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Trump vs Musk: una rottura che nessuno aveva previsto, ma tutti auspicavano!

Trump non ha mai nascosto di saper fiutare i rapporti d’interesse meglio di chiunque altro e ora sembra aver deciso di voltare pagina, o quantomeno di rinegoziare gli accordi. 

La sua recente mossa di voler revisionare i contratti governativi con Elon Musk segna un passaggio significativo, una sorta di distacco ufficiale da quel sodalizio che fino a poco tempo fa appariva solido come un patto di sangue. 

Eppure, era chiaro a tutti che si trattava di un accordo strategico più che di una sincera alleanza. 

Già… quando ti serve qualcuno per vincere, lo abbracci forte, mentre quando non ti serve più, lo guardi con distacco, quasi con fastidio. 

Ed è proprio questo il punto: certi legami nascono già con la data di scadenza incorporata!

Quando faceva comodo mostrare unità, visione comune, spirito innovativo, Musk e Trump hanno camminato insieme, a braccetto, davanti alle telecamere del mondo intero, ora però il vento è cambiato e Trump non esita a definire Musk “pazzo”, “drogato”, “instabile”.

Parole pesanti, certo, ma anche molto funzionali, pronunciate probabilmente per allontanare l’immagine del magnate da quella del presidente, soprattutto in vista di nuove alleanze e di un panorama politico sempre più instabile. I collaboratori parlano sottovoce, il New York Times riporta, i social commentano. Ma forse, sotto quelle accuse, c’è semplicemente la fine di un affare che non rende più come prima.

Musk non ci sta e reagisce. Lo fa sostenendo apertamente l’impeachment di Trump, un gesto non casuale, anzi molto eloquente. Poi promuove un post su X in cui si indica J.D. Vance come possibile successore, quasi a dire che il vecchio alleato ormai non rappresenta più la direzione giusta. 

Non contento, lancia un sondaggio: bisogna fondare un nuovo partito? Serve una voce diversa? Cinque milioni di persone votano e l’80% risponde sì. Musk commenta con una frase che sa di profezia autoavverante: “Il popolo ha parlato, è destino”. Peccato però che lo stesso popolo, non tanto tempo fa, avesse parlato anche per Trump, eleggendolo e sostenendolo con forza. Allora chi ha ragione? Nessuno, forse. Perché quando i sentimenti si mascherano da ideali, diventa difficile distinguere il vero dal conveniente.

C’è chi cerca di ridimensionare il tutto, come Sergei Markov, che sostiene che Musk non abbia alcun peso politico reale e che Trump non sia realmente arrabbiato, quanto piuttosto infastidito da un atteggiamento che considera capriccioso, quasi infantile. Secondo questa lettura, non ci sarebbe nulla di drammatico, solo un battibecco tra adulti che giocano a fare i grandi. 

Il motivo del contendere? Soldi, naturalmente. Tesla chiedeva un’eccezione, un vantaggio speciale, e Trump ha detto no. Fine della storia, se non fosse che dietro a quel no si intravede ben altro. Non c’entra neanche la Russia, almeno non direttamente, perché qui si muove una partita minore, fatta più di ego e dividendi che di geopolitica.

Ora non resta che aspettare e vedere cosa succederà. Perché quando si rompe un rapporto come questo, non è mai solo questione di carattere o di incomprensione momentanea. È che gli obiettivi non coincidono più, i vantaggi si sono esauriti e non c’è più motivo di fingere. Senza un fine comune, non può esserci alleanza. 

E quando l’illusione cade, rimane solo la guerra. Non quella armata, forse, ma quella delle parole, delle scelte, dei colpi bassi sparati attraverso tweet, dichiarazioni, alleanze improvvisamente ribaltate. Un amore che finisce, insomma, ma non per dolore, ma solo perché non serve più.

Tensioni Iran-USA (Israele) e il rischio nucleare.

Cosa sta succedendo davvero in Iran? E perché il Medio Oriente sembra sempre sull’orlo di una crisi globale? 

Negli ultimi giorni la Guida Suprema iraniana Ali Khamenei ha messo l’esercito in massima allerta dopo le minacce lanciate da Trump. 

Teheran avverte che un attacco avrà conseguenze gravissime, ma allo stesso tempo apre a mediazioni come quella proposta dall’Oman per evitare lo scontro diretto.

Tuttavia le accuse reciproche tra Iran Arabia Saudita e Stati Uniti continuano ad alimentare tensioni nella regione.

Il vertice d’emergenza alla Mecca convocato da Re Salman ha visto l’Arabia Saudita accusare l’Iran di destabilizzare il Golfo dagli attacchi alle petroliere alle ingerenze nello Yemen. L’Iran ribatte che si tratta di accuse infondate, parte di una campagna orchestrata dagli Stati Uniti e da Israele per isolare Teheran.

Intanto l’ONU conferma che l’Iran rispetta i limiti nucleari imposti dall’accordo del 2015 ma le scorte di uranio crescono e il dubbio sulla bomba atomica iraniana torna a pesare sulle menti di tutti.

La Francia con Macron in prima linea prova a salvare l’accordo nucleare del 2015 e a frenare l’escalation ma Trump ha già chiarito che nessuno deve parlare per gli Stati Uniti. Parigi si ritrova in una posizione difficile alleata agli americani ma critica sulle sanzioni che colpiscono l’Iran.

L’Iran dal canto suo dichiara che non parlerà finché le sanzioni non saranno revocate. La situazione è un groviglio di interessi contrapposti dove ogni mossa sembra portare verso un punto di non ritorno.

Se l’Iran dovesse entrare in possesso di un’arma nucleare cambierebbe radicalmente gli equilibri di potere nella regione. Israele e Arabia Saudita non accetterebbero mai una simile prospettiva perché significherebbe perdere il monopolio della forza nel Golfo. 

Gli Stati Uniti con le loro basi in Qatar e le portaerei nello Stretto di Hormuz vogliono impedire a Teheran di controllare il flusso di petrolio globale mentre l’Europa teme una nuova guerra ma è divisa e impotente senza l’appoggio degli USA. In questo scenario il nucleare non è solo una questione tecnologica ma un simbolo di supremazia geopolitica.

Le politiche espansionistiche e di controllo degli Stati Uniti e di Israele hanno modellato il Medio Oriente negli ultimi decenni. Gli interessi economici legati al petrolio le alleanze strategiche e la volontà di contenere l’influenza iraniana hanno spesso portato a interventi militari o a pressioni diplomatiche. 

Ma fino a che punto queste politiche hanno contribuito alla stabilità della regione? Oppure hanno semplicemente alimentato un ciclo infinito di violenza e tensioni?

Trump gioca la carta della “massima pressione” ma l’Iran non cede… 

Riuscirà l’Europa a trovare una via d’uscita o il Golfo è destinato a esplodere trascinando il mondo in un conflitto con conseguenze imprevedibili? È davvero possibile una soluzione diplomatica o siamo condannati a un nuovo ciclo di violenza? 

Forse la risposta sta nel comprendere che la pace non può essere imposta dall’esterno ma deve nascere da un dialogo sincero tra le parti coinvolte. Tuttavia finché gli interessi nazionali continueranno a prevalere sul bene comune sarà difficile immaginare un futuro diverso per questa regione così tormentata.

La "silenziosa" tempesta finanziaria: Trump, i mercati e lo spettro del 1929!

Già… ho come l’impressione che le mosse di Donald Trump – apparentemente aggressive e senza freni – nascondano in realtà una corsa contro il tempo. 

Sì… un percorso per evitare ciò che nessuno vuole annunciare: l’arrivo di una crisi economica di proporzioni storiche, forse paragonabile solo al crollo del 1929.

Questo mio semplice ragionamento nasce da un dato: in queste settimane, gli investitori stanno svendendo i titoli del Tesoro americano a un ritmo preoccupante.

Non si tratta di una semplice fluttuazione di mercato, ma di un alquanto segnale chiaro, anzi… troppo evidente!!!

Sì… da quando i “Treasury bonds” – da sempre considerati dagli investitori “porto sicuro” – hanno iniziato a perdere appeal; ciò significa che la fiducia nel sistema vacilla e se vacilla lì… dove il sistema dovrebbe essere più solido, allora il problema è più profondo di quanto vogliano farci credere!

Il motivo di questa fuga? Le politiche di Trump, certo…

I dazi imposti a raffica, le tensioni commerciali, l’incertezza che si è diffusa come un veleno nei mercati globali, ma c’è sicuramente dell’altro!

Mi riferisco al debito pubblico statunitense, quel mostro da 36 trilioni di dollari che incombe come un’ombra sull’economia americana; la mia sensazione, ma credo che sia anche quella più diffusa ora tra gli investitori, che proprio gli Stati Uniti potrebbero non essere più in grado di onorare i propri impegni nel lungo periodo.

E così, mentre le borse crollano, anziché rifugiarsi nei “Treasury“, epr come d’altronde hanno sempre fatto in passato, ecco che viceversa, i grandi capitali mondiali, scappano da tutto: azioni, obbligazioni, epersino i titoli di Stato! Un movimento finanziario certamente innaturale, che rompe ogni schema finora conosciuto, ed allora mi sono chiesto: quando i mercati si comportano in modo irrazionale, non è perché forse sta succedendo qualcosa di grosso? Sì… qualcosa che i media non stanno raccontando?

Trump lo ha capito bene… ed è per questo che ha annunciato – solo dopo ore aver firmato dinnanzi ai fotografi con quel suo pennarello nero – una tregua di 90 giorni sui dazi più pesanti. Non lo ha fatto per generosità, ma per mera necessità! Perché se i rendimenti dei Treasury continuano a salire, il costo del debito diventerà insostenibile e le banche, le imprese, ed anche – ahimè – i cittadini comuni, si troveranno strozzati da tassi più alti, ed allora sì che il default non sarà più un’ipotesi remota, ma uno scenario concreto!

Ma la cosa più inquietante è secondo il sottoscritto: IL SILENZIO!

Il silenzio in Europa e ancor più… nel nostro Paese, basti osservare i media, Tg nazionali, quotidiani, social nessuno parla di questa emorragia di fiducia, sì… nessuno spiega perché gli investitori stiano abbandonando persino i beni rifugio.

Ed allora mi sono chiesto: non è che forse perché, se la gente iniziasse a capire, inizierebbe anche a muoversi. A ritirare i soldi dalle banche. A disfarsi delle obbligazioni. A cercare vie di fuga che, in un sistema finanziario già fragile, potrebbero innescare il panico.

E allora viene da chiedersi se siamo davvero sull’orlo di un nuovo 1929? La storia non si ripete mai allo stesso modo, ma spesso fa rima con se stessa. E oggi, come allora, i segnali ci sono. Sono lì, nelle curve dei rendimenti, nei bilanci delle banche, nel nervosismo dei mercati, sta quindi a noi vedere, ascoltare e capire.
Sì… prima che sia troppo tardi.

Lettera aperta al Presidente Trump: mi consenta di consigliarLe un piano concreto per la stabilità in Ucraina.

Presidente Trump, dando seguito a quanto anticipato nel post di ieri, mi consenta di provare a delineare una possibile soluzione che, grazie a Lei e quindi agli Stati Uniti, possa risultare accettabile sia per l’Ucraina che per la Russia, cercando di bilanciare gli interessi di entrambe le parti.

Innanzitutto, ritengo sia necessario trovare una soluzione equilibrata. Bisogna quindi coinvolgere altri attori affidabili, come ad esempio l’ONU, che ridurrebbe certamente la percezione che gli Stati Uniti stiano imponendo una soluzione unilaterale.

Inoltre, è fondamentale riunire tutti gli alleati della NATO, i quali potrebbero offrire garanzie di sicurezza formali all’Ucraina. Queste garanzie potrebbero includere impegni concreti, come il mantenimento di aiuti militari difensivi e il supporto economico a lungo termine, in cambio di un cessate il fuoco e di negoziati per una soluzione politica.

Certo, va trovata una soluzione per le regioni conquistate dalla Russia in questi anni: mi riferisco a territori come Crimea, Donetsk, Luhansk, Zaporizhzhia e Kherson.

Per questi territori si potrebbe prevedere un’autonomia regionale all’interno di un’Ucraina unita. Questo modello, già proposto in passato, potrebbe soddisfare parzialmente le richieste delle popolazioni locali filorusse senza compromettere l’integrità territoriale dell’Ucraina.

In cambio di un ritiro delle truppe russe dalle regioni occupate e di un impegno a rispettare l’integrità territoriale dell’Ucraina, gli Stati Uniti e l’UE potrebbero valutare una graduale riduzione delle sanzioni economiche imposte alla Russia. Quanto sopra potrebbe incentivare Mosca a collaborare.

Inoltre, gli Stati Uniti, insieme all’UE e ad altri partner internazionali, potrebbero promuovere un piano di ricostruzione per l’Ucraina, finanziando la ripresa economica delle regioni colpite dal conflitto. Questo ridurrebbe la dipendenza di Kiev dagli aiuti americani e rafforzerebbe la sua stabilità interna.

Ma soprattutto – e ritengo che questo sia il punto nevralgico per convincere la Russia ad accettare la pace – gli Stati Uniti e la NATO potrebbero formalmente rinunciare all’idea di un’adesione dell’Ucraina all’Alleanza Atlantica nel breve-medio termine. Certo, questo potrebbe essere un compromesso difficile da accettare per Kiev – già… dopo che qualcuno aveva spinto quest’ultima a prendere quella decisione che ha dato il via al conflitto – ma un passo indietro potrebbe contribuire a ridurre le tensioni con Mosca.

Tale accordo porterebbe l’Ucraina a ottenere garanzie di sicurezza, mantenendo la propria integrità territoriale (con alcune concessioni locali) e avviando un processo di ricostruzione economica.

La Russia, dal canto suo, otterrebbe un parziale riconoscimento delle proprie preoccupazioni strategiche (nello specifico, l’ingresso dell’Ucraina nella NATO) e, soprattutto, la possibilità di una riduzione o annullamento delle sanzioni.

Infine, gli Stati Uniti: chiudere un conflitto sarebbe una grande vittoria per il Suo Presidente, soprattutto in termini di risorse e reputazione, riducendo altresì il rischio di un’escalation con la Russia e non solo…

D’altronde, va ricordato che in questo momento, da entrambe le parti in conflitto, manca la fiducia reciproca. Qualsiasi accordo richiederebbe un forte impegno diplomatico per garantirne il rispetto e, al tempo stesso, sia in Ucraina che in Russia, ogni compromesso potrebbe essere percepito dai rispettivi nazionalisti come una sconfitta, rendendone difficile l’accettazione popolare.

Ecco perché presidente, dovrebbe provare a bilanciare la Sua retorica di “pace immediata” con la necessità di non apparire come un alleato inaffidabile per Kiev, ma viceversa come colui che cerca di fare la cosa giusta. Senza ricercare, in questa mediazione, favoritismi o vantaggi esclusivi per gli Stati Uniti a scapito di tutti gli altri, come invece sembra stia accadendo in questi giorni con l’introduzione dei dazi.

Presidente Trump, la ringrazio anticipatamente se avrà modo di leggere questo mio post e auspico che, da una lettura serena, si possano cogliere le opportune riflessioni nelle mie parole, riconoscendo la strada più saggia, che rappresenta il Suo stesso desiderio: giungere in tempi celeri alla parola “pace”.

Con stima e rispetto, Nicola Costanzo.

La doppia faccia di Trump: pace o sottomissione?

Il presidente ucraino ha espresso forte disappunto per le recenti politiche di Donald Trump, che sembrano forzare Kiev a sottomettersi alla volontà americana. 
Trump, nel tentativo di accelerare la fine del conflitto, minaccia di tagliare gli aiuti finanziari e militari all’Ucraina se non accetterà le sue condizioni. 
Una mossa che, più che favorire la pace, rischia di avvantaggiare la Russia, già protagonista di un’aggressione che ha portato all’occupazione di vasti territori, dal Donbass alla Crimea.

Trump sembra dimenticare chi sia il vero aggressore in questa guerra: la Russia, che ha invaso l’Ucraina, non il contrario. La sua pressione su Kiev, invece di rafforzare la resistenza ucraina, rischia di indebolirla, costringendo il paese a scelte dettate dalla necessità di sopravvivere economicamente e militarmente, piuttosto che dalla volontà di difendere la propria sovranità.

In sostanza, la strategia di Trump, seppur motivata dall’intento di porre fine al conflitto, rischia di tradursi in un’implicita concessione alla Russia, consolidando il controllo di Mosca sui territori occupati e minando gli sforzi dell’Ucraina per riaffermare la propria indipendenza. Una pace imposta, insomma, che potrebbe rivelarsi più un’umiliazione che una soluzione.

Ma c’è di più: questa forzatura rischia di creare un pericoloso precedente!

Se l’Ucraina cede alle pressioni di Trump, il messaggio inviato alla comunità internazionale è chiaro: un paese aggredito può essere lasciato solo, costretto a negoziare con il proprio aggressore sotto la minaccia di perdere il sostegno dei propri alleati. 

Questo non solo mina la credibilità degli Stati Uniti come garante della sicurezza globale, ma rischia anche di incoraggiare ulteriori azioni aggressive da parte della Russia o di altri attori internazionali.

Inoltre, Trump sembra ignorare le conseguenze a lungo termine di questa strategia… 

Una Ucraina indebolita e costretta a compromessi non sarà in grado di ricostruire il proprio futuro in modo autonomo, rischiando di diventare uno stato fantoccio diviso tra le influenze di Mosca e Washington. E mentre Trump cerca una “vittoria politica” immediata, il prezzo più alto lo pagherà il popolo ucraino, già provato da anni di guerra e occupazione.

E allora, osservando attraverso i media internazionali quanto accaduto nello Studio Ovale e prendendo atto dei limiti evidenti di quei rappresentanti – mi riferisco ai due uomini più influenti della governance americana, che hanno dimostrato scarsa competenza in relazioni internazionali – spero che qualcuno, dall’altra parte dell’oceano, possa suggerire al Presidente Trump una soluzione concreta per porre fine rapidamente a questo conflitto.

Per questo, nel prossimo post, mi permetterò di indicare quale strada percorrere per arrivare a una soluzione definitiva e, soprattutto, equilibrata.

Non un’imposizione, né compromessi umilianti, ma un punto di partenza per ridurre le tensioni e avviare finalmente un processo di pace duraturo.

Tra promesse e realtà: il futuro dell’Ucraina nelle mani di Trump e Putin.

“Trump potrebbe contribuire a porre fine al conflitto in Ucraina, ma una soluzione definitiva non si realizzerà prima del 2026?”.

A novembre dello scorso anno avevo scritto questo post in cui sostenevo che un nuovo Presidente degli Stati Uniti, come poteva essere il candidato Donald Trump, avrebbe potuto stravolgere gli obiettivi militari fin quì predisposti e sospendere tutte le operazioni militari in corso, abbandonando di coseguenza lo “scopo” iniziale per cui si era dato il via alla guerra, tradendo così tutte le promesse fatte al Presidente ucraino, Volodymyr Zelensky. 

Ora, alla luce degli ultimi sviluppi, questa prospettiva sembra più che mai attuale…

Infatti, il rischio di un “dietrofront” americano è ormai un fatto certo, ma non solo, abbandonare il popolo ucraino in guerra e rinunciare al sostegno internazionale precedentemente offerto, potrebbe anche compromettere tutta la politica finora espressa dal Presidente Zelensky. 

Un tale passo infatti isolerebbe ulteriormente l’Ucraina e portare anche al potere un nuovo leader, forse più incline a compromessi con la Russia pur di ottenere rapidamente la pace. Quest’ultimo infatti potrebbe accettare le concessioni territoriali richieste da Vladimir Putin, abbandonando definitivamente le aspirazioni di una modernizzazione dell’alleanza e della sicurezza europea.

Analizziamo quindi quel è la posizione di Zelensky e il nuovo ruolo del presidente Trump.

Nessuno desidera la pace più dell’Ucraina. Come ha dichiarato Zelensky sui social dopo una recente telefonata con Donald Trump, “Insieme agli Stati Uniti, stiamo tracciando i nostri prossimi passi per fermare l’aggressione russa e garantire una pace duratura e affidabile”. Come ha detto il presidente Trump, “facciamolo“. Zelensky è pronto a colloqui in qualsiasi formato, purché ci siano garanzie che l’America e l’Europa non abbandoneranno l’Ucraina”. Tuttavia, ha sottolineato che un conflitto congelato non risolverebbe il problema, ma porterebbe a ulteriori aggressioni russe in futuro.

Il piano di Trump e le reazioni internazionali

Donald Trump ha annunciato l’avvio di negoziati con Vladimir Putin per porre fine alla guerra, definendo la telefonata con il leader russo “lunga e produttiva“. I due hanno concordato di far iniziare immediatamente le trattative, con l’obiettivo di raggiungere una soluzione duratura. Tuttavia, il Cremlino ha smentito di aver ricevuto proposte concrete per avviare i negoziati, sottolineando che qualsiasi accordo deve tenere conto degli interessi legittimi della Russia, inclusa la questione dell’espansione della NATO e dei diritti dei russofoni in Ucraina 4810.

Ma a quali condizioni e quale sarà il futuro dell’Ucraina???

La Russia insiste sul fatto che una soluzione definitiva richiederebbe il riconoscimento delle “nuove realtà” sul campo, come il controllo russo su Crimea, Donbass e altre regioni occupate. Mosca ha anche proposto di basare i futuri negoziati su un documento del 2022 che prevede lo status di paese non allineato e non nucleare per l’Ucraina, insieme alla sua smilitarizzazione. Tuttavia, Zelensky ha ribadito che l’Ucraina non rinuncerà alle sue aspirazioni di adesione alla NATO, anche se ciò significasse raddoppiare gli sforzi per costruire un esercito forte e autonomo..

In conclusione, mentre Trump sembra determinato a porre fine al conflitto, le sue proposte potrebbero portare a un congelamento della guerra piuttosto che a una soluzione definitiva. 

Questo nuovo scenario rischierebbe di lasciare l’Ucraina in una posizione di vulnerabilità, con il rischio di future aggressioni russe. La pace, quindi, non sarà facile da raggiungere e potrebbe richiedere anni di negoziati e compromessi. 

Come ha detto Zelensky, “Chi passerà alla storia come vincitore? Nessuno. Sarà una sconfitta assoluta per tutti”!!!.

Trump e il suo piano per la "Striscia di Gaza": Controllo, acquisto e nessun ritorno, sia per i Palestinesi che per gli ostaggi Israeliani?

Donald Trump vuole acquistare e controllare Gaza?

Il Presidente è tornato al centro dell’attenzione con dichiarazioni che lasciano poco spazio all’interpretazione: nel suo piano per Gaza non è previsto alcun diritto al ritorno per i palestinesi nelle loro abitazioni, ormai rase al suolo…

Ed allora il giornalista di Fox New, Bret Baier, durante un’intervista ha voluto chiedere al presidente: nel suo piano per Gaza, si ha come l’impressione che per i palestinesi non vi sia alcun diritto di ritornare nelle proprie abitazioni, peraltro totalmente distrutte, è corretto?

Non ne avrebbero… ma solo perché, grazie a me, avranno alloggi molto migliori”!!!

“Presidente – ha incalzato il giornalista – può spiegare meglio il concetto? Trump: semplice, costruire un posto permanente per loro, prospettando un piano che preveda una nuova sistemazione per i palestinesi, senza concedere però loro il ritorno nei territori originari”.

Questa visione si inserisce in un progetto più ampio che, secondo le sue dichiarazioni, mira all’acquisto e al controllo di Gaza, ponendo le basi per una gestione alternativa della Striscia, con la possibilità di cedere alcune aree ad altri Paesi del Medio Oriente per favorire la ricostruzione e il reinsediamento dei palestinesi.

Come prevedibile, le reazioni non si sono fatte attendere…

L’alto dirigente di Hamas, Khalil al-Hayya ha dichiarato che i progetti degli Stati Uniti e soprattutto del presidente americano Donald Trump, riguardo la Striscia di Gaza, sono “spacciati”: “Li faremo crollare come abbiamo fatto crollare i progetti prima di loro”, ha affermato durante una commemorazione del 46° anniversario della rivoluzione iraniana a Teheran.

Nel frattempo Hamas sospende il rilascio degli ostagg e le famiglie degli ostaggi israeliani prigionieri stamani stanno bloccando l’autostrada che da Tel Aviv porta a Gerusalemme per chiedere al primo ministro, Benjamin Netanyahu, di non mettere a repentaglio l’accordo per la loro liberazione: “Abbandonare gli ostaggi è un crimine di guerra”; le famiglie inoltre degli ostaggi hanno domandato al primo ministro Israeliano, di spedire a Doha una squadra di negoziatori che “abbia il pieno mandato di trattare la seconda fase, che portera’ alla liberazione di tutti gli ostaggi in un’unica soluzione“. 

Certo, le parole di Trump stanno suscitando forte scalpore ed acceso il dibattito sulla questione palestinese, lasciando aperte molte domande: si tratta di una reale strategia politica o di una semplice provocazione? E quali potrebbero essere le conseguenze di un piano simile per la regione mediorientale?

La situazione resta quindi incerta, ma una cosa è chiara: Gaza continua a essere terreno di scontro non solo sul campo, ma anche nei giochi di potere della politica internazionale, dove interessi strategici e visioni contrastanti si intrecciano senza condurre ahimè ad una soluzione definitiva!

Il piano di Trump per Gaza: un paradiso turistico… senza palestinesi?

Donald Trump ha presentato un’idea sconcertante per il futuro della Striscia di Gaza: trasformare la sua costa, un tempo incontaminata ma oggi ridotta in macerie, nella nuova capitale del turismo del Medio Oriente.

Il presidente immagina resort di lusso, casinò, ristoranti e hotel a cinque stelle che dovrebbero sorgere al posto di ciò che resta della citt .

Durante una conferenza stampa alla Casa Bianca, affiancato dal primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, Trump ha illustrato la sua proposta: gli Stati Uniti prenderebbero il controllo della Striscia di Gaza e trasferirebbero i circa due milioni di palestinesi in nuove abitazioni fuori dal territorio.

Il piano prevede la bonifica dell’area da detriti e ordigni inesplosi, per poi avviare uno sviluppo economico che trasformi Gaza in un centro turistico, proprio come nell’immagine realizzata dallo stesso Trump: “Costruire alloggi di qualità davvero buona, creare una città vivibile, un posto dove poter vivere e non morire, perché a Gaza la morte è una certezza”.

Ma c’è un dettaglio che sembra essergli sfuggito; nel suo piano, Gaza sembra destinata a diventare un paradiso per il turismo, ma la circostanza assurda è che Trump abbia dimenticato un dettaglio fondamentale e cioè: dove dovrebbero andare i palestinesi?

Già… quale sarebbe la loro destinazione finale?

D’altronde, quel bellissimo progetto si limita a immaginare un nuovo volto per Gaza, ma ignora completamente il destino della sua popolazione, che, viste le condizioni di estrema povertà in cui si trova, quelle ipotetiche strutture turistiche potranno solo ammirarle da lontano, Quasi fossero un miraggio!!!

Ed è qui che sorge spontanea una domanda: chi decide dove e come dovrebbero vivere i palestinesi? Gli Stati Uniti? Israele? L’Unione Europea? Il mondo arabo? Chi…? Già, perché è questa la vera questione da porsi, eppure sembra che tutti preferiscano evitarla, forse per paura di restare invischiati in una questione tanto scomoda???

Bisogna trovare urgentemente una soluzione per la popolazione di Gaza!

Sono trascorsi 450 giorni dall’inizio dell’aggressione a Gaza, e la sofferenza degli sfollati cresce drammaticamente. Pioggia e freddo estremo aggravano una situazione già insostenibile. Migliaia di persone vivono in rifugi improvvisati, incapaci di proteggersi dagli elementi, mentre il mondo sembra incapace di rispondere con l’urgenza necessaria.

In Cisgiordania, la situazione non è meno preoccupante. La Moschea di Al-Aqsa è stata oggetto di incursioni di massa da parte di centinaia di coloni, accompagnate da continui raid delle forze di occupazione in diverse aree. Questi atti non solo aumentano la tensione, ma alimentano un ciclo di violenza che sembra non avere fine.

Nel frattempo, l’Agenzia delle Nazioni Unite per il soccorso e l’occupazione dei rifugiati palestinesi (UNRWA) ha dichiarato che più di 100 tende a Khan Yunis sono state allagate dalle piogge, lasciando oltre 500 famiglie sulla costa di Gaza in condizioni disperate. L’assenza di infrastrutture adeguate e di un sostegno internazionale concreto rende ogni giorno più difficile la sopravvivenza di queste persone.

Le cifre diffuse dall’Organizzazione Mondiale della Sanità sono devastanti: oltre 45.000 persone sono state uccise, e tra queste, il 50% erano donne e bambini. Questo massacro è di per sè un motivo sufficiente per fermare immediatamente il conflitto. La distruzione su vasta scala della Striscia di Gaza non ha precedenti e richiede una risposta decisa da parte della comunità internazionale.

Tuttavia, la pace non può essere raggiunta unilateralmente. Anche il gruppo di Hamas deve assumersi le proprie responsabilità, liberando gli ostaggi israeliani. Solo un gesto di questo tipo potrebbe spingere l’opinione pubblica mondiale a fare pressione per una cessazione definitiva delle ostilità. Senza tale atto, il governo israeliano continuerà con il suo progetto (se pur non apertamente dichiarato) di espulsione sistematica degli arabi dalla Striscia di Gaza e dalla Cisgiordania.

È evidente come le azioni dell’esercito israeliano, tra cui la distruzione sistematica degli ospedali di Gaza, siano mirate a costringere i residenti a lasciare definitivamente la regione e trasferirsi in Egitto. Questa strategia è stata confermata dal quotidiano Haaretz, che ha riportato come la chiusura degli ospedali faccia parte di un piano per svuotare l’area settentrionale della Striscia di Gaza dai civili.

Nel frattempo, anche in Cisgiordania si verificano incursioni contro luoghi sacri, tra cui moschee, da parte di coloni protetti dalle forze di occupazione. Questi atti non fanno che aumentare il malcontento e la tensione all’interno della popolazione locale.

I colloqui di pace tra Hamas e Israele sono fermi. Le speranze di una ripresa delle negoziazioni sembrano legate all’insediamento del nuovo presidente degli Stati Uniti, Donald Trump. Tuttavia, l’incertezza rimane alta. 

Mentre i residenti nella Striscia di Gaza continuano a sperare che il 2025 porti la fine delle sofferenze e un nuovo inizio, il realismo impone un approccio più cauto. L’attuale programma del governo israeliano lascia poco spazio all’ottimismo.

Una soluzione duratura può essere raggiunta solo attraverso la creazione di uno Stato Palestinese indipendente, che garantisca diritti e sicurezza per entrambe le parti. Senza questo passo cruciale, ogni discussione sulla pace rimane solo una vuota retorica. 

L’umanità ha il dovere di agire, prima che sia troppo tardi!!!

Gli USA sotto attacco cibernetico…


Sono tre giorni che New York subisce un’improvvisa interruzione di corrente, lasciando interi settori della città senza luce…
Sono più di 70.000 gli utenti lasciati al buio a cui vanno sommate moltissime attività commerciali e imprese…
In tanti sono scesi per strada per comprendere cosa fosse accaduto, peraltro in molti ricordavano un’analoga circostanza accaduta 42 anni prima, quando per l’appunto un blackout lasciò nel 1977 la città al buio per quasi 25 ore, causando una perdita economica di ben 30 milioni di dollari…
Ovviamente nessuno ne vuole parlare, in particolare le istituzioni che non sanno spiegarsi il motivo di questa interruzione, intanto l’area di Manhattan a New York è stata oscurata ed ha interessato 30 isolati tra cui alcuni noti, come quelli di Times Square e Broadway.
Edison Associates, che è la società che fornisce servizi di elettricità a New York, ha affermato che qualcosa ha bloccato il trasporto di energia, il portavoce comunque alle domande è rimasto sul vago…

D’altronde immaginatevi una metropoli con decine di milioni di abitanti che all’improvviso vedono mancarsi la luce: grattacieli senza ascensori con persone intrappolate, palazzi completamente al buio, semafori spenti, ingorghi che provocano incidenti stradali, le linee della metropolitana fuori servizio, automobilisti intrappolati nelle proprie auto, i vigili del fuoco che non hanno potuto soccorrere quanti avevano chiamato in cerca del loro aiuto…

In molti hanno iniziato a scattare foto e video su quanto stava accadendo, anche se la maggior parte non è riuscito ad ad inviarle in diretta; successivamente appena sono state pubblicate nei social, incuriosiva osservare come la maggior parte degli schermi elettronici di Times Square fossero completamente neri.
Quanti sono riusciti a uscire dalla metropolitana vicino a Central Park, l’hanno fatto usando le torce dei cellulari, ma per trovare l’uscita c’è voluta quasi un’ora…
Sono stati annullati tutti i concerti ed alcuni come quello al  Madison Square Garden Stadium è stato sospeso, con tutti gli spettatori al suo interno!!!

Oltre a quanto sopra, vanno considerate tutte le persone che in preda al panico (credendo che si trattasse di un attentato), hanno provato a scappare dalle proprie abitazioni, ma purtroppo molti di loro, correndo nel buio, hanno riportato degli infortuni, tanto da esser stati successivamente trasportati presso gli ospedali… 
Inoltre, durante questo blackout, molti “sciacalli” hanno approfittato per poter eseguire furti e rapine e sono difatti migliaia le denunce presentate dai cittadini presso le forze di polizia… tanto che è stato predisposto un ulteriore numero di poliziotti e di guardie nazionali per mantenere l’ordine pubblico…

Ovviamente nessuno pronuncia quella spregevole parola chiamata “terrorismo” e sono in molti, infatti,  ad aver dichiarato che l’interruzione di corrente è stata dovuta a problemi tecnici: si parla di un trasformatore in fiamme che ha causato il blackout!!!
La verità è che gli Usa sono probabilmente sotto attacco “cibernetico” da parte di quegli Stati che vogliono condizionare l’opinione pubblica, facendo in modo che quel loro Presidente (Trump) venga al più presto dimesso…
Tra quei paesi c’è sicuramente la Cina, l’Iran, la Corea del Nord, la Russia e molti paesi musulmani, a cui vanno sommati quelli dell’america latina…
Gli hacker hanno iniziato a fare le prove puntando prima i social, tra tutti Facebook (con quel lancio della criptovaluta “libra”…), poi Whatsapp, quindi alcuni fa… Twitter ed ora, con il blocco provvisorio delle centrali elettriche!!!
La guerra è iniziata e vedrete come a breve, la risposta a quell’attacco non mancherà di arrivare!!!
Per scoprirlo… semplice, come dicono solitamente le spie nei film… “basterà seguire la luce”, ma forse in questo caso è più giusto dire il “buio”, sì… il prossimo blackout di una grande città metropolitana!!!
Sono certo che a breve avremo conferma su quanto è realmente accaduto…

L’Iran abbatte un "drone" Usa e raccoglie il relitto dalle sue acque territoriali…

Il notiziario iraniano di Press TV ha comunicato che le “guardie rivoluzionarie islamiche” del corpo iraniano, hanno abbattuto un velivolo senza pilota della serie “Global Hawk” che aveva senza autorizzazione, volato al di sopra del paese persiano!!!
Sebbene l’Iran non abbia alcuna intenzione di combattere contro nessuno, lo stesso, ha dichiarato di essersi preparato ad una eventuale “guerra”.
Naturalmente la risposta del portavoce del comando Usa, non si è fatta attendere, replicando che nessun aereo americano ha sorvolato in quel giorno lo spazio aereo iraniano…
Tuttavia, sembra che un anonimo funzionario americano abbia confermato che un drone sia stato realmente abbattuto da missili anti-aerei iraniani nello spazio aereo internazionale dello stretto di Hormuz.
Certo ora questa repubblica islamica affacciata sul Golfo Persico, si trova in possesso di uno dei droni più avanzati al mondo, un modello questo “RQ-4 Global Hawk” che – a secondo di quanto ancora integro possa essere – potrà essere studiato e clonato, utilizzando la ben nota “ingegneria inversa“, per riprodurne ove possibile, un analogo prodotto… con tutto ciò che ne potrà conseguire!!!
Per meglio comprendere di cosa si stia parlando, il drone “RQ-4 Global Hawk” rappresenta un velivolo senza pilota ed è l’aereo da ricognizione più avanzato…
Si presenta con una forma da balenottero… con un’apertura alare di 35,4 metri, maggiori di quelle di un Boeing 747, ed è considerato come una delle più alte conquiste della tecnologia umana!!!
Non parliamo del prezzo… è scandaloso in quanto con le attrezzature a bordo costa quasi 200 milioni di dollari e può volare costantemente a 650 km/h per oltre 36 ore!!!
L’incidente se così si può chiamare, rappresenta un segnale pericoloso perché aggrava un conflitto tra le parti già profondamente segnato e dove i suoi due principali interpreti, Trump e Rohani, evidenziano come non vi sia alcuna possibilità di riconciliazione tra le parti.
Gli Usa, dopo le sanzioni internazionali decretate contro l’Iran (incluso l’embargo petrolifero europeo scattato il 1° luglio 2012 che hanno fatto crollare le esportazioni petrolifere del Paese, facendo sprofondare l’economia in una recessione), a annunciato ulteriori sanzioni nei confronti di quegli Stati che intrattengono relazioni economiche e commerciali con l’Iran, tra cui vi è anche il nostro paese…
Per cui… o queste nazioni cesseranno i loro rapporti commerciali con l’Iran oppure incorreranno nella scure di Trump, perdendo di fatto ogni sostegno economico e commerciale, proveniente attraverso il mercato statunitense…
La guerra quindi –se pur non militare– è iniziata ed avrà a breve gravi conseguenze, sia economiche che finanziarie, in particolare a causa del riacutizzarsi di una crisi mondiale che sta coinvolgendo ogni giorno che passa, sempre più paesi, vedasi Cina, Russia, Corea del Nord, Venezuela, Messico ed anche l’Europa…
Ho la sensazione che dobbiamo iniziare a prepararci ad un quinquennio di nuovi sacrifici, come se quelli passati in questi anni, non ci fossero bastati!!!
Già…

Facebook sotto attacco degli hacker??? Forse… ma la verità è da ricercare altrove!!!

Se provate a fare una nuova iscrizione sulla pagina di facebook, il sistema vi risponderà in automatico che non è possibile proseguire…
Per un momento avevo creduto ieri che fosse qualcosa di provvisorio, ma poi ho scoperto su alcune pagine “********”, che il social più famoso al mondo, era stata posto sotto attacco da un gruppo di hacker, chissà forse cinesi o per essere più precisi, professionisti del web legati alla società Huawei??? 
Sembra che i paesi più colpiti siano Francia e Gran Bretagna, mentre il nostro paese è stata attaccato sì… ma a macchia di leopardo. 
Certo quanto sopra sta causando forti disagi tra i suoi utenti… e sono in molti a pensare che quanto sta accadendo potrebbe essere di natura terroristica, ma certamente non verranno a dirlo a noi… 
Comunque da questa mattina anche talune zone del sud-est asiatico e degli Stati Uniti si sono trovati a non poter operare sul social… tutto era bloccato, in particolare le pagine di News, chissà perché qualcuno sta provando a colpire quelle notizie “fake” tanto di voga in questo periodo???
Sì… una strana questa coincidenza se si pensa che anche il presidente Trump stamani ne ha parlato al convegno organizzato in California…
Per cui l’epicentro di questo terremoto social è ormai evidente… anche se non si conoscono le cause o ripeto nessuno vuole parlarne!!!
D’altronde sperare in un commento da parte di Facebook è cosa abbastanza difficile… e Zuckerberg in questo momento sarà rinchiuso nel suo quartier generale di Menlo Park per capire cosa sta accadendo, anche se questi problemi non sono nuovi nella piattaforma, che viene quotidianamente posta sotto attacco, forse per colpire l’elevato numero dei soggetti iscritti…
Il sottoscritto comunque un’idea se le fatta e poco o nulla centra con l’attacco a facebook!!!
Credo infatti che questa “intimidazione” informatica vada ricercata in altri aspetti, in particolare sul lancio appena appena realizzato da questo amministratore (Mark Zuckerberg) con la nuova “criptovaluta”, chiamata “Libra” e che è stata da ieri inaugurata e verrà lanciata nel mondo il prossimo anno!!!
Una moneta virtuale che aspira nelle sue intenzioni a fare a meno del sistema bancario per come lo conosciamo, rendendo facile per tutti inviare e ricevere soldi proprio come si usano le app dei nostri cellulari, per condividere istantaneamente non solo messaggi e foto, ma anche denaro!!!
L’attacco da parte di facebook al mondo finanziario è iniziato e chi non vuole essere danneggiato da questa iniziativa mondiale, ha iniziato a dar fuoco alle proprie manovre destabilizzanti!!!

Gli Stati Uniti hanno provato a sollevare la pietra contro Huawei… ma sembra che questa, gli sia caduta nei piedi!!!


In quest’ultimo periodo, la guerra commerciale tra Trump e Huawei è diventata al centro dell’attenzione dei mercati mondiali. 

La diffusione della nuova tecnologia 5g di Huawei e soprattutto le pressioni che molte compagnie internazionali stanno facendo sul governo Trump affinché torni indietro sulle politiche fin qui adottate contro la società cinese, stanno mettendo in difficoltà il Presidente degli Usa… 
Tra questi ad esempio c’è Google che vuole ripristinare le relazioni con Huawei, tanto d’aver inserito (silenziosamente) Huawei nella lista dei test di Android q, come analoga situazione va fatta per Amazon che ha iniziato a ripristinare le apparecchiature Huawei sul sito di vendita giapponese. 
La società cinese – a seguito del blocco statunitense – ha subito in questi due mesi, un crollo delle vendite  internazionali dei propri telefoni che sono diminuite del 40% ecco quindi che Huawei ha annunciato ufficialmente un contenuto che richiede all’operatore statunitense “VERIZON” di pagare più di 1 miliardo di dollari per i propri diritti di brevetto, che contano attualmente negli USA oltre 200 brevetti fin qui utilizzati. 
Non tutti sanno infatti di questo operatore telefonico, che rappresenta il secondo operatore di telefonia mobile negli Stati Uniti, con un numero di utenti pari a circa 80 milioni!!!
Per cui se lo sviluppo degli Stati Uniti vorrà essere collegato al 5g, non vi è altra soluzione che fare fare affidamento a Huawei!!!
Questa volta, gli Stati Uniti sembrano aver sollevato una pietra più grossa di loro… la quale ora – a causa del peso sostanziale – è scivolata, atterrando proprio sui piedi di Trump!!!
D’altronde il presidente Ren Zhengfei ha dichiarato: ciò che proteggiamo sono i nostri diritti di proprietà, che sono il risultato e la dignità in cui Huawei ha investito per oltre dieci anni. Gli Stati Uniti ritengono che una serie di pressioni possano schiacciare le ossa della spina dorsale di Huawei!!! Sfortunatamente, gli Stati Uniti hanno iniziato a esercitare pressioni a cui finora nessuno era mai riuscito… e il nostro contrattacco (Huawei) non è ancora finito!!!
Sì… perché la seconda arma del contrattacco è la sua forza… in particolare la produzione dei chip di ultima generazione… che vanno dai telefoni cellulari, ai computer, server, ecc… 
Ecco il motivo che ha spinto un gran numero di giganti americani tra cui Intel, Qualcomm e Xilinx a fare pressione su Trump per rilasciare i divieti imposti a Huawei. 
Al momento non vi è stata alcuna risposta da parte del governo di Trump, forse perché non si sa come affrontarlo… d’altro canto Huawei potrebbe in futuro non aver ci sarà bisogno di cooperare con quelle sopra riportate compagnie americane.
Come sempre avviene in questi casi, lo scontro comunque ha iniziato a provocare le prime gravi conseguenze: già…  la riduzione della produzione – con un impatto sui ricavi di circa 30 miliardi di dollari nei prossimi due anni – ma soprattutto, un sostanziale numero di licenziamenti, che in quei due grandi paesi…  

Usa – Iran: Speriamo bene…

Lo scorso anno avevo scritto su una profezia http://nicola-costanzo.blogspot.com/2018/11/una-coincidenza-le-profezia-della.html e a inizio anno avevo ripreso quel post per annunciare una possibile escalation militare tra Usa e Iran http://nicola-costanzo.blogspot.com/2019/01/prove-tecniche-per-linizio-di-un-nuovo.html
Oggi purtroppo quelle riflessioni iniziano ad avere delle conferme!!!
Infatti, Teheran ha accelerato il conto alla rovescia per la sua violazione dell’accordo nucleare con l’annuncio che supererà il limite di scorte di uranio nei prossimi 10 giorni!!!
L’agenzia atomica del paese ha altresì  affermato che Teheran potrebbe iniziare il processo di arricchimento dell’uranio fino al 20%, più vicino al livello delle armi, dal 7 luglio.
L’annuncio di Behrouz Kamalvandi, portavoce dell’Autorità per l’energia atomica iraniana, mette così pressione all’Europa per trovare nuove condizioni all’accordo nucleare del 2015…
La risposta iniziale dei leader europei è stata negativa, difatti il presidente Macron, ha esortato l’Iran ad essere paziente e responsabile, mentre il ministro degli esteri tedesco, Heiko Maas, ha dichiarato: “Non accetteremo certamente una riduzione unilaterale degli obblighi“!!!
Un portavoce del Consiglio di sicurezza nazionale ha accusato l’Iran di voler imporre un ricatto nucleare.
L’UE ha concordato un calendario inedito a Teheran per contribuire e facilitare gli scambi tra Iran e nazioni europee, ma ad oggi non è chiaro se le misure arriveranno abbastanza velocemente e se saranno sufficienti per convincere l’Iran a ripensare alla sua strategia di scalpore nucleare.
L’Iran dichiara che sta agendo dopo che un anno fa Donald Trump ha ritirato gli Stati Uniti dall’accordo unilateralmente. 
Da allora, l’UE non è stata in grado di proteggere le sue imprese del settore privato dalla minaccia delle sanzioni secondarie statunitensi se tentano di commerciare con l’Iran. 
D’altronde le sanzioni statunitensi hanno ridotto le esportazioni di petrolio dell’Iran a 400.000 barili al giorno, ben al di sotto dei livelli necessari per finanziare la spesa pubblica!!!
Ora… Washington e il Regno Unito accusano degli attacchi alle petroliere nel Golfo di Oman la scorsa settimana l’Iran, ma ovviamente quest’ultimo ha negato qualsivoglia coinvolgimento e ha descritto l’operazione come una copertura creata ad arte per incolpare il paese islamico.
Il capo dell’esercito iraniano, Maj Gen Mohammad Hossein Baqeri, ha detto che se l’Iran avesse mai deciso di bloccare l’esportazione di petrolio dal Golfo, lo farebbe apertamente, senza ricorrere all’inganno o ad operazioni segrete, come viceversa sta facendo lo stato “terrorista e ingannevole” degli Usa…
Secondo i termini dell’accordo nucleare, l’Iran può mantenere una scorta di non più di 300 kg di uranio a basso arricchimento. 
In una riunione Kamalvandi ha affermato che, data la recente decisione dell’Iran di quadruplicare la produzione di uranio a basso arricchimento, il 27 giugno sarebbe passato al limite…
Come dicevo nel titolo: Speriamo bene… 

L’ORO… rappresenta oggi l’unico bene di rifugio!!!

Leggendo le notizie che giungono dal mondo, in particolare le dichiarazioni del Presidente degli Stati Uniti Trump, la crisi economica in atto tra Cina e Usa, le nuove sanzioni annunciate contro l’Iran, il rischio di un possibile conflitto armato e via discorrendo,  viene da pensare come investire in titoli di stato, siano essi anche “Bund” tedeschi, è da folli!!!
L’unico bene di rifugio in questi casi è l’oro e difatti il suo prezzo, stimolato dalle notizie di cui sopra, lo ha fatto salire nuovamente a quasi 1.500 dollari USA per oncia…
Peraltro in questi anni, l’investimento nell’oro ha portato ad un guadagno del 37% e con il rischio molto concreto che il dollaro a breve potrà essere nuovamente colpito da un consistente ribasso, quella percentuale di utile, potrà salire ancor di più…
Morgan Stanley ha sottolineato che nel breve periodo, l’immobilità della Fed sopprimerà la già bassa volatilità e prenderà in considerazione l’aumento di oro e di beni materiali.
E quindi, mentre da noi si sta discutendo di minibot per finanziare il debito pubblico, in Europa, ma non solo, si è alimentato a causa BCE, un sentimento di crescente sfiducia che allontana gli investitori e non fa crescere economicamente i paesi come il nostro, riconducendo il valore del denaro conservato in banca, a carta straccia!!! 
Difatti… riprendendo un articolo di Massimo Amato pubblicato su “valori.it“, l’attuazione di politiche quantitative easing adottate dalla BCE ha creato un elevato aumento di creazione di moneta: “La crisi di liquidità del 2008 è stata curata con iniezioni di liquidità senza precedenti. La quantità di moneta è pressoché triplicata in Europa, eppure il target dell’inflazione del 2 per cento non è stato ancora raggiunto”!!!
E’ evidente a tutti quindi che l’aumento di denaro stampato non condurrà ad alcun rischio di inflazione, non sarà quindi l’espansione monetaria a causare – come accaduto agli inizi del novecento – una grave crisi economica e finanziaria…  
No… oggi il legame tra espansione monetaria e inflazione non esiste, mentre è fortemente concreto il rischio di ritrovarci una montagna di denaro tra le mani che non vale nulla!!! 
Di contro vedrete a breve come, i rischi al ribasso per la crescita economica globale nei prossimi mesi, porteranno ad aumentare le incertezze degli investitori che inizieranno a bypassare i mercati ad alto investimenti, per lanciarsi in quel unico mercato sicuro chiamato: ORO!!! 

Prove tecniche per l’inizio di un nuovo conflitto…

Alcuni mesi fa scrivendo su una profezia della Bibbia, concludevo dicendo: “Non va dimenticato come da quella sua rivoluzione islamica nel 1979, gran parte della politica interna controllata dagli ayatollah, si sia basata principalmente sulla propaganda contro l’occidente e nei confronti soprattutto di Israele; ecco quindi che oggi, gli iraniani provano a usare la rabbia della Russia e della Turchia contro le sanzioni imposte oltre a loro, anche a questi due Stati, affinché si possa consolidare questa loro alleanza contro gli Stati Uniti e quei loro alleati…”!!!

Purtroppo non è passato tanto tempo che quella escalation militare ha iniziato a mettere in atto quei piani…
Le forze missilistiche dell’Iran, insieme al suo alleato libanese “Hezbollah”, hanno iniziato a colpire in queste ore alcune città israeliane, dando così ad Israele la possibilità di scatenare tutta la sua potenza aerea che infatti ha colpito gran parte degli obiettivi strategici in Iran. 
Questa contrasto è in corso da alcuni anni, in particolare da quando gli israeliani hanno cercato di impedire che le armi iraniane potessero diventare sempre più sofisticate…
Mi riferisco in particolare quei missili a lungo raggio  passati dall’Iran agli Hezbollah in Libano, a cui vanno sommati quei convogli che sono stati in questi mesi intercettati e le cui bombe sono state fatte detonare…
Non va inoltre dimenticato quel programma nucleare che – secondo le informazioni proveniente dal governo iraniano – è stato più volte sabotato dai servizi segreti israeliani, con la sparizione misteriosa di alcuni loro scienziati…
Inoltre, la guerra in Siria ha permesso di aumentare la vicinanza delle forze belliche iraniane ai confini settentrionali israeliani, dando così sostegno al governo del presidente Bashar al-Assad, che grazie anche alla forza militare russa, ha potuto far sopravvivere quel suo governo, permettendo altresì all’Iran di poter sfruttare questa attuale situazione per promuovere la sua politica contraria allo stato ebraico e appoggiato d conseguenza, tutta una serie di gruppi radicali intenti alla sua distruzione!!!
L’Iran spera che questi attacchi possano trasformarsi a breve in una guerra a tutto campo, nei quali altri paesi arabi possano entrare in appoggio…
Un ricorso storico di quel 1967… già, un conflitto allora combattuto tra Israele da una parte ed Egitto, Siria e Giordania dall’altra, che si tramutò come sappiamo in una totale vittoria israeliana… e che ora vede l’Iran come nuovo avversario, lo stesso che  spera di portare in tempi rapidi ad una escalation militare, anche se – come sempre avviene in queste circostanze – entrambe le parti vanno dichiarando, che “nessuno vuole la guerra”.
Infine va aggiunto come la Russia non stia intervenendo sul conflitto in corso, permettendo difatti all’aviazione militare israeliana libertà di movimento nei cieli sopra il Libano e la Siria…
Analoga posizione è quella presa da Washington che sta pensando ad un ritiro nella regione delle proprie forze militari a seguito delle nuove politiche statunitensi intraprese dell’amministrazione Trump, che vede di buon grado un cambio di regime, piuttosto che un dialogo…
Viceversa Teheran vede le azioni di Israele come un ulteriore indicatore dell’intenzione degli Stati Uniti a giungere ad un nuovo conflitto, spingendo così entrambi sull’orlo di una guerra su vasta scala!!!
Una guerra sta per scatenarsi???
Le prove tecniche in corso dicono di si…

Brrr… che freddo??? Ma pensate veramente che sia colpa della natura??? Qui c’è sicuramente lo zampino dei militari!!!

Potrebbe rappresentare la più pericolosa arma di distruzione di massa!!!
Sì, gestire il clima, per scopi militari, ecco cosa starebbe provocando nel mondo tutti questi cataclismi…
Osservate ad esempio cosa sta accadendo in questi giorni…
Tornadi e uragani eccezionali, tzunami impressionanti, neve nei deserti o anche nelle nostre spiagge, incendi nelle zone artiche, certo qualcosa di strano sta accadendo e non credo si tratti di un semplice cambiamento climatico… 
Ho letto alcuni anni fa un libro in cui si raccontava il sopraggiungere di una crisi mondiale, dove una forte recessione economica obbligava la maggior parte della popolazione a conservare in grandi silos le materie prime, quali frumento, mais, riso, ecc…
L’aveva definito “l’annus horribilis” e per contrastare la richiesta di quei milioni di uomini e donne, si è pensato di ridurre la popolazione mondiale attraverso il clima, modificando l’ambiente con tecniche militari per potere attuare quella nuova arma di distruzione di massa!!!
Non si potrà così incolpare nessuno, neppure quelle nazione tecnologicamente più avanzate, perché non esiste alcuna prova sul loro diretto coinvolgimento… 
Ma ormai sono in molti oggi ad affermare in vari seminari che la meteorologia può essere modificata dall’uomo, grazie a nuove sofisticate armi elettromagnetiche…
D’altronde se pensate che la Cina ha appena inviato una sonda sulla faccia nascosta della Luna (anche lì un mistero… già, è come se sapessero che celata vi sia qualcosa… sì… vedremo se in questi giorni quel rover ci farà vedere altre immagini oppure per come penso tutto sarà avvolto nel segreto militare…), cosa sarà mai per gli USA o per la Russia, sviluppare armi capaci di manipolare il clima???
Lo stesso Nikola Tesla (1856-1943), lo scienziato jugoslavo emigrato in America nel 1884 aveva tentato di sviluppare un sistema di trasmissione dell’energia via etere, il che avrebbe reso inutili i cavi, nonché un apparecchio per ottenere elettricità gratuita per tutti ricavandola dalle oscillazioni naturali del campo elettrico terrestre, tanto che alcuni suoi progetti parlavano di raggi della morte, efficaci fino a 320 km di distanza, chissà se non si sta parlando della stessa cosa…
Uno dei progetti dei primi anni 90′ di cui si era venuti a conoscenza, era per l’appunto chiamato “HAARP= High Frequency Active Auroral Research Program” e rappresentava una iniziativa strategica di difesa che permetteva di alterare alcuni modelli meteorologici….
Fu abolito (a loro dire…) nel 2014, in quanto poteva provocare la destabilizzazione dei sistemi ecologici ed agricoli di tutto il mondo… ma secondo il sottoscritto, il sistema è tutt’ora in funzione e soprattutto attivo!!! 
Ecco perché non mi meraviglio più di niente e la maggior parte delle volte prevedo anticipatamente quanto sta per accadere, perché è stato già tutto preventivato e ad essere colpiti sono tutte quelle nazioni che vogliono ribellarsi a quel controllo mondiale!!!
Vedrete, non passera molto tempo che alcune nazioni – tutte quelle che oggi si sono schierati contro le politiche dei Presidenti Trump e Putin – verranno colpiti da gravi cataclismi come inondazioni, uragani, terremoti, siccità, tzunami, ecc… 
D’altro canto, se nel 1977 a Ginevra, l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha ratificato una convenzione internazionale che vietava l’uso militare di tecniche per la modifica dell’ambiente, significa che già quarant’anni fa si era a conoscenza che qualcuno era in possesso di quell’arma di modifica ambientale…
Naturalmente non vi aspettate che qualcuno sopraggiunga e confermi questa mia ipotesi… i militari ed anche quegli scienziati continueranno a mantenere il massimo riserbo sull’argomento, nel frattempo ci ritroveremo come in questi giorni a Catania, con temperature polari sotto lo zero…
La guerra meteorologica è iniziata e vedrete che quest’anno per la prima volta vedremo fiorire dopo migliaia di anni i nostri deserti fiorire, quegli eterni ghiacciai sciogliersi, il mare sommergere alcune isole, ma soprattutto l’agricoltura crollare improvvisamente…
La guerra è iniziata, ma disgraziatamente, soltanto in pochi l’hanno realmente capito!!!

Si ripete il 9 Novembre: cade il muro dei democratici… vince Trump!!!

Chissà quanti ricorderanno che il 9 novembre rappresenta una data storica…

Sono passati ventisette anni da quel 1989,  già da quel 9 Novembre… che portava al crollo del muro di Berlino!!!
Una data fondamentale quella d’allora, che rappresentava per tutti noi europei, un’era di cambiamento e di speranza…
Finalmente si superava quel periodo in cui uno stesso popolo era stato forzatamente diviso, un’ingiustizia tra le tante subite in quel precedente periodo storico, fatto di violenza, coercizioni, brutalità, sopraffazioni, ma soprattutto quella limitazione, ai principi di libertà ed uguaglianza… 
Rappresenta questa data, il 9 Novembre, un momento in cui quella aggressività, espressa al massimo della sua ignoranza, ha portato al crollo nel 1993 ad un altro simbolo, quel ponte di Mostar, che rappresentava uno dei capolavori architettonici più belli del medioevo, immagine di forza e bellezza di quello stato voluto con la dittatura da Tito, quella ex Jugoslavia… suddiviso ora in quei 6 nuovi Stati(Slovenia, Croazia, Bosnia-Erzegovina, Serbia, Montenegro, Macedonia). 
Ma da quei colpi di piccone cosa è rimasto… da quel muro crollato cosa abbiamo ricavato… 
Nulla, da quel giorno difatti, nuovi muri si stanno rialzando, nuove politiche separatiste hanno preso le distanze da quella cosiddetta “Unione Europea”, sempre più divisa, sia sulla gestione della crisi economica, sia in quella politica sulla immigrazione e sui rifugiati, sia tra quanti auspicavano una “politically correct” di austerità e quanti di fatto, sono stati promotori di quelle azioni inflazionistiche…

Una Europa divisa su tutto, sul terrorismo, sulle politiche di difesa, su quanto è accaduto in Ucraina, sul referendum della Gran Bretagna con la Brexit, sull’Ungheria con la protezione di quei suoi confini innalzando barriere, con quelle politiche xenofobe di espulsione degli extracomunitari, da parte di quei paese che da sempre hanno mantenuto la propria moneta…

Ecco questa è l’Europa che abbiamo e che dimostra d’essere completamente divisa ed in conflitto non solo con se stessa, ma anche con il mondo prospiciente ad essa…

Quanto sopra è successo certamente anche per quelle politiche finanziarie e nazionalistiche degli USA, che hanno voluto in questi anni, un presidente Barak Obama, che doveva condurre a quel benessere generale, che nella sostanza non c’è stato… perché i ricchi sono rimasti tali (anzi hanno aumentato quel loro patrimonio), mentre i poveri si sono triplicati… nel mezzo quella finta borghesia e quella classe dirigente, che ormai non conta più…
Donald Trump non vince per la simpatia o per quelle frasi dette “sopra le righe”… ma vince per il fallimento della politica di questi 8 anni…
Un Presidente che dimostra non essere sopra le parti, ma che utilizza la sua figura pubblica per promuovere non soltanto la campagna elettorale del prossimo presidente Usa, ma anche interviene nel dibattito referenziale che a breve chiamerà tutti noi italiani…
Ma chi cazzo è Obama per intervenire sulla nostra politica???
Come può il nostro presidente del Consiglio, chiedere apertamente a quel presidente dopotutto “uscente”, di esprimersi favorevolmente alla sua campagna del Sì… 
E’ come se noi Italiani scegliessimo di votare per il nuovo presidente degli USA!!! 
La follia ha raggiunto valori prossimi alla pazzia!!!
Obama… aveva già perso con il suo pubblico, come eguale situazione si verificherà con il prossimo nostro referendum…
Quando dissi ieri al mio amico (ed anche bravissimo barbiere di Via Luigi Rizzo a Catania) Nuccio, che avrebbe vinto Trump… mi ha preso per pazzo… ma dietro quella affermazione vi erano i motivi del fallimento di quella politica democratica…
Politiche sulla giustizia inconcludenti… come i procedimenti contro le frodi finanziarie…
Nessun miglioramento sotto il profilo delle diseguaglianze di reddito (i redditi difatti si sono abbassati di più durante la ripresa di Obama che durante la recessione antecedente il 2009) come la stessa giustizia fiscale (la Goldman Sachs ed altre importanti società quotate da Wall Street sono uscite “impunite” dopo il ruolo che avevano avuto nella crisi di qualche anno fa…).
Inoltre, la più nota, quella politica d’assicurazione sulla salute, per una grossa fetta di americani… milioni di dollari che verranno pagati dalle assicurazioni, ma i cui costi verranno trasferiti sui consumatori…
Analoga politica al sostegno per le abitazioni… e quelle banche che dopo la crisi immobiliare (Lehman Brother) non hanno più rilasciato mutui, ma nel frattempo, grazie a quella crisi, si sono ancor più arricchite: vedasi per esempio la  Bank of America o la JPMorgan Chase, anzi alcune di esse, hanno realizzato insieme ad altre società le maggiori donazioni all’ex presidente a Obama e difatti a quelle disopra, vanno sommate la Citigroup, Microsoft, Google, ecc…
Il reddito medio delle famiglie è sceso di quasi il 7% ed è stato di quasi il doppio rispetto alla caduta del 3,2% durante la recessione negli anni 2007-2009. 
Ed infine la situazione più grave rappresentata dal debito pubblico, che ha raggiunto durante la gestione Obama (e cioè in 8 anni) i 16 trilioni di dollari… troppi anche per gli USA!!! 
Dopo quanto sopra… pensavate veramente che gli americani fossero realmente coso stupidi???
Sarebbe stupendo se anche dai noi si prendesse coscienza di quanto sta accadendo nel nostro paese ed invece di credere soltanto alle parole raccontate dal nostro Presidente del Consiglio, Matteo Renzi… si guardassero realmente i fatti!!!
Certamente staremmo tutti meglio!!!