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TV e pubblicità: perché solo volti noti? È ora di dare voce alla gente normale!

Negli ultimi decenni, la pubblicità e il mondo dei commentatori (sportivi, politici, cronaca, etc…) hanno sempre più spesso puntato su testimonial famosi: attori, cantanti, influencer, ex atleti e volti noti dello spettacolo

Una scelta che, se da un lato sembra garantire maggiore visibilità e appeal, dall’altro solleva una serie di interrogativi etici, sociali ed economici.

Già… perché continuare a investire cifre esorbitanti in individui già benestanti, quando ci sarebbero migliaia di cittadini comuni in grado di svolgere quello stesso ruolo, spesso con maggiore autenticità e a costi decisamente inferiori? E, soprattutto, quali sarebbero i benefici sociali ed economici di una scelta diversa?

Partiamo da un dato di fatto: i personaggi famosi funzionano. Sono riconoscibili, trasmettono un’immagine di successo e, in molti casi, riescono a catturare l’attenzione del pubblico più rapidamente di un volto sconosciuto.

Come mi spiegava mia figlia Alessia, quasi tutte le ricerche sull’efficacia dei testimonial celebri cercano di definire le caratteristiche dell’endorser “perfetto”, indipendentemente dal prodotto. Questi studi si dividono in due scuole di pensiero: chi punta tutto sulla credibilità del personaggio (competenza e affidabilità) e chi invece guarda all’attrattività (familiarità, fascino ed empatia). Peccato che la realtà sia più complessa: quando un vip è pagato per fare pubblicità, il pubblico fiuta subito l’inganno e dubita della sua sincerità. Qualcuno propone soluzioni come il “two-side appeal“, dove si mostrano anche i difetti del prodotto, ma resta il fatto che difficilmente crederemo mai davvero a un testimonial stipendiato.

E poi c’è il discorso attrattività: certo, un volto famoso cattura l’attenzione, ma secondo me rischia di fare il contrario. Quando la celebrità è troppo “perfetta” o il prodotto troppo luccicante, scatta un rigetto. Non ci riconosciamo in quel mondo patinato, e finiamo per diffidare sia del prodotto che dello stesso testimonial. Forse è per questo che sempre più persone, come me, preferiscono volti normali e messaggi più autentici. Perché alla fine, tra un divo che recita copioni e una persona reale che ci somiglia, la scelta è semplice…

Peraltro, questo sistema ha creato un circolo vizioso dove soldi e visibilità vanno sempre agli stessi, lasciando fuori chi non entra nei giri giusti. Eppure ci sono migliaia di persone normali che, date le stesse opportunità, comunicherebbero messaggi pubblicitari o commenterebbero eventi con più autenticità – spesso meglio dei vip. Basti pensare a quanti spot con attori famosi suonano falsi, mentre una persona reale con una storia vera potrebbe risultare molto più credibile e vicina alla gente.
C’è poi il discorso costi: ingaggiare un personaggio famoso significa spendere cifre folli che poi paghiamo noi nei prezzi dei prodotti. Scegliere gente comune invece permetterebbe non solo di risparmiare (parliamo di stipendi normali, tipo 2.000€ al mese), ma anche di ridistribuire meglio la ricchezza, con benefici per tutta l’economia e la società. Due piccioni con una fava: più verità nei messaggi e più equità nei conti.

Lo stesso discorso vale per i commentatori, soprattutto in ambito sportivo. Quante volte ci capita di ascoltare ex calciatori o ex allenatori che, pur avendo avuto una carriera di successo, non brillano per capacità comunicative o approfondimento tecnico? Eppure, ci sono tantissimi esperti, magari meno noti, che potrebbero offrire analisi più interessanti e competenti. Dare spazio a queste figure non solo migliorerebbe la qualità dei contenuti, ma aprirebbe anche nuove opportunità di lavoro e carriera per chi non ha avuto la fortuna di diventare una star.

C’è poi una questione più ampia, che riguarda il modello di società che vogliamo costruire. Continuare a puntare sui personaggi famosi rischia di alimentare un sistema in cui la fama e il successo sono visti come gli unici obiettivi da raggiungere, spesso a discapito di valori come l’autenticità, la diversità e l’inclusione. Al contrario, scegliere di dare spazio ai cittadini comuni potrebbe promuovere nuova occupazione e, al tempo stesso, costituire un vero e proprio cambiamento culturale. Un cambiamento in cui si valorizzano le storie reali, le competenze e il talento di chi non ha avuto la possibilità di emergere.

Certo, non vorrei che qualcuno pensasse che i personaggi famosi debbano scomparire del tutto dalla pubblicità o dai media. Forse, però, è arrivato il momento di ripensare il modo in cui vengono utilizzati, magari integrandoli con volti nuovi e storie diverse. Immaginiamo, ad esempio, campagne pubblicitarie che uniscano la visibilità di un volto noto all’autenticità di un cittadino comune, o programmi televisivi che diano spazio a esperti competenti, anche se meno conosciuti. E ancora, perché non creare piattaforme che permettano a chiunque di partecipare a casting o selezioni, offrendo così opportunità a chi non ha avuto accesso ai circuiti tradizionali?

In fondo, la pubblicità e i media non sono solo strumenti di marketing o intrattenimento: hanno anche un impatto sociale ed economico. Scegliere di dare spazio ai cittadini comuni non sarebbe quindi solo una questione di risparmio o di qualità, ma un modo per creare una società più equa, inclusiva e ricca di opportunità per tutti. E forse, per non dire sicuramente, è proprio questo il messaggio più importante che si dovrebbe trasmettere!

Il sottoscritto, da tempo, ha scelto di evitare l’acquisto di prodotti “ossessivamente” pubblicizzati da personaggi noti, così come ha eliminato dalle proprie preferenze tutte quelle trasmissioni dominate da soliti volti famosi. Niente più programmi politici urlati, né servizi di cronaca nera che sfiorano il morboso. Lo stesso vale per lo sport: perché ascoltare commentatori che, pur avendo indossato maglie prestigiose, in campo non hanno mai brillato? Anzi, spesso si sono rivelati atleti mediocri – per usare un eufemismo.

E allora la domanda sorge spontanea: perché dovremmo dare credito a chi non ha titoli per parlare? La soluzione è semplice: boicottiamo i prodotti reclamizzati a reti unificate, cambiamo canale quando compaiono i soliti noti. Vedrete: quando gli ascolti caleranno e le vendite crolleranno, qualcosa comincerà davvero a cambiare. Perché nel mondo dei media e del marketing, solo il portafoglio del consumatore ha un vero potere di veto!

Arrè, cu sta cùoppula… da min….!!!

Non ci pozzu cririri: ana passatu rucentu anni… ie semu sempre n’do stissu puntu!!!
In occasione del vertice di Roma sull’Energia nell’ambito del G7 (conclusosi pochi giorni fa), è stata distribuita ai media questa foto, per promuovere l’evento successivo, quello cioè di Taormina …
Nella foto, si vede lo stereotipo siciliano di un tempo, ancora con la coppola, quasi una rarità, visto che ormai nessuno la usa più… se non forse qualche anziano “centenario” che ancora la possiede, sperduto tra le nostre montagne…
Eppure, i nostri meravigliosi esperti di promozione, l’hanno riproposta, chissà forse per ricordarci che oltre ad essere tutti “masculi e fimminari“, siamo dentro di noi ancora… mafiosi!!!
Ecco quindi il pseudo “amante” siciliano, che, con il suo sguardo ammaliante e quella sigaretta stretta tra le labbra, prova a conquistare la “femmina“… in modo passionale!!! 
Il look rappresentato è quello giusto… almeno quello del siciliano degli anni 20′-30′, con le bretelle e con quella abituale coppola di traverso, lo sguardo da grande conquistatore… mentre dall’altro lato, passeggia una bella ragazza… “timida”, con lo sguardo rivolto in basso e quel sorriso allusivo che fa credere quanto sia disposta a cedere, per potersi fare conquistare…
Ecco, è con questa foto che si sta promuovendo la nostra terra… la nostra bellissima Sicilia, dove colori e profumi sono unici al mondo, dove la cultura è presente in ogni pezzo d’argilla, dove l’azzurro del mare ed i rossi colori dell’Etna ne fanno una paesaggio invidiabile… loro di contro, questi esperti promotori cosa fanno… la rappresentano ancora oggi, nel 2017, con la coppola!!!
Ma vorrei sapere, girando per la nostra città… dove l’hanno mai incontrato uno con la coppola???

Certo, sono in molti ora a sentirsi offesi per quella immagine… nulla a che dire per i due modelli, che ripropongono perfettamente un periodo storico, ma cosa centra quell’immagine di ieri, con la Sicilia di oggi, con l’appuntamento del G7… vorrei capirlo.

Ho letto che sono in tanti a ritenere quella foto, oggettivamente brutta. io su questo aspetto non sono concorde!!! 
Sul lato estetico la foto non è messa in discussione… è ciò che rappresenta che ha dato particolarmente fastidio, perché serviva a promuovere non soltanto un evento mondiale, ma indirettamente essere di ausilio al nostro turismo e alla meravigliosa cittadina di Taormina… 
Ma chissà perché da noi, quando si tratta di turismo, invece di rappresentare semplicemente la realtà, il nostro territorio, le nostre bellezze, ecco che si cercano rappresentazioni… futili e distanti nel tempo!!!
Se avessero ad esempio scelto, per quella loro promozione, alcune foto di un mio carissimo amico con la passione della fotografia “Giuseppe Scalisi ” (basti guardate sul web o sul suo profilo social alcune foto pubblicate…), si sarebbe compresa da se – senza ulteriori e banali allusioni – la bellezza di questa nostra terra…
Sono in molti a non voler capire, quanto noi siciliani (certamente quanti onesti e lontani da quel mondo criminale), siamo stanchi d’essere paragonati a quel “merdoso” mondo mafioso, che ha saputo soltanto – in questi duecento anni -. gettare fango e discredito purtroppo, non soltanto su ciascuno di noi, ma ahimè, anche su questa nostra isola incantevole…
Ed allora, per concludere, pubblico alcune foto di come viene vista questa propria terra, da ciascuno di noi, veri e propri appassionati… siciliani!!!
P.s.: per favore, per la prossima volta, utilizzate foto bellissime come queste allegate… grazie!!!