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Le sanzioni non fermano il trasferimento di miliardi di franchi svizzeri nelle banche elvetiche!!!

Ci stanno raccontando che i magnati russi stanno per morire di fame, che i loro rubli non valgono più niente e che tutti quei cosiddetti ologarchi a causa ora della guerra stanno perdendo tutto…

Ma veramente pensavate che quei miliardari non si fossero preparati ad ogni evenienza e che negli anni non abbiano investito in oro, diamanti, opere d’arte e soprattutto moneta fisica come dollari, euro, yen o ancor meglio, franchi svizzeri…   

E di denaro ne sta girando tantissimo, in particolare in Svizzera, dove in questi mesi sono giunti nelle proprie banche miliardi di miliardi…

Secondo il rapporto presentato da una Tv Svizzera, i banchieri elvetici hanno introitato presso i loro forzieri in questi giorni, valori appartenenti a clienti russi, tra i 100 e i 200 miliardi, in particolare franchi svizzeri!!!

Sembrerebbe che il patrimonio totale dato in gestione a quelle principali banche elvetiche, da parte di quei magnati russi è di circa 8.000 miliardi di franchi e questo significa che la guerra e le sue sanzioni, a quei magnati russi gli fanno un baffo, dal momento che essi da soli rappresentano in Svizzera ben il 4% del patrimonio totale dei clienti…

Certo, il numero esatto non verrà mai nessun a dircelo e state certi che le cifre sopra riportate sono certamente sotto stimate, ed anche se le banche svizzere debbono entro la fine del mese di giugno presentare gli esatti importi depositati da quei russi al ministero dell’Economia svizzero, vedrete che alla fine molti di quei banchieri si rifiuteranno di fornire i dati reali, se non limitarsi ad applicare a quei fondi un provvisorio “congelamento” che poi d’altronde è quanto a sempre fa più fa comodo a quei noti banchieri…

Peraltro, abbiamo visto tutti come il governo svizzero si sia immediatamente mobilitato a fine febbraio a favore delle sanzioni dell’UE contro la Russia, stabilendo arbitrariamente che quei suoi clienti russi – inseriti nella black list – non possano più prelevare denaro dai propri conti. 

Certo ora sono in molti a contestare questo circostanza e soprattutto quella sua pseuda posizione neutrale della Svizzera che di fatto dimostra storicamente di non garantire mai i propri clienti, pur di accapararsi quando è stato possibile, la montagna di  denaro messa lì a disposizione, oggi dai russi, ma come non ricordare nel dopoguerra lo stesso inganno compiuto quando furono requisiti i patrimoni di quei gerarchi nazisti!!!

Stesse banche, stesso denaro, entrambi allora come oggi, macchiati di sangue!!!  

Sono ben 66… i milioni di risarcimento richiesti all'arma dei carabinieri!!! Mi chiedo… ma dove li trovano???

La vicenda è quella di Giuseppe Gulotta, un muratore di Certaldo, rimasto vittima di uno degli errori giudiziari più gravi della nostra storia repubblicana…

Fu arrestato nel gennaio del 1976 per l’omicidio di due giovani carabinieri della caserma di Alcamo Marina (Trapani), Carmine Apuzzo e Salvatore Falcetta, trucidati il 26 gennaio 1976 ad Alcamo Marina, in provincia di Trapani…
Aveva appena 18 anni e fu condannato all’ergastolo!!!
Venne definitivamente assolto dalla Corte d’appello di Reggio Calabria nel 2016, e gli venne riconosciuto un risarcimento di sei milioni e mezzo di euro, con una provvisionale, cioè un anticipo, di 500 mila euro…

Uno scherzo del destino se si pensa che l’uomo, oggi 60’enne, aveva fatto domanda per entrare nelle forze dell’ordine, precisamente nella Guardia di Finanza… ed invece quel fatidico 13 febbraio venne prelevato dai carabinieri e portato in caserma…

Il tutto nacque a seguito di un blocco stradale, dove l’autista dell’auto venne trovato in possesso di un’arma, le cui caratteristiche erano assimilabili alla pistola che aveva ucciso i poliziotti…
Condotto in caserma – ascoltavo stamani in radio – fu interrogato con metodi “nazisti” e cioè, dopo averlo denudato, fu picchiato brutalmente e siccome non confessava, gli venne inserito un imbuto per affogarlo con olio e quant’altro finché esausto si dichiarò colpevole ed accuso altri 3 soggetti, tra cui il Gullotta…
Dopo un poco ritratto tutto ma non fu creduto anzi, qualche tempo dopo morì in circostanze misteriose… mentre anche per gli altri presunti complici si è chiuso il processo di revisione con l’assoluzione di Gaetano Santangelo e Vincenzo Ferrantelli, i quali a differenza del Gullotta erano fuggiti in Brasile prima della sentenza definitiva e sono rimasti lì per 22 anni, ed infine è stato celebrato il processo di revisione anche nei confronti del defunto Giovanni Mandalà (l’autista), morto in carcere nel 1998…

Il Gullotta invece durante l’interrogatorio, fu legato mani e piedi ad una sedia, picchiato, minacciato di morte con una pistola che gli graffiava le guance e poi… botte, insulti per dieci ore consecutive finché sporco di sangue, lacrime, e quant’altro… si rassegnò a confessare quello che gli urlavano i carabinieri di dire, pur di porre fine a quell’incubo!!!
Finalmente dopo 22 d’inferno, giunge l’assoluzione… e il diritto al risarcimento nel 2016!!!
“Certo i soldi sono importanti ma è molto più importante “essere stato riconosciuto innocente – precisa Giuseppe, che ora vive in Toscana – perché io ho sempre creduto che la verità alla fine sarebbe saltata fuori”!!!

Ovviamente “nessuna cifra può risarcire gli anni che mi hanno rubato, la vita che mi hanno tolto”, precisa l’ex ergastolano. Anche se “quei soldi sono tanti per me e non posso far finta di nulla”. A chi mi chiede cosa significhino rivolgo però la domanda che ora rivolgo a lei: “Avrebbe fatto 22 anni di carcere in cambio di quei soldi? Avrebbe tollerato di essere accusato ingiustamente di un crimine orrendo?”.
I legali nel frattempo hanno preparato una nuova richiesta di risarcimento pari a 66.247.839,20 euro, in cui vengono conteggiati tutti i danni non patrimoniali, morale ed esistenziale!!!
Nell’atto, viene citata l’Arma dei carabinieri per responsabilità penale, oltre alla presidenza del Consiglio: “È la prima volta in duecento anni di storia che l’Arma dei carabinieri viene citata per responsabilità penale. Ci sono due aspetti che sono contenuti nell’atto depositato: il primo riguarda la responsabilità dello Stato per non aver codificato negli anni il reato di tortura. Il secondo profilo è quello che attiene agli atti di tortura posti in essere in una sede istituzionale (la caserma dei carabinieri) da personale appartenente all’Arma che ha generato un gravissimo errore giudiziario”. Il legale ha ricordato che “è stata la stessa Cassazione a dire di rivolgerci all’Arma per il risarcimento del danno subìto per le torture, perché il giudice è stato indotto nell’errore dalla falsa confessione estorta”!!!

Sembra incredibile quanto accaduto allora… ma  pensandoci, questa storia assomiglia di molto a quella accorsa alcuni anni fa, precisamente nel 2009, al  geometra Stefano Cucchi… la cui inchiesta bis come sappiamo si è conclusa con la richiesta da parte della procura di Roma del rinvio a giudizio di cinque carabinieri coinvolti, tre dei quali devono ora rispondere di omicidio preterintenzionale pluriaggravato dai futili motivi e dalla minorata difesa della vittima, abuso di autorità contro arrestati, falso ideologico in atto pubblico e calunnia…
Non proprio una bella pagina per l’Arma che proprio a causa di questi suoi uomini è stata posta in profondo imbarazzo dinnanzi all’opinione pubblica, anche se la maggior parte di noi, conosce benissimo l’alta professionalità e l’esemplare disponibilità della maggior parte dei suoi subalterni militari, che come sappiamo, sono la maggioranza …

Un aiuto dato a coloro che ne hanno bisogno… preghiamo…

Molti gerarchi nazisti come Eichmann, Mengele, Priebke, trovarono rifugio in Argentina. Ad attuare la loro fuga era la Organisation der ehemaligen SS-Angehöringen, detta “operazione Odessa”; questa aveva complicità sia nella Chiesa cattolica ma anche con il regime del presidente Juan Carlos Perón. Oggi attraverso materiali inediti dei servizi americani ed europei si ricostruisce l’intera filiera di Odessa, svelando i contatti di Perón con i nazisti; l’azione degli agenti segreti di Himmler giunti a Madrid per preparare una via di fuga nel 1944, e dal 1946 attivi a Buenos Aires con diramazioni in Scandinavia, Svizzera e Italia; gli accordi tra il governo e la Chiesa cattolica argentina e la complicità delle autorità svizzere.

Solo ora si aprono prospettive di lavoro più analitiche su questo tema, per anni rimasto un buco nero della ricerca storica. L’infinita mole di volumi pubblicati sulla seconda guerra mondiale si interrompe improvvisamente davanti alle macerie del Reichstag o, nel migliore dei casi, nell’aula di tribunale di Norimberga, ignorando volutamente le centinaia (e forse migliaia) di criminali di guerra sfuggiti alla morte o alla cattura e rifugiatisi in America Latina (ma anche negli Stati Uniti e in altri paesi del blocco occidentale).

Oggi si è in grado di mettere insieme il materiale sufficiente per ricostruire la vicenda generale della fuga dei criminali di guerra dall’Europa e quella specifica di alcuni di loro, fra cui Ante Pavelić ( Poglavnik dello Stato Indipendente Croato), Adolf Eichmann (il “ferroviere” dell’Olocausto), Erich Priebke (il responsabile della strage delle Fosse Ardeatine), Josef Mengele (il “dottore della morte” di Auschwitz). Gli archivi della Croce rossa in Svizzera; quelli belgi che conservano il diario di uno dei più importanti criminali fuggiti in Argentina; i documenti dei servizi segreti americani; i moduli di sbarco e i permessi rilasciati dall’Ufficio immigrazione di Buenos Aires; i pochi documenti Vaticani messi a disposizione.

Il quadro che ne viene fuori è al tempo stesso maestoso e deprimente, per la serie di connivenze e di interessi incrociati che fruttarono l’impunità e spesso una vita agiata a individui che si erano resi responsabili delle peggiori atrocità in tempo di guerra. A tutto ciò contribuì l’acquiescenza dei servizi segreti occidentali, che permisero la fuga di gran parte dei criminali già in arresto; l’ignavia della Croce rossa, che fornì i documenti di viaggio… chissà poi per quale ragione, già… senza effettuare il minimo controllo; l’interesse politico ed economico (la necessità di tecnici specializzati, per esempio nel settore aeronautico) di Perón e del suo entourage, che organizzò una vera e propria rete di espatrio clandestino; la malintesa e molto sospetta carità cristiana di alcuni fra i più alti esponenti del Vaticano (vescovi austriaci, argentini e croati, con la provata complicità di Pio XII…non dimentichiamoci dei suoi “ silenzi “ e del cardinale Montini, futuro Paolo VI), tanto attivi nell’organizzare una via di salvezza per i criminali cattolici quanto nel negare aiuti sostanziali agli ebrei sottoposti a sterminio pochi anni prima.

In pratica, gli emissari di Perón in Europa – spesso già in contatto con i servizi segreti nazisti durante la guerra – misero in piedi due strutture di fuga, l’una negli anni 1945-47, attraverso soprattutto la Spagna franchista, per mettere in salvo i criminali cattolici (rexisti belgi, fascisti francesi, ustaša croati); l’altra negli anni 1947-49, a vantaggio soprattutto dei nazisti tedeschi e transitante per l’Italia. Spesso fatti fuggire dai campi di prigionia alleati grazie all’aiuto di alti prelati, i criminali di guerra erano tenuti in clandestinità in monasteri o appartamenti di proprietà del Vaticano. Intanto gli inviati argentini procuravano loro i documenti di viaggio della Croce rossa e l’assenso all’immigrazione delle autorità argentine (ancora nel dopoguerra spesso propense a negare i permessi ai profughi ebrei). Infine, questi individui giungevano in Argentina (talvolta grazie a voli della compagnia di bandiera o a un’agenzia privata gestita dagli stessi che ne avevano organizzato l’espatrio), dove venivano accolti a braccia aperte da altri nazisti e filonazisti precedentemente sbarcati, in grado di procurar loro una sistemazione, un lavoro e non di rado un incontro con lo stesso Perón.

Chi pagherà per le responsabilità globali, che attraverso istituzioni quali il Governo argentino, il Vaticano e la Croce Rossa e quanti ancora in maniera del tutto personale hanno dato moto alla più attiva ” Squadra salva Nazisti ” nel dopoguerra?