polemiche si sovrappongono…
Cosa aggiungere su questa intervista o sul quel libro che certamente non acquisterò ( solo perché non mi sembra il caso di dover spendere del denaro per questo libro sapendo che c’è ne sono altri in circolazione ben più considerevoli… ma -se dovesse capitarmi tra le mani- lo leggerò certamente… come faccio di solito con tutti i libri… e chissà forse ne parlerò pure in un mio prossimo post!!!
Vorrei concludere non con un mio “libero pensiero” ma con una sua frase: non si accusano le persone solo per un tornaconto, perché ci sarà sempre un giorno in cui dovrai pentirti davanti a Dio!!!

La negazione ai valori di giustizia e legalità…

Caro Paolo,
oggi siamo qui a commemorarti in forma privata perché più trascorrono gli anni e più diventa imbarazzante partecipare il 23 maggio ed il 19 luglio… a quelle cerimonie ufficiali che ricordano le stragi di Capaci e di via D’Amelio.

Stringe il cuore a vedere talora tra le prime file, nei posti riservati alle autorità, anche personaggi la cui condotta di vita sembra essere la negazione stessa di quei valori di giustizia e di legalità per i quali tu ti sei fatto uccidere; personaggi dal passato e dal presente equivoco le cui vite – per usare le tue parole – emanano quel puzzo del compromesso morale che tu tanto aborrivi e che si contrappone al fresco profumo della libertà.
E come se non bastasse, Paolo, intorno a costoro si accalca una corte di anime in livrea, di piccoli e grandi maggiordomi del potere, di questuanti pronti a piegare la schiena e a barattare l’anima in cambio di promozioni in carriera o dell’accesso al mondo dorato dei facili privilegi.
Se fosse possibile verrebbe da chiedere a tutti loro di farci la grazia di restarsene a casa il 19 luglio, di concederci un giorno di tregua dalla loro presenza. 
Ma, soprattutto, verrebbe da chiedere che almeno ci facessero la grazia di tacere, perché pronunciate da loro, parole come Stato, legalità, giustizia, perdono senso, si riducono a retorica stantia, a gusci vuoti e rinsecchiti.
Voi che a null’altro credete se non alla religione del potere e del denaro, e voi che non siete capaci di innalzarvi mai al di sopra dei vostri piccoli interessi personali, il 19 luglio tacete, perché questo giorno è dedicato al ricordo di un uomo che sacrificò la propria vita perché parole come Stato, come Giustizia, come Legge acquistassero finalmente un significato e un valore nuovo in questo nostro povero e disgraziato Paese.
Un paese nel quale per troppi secoli la legge è stata solo la voce del padrone, la voce di un potere forte con i deboli e debole con i forti. 
Un paese nel quale lo Stato non era considerato credibile e rispettabile perché agli occhi dei cittadini si manifestava solo con i volti impresentabili di deputati, senatori, ministri, presidenti del consiglio, prefetti, e tanti altri che con la mafia avevano scelto di convivere o, peggio, grazie alla mafia avevano costruito carriere e fortune.
Sapevi bene Paolo che questo era il problema dei problemi e non ti stancavi di ripeterlo ai ragazzi nelle scuole e nei dibattiti, come quando il 26 gennaio 1989 agli studenti di Bassano del Grappa ripetesti: Lo Stato non si presenta con la faccia pulita
Che cosa si è fatto per dare allo Stato una immagine credibile La vera soluzione sta nell’invocare, nel lavorare affinché lo Stato diventi più credibile, perché noi ci dobbiamo identificare di più in queste istituzioni».
E a un ragazzo che ti chiedeva se ti sentivi protetto dallo Stato e se avessi fiducia nello Stato, rispondesti: «No, io non mi sento protetto dallo Stato perché quando la lotta alla mafia viene delegata solo alla magistratura e alle forze dell’ordine, non si incide sulle cause di questo fenomeno criminale». 
E proprio perché eri consapevole che il vero problema era restituire credibilità allo Stato, hai dedicato tutta la vita a questa missione.
Nelle cerimonie pubbliche ti ricordano soprattutto come un grande magistrato, come l’artefice insieme a Giovanni Falcone del maxi-processo che distrusse il mito della invincibilità della mafia e riabilitò la potenza dello Stato. 
Ma tu e Giovanni siete stati molto di più che dei magistrati esemplari. Siete stati soprattutto straordinari creatori di senso.
Avete compiuto la missione storica di restituire lo Stato alla gente, perché grazie a voi e a uomini come voi per la prima volta nella storia di questo paese lo Stato si presentava finalmente agli occhi dei cittadini con volti credibili nei quali era possibile identificarsi ed acquistava senso dire “ Lo Stato siamo noi”. 
Ci avete insegnato che per costruire insieme quel grande Noi che è lo Stato democratico di diritto, occorre che ciascuno ritrovi e coltivi la capacità di innamorarsi del destino degli altri. 
Nelle pubbliche cerimonie ti ricordano come esempio del senso del dovere.
Ti sottovalutano, Paolo, perché la tua lezione umana è stata molto più grande. 
Ci hai insegnato che il senso del dovere è poca cosa se si riduce a distaccato adempimento burocratico dei propri compiti e a obbedienza gerarchica ai superiori. 
Ci hai detto chiaramente che se tu restavi al tuo posto dopo la strage di Capaci sapendo di essere condannato a morte, non era per un astratto e militaresco senso del dovere, ma per amore, per umanissimo amore.
Lo hai ripetuto la sera del 23 giugno 1992 mentre commemoravi Giovanni, Francesca, Vito Schifani, Rocco Dicillo e Antonio Montinaro. 
Parlando di Giovanni dicesti: «Perché non è fuggito, perché ha accettato questa tremenda situazione, perché mai si è turbato, perché è stato sempre pronto a rispondere a chiunque della speranza che era in lui? Per amore! 
La sua vita è stata un atto di amore verso questa sua città, verso questa terra che lo ha generato».
Questo dicesti la sera del 23 giugno 1992, Paolo, parlando di Giovanni, ma ora sappiamo che in quel momento stavi parlando anche di te stesso e ci stavi comunicando che anche la tua scelta di non fuggire, di accettare la tremenda situazione nella quale eri precipitato, era una scelta d’amore perché ti sentivi chiamato a rispondere della speranza che tutti noi riponevamo in te dopo la morte di Giovanni.
Ti caricammo e ti caricasti di un peso troppo grande: quello di reggere da solo sulle tue spalle la credibilità di uno Stato che dopo la strage di Capaci sembrava cadere in pezzi, di uno Stato in ginocchio ed incapace di reagire.
Sentisti che quella era divenuta la tua ultima missione e te lo sentisti ripetere il 4 luglio 1992, quando pochi giorni prima di morire, i tuoi sostituti della Procura di Marsala ti scrissero: «La morte di Giovanni e di Francesca è stata per tutti noi un po’ come la morte dello Stato in questa Sicilia. 
Le polemiche, i dissidi, le contraddizioni che c’erano prima di questo tragico evento e che, immancabilmente, si sono ripetute anche dopo, ci fanno pensare troppo spesso che non ce la faremo, che lo Stato in Sicilia è contro lo Stato e che non puoi fidarti di nessuno. 
Qui il tuo compito personale, ma sai bene che non abbiamo molti altri interlocutori: sii la nostra fiducia nello Stato».
Missione doppiamente compiuta, Paolo. 
Se riuscito con la tua vita a restituire nuova vita a parole come Stato e Giustizia, prima morte perché private di senso. 
E sei riuscito con la tua morte a farci capire che una vita senza la forza dell’amore è una vita senza senso; che in una società del disamore nella quale dove ciò che conta è solo la forza del denaro ed il potere fine a se stesso, non ha senso parlare di Stato e di Giustizia e di legalità.
E dunque per tanti di noi è stato un privilegio conoscerti personalmente e apprendere da te questa straordinaria lezione che ancora oggi nutre la nostra vita e ci ha dato la forza
necessaria per ricominciare quando dopo la strage di via D’Amelio sembrava – come disse Antonino Caponnetto tra le lacrime – che tutto fosse ormai finito.
E invece Paolo, non era affatto finita e non è finita. Come quando nel corso di una furiosa battaglia viene colpito a morte chi porta in alto il vessillo della patria, così noi per essere degni di indossare la tua stessa toga, abbiamo raccolto il vessillo che tu avevi sino ad allora portato in alto, perché non finisse nella polvere e sotto le macerie.
Sotto le macerie dove invece erano disposti a seppellirlo quanti mentre il tuo sangue non si era ancora asciugato, trattavano segretamente la resa dello Stato al potere mafioso alle nostre spalle e a nostra insaputa.
Abbiamo portato avanti la vostra costruzione di senso e la vostra forza è divenuta la nostra forza sorretta dal sostegno di migliaia di cittadini che in quei giorni tremendi riempirono le piazze, le vie, circondarono il palazzo di giustizia facendoci sentire che non eravamo soli.
E così Paolo, ci siamo spinti laddove voi eravate stati fermati e dove sareste certamente arrivati se non avessero prima smobilitato il pool antimafia, poi costretto Giovanni ad andar via da Palermo ed infine non vi avessero lasciato morire.
Abbiamo portato sul banco degli imputati e abbiamo processato gli intoccabili: presidenti del Consiglio, ministri, parlamentari nazionali e regionali, presidenti della Regione siciliana, vertici dei Servizi segreti e della Polizia, alti magistrati, avvocati di grido dalle parcelle d’oro, personaggi di vertice dell’economia e della finanza e molti altri.
Uno stuolo di sepolcri imbiancati, un popolo di colletti bianchi che hanno frequentato le nostre stesse scuole, che affollano i migliori salotti, che nelle chiese si battono il petto dopo avere partecipato a summit mafiosi. 
Un esercito di piccoli e grandi Don Rodrigo senza la cui protezione i Riina, i Provenzano sarebbero stati nessuno e mai avrebbero osato sfidare lo Stato, uccidere i suoi rappresentanti e questo paese si sarebbe liberato dalla mafia da tanto tempo.
Ma, caro Paolo, tutto questo nelle pubbliche cerimonie viene rimosso come se si trattasse di uno spinoso affare di famiglia di cui è sconveniente parlare in pubblico. 
Così, ai ragazzi che non erano ancora nati nel 1992 quando voi morivate, viene raccontata la favola che la mafia è solo quella delle estorsioni e del traffico di stupefacenti.
Si racconta che la mafia è costituita solo da una piccola minoranza di criminali, da personaggi come Riina e Provenzano. 
Si racconta che personaggi simili, ex villici che non sanno neppure esprimersi in un italiano corretto, da soli hanno tenuto sotto scacco per un secolo e mezzo la nostra terra e che essi da soli osarono sfidare lo Stato nel 1992 e nel 1993 ideando e attuando la strategia stragista di quegli anni. 
Ora sappiamo che questa non è tutta la verità.
E sappiamo che fosti proprio tu il primo a capire che dietro i carnefici delle stragi, dietro i tuoi assassini si celavano forze oscure e potenti. 
E per questo motivo ti sentisti tradito, e per questo motivo ti si gelò il cuore e ti sembrò che lo Stato, quello Stato che nel 1985 ti aveva salvato dalla morte portandoti nel carcere dell’Asinara, questa volta non era in grado di proteggerti, o, peggio, forse non voleva proteggerti.
Per questo dicesti a tua moglie Agnese: «Mi ucciderà la mafia, ma saranno altri che mi faranno uccidere, la mafia mi ucciderà quando altri lo consentiranno». Quelle forze hanno continuato ad agire Paolo anche dopo la tua morte per cancellare le tracce della loro presenza. E, per tenerci nascosta la verità, è stato fatto di tutto e di più.
Pochi minuti dopo l’esplosione in Via D’Amelio, mentre tutti erano colti dal panico e il fumo oscurava la vista, hanno fatto sparire la tua agenda rossa perché sapevano che leggendo quelle pagine avremmo capito quel che tu avevi capito.
Hanno fatto sparire tutti i documenti che si trovavano nel covo di Salvatore Riina dopo la sua cattura.
Hanno preferito che finissero nella mani dei mafiosi piuttosto che in quelle dei magistrati. 
Hanno ingannato i magistrati che indagavano sulla strage con falsi collaboratori ai quali hanno fatto dire menzogne. 
Ma nonostante siano ancora forti e potenti, cominciano ad avere paura.
Le loro notti si fanno sempre più insonni e angosciose, perché hanno capito che non ci fermeremo, perché sanno che è solo questione di tempo. Sanno che riusciremo a scoprire la verità. Sanno che uno di questi giorni alla porta delle loro lussuosi palazzi busserà lo Stato, il vero Stato, quello al quale tu e Giovanni avete dedicato le vostre vite e la vostra morte.
E sanno che quel giorno saranno nudi dinanzi alla verità e alla giustizia che si erano illusi di calpestare e saranno chiamati a rendere conto della loro crudeltà e della loro viltà dinanzi alla Nazione.
Dal discorso completo, pronunciato da Roberto Scarpinato alla commemorazione per il ventennale dalla strage di Capaci il 19 ottobre 2012.

Procuratore aggiunto indagato perché accusato di essere una “talpa”…

 Ho appena finito di leggere un libro che racconta la storia di un uomo… passato alla storia con il nome di “ultimo”… un Capitano che grazie alla sua tenacia, riusci a catturare il capo dei capi di “Cosa nostra” Totò Riina…

Ciò che molti hanno dimenticato o che forse è stato volontariamente fatto passare in modo “distratto”, chissà forse perché era meglio eclissare su quanto avvenuto e cioè che proprio un procuratore aggiunto aveva tentato durante le proprie indagini di bloccarlo, lo stesso procuratore aggiunto, che poi fu indagato in varie inchieste, in quanto accusato di essere la “talpa” che informava faccendieri e funzionari pubblici delle inchieste sul G8 e sui Mondiali di Nuoto. 
Infatti, per ben due volte, il capitano Ultimo chiese al Procuratore aggiunto, l’autorizzazione per intercettare i telefoni degli imprenditori e dei funzionari delle opere pubbliche, finiti poi in manette, tra cui Diego Anemone, Angelo Balducci, Fabio Desantis e Mauro della Giovampaola… stranamente però le sue richieste non ebbero mai risposta!!!
Anzi…, come sempre succede da noi quando si rompono i coglioni…, il capitano fu esautorato dall’inchiesta, che per competenza passò così alla Procura di Roma. 
Per fortuna che la vicenda proseguì in gran segreto presso un’altra procura, precisamente quella di Firenze, dove furono svelati gli affari della cricca del G8…, anche perché ci si accorse che, le indagini in corso a Roma dalla Guardia di Finanza, erano “controllate” da un maresciallo “corrotto”, che si scoprì essere al “servizio” di Diego Anemone ( nelle indagini si scoprì che aveva assunto la moglie in una delle sue società… ), informandolo sempre delle attività in corso dalla Guardia di Finanza…. ed ancora, durante una perquisizione presso il proprio ufficio, Anemone informato che gli è era stato preso il proprio computer personale – nel quale era conservata tutta la contabilità delle sue società – dichiarava nell’intercettazione… “c’è questo e l’altro mondo”, ma per sua fortuna… la sua segretaria lo rassicurò: “da quello che sono riuscita a vedere stampavano solo gli elenchi del personale, dei lavori, ste’ cose qua, poi hanno spento il computer e se ne sono andati”.
Quando successivamente i carabinieri del Ros faranno successive perquisizioni, sicuri di ritrovare quel computer… non trovarono più nulla… il computer era scomparso.
Certamente per i colleghi del Ros, verificare e successivamente confermare quegli incontri, scoprire chi erano le talpe, non sarà stato molto piacevole e sicuramente si saranno sentiti fortemente imbarazzati e addolorati per quel disagio, nello scoprire la reale vicenda… ma almeno loro, il proprio compito l’hanno fatto bene!!!
Comunque… alla fine sono stati tutti condannati… mentre l’ex procuratore aggiunto di Roma, Achille Toro, ha patteggiato 8 mesi di reclusione, con pena sospesa, per il reato di rivelazione di segreto di ufficio nell’ambito dell’inchiesta sul G8 e sui cosiddetti “Grandi Eventi”….
Una infame accusa quella per l’ex procuratore, già sapere di essere stato accusato per aver rivelato notizie su un procedimento trattato presso il suo ufficio, non è proprio quanto di meglio uno si aspetti di finire la propria carriera… un futuro macchiato, ma soprattutto quell’onore perso…
I legali – ma quella giustamente è la loro professione – hanno dichiarato che la scelta del patteggiamento “non è un’ammissione di colpa ma una scelta processuale”…, ma non esiste ( per come essi stessi hanno spiegato ) alcuna scelta nel patteggiare… neanche se fatta fatta “per mettere fine ad una brutta storia“… perché la storia non finisce mai, finché la propria coscienza non trova pace con se stessa, dimostrando sempre ed ovunque la propria innocenza!!!
Ma per essere innocenti… bisogna per prima cosa essere onesti… e purtroppo in questo nostro paese, non ci si può più fidare di nessuno… nemmeno di quanti dovrebbero rappresentare quelle fondamenta…veri principi d’onestà!!! 
La verità è che in fondo non serve nessuna lezione morale da certi “uomini di legge“, infatti, poter agire secondo giustizia… permetterà sempre noi, non soltanto di sorprendere costoro… ma soprattutto di poter stupire tutti gli altri!!!
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