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La gestione delle carceri: un fallimento annunciato?

Le carceri italiane sono ormai il simbolo di una gestione pubblica disastrosa, caratterizzata da scelte politiche e amministrative che hanno prodotto conseguenze devastanti. 
Le circolari ministeriali e le disposizioni adottate negli ultimi anni hanno generato un effetto a catena di reati, aggressioni e rivolte, mentre il governo delle strutture detentive appare sempre più condizionato dagli interessi mafiosi.

Il danno economico derivante da questa situazione è incalcolabile: miliardi di euro dispersi tra inefficienze, costi di riparazione e spese straordinarie legate alla gestione delle emergenze. 

Eppure, nonostante la gravità del problema, le responsabilità contabili, civili e forse anche penali non sono mai state adeguatamente approfondite. 

Nel frattempo, gli agenti penitenziari, ormai stremati da un sistema che li abbandona, non hanno strumenti efficaci per impedire che le mafie controllino l’interno delle carceri.

Per spezzare questo ciclo vizioso, è necessario riscrivere le regole, costruendo un modello basato sulla civiltà e sulla speranza per i detenuti. Tuttavia, ciò non può significare concedere ulteriore spazio ai gruppi criminali più pericolosi, che oggi approfittano della debolezza delle istituzioni per rafforzare il loro controllo. 

Occorre impedire a una minoranza mafiosa di dettare legge e vietare qualsiasi forma di autogestione degli spazi condivisi, che di fatto trasforma le sezioni detentive in vere e proprie roccaforti della criminalità organizzata.

Le recenti indagini della magistratura palermitana hanno messo in luce falle gravissime nel sistema di sicurezza, con l’introduzione indiscriminata di telefoni cellulari e altri strumenti di comunicazione illeciti. 

Oggi, persino le sezioni di alta sicurezza non riescono più a garantire un controllo adeguato: i boss mafiosi possono continuare a comandare e a reclutare nuovi adepti, trasformando il carcere in un centro operativo per le loro attività criminali.

L’unico regime che ancora riesce a contrastare questo fenomeno è il 41bis, che limita drasticamente i contatti con l’esterno e impedisce il controllo mafioso sugli spazi comuni. Tuttavia, anche questa misura sembra destinata a essere smantellata nel tempo, rendendo il carcere sempre più irrilevante rispetto alle sue due funzioni principali: garantire la sicurezza dei cittadini e rieducare i condannati.

L’introduzione dei telefoni nelle carceri è un fenomeno ormai fuori controllo. 

La libera circolazione dei detenuti all’interno delle strutture rende estremamente semplice il contrabbando di dispositivi, che possono essere lanciati dall’esterno, trasportati dai droni o introdotti durante i colloqui con i familiari. 

Un cellulare in mano a un boss significa la possibilità di continuare a gestire il traffico di droga, impartire ordini ai propri affiliati e persino commissionare omicidi.

Fino a qualche anno fa, chi introduceva un telefono era sottoposto a misure disciplinari rigorose, e gli utilizzatori venivano immediatamente trasferiti. Oggi, invece, il numero di sequestri è in costante aumento, ma le sanzioni sono praticamente inesistenti. Il sistema sembra aver alzato bandiera bianca.

Quali prospettive per il futuro?

Per invertire questa deriva serve una classe dirigente preparata e determinata, capace di interrompere il binomio retorica-incompetenza che da anni grava sulle scelte politiche in materia carceraria. 

Ma prima ancora, è necessaria una presa di coscienza collettiva sugli errori commessi, sulle inefficienze del sistema e sulle conseguenze di un approccio sempre più permissivo nei confronti della criminalità organizzata.

Il carcere non deve diventare un luogo di tortura, ma nemmeno un territorio senza regole in cui la mafia continua a dettare legge. 

Ripristinare un sistema sicuro e funzionante è un dovere verso le vittime della criminalità, verso gli agenti penitenziari che ogni giorno rischiano la vita e verso tutti i cittadini che meritano uno Stato forte e credibile.

Emergenza carceri: la società civile non puo più restare a guardare!!!

La questione dei penitenziari in Italia rappresenta un grave problema….

Da anni ci troviamo di fronte a strutture fatiscenti, obsolete e inadeguate a garantire la sicurezza e il recupero dei detenuti. 

È naturale chiedersi per quanto tempo ancora possiamo ignorare questa emergenza, ma soprattutto è fondamentale riflettere su che tipo di pena vogliamo infliggere a chi ha violato le norme della civile convivenza, riconoscendo che il carcere dovrebbe mirare al recupero e non solo alla punizione.

È essenziale differenziare i detenuti in base al reato commesso: non si possono mescolare individui che hanno commesso crimini gravi con coloro che hanno violato norme amministrative. 

Egualmente, va posta attenzione ai minori, che in carcere si ritrovano a contatto con affiliati di organizzazioni criminali, i quali spesso li attraggono in un percorso di affiliazione piramidale, con promesse allettanti in stile “Gomorra.”

L’emergenza delle carceri richiede una riflessione collettiva, coinvolgendo tutti i soggetti interessati, per affrontare seriamente i problemi di sovraffollamento, inadeguatezza delle strutture e gestione eterogenea dei detenuti. 

Questi fattori aumentano i rischi per i più vulnerabili e per il personale carcerario, aggravando una situazione già critica. Un piano di ristrutturazione o, meglio ancora, la costruzione di nuovi istituti potrebbe portare benefici significativi.

L’introduzione di penitenziari differenziati per categoria di reato – tra reati penali e amministrativi – aiuterebbe a limitare le influenze negative sui detenuti non abituali, promuovendo percorsi di recupero mirati. 

Per i giovani detenuti, la situazione è ancora più delicata: il rischio di affiliazione criminale è elevato in mancanza di un ambiente protettivo e di programmi di reinserimento sociale. Separare i minori e offrire loro percorsi educativi e riabilitativi è indispensabile per aiutarli davvero.

È chiaro come il ruolo delle istituzioni sia centrale: serve una vera riforma del sistema penitenziario che coinvolga tribunali di sorveglianza, avvocati, operatori sociali, associazioni e la società civile. 

Solo attraverso un impegno condiviso si potrà creare un sistema più giusto ed efficace.

Scriveva Dostoevskij: Il grado di civilizzazione di una società si misura dalle sue prigioni!!!

E dire che il Procuratore Gratteri aveva proposto di mettere i Jammer!!!

Già… vi è un video che sta circolando da alcuni giorni su “Tik Tok” – https://www.tiktok.com/@presidentesippe/video/7327904239953530144?_t=8odxeq2dugj&_r=1 – dove il procuratore di Napoli, Nicola Gratteri, ha dichiarato come nelle carceri italiane siano presenti non solo droga e alcol, ma anche cellulari…
Peraltro a dare conferma a quanto sopra ci hanno pensato direttamente dal carcere di Torino un gruppo di detenuti “Trapper“…

Sì… difatti quest’ultimi riprendendosi con il cellulare hanno cantato dinnanzi a uno sfondo con alle spalle le celle, salutando e mostrando quei loro corpi ricoperti da tatuaggi senza alcun timore e non solo, accompagnando il video con uno spinello… 

Cosa dire, considerate le migliaia di follower che su Instagram seguono quanto da essi compiuto, non posso che (pur sconfortato nell’osservare come quotidianamente l’illegalità in questo Paese prevalga sulla legalità) apprezzarne in un certo senso… quell’idea; d’altronde va detto… essa rappresenta il perfetto viatico per intrappredere una carriera di cantante e quindi ben venga ogni forma di pubblicità pur di giungere aalla definizione di un eventuale contratto discografico e quindi ad un inaspettato successo che potrà certamente realizzarsi appena usciti da quel penitenziario!!!

Debbo dire che il pensiero di come attraverso la musica ci si possa allontanare definitivamente da quell’ambiente insano non mi dispiace, anche se – ahimè – ci credo poco…

Certo, quanto accaduto a Torino (e non solo…) ha riproposto il tema tanto difficile delle carceri nel nostro Paese, in particolare sul sovraffollamento, le condizioni igieniche/sanitarie, il degrado delle strutture molte delle quali fatiscienti e soprattutto la difficile convivenza tra gruppi criminali contrapposti cui si sommano quelli di colore, etnia o religioni diverse… 

Un racconto che viene perfettamente riportato nei testi di quelle loro canzoni, dove viene raccontata l’esperienza di vita precedente a quella loro cattura e quanto viceversa si sta ora vivendo all’interno di quel penitenziario…

Quanto sopra conferma come queste cosiddette “case di pena“, non agevolino minimamente quel principio per cui la detenzione dovrebbe in un qualche modo rieducare il condannato, così come d’altronde previsto dall’art. 27 della Costituzione.

Perchè sappiamo bene come il più delle volte quando un detenuto viene inserito in quell’ambiente, eleva negli anni il proprio livello di pericolosità, proprio perché si lega e quindi entra far parte di un gruppo ancor più criminale!!!

Basto osservare quelle serie tv sullìargomento, su quanto accade all’interno di quei penitenziari, ma anche nelle strutture minorili chiamati “riformatori” e non bisogna dimenticare del problema preposto come polizia penitenziaria, addetti a quella difficile gestione che hanno evidenziato negli anni, attraverso il sindacato do categoria, di possedere un organico fortemente ridotto e lamentando in più di una circostanza, gravi difficoltà nel gestire quelle case circondariali nelle quali – come possiamo vedere – entra di tutto, tra cui anche quei cellulari utilizzati poi dagli stessi capi criminali, già… per poter dare gli ordini ai propro affiliati all’esterno!!!

Mettere i Jammer??? Si… sarebbe in parte una buona soluzione, ma ritengo che non sia soltanto così che si potrà risolvere questo difficile problema!!!

Il Procuratore di Napoli, Nicola Gratteri spiega l'indegno problema della presenza dei cellulari nelle carceri!!!

Trovate il commento sulla pagina social di Tik Tok “antimafiaduemila” al link: https://www.tiktok.com/@antimafiaduemila/video/7389322510254279969?_r=1&_t=8oCceZVBJ6e

“Una situazione veramente drammatica” – dice il Procuratore – ” e non pensate che col palliativo di ieri risolviamo il problema delle carceri”.

È il commento tranciante fatto a Reggo Calabria dal procuratore capo di Napoli Nicola #Gratteri durante la presentazione del suo libro “Il grifone. Come la tecnologia sta cambiano il volto della ‘Ndrangheta”, scritto a quattro mani con il professore #AntonioNicaso. 

Il volume è stato presentato nei giorni scorsi assieme al procuratore di Reggio Calabria #GiovanniBombardieri e al procuratore aggiunto di Catania #SebastianoArdita, ai piedi del suggestivo Castello Aragonese.

“Voi dovete tenere presente che mediamente in ogni carcere sono 200 telefonini che funzionano – ha detto Gratteri -. Quando è scoppiato il problema dei cellulari in #carcere, è stata fatta una riunione alla Procura Nazionale dell’Antimafia in cui erano presenti tutte le procure distrettuali d’Italia. C’era anche il direttore Basentini con tutto il suo staff. E io dissi che era necessario compare un ‘jammer’ (disturbatore di frequenze, ndr) quantomeno per le carceri più grandi e in alta sicurezza. Dunque, Rebibbia, Milano Opera, ecc. MI dissero che non era possibile perché ‘se funziona il jammer come fa la polizia penitenziaria a comunicare?”

Eppure, ha spiegato il procuratore di Napoli, “in questo momento dal carcere si danno ordini di morte, si vende droga, si chiede l’estorsione. E non c’è indagine che noi facciamo per associazione di stampo mafioso, traffico di droga o altro dove poi non emerge che sentiamo 3, 4, 5, 10 telefonini che sono in carcere e comunicano con l’esterno. Questo è lo stato dell’arte”.

Ma d’altronde cosa vogliamo, con una politica che dimostra essere collusa con la criminalità organizzata, attraverso il ben noto la scambio di voti, cosa si può pretendere, se non quanto descritto dal nostro procuratore!!!

E un vero schifo e la circostanza peggiore è che a fare in modo che quanto sopra accada, sono proprio coloro che ci stanno governando, gli stessi che realizzano leggi per evitare di contrastare in maniera seria la criminalità e facendo in modo che quelle stesse leggi inconcludenti e sterili, possano poi esser da loro stessi utilizzate, per evitare di rimanere coinvolti in quelle inchieste giudiziarie, di cui ogni giorno andiamo ahimè udendo!!!

Già… si passa da un sistema giudiziario e detentivo non adeguato Ungherese a quello totalmente permissivo e indulgente Italiano!!!

Siamo rimasti tutti indignati nel vedere in tv l’attivista italiana antifascista Ilaria Salis – presso il Tribunale di Budapest – legata con catene a mani e piedi…

Un trattamento certamente disumano nei confronti di una persona detenuta, in particolare perché durante l’udienza non vi era alcun rischio di violenza per i presenti e ancor meno vi fosse un pericolo di fuga…

Un sistema giudiziario e detentivo a dir poco barbaro quello ungherese, certamente non adeguato agli standard europei, d’altronde vorrei ricordare come proprio un rapporto di Amnesty International evidenziava come i giudici ungheresi che dimostravano non essere allineati con il governo in carica, avessero subito in questi anni feroci attacchi da parte di alcuni politici e giornalisti, tanto che ormai nel paese, quelli ancora indipendenti sono rimasti in pochi…

Quindi, corretto far emergere da parte del governo e dai nostri media quanto sta accadendo in quello Stato “europeo”, ma nel far ciò non va accantonato quanto ahimè accade viceversa nel nostro, già a casa nostra, dove la giustizia opera in maniera permissiva e soprattutto indulgente nei confronti di chi uccide,  tortura, infligge dolore, provoca abusi, ma non solo perché alla fine passano in secondo piano tutte quelle manifestazioni violente che fanno riferimento ad atti di bullismo, furti, rapine, spaccio, etc., reati per i quali non si viene mai condannati o quantomeno con pene effimere!!!

Nel frattempo si chiede all’Unione Europea e alle varie organizzazioni internazionali d’intervenire nei confronti dell’Ungheria, affinché venga migliorato quel sistema giudiziario e le condizioni all’interno di quei loro penitenziari, ma chi viceversa si chiede cosa bisogna fare nel nostro paese affinché chi sbagli paghi???

D’altronde stiamo assistendo proprio in questi giorni a procedimenti penali e all’uso di patteggiamenti, accordi tra pubblici ministeri e imputati affinché si giunga ad una riduzione della pena di quest’ultimi, i quali, il più delle volte non scontano alcun giorno all’interno dei nostri penitenziari!!!

Non entro poi nel merito di chi uccide con crudeltà, basti contare tutti i femminicidi compiuti nel corso dello scorso anno a cui si sommano quelli di quest’anno ed allora ditemi, a chi dare la colpa di ciò se non ad una giustizia totalmente iniqua e malata, con al suo interno tante di quelle leggi che i nostri bravi avvocati utilizzano per fare in modo che i loro assistiti la facciano franca… 

Peraltro, ciò produce altresì un ambiguo aspetto e cioè che chi può permettersi di pagarsi un avvocato di fama può sicuramente sperare di venir assolto, viceversa, chi dovrà accontentarsi di uno meno noto, il più delle volte verrà incriminato, d’altro canto diceva l’ex emerito Presidente del Consiglio G. Giolitti: “per i nemici le leggi si applicano, per gli amici si interpretano”!!!

Non parliamo poi di prescrizione, burocrazia, tempi lunghi, già… sono solo alcune falle della nostra giustizia, le stesse tra l’altro in cui quei nostri azzeccagarbugli riescono ad insinuarsi facendo in modo che il sistema continui così in modo maldestro!!! 

Ma d’altronde si sa… la giustizia non consiste nel dare a tutti lo stesso, ma a ciascuno il suo!!!

Arresti domiciliari??? Quale grave patimento …

Voglio farvi una confidenza… questa storia degli arresti domiciliari mi sta un po’ sul cazz… 
Sì, comprendo perfettamente quanto è previsto dalla normativa vigente e soprattutto che in mancanza di una sentenza definitiva, bisogna attendere che le prove di colpevolezza trovino i dovuti riscontri…
Ma così facendo, difficilmente si troverà mai qualcuno pronto ad ammettere le proprie colpe e i reati commessi (quando questi ovviamente hanno motivo d’esistere), poiché ovattati all’interno della propria abitazione e protetti dal calore dai cari, si proverà in tutti i modi a dimostrare la propria innocenza, anche quando si sa quest’ultima, non essere la verità… 
D’altronde, quella sofferenza di stare rinchiuso in casa, quanto incide realmente sul morale di quei soggetti???
Provano angoscia, patimento, sentono quel castigo come fosse una forma di espiazione…???
Il sottoscritto crede proprio di no, d’altro canto ciascuno di essi gode in casa propria di tutti i confort a cui solitamente si è abituati, si possono espletare nuovamente quelle proprie passioni ed è anche un modo per riprendere i lavori a suo tempo tralasciati, mi riferisco a quegli hobby a cui un tempo, forse da ragazzi, si ci dedicava…
Già, in questo periodo (di reclusione forzata…) si può riprendere a leggere in maniera intensa, si può iniziare a scrivere, si dedica quel proprio tempo alla famiglia, in particolare se si è nonni e la casa è piena di nipotini…
Ecco perché non credo agli arresti domiciliari…
Diversamente infatti sarebbe la vita di questi soggetti, se fossero reclusi…   
Volete mettere quell’abitazione che – grazie ai proventi derivanti dalle corruzioni – è formata da una villa lussuosa con piscina e tutti confort di un centro benessere, con una cella di otto metri quadrati, dove si viene posti insieme ad altre due persone sconosciute???
Tre letti, un tavolo di 80 centimetri per 60, tre sgabelli, tre armadietti… 
Sì, perché nei nostri penitenziari causa il sopra affollamento, non esistono celle singole, per cui finiti lì dentro, ci si ritrova a condividere quello spazio ristretto con individui che sono lì per scontare le proprie pene, a volte lunghe, altre volte lunghissime…

Si cerca quindi giunti lì di sopravvivere, di mantenere giorno dopo giorno un livello di vivibilità meno indecente possibile e chiusi in quel poco spazio a disposizione, si cerca se pur costretti a condividere tutto, anche la propria intimità, di contare i giorni che restano alla libertà…
E’ come se all’improvviso tutto si riempie, quasi fosse una stanza piena di acqua che man mano sale, lasciando al recluso un po’ di aria…
Ecco che s’inizia a morire… anche perché le persone a cui chiedere aiuto non ci sono e quelle presenti nella stanza, non hanno alcuna intenzione di aiutarvi… d’altro canto sono persone che nemmeno si conosce, soggetti con culture e usanze ed anche religioni differenti, individui che in altre circostanze non si sarebbero neppure avvicinati… ed ora incredibilmente, si chiede loro aiuto???
Vivere lì dentro è impossibile, soprattutto per chi non vi è abituato, per quanti non fanno parte di quell’ambiente, dove da generazioni, si entra e si esce e dove il penitenziario viene visto come una seconda casa, piena di familiari e amici da poter – di tanto in tanto – rincontrare… 
Ma per gli altri, per quei professionisti dai colletti “amidati”, per quei medici, dirigenti, funzionari, professori, commercialisti, avvocati ed anche magistrati, ecco per loro la questione è diversa, per loro non è facile stravolgere quella linea di demarcazione, sotto la quale non si è mai scesi…  
Ora viceversa devono trovare un modo per sopravvivere, già… in quell’ambiente così “pericoloso” devono abituarsi a condividere tutto e soprattutto non devono mai calpestare gli altri detenuti senza nel frattempo farsi sottomettere per non perdere quel po’ di dignità che ancora gli resta…
Ecco perché credo che quella particolare situazione possa ritornare utile, affinché quei soggetti corrotti – celati da professionisti perbene – possano riflettere sui propri errori e chissà anche rivelare tutti i retroscena di quelle azioni corruttive e di quanti avevano di fatto partecipato…
Perché, se pur vero che l’uomo alla fine riesce sempre ad abituarsi a qualsiasi situazione, in questi casi particolari credo ci sia poco da fare, affinché quello spirito di sopravvivenza possa saper andare avanti…
Qui non è in conto l’essere umano, qui in gioco c’è tutto il percorso della propria vita, la consapevolezza del vissuto, le scelte giuste fatte e quelle errate, che l’hanno ahimè condotti lì…
Forse le parole sopra espresse possono sembrare dure, ma credo che quell’esperienza così difficile da sopportare, insegni a far mutare le persone a farle confrontare onestamente con se stessi, un modo nuovo per riscoprire la propria vita, senza finzioni, maschere o atteggiamenti di facciata, che si sa forse – in casa propria – quella stessa casa che negli anni che negli anni si è cercato di proteggere e rendere felice (attraverso lussi, regali e denaro) e che ora, sì ora che che si è “sottoposti agli arresti domiciliari” si prova ancora a proteggere,  forse per non far sentire ai familiari il peso di quella propria condizione e così si continua per l’ennesima volta a nascondere quelle proprie preoccupazioni, dietro una falsa felicità!!! 

Perché continuano gli attentati in Francia???

Sono 21 gli attentati compiuti fino a ieri sera, sotto il nome di “Allahu Akbar”!!!
Certo, in questi ultimi anni, dopo cioè l’attentato che nel 2015 provocò 130 vittime nella capitale francese all’interno del locale “Bataclan” e quello successivo del 2016 a Bruxelles, con tre attacchi terroristici coordinati, avvenuti due presso l’aeroporto National e uno alla stazione della metropolitana di Maelbeek, quelli a seguire, fino ad oggi, sono da considerarsi – seppur nella loro gravità – come atti di violenza isolati, compiuti da singoli soggetti certamente “radicati”, ma che poco hanno a che fare con quel terrorismo internazionale di matrice jihadista, o con quei gruppi paramilitari provenienti dall’auto proclamato stato islamico, comunemente noto come ISIS…
Ecco perché difficile prevenire quelle azioni criminali, in quanto sono compiute da soggetti che fino a quel momento, non avevano manifestato la volontà di compiere azioni criminali in nazioni nelle quali risiedevano sin dall’infanzia… 
E’ il caso ad esempio dell’uomo sospettato d’aver ucciso ieri nelle vie di Strasburgo e che era – secondo le forze dell’ordine – noto per aver subito dei profondi cambiamenti, a causa di quel radicamento religioso…
Sono in centinaia ora i militari e i poliziotti francesi ed anche tedeschi, a dare la caccia all’uomo, in quanto non si esclude che il fuggiasco abbia già oltrepassato la frontiera… ma soprattutto perché ha volutamente sfruttato questi giorni, in quanto come si sa, la Francia sta lottando per sedare la rivolta pubblica dei famosi “gilet gialli”, che hanno provocato i peggiori disordini pubblici nel centro di Parigi, dopo le rivolte studentesche del 1968…
Il problema sta comunque alla fonte… non basta dichiarare che sono almeno 10.000 i soggetti che si ritiene essere stati radicalizzati, all’estero o attraverso le moschee fondamentaliste oppure all’interno delle carceri!!!
Bisogna trovare una soluzione che conduca alla condivisione, e non a quella cittadinanza riportata solo sul documento d’identità, ma che nei fatti non esiste… 
Già, ho guardato una bellissima serie televisiva alcuni mesi fa, intitolata “Jack Ryan” che trae ispirazione da una serie di romanzi scritta dallo scrittore statunitense Tom Clancy ed è ambientata proprio in quell’ambiente francese, ecco perché consiglio di vederla, perché si comprende il disagio che vivono quei profughi naturalizzati, provenienti a suo tempo da quelle ex colonie francesi e che però oggi non trovano alcun legame con questa adottata madre patria!!!
Ecco perché la Francia – più di tutte le altre nazioni europee – subisce in maniera costante questi attacchi terroristici!!!
Perché lì… in quel suo territorio, sono presenti molti di quei suoi giovani disadattati, cresciuti in un ambiente sociale che sì li ha adottati, ma senza averli realmente cresciuti…
Una terra che essi non sentono propria e che vivono in costante conflitto, ecco perché ogni giorno che passa, questi suoi francesi adottati, sono sempre più disponibili ad immolarsi in quella ormai nota, lotta della Jihad!!! 

Vieni da me… in Italia, per delinquere!!!

Vieni da me…
abbracciami e fammi sentire che… 
son solo stupide fobie…
Vieni da me…
per vivere ancora quei giorni di… incantevole follia… 
e ridere di questo paese…
dove tutto quanto è solamente… pura pazzia…
e ridere… di questo paese…
illegale… e senza giustizia…
e ridere… d’incantevole evasioni, spasso e poesia…
e ridere di questi giorni… 
dove stare in Italia è puro svago e poesia…
Vi ricordate il titolo della canzone delle Vibrazioni… è perfetta per rappresentare quanto dalle intercettazioni è stato fatto emergere e cioè che i delinquenti, dialogando tra loro, vanno esprimendo:  “vieni in Italia… è il paese perfetto per delinquere“…
Credo che non bisogna aggiungere altro alle parole pronunciate dall’Avvocato Giulia Bongiorno, che prendendo spunto dal caso di Ivan (il russo), ha usato parole forti per dire che “in Italia non vi è certezza della pena e che le espulsioni non vengono eseguite”!!!
Ha aggiunto inoltre, “abbiamo pene bassissime, processi rapidi e premi per evitare lungaggini, ma chi delinque torna in circolazione e (strano a dirsi) sono sempre gli stessi”!!!
D’altronde, alcuni mesi fa, lo stesso procuratore generale della Corte di Appello d Bologna, Ignazio De Francisci, durante l’inaugurazione dell’anno giudiziario, aveva lanciato l’allarme riguardo le leggi, a suo riguardo, troppo poco severe, dichiarando come le nostre carceri, siano troppo “comode” e gli sconti di pena offerti, spingono i criminali stranieri (in particolare quelli dell’Est) a venire in Italia, dove è stato dimostrato che hanno… una vita facile.
Il solo dato che negli ultimi anni, i reati commessi dagli stranieri, siano aumentati a dismisura, dimostra come il sistema carcerario stia di fatto entrando in crisi, a causa dell’alto numero di presenze, rispetto alla reale capienza di quelle strutture…
In più c’è da dire che il 30% dei detenuti è straniero, sebbene la popolazione immigrata presente in Italia sia del 8,5%…
Ciò dimostra come, gli immigrati, delinquono in media, circa 4 volte in più… a cui vanno sommati i gravi rischi derivati dallo scambievole rapporto di conoscenze e amicizie che si vanno, ogni giorno, sviluppando all’interno di quei penitenziari e che determinano di fatto, forti collaborazioni esterne tra essi, sia per quanto concerne la gestione di attività criminale, che in azioni violente…
Ma come dicono al telefono… venite qui da noi!!!