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Ritorno al passato??? Sì… a tutte quelle promesse mai mantenute!!!

Vi ricordate l’8 Maggio 2001 quel propagandato “Contratto con gli italiani”???
Si??? 
E vi ricordate cosa c’era stato promesso???
No??? 
Tranquilli, sono le medesime promesse che quel nostro “incandidabile” politico, ci sta propinando in questi giorni, in prospettiva delle elezioni nazionali del 4 Marzo c.a.:
– Meno tasse per tutti
– Città più sicure
– Pensioni più dignitose
– Più lavoro per tutti
– Più cantieri per tutti
ma soprattutto la più bella di tutte: 
– Se non mantengo vado a casa!!!
Già allora ci era stato detto: “le promesse fatte si mantengono e se tutti i miei progetti per il Paese non verranno realizzati, me ne tornerò a casa mia, dove sto tanto bene” (Corriere della Sera, 27 aprile 2001).
Caz… sono passati 17 anni ed è ancora qui a raccontarci le medesime “minchiate“…!!! 
Riesaminiamo comunque quanto allora accaduto…   

1. Meno tasse per tutti

Abbattimento della pressione fiscale

– con l’esenzione totale dei redditi fino a 22 milioni di lire annui [11.362 euro, nda];

– con la riduzione al 23% dell’aliquota per i redditi fino a 200 milioni [103.291 euro, nda];

– con la riduzione al 33% dall’aliquota per i redditi sopra i 200 milioni;
– con l’abolizione della tassa di successione e della tassa sulle donazioni.»
Sì… la riduzione delle imposte è al primo posto del suo «Contratto con gli italiani».
Cinque anni dopo, la promessa non è stata mantenuta!!! 
Le due aliquote non sono entrate in vigore… 
La pressione fiscale complessiva è rimasta sostanzialmente immutata. 
Secondo il documento di programmazione economico e finanziaria del governo Berlusconi per il 2006-2009, era pari al 42,2% del prodotto interno lordo nel 2001; ed è scesa ad appena il 41,7% nel 2004. Secondo altre stime più attendibili, è anzi complessivamente aumentata con le tasse degli enti locali e le ondate di rincari delle tariffe.
L’unico obiettivo centrato è l’abolizione della tassa di successione e di quella sulle donazioni… 
Nel primo Consiglio dei ministri del Berlusconi, è stata approvata la riforma dell’imposta di successione. 

Una legge per super-ricchi. 
L’Ulivo aveva già abbattuto la tassa fino ai 350 milioni di lire per ogni erede con un’aliquota del 4%. 

Il 90% dei cittadini italiani era al di sotto della franchigia. 
A Berlusconi, però, non bastava.
Mentre Bill Gates si batteva per mantenere la tassa in America, il nostro premier l’aboliva, permettendo così ai suoi eredi di risparmiare in futuro (secondo una stima dello stesso Berlusconi…) almeno 58 miliardi di lire.

2. Città più sicure

«Attuazione del “Piano per la difesa dei cittadini e la prevenzione dei crimini” che prevede tra l’altro l’introduzione dell’istituto del “poliziotto, carabiniere o vigile di quartiere” nelle città con il risultato di una forte riduzione del numero dei reati rispetto agli attuali 3 milioni.»
Nel 2001, quando Berlusconi mette nero su bianco la sua seconda promessa, i reati commessi ogni anno in Italia non sono 3 milioni, ma 2.163.826, contro i 2.205.782 del 2000 (fonte Istat). 
Negli anni seguenti non solo non diminuiscono, ma aumentano. 
Dal rapporto Censis, reso pubblico il 3 dicembre 2004, si evince che nei primi 24 mesi di governo Berlusconi la criminalità ha ripreso a correre: tra il 2001 e il 2003 si verifica un incremento del 6,7% e il numero dei reati toccherà quota 2.456.826. 
All’inaugurazione dell’anno giudiziario 2005 il procuratore generale Francesco Favara segnala un’ulteriore crescita: tra il luglio 2003 e l’agosto 2004, i reati denunciati per i quali è stata iniziata l’azione penale sono il 3,7% in più dello stesso periodo del 2002-2003.

Dunque i reati sono aumentati nonostante l’introduzione del poliziotto di quartiere. Secondo il premier (se sempre a “Porta a Porta” nel 19 dicembre 2005), gli agenti e i militari impiegati in questo specifico servizio sarebbero 3701. 

A metà agosto del 2004, secondo il ministero dell’Interno, erano 1900 e operavano in 433 quartieri o zone da circa 10 mila abitanti. 
A ferragosto dell’anno successivo il Viminale assicurava che il loro numero era salito a 2200.
In ogni caso, per garantire un poliziotto di quartiere ogni 10 mila abitanti in tutto il Paese servirebbero almeno 5900 uomini, che diventerebbero più di 16 mila volendo alternarli in turni di otto ore. 
Lo stesso Berlusconi sembra rendersene conto… 
Infatti, in caso di rielezione, ha promesso di aumentarli fino a 10 mila. 
Nell’attesa, ha mancato anche il secondo obiettivo del Contratto.

3. Pensioni più dignitose
«Innalzamento delle pensioni minime ad almeno 1 milione di lire al mese.»
Il terzo punto del «Contratto con gli italiani» non ammette repliche. 
Già nella finanziaria 2001 il governo stanzia 2 miliardi e 169 milioni di euro per cercare di mantenere l’obiettivo. 
I soldi però non bastano.. e lo stesso governo, in una relazione tecnica, a stimare che quel denaro è sufficiente a «coprire» solo 2 milioni e 200 mila pensionati. 
Alla fine però solo un milione e 800 mila incasseranno effettivamente l’aumento. 
Ma gli aventi diritto, stando alla lettera della promessa, sono appunto il quadruplo. 
La UIL infatti calcola che gli anziani che nel 2001 ricevono ogni mese meno di 516 euro (pari a un milione di lire) sono 5.901.244, mentre secondo l’economista Tito Boeri, alla fine del 2002 sono addirittura saliti a 8 milioni!!! 
Insomma, per il 75% dei pensionati con meno di un milione di lire al mese l’impegno di Berlusconi non vale. 
Il perché è presto detto: Per mantenere la parola servirebbero ogni anno dagli 11,5 ai 17 miliardi di euro. 
Fino a un punto e mezzo del Pil. Una soluzione possibile sarebbe quella di aumentare le pensioni minime a tutti coloro che hanno compiuto 65 anni. 
Ma anche in questo caso il piatto piange: servirebbero 8,67 miliardi euro. 
Per questo si decide di aumentare solo la pensione minima a chi ha più di 70 anni, sempre che non cumuli un reddito di coppia superiore ai 6800 euro annui. 
In barba al Contratto con gli italiani, che non faceva alcuna distinzione. «Fatto l’annuncio, gabbato l’anziano», commenterà nel gennaio 2004 Dario Di Vico sul Corriere della Sera.

Il risultato è particolarmente odioso. 

Nei primi mesi del nuovo governo, centinaia di pensionati telefonano all’INPS reclamando inutilmente l’aumento. 
E alla fine qualcuno decide di passare alle vie legali. Nel 2006 Berlusconi viene citato in giudizio da una pensionata, Ida Severini, che gli contesta l’inottemperanza del Contratto. 
Il presidente del Consiglio dovrà presentarsi, accompagnato dai testimoni Bruno Vespa e Roberto Maroni (ministro del Welfare), il 28 febbraio davanti al giudice di pace di Roma. 
La Severini, 78 anni, nata a Recanati e residente a San Cesareo (Roma), lamenta la mancanza di 138 euro sulla sua pensione e rivela di aver votato Berlusconi alle Politiche del 2001: «Ho deciso di votarlo – spiega – proprio dopo averlo sentito annunciare il terzo punto del Contratto: l’innalzamento delle pensioni minime ad almeno 1 milione di lire al mese». 
Ha atteso quasi cinque anni invano. 
Poi ha deciso, appoggiata dall’Italia dei Valori e dalla Lista Consumatori, di trascinare il premier in tribunale per il mancato adempimento di una «promessa al pubblico», secondo quanto previsto dal Codice civile. 
Cause simili vengono intentate anche da pensionati di Udine e Bolzano.

4. Più lavoro per tutti

«Dimezzamento dell’attuale tasso di disoccupazione con la creazione di almeno 1 milione e mezzo di nuovi posti di lavoro».
Nei cinque anni di governo Berlusconi, i disoccupati sono diminuiti, ma di poco… non certo dimezzati!!!
Secondo Eurostat, nel gennaio 2001 il tasso dei senza lavoro era pari al 9,9%. 
Cinque anni dopo è sceso al 7,1%. 
Per dimezzarlo bisognerebbe toccare quota 4,95, obiettivo ormai irraggiungibile. 
Anche guardando i dati numerici, il milione e mezzo di nuovi posti è ben lontano dall’essere realizzato. 
Secondo i dati del Sole-24 Ore dell’8 gennaio 2006, l’incremento totale degli occupati tra il 2001 e il 2005 è stato in tutto di 1 milione e 74 mila unità. 
A questa cifra, già lontana dalla promessa iniziale, vanno oltretutto detratti gli immigrati clandestini che un lavoro l’avevano già prima del 2001 e che Berlusconi infila tra i «nuovi occupati» solo perché hanno regolarizzato la loro posizione uscendo dal sommerso: 343 mila persone sulle oltre 650 mila ammesse alla sanatoria. 
I nuovi posti scendono così a 731 mila: meno della metà di quelli promessi.
Comunque la si guardi, insomma, la clausola del contratto non è stata rispettata, anche se il ministro del Welfare Maroni assicura che sono stati creati «circa 2 milioni di posti di lavoro», senza peraltro specificare che nello stesso periodo ne sono andati perduti centinaia di migliaia. 
Ma non è tutto. Anche l’apparente crollo della percentuale dei disoccupati ha una spiegazione tutt’altro che incoraggiante: visto che il lavoro non si trova, molti iscritti alle liste di collocamento smettono di cercare un impiego e si cancellano dagli elenchi. 
Lo dice a chiare lettere proprio l’Istat nella sua relazione sulla disoccupazione: «Il motivo principale del calo è lo scoraggiamento dal cercare lavoro».
5. Più cantieri per tutti
«Apertura dei cantieri per almeno il 40% degli investimenti previsti dal “Piano decennale per le Grandi Opere” considerate di emergenza e comprendente strade, autostrade, metropolitane, ferrovie, reti idriche e opere idro-geologiche per la difesa dalle alluvioni.»
Secondo Il Sole-24 Ore del 6 gennaio 2006, nemmeno questo obiettivo – peraltro generico (aprire i cantieri non è la stessa cosa che costruire le opere) – è stato raggiunto. 
Alla luce dei dati disponibili forniti dal ministero delle Infrastrutture, si è raggiunto appena il 21,4% degli investimenti previsti dalla legge.Infatti sono stati appaltati cantieri per 51,2 miliardi su un totale di 173. 
E se anche nel giugno 2006 ci si arriverà, come garantito dal ministro Pietro Lunardi nel suo «bilancio sulla legge obiettivo a quattro anni dalla sua approvazione», si toccherebbe al massimo quota 25,4%… ben lontana dal traguardo del 40%.
Il ministero però sostiene che a giugno l’obiettivo sarà raggiunto e superato, arrivando al 45% delle opere «affidate e/o cantierate».
Ma l’affidamento di un’opera, pur rappresentando per molti versi un punto di non ritorno, è qualcosa di molto diverso dall’apertura di un cantiere. 
Esempio: l’appalto per la costruzione del ponte sullo Stretto di Messina. 
Il 24 novembre 2005 la realizzazione dell’opera è stata assegnata a Impregilo, ma prima che le ruspe si mettano al lavoro passerà molto tempo: si arriverà a fine 2006, secondo le stime della stessa impresa appaltatrice, o forse molto più tardi se ci saranno intoppi nella progettazione definitiva e/o esecutiva, nella verifica di impatto ambientale, nella successiva approvazione del Cipe, previo consulto con le regioni. 
In ogni caso, anche se il governo Berlusconi ha fatto qualcosina in più degli esecutivi precedenti, non si può certo sostenere che abbia mantenuto la quinta promessa.
6. Se non mantengo vado a casa
«Nel caso in cui al termine dei 5 anni di governo almeno 4 su 5 di questi traguardi non fossero stati raggiunti, Silvio Berlusconi si impegna formalmente a non ripresentare la propria candidatura alle successive elezioni politiche.»
Pur avendo mancato tutti e cinque i traguardi, Silvio Berlusconi si ricandida. 
Così non mantiene nemmeno il sesto e ultimo impegno…
Mi consenta… “Cavaliere” di dirLe quanto segue: Qui è tutto pronto… ci faccia quindi un ultimo favore; salga su quella macchina del tempo e sparisca una volta e per tutte dalla nostra vista (portando con se quei suoi attuali partner di coalizione…) perché vede, di tempo da perdere noi… non ne abbiamo più!!!

Uno su mille… ce la fa.

Sono in molti ogni giorno, coloro che tentano di sopravvivere con i pochi euro di pensione o di salario… e se pensate che mentre quattro pensionati su dieci non giungono a percepire nemmeno 1000 euro, ci sono invece circa 200mila pensionati che superano i 5.000 euro al mese, ma soprattutto c’è chi, in quanto pensionato nella cosiddetta fascia “oro”… riceve più di 15.000 al mese!!!
Ecco, già da questo si vede come in Italia, la diseguaglianza e la diversità di trattamento, tra chi ha dedicato tutta la propria vita a lavorare e quanti invece hanno saputo godere di quei meccanismi politico/marioli attraverso i quali e con solo pochi anni d’attività, sono giunti a percepire, grazie in particolare alle complicità di quanti, hanno in modo vergognoso governato questo ns. stato colluso, permettendo così, nel corso di questi 50 anni, di giungere alle attuali diseguaglianze sociali ed economiche…
Ancora oggi, con i cosiddetti “effimeri” tagli, sentiamo di soggetti che stanno andando in pensione con un tetto di circa 240.000 euro l’anno…
Non capisco perché, ognuno di Noi è costretto a ricevere dall’INPS, in percentuale, quanto giustamente versato negli anni della propria professione e c’è chi invece… riceve con quei pochi soldi versati, pensioni da favola!!!
E’ proprio l’immagine vergognosa del ns. paese, dove chi produce soffre e chi non fa un cazzo… gode!!!
Non si capisce come si può pensare ancora di andare avanti… di sentire quotidianamente le stesse cazzate da parte di questi inutili soggetti, messi lì a discutere e promuovere leggi “at personam”, senza mai effettuare una diminuzione di quei personali privilegi, di quelle spese inutili, di quei godimenti, quasi fossero diritto naturale, che vengono trasferiti ai propri “altrettanto rincog…. ” figli bamboccioni che, senza la manina del papà, non saprebbero neanche dove andare!!!
Molte volte mi chiedo, se sono io che vedo le cose per come non sono… oppure sono gli altri che non percepiscono la realtà ed immaginano, condizionati dalla propaganda messa in atto, di vivere in un paese fantastico… diverso da quello che vedo io.
Debbo forse credere che non ci sia più nessuno disposto a combattere per la propria dignità???
Come riporto nella mia pagina di Twitter: indignarsi non basta più….  
Non serve rimanere immobili ed attendere che il ns. paese vada alla sfascio, bisogna farsi sentire, unirsi tutti insieme, manifestare per il diritto di regole civili, di convivenza e di uguaglianza sociale…
Non può esistere e non potrà ancora resistere molto, alle spinte economiche e di sviluppo mondiali, un paese come il ns. che si regge soltanto, attraverso i finanziamenti ed i prestiti concessi dall’Europa, dalla Cina, Russia e USA…
Ogni giorno le ns. imprese chiudono, oppure vengono cedute a gruppi esteri, i licenziamenti sono quotidiani, la miseria sempre più visibile è ovunque nelle ns. strade, un paese che come una barca distrutta, barcolla tra diseguaglianze e disoccupazione. 
E’ evidente che i ns. governanti, non sanno dove mettere le mani ( o meglio quelli sanno dove metterle e cioè nelle ns. tasche… ma mi riferivo alla loro capacità d’individuare i problemi e trovare quei giusti correttivi… ), che a questa incertezza economica, non riescono a dare quella corretta programmazione, che permetta una equa gestione del welfare, e soprattutto che premia definitivamente la meritocrazia, lasciando a casa – definitivamente – questi figli di papà che ci hanno condotto al lastrico…
E’ giunto il momento di cambiare, di ribaltare quell’ordine precostituito, fare emergere il diritto della persona, della dignità personale, della giustizia sociale, di quella rinascita democratica che permette a tutti di godere di una effettiva uguaglianza tra tutti e non soltanto a quelli appartenenti alla cosiddetta casta…
Senza uguaglianza, senza lo sforzo costante di ognuno di noi, non ci sarà mai democrazia…, ma soltanto dittatura legalizzata dove chi ha il potere economico e politico comanda e tutti gli altri subiscono…
Le guerra in corso… non sono soltanto quelle a cui assistiamo inermi davanti ai Tg, in Medio Oriente, in Ucraina, in Libia, ecc… le guerre in corso sono anche tra noi, dove milioni di famiglie sono alla fame… indebitate, dove non riescono più ad essere felici perché sottomessi a continui ed esosi pagamenti, perché non riescono più a pagare il mutuo della casa o le bollette e dove le rate finanziarie, sono da tempo scadute, dove si cerca di risparmiare anche nella spesa alimentare, dove gli acquisti o la cena fuori casa, costituiscono ormai qualcosa che appartiene ai ricordi… e dove le ferie lontano da casa, sono qualcosa da sognare e desiderare…
Ecco questo è il quadro reale del ns. paese… e capisco pure che quanto sopra da me descritto, demoralizzi tutti coloro che sono ancora illusi da una possibile e celere ripresa…, ma come si dice… non c’è peggior cieco di chi non vuol sentire… e sono proprio questi i soggetti, che fanno male al ns. paese, perché continuano a rivolgersi e sperare, proprio in coloro, che nel corso di questo mezzo secolo, sono stati capaci di distruggerla!!! 
Come può essere veramente libero, un uomo, se gli si negano i mezzi per esercitare la libertà? 
Come può essere libero, se i frutti del suo lavoro non sono a sua disposizione perché ne faccia quel che più vuole, ma vengono trattati come parte d’un fondo comune… di ricchezza pubblica?”.
Non è un caso che infatti, durante tutta la Storia dell’umanità, le più gravi insidie alla libertà individuale sono partite, sempre, dallo Stato!!!

Quale destino economico per l'Italia…


L’interesse mondiale per le vicende italiane è ben spiegato dagli studi effettuati dal Financial Times, dalla Frankfurter Allgemeine e dai media asiatici, dove si evidenzia una grande responsabilità del nostro paese; infatti se l’Italia salta, salta l’euro e così l’eurozona ed anche l’Unione Europea entra in crisi e trascina con sé il sistema economico finanziario globale!!!
Già, nessun altro paese è in grado di far saltare l’intero impianto europeo, ma nello stesso tempo poco si fa per dimostrare di essere capaci di saper restare in questo sistema…
Ecco che le difficoltà economiche del nostro paese, legate anche alle confusionarie vicende politiche di questi mesi, rappresentano un possibile fattore di pericolo anche per gli altri stati membri europei, ed è così che si spiega l’interesse dei media per le nostre vicende politiche ed economiche.
Restiamo purtroppo vulnerabili ai cambiamenti improvvisi dei mercati internazionali, ai giochi in borsa degli speculatori, ad una stagnante produttività delle nostre aziende, alla resistenza del sistema bancario a sostenere l’attività imprenditoriale ed infine, alla necessità di mantenere il bilancio in modo tale da mettere il rapporto Debito/Pil su un percorso costante di riduzione.
Ma quanto oggi stiamo vivendo, dipende principalmente da quanto è avvenuto nel corso di questo ventennio, ad iniziare dagli alti tassi di interesse pagati dal debito pubblico che, non erano dovuti alla mancanza della domanda della Banca Centrale, quanto, alle politiche restrittive tenute dalla stessa Banca d’Italia. 

In sostanza, dovendo mantenere, prima e successivamente nello SME, un collegamento diretto con il marco, la nostra Banca d’Italia doveva tenere dei tassi di sconto molto alti per attirare capitali esteri sulle attività denominate in Lire. 
Quindi nel ’92 si verificò quello che sta avvenendo oggi: le differenze di competitività tra Italia e Germania portarono ad un deficit nella bilancia dei pagamenti italiana e i mercati azzardarono un possibile distacco della lira dallo SME. 
L’allora governatore Ciampi, volatilizzò quasi l’intera riserva in valuta della B.I. ( tradotto vendette la nostra “valuta” sottoprezzo agli speculatori ) sino a che, terminate le munizioni, la lira venne sganciata dallo SME e, svalutandosi del 20% circa, diede al paese la possibilità di ripartire sino al ’96, quando invece rientrammo nello SME, l’economia ricominciò a frenare sino al disastro attuale nell’euro. 
Da notare che ci fu crescita nonostante le manovre recessive di Amato, compreso il “famoso” prelievo notturno sui conti correnti che servì a ricostruire la riserva in valuta della B.I.
In questi giorni la stampa tedesca ha attaccato con forza Draghi. 
Sulla Frankfurter Allgemeine Zeitung, Holger Steltzner, lo ha accusato di voler trasferire alla Bce i metodi della Banca d’Italia. 
Questa sarebbe al servizio dello Stato, di cui alimenterebbe le casse. 
Se ora la Bce finanziasse i debiti statali acquistandone i titoli, scatenerebbe l’inflazione e aggraverebbe la crisi dell’eurozona.
Come ha fatto notare anche il Sole 24ore, le critiche di Steltzner alla Banca d’Italia sono infondate. A partire dal 1981 la Banca d’Italia ha “divorziato” dal Tesoro e non è più intervenuta nel acquisto di titoli di Stato. 
Ciò che non viene detto, però, è che quella lontana decisione contribuì a produrre non solo l’enorme debito pubblico ma anche il primo attacco ai salari. 
L’attuale debito pubblico italiano si formò tra gli anni ’80 e ’90, passando dal 57,7% sul Pil nel 1980 al 124,3% nel 1994. 
Tale crescita, molto più consistente di quella degli altri Paesi europei, non fu dovuta ad una impennata della spesa dello Stato, che rimase sempre al di sotto della media della Ue e dell’euro zona e, tra 1991 e 2005, sempre al di sotto di quella tedesca.
Nel 1984 l’Italia spendeva – al netto degli interessi sul debito – il 42,1% del Pil, che nel 1994 era aumentato appena al 42,9%. 
Nello stesso periodo la media Ue (esclusa l’Italia) passò dal 45,5% al 46,6% e quella dell’euro zona passò dal 46,7% al 47,7%. 
Da dove derivava allora la maggiore crescita del debito italiano? 
Dalla spesa per interessi sul debito pubblico, che fu sempre molto più alta di quella degli altri Paesi. La spesa per interessi crebbe in Italia dall’8% del Pil nel 1984 all’11,4%, livello di gran lunga maggiore del resto d’Europa. 
Sempre nello stesso periodo la media Ue passò dal 4,1% al 4,4% e quella dell’euro zona dal 3,5% al 4,4%.
Nel 1993 il divario tra i tassi d’interesse fu addirittura triplo, il 13% in Italia contro il 4,4% della zona euro e il 4,3% della Ue. 
La crescita dei debiti pubblici dipende da molte cause, soprattutto dalla necessità di sostenere le crisi e la caduta dei profitti privati che, dal ’74-75, caratterizzano ciclicamente i Paesi più avanzati. Tuttavia, è evidente che politiche sbagliate di finanza pubblica possono rendere ingestibile la situazione del debito, come è avvenuto in Italia. 
Visto che l’entità dei tassi d’interesse sui titoli di stato, ovvero quanto lo Stato paga per avere un prestito, dipende dalla domanda dei titoli stessi, l’eliminazione di una componente importante della domanda, quale è la Banca centrale, ha avuto l’effetto di far schizzare verso l’alto gli interessi e, quindi, di far esplodere il debito totale.
Inoltre, la mancanza del cordone protettivo della Banca d’Italia espose il nostro debito alle manovre speculative degli investitori internazionali. 
Come nel 1992, quando gli attacchi speculativi alla lira costrinsero l’Italia ad uscire dal Sistema monetario europeo e a svalutare. 
Insomma, non solo Steltzner ha torto riguardo alla Banca d’Italia, ma è il principio stesso dell’“autonomia” della Banca centrale, da lui tanto tenacemente difeso, ad aver dato per trent’anni in Italia gli stessi risultati negativi che ora sta producendo nell’eurozona.
Ci si potrebbe chiedere a questo punto quale fu la ragione del divorzio tra Banca d’Italia e Tesoro.

Ce lo spiega il suo autore, l’allora ministro del Tesoro Beniamino Andreatta.
Uno degli obiettivi era quello di abbattere i salari, imponendo una deflazione che desse la possibilità di annullare “il demenziale rafforzamento della scala mobile, prodotto dall’accordo tra Confindustria e sindacati”. 

Infatti, nel 1984 con gli accordi di San Valentino la scala mobile fu indebolita e nel 1992 definitivamente eliminata. 
Anche oggi, come allora, le presunte “necessità” di bilancio pubblico sono la leva attraverso cui ridurre il salario, in Italia e in Europa. 
Con la differenza che purtroppo oggi questo attacco procede essenzialmente in due direzioni: da una parte le politiche di austerity che si stanno imponendo in tutta Europa con un pesante ridimensionamento del Welfare tradizionale e dall’altro il tentativo di modificare radicalmente la forma delle relazioni industriali, con un’offensiva diretta che mette in discussione la stessa natura costituzionale del sindacato, la compressione senza precedenti del diritto di sciopero e lo svuotamento delle prerogative della contrattazione sociale, sottoposta ad una presenza autoritaria ” nascosta” di sfruttamento e controllo della nostra forza-lavoro!!!