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"MUNICIPIA": Incredibile a Catania un ufficio pervaso di professionalità, cortesia e disponibilità!!!

Sapete bene come abitualmente attraverso questo mio blog cerchi di denunciare quanto avviene illegalmente oppure provi ad evidenziare quelle abituali disfunzioni cui purtroppo assisto, ma anche quelle segnalate dai miei lettori… 

In particolare è la mia regione (Sicilia) a interessarmi, ma non disdegno di occuparmi anche di altre regioni di cui conosco bene pregi e soprattutto difetti; già… quest’ultimi tra l’altro posso assicurarvi esser eguali se non superiori a quelli quotidianamente messi in evidenza per la nostra terra dai media nazionali…

Ma come dice il proverbio: “fatti a nomina e va cucchiti” e noi siciliani purtroppo quella riprovevole nomina c’è la portiamo dentro, ahimè da troppo tempo!!!  

Comunque, tra le tante cose che non vanno, ecco che ogni tanto accade qualcosa che mi sorprende positivamente e di cui ho piacere di poter parlare… 

Si tratta di ufficio aperto al pubblico per il contribuente del concessionario del Comune di Catania della riscossione (Raggruppamento Temporaneo di Imprese con Municipia S.p.A. “mandataria” e Gamma Tributi S.r.l. “mandante”), in piazza della Repubblica numeri 37-41…

Un nuovo concessionario che affianca, come riportavo sopra, il Comune ed eroga i suoi servizi per aiutare i contribuenti a rispettare i pagamenti, facilitando l’accesso alle informazioni per una migliore comprensione sia delle scadenze che dei regolamenti comunali…

Il sottoscritto, recatosi per esaminare una vecchia pratica di mia madre, ha trovato in quella sede un’importante collaborazione nell’aggiornare e quindi definire quelle posizioni tributarie in modo trasparente e professionale…

Non sapevo che per accedere ai servizi avrei dovuto prenotare un appuntamento (attraverso il sito “https://www.comune.catania.it/citta-semplice/prenotaonline/#/” o telefonando al n. 030/5356481), ma i dipendenti presenti, valutando che non vi fosse a quell’ora alcuna prenotazione esterna e che erano  presenti solo alcuni esigui clienti, mi hanno consigliato di attendere…

Cosa che ho fatto e difatti, dopo solo pochi minuti sono stato chiamato al banco per richiedere informazioni e avere ulteriori indicazioni relative alle mie istanze… 

Per quanto gentilmente ricevuto, non posso che fare – attraverso questo post – un plauso alle Sig.re Anna e Claudia, che hanno dimostrato alle mie richieste grande cortesia, ma soprattutto una grande disponibilità nel chiarirmi in maniera comprensibile quelle pratiche su Imu e Tari…

Cosa aggiungere, quando qualcosa funziona è giusto gratificarlo!!! Sì… so bene che le mie sono semplici parole, ma nella vita di tutti i giorni, raramente ci rendiamo conto che a differenza di ciò che diamo, siamo noi a ricevere di più, d’altronde é solo con la gratitudine che la vita si arricchisce!!!

Siamo alle solite: a pagare sono sempre i soliti fessi!!!

Ho letto un post che riguarda Taormina e in particolare le tasse locali!!!
Dalle verifiche effettuate dal nuovo Sindaco Cateno De Luca è emerso incredibilmente come tra i debitori di quel Comune vi siano decine di impiegati comunali…

Si parla di decine e decine di migliaia di euro non versati anche dai dipendenti delle Partecipate, precisamente  risulta che 15 dipendenti del Comune non hanno pagato 24.000 euro di acqua, altri 10 devono versare 20.000 euro di Tari e altri 5 impiegati devono pagare 7.000 euro di Imu, cui si sommano altri 4 dipendenti Asu riguardo i quali sono emerse 5.000 euro di Tari non pagata.

Dice bene il nuovo primo cittadino (chissà quanto ancora lo faranno restare in quella poltrona, visto le polemiche che si stanno in queste ore alimentando a seguito di quei controlli, d’altronde sappiamo bene come la legalità venga affrontata in questa nostra terra, la regola vale fintanto che non riguarda i propri interessi personali, altrimenti il consiglio è di non parlarne…): Il dovuto ora sarà trattenuto sugli stipendi!!!

“Santo Subito“… sì perché a differenza di tutti quegli ignavi colleghi, complici e omertosi che si prestano ad un sistema quantomeno poco chiaro per non dire “illegale”, c’è chi viceversa fa il proprio dovere, uno di questi è proprio il primo cittadino di quella nota località turistica che non si ferma dinnanzi a nulla: sono emerse infatti 80 posizioni, tra Comune e Partecipate, di dipendenti risultati non in regola con il pagamento dei tributi.

Difatti, in una nota formale trasmessa subito dopo il suo insediamento, aveva richiesto a tutto il personale impiegato presso la Casa municipale, Asm, Consorzio Rete Fognante e Taormina Arte, di regolarizzare eventuali posizioni riguardanti bollette non pagate sui tributi comunali, ed ecco infatti emergere oltre 80 situazioni di morosità su quei tributi previsti per Acqua, Imu e Tari!!!

Da qui l’atto disposto dalla Giunta De Luca che ha deliberato l’avvio di un’azione di rientro delle somme mediante la compensazione d’ufficio: in sostanza gli importi dovuti verranno detratti direttamente dagli stipendi di chi non è in regola!!!

Ho come la sensazione che a breve questo nuovo Sindaco si ritroverà come il sottoscritto, già… a rivivere circostanze a suo tempo denunciate (insieme ad altri amici coraggiosi…), che facevano riferimento ad alcuni Comuni limitrofi al Suo, per poi ritrovarci dopo quanto compiuto (solo per far emergere quei principi di legalità che solo a parole in molti desideravano, ma che poi, appena emersi i fatti gravi si sono immediatamente opposti, lo stesso peraltro compiuto anche in taluni uffici istituzionali, i cui dipendenti invece di manifestare trasparenza, si sono posti a protezione reagendo agli esposti presentati attraverso un muro di gomma, opponendosi in tutti i modi e facendo sì che la verità restasse celata…), beh… posso certamente affermare che quella mia vicenda, mi ha fatto rivivere la stessa esperienza vissuta da quel “Sindaco” nel film “L’ora Legale”, interpretato dai bravi Ficarra e Picone. 

Auspico quindi al Sindaco De Luca di non finir anch’egli in quella medesima situazione, perché sin d’ora posso assicurargli che quanto ora emerso in quel Comune da egli rappresentato, costituisce la consuetudine di molti altri e mi dispiace dover aggiungere: le cui evidenze sono state in questi anni appositamente celate!!!

Ah proposito, mi consenta di darLe un consiglio su questa infelice vicenda e cioè di provare ad integrare quanto da Lei attualmente verificato, con quanto già in possesso della Gdf, tra l’altro, faccio riferimento al comando di Taormina: sono certo che il Comandante sarà lieto di mettersi a sua disposizione (insieme ai sottoposti altamente professionali), per coadiuvarla in questo percorso appena iniziato, ma che vedrà a breve – se dovesse continuare – alzerà un inaspettato polverone, difficile da mettere sotto il tappeto!!! 

TARI: buone notizie per chi possiede una seconda casa "stagionale"!!!

Finalmente si è compreso quanto fosse corretto applicare una riduzione della tassa sui rifiuti se il proprietario utilizza l’immobile solo per un breve periodo, come ad esempio a mare nel periodo estivo o in montagna nel periodo invernale…

Applicando questa linea di pensiero i giudici (quelli che ancora in questo paese ragionano con il cervello…) della Commissione tributaria regionale del Lazio hanno condannato il Comune di Anzio a riconoscere a un contribuente un taglio del 30% della Tari.

E’ stata fondamentale l’esposto di un proprietario dell’immobile che ha dato prova di averlo utilizzato non soltanto come single, ma solo per pochi giorni l’anno, in particolare nel solo periodo estivo. 

In primo grado i giudici tributari provinciali di Roma avevano dato ragione al Comune di Anzio, sancendo nel settembre del 2019 la legittimità del “silenzio rifiuto” opposto alla richiesta di sconto sulla Tari avanzata dal contribuente…

Di parere diverso i giudici regionali, i quali hanno riconosciuto, il diritto del proprietario dell’immobile ad ottenere una riduzione della tassa, sancendo, in sostanza, che la sua ridotta presenza nella casa ha comportato una minore produzione di rifiuti. 

I giudici tributari regionali hanno infatti ricordato che i Comuni, nello stabilire l’entità della Tari, debbono tenere in considerazione la potenziale produzione dei rifiuti, tenendo presenti non solo il tipo di uso dell’immobile – e della relativa superfice tassabile – ma anche la quantità di rifiuti conferiti e servizio fornito. 

E dal Consiglio di Stato è arrivata poi un’ulteriore precisazione: il Comune ha mano libera nella definizione dell’entità della tassa, ma deve comunque indicare un tributo che sia proporzionale a quantità e qualità dei rifiuti prodotti.

E, sempre secondo il Consiglio di Stato, è logico supporre che colui che abita con continuità nel territorio comunale ha una capacità produttiva di rifiuti maggiore di colui che, a parità di bene immobile, vi risiede solo in modo saltuario. 

Quest’ultimo passaggio si legava perfettamente alla vicenda presa in esame dalla Commissione tributaria regionale del Lazio, poiché il contribuente era riuscito ad esibire le bollette relative ai consumi di acqua e di energia elettrica, dimostrando così di avere utilizzato l’immobile solo per un breve periodo durante i mesi estivi, con conseguente, precisano i giudici tributari, minor inquinamento ambientale.

Legittima, quindi, la sua richiesta di vedere ridotta del 30% la Tari applicata dal Comune di Anzio che, condannato anche a pagare le spese processuali, ha il ricorso in Cassazione come unica strada per ribaltare la sconfitta subita in Commissione tributaria regionale.

Spero quindi che a breve, molti nostri comuni siciliani (non voglio citare quello che in questo momento ha inviato al sottoscritto una Tari sciellerata, per i pochi giorni estivi trascori al mare…) si adeguino a quanto previsto dal Consiglio di Stato, altrimenti saranno in molti i condomini di quei villaggi turistici nei comuni in questione, a fare ricorso a quei pagamenti richiesti, sapendo tra l’altro di vincere nelle opportune sedi giudiziarie e facendo altresì pagare a quei Comuni le spese processuali… 

Prima quindi si giunga a definire quella riduzione, meglio sarà per i Sindaci di quei Comuni; già consiglio loro d’iniziare a pensare in maniera seria su quanto sopra, formalizzando il nuovo importo da pagare, per ricevere il giusto compenso per il servizio offerto per la raccolta e lo stoccaggio di quei rifiuti!!!

Altrimenti sono certo di poter anticipare che per i prossimi anni, essi non vedranno più versare un solo euro nelle casse comunali da quei proprietari!!! 

Quella Tari quasi raddoppiata…

Sembra che qualcosa non vada come dovrebbe…

Ho letto di una protesta di alcuni condomini nel Comune di Giardini Naxos che sono scesi in strada per la questione della quota della Tari che, secondo loro, il Comune ha applicato illegittimamente alle proprie utenze domestiche…
Sembra infatti che gli aumenti siano stati determinati dall’aumento dei costi complessivi del servizio rifiuti, ma nell’applicare questa condizione, non si è distinto tra le abitazioni residenziali e quelle non residenziali, in particolari proprio quest’ultime, usufruiscono del servizio nei soli mesi estivi, essendo la maggior parte delle abitazioni di villeggiatura… 
Forse è qui che è sorto l’errore di calcolo e gli aumenti prodotti con l’attuale Tari, in quanto il Comune ha applicato i valori come fossero unità immobiliare “vissute” cioè occupate dai propri utenti durante tutto l’anno, mentre come si sa… non è così!!!
Ecco quindi perché potrebbe essere logico chiedere al Comune il rimborso di quanto indebitamente richiesto da pagare o eventualmente ottenere sui pagamenti già effettuati una compensazione sulla bolletta dell’anno prossimo…
Comunque a detta dei condomini, la vicenda non finirà quì… 

Come difendersi dalle Agenzie di riscossione – Parte finale!!!


E se dobbiamo difenderci dal pignoramento di Agenzia Entrate Riscossione???

Se, dopo la notifica della cartella di pagamento, Agenzia Entrate Riscossione è passata all’attacco con un pignoramento ci sono due mezzi di difesa oltre al ricorso.
Qualora l’Agenzia Entrate Riscossione abbia già avviato il pignoramento, prima che sia disposta la vendita o l’assegnazione, il debitore può chiedere di sostituire ai beni o ai crediti pignorati una somma di denaro pari, oltre alle spese di esecuzione, all’importo dovuto al creditore pignorante e ai crediti intervenuti, comprensivo del capitale e delle spese. In tal modo i beni pignorati vengono liberati e tornano nella disponibilità del debitore.
Quando il valore dei beni pignorati è superiore all’importo delle spese dell’esecuzione e dei crediti dovuti al creditore pignorante e agli eventuali creditori intervenuti, comprensivo del capitale, degli interessi e delle spese, il debitore può presentare al giudice dell’esecuzione un’istanza (anche orale) di riduzione del pignoramento.
L’istanza può essere proposta in qualsiasi fase della procedura esecutiva, finché non si sia proceduto alla vendita dei beni. La riduzione può essere disposta anche d’ufficio.
Il giudice decide con ordinanza non impugnabile, sentito il creditore pignorante.
Come chiedere la compensazione della cartella di pagamento

Se proprio non ci sono motivi di opposizione contro la cartella di pagamento e ti sembra che l’unica soluzione sia pagare, hai un altro metodo per difenderti da Agenzia Entrate Riscossione: quello di chiedere la compensazione con eventuali crediti che vanti nei confronti dell’erario. 

In particolare, si può estinguere le cartelle di pagamento, relativamente a tributi erariali (imposte sui redditi e addizionali, Iva, Registro e altri tributi indiretti, Irap, ecc.) e relativi oneri accessori (compresi gli aggi e le spese a favore dell’Agente della riscossione) mediante compensazione con crediti relativi alle imposte erariali stesse. Per fare ciò, bisogna utilizzare, nei sessanta giorni dalla notifica (pagamento tempestivo), il modello F24 Accise (codice tributo RUOL).

Se il pagamento riguarda solo una parte delle somme dovute, il contribuente può presentare ad Agenzia Entrate Riscossione un modulo specifico (reperibile sul sito di Agenzia Entrate Riscossione), con cui dichiara l’avvenuto pagamento in compensazione tramite F24 Accise e indica eventualmente a quale parte del debito erariale imputare il pagamento. 

In quest’ultimo caso, la scelta dei debiti da compensare va effettuata: entro 3 giorni dal conferimento della delega di pagamento, se il contribuente presenta il modello F24 Accise tramite banche, poste ed Entratel contestualmente, se il contribuente presenta l’F24 Accise agli sportelli dell’Agente della riscossione.

Non è possibile utilizzare i crediti in compensazione nel modello F24 quando sono presenti debiti iscritti a ruolo per imposte erariali ed accessori, di importo superiore a 1.500 euro, per i quali è scaduto il termine di pagamento. In tali casi, è necessario estinguere prima i debiti erariali iscritti a ruolo e scaduti. 

Dopo di che, si potranno utilizzare in compensazione i crediti disponibili. 

Il divieto riguarda esclusivamente l’ipotesi di cosiddetta «compensazione orizzontale» (cioè, fra tributi di diversa tipologia tramite il modello F24) e non la cosiddetta compensazione «verticale», che interviene nell’ambito dello stesso tributo (per esempio, quella Irpef con Irpef).

L’erede non paga le sanzioni
Se arriva una cartella esattoriale dell’Agenzia delle Entrate Riscossione intestata ad un defunto, gli eredi non devono pagare le sanzioni.

A tal fine, potranno fare un’istanza di sgravio alla stessa Agenzia delle Entrate Riscossione.

In secondo luogo, potranno evitare di pagare se rinunciano all’eredità. Ma se accettano l’eredità con beneficio di inventario, ridurranno la propria responsabilità solo ai beni ottenuti con la successione. Significa che se decidono di non pagare, l’Agenzia delle Entrate Riscossione potrebbe pignorare solo i beni ereditati e non quelli del patrimonio personale.
In secondo luogo, l’erede può evitare di pagare se rinuncia all’eredità.

Invece, accettando l’eredità con beneficio di inventario ridurrà la propria responsabilità solo ai beni ottenuti con la successione: in buona sostanza, qualora decidesse di non pagare, l’esattore potrebbe pignorare solo i beni ereditati e non quelli del patrimonio personale.

Legge salva-suicidi e l’accordo con Agenzia Entrate Riscossione
Abbiamo detto, in apertura di questo articolo, che non sono possibili «accordi personalizzati» con Agenzia Entrate Riscossione per annullare il debito.
Tuttavia è possibile ricorrere alla cosiddetta legge salva-suicidi o anche detta legge sul sovra-indebitamento che consente una riduzione sostanziale dell’esposizione.

In particolare: per le obbligazioni contratte a seguito della propria attività lavorativa o professionale, si presenta in tribunale un programma di pagamento che deve trovare il consenso di almeno il 60% dei creditori; l’accordo viene poi ratificato dal tribunale (è il cosiddetto accordo coi creditori). Secondo la giurisprudenza questo iter si può azionare anche quando il creditore è uno solo, ossia l’Agenzia Entrate Riscossione. 

Con la legge salva suicidi, chi non per sua colpa non ha pagato le cartelle esattoriali e l’esposizione è talmente alta da non consentirgli di rimediare coi redditi di cui dispone, può quindi proporre all’Esattore un “saldo e stralcio”. 
Il programma di liquidazione va presentato a mezzo di un organismo di composizione della crisi (anche un avvocato o un commercialista); per tutte le altre obbligazioni (non quindi quelle collegate all’impresa o all’attività lavorativa) si può ottenere la decurtazione del debito direttamente dal tribunale, senza il consenso dei creditori (cosiddetta procedura del piano del consumatore). 

Qui è il giudice a valutare la meritevolezza dell’offerta fatta dal contribuente e, se la valuta positivamente, accorda il taglio sul debito (che, a volte, può raggiungere cifre fino al 70-80%; in ultimo è possibile disporre la vendita dei propri beni attraverso il tribunale e procedendo alla ripartizione del ricavato tra i creditori (cosiddetta procedura di liquidazione del patrimonio).
Con quest’ultimo post… sono state esaminate tutte le possibili soluzioni, su come difendersi da quell’invio “il più delle volte fastidio” delle cartelle esattoriali da parte delle nostre Agenzie delle Entrate… le quali, non sempre dimostrano di essere corrette, ma che creano a ciascuno di noi… esclusivamente scocciature… per tutto il tempo, che portano naturalmente via, a causa delle dovute giustificazioni!!!

Come difendersi dalle Agenzie di riscossioni: parte terza

Un altro espediente solitamente usato per difendersi dalle cartelle di pagamento è far rilevare la prescrizione. 

Si tratta, in buona sostanza, del decorso del tempo che intercorre tra una cartella di pagamento e un’altra (se riferite allo stesso debito), tra l’avviso di pagamento (l’atto prodromico) e la successiva cartella o tra la cartella e l’eventuale pignoramento. 
Il contribuente può far annullare la richiesta di pagamento se, per numerosi anni, nessuno si è fatto vivo e non gli sono stati notificati solleciti. 
Questi termini di prescrizione sono diversi a seconda del tipo di tassa in gioco. 
In particolare: crediti Inps e Inail per contributi previdenziali: prescrizione in 5 anni; crediti dell’Agenzia delle Entrate per Irpef, Irap, Iva e altre imposte erariali: prescrizione in 10 anni (con qualche precedente che pala di 5 anni); crediti del Comune per multe stradali: prescrizione in 5 anni; crediti dello Stato per canone Rai: prescrizione in 10 anni; crediti della Regione per bollo auto: prescrizione in 3 anni; crediti del Comune per Imu, Tasi, Tari, Tarsu, Ici: prescrizione in 5 anni.
Cosa fare se la cartella di pagamento di Agenzia Entrate Riscossione è prescritta?
La cosa più immediata e naturale sarebbe quella di chiedere uno sgravio della cartella stessa dalle somme non più dovute. 
Tuttavia, per quanto semplice, tale operazione può risultare problematica: ciò a causa della scarsa collaborazione da parte degli uffici dell’Agente della riscossione, pur dinanzi a conclamate ragioni del contribuente. 
Insomma gli uffici se ne lavano spesso le mani rimandando il contribuente all’Ente titolare del credito, mentre quest’ultimo, a sua volta, si scrolla di dosso ogni decisione in merito, sostenendo di aver inviato per tempo il ruolo all’esattore. 
Si può quindi presentare una istanza in autotutela da presentare all’ente titolare del credito e, per conoscenza, all’Agenzia Entrate Riscossione, ma il mezzo migliore è quello di fare ricorso al giudice. Anche in questo caso, bisogna però rispettare i termini di legge: 30 giorni per le cartelle relative a multe stradali (la competenza è del giudice di pace); 40 giorni per le cartelle relative a contributi previdenziali Inps e Inail (la competenza è del tribunale ordinario, sezione lavoro); 60 giorni in tutti gli altri casi, ossia imposte e tributi (la competenza è della Commissione Tributaria Provinciale).
Diversa dalla prescrizione è la decadenza. Anche questa eccezione si fonda sul mancato rispetto dei termini, ma in questo caso si tratta dei termini massimi che devono necessariamente decorrere tra l’iscrizione a ruolo del debito e la notifica della prima cartella. 
Tutto avviene nel seguente modo: dopo che l’ente titolare del credito ha inviato l’avviso di pagamento ed ha accertato l’inadempimento definitivo (scaduti cioè i termini per il versamento) delega l’Agente della riscossione del recupero coattivo delle somme. 
Questa attività si sostanzia con l’iscrizione a ruolo dell’importo. 
La data in cui avviene l’iscrizione a ruolo viene poi riportata sulla cartella esattoriale, per cui il contribuente può sempre verificarla; tra la data di notifica della cartella e la data di iscrizione a ruolo non devono decorrere, nella gran parte dei casi, più di due anni. 
Diversamente la cartella è illegittima.
Altro motivo di eccezione è relativo al rispetto dei termini di efficacia della cartella. 
Essa consente il pignoramento solo entro un anno dalla sua notifica. 
Se il pignoramento dovesse avvenire più tardi di tale termine è necessaria la notifica di un ulteriore atto, detto «intimazione di pagamento» il quale, a sua volta, ha un’efficacia limitata a 180 giorni. 
Questo non toglie che, spirata l’efficacia dell’intimazione di pagamento, non se ne possa notificare un secondo, un terzo, ecc.; ma di certo, prima di tale adempimento, non può intervenire alcun pignoramento.
La cartella è illegittima se, nel richiedere il pagamento dell’imposta o della sanzione insieme agli interessi, indica un’unica somma senza invece distinguerle. Secondo la giurisprudenza, deve essere chiaro e trasparente il metodo di calcolo degli interessi, le annualità calcolate e il saggio di ogni singolo anno. 
Solo in questo modo è possibile consentire al contribuente di esercitare un controllo sul “conto definitivo”.
In ogni caso, l’errata o omessa indicazione dei criteri di calcolo degli interessi non rende nulla tutta la cartella ma solo la parte degli interessi.
La cartella deve sempre indicare per quali ragioni bisogna pagare, ossia il tributo o la sanzione a cui le somme si riferiscono. È il cosiddetto obbligo di motivazione che richiede, in alternativa, l’indicazione dell’atto precedentemente notificato al contribuente dal quale evincere la causale. 
La motivazione è condizione di validità della cartella.
La cartella di pagamento non deve necessariamente indicare la firma del suo “autore”, il quale può essere indicato nel corpo dell’atto. 
L’importante è che il responsabile del procedimento sia sempre indicato con nome e cognome.
Secondo alcuni giudici, Agenzia Entrate e Agenzia Entrate Riscossione possono stare in causa solo a mezzo di personale interno e non con avvocati esterni. 
La conseguenza è che la difesa dell’Esattore è nulla, il giudice non può ascoltare le eccezioni da questa sollevata né tenere in considerazione i documenti di prova prodotti. 
«L’errata costituzione – determinata dall’impossibilità di concedere delega a soggetti non interni all’ufficio – può essere rilevata in qualsiasi grado di giudizio dal magistrato». 
Tradotto significa che se un contribuente ha già impugnato una cartella esattoriale e ha perso la causa per qualsiasi altra ragione, qualora siano ancora aperti i termini per fare appello o ricorso in cassazione, può ugualmente sollevare l’eccezione in questione – quella cioè di difetto di costituzione – anche se non lo aveva fatto in primo grado (magari perché non ne sapeva l’esistenza). 
Questo perché a dover rilevare il difetto di rappresentanza degli avvocati esterni all’Agente della riscossione doveva essere il giudice e non tanto il contribuente. 
Con la conseguenza che si tratta di una censura che può essere mossa in qualsiasi stato e grado della causa.Mediazione obbligatoria
Tutte le cartelle per importi non superiori a 50.000 euro che si impugnano davanti alla Commissione tributaria non possono essere depositate direttamente davanti al giudice ma vanno prima notificati all’Esattore con una proposta di reclamo-mediazione in cui si tenta un accordo per rettificare eventuali errori.
Passiamo a  scoprire come chiedere la dilazione della cartella di pagamento…
Chiedendo ad Agenzia Entrate Riscossione la rateazione del debito puoi sospendere la cartella di pagamento, ossia fare in modo che non vengano eseguiti pignoramenti, fermi o ipoteche. 
Esistono tre possibilità diverse: debiti fino a 60.000 euro: piano ordinario. 
È possibile chiedere la cosiddetta rateazione ordinaria a 72 rate (6 anni), senza dover presentare documentazione per documentare la propria difficoltà economica. 
La richiesta può essere fatta anche online. 
Si può scegliere tra rate costanti o crescenti; debiti superiori a 60.000 euro: piano ordinario. 
Si può chiedere la rateazione fino a 72 rate (6 anni) ma dimostrando la propria difficoltà economica. 
In particolare si può chiedere la rateizzazione presentando una domanda e allegando la certificazione relativa all’Indicatore della situazione economica equivalente (ISEE) del tuo nucleo familiare per attestare la temporanea situazione di obiettiva difficoltà economica. Se la richiesta è accolta, accedi e al piano ordinario che ti consente di pagare il debito fino a un massimo di 72 rate (6 anni). 
Puoi scegliere tra rate costanti o rate crescenti; piano straordinario: se non sei in grado di sostenere il pagamento del debito secondo un piano ordinario in 72 rate mensili, puoi ottenere una rateizzazione fino a 120 rate di importo costante. 
Deve risultare la comprovata e grave situazione di difficoltà legata alla congiuntura economica e per ragioni estranee alla propria responsabilità. Innanzitutto, è necessario dimostrare di non poter pagare il debito secondo i criteri previsti per un piano ordinario. 
Condizione che si verifica quando l’importo della rata è superiore al 20% del reddito mensile del tuo nucleo familiare, risultante dall’Indicatore della situazione reddituale (ISR) riportato nel modello ISEE (Indicatore della situazione economica equivalente). 
In questo caso, puoi presentare una domanda di rateizzazione, dichiarando di trovarti in una comprovata e grave difficoltà legata alla congiuntura economica per ragioni estranee alla tua responsabilità, allegando la certificazione relativa all’ISEE del tuo nucleo familiare, comprensiva del quadro N- Indicatore della situazione reddituale, debitamente valorizzato.
Una volta presentata l’istanza di rateazione: Agenzia Entrate Riscossione non può procedere a iscrivere fermi o ipoteche o intraprendere pignoramenti non ancora iniziati; i pignoramenti già in corso vengono sospesi e abbandonati dopo il pagamento della prima rata; fermi e ipoteche già iscritti non vengono cancellati, ma limitatamente al caso del fermo è possibile, dimostrando l’avvenuto pagamento della prima rata, ottenere una quietanza di pagamento e ritornare a circolare.

Tari… e basta!!!

Ho letto su change.org… un articolo interessante:
Sono proprietario di un immobile vuoto che personalmente non utilizzo e che non affitto da anni perché non riesco a trovare un inquilino… 

Puntualmente, ogni anno, devo pagare la Tari (Tassa sui Rifiuti) che oltretutto, nel comune dove sorge l’immobile, dal 2013 a oggi è quasi quadruplicata. 
Ma il mio immobile, poiché è inutilizzato e sfitto, non produce alcun rifiuto. 
Nonostante ciò, devo pagare ugualmente la Tari in virtù del comma 642 della legge 147 del 27 dicembre 2013 (la cosiddetta “Legge di Stabilità 2014). 
Ecco che cosa dice il testo del comma 642:
La TARI è dovuta da chiunque possieda o detenga a qualsiasi titolo locali o aree scoperte, a qualsiasi uso adibiti, suscettibili di produrre rifiuti urbani: in caso di pluralità di possessori o di detentori, essi sono tenuti in solido all’adempimento dell’unica obbligazione tributaria“.
In altre parole la tassa va pagata per tutti gli immobili che potenzialmente “potrebbero” produrre rifiuti, indipendentemente dal fatto che li producano davvero oppure no. 
Eppure, la logica vorrebbe che se la fornitura di un servizio prevede il pagamento di un corrispettivo, qualora il servizio non venga fornito, il fornitore non dovrebbe pretendere alcun corrispettivo.
Il mio problema è comune a centinaia di migliaia di italiani che posseggono un immobile e che, per motivi personali, decidono di non usarlo oppure non intendono o non riescono ad affittarlo.
Il testo del comma 642 andrebbe modificato per consentire ai proprietari di un immobile soggetto alla Tari di non pagarla se non ne fanno uso oppure non ne ricavano alcun introito in quanto non affittato.

In caso contrario, le amministrazioni comunali continueranno a percepire gli introiti della Tari anche a fronte di un servizio di rimozione dei rifiuti che non viene prestato.
Penso che in Italia, se dovessimo pagare in proporzione per i servizi reali che riceviamo, molto probabilmente avremmo tanti soldi in tasca…
Ma la disgrazia è che si paga tutto… anche quello che non ci viene dato o ancor peggio, ci viene fornito male!!!
Ma in questo caso, il pagamento della tassa è relativo alla raccolta dei rifiuti e difatti serve principalmente a tenere “riunito” in un quel unico ambiente… la nostra classe politica!!!
Dicono che il novanta per cento dei programmi in TV sia spazzatura… ma, non è che forse il novanta per cento di quanto avviene ne nostro paese… è spazzatura???