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Come difendersi dalle Agenzie di riscossione – Parte finale!!!


E se dobbiamo difenderci dal pignoramento di Agenzia Entrate Riscossione???

Se, dopo la notifica della cartella di pagamento, Agenzia Entrate Riscossione è passata all’attacco con un pignoramento ci sono due mezzi di difesa oltre al ricorso.
Qualora l’Agenzia Entrate Riscossione abbia già avviato il pignoramento, prima che sia disposta la vendita o l’assegnazione, il debitore può chiedere di sostituire ai beni o ai crediti pignorati una somma di denaro pari, oltre alle spese di esecuzione, all’importo dovuto al creditore pignorante e ai crediti intervenuti, comprensivo del capitale e delle spese. In tal modo i beni pignorati vengono liberati e tornano nella disponibilità del debitore.
Quando il valore dei beni pignorati è superiore all’importo delle spese dell’esecuzione e dei crediti dovuti al creditore pignorante e agli eventuali creditori intervenuti, comprensivo del capitale, degli interessi e delle spese, il debitore può presentare al giudice dell’esecuzione un’istanza (anche orale) di riduzione del pignoramento.
L’istanza può essere proposta in qualsiasi fase della procedura esecutiva, finché non si sia proceduto alla vendita dei beni. La riduzione può essere disposta anche d’ufficio.
Il giudice decide con ordinanza non impugnabile, sentito il creditore pignorante.
Come chiedere la compensazione della cartella di pagamento

Se proprio non ci sono motivi di opposizione contro la cartella di pagamento e ti sembra che l’unica soluzione sia pagare, hai un altro metodo per difenderti da Agenzia Entrate Riscossione: quello di chiedere la compensazione con eventuali crediti che vanti nei confronti dell’erario. 

In particolare, si può estinguere le cartelle di pagamento, relativamente a tributi erariali (imposte sui redditi e addizionali, Iva, Registro e altri tributi indiretti, Irap, ecc.) e relativi oneri accessori (compresi gli aggi e le spese a favore dell’Agente della riscossione) mediante compensazione con crediti relativi alle imposte erariali stesse. Per fare ciò, bisogna utilizzare, nei sessanta giorni dalla notifica (pagamento tempestivo), il modello F24 Accise (codice tributo RUOL).

Se il pagamento riguarda solo una parte delle somme dovute, il contribuente può presentare ad Agenzia Entrate Riscossione un modulo specifico (reperibile sul sito di Agenzia Entrate Riscossione), con cui dichiara l’avvenuto pagamento in compensazione tramite F24 Accise e indica eventualmente a quale parte del debito erariale imputare il pagamento. 

In quest’ultimo caso, la scelta dei debiti da compensare va effettuata: entro 3 giorni dal conferimento della delega di pagamento, se il contribuente presenta il modello F24 Accise tramite banche, poste ed Entratel contestualmente, se il contribuente presenta l’F24 Accise agli sportelli dell’Agente della riscossione.

Non è possibile utilizzare i crediti in compensazione nel modello F24 quando sono presenti debiti iscritti a ruolo per imposte erariali ed accessori, di importo superiore a 1.500 euro, per i quali è scaduto il termine di pagamento. In tali casi, è necessario estinguere prima i debiti erariali iscritti a ruolo e scaduti. 

Dopo di che, si potranno utilizzare in compensazione i crediti disponibili. 

Il divieto riguarda esclusivamente l’ipotesi di cosiddetta «compensazione orizzontale» (cioè, fra tributi di diversa tipologia tramite il modello F24) e non la cosiddetta compensazione «verticale», che interviene nell’ambito dello stesso tributo (per esempio, quella Irpef con Irpef).

L’erede non paga le sanzioni
Se arriva una cartella esattoriale dell’Agenzia delle Entrate Riscossione intestata ad un defunto, gli eredi non devono pagare le sanzioni.

A tal fine, potranno fare un’istanza di sgravio alla stessa Agenzia delle Entrate Riscossione.

In secondo luogo, potranno evitare di pagare se rinunciano all’eredità. Ma se accettano l’eredità con beneficio di inventario, ridurranno la propria responsabilità solo ai beni ottenuti con la successione. Significa che se decidono di non pagare, l’Agenzia delle Entrate Riscossione potrebbe pignorare solo i beni ereditati e non quelli del patrimonio personale.
In secondo luogo, l’erede può evitare di pagare se rinuncia all’eredità.

Invece, accettando l’eredità con beneficio di inventario ridurrà la propria responsabilità solo ai beni ottenuti con la successione: in buona sostanza, qualora decidesse di non pagare, l’esattore potrebbe pignorare solo i beni ereditati e non quelli del patrimonio personale.

Legge salva-suicidi e l’accordo con Agenzia Entrate Riscossione
Abbiamo detto, in apertura di questo articolo, che non sono possibili «accordi personalizzati» con Agenzia Entrate Riscossione per annullare il debito.
Tuttavia è possibile ricorrere alla cosiddetta legge salva-suicidi o anche detta legge sul sovra-indebitamento che consente una riduzione sostanziale dell’esposizione.

In particolare: per le obbligazioni contratte a seguito della propria attività lavorativa o professionale, si presenta in tribunale un programma di pagamento che deve trovare il consenso di almeno il 60% dei creditori; l’accordo viene poi ratificato dal tribunale (è il cosiddetto accordo coi creditori). Secondo la giurisprudenza questo iter si può azionare anche quando il creditore è uno solo, ossia l’Agenzia Entrate Riscossione. 

Con la legge salva suicidi, chi non per sua colpa non ha pagato le cartelle esattoriali e l’esposizione è talmente alta da non consentirgli di rimediare coi redditi di cui dispone, può quindi proporre all’Esattore un “saldo e stralcio”. 
Il programma di liquidazione va presentato a mezzo di un organismo di composizione della crisi (anche un avvocato o un commercialista); per tutte le altre obbligazioni (non quindi quelle collegate all’impresa o all’attività lavorativa) si può ottenere la decurtazione del debito direttamente dal tribunale, senza il consenso dei creditori (cosiddetta procedura del piano del consumatore). 

Qui è il giudice a valutare la meritevolezza dell’offerta fatta dal contribuente e, se la valuta positivamente, accorda il taglio sul debito (che, a volte, può raggiungere cifre fino al 70-80%; in ultimo è possibile disporre la vendita dei propri beni attraverso il tribunale e procedendo alla ripartizione del ricavato tra i creditori (cosiddetta procedura di liquidazione del patrimonio).
Con quest’ultimo post… sono state esaminate tutte le possibili soluzioni, su come difendersi da quell’invio “il più delle volte fastidio” delle cartelle esattoriali da parte delle nostre Agenzie delle Entrate… le quali, non sempre dimostrano di essere corrette, ma che creano a ciascuno di noi… esclusivamente scocciature… per tutto il tempo, che portano naturalmente via, a causa delle dovute giustificazioni!!!

Come difendersi dalle Agenzie di riscossioni: parte terza

Un altro espediente solitamente usato per difendersi dalle cartelle di pagamento è far rilevare la prescrizione. 

Si tratta, in buona sostanza, del decorso del tempo che intercorre tra una cartella di pagamento e un’altra (se riferite allo stesso debito), tra l’avviso di pagamento (l’atto prodromico) e la successiva cartella o tra la cartella e l’eventuale pignoramento. 
Il contribuente può far annullare la richiesta di pagamento se, per numerosi anni, nessuno si è fatto vivo e non gli sono stati notificati solleciti. 
Questi termini di prescrizione sono diversi a seconda del tipo di tassa in gioco. 
In particolare: crediti Inps e Inail per contributi previdenziali: prescrizione in 5 anni; crediti dell’Agenzia delle Entrate per Irpef, Irap, Iva e altre imposte erariali: prescrizione in 10 anni (con qualche precedente che pala di 5 anni); crediti del Comune per multe stradali: prescrizione in 5 anni; crediti dello Stato per canone Rai: prescrizione in 10 anni; crediti della Regione per bollo auto: prescrizione in 3 anni; crediti del Comune per Imu, Tasi, Tari, Tarsu, Ici: prescrizione in 5 anni.
Cosa fare se la cartella di pagamento di Agenzia Entrate Riscossione è prescritta?
La cosa più immediata e naturale sarebbe quella di chiedere uno sgravio della cartella stessa dalle somme non più dovute. 
Tuttavia, per quanto semplice, tale operazione può risultare problematica: ciò a causa della scarsa collaborazione da parte degli uffici dell’Agente della riscossione, pur dinanzi a conclamate ragioni del contribuente. 
Insomma gli uffici se ne lavano spesso le mani rimandando il contribuente all’Ente titolare del credito, mentre quest’ultimo, a sua volta, si scrolla di dosso ogni decisione in merito, sostenendo di aver inviato per tempo il ruolo all’esattore. 
Si può quindi presentare una istanza in autotutela da presentare all’ente titolare del credito e, per conoscenza, all’Agenzia Entrate Riscossione, ma il mezzo migliore è quello di fare ricorso al giudice. Anche in questo caso, bisogna però rispettare i termini di legge: 30 giorni per le cartelle relative a multe stradali (la competenza è del giudice di pace); 40 giorni per le cartelle relative a contributi previdenziali Inps e Inail (la competenza è del tribunale ordinario, sezione lavoro); 60 giorni in tutti gli altri casi, ossia imposte e tributi (la competenza è della Commissione Tributaria Provinciale).
Diversa dalla prescrizione è la decadenza. Anche questa eccezione si fonda sul mancato rispetto dei termini, ma in questo caso si tratta dei termini massimi che devono necessariamente decorrere tra l’iscrizione a ruolo del debito e la notifica della prima cartella. 
Tutto avviene nel seguente modo: dopo che l’ente titolare del credito ha inviato l’avviso di pagamento ed ha accertato l’inadempimento definitivo (scaduti cioè i termini per il versamento) delega l’Agente della riscossione del recupero coattivo delle somme. 
Questa attività si sostanzia con l’iscrizione a ruolo dell’importo. 
La data in cui avviene l’iscrizione a ruolo viene poi riportata sulla cartella esattoriale, per cui il contribuente può sempre verificarla; tra la data di notifica della cartella e la data di iscrizione a ruolo non devono decorrere, nella gran parte dei casi, più di due anni. 
Diversamente la cartella è illegittima.
Altro motivo di eccezione è relativo al rispetto dei termini di efficacia della cartella. 
Essa consente il pignoramento solo entro un anno dalla sua notifica. 
Se il pignoramento dovesse avvenire più tardi di tale termine è necessaria la notifica di un ulteriore atto, detto «intimazione di pagamento» il quale, a sua volta, ha un’efficacia limitata a 180 giorni. 
Questo non toglie che, spirata l’efficacia dell’intimazione di pagamento, non se ne possa notificare un secondo, un terzo, ecc.; ma di certo, prima di tale adempimento, non può intervenire alcun pignoramento.
La cartella è illegittima se, nel richiedere il pagamento dell’imposta o della sanzione insieme agli interessi, indica un’unica somma senza invece distinguerle. Secondo la giurisprudenza, deve essere chiaro e trasparente il metodo di calcolo degli interessi, le annualità calcolate e il saggio di ogni singolo anno. 
Solo in questo modo è possibile consentire al contribuente di esercitare un controllo sul “conto definitivo”.
In ogni caso, l’errata o omessa indicazione dei criteri di calcolo degli interessi non rende nulla tutta la cartella ma solo la parte degli interessi.
La cartella deve sempre indicare per quali ragioni bisogna pagare, ossia il tributo o la sanzione a cui le somme si riferiscono. È il cosiddetto obbligo di motivazione che richiede, in alternativa, l’indicazione dell’atto precedentemente notificato al contribuente dal quale evincere la causale. 
La motivazione è condizione di validità della cartella.
La cartella di pagamento non deve necessariamente indicare la firma del suo “autore”, il quale può essere indicato nel corpo dell’atto. 
L’importante è che il responsabile del procedimento sia sempre indicato con nome e cognome.
Secondo alcuni giudici, Agenzia Entrate e Agenzia Entrate Riscossione possono stare in causa solo a mezzo di personale interno e non con avvocati esterni. 
La conseguenza è che la difesa dell’Esattore è nulla, il giudice non può ascoltare le eccezioni da questa sollevata né tenere in considerazione i documenti di prova prodotti. 
«L’errata costituzione – determinata dall’impossibilità di concedere delega a soggetti non interni all’ufficio – può essere rilevata in qualsiasi grado di giudizio dal magistrato». 
Tradotto significa che se un contribuente ha già impugnato una cartella esattoriale e ha perso la causa per qualsiasi altra ragione, qualora siano ancora aperti i termini per fare appello o ricorso in cassazione, può ugualmente sollevare l’eccezione in questione – quella cioè di difetto di costituzione – anche se non lo aveva fatto in primo grado (magari perché non ne sapeva l’esistenza). 
Questo perché a dover rilevare il difetto di rappresentanza degli avvocati esterni all’Agente della riscossione doveva essere il giudice e non tanto il contribuente. 
Con la conseguenza che si tratta di una censura che può essere mossa in qualsiasi stato e grado della causa.Mediazione obbligatoria
Tutte le cartelle per importi non superiori a 50.000 euro che si impugnano davanti alla Commissione tributaria non possono essere depositate direttamente davanti al giudice ma vanno prima notificati all’Esattore con una proposta di reclamo-mediazione in cui si tenta un accordo per rettificare eventuali errori.
Passiamo a  scoprire come chiedere la dilazione della cartella di pagamento…
Chiedendo ad Agenzia Entrate Riscossione la rateazione del debito puoi sospendere la cartella di pagamento, ossia fare in modo che non vengano eseguiti pignoramenti, fermi o ipoteche. 
Esistono tre possibilità diverse: debiti fino a 60.000 euro: piano ordinario. 
È possibile chiedere la cosiddetta rateazione ordinaria a 72 rate (6 anni), senza dover presentare documentazione per documentare la propria difficoltà economica. 
La richiesta può essere fatta anche online. 
Si può scegliere tra rate costanti o crescenti; debiti superiori a 60.000 euro: piano ordinario. 
Si può chiedere la rateazione fino a 72 rate (6 anni) ma dimostrando la propria difficoltà economica. 
In particolare si può chiedere la rateizzazione presentando una domanda e allegando la certificazione relativa all’Indicatore della situazione economica equivalente (ISEE) del tuo nucleo familiare per attestare la temporanea situazione di obiettiva difficoltà economica. Se la richiesta è accolta, accedi e al piano ordinario che ti consente di pagare il debito fino a un massimo di 72 rate (6 anni). 
Puoi scegliere tra rate costanti o rate crescenti; piano straordinario: se non sei in grado di sostenere il pagamento del debito secondo un piano ordinario in 72 rate mensili, puoi ottenere una rateizzazione fino a 120 rate di importo costante. 
Deve risultare la comprovata e grave situazione di difficoltà legata alla congiuntura economica e per ragioni estranee alla propria responsabilità. Innanzitutto, è necessario dimostrare di non poter pagare il debito secondo i criteri previsti per un piano ordinario. 
Condizione che si verifica quando l’importo della rata è superiore al 20% del reddito mensile del tuo nucleo familiare, risultante dall’Indicatore della situazione reddituale (ISR) riportato nel modello ISEE (Indicatore della situazione economica equivalente). 
In questo caso, puoi presentare una domanda di rateizzazione, dichiarando di trovarti in una comprovata e grave difficoltà legata alla congiuntura economica per ragioni estranee alla tua responsabilità, allegando la certificazione relativa all’ISEE del tuo nucleo familiare, comprensiva del quadro N- Indicatore della situazione reddituale, debitamente valorizzato.
Una volta presentata l’istanza di rateazione: Agenzia Entrate Riscossione non può procedere a iscrivere fermi o ipoteche o intraprendere pignoramenti non ancora iniziati; i pignoramenti già in corso vengono sospesi e abbandonati dopo il pagamento della prima rata; fermi e ipoteche già iscritti non vengono cancellati, ma limitatamente al caso del fermo è possibile, dimostrando l’avvenuto pagamento della prima rata, ottenere una quietanza di pagamento e ritornare a circolare.

NON SIAMO IN SVEZIA!!!


Con questa frase pronunciata  dinnanzi ai deputati della commissione bilancio dall’ARS… il presidente di “Riscossione Sicilia”, Avv. Antonio Fiumefreddo, ha scatenato l’inferno…

Per essere più precisi la frase per intero diceva “Anche in questo palazzo c’è una parte della politica infiltrata, non siamo in Svezia…”!!!
Ma cosa avrà mai detto di grave quest’uomo… sì… sembra -almeno qui da noi- che quando qualcuno esprime il proprio pensiero, contrario a quello generale del sistema, viene immediatamente attaccato!!!
Ora scusate… ma perché c’è soltanto uno tra voi che vuole paragonare il sistema scandinavo a quello nostro???
La Svezia è uno dei dieci paesi del mondo dove vi è il più basso livello di corruzione, è considerato modello di perfezione per il resto del pianeta, un Stato che segue procedure trasparenti e dove gli effetti della criminalità sono ben circoscritti ed infine, una terra che risulta più facile da vivere e permette a chiunque di fare business…
Già, sembra tutto il contrario del nostro paese… o ancor meglio della nostra terra, dove quotidianamente assistiamo ad inchieste che riportano fatti e abusi compiuti che portano per l’appunto il nostro livello di corruzione, tra i più alti del mondo!!! 
Ma stranamente, quel nostro parlamento siciliano, invece di effettuare quelle necessarie politiche contro un sistema clientelare e mafioso, che da sempre ci soffoca e che lede i diritti di libertà di ciascun cittadino, si occupa di realizzare lavori d’aula, che dimostrano di esercitare in maniera marginale, una azione determinante necessaria al cambiamento nella nostra vita quotidiana ed allora mi chiedo, quanto sia realmente lontano quel pensiero espresso dall’Avv. Fiumefreddo…
Certamente comprendo come l’attuale presidente dell’Agenzia di riscossione non risulti a molti simpatico… io per primo in alcuni momenti degli anni scorsi, ho aspramente criticato alcune metodologie compiute da quella agenzia, nei confronti della società per la quale insieme a molti colleghi operavo quale dipendente… la “IN.CO.TER. S.P.A.” (sottoposta a quel tempo, a provvedimento di confisca da parte del Tribunale di Catania) e che “stranamente” proprio a causa dei provvedimenti compiuti dall’agenzia di riscossione, si erano di fatto inibito i conti bancari, non permettendo così alla società di continuare ad operare, ma soprattutto di poter pagare noi dipendenti di quanto allora (ed ancora oggi…) dovuto…
Difatti, proprio ieri, parlando con un mio amico, mi ha detto: “caro Nicola… mi sto abituando a leggere in maniera assidua il tuo blog, però c’è una cosa che non condivido, ed è… quando prendi le difese dell’Avv. Fiumefreddo“!!! 
Gli ho risposto: “molto probabilmente non avrai letto quanto ho scritto sul presidente negli anni scorsi, ma sappi che io provo in ogni momento d’essere nel giusto e quando mi accorgo che le persone fanno il proprio dovere, in particolare quando cercano in tutti i modi di non sottomettersi a questo sistema “malato”, ma anzi dimostrano di contrastarlo con tutte le loro forze, ecco che allora faccio di tutto affinché vengano premiate quelle azioni svolte e faccio in modo di riportarle immediatamente all’attenzione del pubblico… 
Ecco il motivo per cui oggi ritengo che l’Avv. Fiumefreddo vada difeso e protetto… proprio perché sta provando a combattere un sistema guasto e corrotto, che alla fine proverà in tutti i modi a schiacciarlo…
Abbiamo visto quanto è accaduto in quel Palazzo… e quale epilogo abbia avuto quella seduta, in particolare la tensione è certamente da contestualizzare in quelle azioni riportate in questi giorni dai media, sui nominativi dei deputati morosi (Nello Musumeci, Raffaele Nicotra e Nino D’Asero) ed in particolare su quelle cartelle esattoriali, che secondo il presidente sarebbero state chiuse in maniera non regolare da alcuni dipendenti ora indagati dalla procura di Catania…
Secondo l’Avv. Fiumefreddo “c’è una parte della politica, trasversale, che tutela interessi criminali e che ha fatto dell’esattoria una leva criminale… “Stia zitto se no… non le diamo più una lira alla sua società; decida cosa fare, se il politico oppure polemica”!!!
Alla fine… la commissione è stata sospesa e l’Avv. Fiumefreddo è stato all’inizio (con la forza) sbattuto fuori da quell’aula…  e successivamente allontanato dal palazzo!!!
Mi chiedo allora… dove stia la verità, ma soprattutto, quanti anni ci vogliono per poterla determinare!!!
Ritengo che sia il momento da parte degli organi di polizia giudiziaria (cui la legge fa obbligo di compiere indagini a seguito di una notizia di reato), di dare finalmente luce ad una vicenda dall’odore fortemente sgradevole, che dimostra ancora una volta come, il più delle volte, per giungere alla verità, bisogna combattere con i denti, mettendo a rischio purtroppo anche la propria vita, ma come ripeto sempre alle mie figlie: “È meglio morire in piedi che vivere in ginocchio”!!!