Archivi categoria: verità

"La mafia avrà una fine"? Forse, ma non grazie a Voi!

Sì… lo so… la frase corretta avrebbe dovuto essere: “La mafia avrà una fine”? Forse, ma non grazie a noi!

Ho ascoltato le parole pronunciate durante le commemorazioni della strage di Capaci, l’eccidio che costò la vita al magistrato Giovanni Falcone, alla sua collega e compagna Francesca Morvillo, e agli agenti della scorta.

E come accade ogni anno – siamo giunti al 33° anniversario – risuona la solita frase del giudice Falcone: “La mafia, come ogni fatto umano, ha avuto un inizio e avrà anche una fine!”.

Già… lo ripeteva spesso, il giudice. Sollecitando coerenza, impegno educativo, spronando la società a fare la propria parte. Soprattutto gli uomini e le donne delle istituzioni, a ogni livello.

E così, anche il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha voluto ricordare l’importanza di “tenere sempre alta la vigilanza, coinvolgendo le nuove generazioni nella responsabilità di costruire un futuro libero da costrizioni criminali”. Ha aggiunto: “La mafia ha subìto colpi pesantissimi, ma all’opera di sradicamento va data continuità, cogliendo le sue trasformazioni, i nuovi legami con attività economiche e finanziarie, le zone grigie che si formano dove l’impegno civico cede il passo all’indifferenza”.

Sì… belle parole…

Ma quando osserviamo le riforme approvate dai vari governi, le norme che di fatto tutelano il malaffare invece di contrastarlo…

Quando scopriamo l’assenza di provvedimenti contro funzionari collusi, pubblici ufficiali infedeli, corrotti che lavorano indisturbati a libro paga…

Quando la politica protegge i propri referenti anziché consegnarli alla giustizia…

Quando si mercanteggiano poltrone (parlare di dignità, qui, sarebbe grottesco) in cambio di voti pilotati dalla stessa criminalità che si dice di voler combattere…”

Beh, a sentire tutta questa retorica sterile, capisco perché chi ha davvero combattuto la mafia ne ha pagato il prezzo, mentre chi si è limitato a parlarne è ancora lì, a recitare proclami.

La mafia? È ovunque, e lo sappiamo!

La verità è che la mafia – contrariamente a quanto ci raccontano – è presente in ogni piega della società!

Comincia piazzando i suoi uomini nei consigli comunali, provinciali, regionali, per poi spingerli a livello nazionale. Dirigenti nominati negli enti pubblici, ospedalieri, universitari, ordini, etc… Persino nella magistratura, dove il sistema massonico-clientelare decide chi sale e chi scende.

Ai cittadini restano le briciole. Se stanno zitti, ubbidienti, se rispettano le regole del gioco, se sanno a chi rivolgersi per risolvere i problemi, allora anche quel sistema “parallelo allo Stato” si prende cura di loro.

Il meccanismo è semplice…

Cerchi un lavoro? Non servono curriculum. Ci pensano loro a raccomandarti. Che tu sia competente o totalmente incapace (ormai la norma) non importa. L’importante è che obbedisci, chiudi un occhio (o due), ti sporchi le mani. E se ti comporti bene, arriverà anche la tua bustarella.

Negli appalti aggiudicati ci sono sempre loro, con le loro società “limpide”. Ah, già: quelle società sono controllatissime, figurano persino nella whitelist!

Hai un’urgenza ospedaliera? La fila è per i fessi – come me, te e pochi altri. Gli altri cercano l’amico dell’amico che bypassa il triage, perché le liste d’attesa prioritarie sono solo per chi non ha santi in paradiso.

E lo stesso vale per una pratica protocollata, un nulla osta, un’autorizzazione, una richiesta ufficiale, un parere favorevole, una verifica di documento. Per ogni “pratica in lavorazione”, “approvazione pendente”, “documentazione respinta per motivi formali”, “pratica archiviata”.

Finiamola quindi con i teatrini.

Tutti questi individui – proprio quelli che Falcone esortava a “fare la propria parte” – invece si mettono al servizio del sistema marcio. Sono gli uomini e le donne delle istituzioni, a ogni livello, che permettono tutto questo.

Quindi, basta commemorazioni ipocrite: portiamo vero rispetto ai caduti della lotta alla mafia, ai testimoni di una giustizia che pochi oggi ricordano – e ancora meno hanno il coraggio di praticare!”

Tutto come al solito: un altro sindaco con le mani nel sacco!

C’è qualcosa di marcio, come sempre, dietro la facciata pulita della politica.

L’ennesima prova arriva da un’operazione che ha scoperchiato un sistema fatto di mazzette, favori e giochi sporchi, dove il confine tra istituzioni e malaffare diventa sempre più sottile, quasi invisibile. 

Un sindaco, un tempo considerato una promessa, colto in flagrante mentre intascava denaro in un ristorante. Soldi che – secondo l’inchiesta – rappresentavano solo l’ultima tranche di un accordo più grande, una tangente pattuita per garantire appalti, per assicurarsi che tutto girasse come doveva girare.

E non è solo lui. Intorno, una rete di collaboratori, imprenditori, faccendieri, ognuno con il suo ruolo in questa macchina ben oliata. Soldi nascosti ovunque: nelle tasche, dentro un panettone, persino dentro un tavolo da biliardo! 

Come se il denaro sporco potesse davvero sparire, svanire nel nulla, invece di lasciare tracce ovunque. Eppure, stranamente, questi soggetti continuano a farlo, come se fossero immuni, come se la legge non li riguardasse, come se il rischio di essere scoperti fosse solo un dettaglio trascurabile rispetto al guadagno, al potere, alla certezza di poter comprare tutto, anche la giustizia.

Poi c’è il fiduciario, quello che fa da tramite, quello che sa muoversi nell’ombra, quello che forse credeva davvero di poter sfuggire al controllo, di poter nascondere l’evidenza in un mobile, in un gesto, in un silenzio. Ma i soldi hanno un odore, lasciano una scia. E quando il sistema decide di far crollare il castello, tutto viene fuori, anche ciò che sembrava sepolto.

E intanto, mentre qualcuno finisce in carcere e qualcun altro trema nell’ombra, la domanda rimane sospesa nell’aria: quanti altri sono ancora lì, nascosti, intoccabili, pronti a ripetere le stesse trame, gli stessi abusi, le stesse manovre che avvelenano la politica?

Perché alla fine, come ho sempre detto, il problema resta lo stesso: quando la politica si piega al denaro, smette di servire il pubblico e comincia a servire solo se stessa. E quel male, quello vero, che divora le comunità, che legittima la corruzione e alimenta la criminalità, continua a crescere indisturbato, silenzioso ma implacabile.

Io, da parte mia, resto in attesa della prossima inchiesta che porterà alla luce altri nomi, altre verità, altri sindaci. Non ci vorrà molto, ne sono certo. Perché il cerchio… si sta per chiudere. E quando accadrà, spero che saremo pronti a guardare in faccia la realtà e a chiederci: cosa abbiamo fatto per cambiarla? Cosa faremo per impedire che accada ancora? 

Il sistema che non tace: dimissioni, appalti e verità nascoste…

Giorni fa avevo pubblicato un post intitolato: Il vento della giustizia: perché molti politici stanno abbandonando in queste ore?

Lo trovi qui: https://nicola-costanzo.blogspot.com/2025/03/dimissioni-in-massa-giustizia-alle-porte.html

Successivamente, il 21 marzo scorso, avevo scritto un altro intervento dal titolo: Dimissioni in massa: giustizia alle porte?

Puoi leggerlo a questo link: https://nicola-costanzo.blogspot.com/2025/03/dimissioni-in-massa-giustizia-alle-porte.html

In quel secondo contributo, chiudevo con una domanda aperta: E tu, cosa ne pensi? Credi che sia solo coincidenza o che ci sia qualcosa di più sotto la superficie?

Oggi, però, una notizia firmata da Saul Caia, pubblicata su “Il Fatto Quotidiano”, sembra dare una risposta tangibile a quel dubbio. L’inchiesta della Procura di Agrigento sta facendo emergere dettagli inquietanti su presunte tangenti legate a pubbliche forniture, coinvolgendo figure di spicco del panorama politico siciliano.

L’articolo è disponibile qui: https://www.ilfattoquotidiano.it/2025/05/21/agrigento-

Riprendendo quindi quanto espresso nei miei precedenti post, non posso fare a meno di collegare quelle riflessioni all’attualità dei fatti. Il sospetto che dietro le dimissioni di tanti esponenti politici si celassero avvisaglie di inchieste in corso, oggi appare sempre più fondato.

Già… il vento della giustizia, forse, sta iniziando a soffiare forte!

In queste settimane, da nord a sud del Paese, assistiamo a un fenomeno che lascia molti cittadini perplessi, scettici e talvolta persino indifferenti. Politici, dirigenti di assessorati, funzionari pubblici e figure di spicco delle istituzioni stanno rinunciando ai propri incarichi, spesso senza fornire spiegazioni convincenti o addirittura con comunicazioni fredde e formali. Dimissioni improvvise, apparentemente sincronizzate, che sembrano suggerire che qualcosa di significativo stia accadendo dietro le quinte del potere. Ma cosa si nasconde davvero dietro queste uscite? È possibile che si tratti solo di coincidenze, o c’è qualcosa di più profondo?

C’è chi parla di un semplice ricambio generazionale, chi di scelte personali dettate da motivazioni private, e chi invece vede in queste dimissioni un segnale di cambiamento, forse perfino l’inizio di un’epurazione silenziosa. Indagini giudiziarie, inchieste giornalistiche e pressioni esterne potrebbero aver costretto alcune figure a fare un passo indietro prima di essere travolte da scandali. Si fa strada l’ipotesi che qualcuno o qualcosa stia portando alla luce scheletri nell’armadio, notizie compromettenti che spingono questi personaggi a farsi da parte prima che sia troppo tardi. Ma è davvero così semplice?

Prendiamo ad esempio quanto emerso di recente a proposito di un ex assessore all’energia e industria della Sicilia, ora indagato nell’ambito di un’inchiesta della Procura di Agrigento. L’accusa è pesante: associazione per delinquere finalizzata al reperimento e alla distrazione di risorse pubbliche, attraverso meccanismi spartitori di appalti, progettazioni e incarichi amministrativi. Secondo gli inquirenti, egli avrebbe agito in concorso con pubblici funzionari e imprenditori compiacenti, orchestrando un sistema che ha permesso di aggiudicarsi lavori milionari. 

Un sistema che, secondo l’accusa, non solo ha favorito interessi privati, ma ha anche contribuito a creare un intreccio di corruzione e condizionamento che coinvolgeva dirigenti, progettisti e funzionari pubblici. Non si tratta solo di un caso isolato, ma di un esempio lampante di come la politica possa diventare terreno fertile per interessi malsani, che vanno ben oltre il semplice clientelismo.

È difficile non vedere in tutto questo un meccanismo perverso, un circolo vizioso che lega politica e imprenditoria in un abbraccio mortale. Da una parte, ci sono imprenditori che foraggiano la politica per ottenere favori, appalti e privilegi; dall’altra, ci sono politici che utilizzano il proprio potere per alimentare questo sistema, garantendo vantaggi a pochi a discapito di molti. 

E non parliamo solo di criminalità organizzata, anche se quella gioca certamente un ruolo importante. Parliamo di un sistema che permea una parte dell’apparato istituzionale, dalla classe politica fino alla struttura pubblica, dove funzionari e dirigenti possono essere coinvolti in pratiche che compromettono la trasparenza e la correttezza dell’amministrazione. Un sistema che, purtroppo, sembra resistere nel tempo, adattandosi alle circostanze e mutando forma, ma sempre pronto a riemergere quando le condizioni lo permettono.

Ma allora, queste dimissioni rappresentano davvero un passo verso la giustizia? O sono solo un tentativo di salvare la faccia, lasciando intatti i meccanismi di potere che hanno permesso certi comportamenti? È una domanda difficile, e la risposta non è scontata. Da un lato, c’è chi spera che queste uscite siano il segno di un cambiamento in atto, un segnale che la magistratura e l’opinione pubblica stanno mettendo sotto pressione chi, fino a ieri, sembrava intoccabile. Dall’altro, c’è il timore che si tratti solo di una manovra per evitare il peggio, un modo per far tacere scandali senza affrontare le vere cause del problema.

Una cosa è certa: il cittadino osserva, aspetta e pretende risposte. Perché ogni dimissione non è solo un addio, ma un’opportunità per riflettere su come vogliamo che siano gestiti i nostri interessi e su chi merita davvero di rappresentarci. 

Dietro ogni politico che si dimette, c’è una storia che va oltre la persona stessa. C’è un sistema che spesso premia chi sa navigare tra interessi privati e pubblici, chi riesce a muoversi in quel confine grigio dove le regole sembrano elastiche e i principi negoziabili. Ma c’è anche una società che, forse lentamente, sta iniziando a chiedere conto di tutto questo. Una società che vuole trasparenza, giustizia e responsabilità.

E tu ora, in virtù anche di quanto emerso,cosa ne pensi? Credi che queste dimissioni siano solo coincidenze, o che nascondano qualcosa di più profondo? Rifletti su questo: fino a quando non cambieremo il modo in cui guardiamo alla politica e al potere, sarà difficile spezzare quel meccanismo perverso che continua a favorire pochi a discapito di molti. 

Forse è arrivato il momento di pretendere di più, di chiedere verità e di non accontentarci di risposte superficiali, perché solo così possiamo sperare di costruire un futuro migliore, per noi e per le generazioni che verranno.

La complicità invisibile: abitudine, compromesso, convenienza e soprattutto silenzio!

Cari lettori,

oggi vi propongo una riflessione che non è nata da me, ma che sento profondamente mia. È una riflessione necessaria, urgente, e ahimè ancora troppo attuale.

Per cui, le parole che seguiranno non sono le mie, ma quelle di uomini che hanno dedicato la loro vita alla lotta contro la mafia, pagando spesso con il prezzo più alto. 

Parole di verità pronunciate da Paolo Borsellino, Antonino Caponnetto e Giovanni Falcone, tre figure che ci hanno lasciato un’eredità pesante, fatta di coraggio, lucidità e dolore, verità che ancora oggi faticano ad aprirsi un varco nella nostra coscienza collettiva.

La mafia, lo sappiamo, non è solo sangue e stragi. La mafia è consenso. Ecco cosa intendeva Borsellino quando diceva: “La mafia non dichiara guerra, ma condiziona”. Non ha bisogno di sparare se può corrompere. Non deve minacciare se trova chi, per interesse o convenienza, si piega spontaneamente. Si insinua nelle maglie deboli dello Stato, ne occupa i vuoti, ne prende il posto. E lo fa grazie a chi abbassa lo sguardo, a chi si convince che “tanto non cambierà mai nulla”, a chi addirittura ci guadagna.

Caponnetto ce lo ricordava con forza: la mafia non è solo un fenomeno di periferia. È radicata nelle élite, è parte integrante del potere. Non è più un alleato subordinato, ma un concorrente diretto per il controllo delle istituzioni. E quando lo Stato è fragile, quando la società è distratta, allora la mafia avanza. Silenziosa, invisibile, ma pervasiva.

Ecco perché la mafia resiste. Perché siamo noi a nutrirla. Lo ripeteva Falcone: “Il terrorismo è stato sconfitto perché la società civile si è mobilitata”! Ma con la mafia? Noi reagiamo alle immagini scioccanti, ai cadaveri ammazzati. Ci indigniamo, ci commuoviamo. Poi voltiamo pagina. E continuiamo a tollerare quel sistema di favori, clientelismo, voto di scambio, piccole e grandi illegalità quotidiane. Perché tanto, si sa, “è così dappertutto”. E allora ci adattiamo. Accettiamo il compromesso. Preferiamo il silenzio alla denuncia!

Ma il vero nemico della mafia non è solo chi combatte, è chi sceglie di non arrendersi. Chi ogni giorno decide di non cedere al comodo, al facile, al “così fan tutti”. Chi pretende trasparenza da chi governa, da chi decide, da chi rappresenta. Chi rifiuta di far parte di quel gioco perverso in cui anche il più piccolo accomodamento alimenta un sistema malato.

Perché la mafia non teme le commemorazioni, gli applausi, le lapidi. Teme una società che smette di offrirsi. Che smette di piegarsi. Che smette di tacere.

Ecco, allora, la vera sfida: non aspettare gli eroi. Essere persone normali, ma coerenti. Essere cittadini che ogni giorno, con piccoli gesti, scelgono di stare dalla parte della legalità. Perché la mafia non è solo al Sud. È ovunque esiste qualcuno disposto a barattare il bene comune per un vantaggio personale.

Oggi, come ieri, la scelta è nostra. E su questo, Falcone ci ha lasciato un’ultima, dolorosa verità: “Chi tace e chi piega la testa muore ogni volta che lo fa. Chi parla e chi cammina a testa alta muore una volta sola”.

E’ il silenzio generale che permette alla criminalità organizzata di operare indisturbata!

Quante segnalazioni di usura ed estorsione vengono presentate nella nostra isola? Poche, quasi nulle. I dati parlano chiaro: le denunce calano, mentre i reati crescono in modo esponenziale.

E no, non è merito di uno Stato forte e presente, come qualcuno vorrebbe farci credere. È la paura!

Quella stessa paura che paralizza la gola quando sai che una denuncia potrebbe costarti tutto: la tua attività, la serenità dei tuoi cari, persino la vita…

Ho letto da qualche parte che un prefetto – non ricordo più di quale regione del Sud – ha ammesso numeri da brividi: meno di venti denunce per estorsione, meno di dieci per usura. Su migliaia di imprenditori. Su migliaia di famiglie. Vi rendete conto?

Eppure lo sappiamo bene: quando qualcuno trova il coraggio di parlare, spesso è già troppo tardi. È come quei pentiti di mafia che si ravvedono solo con le manette ai polsi. Troppo comodo. Il vero coraggio sarebbe denunciare prima, collaborare prima, prima che ti schiaccino. Ma come puoi farlo, quando lo Stato ti lascia solo contro un sistema che ha radici più profonde del tuo desiderio di giustizia?

Perché è questo il punto: lo Stato, in questi anni, ha dimostrato di non essere in grado di vincere questa guerra o forse, semplicemente, non ha voluto. Troppi interessi, troppe connivenze, troppe strette di mano con chi dovrebbe essere in galera. E allora l’imprenditore onesto è costretto a una scelta atroce: pagare il pizzo in silenzio o rinunciare a tutto ciò che ha costruito, pur di riprendersi la libertà.

Ma la libertà non dovrebbe essere un lusso. Non dovrebbe essere una scelta tra la rovina e l’umiliazione. Eppure, eccoci qui, nel 2025 – sì, scriviamolo nero su bianco, perché nessuno dimentichi – ancora a contare i nostri morti civili, ancora a far finta di non vedere.

Le nostre urla non vengono ascoltate. Sono come quella canzone di Alessandra Amoroso: “Perchè urlo, ma non mi senti“! E allora basta chiacchiere. Basta manifestazioni di facciata, basta promesse. Se vogliamo davvero cambiare le cose, servono fatti. Servono leggi che proteggano chi denuncia, servono politici che non si vergognino di stare dalla parte giusta.

Altrimenti, questo silenzio resterà l’unico suono che ci accompagnerà. E sarà più assordante di qualsiasi grido.

E allora basta col pronunciare parole sterili: pensate a quell’imprenditore che ieri ha chiuso l’attività, dopo trent’anni di lavoro. Guardate ora a suo figlio, sì… che sogna di andar via, perché qui non c’è alcun futuro!

La loro unica colpa? Aver creduto che la giustizia fosse più forte della paura!

Gratteri ha ragione: in questo Paese la giustizia è solo per i poveri!

Ho ascoltato le parole del magistrato Nicola Gratteri, ospite ad “Accordi&Disaccordi“, il talk condotto da Luca Sommi su Nove con la partecipazione di Marco Travaglio e Andrea Scanzi. Ha parlato di giustizia a due velocità: garantismo per i potenti e sanzioni durissime contro i manifestanti.

A dimostrazione che in questo Paese non si vuole cambiare!
Quante volte l’abbiamo sentito dire, sussurrato nei corridoi, urlato per strada dopo l’ennesimo arresto in flagranza? L’ennesimo funzionario colto con le mani nella cassa, l’ennesimo politico che intasca mazzette come se fossero caramelle… “Sì… ma tanto non succede niente…
E infatti, mentre il Dott. Gratteri – come pochi altri – si consuma in trincea contro la criminalità organizzata (e non solo), il Governo risponde con leggi vergognose: norme che non servono a stroncare l’illegalità, ma a proteggere chi la pratica. Funzionari infedeli, politici corrotti, colletti sporchi di mafia: tutti più al sicuro oggi, grazie a riforme scritte col bilancino, sì… pendenete verso la dorruzione.
Pensateci: arrestano un corrotto con le banconote ancora in tasca, e poi? Il processo si trascina per anni, la prescrizione divora tutto, la carriera prosegue indisturbata. Intanto, chi denuncia rischia il linciaggio, chi indaga viene ostacolato, e lo Stato? Lo Stato abbassa la testa e firma leggi ad hoc!
So bene di cosa si tratta. Io, che ho vissuto in prima persona il contrasto al malaffare e all’illegalità, posso confermare: in tutti questi anni è sempre stato così. E così, ahimè, continua ancora oggi!
E proprio qui sta il tradimento: normalizzare la corruzione è il primo passo per renderla invincibile. Gratteri lo ripete da anni: Se togli gli strumenti alle Procure, non stai combattendo la criminalità. La stai proteggendo.
E allora? Allora serve urlare che questo non è “tolleranza zero”, ma complicità! Che ogni riforma finta, ogni legge scritta col contagocce per i potenti, è un pugno nello stomaco a chi crede ancora nello Stato. Come me.
Perché il problema, come ho scritto proprio in questi giorni, non sono solo le mazzette che passano di mano, è il sistema che le lascia circolare, e poi si gira dall’altra parte.
E io, oggi, sono qui a dirvelo con il cuore gonfio di delusione. Perché dopo anni spesi a lottare per far emergere la legalità dove non c’era, mi ritrovo a constatare che le regole del gioco sono sempre le stesse e chi dovrebbe cambiarle, invece, le sta scrivendo a misura di chi non vuole cambiare nulla.

Catania: Il conto alla rovescia è iniziato.

Sì… c’è qualcosa nell’aria a Catania.

Un fermento silenzioso, quasi impercettibile, che sta iniziando a scuotere le fondamenta di un sistema che per troppo tempo ha creduto di essere intoccabile.
Grazie all’arrivo di nuovi sostituti procuratori, la giustizia sembra aver ritrovato un nuovo slancio. E mentre i nomi di alcuni iniziano a circolare in modo insistente tra gli uffici dei magistrati, c’è chi già trema all’idea di ciò che potrebbe venir alla luce.
Ovviamente ci sono notizie che, per ovvie ragioni, non possono esser rivelate. Sapete bene che non si possono divulgare dettagli, nomi o indagini in corso. 
Ma di una cosa sono certo: chi crede di essere al sicuro, chi pensa di aver coperto le proprie tracce con cura, farebbe meglio a ricredersi.
Perché la giustizia, quando si mette in moto, non si ferma davanti a nulla e Catania, oggi più che mai, sembra essere al centro di una tempesta che sta per abbattersi su chi ha sempre giocato con le regole, convinto di poterle piegare a proprio piacimento.
Il messaggio è chiaro: il tempo delle certezze è finito. 
E mentre alcuni sanno già di essere nel mirino, altri farebbero bene a guardarsi alle spalle, perché la caccia è appena iniziata, e nessuno può dirsi al sicuro.

Certe inchieste non finiscono, fanno dei giri immensi e poi ritornano…

Sì, come la canzone di Antonello Venditti, anche la Giustizia fa lo stesso. E come riporta quel testo, “ma amici mai“, infatti non ci si dimentica. Proprio come quell’amore, prima o poi ritorna.
C’è una verità che spesso viene sottovalutata: nessuna storia d’amore può considerarsi al sicuro per sempre. Già, perché c’è sempre qualcosa, qualcuno che può ribaltare quella certezza.
La stessa cosa vale per le inchieste giudiziarie. Sì, anche quelle che ci sembrano concluse possono improvvisamente riaprirsi, riportando alla luce fatti e responsabilità che si credevano sepolti.
Nuove prove emergono, testimonianze inedite vengono alla luce, errori procedurali vengono corretti, e ciò che sembrava un punto finale può trasformarsi in un nuovo inizio.
La giustizia è come un fiume che scorre: a volte lento, troppo lento, a volte impetuoso. Ma una cosa è certa: non si ferma mai!
Per cui, chi è stato assolto in passato non può dormire sonni tranquilli, perché la legge ha una memoria lunga, ma soprattutto, è chi pensa di essere al di sopra di ogni sospetto che dovrebbe ricordare: nessuno è veramente al sicuro finché la verità non ha fatto completamente il suo corso.
Certo, per esperienza posso affermare che la giustizia può metterci tempo. Può sembrare distratta, distaccata, a volte persino indifferente. Ma prima o poi, ecco che ritorna. E quando lo fa, non guarda in faccia a nessuno.
Ecco perché nessuno può considerarsi definitivamente tranquillo. Basta osservare quanto sta accadendo in questi giorni: quel “dire non dire“, quei messaggi subliminali, mi sembra di essere dentro al testo di Venditti: “fanno dei giri immensi e poi ritornano“. 
E qui sembra la stessa cosa: la giustizia ha deciso di bussare nuovamente a quella porta!

Il ritorno del re dei paparazzi: Corona scatena il caos con un nuovo scandalo.

Nel 2014 parlando di Fabrizio Corona concludevo un post con questa frase: La legge non può rendere giustizia… quando colui che detiene il potere (esecutivo) tiene in mano anche la legge!!!

Ed ora dopo tanti anni, questo mio coetaneo ed anche amico/conoscente (non so se si ricorda delle serate trascorse insieme da ragazzo nelle tante discoteche di Catania, Recanati (Giardini Naxos) ed anche Taormina, quando il sottoscritto organizzava come PR…), ha deciso nuovamente di far parlare di sé, tornando alla ribalta con le sue solite rivelazioni esplosive.

Sappiamo bene come, alcuni anni fa, durante il periodo più buio della sua vita, già… quando si trovava rinchiuso in un penitenziario (ricordiamolo: senza aver ucciso nessuno), sia stato costretto a pagare caro per alcune dichiarazioni che coinvolgevano uno dei membri di una delle famiglie più potenti d’Italia. Una famiglia che, da sempre, ha avuto un’influenza enorme sulle sorti del Paese, muovendo come fossero pedine, i protagonisti della nostra politica nazionale.

In quell’occasione, Corona fu messo a tacere e sono stati in molti, forse per paura o per non restare coinvolti, ad avergli voltato le spalle, già… quasi che egli avesse la peste; non il sottoscritto che viceversa ha sempre preso le sue difese, basti rivedere alcuni post scritti sin dal 2014:

– http://nicola-costanzo.blogspot.com/2014/05/fabrizio-corona-non-tutti-gli-uomini.html

– http://nicola-costanzo.blogspot.com/2015/06/fabrizio-corona-finalmente-libero.html

– http://nicola-costanzo.blogspot.com/2018/06/non-e-larena-fabrizio-corona-non-tutti.html

Ho sempre pensato (ed il sottoscritto, forse, avrebbe fatto lo stesso…) che, per poter uscire da quella situazione critica, egli abbia dovuto firmare qualche liberatoria, sì… rinunciando di parlare pubblicamente su quanto accaduto quella notte a un noto “rampollo”, ma soprattutto, a non divulgare le prove di cui è sicuramente ancora in possesso.

Ora che è finalmente uscito da quel tunnel, ha deciso di riprendersi ciò che gli spetta, tornando a immergersi nell’ambiente in cui un tempo brillava: quello dei social media.

E così, il “re dei paparazzi” è tornato alla carica!!!

Dopo aver pubblicato il “Libro Nero” su Totti e Ilary Blasi e quello dedicato ai Ferragnez, ha ora deciso di accendere i riflettori su un nuovo caso che coinvolge nientemeno che il Presidente del Senato, Ignazio La Russa, e la Ministra del Turismo, Daniela Santanchè.

In occasione della presentazione del suo libro alla Mondadori a Milano, Corona ha rivelato di aver ricevuto una telefonata da La Russa, il quale gli avrebbe chiesto di non diffondere il nome di un’amica di suo figlio, coinvolta in una presunta storia di tradimento.

Di per sé, la notizia potrebbe sembrare di poco conto, ma assume un peso diverso se a chiedere il favore è il Presidente del Senato. Questo, naturalmente, solleva non poche riflessioni…

Da parte degli ambienti vicini al presdente La Russa, ovviamente, arriva una netta smentita: nessun contatto con Corona. 

Lui, però, insiste sulla sua versione e promette di rivelare altri dettagli.

Staremo a vedere come andrà a finire…

CONTINUA

Mi viene da piangere per il Procuratore Gratteri…

Non so voi, ma ogni volta che vedo in TV o leggo un articolo sul mio omonimo, il Procuratore Nazionale Nicola Gratteri, mi vien da piangere…

L’altra sera l’ho rivisto su La7 da Lilli Gruber, e ancora una volta ho provato un senso di amarezza profonda.

Penso a chi dedica la propria vita a questo Paese, rischiando tutto, e a chi invece non ha mai mosso un dito, anzi, fa carriera restando nell’ombra, seduto dietro una scrivania.

È così che funziona qui, ed è così che continuerà finché il sistema clientelare e giudiziario resterà colluso, legato a quelle correnti politiche che decidono chi deve avanzare senza merito e chi, invece – come Gratteri – deve essere ostacolato, quasi esiliato, solo perché fa bene il proprio lavoro.

Mi torna in mente la vicenda di Giovanni Falcone, ostacolato nella sua nomina a Consigliere Istruttore del Tribunale di Palermo. Oggi la storia si ripete con Gratteri, escluso dalla Procura Nazionale Antimafia perché non allineato a certe logiche di potere. Lo aveva già previsto, tanto da dichiarare in un’intervista: “Io lo sapevo, ma ho scelto di non iscrivermi a nessuna corrente. Non conosco nemmeno il 50% dei membri del CSM, non li riconoscerei per strada, perché non li frequento“.

Qualcuno ha deciso di sbarrargli la strada. Forse perché ha indagato troppo, su mafia, ‘ndrangheta, camorra… certamente più di tutti loro messi insieme. E questo ha dato fastidio.

Ora, da Procuratore di Napoli, si ritrova sotto attacco: un’inchiesta si sgretola, i reati vanno in prescrizione, le accuse si rivelano inconsistenti, il processo si chiude nel nulla. Con un costo umano, politico e istituzionale, altissimo.

E allora sì, mi viene da piangere. Perché vedo il silenzio della stampa – e chissà, magari qualcuno sotto sotto ride pure. Perché nessuno lo difende???

Certo, Gratteri è un uomo, può sbagliare. Uno, due, tre, quattro, cinque volte.

Ma finché continuerà a indagare con onestà, senza piegarsi a pressioni o interessi di parte, resterà una delle poche figure di cui questo Paese può ancora fidarsi. Ed io, pur comprendendo talune critiche giuste e forse anche costruttive, beh… come dicevo, preferisco sempre un magistrato che, ogni tanto, possa commettere un errore piuttosto che uno che non sbaglia mai… perché in malafede.

L’assassinio di Piersanti Mattarella: Un mistero lungo 45 anni.

Sono passati ben 45 anni da quel 6 gennaio del 1980, e ancora oggi non si sa con certezza chi sia stato ad assassinare Piersanti Mattarella.

È vero, secondo le ultime indagini, ad agire furono Antonino Madonia, figlio di Francesco e membro di una delle famiglie mafiose più potenti, insieme a Giuseppe Lucchese. Tuttavia, in questi lunghi anni, entrambi, pur condannati e in carcere per decine di omicidi, non hanno mai rivelato nulla.

E allora, si ricorre nuovamente alle testimonianze di decine di pentiti. Ma quanti di loro sono realmente a conoscenza di ciò che accadde quel giorno? E soprattutto, quale movente spinse eventualmente la cupola corleonese ad assassinare il Presidente della Regione? Questo resta un mistero.

D’altronde, occorre ricordare che il giudice Falcone stava esplorando una pista diversa: quella neofascista, con Giuseppe Valerio Fioravanti e Gilberto Cavallini, due esponenti dei Nar poi assolti.

Io stesso ho sempre nutrito qualche dubbio su questo assassinio. Perché colpire un uomo della Democrazia Cristiana, il cui padre era stato un importante esponente politico, tanto da essere stato cinque volte ministro tra gli anni Cinquanta e Sessanta? Perché la mafia, che in seguito è emerso essere legata a doppio filo proprio con il Partito Democristiano, avrebbe deciso di uccidere Piersanti Mattarella? Parliamo di un partito i cui uomini, come i fratelli Salvo o Vito Ciancimino — già assessore e poi sindaco di Palermo — avevano stretti rapporti con Cosa Nostra. E non dimentichiamo Giulio Andreotti, che secondo Tommaso Buscetta, il pentito le cui rivelazioni avevano mandato in carcere numerosi mafiosi, rappresentava il punto di connessione tra mafia e politica.

Ora, dopo quasi mezzo secolo, si cerca di realizzare un identikit per dare un volto a uno dei due assassini. Si parla dell’“uomo dagli occhi di ghiaccio”, riconosciuto come il sicario che sparò al Presidente Mattarella.

Non so… vedo più ombre che luci in questa vicenda. Ma in fondo, siamo in un Paese dove la verità spesso viene ostacolata. E questo accade anche perché, nel cercarla, si rischia di svelare realtà scomode. Troppe volte, invece di fare luce, si è tentato di insabbiare azioni e comportamenti ignobili compiuti da uomini dello Stato, corrotti e asserviti ai poteri della mafia e della massoneria.

Non ci resta che esprimere il nostro cordoglio e commemorare quel giorno terribile, con la speranza di non dover più vivere anni bui come quelli che hanno costretto il nostro Paese a soccombere a una schiera di delinquenti.
Questo è accaduto solo perché non si è avuto il coraggio di combattere quando si doveva!!!

Un Mistero nei cieli: L’abbattimento dell’aereo in Kazakistan cosa nasconde?

L’incidente aereo in Kazakistan sta sollevando molte domande e alimentando dubbi su una possibile verità che finora si è cercato di tenere celata….

Le immagini ora disponibili nei social mostrano segni evidenti che potrebbero indicare un abbattimento dell’aereo, piuttosto che un semplice incidente tecnico o umano. 

Ci sono diversi multipli visibili sulla fusoliera dell’aereo, che sembrano compatibili con impatti di proiettili o esplosioni mirate. 

Questo dettaglio, sorprendentemente, non è stato in queste ore affrontato dai notiziari principali.

Già… nelle dichiarazioni ufficiali si è parlato esclusivamente del bilancio delle vittime e del nimero dei sopravvissuti che secondo la procura generale dell’Azerbaigian varia da ora in ora, con all’incirca  32 superstiti, mentre il ministero kazako delle emergenze ne conta soltanto 29. 

Anche il numero totale delle persone a bordo è stato rivisto più volte, passando da 67 a 69, inclusi 5 membri dell’equipaggio. 

Fino ad ora, le autorità hanno recuperato solo 4 corpi dal luogo dello schianto. 

Ovviamente questa incertezza nei numeri e nei fatti contribuisce ancor più ad alimentare i sospetti e quindi il mistero attorno all’accaduto.

La vera domanda che mi pongo è: chi c’era su quel volo che avrebbe potuto essere un obiettivo sensibile? Quali interessi avrebbero potuto giustificare un’azione così drastica? Se l’aereo è stato abbattuto, chi aveva interesse ad eliminare qualcuno a bordo?

È evidente che qualcosa di molto più complesso si nasconde dietro questo disastro e vedrete che nei prossimi giorni scopriremo il nome e/o i nomi di coloro che dovevano essere eliminati!!!

Le immagini, combinate con le incongruenze nei resoconti ufficiali, suggeriscono senza alcun dubbio che non si tratta di un semplice incidente. 

La comunità internazionale e i media indipendenti devono indagare a fondo per chiarire cosa è realmente successo e portare alla luce la verità.

Questo incidente mette in luce il drammatico scenario di un mondo in conflitto diffuso, dove i cittadini diventano inconsapevolmente pedine di giochi più grandi. 

È giusto perire così, senza possibilità di scelta, solo perché qualcuno ha deciso?

La verità è che non possiamo accontentarci di risposte vaghe o di insabbiamenti. 

Meritiamo risposte chiare, trasparenti e giustizia per le vittime. 

Sebbene non sia detto che queste risposte arriveranno facilmente, il tentativo di celare tutto non durerà a lungo: la verità, prima o poi, emergerà.

Non ci resta quindi che aspettare, consapevoli che dietro ogni mistero vi è una complessa rete di interessi.

Per il bene delle vittime e della giustizia, è nostro dovere continuare a fare domande e pretendere risposte.

Quella mancata giustizia per Denise Pipitone…

Già… sono passati 20 anni da quando quella bimba è stata rapita ed ancora oggi di Lei non si sa nulla…

Ma d’altronde – come spesso accade in questo paese omertoso – nessuno ha visto nulla, anzi la maggior parte dei miei connazionali invece d’interessarsi a far emergere anche solo un sospetto, preferisce il più delle volte girarsi dall’altra parte e farsi i propri cazz… 

Poi c’è altresì chi preferisce criticare, sì… le altrui iniziative (vedasi il commento in allegato) come quelle (più volte) compiute dal sottoscritto nei suoi molti post, quando ad esempio ho provato ad inviare un messaggio di speranza, già… a quella cresciuta Denise, provando in un qualche modo a raffigurarla e auspicando che in quell’immagine, ella, potesse intravvedere una qualche somiglianza.

Ma purtroppo ad oggi quel miracolo non è accaduto, ma come si dice “la speranza è l’ultima a morire” e in cuor mio sono certo che un giorno accadrà quell’insperato ritrovamento!!!

E difatti “nel giorno della triste ricorrenza si rinnova più forte il nostro dolore misto alla rabbia per l’insuccesso nel ritrovamento di Denise e per la mancata giustizia!“. È quanto scrive sul proprio profilo social Piera Maggio insieme a Pietro Pulizzi, i genitori di Denise Pipitone, nell’anniversario della scomparsa della bimba, avvenuta il 1° settembre 2004, mentre giocava davanti casa a Mazara del Vallo.

Già… “Dopo vent’anni dal sequestro di nostra figlia – prosegue -, non abbiamo nulla da aggiungere più di quanto non abbiamo già detto in tutti questi anni”.

Hanno ragione i genitori di Denise quando riportano “questo caso è una delle vergogne italiane: il fallimento assoluto dei poveri d’animo e di senso umano. Non smetteremo mai di chiedere giustizia e verità. Come non dimenticheremo le cattiverie subite: non tutti hanno una coscienza”.

Concludo con quanto Piera Maggio e Pietro Pulizzi, il padre naturale della bimba, scrivono ancora: “la nostra Denise è diventata figlia di tutta Italia, siamo convinti che prima o poi i colpevoli pagheranno per il male procurato, sia una pena terrena che divina. I minori scomparsi vanno cercati, non dimenticati”

E’ giunto il tempo che lo Stato si dia una mossa, perché non debbano passare altri vent’anni per ritrovare una persona scomparsa!!! 

Forse… bisogna cambiare questo stato di fatto, ad esempio, si potrebbe imporre a tutti i cittadini di questo Paese la creazione di una banca dati con il DNA di ciascuno; in questo modo, sarebbe certamente più facile individuare tutti i soggetti finora spariti e mai ritrovati che, per chi non lo sapesse, sono dal 1974 ad oggi – secondo il Ministero dell’Interno – oltre 64mila, già… perché di un terzo delle 1600 persone che ogni mese spariscono nel nostro Paese, ahimè…  non se ne sa nulla!!!

Tribunale di Messina: finalmente (dopo quasi sei anni…) si sta per giungere al traguardo!!!

Scriveva il poeta drammaturgo Metastasio: “Se si applicasse la giustizia in tutta la sua severità, il mondo sarebbe ben presto diverso”.

Oggi posso affermare che è stato un giorno importante per “verita e giustizia“, perché finalmente dopo sei riinvi e tutta una serie di grattacapi – che hanno determinato al sottoscritto (e non solo…) gravi problemi personali, familiari, professionali e finanziari – ecco che finalmente si sta per completare quel percorso per riportare legalità dove da tempo ormai mancava…

Sì… stamani nell’entrare in quel Palazzo di Giustizia ho avuto come la sensazione che qualcosa fosse finalmente mutato!!! 

Sono passato quindi da quello stato di totale insicurezza nel sistema giudiziario (lo stesso che avevo avvertito e descritto in molti dei precedenti post), paragonando –  causa i continui rinvii me stesso allo “spirito” soprannaturale dello scrittore Miguel Cervantes (chissà forse perché ancora presente in questo edificio, lo stesso che l’aveva accolto in quanto ferito gravementeo…) – quanto stava accadendo con le avventure di quel povero “Don Chisciotte” e dei suoi “mulini a vento”… 

Ma questa volta sentivo nell’aria qualcosa di diverso, non so dirvi se ciò potesse dipendere dalle nuove nomine che in questi mesi sono state compiute all’interno di quel palazzo, ma certamente quest’ultime erano fondamentali, già… per ripristinare una parte di quegli uffici che incredibilmente erano rimasti per troppo tempo vacanti…  

Come riportato nel titolo d’apertura, finalmente oggi si è pervenuti a una risultato, già… dopo un lungo percorso di liceità – cui sono certo la maggior parte dei miei conterranei non avrebbe mai aderito e soprattutto portato a conclusione, già… avrebbe anticipatamente rinunciato pur di non proseguire in una vicenda che avrebbe potuto avere ripercussioni personali e non solo, ma soprattutto sapendo come quel sistema “colluso” si fosse adoperato a protezione, affinchè non si potesse giungere mai a quella  parola “fine”!!!

Ma come riportavo sopra, le condizioni all’interno di quella struttura sono cambiate ed allora non mi resta che aggiungere un consiglio: cercate di fare sempre il vostro dovere, non piegatevi mai ai compromessi e ancor meno ai ricatti, affidate le vostre istanze alla giustizia, in particolare a quegli uomini e donne che ogni giorno da quegli uffici istituzionali compiono – tra mille difficoltà e sacrificio – il proprio dovere e il sottoscritto infatti non può che ringraziare ciascuno di loro per l’impegno profuso e la professionalità evidenziata, in una vicenda che mi ha visto coinvolto non certo a carattere personale, ma per un fine sociale…

Permettetemi quindi di ringraziare da questo blog alcune persone che hanno fatto in questi anni la differenza…

Parlo di uomini dello Stato che attraverso i loro incarichi stanno provando a migliorare questo nostro Paese, individui perbene, moralmente corretti, professionisti coraggiosi che posso pregiarmi d’aver conosciuto e a ai quali debbo molto, in particolare per avermi incoraggiato – nei momenti più bui e di sfiducia verso le istituzioni – a esser audace e soprattutto a non fermarmi mai e continuando a svolgere quella lotta inderogabile per portare legalità!!!

Dedico quindi a loro questo traguardo, già… a quanti in maniera invisibile hanno lavorato sodo e sono rimasti accanto al sottoscritto: grazie.

Il Prof. Alessandro Orsini spiega in maniera perfetta i motivi che hanno condotto al conflitto Russia/Ucraina!!!

Avevo riportato alcuni anni fa un post realizzato da “ControTv“: https://odysee.com/@luogocomune:5/ucraina-2023-un-anno-di-bugie che riportava perfettamente quanto è accaduto in questi anni e soprattutto come si fosse giunti a questa guerra “preannunciata”!!!

Negli anni infatti ho anticipato le mie personali su una guerra di cui tutti sapevano e aggiungerei in molti volevano che si compiesse…

Il sottoscritto difatti ha scritto tanti post su questo conflitto, basti leggersi alcuni articoli di seguito…  

http://nicola-costanzo.blogspot.com/2018/11/a-volte-la-storia-si-ripete-speriamo.html

http://nicola-costanzo.blogspot.com/2023/10/un-mondo-in-guerra.html

http://nicola-costanzo.blogspot.com/2022/02/e-dire-che-gia-nel-2018-riportavo-le.html

http://nicola-costanzo.blogspot.com/2022/02/e-tempo-di-negoziare-la-tregua-ma-vi.html

http://nicola-costanzo.blogspot.com/2022/04/e-se-quanto-sta-accadendo-in-ucraina.html

http://nicola-costanzo.blogspot.com/2023/08/il-conflitto-in-ucraina-e-una-tavola.html

http://nicola-costanzo.blogspot.com/2022/03/lettera-putin-se-avessi-la-possibilita.html

http://nicola-costanzo.blogspot.com/2022/03/la-storia-di-ripete-il-corridoio-del.html

http://nicola-costanzo.blogspot.com/2024/03/fermiamo-la-guerra-in-ucraina-kiev-deve.html

http://nicola-costanzo.blogspot.com/2022/03/zelensky-forse-e-tempo-di-sedersi-al.html

http://nicola-costanzo.blogspot.com/2023/02/finche-luomo-resta-un-animale-vive-per.html

http://nicola-costanzo.blogspot.com/2024/05/conflitto-russo-ucraino-quanti-altri.html

http://nicola-costanzo.blogspot.com/2022/03/la-cina-non-e-disposta-condannare-la.html

Ma in questo post mìinteressa condividere co tutti voi un post del Prof. Orsini, che sin dal suo primo intervento aveva riportato quali fossero i reali motivi che stavano per condurci dove siamo ora e difatti anch’egli, soloper aver detto la verità, è stato attaccato, già…  a mezzo Tv, social, quotidiani, ma anche nell’ambito professionale e da alcuni suoi colleghi…

Diceva Mark Twain: “giornalista è colui che distingue il vero dal falso… e pubblica il falso”!!!

https://www.tiktok.com/@user74789915/video/7379229892728163617?_r=1&_t=8nHQeLSJxB3

Già… perché in questo paese nessuno mai vi dirà la verità; la maggior parte di essi infatti (lacchè di quei noti editori…) proverà a raccontarvi quanto è più comodo, soprattutto sarà loro interesse fare sempre in modo che qualsivoglia pensiero espresso, possa risultare piacevole alla maggiorparte dei suoi connazionali…

Il ritorno di Miguel De Servantes…

Sono don Chisciotte e la mia professione è quella di cavaliere… 
Le mie leggi sono sciogliere i torti, elargire il bene ed evitare il male!!!
Fuggo dal dono della vita, dall’ambizione e dall’ipocrisia, e cerco per la mia gloria il sentiero più angusto e difficile. 
È forse da sciocchi? 

Confido quindi nel tempo, che è solito offrire dolci soluzioni a molte amare difficoltà, ma come si dice, la miglior soluzione a tutti i problemi è la pazienza…
Resto quindi per l’ennesima volta sdraiato quì fuori in questa mia cara adottata panchina, già… proprio sotto l’epigrafe dedicata a Miguel De Cervantes Saavedra, continuando a ripetermi quelle parole ch’io non so come possa accadere che la menzogna sia tanto maestra nel saperle acconciare in maniera che paiano tanto vere…
Ma d’altronde si sa… ognuno è come il cielo l’ha fatto, e qualche volta molto peggio!!!
Comunque, per il momento dovrò abbandonare questa mia piccola postazione, d’altronde ho saputo stamani d’essere stato nuovamente rinviato e dovrò quindi ritornare a Messina il 26 Giugno…
Peraltro… come dico spesso, Dio metterà riparo a tutto questo, perché si sa…  Dio manda il male e poi la medicina e nessuno sa quel che sarà… e di qui a quel giorno ci sono molte ore, e in un’ora, magari in un momento, vien giù la casa ed io, posso assicurarvi, ho visto piovere e splendere il sole quasi a un medesimo punto… 

E’ morto… in attesa di verità e giustizia!!!

Ho avuto modo di conoscere durante un evento antimafia il Sig. Vincenzo D’Agostino, non sapevo chi fosse quel signore con la barba lunga e ancor meno conoscevo i motivi che lo spingevano a non tagliarla…

Ho scoperto successivamente che quella barba rappresentava un impegno preso nei confronti dello Stato e difatti il giuramento preso diceva: “Non mi taglierò più la barba fino a quando non saprò la verità“!!!

Edora la circostanza che lo vedrà tumulato ancora con quella barba, la stessa d’altronde che da quel 5 agosto del 1989 – da quando cioè i killer di cosa nostra uccisero a Villagrazia di Carini il figlio poliziotto Nino e la moglie  Ida Castelluccio oltre il bimbo che aveva in grembo –  aveva deciso di non tagliare fintanto che lo Stato non avesse dato ad Egli e a sua moglie: “Verita e giustizia”!!! 

Ma d’altro canto in questo paese per conoscere verità e giustizia bisogna attendere oltre 30 anni, sempre se si è fortunati di poter assistere ad una sentenza definitiva, altrimenti – come solitamente accade – si crepa prima e quindi, non si otterrà mai in vita, quella tanto ricercata giustizia!!!

E difatti, anch’egli ha dovuto attendere il 2023, precisemente il 6 ottobre, per avere conferma da parte della Corte d’Appello della condanna per il boss di Resuttana che secondo l’inchiesta, fu il mandante di quell’omicidio.

Durante quella sentenza, il Sig. D’Agostino alle domande dei giornalisti aveva risposto: “Sono soddisfatto perché hanno condannato il macellaio di mio figlio e di mia nuora”!!!

Certo, avrebbe desiderato che durante la lettura di quella sentenza ci fosse stata accanto la moglie, ma purtroppo era già deceduta da ben cinque anni prima, quantomeno avrebbero potuto dire insieme: “finalmente giustizia è fatta!!!

Lo stesso D’Agostino aveva anticipato che forse avrebbe tolto la scritta sulla lapide della consorte che riportava: “‘morta in attesa di verità e giustizia‘”: ma chissà… forse è giusto lasciare tutto così, d’altronde riteno inammissibile attendere 34 anni per giungere ad una sentenza definitiva!!!

Sì è una vergogna e lo Stato ha evidenziato in tutti questi anni la propria inadeguatezza!!!

Peraltro permettetemi di aggiungere che quanto sopra accaduto non rappresenta per questo Paese una novità… se pensate per un momento che per arrestare un latitante ci sono voluti (altri) trent’anni, ah… tra l’altro proprio in questi giorni i Tg nazionali hanno pubblicato l’identikit del suo diretto successore: già… ora vedremo quanti altri anni ci vorranno prima di poter assistera al suo arresto!!!

Ah… io comunque, in attesa di vedere finalmente molti celebri processi giungere a sentenza definitiva, comincio a farmi crescere la barba… 

Eloì, Eloì, lema sabactani?

“Mio Dio, mio Dio, perché mi hai abbandonato???”, già… una frase che molti conoscono, ma che – a differenza di come pensato finora – non appartiene a quell’uomo posto sulla croce che pin quell’occasione urla in aramaico le parole del mio titolo dì apertura; esse bensì appartengono a un suo predecessore, a quel re Davide che in punto di morte pregò Dio di sollevarlo dalla sofferenza e dalla morte…

Ed allora iniziamo a parlare di questo Dio che tanto unisce e altrettanto divide gli uomini, un Dio che non interviene nelle vicende umane, che lascia ciascuno di noi al cosiddetto “libero arbitrio“, ma che stranamente viene visto come punto di riferimento per molti popoli, in particolare quando si è trattato di provocare conflitti, stragi, olocausti, etc…

Sì… viene chiamato in causa solo quando serve per i propri fini, c’è chi garantisce in suo nome la vita eterna, altri promettono una vita strepitosa in paradiso, poi c’è chi offre beatitudini celesti che non sto qui a menzionare, segue chi viceversa crede che colui che incontra su questa terra la morte non incontrerà più Dio, c’è chi viceversa si contrappone e crede nella reincarnazione dell’anima attraverso una disanima: se si ci è comportati male nella vita dopo la morte l’anima ritornerà a vivere con un altro corpo per espiare i peccati commessi, mentre viceversa se si ha avuto rispetto per Dio e per tutti coloro che nel corso della vita lo hanno circondato, allora si raggiungerà la pace eterna…

Avrete compreso da quanto sopra come ciascuno abbia provato a dare un senso all’aldilà, a seconda di chi e quanto si è creduto nel corso della vita, di come ci si è comportati con gli altri, ma anche di quanta importanza si stata data a quel voler essere credenti, gnostici, agnostici e atei!!! 

D’altronde quanti tra noi possono dire con certezza di essere giunti a quella corretta via spirituale??? La maggior parte, me compreso è all’interno di una religione perché nato in un determinato paese dove in prevalenza vi era una religione più o meno imposta!!! 

Se ad esempio fossi nato in un paese arabo, oggi sarei musulmano, viceversa sono nato in Italia e mi ritrovo trovato battezzato a una chiesa cristiana “cattolica”, viceversa… se fossi nato a Gerusalemme forse sarei un ebreo e così via discorrendo…

Difatti, durante la mia adolescenza, avendo vissuto ad Addis Abeba in Etiopia, frequentavo abitualmente una di quelle chiese cristiane presenti, non cattolica, certamente cristiana, ma ufficialmente “Copta”; già… una chiesa ortodossa che a differenza della nostra crede in due nature, quella umana e quella divina, unite sì… ma senza alcuna “mescolanza, confusione e alterazione”!!!

Da quanto sopra quindi si comprende che la religione è quasi sempre frutto del caso, di circostanze mai nostre, sì… che non ci appartengono perché non le abbiamo decise noi, ma ahimè altri!!!

Ed allora diventa quantomeno naturale iniziare a ragionare, non dico a rinnegare o abiurare la propria religione, ma quantomeno – in età adulta – dubitare se quanto si sta espletando sia giusto o errato, se le nostre preghiere – in quanto fedeli di una qualche religione abbiano un senso, poiché viceversa quelle nostre orazioni – nei confronti di un qualcosa o di un qualcuno che dovrebbe ascoltarle – potrebbero non trovare il giusto interlocutore…

E allora che fare, come trovare la giusta via, come ricercare quel percorso di crescita spirituale che desideriamo senza più accontentarci di quanto ci hanno insegnato, raccontato, ahimè a volte intimato e comandato, il tutto per far si che da quel percorso non si deviasse…

E’ come per la politica, c’è chi nasce di destra, chi è di sinistra e chi preferisce il centro, c’è anche poi chi si astiene perché non crede alla politica e quindi a ciascuno di quei deputati… 

Qui è lo stesso, ciascuna di quelle religione apporta acqua al proprio mulino, non importa quanto di vero ci sia in quelle loro scritture, l’importante è che si creda ad essi e a nessun altro!!!

Ritengo viceversa sia importante giungere a un compromesso…

A nessuno è data la certezza di poter affermare “io sono nel giusto“; ciascuno di quegli uomini/donne di chiesa, proverà con le proprie argomentazioni a convincervi, già potremmo paragonarli ai cosiddetti “infuencer“, vi diranno cosa credere, quale reliquia comprare, cosa appendere in casa, quale libro tenere, quale quotidianamente pregare e quale viceversa gettare via…

Nessuno di loro vuole che apriate la vostra testa, che leggiate per comprendere fino a che punto vi è stato detto in nome della verità o di quanto celatamente vi è stato tenuto nascosto, sì per tenervi prigionieri, già quasi foste batterie elettriche come in quel noto film intitolato “Matrix”!!! 

Un consiglio quindi, aprite il vostro cuore o meglio dovrei dire il vostro cervello, senza farvi condizionare, iniziate a studiare, leggere, approfondire tutti quegli argomenti che possono interessarvi, in particolare quelli che argomentano sulla vostra religione; scoprirete le altrui opinioni, valuterete le diverse religioni, comprenderete come nessuna di loro sia perfetta e che non vi è alcun necessità di convertirsi ad una diversa dalla vostra, già… perché come dicevo sopra, nessuno è perfetta e soprattutto nessuna e migliore o superiore alle altre…

Alla fine tutto si riduce nel credere o non credere, il sottoscritto prova ad esempio a dare un senso pratico alle parole di un uomo che a modo suo (forse) credeva di essere nel giusto; difatti, poco m’interessa sapere su quanto egli fosse realmente un profeta, qualcuno ha detto che egli era un messia, altri e oggi, la maggioranza dei fedeli di quella religione cristiana, crede ad egli non solo come figlio di Dio, ma insieme nella trinità, la stessa persona!!!  

Di tutte queste ultime sciocchezze proverò nei giorni seguenti a farvi riflettere, ponendo prudenza e equilibrio argomentando su quanto riportato nei vangeli ufficiali (purtroppo quelli “apocrifi” e i vari scritti ritrovati nei secoli sappiamo quanta poca considerazione abbiano avuto negli insegnamenti della chiesa cristiana in particolare in quella cattolica…) in contrasto con quanto realmente accaduto, senza porre preconcetti e/o opinioni personali, ma rivalutando semplicemente i fatti di allora e tenendo conto dei ritrovamenti storici riportati alla luce in questi duemila anni… 

Per concludere, penso dopo quanto ho appreso in questi trent’anni che la nostra chiesa sia giunta ad un bivio: sì… se andare avanti per come ha finora fatto ed osservare così il suo naturale declino oppure viceversa, fare un passo indietro, rivedere il vero messaggio di quell’uomo chiamato Cristo e fare le dovute scelte.

Difatti, bisogna ritornare a fare riferimento alle sue parole, a quell’unico messaggio, tralasciare quanto riportato nei secoli successivi da chi non l’ha neppure conosciuto e cancellare definitivamente dogmi mai rivelati e per concludere (sicuramente la parte più impegnativa e difficile da accogliere) ridimensionare tutto l’apparato ecclesiastico che finora ha evidenziato essere stato il più delle volte fallace…    

Tribunale di Messina: ho scoperto oggi di non essere stato poi così distante dalla verità!!!

Dopo quanto avevo scritto ieri su “Don Chisciotte della Mancia” – https://nicola-costanzo.blogspot.com/2023/12/tribunale-di-messina-mi-sento-come-don.html – ecco che stamani, mentre passeggiavo accanto a quello spazio antistante il Tribunale peloritano, ho scoperto casualmente un insegna e leggendola non ho potuto far altro che iniziare a ridere a crepapelle…

Difatti, dopo aver parlato ieri di Miguel Cervantes, scoprire improvvisamente come quello stesso edificio fosse stato luogo di ricovero dello scrittore (l’area ora destinata a Palazzo di Giustizia era un tempo Ospedale con il nome di S. Maria della Pietà) a causa delle ferite ricevute durante la battaglia di Lepanto del 07.10.1571, è stato per il sottoscritto un motivo di grande sorpresa…

Allora mi sono chiesto se forse ancora oggi non aleggi su quel fabbricato lo spirito di quel cavaliere errante che, come il sottoscritto, credeva nel compito di proteggere i deboli e gli oppressi, tenendo fede ai valori dell’onore e della cortesia, già… tipici di un vero cavaliere.

Ed oggi, in quello stesso luogo in cui un tempo ebbero a soffrire tanti uomini e donne, ecco che ora, all’interno di quelle stesse aule, si ritrovano altrettanti individui che provano a trovare in quella sede protezione e sostegno alla loro lotta che ahimè, si dimostra il più delle volte, vana, inconsistente e inutile!!!  

La sensazione infatti che si percepisce entrando in quell’edificio, è l’aver imboccato una strada destinata a portarci in un mondo passato, lo stesso in grado di rievocare suggestioni letterarie di un’infanzia trascorsa che ormai credevamo perduta e della quale viceversa riusciamo ora a riappropriarci, rivedendo noi stessi proprio come uno di quei personaggi.

Sono le stesse immagini che ci consentono di ritrovare un tempo passato e di riviverlo quasi fossimo designati allo stesso modo a lottare contro quei mulini a vento, le stesse cause perse a cui fu destinato quel protagonista “Don Chisciotte”, che tra folle delirio e confusione, tra la realtà e immaginazione, trovò una smania di giustizia senza eguali… 

Egli è diventato l’incarnazione dell’uomo ideale, un individuo che si batte contro le convenzioni, le prevaricazioni, senza temere di essere sconfitto, sospinto esclusivamente dai suoi grandi ideali!!!

“Non è possibile che il male e il bene durino a lungo: dal che ne consegue che, essendo durato molto il male, il bene è ormai vicino”. (Don Chisciotte della Mancia, di Miguel de Cervantes)

Quando sembra che quanto compiuto risulti inutile, ecco che la parte sana della "Giustizia" si sveglia e fa il proprio dovere!!!

Tu hai però potuto vedere, in questa circostanza, che qualche volta la giustizia, se non arriva alla prima, arriva, o presto o tardi anche in questo mondo. Va a dormire per ora: che un giorno avrai forse a somministrarcene un’altra prova, e più notabile di questa”!!!

Scriveva così nell’XI capitolo Alessandro Manzoni nel suoi libro “I Promessi Sposi” e come dargli torto…

Già… la giustizia è lenta, a volte anche troppo, ma quando sembra che non si arrivi ad una sua naturale conclusione, ecco che improvvisamente si giunge ad una inaspettata fine e chi di dovere, ne paga le conseguenze!!!

D’altronde penso sempre che anche in quel sistema giudiziario, non tutto sia perduto, d’altronde voler credere che all’interno di quei palazzi di giustizia non vi siano livelli di corruzione è come avere i prosciutti negli occhi…

Quel luogo rappresenta come tutti i posti di lavoro un complesso nel quale si formano legami, coalizioni, vincoli, solidarietà che possono generare anche situazioni al limite della legalità…

No c’è da meravigliarsi, d’altronde parliamo di uomini e donne, ciascuno con le proprie debolezze “umane” e quindi a volte accade che nel rivolgerci ad essa, le nostre istanze, non trovino celermente quelle aspettative che ci saremmo aspettati, anzi ci sono dei momenti in cui sembra di sbattere contro un muro di gomma!!!

Poi improvvisamente accade qualcosa di inaspettato, la nostra caparbietà, il non aver mediato o ancor peggio l’essersi opposti ad eventuali forme coercitive, ha portato a non fermarsi quando qualcuno da quei palazzi ha provato – per ragioni che non sto qui a riportare, ma certamente per proteggere alcuni  interessi personali o di carattere associativi, gli stessi di cui accennavo sopra – a fuorviare la verità, ma non riuscendo nell’intento, ahimè si è stati costretti a rinunciarvi, facendo intervenire su quei nostri procedimenti, colleghi (per fortuna) liberi da qualsivoglia compromesso morale, e difatti, questi ultimi, riescono in tempi rapidi a definire quanto si sarebbe viceversa (da parte di altri loro colleghi…) voluto insabbiare!!!

Ci sarebbero anche le prove per evidenziare come certi meccanismi collusivi, conducano a legami che portino al dover presumere che dietro a quelle rilevanti protezioni, vi sia certamente qualcosa di ambiguo, ben occultato o quantomeno dissimulato dietro una qualche nota associazione, ma di fatto, ciascuno di loro è membro o seguace di una qualche loggia!!!

Comunque, come ho scritto nel titolo di apertura, alla fine la giustizia arriva ed è quanto accaduto in queste ore all’interno di un Tribunale siciliano; certo son passati cinque anni dal primo esposto, ma comunque, la verità finalmente è stata portata alla luce…

A volte mi sento stanco di combattere per questo Paese, per i miei connazionali e soprattutto per i tanti amici e conoscenti, ma poi penso ad una frase di Papa Francesco ed allora riprendo le forze e l’energia per continuare con quanto ritengo essere da sempre una missione: “La vita di ogni comunità esige che si combattano fino in fondo il cancro della corruzione, il cancro dello sfruttamento umano e lavorativo e il veleno dell’illegalità. Dentro di noi e insieme agli altri, non stanchiamoci mai di lottare per la verità e la giustizia”.

Emanuela Orlandi… forse finalmente s’inizia ad affrontare il vero problema di quella sparizione!!!

Non so che dire… 

Ci sono voluti un bel po’ di anni per iniziare a comprendere quanto forse sia realmente accaduto…

Il sottoscritto anni fa, affrontando molti di quei demoni della nostra Chiesa aveva riportato un convincimento sul misterioso sequestro che faceva riferimento a Emanuela Orlandi ed ora, dopo tanti anni, mi convinco sempre più di non essere stato così distante da quella verità, la stessa che in tanti, in questi quarant’anni dalla sua scomparsa, hanno provato in tutti i modi ad occultare!!!

Il post di allora s’intitolava “Il gallo cantò ancora e ancora, già… e una volta ancora!!!” –  http://nicola-costanzo.blogspot.com/2020/04/il-gallo-canto-ancora-e-ancora-gia-e.html e nel leggerlo scoprirete in sintesi quanto è accaduto solo in piccola parte a causa del potere della nostra Chiesa ed forse anche alla giovane Emanuela… 

Ho sempre pensato durante il periodo della pandemia – nel vedere quella Piazza S. Pietro totalmente vuota – come forse qualcuno da lassù abbia voluto mandare a quegli uomini vestiti con abiti talari, un preciso messaggio affinché comprendessero che nulla è eterno e che anche i fedeli della chiesa, gli stessi che da secoli fanno in modo di esserci in particolare durante le celebrazioni, beh… anche loro possono improvvisamente scomparire, in particolare quando posti dinnanzi aelle aberrazioni compite in nome di Cristo… 

E’ tempo quindi che si faccia un passo indietro, che da quel Vaticano finalmente si comprenda come la verità debba venire prima di ogni cosa, perché l’uomo coraggioso non ha paura di affrontare il giudizio non solo di Dio, ma anche quello degli uomini… 

Auspico che anche Papa Francesco dia ora una mano per raggiungere quella giustezza che finora è stata negata ai familiari Orlandi, in particolare a suo fratello Pietro, che da sempre non ha smesso di cercarla…

Basta con i sotterfugi, gli inganni, con tutti quegli espedienti finora utilizzati per sottrarsi alle proprie responsabilità è tempo di dire la verità, quanto allora è realmente accaduto, chi ne erano i responsabili, chi li ha coperti, possano quest’ultimi essere anche cardinali o più!!! 

Chi è stato deve pagare e tempo quindi che su Emanuela Orlandi si sappia tutto e soprattutto ci si dica dov’è… perché giusto che sia così!!!

“C’è chi ha costruito carriere sul processo trattativa”!!!

Ho sempre pensato che il giudice Borsellino fosse troppo intelligente per non aver fatto quantomeno una copia di quella sua agenda rossa, avendo già compreso che di li a breve, dopo il caro amico Giovanni Falcone, avesse anch’egli potuto subire un possibile attentato, circostanza quest’ultima che purtroppo è accaduta!!!

E quindi se quei documenti ipotizzando esistono – e non possono che essere stati in questi anni conservati gelosamente in qualche cassetta di sicurezza della famiglia – forse, e ripeto forse, chi ha avuto modo di leggerli, troverà quanto ora accaduto nel merito del processo sulla trattativa tra lo Stato e cosa nostra, qualcosa da ridire, ma forse non è il momento giusto per portare alla luce quelle verità nascoste o forse qualcuno avrà implorato loro di tenerle celate…     

Ho letto in questi giorni quanto dichiarato dalla figlia minore del giudice, Fiammetta Borsellino, che nei giorni scorsi ha incontrato a Bologna migliaia di studenti per parlare del padre, del depistaggio e dei tanti misteri che ancora avvolgono le indagini sulla strage di via D’Amelio..

“Non ho letto la sentenza, quindi preferisco non entrare nel merito del processo trattativa, però una cosa la voglio dire: c’è chi ha costruito le loro carriere su questo processo, immeritatamente”. 

Si comprende da quelle frasi come ella non nasconda la propria amarezza, aggiungendo: “Sa quale è il danno più grande? Questo processo, come altri prima, sono stati celebrati fuori dalle aule di giustizia, prima ancora che si esaurissero nei tre gradi di giudizio. A prescindere dalla innocenza degli imputati”.

La figlia del giudice Paolo Borsellino se la prende, senza mai citarli, con i magistrati dell’accusa che sono stati ospiti in numerose trasmissioni televisive. “L’ho trovato un comportamento scorretto che fa male alla società tutta; è assurdo che tutti conoscano un processo di questo tipo solo perché mediaticamente è stato pubblicizzato, mentre nessuno conosce processi come il ‘Borsellino quater’”. “Io mi soffermo sul fatto che prima ancora che finisse l’iter giudiziario, sono stati pubblicizzati da chi li aveva in carico, ripeto: prima ancora della fine del processo. E’ un atteggiamento che ho sempre criticato”. “Poi, è ovvio che la giustizia debba fare il suo corso, ma è deontologicamente scorretto fare una operazione del genere. Ribadisco che su questo c’è chi ha costruite delle carriere, sul nulla. Su processi che poi si sono dimostrati dei fallimenti. Ne faccio una questione deontologica”.

“E’ un messaggio brutto da dare alla società – aggiunge Fiammetta Borsellino – che alla fine si costruiscono carriere su processi che vengono pubblicizzati prima della fine del processo”

Aggiungendo inoltre: “Ci sono stati anche giornalisti che sono stati complici di operazioni del genere… c’è tutto un sistema che va dietro al potere. Queste persone hanno raggiunto questa fama, che non è fondata su nulla se non sull’autorefenzialità. E il messaggio che si da ai giovani non è positivo. Passa il messaggio che basta scrivere libri o andare in tv per diventare famosi”.

Ed infine concludendo: “Non commento la sentenza ma il comportamento portato avanti in questi anni, lo ripeto. Una operazione altamente scorretta”.

Ma ormai tutti noi da tempo abbiamo compreso quanto è realmente accaduto, sentenze o non sentenze la verità storica è ormai accertata e quanto è accaduto grazie all’appoggio di uno Stato deviato e da complicità politico/militari, non sarebbe stato possibile, se ciascuno non avesse fatto la propria parte!!!

Dispiace solo che i nostri giudici e tutti gli uomini delle scorte, insieme alle centinaia di vittime della mafia, abbiano dovuto pagare un prezzo così alto, per uno Stato che si è dimostrato e ancora oggi evidenzia – almeno una parte di esso – di essere legato e colluso con quelle associazioni criminali, attraverso i suoi politici, mafiosi e soprattutto a quanti affiliati alle varie logge massoniche!!!

Per quelli che come me, hanno fame e sete di giustizia!!!

Non si finisce mai di cercare la giustizia, ma il vero problema è riuscire a metterla in pratica con i fatti e non fermarsi – per come solitamente accade – alle parole…
Oggi ne parlo perché nel pomeriggio mi trovavo al Cimitero Monumentale di Milano ed appena entrato (da sotto il Famedio) mi sono ritrovato in una piazzetta con al centro un monumentale sepolcrale in memoria delle vittime dello sterminio, sul quale era per l’appunto incisa la frase che vedete nella foto.
Ed allora mi sono chiesto: se tutti provassimo a ricercare in ogni momento della nostra giornata la giustizia, come sarebbe il nostro Paese??? 
Certamente migliore di quello che è, ma sappiamo bene come a nessuno interessi far qualcosa di diverso o di positivo, perché ciascuno tiene più a sé stesso che agli altri, gli stessi che insieme ad egli costituiscono l’essenza vera di questa nazione… 
Ed invece assistiamo ad una completa illegalità, anche nelle circostanze più futili e vi prego, non venite a dirmi che a volte ciò è dovuto non per una mancata partecipazione al senso civico o forse perché non si era a conoscenza di quelle particolari circostanze , no… gli individui – uomini o donne che siano – si comportano come veri lacchè ed un muro di omertà viene elevato a protezione di quel sistema di cui si fa parte e quindi, anche chi è venuto a sapere di quelle condizioni illegali, chi avrebbe dovuto per l’appunto fare in modo che ciascuna di quelle azioni gravi venisse immediatamente interrotta o quantomeno fatta rientrare all’interno di quel meccanismo chiamato legalità e trasparenza, beh… ecco che anch’essi si sono volatilizzati e le circostanze gravi, sono rimaste lì dov’erano!!!

Io sono certo che in questo momento vengo letto, anche da chi sanno che ciascuna parola di questo mio post (ma anche ad alcuni precedenti) è riferita a loro!!!

Ed allora consentendomi di riprendere un passo della liturgia presenta nel racconto della Passione, voglio preannunciare loro quanto segue: in verità prima che la settima notte da oggi giungerà al suo termine, il vostro nome e cognome, lo stesso che credevate mai sarebbe emerso, verrà – prima che il gallo canti tre volte – elaborato accuratamente da un sostituto procuratore che vedrete si occuperà di quell’esposto posto lì sul suo tavolo e farà in modo che nessuno sfugga più alle proprie responsabilità…
Ecco questa è la differenza tra chi crede nella giustizia e chi viceversa ancora pensa che essa sia del tutto inutile o peggio che quel giudizio non abbia valenza in quanto potrà essere successivamente, con i dovuti accorgimenti, ribaltato!!!
Ma questa volta non andrà così!!!
Mi dispiace per loro e per quanto poco mi conoscono, ma amo la vita come amo la giustizia; se però non potessi avere l’una e l’altra, rinuncerei alla vita pur di mantenere sempre la seconda!!! 

Gia… parlano di giustizia, senza applicarla!!!

Proseguendo con il post di ieri…

Firenze mia, puoi essere contenta di questi miei discorsi che non ti riguardano, grazie al tuo popolo che si ingegna a provvedere alla tua pace e alla tua tranquillità…

Molti hanno in cuore il senso della giustizia, ma tardi la manifestano per non parlare sconsideratamente (si ricorre qui alla metafora dell’arco, riferito al momento in cui, per scoccare la freccia, la si trae indietro con la cocca sulla corda fino a che essa tocca con la punta l’arco), mentre i fiorentini parlano sempre di giustizia, senza applicarla.

Molti rifiutano gli uffici pubblici, ma i fiorentini si dichiarano pronti a sostenere il peso degli incarichi pubblici anche senza essere stati chiamati (cioè accettano le cariche con leggerezza, perché sono ambiziosi, anche se lasciano credere di farlo con segno di accettata rassegnazione).

Ora tu sei lieta, e ne hai ben motivo: tu sei ricca, godi di pace e hai giudizio. 

Che io dico la verità, questo si vede dai risultati. Atene e Sparta (da sempre considerate la fonte prima del diritto civile) che fecero le leggi antiche e furono così ben ordinate, fecero ben poca cosa per la buona convivenza tra i cittadini a paragone di te, che prendi provvedimenti tanto finemente escogitati, che a metà novembre non arriva ciò che hai stabilito ad ottobre.

Quante volte, a memoria d’uomo, hai cambiato legge, moneta, istituzioni e cariche di governo, e modi ed usi, e hai rinnovato le membra (cioè i cittadini, volendo alludere al fatto che, per le lotte tra le fazioni, essi venivano alternativamente richiamati o cacciati in esilio).

E se ben ricordi e vedi chiaro, capirai che sei simile a quella ammalata che no riesce a trovare poca sulle piume del letto, e col cambiare posizione cerca sollievo al suo dolore…

Quel viaggio richiesto e mai autorizzato…

Sembra che alla fine quel viaggio del nostro ambasciatore Luca Attanasio non sia stato mai autorizzato… 

Come avevo anticipato nel mio precedente post http://nicola-costanzo.blogspot.com/2021/02/lambasciatore-luca-attanasio-e-il.html qualcosa su quella tragedia non quadra e difatti i documenti emersi in queste ore dimostrano come nessuno avesse di fatto autorizzato quel viaggio ed ora, come sempre avviene in questi casi, iniziano i rimpalli di responsabilità. 

D’altronde va detto come il governo congolese si sia chiamato fuori, sostenendo di non avere mai saputo del viaggio e quindi di non avere attivato la protezione prevista, mentre come si può vedere dal documento inviato, questi ultimi erano stati informati della partenza…

Ma in un secondo documento datato 15 febbraio viene dichiarato che l’ambasciatore italiano avrebbe comunicato verbalmente al capo del protocollo congolese l’intenzione di non partire più per la cittadina Goma…

Cosa aggiungere, non si saprà mai la verità su quanto accaduto e sull’attentato che ne è seguito!!! 

Ecco perché sono sempre più convinto che dietro quelle motivazioni umanitarie, qualcuno abbia depistato appositamente le informazioni, affinché i nostri due uomini viaggiassero senza protezione, affinché si potessero compiere quegli omicidi e farli passare all’opinione pubblica come un semplice sequestro di persona andato male… 

Ma non è andata così… già verrà un giorno in cui qualcuno di quei presenti parlerà e forse finalmente giungeremo a scoprire la verità su quanto realmente accaduto!!!

In ricordo di Giovanni Spampinato: un giornalista che non ha avuto paura di denunciare la verità!!!

Era la sera del 27 ottobre 1972 quando a Ragusa, veniva assassinato il giornalista Giovanni Spampinato…

Non aveva ancora compiuto 26 anni e il suo nome è compreso nella lista delle vittime della mafia che viene letta nelle piazze ogni 21 marzo per iniziativa dell’Associazione Libera. Nel 2007 gli è stato assegnato il Premio Saint-Vincent di Giornalismo alla memoria, con una motivazione che definisce la sua storia rappresentativa di quella di tutti i giornalisti italiani uccisi a causa del loro lavoro. Il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano lo ha ricordato affermando che “ha onorato la professione giornalistica e i valori di verità, legalità e giustizia”. In suo nome è stato fondato nel 2007 l’osservatorio sui giornalisti minacciati in Italia “Ossigeno per l’informazione”, promosso dalla FNSI e dall’Ordine dei Giornalisti.

Giovanni Spampinato fu ucciso a bordo della sua Fiat Cinquecento, mentre era alla guida. Fu raggiunto da sei proiettili esplose a bruciapelo da due pistole impugnate dal passeggero che sedeva accanto a lui: Roberto Campria, 30 anni, figlio del presidente del Tribunale di Ragusa, che aveva chiesto di incontrarlo urgentemente con la promessa di fare importanti rivelazioni. Campria era uno dei maggiori indiziati di un altro omicidio, quello dell’ingegnere Angelo Tumino, commerciante di antiquariato e oggetti d’arte, ucciso a Ragusa sei mesi prima, il 25 febbraio 1972 in modo misterioso da ignoti sicari con un colpo di pistola in fronte ed abbandonato su un sentiero di campagna.

Subito dopo quell’assassinio Giovanni Spampinato rivelò in articoli pubblicati dall’Ora e da l’Unità che Campria, una delle persone più vicine a Tumino, era coinvolto nelle indagini ed era stato interrogato. Quindi una pista portava dentro il Palazzo di Giustizia. Che il figlio del giudice era stato interrogato subito dopo la scoperta del corpo senza vita dell’ingegnere lo sapevano tutti i corrispondenti, ma Spampinato fu l’unico giornalista a rivelarlo. La circostanza era vera. Ciononostante dopo la pubblicazione della notizia Campria aveva querelato il cronista accusandolo di diffamazione a mezzo stampa, in modo pretestuoso e con palese scopo intimidatorio.

A quell’epoca questi processi si celebravano per direttissima. Il processo fu celebrato quaranta giorni dopo a Palermo. Campria non si presentò e la querela fu lasciata decadere…

Superato quell’ostacolo, Giovanni Spampinato aveva continuato a seguire il caso Tumino pubblicando alcuni articoli su L’Ora sviluppando indagini personali e avvalendosi del racconto di testimoni e familiari dell’ingegnere ucciso. In alcuni articoli aveva chiesto apertamente come mai, secondo logica e procedura, l’inchiesta penale che coinvolgeva un familiare di un magistrato del luogo non fosse affidata ai giudici di un’altra città per legittima suspicione.

Inspiegabilmente l’inchiesta non fu trasferita neppure dopo queste legittime sollecitazioni, anzi il giovane cronista fu criticato per averlo chiesto e perché i suoi articoli tenevano sotto osservazione un personaggio altolocato che altri consideravano un intoccabile. 

Ovviamente queste critiche isolarono Giovanni Spampinato da alcuni corrispondenti locali.

Il 3 agosto 1972 Giovanni Spampinato concesse al sospettato un’ampia replica pubblicando una intervista con dichiarazioni auto-assolutorie e commentò pacatamente che probabilmente egli non c’entrava davvero con il delitto Tumino. 

Ma Campria non si ritenne soddisfatto. Cominciò ad assillare il cronista chiedendogli una più aperta attestazione circa la sua estraneità all’omicidio e promettendogli clamorose rivelazioni su macchinazioni all’interno del Palazzo di Giustizia, ordite contro di lui per colpire il padre magistrato.

L’attenzione giornalistica per l’inchiesta giudiziaria sull’assassinio dell’ingegnere scemò dopo l’assassinio di Spampinato. L’inchiesta penale venne condotta a carico di ignoti e dopo oltre trent’anni, fu archiviata. Difatti ancora oggi, non si conoscono ne gli esecutori, ne i mandanti e ancor meno il movente del delitto Tumino.

Va ricordato come il Tumino fosse un esponente di destra. Era stato consigliere comunale del MSI. Fu assassinato proprio nei giorni in cui Giovanni Spampinato, con la sua inchiesta sul neofascismo, rivelava la presenza a Ragusa del “bombardiere nero” Stefano Delle Chiaie (all’epoca ricercato per le bombe del 12 dicembre 1969 all’Altare della Patria) e di altri noti fascisti romani legati a Junio Valerio Borghese, che nel dicembre del 1970 avevano tentato un colpo di stato per il quale si era cercato di arruolare anche la mafia, come si seppe molti anni dopo. 

Uno di quei personaggi, Vittorio Quintavalle, fu interrogato dagli inquirenti che seguivano le indagini sul delitto e questa circostanza rafforzò nella mente del cronista l’impressione che l’omicidio Tumino potesse essere collegato alle trame eversive che stava documentando. Tanto più che i contatti fra Campria e Tumino e fra questi e i trafficanti di estrema destra erano frequenti. 

Giovanni Spampinato però fu ucciso prima di poterlo dimostrare!!!

Il suo assassino Roberto Campria si costituì subito dopo il delitto, dichiarando che aveva reagito a una insopportabile provocazione. Il processo in Corte d’Assise fu celebrato a Siracusa nel 1975. Campria fu condannato a 21 anni di reclusione. La sentenza fu ridotta a14 anni dalla Corte d’Appello di Catania, che concesse all’imputato l’attenuante della provocazione, equiparando ad attività provocatoria gli articoli di cronaca di Spampinato. Campria scontò la pena nella casa penale di Barcellona Pozzo di Gotto e tornò libero dopo otto anni.

Va ricordato infine come le inchieste di Giovanni Spampinato fossero sempre condotte con il massimo rigore e con un lavoro sul campo, e difatti, grazie all’ausilio di numerosi fonti non ufficiali ed in collaborazione con l’equipe di giornalisti ed avvocati, nell’estate del 1970 pubblicò il libro-inchiesta “La strage di Stato”!!!

Su di egli ha scritto il giornalista Paolo Borrometi: “Del suo lavoro Giovanni aveva un’idea altissima, generosa e nobile. Non si tirò indietro al ruolo di custode del racconto e del giornalismo imparziale e libero. Non scese mai a patti con la sua coscienza e assolveva al ruolo di raccontare ed informare la sua comunità, anche se ciò poteva costare caro”!!! Giovanni è un martire dimenticato… vergognosa, inoltre, è la mancanza di memoria della sua provincia, Ragusa, che non lo ricorda o fa finta di ricordare. Perché ricordare, spesso, è scomodo. Quindi meglio dimenticare. Giovanni non arretrò nemmeno quando si trattò di pubblicare il nome di un intoccabile: quel Roberto Cambria che poi sarebbe stato il suo carnefice. Da quella tragica serata sono passati quarantatrè anni, ma in quella terra c’è ancora chi sostiene che, in fondo, “Giovanni se l’è cercata”. Non si può continuare a scambiare i carnefici per vittime, bisogna ripristinarne la memoria. Lo si deve a Giovanni, alla sua famiglia e ad una intera collettività che merita di ricordare un eroe normale, da spiegare ai giovani perché possano avere proprio lui come modello positivo”!!!

Ascoltate gli altri sparlare??? Attenti… perché quelle avverse valutazioni potrebbero un giorno valere anche per voi!!!

Sembra che i miei conterranei abbiano una particolare predilezione nello sparlare gli altri… Non so dirvi i motivi, sarà forse per quel senso intrinseco d’inferiorità… sarà perché si sentono profondamente limitati o forse chissà, perché tentano in ogni modo, di porre se stessi in una posizione superiore…

Per la maggior parte si tratta di orgoglio, la cattiveria d’altronde costituisce l’ultima delle soddisfazioni a cui mirano, in loro vi è una forte dose di compiacimento nel riportare il male degli altri, proprio perché i soggetti di cui si vuole “sparlare” sono persone speciali, inconsueti, direi fuori dal comune… 
Non potendo avere quindi il controllo su di essi, non riuscendo ad assoggettarli si prova a metterli in cattiva luce, in particolare con gli amici, i conoscenti, i quali solitamente per incoraggiare quei consigli (malvagi) ricevuti, finiscono per metterli in pratica, ritrovandosi coinvolti in problematiche ben più grandi di loro…
C’è un bellissimo passo della Bibbia che dice, no… non quello famoso “Non giudicate, affinché non siate giudicati”, ma un altro: “Chi dice male del fratello o chi giudica il fratello, parla male della legge e giudica la legge. Ora, se tu giudichi la legge, non sei uno che la mette in pratica, ma un giudice. Uno soltanto è legislatore e giudice, colui che può salvare e perdere; ma tu chi sei, che giudichi il tuo prossimo?
In ogni caso su quanto sopra riportato va compresa una situazione…
Solitamente quanto viene detto sugli altri non è veritiero, ma presupponendo per ipotesi che lo fosse, quanto espresso in quel giudizio, sarà certamente condizionato, in quanto basa quelle proprie valutazioni su fattori personali che quasi sempre, nulla centrano con quel soggetto o la sua professionalità…  
E noi tutti, nell’ascoltare quelle parole, dovremmo chiederci sempre, quanto di vero e di falso vi sia… ma come purtroppo accade, non ne abbiamo voglia o chissà… forse non vogliamo mancare di rispetto a quel nostro interlocutore e se pur non si è tanto convinti, si asseconda quel nostro amico confidente… 
Nel far ciò, non va dimenticato che, quanto si sta ora compiendo nei confronti di quell’individuo, potrebbe la prossima volta ritorcersi contro di voi e chissà quanti quel giorno prenderanno le vostre difese e viceversa, quanti vi accuseranno, buttandovi addosso quello stesso fango, che ora voi provate rovesciate ad altri…
Come ripeto sempre alle mie figlie, non vi fidate degli altrui giudizi ma ragionate sempre con la vostra testa; vedrete, ne guadagnerà anche il vostro cuore…
D’altronde, ho sempre pensato che chi parla abitualmente male degli altri con noi, prima o poi, parlerà male di noi con gli altri!!!
Già… è solo questione di tempo…