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Quando la scienza rifiuta il confronto. Non resta che incontrare la Prof.ssa Celeste Saulo e il Prof. Jan Barani.


Facendo seguito a quanto avevo riportato nel post di ieri – avevo anticipato la mia intenzione di contattare il Dott. Grassi per un aggiornamento – beh, l’ho fatto, e lui mi ha risposto quasi subito, con una chiarezza che non ammette repliche.

La sua risposta ha il suono secco di un’ammissione che conferma ogni più fondato sospetto. Non solo mi ha confermato la correttezza di quanto avevo ricostruito, ma ha aggiunto altri dettagli essenziali che rendono il quadro ancor più fosco.

Mi ha riferito (e quindi confermato) ad esempio, che per ben due volte è stato modificato lo schermo della stazione senza che il SIAS comunicasse al pubblico l’avvenuta modifica, e soprattutto senza spiegarne le ragioni. Questo non è più solo incuria, ma un pattern di opacità volontaria, una sistematica alterazione della scena senza rendere conto a nessuno.

E poi, il cuore della questione si sposta a Torino, al Laboratorio INRiM, quel tempio della metrologia che rappresenta il garante ultimo della veridicità del dato.

Il Dott. Grassi mi ha confermato che, nonostante le ripetute interlocuzioni compiute dal suo legale, il Laboratorio non ha dato riscontro alla sua richiesta di accesso agli atti o di confronto. Per cui, a differenza di quanto si pensava, il muro di silenzio, non è solo regionale, ma si erge anche di fronte a un Istituto Nazionale di altissima competenza.

Le sue parole successive squarciano il velo su quello che potrebbe essere il nodo cruciale di tutta la vicenda. Egli ricorda che nel documento tecnico-scientifico a firma di vari autori del laboratorio INRiM di Torino, con il quale la WMO ha poi deciso di approvare il record di 48,8°, è stato riportato che la stazione non era danneggiata e che dall’analisi delle foto non risultavano anomalie.

A questa affermazione il Dott. Grassi – vedasi le prove evidenziate da egli, link: https://www.meteoweb.eu/2025/07/caldo-sicilia-record-europeo-floridia-siracusa-agosto-2021-e-clamoroso-falso-storico/1001819097/?_gl=1m4g6uu_upMQ.._gaMTgyMDk3MzEzMS4xNzYxNjY2Mjg3_ga_KQG15EME6Z*czE3NjE2NjYyODQkbzEkZzAkdDE3NjE2NjYyODQkajYwJGwwJGgw – oppone una constatazione di un’evidenza disarmante, quasi un paradosso tragico: peccato che lo schermo solare avesse un buco in cui ci potevano entrare anche gli uccellini.

Questa immagine, così potente e grottesca, riassume da sola l’abisso che separa la realtà dei fatti dalla narrazione ufficiale. Da un lato, un documento scientifico di convalida che, basandosi su foto non specificate, asserisce l’integrità della strumentazione, dall’altro, la testimonianza oculare di un buco tale da poter accogliere un uccello.

Viene quindi spontaneo chiedersi: come si conciliano queste due verità? Quali foto sono state esaminate? E perché, di fronte a una discrepanza così macroscopica, non c’è stata la minima volontà di un confronto tecnico trasparente con chi quelle anomalie le ha documentate per anni?

Ciò che emerge, ormai in modo inequivocabile, non è più la storia di un semplice dato sbagliato, ma il racconto agghiacciante di come un dubbio, coltivato con tenacia e supportato da prove incontrovertibili, stia mettendo a nudo le crepe di un sistema che forse ha più a cuore la protezione di una narrazione e dei finanziamenti che essa genera, che non la pura, semplice e, in questo caso, tremendamente scomoda, accuratezza.

Il Dott. Grassi ha aggiunto di aver già richiesto un incontro ufficiale al World Meteorological Organization (WMO), indirizzando la richiesta direttamente alla Prof.ssa Celeste Saulo, Segretario Generale dell’organizzazione, e in copia anche al Prof. Jan Barani.

Da questo passaggio cruciale, posso già prevedere che a breve questo muro di gomma inizierà a mostrare tutte le sue incrinature, e sono certo che molti aspetti della storia verranno finalmente portati alla luce.

Lasciate quindi che concluda questa vicenda con un pensiero in versi:

Del sole che ha surriscaldato i sensori,

nessuno più ascolta i suoi colori.

Si spensero i sogni e i loro splendori,

povere misurazioni senza valori.

E del vento che avrebbe detto il vero,

non resta che un silenzio bugiardo e severo.

Delle temperature… mani velate

ne han falsato le cifre incantate.

A Vienna si discute della credibilità perduta della meteorologia. E il caso “Sicilia” è al centro della polemica.


Come molti di voi sapranno, il record di temperatura di 48.8°C registrato a Siracusa l’11 agosto 2021 è stato ufficialmente convalidato dopo un attento esame.
Ciò che in pochi sanno – e che emerge da documenti ufficiali – è che l’indagine metrologica alla base di quella convalida è stata condotta nell’ambito del progetto “Climate Reference Station” (CRS-EMPIR).

Questo progetto, di altissimo profilo scientifico, è stato cofinanziato dal programma EMPIR e dall’Unione Europea attraverso Horizon 2020. La sua missione era chiara: sviluppare stazioni di riferimento climatologiche con strumenti metrologicamente validati per aumentare l’accuratezza delle misurazioni e rafforzare la fiducia nei dati raccolti. In altre parole, doveva eliminare ogni dubbio, ogni incertezza, ogni possibile bias ambientale che potesse inficiare i dati cruciali per lo studio del cambiamento climatico.

Difatti, la stazione di riferimento climatica installata dal progetto vicino a Torino, in Italia, è un gioiello di precisione, installata in un’area specifica libera da ostacoli e conforme alle rigorose raccomandazioni dettate dal “World Meteorological Organization”(WMO). I suoi dati sono così pregiati da essere stati proposti per entrare a far parte della ristretta cerchia di stazioni di riferimento della “GCOS Surface Reference Network” (GSRN).

Cosa significa tutto questo? Significa che la convalida del record di Siracusa non è stata un’operazione routine. È stata un’operazione di altissima scienza, condotta con la metodologia più avanzata e rigorosa al mondo, sotto l’egida dei programmi di ricerca più prestigiosi d’Europa.

La domanda allora che sorge spontanea, e che ancora attende una risposta chiara, è: perché tanta metrologia avanzata per convalidare un dato, e poi, forse, così poca trasparenza su tutto ciò che quel dato ha scatenato a livello istituzionale e sulle responsabilità di chi avrebbe dovuto prevenire le conseguenze di tali eventi estremi?

Infatti, mentre riflettevo su questa contraddizione, mi sono ritornate in mente le parole pronunciate dal Dott. Grassi che ora risuonano con una precisione quasi profetica: Il mio impegno – aveva affermato – è integralmente sostenuto con le mie finanze ed è soprattutto animato dal principio di verità. Posso altresì affermare di essere autonomo e indipendente a qualsiasi logica di potere, ma alla luce di quanto ho potuto direttamente verificare, ritengo inammissibile che un falso record sia stato convalidato da Enti, Organizzazioni, Istituti che dovrebbero ispirarsi esclusivamente al rigido metodo scientifico. In queste modalità, viceversa, ho riscontrato molte opacità.

Una dichiarazione che quando mi era stata – ufficialmente – comunicata, aveva sollevato un interrogativo ineludibile: chi beneficia di questa opacità e a quali finanziamenti pubblici, magari erogati proprio per garantire trasparenza e accuratezza, si è attinto, già… mentre un dato così fragile veniva elevato a verità indiscutibile?

La sua riflessione poi si è fatta ancora più penetrante, svelando retroscena che hanno gettano una luce sinistra sull’intera vicenda. Il SIAS – secondo il Dott. Grassi – dopo la registrazione del record, ha sostituito (per ben due volte) lo schermo bucato, sostituendolo con altri a norma.

Ora… di queste modifiche il SIAS non ha mai dato comunicazione ufficiale, difatti – sempre secondo il geologo Grassi – quest’ultima ha rimosso il secondo schermo dove alloggiava un altro sensore, sempre senza comunicarlo. Insomma, la stazione è stata modificata all’insaputa di tutti, egli ritiene che quanto sopra sia avvenuto nel tentativo di normalizzarla, ovvero di eliminare quella sovrastima sistemica che quasi proprio in quei i giorni quella stazione registrava.

Difatti, il dott. Grassi proseguendo ha commentato: Mi sono convinto che questo record di 48,8° serviva – o forse serve – a qualcuno per creare allarmismo climatico e incutere spavento alla popolazione.

Perché? Semplice dichiara Grassi: da questo allarmismo si generano nuovi dibattiti, nuove politiche economiche, insomma diventa più facile condizionare le nostre società. Affermare che siamo sulla soglia dei 50° ha un impatto devastante verso l’opinione pubblica, perché suscita grande panico. È qui che il dubbio si fa concreto: quanti progetti, quanti finanziamenti europei e nazionali legati alla cosiddetta transizione ecologica o all’adattamento climatico trovano la loro ragion d’essere in narrazioni costruite su dati così incerti? Ed allora, ecco che viene spontaneo chiedersi: “Chi trae vantaggio da questo panico indotto”?

Ma nel frattempo – in attesa di comprendere (come tanti di voi) cosa sia realmente accaduto – e dopo aver letto e ascoltato in un video pubblicato su Youtube le parole del Dott. Grassi e del suo legale, si… proprio mentre venivano poste quelle domande, è giunta da Vienna, dal Meteorological Technology World Expo 2025, una conferma sconcertante che dà un peso internazionale a quei miei primi, solitari dubbi, quando iniziai a parlare di questo problema.

L’intervento di Jan Barani, uno dei massimi esperti internazionali in strumentazione meteorologica, ha sollevato proprio il caso del termometro malfunzionante della stazione SIAS in Sicilia, citando esplicitamente il lavoro del geologo Alfio Grassi.

Barani ha parlato di come la meteorologia stia perdendo credibilità, afflitta dal “teatro delle schede tecniche”, dove le specifiche dei sensori mostrano buone performance in laboratorio, ma non riescono a mantenere la stessa accuratezza in condizioni reali. Ha evidenziato altresì come un errore di 3°C, – proprio come quello documentato dal Dott. Grassi – comporti una distorsione del 30% nelle previsioni, influenzando gravemente le previsioni energetiche e climatiche.

Ecco, allora, che inizio a pensare che i miei sospetti non erano affatto campati in aria, ma trovano ora un riscontro autorevole, sì… in una sede prestigiosa, trasformando una questione che ipotizzavo “locale”, in un simbolo di una crisi di fiducia globale.

Sappiamo tutti come dopo l’intervista realizzata al Dott. Grassi, egli, non abbia alcuna intenzione di fermarsi, tanto da avermi anticipato d’aver inoltrato, richiesta di accesso agli atti, al Laboratorio Metrologico INRiM di Torino, dove per l’appunto, era stato effettuato il test di calibratura della strumentazione della stazione di Floridia allo scopo di convalidare il record.

Confido in un celere riscontro – aveva sottolineato Grassi alcuni giorni fa – al fine di fugare alcuni miei sospetti. È l’ultimo, necessario tassello di un’indagine che vuole arrivare fino in fondo, per scoprire non solo la verità su un singolo termometro, ma su un sistema che sembra aver smarrito il suo legame con il rigore scientifico, preferendo alimentare una narrazione utile piuttosto che affrontare la complessità della realtà.

E difatti il Dott. Grassi aveva anticipato che pensava di inoltrare richiesta di accesso agli atti al Laboratorio Metrologico INRiM di Torino, dove era stato per l’appunto effettuato il test di calibratura della strumentazione della stazione di Floridia allo scopo di convalidare il record.

Cosa aggiungere (ho pensato ieri – mentre stavo scrivendo questo post – di contattare per mail il Dott. Grassi, per sapere se nel frattempo egli abbia ricevuto le risposte ufficiali che desiderava) ciò che alla fine emerge non è solo la storia di un dato sbagliato, ma il racconto di come un dubbio, coltivato con tenacia e supportato da prove, stia lentamente smontando una verità imposta, rivelando crepe in un sistema che forse ha più a cuore il consenso e il finanziamento che la pura, semplice e a volte scomoda, accuratezza.

Non mi resta che promettere ai miei lettori che, se vi saranno nuovi sviluppi, farò in modo di farveli conoscere.