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18 miliardi per i Castro, zero acqua per il popolo: il vero costo del regime cubano.

Secondo il sottoscritto, è ormai giunto il momento di mettere fine al governo della famiglia Castro, che dal 1959 – anno in cui Fidel avviò il proprio mandato con l’instaurazione del regime socialista – ha dimostrato, nel corso di oltre sei decenni, di aver fallito tragicamente gli obiettivi di sviluppo e benessere per il popolo cubano. 

In questi 66 anni, la popolazione ha subito una profonda crisi sociale ed economica, segnata da carestie, scarsità di beni essenziali e una sistematica negazione delle minime garanzie democratiche.

Mentre oltre un milione di cubani vive senza acqua potabile, il patrimonio della famiglia Castro supera i 18 miliardi di dollari. Una vergogna che stride con la realtà quotidiana di un paese in cui i blackout cronici impediscono persino il funzionamento delle pompe idrauliche. La situazione a Cuba non è più sostenibile: è un dramma umanitario che dura da decenni, e che oggi ha raggiunto livelli insostenibili.

Oltre alla fame e alla carenza di medicinali, un’emergenza idrica senza precedenti sta colpendo l’isola. Più di un milione di persone — su una popolazione di circa 9 milioni — non ha accesso all’acqua potabile, a causa del collasso delle infrastrutture idriche, aggravato dai continui blackout elettrici. Nelle province di Santiago, Holguín e Ciego de Ávila, i rubinetti sono asciutti da giorni. A L’Avana, 248.000 abitanti sono senza acqua da settimane. E il presidente dell’Istituto idrico statale, Antonio Rodríguez, ha dovuto ammettere sul Granma, il giornale ufficiale del regime, che “la situazione è drammatica”.

Eppure, mentre il popolo soffre, l’élite al potere accumula ricchezze inimmaginabili. Gaesa, il conglomerato militare creato da Raúl Castro negli anni ’90 per gestire la valuta pregiata dopo il crollo dell’Unione Sovietica, oggi controlla turismo, banche, commercio estero, negozi in dollari, trasporti e persino le rimesse degli emigrati. Si tratta di una holding di fatto privata, legata alla famiglia Castro e al vertice militare, immune a qualsiasi controllo pubblico o trasparenza. Il suo patrimonio è stimato in oltre 18 miliardi di dollari.

Con quella somma si potrebbero ricostruire città, pagare medici e insegnanti, modernizzare la rete elettrica, rilanciare l’agricoltura. Invece, il regime sceglie di consolidare il potere di generali e dirigenti comunisti, che oggi controllano il 40% del Pil ufficiale dell’isola. Un’economia non più statale, ma militarizzata.

Intanto, la repressione non si ferma. A luglio, l’ONG Prisoners Defenders ha registrato 25 nuovi prigionieri politici, portando il totale a 1.176 – un record storico. Tra loro c’è Marlon Brando Díaz Oliva, un giovane di 24 anni già condannato a 18 anni per le proteste del 2021 e nuovamente arrestato per “motivi ideologici”. Le carceri femminili, denuncia l’organizzazione, sono in condizioni disumane: mancano cure mediche, igiene di base, e spesso persino il cibo. E mentre l’isola sprofonda, mezzo milione di cubani ha scelto di fuggire negli ultimi due anni, lasciandosi alle spalle un’economia al collasso, salari irrisori e una polizia politica sempre più oppressiva.

Persino le catastrofi naturali diventano un banco di prova per l’incompetenza del regime. Pochi giorni fa, una violenta tromba d’aria ha allagato interi quartieri de L’Avana. Strade sommerse, case invase dall’acqua. Un fulmine ha messo fuori uso la rete elettrica, e la corrente è tornata solo dopo due ore, troppo tardi per far ripartire le pompe idrauliche. Le autorità hanno convocato riunioni d’emergenza e invitato alla calma, ma la popolazione è esasperata. I social si sono riempiti di video che mostrano l’incuria cronica: un sistema di drenaggio inesistente, manutenzione zero, e infrastrutture in rovina. Ogni acquazzone diventa una trappola mortale.

E mentre Cuba affonda, il regime continua a stringere accordi internazionali, presentandosi come vittima dell’embargo statunitense. Ma dietro queste dichiarazioni spesso propagandistiche si nasconde una spartizione di interessi geopolitici: Russia e Cina vedono nell’isola un avamposto strategico nel “cortile di casa” degli Stati Uniti. E così, mentre il popolo paga il prezzo di un sistema marcio, il dollaro ha superato i 400 pesos cubani sul mercato nero – un nuovo record – che evidenzia il divario abissale tra chi ha accesso alla valuta estera e chi è condannato alla miseria.

Allora, che cosa si nasconde dietro questi incontri e queste alleanze? Perché, nonostante il collasso economico e sociale, il regime resiste?

La risposta è semplice: perché c’è chi, fuori dall’isola, ha interesse a mantenerlo in vita. E mentre i Castro e i loro alleati continuano a spartirsi potere e ricchezze, il popolo cubano è lasciato al buio, senza acqua, senza cibo, e senza speranza.

. أرجو منكم إطلاق سراح الصحفية تشيشيليا سالا ,عزيزي آية الله علي خامنئي،

سيدي الرئيس والمرشد الأعلى لإيران، أتوجه إليكم بتواضع واحترام عميق، ملتمسًا منكم النظر في إطلاق سراح تشيشيليا سالا، الصحفية المستقلة المحتجزة حاليًا في بلادكم. إيران، التي كانت دائمًا مهدًا للتاريخ والثقافة والجمال، تألقت كمنارة جيوسياسية، مؤثرة عبر القرون على العديد من الثقافات والشعوب واللغات.

بصفتي مدونًا متواضعًا، مدركًا لمدى رقة الخيط الذي يفصل أحيانًا بين المعلومات والرأي، أعبر عن إعجابي العميق بشجاعة من هم مثل تشيشيليا، الذين يقفون في الخطوط الأمامية لرواية العالم. أشارك أيضًا العبء الأخلاقي الناتج عن إعطاء صوت للواقع الأكثر تعقيدًا، مثل تلك الموجودة في أوكرانيا والشرق الأوسط وغيرها من الأماكن التي تعاني من النزاعات.

أن تكون صحفيًا هو في كثير من الأحيان مهمة شاقة: لا يعني ذلك فقط السرد، بل أيضًا أن تكون صدىً لمشاعر واهتمامات المجتمع المدني الذي تتواصل معه. ومع ذلك، في حالة تشيشيليا سالا، لا يوجد شك في التزامها كمهني أخلاقي ومستقل.

الجمهورية الإسلامية الإيرانية، التي تبرز بديمقراطيتها وتسامحها وتقدمها العلمي، تمكنت من مواجهة تحديات هائلة، من العقوبات الاقتصادية إلى آثار الجائحة. هذا الروح من الصمود والانفتاح يجعلني أثق في فهمكم ورحمتكم.

بصفتكم مرشدًا وأبًا للشعب الإيراني، أنتم أكثر من يفهم أن الأب، رغم تصحيحه لأخطاء أبنائه، يكون دائمًا مستعدًا لمد يد العون لدعمهم وتوجيههم نحو مستقبل أفضل. وفي هذا السياق، أطلب منكم فتح قلبكم والسماح لتشيشيليا سالا بالعودة إلى أحبائها.

كوالد لابنتين، إحداهما في نفس عمر تشيشيليا، أستطيع أن أتخيل الألم والقلق الذي تعيشه عائلتها. كما تعلمون جيدًا، يدعو القرآن الكريم إلى الرحمة ويعلمنا أن حتى الخطيئة يمكن أن تُغفر من خلال التعاطف الإلهي.

آية الله خامنئي، أتوجه إليكم اليوم ليس كسياسي أو صحفي، بل كإنسان يتمنى السلام والطمأنينة لجميع شعوب العالم. إنها دعوة بسيطة: اسمحوا لتشيشيليا سالا بالعودة إلى وطنها. أعبر عن امتناني العميق لإصغائكم إلى هذه الكلمات وللوقت الذي خصصتموه لهذا التضرع المتواضع.

Traduzione: 

Ayatollah Ali Khamenei,  La prego di liberare la giornalista Cecilia Sala.

Presidente e Guida Suprema dell’Iran, mi rivolgo a Lei con umiltà e profondo rispetto, implorando la Sua considerazione per la liberazione di Cecilia Sala, una giornalista indipendente attualmente detenuta nel Suo Paese. L’Iran, da sempre culla di storia, cultura e bellezza, ha brillato come faro geopolitico, influenzando nei secoli innumerevoli culture, popoli e lingue.

Come umile blogger, consapevole della fragilità del filo che talvolta separa l’informazione dall’opinione, ammiro profondamente il coraggio di chi, come Cecilia, si trova in prima linea per raccontare il mondo. Condivido anche l’onere morale che deriva dal dare voce alle realtà più complesse, come quelle dell’Ucraina, del Medio Oriente e di altri luoghi tormentati dai conflitti.

Essere giornalista è spesso un compito arduo: significa non solo narrare, ma anche farsi eco delle emozioni e delle preoccupazioni di una società civile con cui si entra in contatto. Tuttavia, nel caso di Cecilia Sala, non vi è alcun dubbio sul suo impegno come professionista etica e indipendente.

La Repubblica Islamica dell’Iran, che si distingue per la sua democrazia, tolleranza e avanzamento scientifico, ha saputo affrontare sfide immani, dalle sanzioni economiche agli effetti della pandemia. Questo spirito di resilienza e di apertura mi porta a confidare nella Sua comprensione e misericordia.

Come guida e padre del popolo iraniano, Lei meglio di chiunque può comprendere che un padre, pur correggendo gli errori dei propri figli, è sempre pronto a tendere una mano per sostenerli e guidarli verso un futuro migliore. Ed è in questa luce che Le chiedo di aprire il Suo cuore e consentire a Cecilia Sala di tornare dai suoi cari.

Da genitore di due figlie, di cui una coetanea di Cecilia, posso immaginare il dolore e l’angoscia che i suoi familiari stanno vivendo. Come Lei ben sa, il Sacro Corano invita alla misericordia e insegna che persino il peccato può essere redento attraverso la compassione divina.

Ayatollah Khamenei, oggi mi rivolgo a Lei non come politico o giornalista, ma come uomo che desidera pace e serenità per tutti i popoli del mondo. La mia è una semplice preghiera: permetta a Cecilia Sala di tornare a casa. Le sono profondamente grato per aver ascoltato queste parole e per il tempo che ha dedicato a questa umile supplica.

Nicola Costanzo

I "cretini della mafia"!!!

E torniamo sempre al “bisogno di cretino” che ha la mafia, che viene ricordato proprio da Falcone nel suo libro “Cose di Cosa Nostra” con quell’apologo che fa riferimento a Frank tre dita… (Frank Coppola), i bisogni di “cretini della mafia“… 

Ma noi glieli forniamo tutti i giorni… eccoli qua… di che cosa avete bisogno???
Di gente che non capisce… pronta… eserciti!!!
Che poi però hanno le magliette, ci hanno riportati i nomi sulle magliette, vanno a fare le fiaccolate e non capiscono… basta il primo che arrivi che gli parli di diritti umani e dicono: certo è vero…

Perché noi cosa abbiamo detto che i diritti umani non ci vogliono???
La domanda a cui bisogna rispondere è un’altra: “perché in questo Paese si parla di diritti umani solo per i boss mafiosi”???
Questa è la vera domanda…
Perché è chiaro che qui ci sono dei processi di costruzione di un’idea di legalità che nasce da un’esigenza sentita da persone che devono fare i conti con una punizione delle istituzioni e che hanno i mezzi attraverso i loro avvocati, e attraverso…
E poi mettiamoci anche alcuni magistrati di sorveglianza che secondo me non sanno neanche cosa amministrano, come sono stati possibili certe scarcerazioni, certe autorizzazioni come sono state possibili tanto che poi li hanno rimandati indietro e allora hanno sbagliato??? Possiamo sapere le persone che hanno sbagliato così gravemente se saranno sanzionate???
Perché un errore è possibile commetterlo in buona fede, ma 100 errori in cattiva fede non è possibile commetterli!!!
Questo è un tema importante… come vedete s’incomincia da una questione ma se la si affronta per davvero, il problema non è i diritti umani, il problema è come lo Stato si attrezza per combattere la mafia???
Quali sono le culture con cui le persone che rappresentano lo Stato nelle differenti funzioni si confrontano con un tema che sta facendo tremare il paese da più di un secolo e mezzo…
Quali sono le ragioni per cui nel diritto non nasce la cultura Antimafia e pure la mafia è il massimo avversario del diritto dello stato di diritto, ma il diritto non si occupa di mafia… perché???
Allora bisogna ragionare c’è anche una sociologia delle professioni che va considerata,  c’è il problema della memoria… Io ricordo ero in aula quando venne approvato il 41 bis, ed eravamo un pomeriggio… entrò il Ministro della Giustizia Claudio Martelli terreo, perché il clima era ancora quello della strage, credo fossero passate due settimane, tre settimane dalla strage di via D’Amelio e accanto a me c’erano deputati alcuni molto legati (e devo dirlo) diciamo magistratura democratica contraria, io ho detto: sentite a me un Parlamento che piange per Borsellino e poi boccia la sua legge tre settimane dopo che è morto, sembra assolutamente inutile!!! 

Poi ci fu un voto quasi all’unanimità, ma io ricordo tutti i dubbi che venivano seminati, sono livelli di costruzione incompatibili con lo stato democratico…
Ma è compatibile con stato democratico che chi è in carcere ordini l’assassinio dei suoi avversari e poi prendi a champagne e ostriche dopo che riceve la notizia che quella persona è stata uccisa??? Questo da parte della democrazia??? 
Io vorrei averli di fronte questi qui… vorrei avere di fronte soprattutto i miei allievi che vanno a dire queste cose, per capire cosa ho sbagliato, cosa non gli ho insegnato, quali sono le sirene che stanno ad ascoltare adesso, con chi parlano, questo mi piacerebbe sapere…
(Prof. mi permetta di aggiungere: forse i cretini della mafia!!!)
Concludendo:
Io sono entrato nel maxi-processo accusato come giustizialista, di essere giustizialista, andavo a chiedere giustizia per mio padre e mi accusavano di essere giustizialista è il giornale… “Il Giornale” di Montanelli – sempre celebrato – scriveva: ed ora gli orfani tacciano!!!
Queste sono le cose che per età nessuno sa, ma io che le ho vissute sulla mia pelle me le ricordo tutte, tutte!!!
Quello che mi dispiace è che se continui a parlare di “giornata della memoria”, del bisogno della memoria, la memoria… la memoria… poi la memoria non c’è e si dissolve… come neve al sole, ammesso che sia il sole quello che abbiamo sentito in questi giorni…
Difatti, come non dare al Prof. Dalla Chiesa ragione su tutto, su quanto detto, già… una vera e propria lezione di vita, ancora grazie professore… 

Amnesty international… è sono 50!!!

Amnesty International ha compito cinquant’anni…
Per chi non lo sapesse, è un’Organizzazione non governativa indipendente e rappresenta il più grande movimento globale difensore dei diritti umani, si riconosce nei principi della solidarietà internazionale. L’associazione fondata nel 1961 dall’avvocato inglese Peter Benenson, iniziò lanciando una campagna per l’amnistia dei prigionieri di coscienza. 
Sono più di un milione le persone che condividono la stessa concezione dei diritti umani in tutto il mondo e che hanno la possibilità di agire rapidamente ed efficacemente sin dal momento in cui ad Amnesty perviene notizia di abusi che, rientrano nella sua missione. 
Queste persone lottano per i diritti umani in modi diversi. Ci sono i soci iscritti all’organizzazione e si uniscono ai gruppi e partecipano alle campagne. I donatori sostengono questo lavoro con contributi finanziari, ed infine molte persone assistono il movimento anche soltanto firmando una petizione di Amnesty International a un tavolino.
In questi anni, Amnesty ha messo a punto nella lotta contro le violazioni dei diritti umani, la cosiddetta ” campagna internazionale “; questa è una delle più impegnative. in particolare, una campagna su un paese o su un tema coinvolge a tutti i livelli il movimento e prevede l’utilizzo delle più diverse tecniche per la sensibilizzazione dell’opinione pubblica e la pressione verso i governi violatori: vengono inviati appelli, sono contattate le ambasciate, vengono organizzati eventi pubblici, ed infine si svolgono attività di lobby presso i governi e le organizzazioni internazionali.
Il lavoro di Amnesty per i singoli casi di vittime di violazioni dei diritti umani rimane il cuore delle attività dell’intero movimento, di tutti gli attivisti nel mondo, attraverso gli appelli, le lettere e la pressione costante sui governi responsabili.
Il socio singolo può partecipare anche agli appelli, inviando lettere per contribuire alla pressione internazionale esercitata dal movimento su casi specifici, attraverso migliaia di cartoline, telegrammi, lettere, fax, messaggi di posta elettronica creano intorno ai casi una visibilità e un interesse che mettono in seria difficoltà i governi. 
La dimostrazione è data dai molti prigionieri liberati grazie ad Amnesty!!!
Nel 73′ è nata la tecnica delle azioni urgenti, cioè quando è fondamentale agire immediatamente. 
E’ stata infatti ideata per contrastare l’uso sistematico della tortura, che spesso si concentra nei primi momenti dopo l’arresto, quando è necessario intervenire in tempi rapidissimi per far sentire alle autorità la pressione dell’opinione pubblica.
Un’altra modalità di azione utilizzata da Amnesty è quella della crisi, che viene attivata quando in un paese si verifica un aggravamento delle violazioni dei diritti umani a causa di guerre, conflitti interni, catastrofi ambientali o altre situazioni di emergenza. Il meccanismo della “crisis-response” prevede tante attività fortemente concentrate per fermare gli abusi sui civili e per contribuire a porre i diritti umani al centro di ogni azione della comunità internazionale.
Parte del lavoro di Amnesty è fare richieste e pressione sui governi, rendere pubbliche le loro violazioni e inviare raccomandazioni sul rispetto dei diritti umani, con una delicata attività di rapporti con le istituzioni: le autorità italiane, l’Unione europea, le Nazioni unite e le altre Organizzazioni intergovernative.
Un altro aspetto fondamentale dell’impegno di Amnesty è quello dell’ educazione ai diritti umani. Un processo di lungo periodo che costituisce una strategia preventiva efficace di difesa della dignità e della libertà di ogni individuo. Un lavoro che parte dalle scuole ma si estende a tutti gli ambiti della formazione.
Auguri quindi e grazie per quanto fate…per la mia libertà e per la libertà di tanti… grazie per quella forza, per quella coerenza, per quella determinazione nella lotta, per quella generosità che esalta l’essere umano… grazie perchè con Voi, attraverso i vostri sforzi, il diritto fondamentale alla libertà, alla giustizia, il fondamentale rispetto della dignità umana, potrà sempre essere in ogni luogo garantito…; ad Amnesty International tutta la mia gratitudine, la mia ammirazione e la sempre presente disposizione a collaborare in tutto quanto sia necessario.

Amnesty international… è sono 50!!!

Amnesty International ha compito cinquant’anni…
Per chi non lo sapesse, è un’Organizzazione non governativa indipendente e rappresenta il più grande movimento globale difensore dei diritti umani, si riconosce nei principi della solidarietà internazionale. L’associazione fondata nel 1961 dall’avvocato inglese Peter Benenson, iniziò lanciando una campagna per l’amnistia dei prigionieri di coscienza. 
Sono più di un milione le persone che condividono la stessa concezione dei diritti umani in tutto il mondo e che hanno la possibilità di agire rapidamente ed efficacemente sin dal momento in cui ad Amnesty perviene notizia di abusi che, rientrano nella sua missione. 
Queste persone lottano per i diritti umani in modi diversi. Ci sono i soci iscritti all’organizzazione e si uniscono ai gruppi e partecipano alle campagne. I donatori sostengono questo lavoro con contributi finanziari, ed infine molte persone assistono il movimento anche soltanto firmando una petizione di Amnesty International a un tavolino.
In questi anni, Amnesty ha messo a punto nella lotta contro le violazioni dei diritti umani, la cosiddetta “ campagna internazionale ”; questa è una delle più impegnative. in particolare, una campagna su un paese o su un tema coinvolge a tutti i livelli il movimento e prevede l’utilizzo delle più diverse tecniche per la sensibilizzazione dell’opinione pubblica e la pressione verso i governi violatori: vengono inviati appelli, sono contattate le ambasciate, vengono organizzati eventi pubblici, ed infine si svolgono attività di lobby presso i governi e le organizzazioni internazionali.
Il lavoro di Amnesty per i singoli casi di vittime di violazioni dei diritti umani rimane il cuore delle attività dell’intero movimento, di tutti gli attivisti nel mondo, attraverso gli appelli, le lettere e la pressione costante sui governi responsabili.
Il socio singolo può partecipare anche agli appelli, inviando lettere per contribuire alla pressione internazionale esercitata dal movimento su casi specifici, attraverso migliaia di cartoline, telegrammi, lettere, fax, messaggi di posta elettronica creano intorno ai casi una visibilità e un interesse che mettono in seria difficoltà i governi. 
La dimostrazione è data dai molti prigionieri liberati grazie ad Amnesty!!!
Nel 73’ è nata la tecnica delle azioni urgenti, cioè quando è fondamentale agire immediatamente. 
E’ stata infatti ideata per contrastare l’uso sistematico della tortura, che spesso si concentra nei primi momenti dopo l’arresto, quando è necessario intervenire in tempi rapidissimi per far sentire alle autorità la pressione dell’opinione pubblica.
Un’altra modalità di azione utilizzata da Amnesty è quella della crisi, che viene attivata quando in un paese si verifica un aggravamento delle violazioni dei diritti umani a causa di guerre, conflitti interni, catastrofi ambientali o altre situazioni di emergenza. Il meccanismo della “crisis-response” prevede tante attività fortemente concentrate per fermare gli abusi sui civili e per contribuire a porre i diritti umani al centro di ogni azione della comunità internazionale.
Parte del lavoro di Amnesty è fare richieste e pressione sui governi, rendere pubbliche le loro violazioni e inviare raccomandazioni sul rispetto dei diritti umani, con una delicata attività di rapporti con le istituzioni: le autorità italiane, l’Unione europea, le Nazioni unite e le altre Organizzazioni intergovernative.
Un altro aspetto fondamentale dell’impegno di Amnesty è quello dell’ educazione ai diritti umani. Un processo di lungo periodo che costituisce una strategia preventiva efficace di difesa della dignità e della libertà di ogni individuo. Un lavoro che parte dalle scuole ma si estende a tutti gli ambiti della formazione.
Auguri quindi e grazie per quanto fate…per la mia libertà e per la libertà di tanti… grazie per quella forza, per quella coerenza, per quella determinazione nella lotta, per quella generosità che esalta l’essere umano… grazie perchè con Voi, attraverso i vostri sforzi, il diritto fondamentale alla libertà, alla giustizia, il fondamentale rispetto della dignità umana, potrà sempre essere in ogni luogo garantito…; ad Amnesty International tutta la mia gratitudine, la mia ammirazione e la sempre presente disposizione a collaborare in tutto quanto sia necessario.