Archivi categoria: sicilia

Se le soluzioni ci sono, ma manca la volontà di applicarle, allora il problema non è la sicurezza: ma la politica!

Negli ultimi tre anni, per motivi di lavoro, ho vissuto in Toscana e posso assicurare che, a differenza della mia Sicilia, i controlli – seppur non massicci – erano comunque una presenza costante. 

Già… ho attraversato quotidianamente quel territorio, in lungo e in largo, partendo da Poggibonsi in direzione Siena oppure attraversando Certaldo per raggiungere Empoli e oltre, spingendomi verso l’interno delle colline del Chianti, per passare dinanzi a Volterra e giungere a Cecina, ma non solo, l’Isola d’Elba, Pisa, Lucca, Livorno, Grosseto e altri ancora… 

Quello che più mi colpiva era la presenza costante delle forze dell’ordine: posti di blocco ovunque, pattuglie della Guardia di Finanza, della Polizia Stradale, dei Carabinieri, e nelle città, le auto della Polizia Municipale.

Ammetto che non conosco le modalità con cui vengono organizzati i turni o in quali modi vengono decise le zone da presidiare, ma so bene che l’imprevedibilità è il maggiore ostacolo per chi deve garantire la sicurezza, ma qualcosa mi sfugge… 

Sì… una domanda sorge spontanea: perché in quelle zone, con una conformazione urbana e geografica non dissimile dal resto d’Italia – e con un flusso di persone e veicoli persino minore – i controlli sono così frequenti, mentre in Sicilia, dove la criminalità organizzata è una minaccia concreta e quotidiana, tutto sembra esser lasciato al caso?

Nella mia regione, ad esempio, servirebbe un presidio molto più rigoroso, strategie mirate e un controllo capillare per bilanciare i numerosi fattori di rischio presenti. Eppure, le istituzioni vorrebbero far credere che tutto vada per il meglio…

Ma allora, se il problema è la carenza di organico, perché non impiegare l’esercito? Ditemi, a cosa servono tutti quei militari fermi davanti a quegli uffici istituzionali o impegnati in continue parate sterili, quando potrebbero essere dispiegati in operazioni di controllo del territorio?

Potrebbero ad esempio presidiare gli accessi alle città più critiche – Palermo, Catania, Messina – con un sistema di “cinturazione” e verifiche obbligatorie, formati per affrontare situazioni ad alto rischio e pronti a intervenire rapidamente dove necessario.

Sarebbe uno strumento potente, se usato con serietà. Invece, nella presunzione di avere tutto sotto controllo, alla fine non si controlla nulla! 

Panta rei e ruit hora”: tutto scorre, e il tempo fugge

Intanto, la Sicilia continua a soffrire, e le sue ferite restano aperte…

Ora, a distanza di tempo, il Sindaco di Catania ripropone la stessa idea, chiedendo l’intervento dell’esercito per contrastare la criminalità. Segno che certe esigenze, se ignorate, prima o poi tornano a galla…

Peccato che, nel frattempo, si sia perso altro tempo prezioso.

Sindaci arrestati, uffici corrotti, silenzi assordanti: la solita storia siciliana!

Già… dopo ogni arresto, lo stesso copione. Ed è per questo che in Sicilia non cambierà mai nulla!
Ho letto stamani che è stato arrestato dai carabinieri l’ennesimo “sindaco”, accusato dei reati di turbata libertà degli incanti e falso ideologico, insieme a un consigliere comunale.
Oltre a lui, sono indagati nell’inchiesta della Procura anche il capo dell’ufficio tecnico del Comune e altri due impiegati dello stesso ufficio, che – sempre secondo l’accusa – avrebbero favorito le aggiudicazioni degli appalti nel paese.
Ovviamente, come solitamente accade in questi casi – per chiudere il cerchio – sono stati coinvolti nell’indagine alcuni imprenditori e liberi professionisti, mentre restano sospesi dal servizio i RUP degli appalti incriminati. Le misure sono state notificate con la sospensione dai pubblici uffici per 12 mesi e il divieto di contrattare con la pubblica amministrazione per altrettanti mesi.
Certo, scoprire che le indagini vertono su appalti per opere pubbliche e affidamenti diretti risalenti al 2019-2020 – quindi a oltre cinque anni fa – mi fa persino temere ciò che possa essere accaduto nel frattempo…
Ma d’altronde, come ripeto spesso, la Sicilia è una terra che non smette mai di raccontare storie. E solitamente si tratta di quelle di ordinaria illegalità, giochi di potere, legami che si stringono nell’ombra.
Come avete potuto leggere, non troverete i nomi degli indagati. Sì… mi sono stancato di riportare quanto è facilmente reperibile sul web. E poi, francamente, non servono né i nomi né i cognomi, perché il meccanismo è sempre lo stesso, ripetuto all’infinito. Già… come un copione scritto.
È vero, i nomi cambiano, così come i volti. Ma sapete bene che, alla fine, il sistema rimane intatto. È proprio il sistema che non funziona o meglio, funziona perfettamente per chi, dall’interno delle istituzioni, si piega al malaffare, abbassa la testa e firma quando serve. Non solo: ci si piega alle regole per trarne vantaggio personale, incuranti di svendere la propria dignità per qualche migliaio di euro o per ottenere un po’ più di potere.
Ecco perché gli appalti truccati, le gare pilotate, le carte falsificate non sono semplici reati. Rappresentano i sintomi di un male molto più profondo. Come ho ripetuto negli anni in questo mio blog, sono la prova che la mafia non sopravvive solo con la violenza, ma grazie alla complicità di chi dovrebbe combatterla.
E ahimè… ci sono tutti: funzionari, impiegati, professionisti, individui che hanno trasformato il pubblico in privato, facendo del bene comune un affare personale. E così, anno dopo anno, nulla cambia!
Sì… le inchieste si susseguono, le manette (quando vengono davvero allacciate ai polsi) scattano, ma il gioco continua incessantemente, perché per ogni arresto c’è già qualcuno pronto a prendere il posto, a ripetere gli stessi gesti, a perpetuare lo stesso sistema.
Non si tratta, quindi, solo di combattere la criminalità organizzata, ma di stravolgere questa mentalità corrotta. Sì… quella mentalità che considera tutto acquistabile, che vede le regole come ostacoli da aggirare, dove la furbizia prevale sulla legalità.
E così… mentre c’è chi lotta, chi rischia in prima persona, chi cerca di cambiare le cose anche attraverso la formazione (pochi individui non ancora compromessi, che possono permettersi – col proprio nome e cognome – di scrivere e denunciare questo infido sistema), c’è chi, seduto alla stessa scrivania da cui dovrebbe servire lo Stato, firma accordi sottobanco, gira la testa dall’altra parte e finge di non vedere (come scrivo nel mio blog: neppure l’elefante nella stanza…).
Eppure, la verità è semplice: finché ci sarà chi, per convenienza o per paura, si piegherà al malaffare, la Sicilia non sarà mai libera!
Non basta, quindi, arrestare un sindaco, non basta sospendere un funzionario. Serve qualcosa di più radicale: la scelta quotidiana di chiunque abbia un ruolo, un potere, una responsabilità, di mettere la coscienza davanti all’interesse.
Perché senza quella, nessuna operazione, nessuna indagine, nessuna legge potrà mai bastare. E continueremo – purtroppo – a vivere in questa terra infetta e corrotta!

Quando la mafia si maschera da normalità: il grido d’allarme di Nicola Gratteri.

Avevo appena finito di leggere un articolo che riportava le parole di un sindaco: «Gratteri a sto giro ci ha fregati» . Era il commento a caldo su un’inchiesta della Dda di Catanzaro, che vedeva coinvolto un ente locale nell’ambito di presunti favori ad una cosca. 

E così… mentre ancora cercavo di metabolizzare quel senso di amarezza, ho proseguito la mia lettura e mi sono imbattuto in un altro articolo – ancora una volta dedicato al procuratore Nicola Gratteri, ospite dell’associazione Terni Domani, guidata da Antonio Giannini. 

Durante l’incontro, Gratteri lascia cadere una frase che sembra pesare come un macigno: “Le mafie sono figlie del nostro tempo. Si adattano alla società, si mimetizzano, crescono dove trovano terreno fertile. E soprattutto, esistono perché ci interagiamo.”

Ecco, questa frase non è solo una constatazione, è una fotografia precisa, spietata, di ciò che siamo diventati. Perché Gratteri non parla mai a caso. Ogni sua parola è il frutto di decenni di lavoro sul campo, di indagini, di confronti diretti con un sistema criminale che non solo resiste, ma si evolve, si integra, diventa quasi invisibile. 

Lo fa insieme ad Antonio Nicaso nel libro “Una Cosa sola – Come le mafie si sono integrate al potere”, un viaggio lucido e doloroso dentro l’anima oscura della criminalità organizzata.

Ma allora chiedo: come nasce questa integrazione? Come riesce la mafia a radicarsi così profondamente nella vita quotidiana, fino a sembrare parte integrante del paesaggio?

Gratteri lo spiega con disarmante semplicità: “Arrivano, comprano un bar, un ristorante, magari un albergo. È lì che inizia tutto. Da quel punto cominciano a costruire rapporti, a offrire lavoro nero, a pagare poco, a radicarsi nel tessuto economico e sociale. E poi, piano piano, arrivano al controllo dei voti. Fanno votare chi decidono loro.”

Non si tratta più solo di violenza o paura. Oggi la mafia si espande attraverso il consenso. E quel consenso lo compra con piccoli gesti: un posto di lavoro, una promessa, un caffè offerto con troppa insistenza. Un dettaglio banale, forse, ma carico di significato: “Io conto, io sono rispettato. Tu devi tenerne conto.”

Così, il famoso “rito del caffè” diventa simbolo di una relazione malata tra mafia e società civile. Quanti ti offrono il caffè, quanti ti salutano con deferenza, quanti abbassano lo sguardo – tutti segnali di quanto potere tu abbia. E di quanto, talvolta, lo accettiamo senza battere ciglio.

Eppure, se la mafia si evolve, anche lo Stato dovrebbe adeguarsi. Ma qui arriva il punto dolente.

Gratteri non usa mezzi termini: “Oggi il punto più avanzato delle mafie è il darkweb. Con un telefonino qualsiasi puoi comprare armi, droga, persone. Puoi acquistare dati sensibili, informazioni compromettenti su politici, imprenditori, figure pubbliche. E usarle per ricattare, per ottenere vantaggi. La cocaina? Basta un click”.

Il web oscuro è diventato il supermercato globale del crimine. E davanti a questo scenario, alcune scelte politiche appaiono sempre più distanti dalla realtà. Quando sento parlare di riduzione delle intercettazioni telefoniche, di ritorno ai pedinamenti tradizionali, non posso fare a meno di chiedermi: ma di quale realtà stiamo parlando?

“Se posso comprare 2mila chili di cocaina con un clic, mi dite chi devo pedinare?” – chiede Gratteri. Una domanda retorica, certo, ma anche una critica diretta, un invito a ragionare sugli strumenti investigativi che, pur costosi, sono fondamentali per colpire la criminalità moderna.

E allora, dice lui, fermiamoci un attimo a guardare i numeri: “Le intercettazioni costano 170 milioni all’anno? E cosa sono, in confronto ai beni confiscati, alle centinaia di arresti, ai milioni di euro recuperati grazie a quelle stesse intercettazioni?

Gratteri non parla per spirito polemico, ma per senso di responsabilità. Dice: “Io lavoro 12 ore al giorno da oltre trent’anni per combattere la mafia. Se vedo qualcosa che non va, non resto zitto. Perché il silenzio è complicità”.

E allora viene spontaneo chiedersi: se lo Stato sa, se conosce le tecniche, gli strumenti, i metodi usati dalle mafie… perché non riesce a sradicarle definitivamente? Perché, specialmente in Sicilia, la mafia continua a condizionare la vita sociale, economica e politica?

Forse perché la mafia non è solo un fenomeno criminale. È un sistema che si alimenta di complicità, di omissioni, di connivenze. E quando i confini tra legale e illegale si fanno sfumati, quando i partiti smettono di rappresentare ideali per diventare mere caselle di scambio di favori, allora la mafia non ha bisogno di sparare: basta che stringa una mano, firmi un contratto, dia un posto di lavoro.

Ecco perché, purtroppo, la battaglia contro la mafia non è solo nelle mani della giustizia. È anche nelle nostre scelte quotidiane, nei silenzi che rompiamo, nelle cose che decidiamo di non accettare più come normali.

Gratteri ce lo ricorda con forza: “La mafia non è né di destra né di sinistra. Sta con chi garantisce favori”!

E finché ci saranno favoreggiatori, indifferenti e complici, essa continuerà a vivere. Nonostante le inchieste, nonostante gli arresti, nonostante i libri come “Una Cosa sola” che provano a svegliare le coscienze.

La vera sfida non è solo quella di perseguire i boss, ma di cambiare il modo in cui guardiamo al potere, al denaro, alla politica. E di capire che, ogni volta che voltiamo lo sguardo, siamo noi stessi a dare loro forza.

E se le Istituzioni conoscono bene il problema, allora non può esserci alibi possibile!

 Il fatto che, dopo tanti anni, la mafia continui a radicare il suo potere in Sicilia non è solo un fallimento operativo. È anche un fallimento culturale, morale, politico. Ed è un fallimento che ci riguarda tutti.

Perché finché non cambieremo il nostro sguardo, finché non smetteremo di tollerare quel caffè offerto con troppa insistenza, quei silenzi che diventano complicità, quelle promesse che sappiamo essere sbagliate ma accettiamo per convenienza… be’, allora non possiamo davvero dire di stare dalla parte della legalità.

Possiamo solo chiederci, onestamente: chi, tra noi, sta ancora permettendo che tutto questo continui?

Nomi noti, potere immutato: l’eterna ombra sulla Sicilia

La Sicilia è un’isola che respira storia, cultura e bellezza, ma anche un luogo dove certe ombre non accennano a dissolversi. 

Sono passati decenni, eppure quelle stesse famiglie, quelle stesse strutture di potere criminale, continuano a governare interi territori con la stessa ferrea determinazione. 

Le istituzioni conoscono i nomi, i cognomi, i movimenti, eppure sembra che ogni sforzo per sradicare questo male sia destinato a svanire nel vento.

C’è una resistenza che sfida il tempo, una capacità di adattarsi, di mutare forma senza perdere la sostanza. Le indagini si susseguono, le operazioni si moltiplicano, ma il risultato è sempre lo stesso: un gioco infinito di gatto e topo. 

Le nuove generazioni ereditano non solo i nomi, ma anche i metodi, mentre i vecchi boss, anche dietro le sbarre, continuano a tirare le fila. È un sistema che si rigenera, che trova sempre nuove strade per infiltrarsi nell’economia legale, nelle istituzioni, nella vita quotidiana di chi vorrebbe solo vivere in pace.

Il pizzo non è un ricordo del passato, ma una realtà che ancora oggi strozza i commercianti. La droga scorre come un fiume inarrestabile, arricchendo chi decide, chi vive e chi muore. E mentre le giovani leve sfoggiano armi e lusso sui social, dimostrando una spregiudicatezza senza regole, la vecchia guardia sorveglia, calcola, pianifica. È una convivenza paradossale, fatta di tensioni e alleanze, dove ogni tregua è solo l’attesa della prossima guerra.

Le istituzioni sanno, hanno sempre saputo. Eppure, non basta. Non basta sequestrare beni, non basta arrestare capi e gregari, perché il problema è più profondo, più radicato. È una questione di potere, di paura, di silenzi complici. Finché ci sarà chi abbassa lo sguardo, chi preferisce pagare piuttosto che denunciare, chi considera la mafia un male inevitabile, nulla cambierà davvero.

La soluzione? Forse non esiste una formula magica, ma solo la necessità di una lotta che non si fermi mai, che coinvolga non solo le forze dell’ordine, ma ogni cittadino, ogni famiglia, ogni scuola. 

Perché la mafia non si combatte solo con le manette, ma con un cambiamento che parta dalle coscienze. E finché ci sarà chi ha il coraggio di alzare la voce, di resistere, di credere in una Sicilia diversa, allora forse, un giorno, quelle ombre potranno davvero dissolversi.

Altro che James Bond: la mafia non ha bisogno di "auto subacquee", quando ha il porto di Catania!

Altro che James Bond, 007, auto trasformabili in sottomarini, la droga entrava nell’isola dal Porto di Catania!

Secondo le indagini e quanto rivelato da alcuni affiliati dei clan mafiosi, e a conferma di quanto avevo riportato quest’anno nel mio post intitolato “Droga a quintali in Sicilia: il controllo del territorio che non c’è!” al link https://nicola-costanzo.blogspot.com/2025/04/droga-quintali-in-sicilia-il-controllo.html a cui faceva seguito un altro post dello scorso anno intitolato “Controllo del territorio in Sicilia??? Manca – secondo il sottoscritto – un serio coordinamento!!!” al link https://nicola-costanzo.blogspot.com/2024/01/controllo-del-territorio-in-sicilia.html ecco che arriva – ahimè – l’ennesima dimostrazione, sì… di quanto i controlli siano spesso un’illusione, una fragile cortina dietro cui si muovono interessi ben più concreti e soprattutto più sporchi.

Perché la mafia non ha bisogno di gadget fantasiosi o di operazioni degne di uno spy movie quando può contare sulla complicità di chi quelle strutture le gestisce davvero, sui silenzi di chi sa e non parla, sulle porte lasciate aperte da chi avrebbe il dovere di vigilare, e allora viene in mente quella frase di Falcone, “dove c’è la natura umana c’è rischio di corruzione“!

Perché è proprio questo il punto, non servono minacce o intimidazioni quando basta un vantaggio, una raccomandazione, un tornaconto personale per far sì che tutto scorra liscio, come l’acqua tra le fessure di un molo, come la cocaina che arriva dal Sud America e passa indisturbata tra container e documenti falsificati, con la regia di chi lavora dentro quel porto e sa esattamente come evitare i controlli…

Già… come cambiare telefono prima che qualcuno possa intercettare, come usare auto intestate ad altri per non lasciare tracce, perché il vero potere della mafia non sta nella violenza ma nella capacità di infiltrarsi nel quotidiano, di normalizzare l’illecito, di far sembrare inevitabile quello che invece è solo il frutto marcio di una società che troppo spesso abbassa la testa e accetta!

Non importa che si tratti di un impiegato che chiude un occhio, di un professionista che sistema le carte, di un cittadino che preferisce non vedere, l’importante è che il sistema regga ai controlli, non grazie alla paura ma grazie alla connivenza, alla rassegnazione, a quella mentalità per cui “tanto è sempre stato così“…

E così, mentre le indagini della Guardia di Finanza portano alla luce arresti e sequestri, milioni di euro e chili di droga, la domanda vera che dovremmo porci è: quanti altri porti funzionano così? Quanti altri traffici scorrono indisturbati? Quanta altra cocaina arriverà prima che qualcuno decida davvero di cambiare le cose? 

Perché la mafia non è un mostro lontano, è qui, tra noi, nelle piccole cose che accettiamo, nelle complicità che non denunciamo, nell’indifferenza che ci rende complici, e forse è proprio questo il vero male, più della droga, più dei soldi sporchi, più delle pistole, quel silenzio che uccide ogni speranza di giustizia.

"Donne che odiano le donne"!

Ero rimasto ai romanzi della serie Millennium dello scomparso Stieg Larsson, in particolare a quel suo primo, potente titolo: “Uomini che odiano le donne”.

Eppure, incredibilmente, la realtà che osservo oggi è capovolta. Perché ciò che accade non è solo assurdo, ma tragicamente emblematico: il sesso femminile, invece di proteggere il proprio genere, spesso lo ostacola. Sì, avete letto bene. E la politica, quella siciliana in particolare, ne è la prova più grottesca.

Non è un caso isolato. I numeri parlano chiaro, e ciò che dicono è spietato. Prendiamo il tema della rappresentanza di genere: la Commissione Affari Istituzionali ha inserito norme che impongono il 40% di presenza femminile nelle Giunte delle Città Metropolitane e dei Liberi Consorzi. Una misura lodevole, in teoria. Ma quando si scava nei dati, emerge una verità scomoda: le donne non votano le donne.

Prendiamo come esempio le ultime Elezioni provinciali di Catania, svoltesi con un sistema di voto riservato ai consiglieri comunali e ai sindaci. Nonostante un’elevata partecipazione femminile tra gli elettori – il corpo elettorale era composto da 760 unità, pari al 94,64% degli aventi diritto – il risultato è stato sorprendentemente squilibrato: su 18 eletti, solo 3 sono donne.

Questo dato evidenzia una clamorosa discrepanza tra la rappresentanza femminile nell’elettorato attivo e quella negli eletti, sollevando interrogativi sulle dinamiche che hanno portato a questo esito.

Ma d’altronde, come dimenticare le elezioni regionali siciliane di qualche anno fa? Su 4.606.564 elettori – con una maggioranza femminile di oltre 132.000 unità, solo 15 donne sono riuscite a farsi eleggere in Consiglio Regionale. Gli uomini? Ben 55…. e la disparità non si ferma lì: sindaci, assessori, consiglieri, dirigenti di partito… le donne sono una goccia in un oceano di potere maschile.

La colpa? Certamente del sistema, di quella casta politica che da generazioni si tramanda le poltrone come eredità di famiglia, lasciando poco spazio a chi cerca di entrarci, figuriamoci se è una donna.

Hanno provato a correggere la rotta con il voto di trascinamento, un meccanismo che dovrebbe favorire le candidate. Ma è solo un palliativo, un trucco per far credere che qualcosa cambi. Intanto, il vero problema rimane: un sistema elettorale marcio, che svuota di senso il voto dei cittadini. Non è un caso se l’astensionismo cresce.

E a chi sta seduto su quelle poltrone da decenni, cosa importa? Nulla. Assolutamente nulla. Lo dimostrano ogni giorno, gestendo questo Paese con lo stesso vecchio copione: clientelismo, malaffare, corruzione, voto di scambio. Abusi di potere che distruggono ogni fiducia nella politica.

E le donne? Purtroppo, molte di loro, invece di rompere questo circolo vizioso, lo alimentano. E il paradosso diventa tragedia.

Sicilia: quando la burocrazia diventa una tassa sul futuro!

Qualche giorno fa vi ho raccontato dei numeri che gridano ingiustizia. 

Lo stesso ho visto che ha fatto Il Sole 24 Ore che ha messo nero su bianco quanto avevo riportato: la Sicilia non è solo un’eccezione, è un autogol annunciato. 
E così, mentre il resto d’Italia semplifica, qui moltiplichiamo ostacoli. Già… mentre altrove si incentiva, qui si tassa persino l’intenzione di investire.

Ed allora analizziamo i conti che non tornano (o dovrei aggiungere: che uccidono le imprese).
Difatti, la LR 1/2025 non è un aggiornamento, è un salasso mascherato da progresso:
+1.900% per una “valutazione preliminare” (da 300 a 6.000 €).
  • Fino a 20 volte il costo di altre regioni per la stessa procedura.
  • 12.000 € solo per dimostrare di aver rispettato le regole (le famigerate verifiche di ottemperanza a 4.000 € a fase).

Ma almeno i controlli sono migliori”

No. Come ha denunciato il Dott. Alfio Grassi, Presidente del Consorzio Pietra Lavica, questi oneri sono solo un bancomat per l’autofinanziamento della burocrazia. Il paradosso? In Lombardia un’impresa virtuosa paga meno. In Sicilia, più rispetti l’ambiente, più ti puniscono.

C’è poi la beffa delle “nuove voci”…
Nove nuove tasse nate dal nulla. Come il “supplemento Sicilia” per il recupero ambientale: paghi per estrarre, poi paghi per riparare, e infine paghi per dimostrare che hai riparato. Un circolo vizioso che trasforma il ripristino ecologico in un lusso per pochi.

Il confronto che brucia:
Via/Paur: 30.000 € in Sicilia, 2.000-9.000 € in Piemonte o Campania.

– Verifica di assoggettabilità: da noi il 2‰ del valore dell’opera, in Toscana lo 0,25‰, in Lombardia addirittura lo 0,05‰.

– Ottemperanza: qui 4.000 € a fase; altrove, gratis.

E poi qualcunio dei nostri governanti regionali e aggiungerei nazionali si chiede: “perché le imprese siciliane scappano?“.
Ahimè… la verità è nota a tutti, soprattutto ai miei connazionali, che purtroppo continuano a sostenere (per proteggere i propri interessi…) chi, invece, meriterebbe ben altro trattamento.

Perché non è (soltanto) una questione di soldi, è un segnale politico chiaro: la Sicilia preferisce dissuadere anziché attrarre. Mentre le altre regioni concorrenti usano tariffe ragionevoli come leva per lo sviluppo, qui da noi viceversa, alziamo muri. 
Il risultato? Semplice,  400 imprese da 400 milioni di fatturato, rischiano di diventare un ricordo…

C’è sempre una domanda comunque che resta sospesa: Perché accettiamo di essere il fanalino di coda delle politiche ambientali? Perché trasformiamo l’ecologia in un privilegio per ricchi invece che in un’opportunità per tutti?

Sì…  mi fa piacere aver letto che anche il “Sole 24 Ore” mi dà ragione. Ma puntroppo non basta…
Serve una revisione immediata di questa legge, prima che il danno diventi irreparabile, perché il vero “costo ambientale” è quello di uccidere il futuro della Sicilia!

SCANDALO: Fondi rubati alla Sicilia per finire al Nord! E il Governo Regionale? MUTO davanti alle promesse tradite!

Ho ascoltato ieri l’ennesimo notiziario pubblicato su una pagina social di “Tik Tok” al link: https://vm.tiktok.com/ZNdkdLWDj/  dove si faceva riferimento agli ennesimi tagli dei fondi destinati alla Sicilia che ahimè sono stati destinati verso il nord Italia!!!

Nel leggere notizie come queste mi chiedo come sia possibile che molti di quei lacchè, tra i miei conterranei, votino ancora per quei partiti attualmente posti al governo nazionale che dimostrano in maniera chiara che ci stanno derubando!

Ma d’altronde li ho visti, qualche anno fa, sì… quando posti in fila chiedevano (sembrava di essere ai tempi di Maria Antonietta, regina di Francia, quando – si dice – pronunciò quella sua famosa frase“se non hanno pane, dategli le brioches”; sappiamo come nuovi studi abbiano affermato che la frase sia stata originariamente utilizzata in un romanzo di Rousseau per rappresentare il disprezzo dell’aristocrazia e quindi di quell’allora governanti nei confronti del popolo, molto prima della nota “Rivoluzione”…) e come adulatori in maniera servile, aspettavano che quegli individui porgessero loro un saluto, una stretta di mano o ancor peggio, firmassero (quelle fotografie stampate, consegnate a modello “santino”) loro… l’autografo!!! 
Ma di chi poi? Ditemi… ma chi caz… sono questi soggetti per desiderare un loro autografo? Credetemi sulla parola, a vedere ciascuno di loro mi è venuto il vomito, ero presente casualmente in una Hall d’Albergo quando, appoggiato a un pilastro, osservavo la servile meschinità umana, sì di tutti quei soggetti, “leccapiedi“… per non voler esser più scurrile!

E questo è il ringraziamento per le preferenze concesse a quei soggetti, le stesse che hanno permesso loro di sedere in quelle poltrone a Roma per governarci!!! Ed allora, rivolgendomi a quei miei conterranei: mi raccomando, la prossima volta mettetevi in fila, fate le corse in quelle urne per consegnare a loro la vostra preferenza!!!

Minc…. ho sempre pensato sin da ragazzo con orgoglio di essere siciliano, di poter dire, io mio sento come un Leone, una Tigre, aggiungerei un Gattopardo! Ma crescendo e osservando il mondo che mi circonda, mi sono accorto come negli anni, quelli che erano come il sottoscritto, si sono piegati al sistema, ai compromessi, alle regole, alle bustarelle, già… al malaffare, ed oggi, ecco che mi ritrovo circondato da sciacalletti, iene, e da questi nuovi politici nazionali, imitazioni di quelli che furono i gattopardi, insieme a tutti questi sciacalli e pecore, che – per una congiuntura terribile – si sentono di essere il sale della terra!     

E così i nostri miliardi se ne vanno in silenzio, sì come nella mia immagine di sopra, insieme alla cenere dell’etna,  (già… perché quanti avrebbero docuto ribellarsi da Palazzo D’Orleans, sono gli stessi a cui è stata data loro quella poltrona…) e così le opere che dovevano essere compiute con quel nostro denaro, se ne vanno in fumo…

Parliamo ad esempio del collegamento ferroviario veloce tra Palermo e Catania che non è solo fermo, ma ormai sembra cancellato ancora prima di partire. La notizia del ritardo nella consegna – inizialmente prevista per giugno 2026 – è stata bruciata da un colpo ancora più duro: i fondi del Pnrr destinati al progetto sono stati dirottati verso altre regioni. Lo annuncia con forza Anthony Barbagallo, segretario regionale del Pd Sicilia: “Un treno che non parte neanche sulla carta“.

Ma a chi dare la colpa? Per Barbagallo, il presidente della Regione Schifani si muove sempre troppo tardi, e quando lo fa, preferisce scaricare le responsabilità sui dirigenti regionali piuttosto che ammettere il fallimento di una gestione politica inefficiente: “Schifani – accusa – anziché convocare tardivamente i direttori generali, dovrebbe iniziare ad assumersi le sue responsabilità. I fondi vengono spostati perché altre Regioni si sono dimostrate più pronte, efficienti e capaci di programmare. Noi no“. 

Non ha tutti i torti il segretario regionale del Pd Sicilia, Anthony Barbagallo, nel ricordare che i vertici della burocrazia siciliana non nascono da scelte meritocratiche: Sono spesso espressione di logiche clientelari, dove contano più gli equilibri interni alle coalizioni che la competenza. Basti pensare al caso del capo della Pianificazione strategica, legato allo scandalo dei referti falsificati a Trapani e tuttora in carica, nonostante le richieste di rimozione. Mentre Schifani improvvisamente si sveglia dal torpore per criticare i suoi stessi collaboratori, non ha esitato a espandere l’organico dell’Ufficio Cerimoniale da 24 a oltre 100 unità. Una scelta paradossale, che dice molto su priorità e visione.

A denunciare il caos è anche Roberta Schillaci, vicecapogruppo M5S all’Ars: “Questa settimana niente lavori in Aula, il governo manca all’appello mentre la Sicilia affonda. Sanità in crisi, lavoro precario, infrastrutture abbandonate. L’ultimo colpo arriva proprio dalla decisione di sfilare i fondi Pnrr alla tratta Palermo-Catania per destinarli altrove. È indecente, ma forse ‘indecente’ non basta. Chiediamo da mesi un confronto sullo sfascio della sanità, ma il governo continua a occuparsi d’altro. Dopo quattro mesi, non c’è nemmeno il direttore generale dell’Asp di Palermo. Quando finalmente Schifani smetterà di litigare con la sua maggioranza e tornerà in aula”?

Ketty Damante, senatrice M5S e membro della commissione Bilancio, aggiunge: “Se sognate un treno veloce tra Palermo e Catania, dimenticatevelo. La scure del ministro Foti si abbatte sulle già fragili infrastrutture siciliane. Mentre si illude con il Ponte sullo Stretto, qui tagliano 37 chilometri di alta velocità. I fondi Pnrr non saranno spesi in tempo, quindi tanto vale spostarli. Peccato che così dovranno essere presi da altri progetti, magari già programmati. Il risultato? Nulla si salva”.

Per Pino Gesmundo della Cgil, il problema è strutturale: “Salvini, più che ‘quello del fare’, sembra ‘quello del non fare’. Se avesse investito energie nel Pnrr invece che su un’opera simbolo come il Ponte, oggi staremmo meglio. Al Consiglio dei Ministri si è discusso della revisione del Piano, evidenziando i numerosi ritardi nelle opere strategiche: Palermo-Catania, Salerno-Reggio Calabria, Terzo Valico… ovunque, solo ritardi”.

E Jose Marano, deputata M5S e vicepresidente della commissione Territorio all’Ars, conclude amaramente: “Dall’alta velocità all’alta incapacità il passo è stato breve. Due lotti fermi, promesse svanite. Ora i cittadini pagheranno il prezzo di una gestione pasticciata. Le motivazioni ufficiali? Siccità e mancanza di operai specializzati. Ma questa è una beffa. Non ci sarà nessun treno veloce entro il 2026 e bisognerà trovare nuovi fondi, sottraendoli ad altri interventi. Qualcuno dovrà rispondere di questo danno enorme per la comunità”.

E la Sicilia aspetta, ancora una volta. Mentre le promesse si trasformano in cenere, proprio come quella che sale dal nostro Etna e si disperde nel vento, mentre i treni, ahimè, restano fermi in stazione.

Sicilia: perché gli oneri di istruttoria sono così più alti che nel resto d’Italia?

Scusate, ma qualcuno può spiegarmi perché in Sicilia paghiamo oneri di istruttoria così sproporzionati rispetto alle altre Regioni? Partiamo dai fatti, perché i numeri parlano chiaro e purtroppo gridano ingiustizia.

Con la L.R. 09/01/25, n. 1, la Regione Siciliana ha aggiornato (o dovremmo dire “gonfiato”?) gli oneri per le autorizzazioni ambientali, superando persino le già pesanti tariffe introdotte nel 2022. 

Non solo: ha aggiunto nuove voci di costo per sub-procedure che, di fatto, strangolano le piccole e medie imprese. Risultato? Investire in Sicilia diventa un lusso, mentre nel resto d’Italia è una pratica sostenibile.

E qui viene il bello: mentre un’impresa con certificazione ambientale in Lombardia o in Veneto ottiene sconti consistenti, in Sicilia paga fino a 20 volte di più per la stessa procedura. E non è tutto: qui si pagano persino voci assenti altrove. Come se la burocrazia regionale avesse inventato un “supplemento Sicilia” per scoraggiare chi vuole fare impresa.

Ne ho parlato con il Dott. Alfio Grassi, Presidente del Consorzio della Pietra Lavica, e la sua risposta è stata netta: “La CTS ha usato gli oneri di istruttoria non per garantire controlli migliori, ma come bancomat per autofinanziarsi, ignorando l’impatto sulle imprese.” Il risultato? Aziende costrette a rinunciare o a diventare meno competitive”.

E il danno non è solo economico. Nei siti di cava dismessi, i progetti di ripristino – già vincolati da garanzie finanziarie – rischiano di arenarsi per i costi aggiuntivi. Senza contare le verifiche di ottemperanza: 4.000€ a istanza, moltiplicati per tre fasi (ante-operam, corso d’opera, post-operam), diventano 12.000€ solo per dire “sì, abbiamo rispettato le regole“.

Una domanda sorge spontanea: perché la Sicilia deve essere un’eccezione… ma nel peggiore dei modi? Se altrove si punta a semplificare e incentivare, qui si alzano muri di costi. E mentre le imprese nazionali beneficiano di tariffe ragionevoli, quelle siciliane vengono dissuase a investire nel proprio territorio.

È ora di chiedere una revisione immediata di questo tariffario. Prima che l’unico messaggio che passa sia: “Fate impresa altrove“.

Scandalo corruzione marittima: lo Stato ancora nella rete.

L’ultimo filone d’inchiesta sulle frodi nelle pubbliche forniture ha portato al sequestro di ben 64 milioni di euro a una compagnia marittima. Mentre gli interrogatori davanti al GIP sono in corso, il pubblico ministero ha già richiesto gli arresti domiciliari per alcuni degli indagati.

E ancora una volta, come un copione ormai fin troppo familiare, tra i nomi coinvolti spuntano magistrati, forze dell’ordine e alti funzionari delle prefetture. Molti di loro, si legge negli atti, avrebbero addirittura viaggiato gratuitamente sulle tratte per la Sardegna e la Sicilia.
Per i pubblici ufficiali è scattata l’inevitabile contestazione di corruzione, anche se – almeno per ora – non sono emerse prove definitive sui favori concessi alla compagnia marittima in cambio dei “regali”. 
Le accuse, comunque, sono gravi: frode, falso e corruzione. Purtroppo, grazie alla nuova legge Nordio, il giudice dovrà ascoltare gli indagati prima di emettere misure cautelari, aggiungendo un ulteriore strato di burocrazia a un sistema già farraginoso.
Come sempre, evito di citare i nomi: li trovate ovunque, in ogni articolo, in ogni telegiornale. Al sottoscritto, invece, colpiscono le loro funzioni, i ruoli che ricoprivano, o che ancora detengono. Quelli che dovrebbero essere garanti della legalità, e che invece sembrano averla svenduta per un posto in prima fila sul traghetto, per un favore, per un vantaggio meschino.
E qui, ammetto, la rabbia lascia spazio a un’amarezza ancora più profonda.
Perché ogni giorno, in questo Paese, scopriamo che nessun livello sociale è immune dalla corruzione. Nessuno. Non le toghe, non le divise, non gli scranni del potere. Anzi, più si sale, più l’ipocrisia diventa sfacciata, più il marcio si fa sistemico!
E il dramma è che non è più nemmeno una sorpresa. È la normalità. È la rassegnazione di chi, come me, legge queste notizie e sa già come finirà: con qualche arresto domiciliare, con qualche annuncio trionfale, ma senza una vera svolta. Perché il vero scandalo non è che accada, ma che continuiamo a tollerarlo.
E allora sì, viene da pensare a quei “trenta denari” che hanno venduto l’onore di un intero sistema. Per cosa? Per un viaggio gratis? Per una raccomandazione? Per un po’ di potere in più?
Che misero prezzo per svendere la dignità di un Paese intero…

Aggiornamento sulla Metropolitana di Catania: Un passo avanti per la città e i suoi cittadini.

Cari lettori,

in data giovedì 4 luglio 2024 avevo scritto una lettera aperta indirizzata al Sindaco Trantino, riguardante alcune criticità della metropolitana di Catania. 

Dopo aver condiviso le mie riflessioni, molti di voi mi hanno contattato, suggerendo modifiche e aggiunte che ritenevo valide e costruttive. Oggi, però, sono felice di condividere una notizia positiva che dimostra come le richieste dei cittadini siano state ascoltate.

Come riportato ieri da “LaSiciliaweb“, da lunedì 24 marzo la metropolitana di Catania ha anticipato l’orario di apertura alle 6:00 del mattino nei giorni feriali, con partenza da Monte Po. Questo cambiamento, rappresenta un significativo passo avanti per migliorare il servizio e rispondere alle esigenze di chi, come molti di voi, inizia a lavorare presto la mattina.

I dettagli del nuovo orario:

Giorni feriali: il servizio inizia alle 6:00, con frequenze di 10 minuti dalle 6:00 alle 15:30 e di 13 minuti dalle 15:30 alle 22:30.

Giorni festivi: il servizio inizia alle 7:00.

Venerdì e sabato: il servizio è prolungato fino all’1:00 di notte, per agevolare la movida e chi rientra a casa in orari serali.

Questo aggiornamento allinea la metropolitana di Catania agli standard di altre grandi città e, in alcuni casi, la rende persino più funzionale. Come sottolineato dal Sindaco Trantino, si tratta di un “piccolo ma significativo passo in avanti” che migliora la qualità della vita per migliaia di cittadini.

Un ringraziamento speciale…

Non so dirvi quanto il mio post dello scorso anno – https://nicola-costanzo.blogspot.com/2024/07/lettera-aperta-per-il-sindaco-trantino.html – e soprattutto le vostre richieste, abbiano influito su questa decisione, ma sono felice di constatare che le voci di noi cittadini, alal fine, sono state ascoltate. 

Desidero quindi ringraziare pubblicamente il Sindaco Trantino, il vicesindaco Paolo La Greca, il commissario del governo per la Ferrovia Circumetnea, Angelo Mautone, e il direttore generale Salvo Fiore per aver preso a cuore le esigenze della comunità e per aver agito tempestivamente.

Sebbene questo cambiamento sia un importante traguardo, credo comunque che ci siano ancora margini di miglioramento, tuttavia, oggi voglio concentrarmi sul positivo e riconoscere che un primo, significativo passo è stato compiuto.

Grazie a tutti per aver contribuito a questa discussione con i vostri suggerimenti. Continuiamo a lavorare insieme per rendere Catania una città sempre più vivibile e all’avanguardia!

Operazioni fraudolente in Sicilia: Un’analisi sulle segnalazioni sospette a Palermo e Catania.

Le operazioni fraudolente rappresentano una minaccia significativa per l’integrità del sistema finanziario. 

Nel corso dell’ultimo anno, una regione del sud Italia, ahimè la mia Sicilia, si è posizionata tra le prime nella classifica nazionale per segnalazioni di operazioni sospette, con un aumento rispetto all’anno precedente. 

In particolare, due città sono emerse come epicentri di questa attività illecite, registrando un numero elevato di segnalazioni.

Secondo i dati recenti, questa regione ha registrato un incremento nelle segnalazioni rispetto all’anno precedente. 

Le due città principali, Palermo e Catania hanno guidato la classifica provinciale, seguite da altre città. Certo… a livello nazionale, altre regioni si sono confermate ai primi posti per numero di segnalazioni, ma qui poco importa su chi supera chi… il problema restano di fatto le continue azioni disoneste. 

Difatti, un dato interessante è l’aumento delle segnalazioni da parte di istituti di pagamento, istituti di moneta elettronica e professionisti legali. Anche gli operatori di cripto-attività e del settore dell’oro hanno registrato incrementi significativi. Al contrario, il settore bancario ha visto una flessione, pur rimanendo il principale canale di segnalazioni.

L’aumento delle segnalazioni in settori come le cripto-attività e l’oro potrebbe indicare quindi un cambiamento nelle strategie dei criminali, che si spostano verso asset meno tracciabili. D’altra parte, la diminuzione nel settore bancario potrebbe essere il risultato di una maggiore efficienza nei controlli interni, ma anche di una migliore capacità degli illeciti di eludere i sistemi di rilevamento.

La lotta alle operazioni fraudolente richiede un impegno costante e coordinato tra istituzioni finanziarie, autorità di regolamentazione e forze dell’ordine. L’aumento delle segnalazioni in alcuni settori evidenzia la necessità di adattare le strategie di contrasto alle nuove minacce. La vigilanza finanziaria rimane uno strumento cruciale per proteggere l’economia legale e garantire la trasparenza delle transazioni.

Ecco perché ritengo che in un contesto in cui le tecniche di frode diventano sempre più sofisticate, diventa essenziale che tutti gli attori del sistema finanziario collaborino tra di loro per identificare e quindi prevenire le operazioni sospette.

Vorrei aggiungere, ahimè con molto dispiacere,  che è proprio grazie a quanto accade in questa regione che si potranno ancor meglio comprendere le dinamiche di questo illegale fenomeno, affinchè si possano sviluppare nuove e migliori strategie efficaci di contrasto!

Catania: Infiltrazioni mafiose, scambio elettorale e reati finanziari.

Ieri mattina, un’operazione antimafia di vasta portata, ha portato all’arresto di una ventina di persone, tra cui figure istituzionali di rilievo, tutte accusate di reati gravissimi come associazione di tipo mafioso, scambio elettorale politico mafioso, estorsione e trasferimento fraudolento di valori. 

L’inchiesta, condotta dai Carabinieri del ROS, ha messo in luce un sistema criminale che avrebbe infiltrato le istituzioni locali, manipolando il processo democratico e arricchendosi attraverso attività illecite.
Tra gli arrestati figurano un deputato regionale, un consigliere comunale e il sindaco di un comune della provincia di Catania. 
Secondo gli investigatori, la famiglia mafiosa avrebbe sostenuto le campagne elettorali di questi soggetti, garantendosi in cambio favori e controllo sul territorio. Già… il voto di scambio sarebbe stato uno degli strumenti principali per consolidare il potere dell’organizzazione, che avrebbe anche gestito estorsioni ai danni di imprenditori e attività commerciali, imponendo tangenti o manodopera forzata.
L’indagine ha inoltre ricostruito una rete di trasferimenti fraudolenti di valori, con l’utilizzo di prestanome e intestazioni fittizie per creare attività economiche, tra cui imprese nel settore delle onoranze funebri, funzionali agli interessi dell’associazione. Un sistema complesso, reso possibile anche grazie alla complicità di professionisti e rappresentanti istituzionali.
L’operazione rappresenta un colpo significativo contro “cosa nostra“, ma è anche un monito sulla necessità di vigilare costantemente sulle infiltrazioni mafiose nelle istituzioni. La democrazia e la legalità non possono essere compromesse da accordi oscuri e interessi criminali.
Questa inchiesta, l’ennesima, si inserisce nel solco di precedenti indagini è dimostra ancora una volta quanto sia cruciale il lavoro delle forze dell’ordine e della magistratura per preservare la trasparenza e la giustizia. 
Perché non bisogna mai dimenticare come la lotta alla mafia non sia solo una questione di sicurezza, ma è soprattutto una lotta di civiltà, per difendere i valori fondanti della nostra società come il rispetto delle regole, la tutela dei diritti, la libertà di impresa e la dignità delle persone. 
La mafia quindi non rappresenta solo un’organizzazione criminale, ma un sistema che corrode le fondamenta dello Stato, minacciando il futuro delle nuove generazioni. 
Per questo, ogni operazione come quella compiuta ieri, non è solo una vittoria delle forze dell’ordine, ma un passo avanti per affermare che la legalità e la giustizia sono l’unica strada possibile!!!
Come ribadisco spesso, a difesa delle persone indagate, è fondamentale rispettare il principio della presunzione di innocenza e attendere che l’inchiesta giudiziaria segua il suo corso, conducendo alle necessarie verifiche e accertamenti. Solo così, attraverso un processo equo e completo, è possibile garantire giustizia e tutelare i diritti di tutte le parti coinvolte.

Piogge e invasi pieni: la crisi idrica in Sicilia non è finita, è solo in pausa.

Le piogge degli ultimi mesi hanno finalmente contribuito ad aumentare la disponibilità di acqua in Sicilia, riempiendo gli invasi e portando un po’ di sollievo, ma non possiamo permetterci di dimenticare quanto accaduto quest’estate, quando la crisi idrica ha messo in ginocchio l’isola. 

Ora che le riserve sono piene, molti sembrano felici e soddisfatti, pronti a voltare pagina, ma il problema dell’acqua in Sicilia non è risolto: è solo rimandato.

La verità è che la crisi idrica in Sicilia non è un’emergenza passeggera, ma un problema strutturale, prevedibile e, purtroppo, ampiamente ignorato. 

Già nel 1998, uno studio aveva delineato uno scenario preoccupante, anticipando le conseguenze del cambiamento climatico e della gestione inefficace delle risorse idriche. Oggi, quelle previsioni si sono trasformate in realtà, con gravi ripercussioni sulla vita quotidiana dei siciliani e sull’economia dell’isola.

Durante i lunghi mesi estivi, da maggio a ottobre, l’accesso all’acqua potabile diventa un lusso. C’è chi la riceve sempre, chi una volta a settimana e chi non la vede per mesi. 

In Sicilia, le piogge si concentrano principalmente in inverno, ma dal 2024 le precipitazioni sono state insufficienti. Gli invasi, che di solito si riempiono tra novembre e maggio, sono rimasti quasi a secco, lasciando l’isola senza riserve sufficienti e aggravando una situazione già critica.

Le conseguenze della siccità si ripercuotono su tutti i settori, in particolare sull’agricoltura e l’allevamento. Colture come olive, mandorle, agrumi e vigneti sono in difficoltà, ma anche il grano, che tradizionalmente non richiede irrigazione, ha registrato raccolti disastrosi. Per gli allevatori, la mancanza di foraggio e acqua ha portato a scelte drastiche: abbattimenti di capi anziani e svendita del bestiame a prezzi irrisori.

Un disastro annunciato, che ci costringe a chiederci: perché non è stato fatto nulla per prevenirlo? La risposta passa attraverso politiche sterili e spesso errate, ma ciò che colpisce, oltre alla gravità della situazione, è l’assenza di soluzioni strutturali. La crisi idrica è stata affrontata con interventi temporanei e approssimativi, senza una visione a lungo termine. Ci si è adattati, senza risolvere il problema alla radice.

La mancanza di infrastrutture adeguate, la dispersione idrica e la cattiva gestione delle risorse hanno trasformato un problema prevedibile in un’emergenza cronica. È ora di cambiare rotta. Servono investimenti in infrastrutture, una gestione più efficiente delle risorse idriche e una pianificazione che tenga conto dei cambiamenti climatici. Il problema non può essere risolto con interventi spot, ma richiede una strategia coordinata e lungimirante.

Non dimentichiamo che già nel 1998 un rapporto aveva indicato la strada: adattamento, prevenzione e innovazione. Oggi, a quasi trent’anni di distanza, è tempo di agire. La crisi idrica non è solo un problema siciliano, ma un campanello d’allarme per tutto il Paese. Ignorarlo significa condannare intere comunità a vivere in uno stato di perenne emergenza.

Riflessione sul problema dello smaltimento dei rifiuti: un confronto tra Sicilia e altre regioni italiane.

Il recente intervento dei Carabinieri del Noe (Nucleo Operativo Ecologico) nelle province di Taranto, Matera e Cosenza ha riportato all’attenzione un problema che affligge da sempre il nostro Paese e, in particolare, la mia amata Sicilia: lo smaltimento illecito dei rifiuti, speciali e non.

L’operazione ha portato all’arresto di nove persone e al sequestro di oltre 4.000 tonnellate di rifiuti abbandonati in capannoni dismessi e aree agricole. 

Un’ennesima conferma di come il traffico illecito di rifiuti sia un fenomeno strutturato e organizzato, spesso gestito da vere e proprie associazioni criminali.

Ma questo caso non è solo la prova della gravità del problema ambientale in Italia. È anche l’occasione per riflettere sulle differenze di approccio tra le varie regioni nel contrastare questi reati.

In alcune zone del Paese, come quelle coinvolte in questa operazione, le forze dell’ordine e le procure dimostrano una capacità di intervento tempestiva ed efficace. In altre viceversa, come ad esempio la Sicilia, il fenomeno sembra affrontato con minore incisività. 

Troppe volte chi cerca di denunciare si scontra con un apparato burocratico che, anziché proteggere, ostacola e ancor più scoraggia…. E così, chi con coraggio prova a fare la cosa giusta finisce per trovarsi solo, esposto a rischi e difficoltà.

All’estero, in Paesi come gli Stati Uniti, chi denuncia non solo è tutelato, ma può anche beneficiare di incentivi economici proporzionali al danno svelato: fino al 30% del valore recuperato, con cifre che possono arrivare a milioni di dollari. 

In Italia, invece, accade proprio l’opposto. Chi denuncia si ritrova spesso invischiato in procedimenti giudiziari interminabili, affronta rinvii infiniti e deve sostenere di tasca propria tutti i costi: viaggi, avvocati e soprattutto tempo perso. Tutto questo per aver fatto il proprio dovere di cittadino, senza alcun interesse personale, ma solo per difendere il bene comune.

Tornando quindi alla questione principale, la gestione illecita dei rifiuti segue un copione noto: i rifiuti “spariscono” nel nulla, smaltiti illegalmente per evitare i costi di un trattamento regolare. 

Questo sistema, alimentato da interessi finanziari illeciti, non solo devasta l’ecosistema, ma mette a rischio la salute pubblica e rafforza circuiti criminali che prosperano a scapito di tutti noi.

In Sicilia, il fenomeno è particolarmente diffuso, ma operazioni come quella in Puglia o in Campania sono alquanto rare. basti osservare tutte le testate di cronaca per costatare come in questi ultimi anni le inchieste per questa tipologia di reato, si contino sulle punta di una mano…

Già… indagini che spesso si arenano di fronte a una rete di complicità e omertà che rende difficile individuare e perseguire i responsabili, in particolare quando quei soggetti sono fortemente legati alla criminalità organizzata o godono di protezioni politiche…

Questo divario nell’efficacia dei controlli solleva un interrogativo: perché non adottare un approccio uniforme e coordinato su scala nazionale?

L’operazione dei Carabinieri del Noe, coordinata dalla Procura di Lecce, dimostra che contrastare il fenomeno è possibile, ma perché sia davvero efficace servono interventi costanti, non azioni sporadiche. È necessaria una strategia nazionale che rafforzi i controlli, aumenti le risorse per la tutela ambientale e, soprattutto, protegga e incentivi chi ha il coraggio di denunciare.

Lo smaltimento illecito dei rifiuti non è solo una questione ambientale: è un’emergenza sociale ed economica che richiede un impegno concreto da parte di tutte le istituzioni. 

La Sicilia, come altre regioni del Sud Italia, non può più permettersi di restare indietro in questa battaglia. È tempo di agire con la stessa determinazione dimostrata dai Carabinieri del Noe, per garantire un futuro più sostenibile e giusto per tutti.

La mafia Imprenditoriale: Radici profonde, rami ovunque…

È evidente a tutti noi siciliani che gli insediamenti imprenditorial-mafiosi siano decisamente più radicati nella nostra regione rispetto al Nord Italia, non a caso, in Sicilia si contano circa 240 cosche con oltre 7.000 affiliati!!!

Per comprendere meglio l’impatto di questa presenza, basta confrontare questi numeri con quelli della ‘ndrangheta calabrese, oggi considerata la mafia più pericolosa: quest’ultima conta “solo” 160 cosche e circa 5.500 affiliati. 

È chiaro, dunque, quanto Cosa Nostra incida negativamente sul nostro territorio!!!

Va detto, però, che queste associazioni non si limitano a operare nei loro territori d’origine, al contrario, estendono le proprie attività criminali al Centro e al Nord Italia, stabilendo veri e propri “uffici di rappresentanza“. 

Queste, pur mascherati da realtà imprenditoriali legali sotto il profilo giuridico e amministrativo, spesso si trasformano in filiali operative, funzionali a riciclare il denaro proveniente dalla casa madre. In tal modo, riescono a far prosperare il loro business, incrementando a dismisura i profitti.

Non c’è settore dell’economia o della vita civile che sia immune da questa aggressività criminale, inoltre, la prassi consolidata delle imprese a partecipazione mafiosa ha portato molti imprenditori, un tempo onesti, ad adattarsi a queste dinamiche.

Pensare, però, che queste nuove formazioni mafiose siano semplicemente soggetti imprenditoriali è fuorviante. 

Un simile approccio rischia di ridurre la mafia a un insieme di comportamenti isolati, quando in realtà essa opera come una struttura ben definita e radicata, con modalità specifiche e una strategia chiara.

La responsabilità di questa situazione, così come del debole contrasto a essa, risiede principalmente nella mancata comprensione della fenomenologia mafiosa nella sua complessità. 

La politica, spesso, preferisce soprassedere per meri interessi personali, perpetuando un sistema basato sul “do ut des” e questo atteggiamento fa sì che molti scelgano di chiudere un occhio, partecipando indirettamente al sistema, piuttosto che impegnarsi nel contrasto alla mafia.

La libertà di un Paese passa con il voto!

Purtroppo, nel nostro Paese, e in particolare nella mia regione, la Sicilia (ma potrei dire lo stesso per molte altre…), quel voto è diventato merce di scambio. Sì, principalmente per interessi personali!

Non dico che sia sbagliato esprimere una preferenza, ma quando ciò accade senza alcun senso di responsabilità o come mero atto di scambio, si finisce per tradire l’essenza stessa della democrazia. E allora, a che serve quella “X” nell’urna? A cosa porta, se non all’indifferenza generale verso i partiti, i candidati e, cosa ancora più grave, l’intero sistema Paese?

Si va avanti così, tra apatia e opportunismo, ignorando deliberatamente le conseguenze delle decisioni prese nei palazzi del potere. La politica diventa un campo sterile, dove tutto si riduce a un ciclo perverso: il cittadino baratta il proprio voto per un tornaconto personale, e in cambio alimenta un sistema corrotto che soffoca ogni possibilità di cambiamento.

Le cronache sono piene di scandali, inchieste e amministrazioni sciolte per infiltrazioni mafiose. È un copione tristemente noto: un “patto” elettorale tra candidati e criminalità organizzata, costruito sulla compravendita del consenso.

La criminalità utilizza metodi ormai collaudati: dal pagamento in contanti per ogni voto garantito, allo scambio in natura, come buoni spesa o favori lavorativi. A questo si aggiungono le pressioni esercitate da chi, con il ruolo di datore di lavoro, impone ai propri dipendenti una preferenza elettorale in cambio della promessa di sicurezza occupazionale.

È chiaro che il cosiddetto “voto di scambio” rappresenta un reato grave, codificato come scambio elettorale politico-mafioso, punito con pene dai 4 ai 10 anni di reclusione. Ma quanti candidati temono davvero questa legge? Quanti si preoccupano delle conseguenze? Pochi, pochissimi. Perché, in fondo, sanno di agire in un contesto dove la complicità e l’omertà garantiscono l’impunità.

Ed allora come possiamo invertire questa rotta?

Già… se vogliamo davvero spezzare questo circolo vizioso, servono non solo azioni concrete, ma un profondo cambio di mentalità:

Ad esempio, bisogna ripartire con l’educazione civica e la sensibilizzazione: Le scuole devono tornare a essere il luogo dove si educa al valore del voto come strumento di partecipazione e cambiamento. Solo cittadini consapevoli possono rifiutare le logiche corrotte.

Ed ancora è necessaria più trasparenza e soprattutto un corretto monitoraggio; ad esempio si possono rafforzare i controlli durante le campagne elettorali e garantire la trasparenza nei finanziamenti ai candidati e ai partiti.

Implementare eventuali sistemi di segnalazione anonima sia per chi subisce pressioni, ma anche per chi viene intimidito, affinchè quel voto risulti libero da coercizioni e grazie a questi nuovi meccanismi si riesca a proteggere gli eventuali denuncianti.

Ed ancora, pene più severe e certe, perché non basta che il reato esista soltanto nel codice penale e poi come vediamo spesso nessuno paga!!! E tempo che le pene vengano applicate con rigore, afficnhè la società civile possa esser pronta a chiedere conto ai responsabili.

Ed infine è necessario incentivare la partecipazione attiva!!! La politica non deve essere percepita come un mondo distante o corrotto, ma come uno strumento nelle mani dei cittadini. Favorire una maggiore partecipazione ai processi decisionali, attraverso piattaforme digitali o incontri pubblici, solo così si può far riscoprire il senso di appartenenza.

In definitiva, il voto non è solo un diritto: è un dovere morale verso noi stessi e le generazioni future.

Se continueremo a svenderlo al migliore offerente, tradiremo ogni speranza di riscatto per la nostra terra. Solo con un impegno collettivo e una rinascita della coscienza civile potremo davvero riconquistare quella libertà che oggi appare sempre più compromessa.

Sì, verso il futuro con fiducia e coraggio…

Ho letto il messaggio che il Presidente della Regione Siciliana, Renato Schifani, ha rivolto ai siciliani in occasione degli auguri di Natale. 

Tra i vari argomenti affrontati, emerge innanzitutto la salute: “Migliorare la sanità pubblica è stata la nostra priorità fin dall’inizio”. 

Schifani ha sottolineato lo stanziamento di 750 milioni di euro destinati a nuovi ospedali, tra cui il Polo pediatrico di Palermo, che si prevede diventi un centro di eccellenza.

Un altro tema trattato è l’emergenza rifiuti; il Presidente ha affermato che “il percorso verso la realizzazione dei termovalorizzatori è ormai tracciato”, delineando una possibile soluzione per superare questa criticità.

Si è poi affrontato il problema della siccità, con l’annuncio che i dissalatori saranno operativi già dalla prossima estate. Una promessa ambiziosa, vista la gravità di questa problematica, che richiede interventi strutturali e immediati.

Nelle politiche sociali, Schifani ha menzionato il sostegno alle famiglie più fragili con il “reddito di povertà”, una misura una tantum pensata per offrire un aiuto concreto e immediato a chi ne ha più bisogno ed ha inoltre anticipato ulteriori iniziative per incentivare i consumi, senza però fornire dettagli specifici.

Tuttavia, nel suo messaggio manca un riferimento fondamentale: il contrasto alla corruzione. Già… nessuna parola sui fondi regionali spesso bersaglio della criminalità organizzata, sulle dinamiche della politica corrotta, sulla mancanza di merito e sul diffuso clientelismo che soffoca lo sviluppo della Sicilia.

In conclusione, Schifani invita i siciliani a guardare al futuro con fiducia: “La strada è ancora lunga, ma sono certo che, uniti, possiamo costruire una Sicilia più forte”. Parole che suonano bene, ma che necessitano di essere accompagnate da fatti concreti.

Non resta che attendere la fine di questo mandato per giudicare quanto di queste promesse sarà realizzato e quanto, invece, rimarrà nel limbo delle buone intenzioni. 

Il tempo ci dirà se si tratterà di un vero cambio di passo o di una semplice reiterazione delle vuote promesse a cui, purtroppo, ci hanno abituato molti dei suoi predecessori…

A Catania cresce l’ombra delle aziende in “odor di mafia”: l’estorsione regna, la denuncia manca!!!

Il fenomeno delle aziende controllate dalla mafia è una realtà sempre più preoccupante nella nostra Sicilia, e in particolare a Catania. Un territorio dove il crimine organizzato non si limita più alle attività illecite tradizionali, ma penetra sempre più profondamente nel tessuto economico legale.

Secondo l’ultimo rapporto dell’Ufficio Studi dell’associazione artigiani e piccole imprese, il volume d’affari annuo delle mafie italiane si attesta attorno ai 40 miliardi di euro. Una cifra impressionante che collocherebbe l’industria del crimine al quarto posto in una ipotetica classifica nazionale, subito dopo colossi come Eni (93,7 miliardi), Enel (92,9 miliardi) e il Gestore dei servizi energetici (55,1 miliardi). Eppure, tale stima è ritenuta sottostimata, poiché non include i proventi derivanti dall’infiltrazione mafiosa nell’economia legale.

Le attività criminali tradizionali, come il narcotraffico, il traffico di armi, lo smaltimento illegale dei rifiuti, le scommesse clandestine, il gioco d’azzardo, l’usura e la prostituzione, continuano a generare profitti ingenti. A queste si aggiungono le infiltrazioni negli appalti pubblici e la gestione opaca delle aziende. 

In Sicilia, oltre 13.000 attività sono considerate a rischio di infiltrazione mafiosa. La situazione è allarmante: secondo recenti analisi, ben il 99% delle imprese locali risulterebbe in qualche modo controllato o condizionato dalle organizzazioni criminali. Chi non si adegua a questo sistema raramente riesce a operare, soprattutto nel settore pubblico o nei grandi appalti, spesso gestiti da “General contractor” legati a società del Nord Italia, ma comunque sotto l’egida mafiosa.

Controlli inefficaci e il fallimento della legalità formale.

Il sistema di controlli, incluso quello delle Prefetture (White list) si rivela inefficace. Basta analizzare le liste delle imprese coinvolte per scoprire come molte di queste, o i loro reali proprietari, abbiano alle spalle procedimenti penali o condanne. Nonostante ciò, queste aziende continuano a operare indisturbate, protette da una rete di connivenze e inefficienze. Si sottoscrivono Protocolli di legalità, si firmano accordi, ma tutto questo rimane sulla carta.

Nel frattempo, sotto gli occhi di tutti, prosperano sistemi fraudolenti resi possibili dalla complicità di funzionari pubblici disonesti. Questi, in cambio di mazzette, chiudono un occhio o facilitano pratiche illecite, garantendo così la perpetuazione del sistema mafioso.

Lavoro nero e violazione delle norme: l’altra faccia del problema.

Un altro aspetto cruciale è il dilagare del lavoro nero e delle pratiche irregolari. Nei cantieri e nelle aziende mancano spesso le minime condizioni di sicurezza, e i processi di qualità e rispetto per l’ambiente vengono sistematicamente ignorati. Tutto questo avviene con la tacita accettazione di una società ormai assuefatta alla corruzione e alla complicità diffusa.

La corruzione: il vero cancro della Sicilia.

Viviamo in una terra contaminata dalla corruzione sistemica, dove molti preferiscono chiudere entrambi gli occhi pur di ottenere un tornaconto personale: una raccomandazione, un posto di lavoro per un familiare, un favore da parte del politico di turno. 

In questo contesto, i valori della legalità e della dignità vengono calpestati, e chi cerca di denunciare o far emergere le verità scomode – come il sottoscritto – si ritrova ahimè isolato, criticato e persino intimidito (senza però ottenere alcun risultato concreto…).

La battaglia per la legalità deve continuare!!!

La situazione è complessa, ma non possiamo rassegnarci. La lotta contro l’illegalità passa anche attraverso la denuncia, la sensibilizzazione e la costruzione di una coscienza collettiva che non tolleri più compromessi. Solo con un impegno condiviso e coraggioso potremo sperare di cambiare davvero le cose.

Catania, come tutta la Sicilia, merita di essere liberata da questa piaga, ma sta a noi cittadini, ognuno nel proprio ruolo, fare la differenza e non cedere mai alla paura e ancor meno all’indifferenza generale.

Bancarotta fraudolenta, condannato l’imprenditore!

L’ennesima bancarotta fraudolenta compiuta in Sicilia!!!

Come ripeto spesso… “il gioco non vale la candela”!!!

Ho letto che il Tribunale ha condannato l’imprenditore a 13 e mezzo di reclusione, disponendo altresì per gli altri responsabii l’interdizione perpetua dai pubblici uffici e l’inabilità all’esercizio di impresa. 

Sembra dall’inchiesta che essi abbiano distratto dai conti correnti della società centinaia di migliaia di euro e di averlo fatto con ripetuti prelievi attraverso l’emissione di assegni in favore di terzi…

Movimenti che secondo i giudici erano privi di qualsiasi giustificazione contabile, generando di fatto un danno ai creditori della società. 

Il tribunale ha dichiarato il non doversi procedere nei confronti dei tre imputati in ordine all’ipotesi di reato di intestazione fittizia di beni, mentre è stato assolto dall’accusa di truffa in concorso il direttore tecnico della società…

Lettera aperta: perchè a Catania i controlli vengono svolti sempre nelle officine regolari e mai in quelle abusive???

Sig. Costanzo buonasera, 
la contatto in quanto sono un suo lettore, anche se solitamente non commento i suoi post.

Mi piace quando scrive perché si vede che non possiede “peli sulla lingua” ed esterna quello che pensa senza remore, mi riferisco allo scrupolo morale che impedisce alla maggior parte di noi e quindi dei miei conterranei di fare qualcosa di buono come denunciare le cose che non vanno.

Premetto che il sottoscritto per oltre quarant’anni di lavoro ha svolto la mansione di meccanico, prima sotto principale e poi quando da titolare quando mi è stata lasciata l’officina. 

Da circa 15 anni ho avuto la fortuna di avere con me i mei due figli che mi hanno aiutato a portare avanti l’officina, purtroppo però alcuni anni fa sono rimasto vedovo e lo scorso anno per ragioni di salute ho dovuto lasciare tutto a loro, senza più potere dare una mano. 

Comprenderà come tutto il mio mondo sia improvvisamente sparito ed allora, non avendo altro da fare, trascorro parte del mio tempo seduto lì in quell’officina, anche perché questa mi da la possibilità di vedere ogni giorno moltissimi miei ex clienti, i loro figli ed anche i tanti amici.

Sa, io di amici a Catania ne ho tantissimi, perché mi sono semrpe fatto volere bene, non ho disturbato mai nessuno e quando ho potuto ho dato una mano a chi mi chiedeva aiuto anche economico, sono stato abituato da ragazzo a dividere anche il pranzo con qualche amico che viveva in condizioni disagiate, ma il tutto non mi ha mai pesato. 

Come dicevo conosco tutti e tutti conoscono me, appartengo ormai da una vita a quel quartiere che ormai la maggior parte di loro mi chiama “ZU” che in catanese, sta ad indicare la parola “Zio”.

Non le dico quante volte avrò riparato le loro auto senza una lira, oggi diremmo senza un euro, con la promessa però che a fine mese, appena avrebbero preso il salario, sarebbero venuti a saldarmi il debito e posso dire che chi più chi meno, nel corso degli anni ha mantenuto fede alla promessa.

Le scrivo questa sera perché l’altro ieri è capitato un fatto strano.

Come le dicevo conosco tutti nel quartere, ma non solo, negli anni mi sono sempre fatto volere bene e soprattutto mi sono interessato soltanto a ciò che mi riguardava, senza giudicare l’operato degli altri, anche quanto sapevo che molti di loro stavano danneggiavano il mio lavoro con quelle loro officine abusive, come per altre attività svolte come come carrozzerie o vendita di ricambi d’auto, la maggior parte di questi provenienti dai furti commessi grazie anche all’uso di carri attrezzi abusivi. 

Ed allora, dopo una vita in cui ho cercato sempre di essere rispettoso della legge, debbo dirle che qualcosa di irregolare è stata fatta anche da me, ma posso dire certamente pochissimo rispetto a quanto rubato da altri, ecco che proprio alcuni giorni fa, sono venuto nella officina dei miei figli, per fare dei controlli, amministrativi ma anche sui carusi che lavorano lì e che sono regolarmente ingaggiati.

Ho saputo dai miei figli che hanno preso una piccola multa per una irregolarità sulla sicurezza, non so però su che cosa, ma mi chiedevo, perché sono venuti quì da noi, mentre dagli altri distanti solo poche centinania di metri non ci sono andati? Hanno paura che qualcuno in quei posti possa dare loro una sbranga di ferro in testa? Hanno evitato perchè sanno che quei soggetti sono pericolosi, mentre noi per loro siamo dei fessi? 

Ecco perché scrivo, perché vedo queste cose e tante altre che accadono in questa città e nessuno fa mai niente, perché stanno tutti zitti e come me subiscono queste infamie da quei soggetti che sicuramente sono stati mandati per fare piacere a qualcuno di quelle officine abusive.  

Non dico che non sia giusto fare i controlli, ma questi debbono essere fatti, così si vedono le  officine in regola e chi no, e forse così si cerca di chiudere quelle non sono regolari. 

Spero che questa mia lettera venga pubblicata cosi finalmente qualcuno che la legge comincierà di  fare il proprio dovere.    

Grazie Sig. Costanzo. 

LETTERA FIRMATA
Ps.: alcune parti sono state appositamente elise dal sottoscritto.

Le risorse ci sono, dobbiamo superare le lungaggini burocratiche!!!

Sono felice di sentirlo dire dal Presidente della Regione Sicilia, Renato Schifati, al termine della cerimonia per l’insediamento dei due nuovi componenti della squadra di governo regionale..
Il Presidente ha altresì aggiunto: “Si lavora in piena serenità e siamo fermamente determinati ad andare avanti nell’attuazione del nostro programma“. 
Ecco quindi insediati i nuovi assessori regionali Giusy Savarino (Territorio e Ambiente) e Salvatore Barbagallo (Agricoltura). 
Proseguendo – il governatore siciliano – ha detto: “La nostra scommessa adesso è vincere i tempi lunghi delle regole procedurali. Abbiamo un rapporto ottimale con il governo nazionale e le risorse per combattere emergenze come siccità e incendi non mancano, dobbiamo fare in modo che le procedure impediscano la realizzazione delle opere per la salvaguardia dei siciliani e la crescita economica”.

Inoltre il Presidente dopo esser interventuto sui principali temi che hanno attraversato l’isola durante l’estate, vedasi l’emergenza idrica, i rifiuti e gli incendi, ha tenuto a precisare che “chiusa la vicenda dei nuovi assessori, con calma affronteremo anche l’argomento della vicepresidenza della Regione, che è un ruolo più politico che operativo“…

Ho letto che Barbagallo, professore ordinario di Idraulica agraria e sistemazioni idraulico-forestali all’università di Catania, prende il posto di Luca Sammartino e avrà la delega di assessore all’Agricoltura, sviluppo rurale e pesca mediterranea. Savarino, avvocato e deputato regionale, già presidente della Commissione parlamentare “Ambiente” dell’Ars,  subentra a Elena Pagana e si occuperà di Territorio e ambiente.

Dopo quanto ho scritto in questi anni sulle problematiche evidenziate dalla “C.T.S.” non posso che essere lieto di scoprire che ci sia stato un cambiamento con la nuova nomina data all’Assessore Savarino per il “Territorio e Ambiente“. 

Parliamo di un settore fondamentale per l’economia dell’isola in quanto oltre a riunire in se un vasto bacino d’imprese e di conseguenza d’occupati, esso però ahimè suscita l’interesse anche di quegli ambienti fortemente legati alla criminalità organizzata e ciò costituisce un grave problema da doversi affrontare in maniera seria e non certo per come è stato fatto finora, in maniera certamente impercettibile!!!

Diventa quindi di fondamentale importanza effettuare in maniera accurata tutti quei necessari controlli per verificare se quelle imprese possano realmente essere iscritte nella “White List”, ma non solo, esse debbono realmente possedere quei necessari requisiti di legalità,  non solo sulla carta, perché sappiamo bene come basti poco per preparare la documentazione richiesta in modo accurato, affinchè si possa bypassare quei cosiddetti “controlli”, circostanze tra l’altro quest’ultime ben evidenziate, sì… dalle verifiche ispettive compiute dal Nucleo Operativo Ecologico dei Carabinieri!!!.

Auspico quindi che l’Assessore Savarino inizi a dare evidenza di quei processi di trasparenza per  ridurre tutte l’emergenze e le criticità di cui sicuramente sarà stata informata (eventualmente può contattarmi e sarò lieto di farle un resoconto). 

Infatti, nell’osservare l’immagine allegata si può comprendere come tutto il territorio sia coperto da una qualche attività che richiede una autorizzazioni ambientale da parte della Commissione specialistica a cui competono tutte quelle attività istruttorie, pareri tecnico-consultivi e tecnico-giuridici in tema di provvedimenti ambientali, autorizzazioni comprenderete necessarie per il rispetto dell’ambiente e soprattutto della legalità.

Assesore, confidando quindi nel lavoro accurato e competente del suo staff non posso che sperare che ciò diventi (quando la documentazione presentata risulta essere completa e conforme alla normativa vigente) – ancor più celere, sì…  in modo da poter fornire una risposta tempestiva a tutti quei fiduciosi imprenditori e di conseguenza debbo aggiungere a quei loro tecnici professiosti che tanto si adoperano affinchè le richieste presentate trovino da parte di quel Comitato parere favorevole, per inziare, continuare o riprendere le attività dei loro clienti.

Assessore Savarino, buon lavoro.

Provo a spiegare in maniera semplice, in quali modi si sviluppa l’imprenditoria mafiosa…

Ed allora, partendo dall’attuale condizione e cioè che non esistono nella mia regione (ma la regola vale anche per tutte le altre…) soggetti capaci di sviluppare dal nulla “strabilianti” attività imprenditoriali a cui nessuno aveva pensato prima e tralasciando altresì di evidenziare capacità di miei conterranei di cui non ho mai sentito parlare e cioè capaci di generare improvvisamente sviluppi economici e finanziari tali da alterare lo stato sociale di noi isolani, beh… ciò che resta è una manipolazione del territorio in ogni suo aspetto quotidiano, iniziando da quel sottomesso meccanismo clientelare/mafioso a cui si lega il degrado morale della nostra classe politico/dirigenziale.

Vediamo quindi in quali modi “eccezionali” si son venuti a creare quei processi finanziari che hanno permesso  a talune attività imprenditoriali di cresciere in pochi anni maniera considerevole, sapendo che nessuno di quegli imprenditori abbia mai posseduto un patrimonio personale (e/o familiare) tale da consentirgli di investirne – anche solo una parte – per quei propri progetti innovativi!!!

Per cui, mancando di fatto il pressuposto fondamentale per iniziare una qualsivoglia attività – mi riferisco alla disponibilità di denaro per dare avvio alla propria attività idealizzata – ecco che si prova a ricercare (senza alcun risultato…) quelle risorse finanziarie presso noti Istituti di credito, i quali però, senza alcuna garanzia non rilasciano neppure un fido di poche centinaia di euro!!!

Ecco quindi che quella ricerca fiduciosa di capitale viene indirizzata verso (ahimè) taluni soggetti, solitamente legati ad ambienti criminali…

Premetto comunque che questa prassi non può esser sfruttata da chiunque, già… non tutti possono usufruire di quelle risorse finanziarie che si sa esser di provenienza illecita, poichè bisogna innanzitutto far parte di quell’associazione o quantomeno dimostrare di volerne condividene tutte le azioni…

Parliamo quindi di soggetti che intendono accettare e quindi perseguire quell’obiettivo comune, nel caso specifico criminoso, sì… sapendo che quanto viene ora consegnato per esser investito proviene da attività illegali quali riciclaggio, estorsione, contraffazione, spaccio di stupefacenti, prostituzione, lavoro a nero, etc…

Ecco quindi che se si inizia ad operare per quel sistema, si permette attraverso la propria attività di riciclare risorse (illegali) in circuiti legali dell’economia reale e della finanza.

Ecco quindi che quel denaro comincia a realizzare interessanti profitti ed una parte di esso – mi riferisco agli utili generati – vanno a mutare in qualcosa di concreto, attraverso l’acquisizione di beni immobili come capannoni, negozi, uffici, terreni, etc… ma anche attraverso investimenti particolari come metalli preziosi, monete e diamanti… 

Ed allora, quell’impresa (di cui nessuno sapeva…) inizia improvvisamente a compiere dei passi importanti nell’economia locale, ma non solo, si espande ora anche in altre regioni e in settori diversi, il tutto a scapito di quella concorrenza che viene – anche con modi coercitivi – limitata o eliminata!!!

Tra l’altro nessuno deve provare a bloccare la crescita di quell’asset imprenditoriale, perché tutti ormai sanno che dietro quella “testa di legno” vi è il vero proprietario, cioè quel “boss” che ha di fatto sborsato il denaro, lo stesso che al momento opportuno, si riprenderà quella “fresca creatura” per dar vita ad altre nuove imprese, tutte collegate tra esse come scatole cinesi, affinchè si possa permettere di celare l’espansione e rendendo sempre più occulti gli investimenti dei capitali. 

Sì… perché uno dei principali sforzi che deve compiere quell’impresa (per sfuggire ai controlli) è rappresentato dalla mimetizzazione degli investimenti dei capitali, affinchè le forze dell’ordine – preposte a quelle verifiche – abbiano difficoltà nel risalire alle origini illecite, già… sin dalla loro iniziale movimentazione e difatti, quanto celatamente compiuto, rende (successivamente) ahimè difficoltoso agli organi giudiziari per  procedere con i noti provvedimenti giudiziari di sequestro e/o confisca!!!

Ecco il motivo per cui esiste un meccanismo che lega entrambi quei poteri; già… imprenditori e mafiosi uniti in un unico scopo, sì… determinato dal calcolo utilitaristico, evitando altresi soluzioni che potrebbero generare conflitti o che potrebbe trasformare in perdenti, sia gli imprenditori che i criminali.

Già… sono certo che ora avete intuito come alla base della formazione di molte nostre imprese (a partecipazione mafiosa – grazie ai loro capitali) vi siano motivazioni dil potere; mi riferisco al meccanismo di controllo non solo dei mercati locali, ma soprattutto del territorio; già… perché ora, quella posizione economica conquistata, permette all’imprenditore (e al suo socio occulto…) di indirizzare (quando richiesto) la propria influenza verso quei referenti del potere politico i quali, evidenziano in ogni loro circostanza, di esser sempre disposti a offrire qualcosa in cambio, pur di ricevere quel pacchetto preparato di preferenze elettorali… 

Infine, per il resto non cambia nulla, solite briciole ai cittadini per i voti concessi, sottosviluppo e criminalità ovunque, ed ancora, disoccupazione e sfruttamento della manodopera, ma soprattutto ciò che da maggiormente fastidio è quell’obbligata subalternizzazione del governo nazionale (di quello regionale non si sente neppur parlare…) a progetti di sviluppo capitalistico, sì… finalizzato – come da sempre accade – agli interessi delle imprese del Nord ed a tutte quelle imprese che sono state in questi anni (appositamente) create,  per generare propriamente quegli inevitabili baratti di potere!!!

Ma se chi deve controllare non controlla e viceversa si rende colluso con le imprese escutrici di quegli appalti…

Già… se il più delle volte accade quanto riportato nel mio titolo d’apertura, come si pensa di voler andare avanti???
Ho letto stamani un post sulla messa in sicurezza di un tratto autostradale – la cui esecuzione dei lavori ha impiegato ben nove anni per essere ripristinata – ed ora “stranamente”, sì… al primo temporale, ha evidenziato tutti i propri difetti, essendosi allagata in entrambe le corsie di marcia… 
L’articolo si riferiva ad un tratto autostradale già interessato nel 2015 da una frana che provocò il distacco di materiale dalla collina sovrastante…
Un altro post del 12 Luglio c.a. – riportato su “La sicilia” dichiarava: «Oggi – commenta Aricò – assistiamo al completamento dei lavori che garantiscono le necessarie condizioni di sicurezza in uno dei punti nevralgici della viabilità regionale, interrotta da diversi anni. Grazie ai fondi del Patto per lo sviluppo della Regione Siciliana siamo stati anche in grado, attraverso il Consorzio per le autostrade siciliane, di avviare sulla A18 una serie di interventi di messa in sicurezza che, in questi ultimi giorni, dopo tanti anni di disagi consentono di riportare il traffico alla normalità».
Come sempre però le parole non corrispondono ai fatti e ahimè quel tratto autostradale, ma potremmo fare un elenco di tutti i problemi attualmente presenti nell’isola, risulta nuovamente compromesso e noi automobilisti come solitamente accade, dobbiamo subirne le conseguenze!!!
Ed allora ritornando al mio titolo d’apertura: bisogna prendere provvedimenti nei confronti di tutti quegli incaricati (ufficialmente) ai controlli e nel caso in cui i lavori da essi seguiti dovessero risultare successivamente difformi o quantomeno non in regole rispetto a quanto era stato riportato nel Capitolato speciale e nei progetti di esecuzione, beh… verificato quantro sopra, bisognerà immediatamente intervenire, sì… allontanando – una volta e per tutte – quegli infedeli” professionisti e denunciando presso le autorità giudiziarie l’accaduto affinché si possa intervenire con provvedimenti (personali e/o familiari) di sequestro e quindi confisca dei beni.

Pensare d’altronde di continuare così è impossibile, anche perché – come ripeto spesso – la maggior parte di quei “collusi” professionisti, dirigenti e politici, prova a convicerci di volere quel cambiamento, peccato però che poi nei fatti essi si comportano come quei gattopardiani: “Se vogliamo che tutto rimanga com’è, bisogna che tutto cambi”!!!
 
Già… il loro motto è: “tutto deve cambiare affinchè tutto resti come prima“; nel frattempo gli appalti vengono per l’ennesima volta ripristini, già…a nostre spese!!!

Presidente Schifani – so bene che non siamo sotto periodo di elezioni – ma perché non prova a farsi un giro con il suo staff per le strade siciliane?

Presidente Schifani, desideravo invitarla dalle parti di Castel di Iudica per farle osservare (di presenza) le condizione pietose di quelle strade che ogni giorno vengono attraversate da chi – come il sottoscritto – proviene da Catania e/o viceversa da coloro che compiono quel percorso in senso opposto, sì… per recarsi in città o solo per attraversarla in tangenziale per dirigersi (quando libera da quegli abituali rallentamenti, causati il più delle volte da incidenti) in direzione Messina o Siracusa/Ragusa.

Certo, comprendo perfettamente quanto sia preferibile per Lei restare a Palermo, in particolare in quel meraviglioso “Palazzo Reale” – già… starei anch’io ore ad ammirare quella stupenda “Cappella Palatina” – ma ogni tanto – visto che Lei rappresenta la più alta carica dell’isola –sarebbe appropriato prendere atto su quanto accade all’esterno di quel Palazzo…

Ovviamente comprendo i suoi impegni ed allora può demandare ad uno dei sui sottoposti quel gravoso incarico, d’altronde essi vengono pagati anche per questo e quindi le consiglio di inviare quel suo Assessore, Dirigente, Funzionario, Preposto ar verificare le condizioni del territorio e soprattutto comprendere i tanti problemi di quest’isola che posso assicurarle sono molti di più di quelli che solitamente vengono portati alla Sua attenzione…

Avevo già scritto sull’argomento due post, precisamente:

– http://nicola-costanzo.blogspot.com/2024/06/caro-ministro-delle-infrastrutture.html

– http://nicola-costanzo.blogspot.com/2024/07/sp102-ii-per-castel-di-judica-assessore.html

per poi ricevere anche una lettera di ringraziamento, già… da parte di una lettrice:

– http://nicola-costanzo.blogspot.com/2024/06/forse-e-tempo-che-quellassessorato.html

Come avevo riportato all’Assessore Aricò qualcosa è stato fatto, ma qualcosa altro andava definito e difatti, è bastata la prima pioggia, per creare i gravi danni evidenziati nelle foto in allegato…

D’altronde se posso permettermi, i lavori andrebbero realizzati in modo tale che non vi siano ripetizioni, non tanto per evitare di alimentare costi inutili, ma soprattutto per far sì che il servizio pubblico non debba subire continui disservizi…

Ed allora le chiedo gentilmente, la prossima volta quando deciderà di realizzare quegli interventi, di contattarmi anticipatamente, affinchè possa offrire non solo gratuitamente una consulenza tecnica, ma soprattutto per evitare che quei lavori, non abbiano – solo dopo pochi giorni e/o mesi – a  ripetersi!!!

Già… perché come ben sa – Presidente Schifani – il problema reale delle manutenzioni non dipende dal fatto che il personale non è capace di eseguirli in modo adeguato, tutt’altro… si tratta esclusivamente di farli compiere in maniera corretta o come si dice semplicemente “a regola d’arte”!!!

Perchè si sa che sono principalmente gli incaricati che controllano l’esecuzione di quei lavori i veri responsabili, sono loro infatti che verificano quegli interventi e decidono se sono stati eseguiti in modo corretto, e sono sempre loro che devono attenzionare eventuali problemi, altrimenti tutto procede per come abitualmente vediamo e cioè, proprio come nelle foto in allegato!!!

Posso tra l’altro confermare che di queste foto – sì… se dovessi ogni giorno realizzarne una per ogni problema che osservo durante i miei percorsi quotidiani – Presidente – Lei ne riceverebbe sulla sua scrivania non meno di 1000 al mese…

Difatti se decidessi di creare una pagina web (su un qualsivoglia social), chiedendo ad esempio ai miei conterranei di pubblicare ogni irregolarità che incontrano nel’isola, beh… sono certo che Lei si vedrebbe in pochi giorni quel Palazzo della Regione ricoperto di comunicazioni!!!

Tra l’altro vorrei cogliere l’occasione – prendendo spunto da quanto sopra dichiarato – che proprio nella giornata di ieri, alcuni di quegli addetti ai lavori si sono presentati, sì… proprio in quel tratto di strada, ma per non far nulla, perché nel frattempo altri – mi riferisco ai tanti automobilisti volenterosi –avevano provveduto – a mani libere – a spostare quelle pietre ai lati della carreggiata, mentre come riportavo sopra, chi di dovere – già…  come Ponzio Pilato – se ne lavato le mani e difatti le condizioni – se pur migliorate – sono rimaste inalterate!!!

Presidente Schifani in attesa di un suo concreto riscontro, mi permetta di rivolgerLe ancora una domanda: Cosa bisogna attendere per vedere una Sicilia finalmente diversa??? Perché vede il sottoscritto in questi lunghi anni – ha visto cambiare una serie di individui, suoi predecessori – di cui evito di riportare i nomi e soprattutto le numerose inchieste giudiziarie per le quali sono stati indagati e/o condannati – che certamente hanno reso questa mia meravigliosa Sicilia, in qualcosa di letale e ahimè fortemente colluso e credo che non vi sia bisogno di far comprendere a Lei, a cosa mi riferisco!!!

I controlli in Sicilia vengono compiutì a chi è in regola, viceversa chi non lo è, continua tranquillamente a operare nella totale illegalità!!!

E si… perché da quegli uffici istituzionali attendono sempre che ci sia qualcuno che si presenti a denunciare, altrimenti loro – da quelle comode sedie ben rfrigerate – non si muovono minimamente!!!

Mi dispiace, ma le cose vanno dette per come sono, senza alcuna ipocrisia, perché so bene come in questa regione, in particolare nel territorio della mia provincia che meglio di altri conosco alla perfezione, i controlli vengono svolti in modo saltuario e il più delle volte perché richiesti da coloro che pagano, sì… proprio da  quei “prenditori” (poichè certamente “imprenditori” non possono esser definiti, in quanto molti di essi sono eguali alla foto pubblicata…) che mensilmente alimentano la criminalità organizzata affinchè non si abbia – in quel loro settore – una leale concorrenza!!!

Ed allora ecco una serie di soggetti “venduti” che si offrono per quelle occasioni, già…non per svolgere il proprio incarico in maniera professionale e soprattutto leale, no… per offrirsi personalmente a compiere quei controlli dove non servono, dove si ha già una presenza di legalità e trasparenza, una sede di lavoro che prova a restare slegata da coercizioni e/o prevaricazioni, dove si preferisce subire per non piegarsi, e via discorrendo…

Eppure, quei dirigenti, quei funzionari, quegli uomini delle istituzioni ed anche ahimè alcuni uomini delle forze dell’ordine, cosa fanno, vanno lì – sì… dove “gentilmente” richiesto… per  controllare, mentre viceversa, dove dovrebbero esser indirizzare quelle (corrette) ispezioni, ecco che “inspiegabilmente” proprio questi soggetti si girano dall’altro lato e non vedono ( o dovre dire non vogliono vedere, già… siamo in presenza dell’elefante nella stanza…) quanto evidente a chiunque, sì… anche a noi cittadini!!!

Ma se provate a chiedete loro, beh… risponderanno sempre nella stessa maniera: ah… ma non sapevamo, nessuno ci aveva informato, ma perché non ci avete avvisato prima???

Ma per favore, anche i muli che passano da quell’area sanno cosa sta accadendo e questi soggetti, incaricati pubblici (in quanto da noi tutti retribuiti) dello Stato, dicono di non sapere…

La verità è che pensano di prendere per il culo, già…dimenticano quanto semplice possa esser sputtanare ciascuno di loro; già… lo si può fare innanzitutto pubblicamente, denunciandone il loro nome e cognome, la funzione e l’incarico che avrebbe dovuto svolgere all’interno di quel settore, il tutto accompagnato con un video su “Tik Tok“, seguito ovviamente da un esposto in Procura e chissà, anche a qualche associazione di legalità!!!

Perchè soltanto così si può levare questo letamaio dalla nostra terra, perchè i primi che debbono esser colpiti non sono i soliti criminali o i cosiddetti mafiosi, no… viceversa sono quei soggetti collusi – infidi e schifosi – che debbono essere evidenziati, in quanto mensilmente foraggiati da questi ultimi!!!

E’ dire che si sa tutto, ci sono le intercettazioni che dimostrano quanto sopra, eppure non si è in grado di eliminare questo marciume che fa sì che le imprese illegali operino attraverso una procedra di “white list” ridicola, viceversa, chi fa di tutto per seguire correttamente i principi di legalità, si ritrova incredibilmente “uomini dello stato” (con la “u” e la “s” minuscola – per come d’altronde sono loro come individui….) che fanno di tutto per provare ad ostacolarli!!!

Ecco perché mi permetto di consigliare alcuni di quei Responsabili e/o Dirigernti (ancora leali) di darsi una mossa, poiché a breve alcuni nomi di quei loro sottoposti  – per come mi è stato anticipato dai miei lettori – potrebbero finire a giorni sulle pagine di “Tik Tok“, con ripercussioni certamente negative nei confronti di quegli uffici da loro diretti che riceverebbeo giudizi da parte dell’opinione pubblica non certo degni di nota!!!

"Buon ferragosto sicuro"!!!

Sommano ad oltre 11mila euro le sanzioni elevate nell’ambito dell’operazione «Buon ferragosto sicuro» dai carabinieri della compagnia di Giarre (Catania), che hanno controllato circa 200 persone ed un centinaio di autovetture…

E quindida Calatabiano a Riposto, fino ai comuni di Giarre e Zafferana Etnea, i militari dell’Arma hanno compiuto controlli del territorio lungo tutta la fascia costiera di competenza, in vista soprattutto dal maggior afflusso di villeggianti, sia siciliani che provenienti da altre regioni o di nazionalità straniera.

Durante quei controlli sono state denunciate tre persone; una per esser in possesso di un coltello, l’altra per falsa attestazione di identità, ed un altra ancora per aver provocato un incidente stradale sotto l’effetto di sostanze alcoliche, a cui si sono sommate le infrazioni per mancanza di assicurazione e revisione, guida contromano, guida senza casco, mancanza di cinture di sicurezza e/o patente ed utilizzo del cellulare durante la guida…

Visto quanto emerso da questo controllo festivo, sarebbe opportuno rilanciare questa iniziativa a tutti i giorni della settimana perchè sono certo che sarebbero non solo centinaia ma migliaia, il numero di sanzioni che verrebbero quotidianamente elevate per violazioni al codice della strada!!!

Straordinaria la somiglianza dell’Ufo avvistato sopra Curitiba in Brasile con quello alle pendici dell’Etna!!!

Un oggetto volante non identificato è stato avvistato sopra la città brasiliana di Curitiba. 

Gli esperti hanno confermato l’autenticità del video – https://www.msn.com/it-it/notizie/italia/il-video-dello-strano-oggetto-non-identificato-in-volo-sopra-curitiba-in-brasile/vi-BB1r6ybV?ocid=hpmsn&cvid=6fa1cfe923b94ea9aaf34f2938163567&ei=5#, che è già stato definito il video di un “UFO” più nitido nella storia. 

Le autorità brasiliane hanno affermato di non essere in grado di spiegare la natura del fenomeno. 

Si presume che possa trattarsi di un pallone meteorologico, ma nessuno al momento ha fornito una risposta certa o ha confermato l’origine dello strano oggetto voltante. 

La circostanza assurda è che proprio il sottoscrotto avesse parlato proprio alcuni giorni fa di UFO, già… adiacente il nostro vulcano Etna, poche ore prima che iniziasse l’intensa attività stromboliana…

Cosa dire, quanto visto dal sottoscritto sembra esser molto somigliante a quello ora osservato in Brasile…

Una coincidenza, non so, forse…

 

Sì… la fermata "Fontana" della metropolitana di Catania è veramente bella!!!

Forse rappresenta qualcosa di unico nel panorama delle metropolitane in particolare perchè va ad abbellire una delel nostre periferie e quindi va dato merito a chi l’ha progettata…

Pe runa volta sono d’accordo con il ministro Salvini quando dice: “la periferia ha diritto al bello, non ci devono essere solo il bello vicino alla Cattedrale, anche perché bello chiama bello”!!!

Cosa dire un’area transito allestita secondo criteri museali che neppure le metropolitane di Londra, Parigi o Madrid possiedono, difatti sono presenti in quell’area a vista ( ma protetta…) una selezione di opere provenienti dalla collezione dell’omonimo museo Biscari e frammenti di mosaici provenienti dalle Catacombe di Domitilla…

Altro che “Fermata metro” perché quanto realizzato può esser definito “Fermate d’Arte'”, e bisogna dare merito non solo al Sindaco Trantino e al suo staff del Comune di Catania che ha saputo portare avanti l’idea di collaborazione tra il museo Civico del Castello Ursino e la Ferrovia Circumetnea.

Cosa aggiungere, non si tratta semplicemente di attraversare quel luogo di transito in maniera celere, bensi un nuovo punto d’incontro per possibili scambi culturali, in presenza di opere artistiche uniche che certamente elevano con la loro sola presenza il livello intellettuale di un eventuale convegno….

La nostra isola è unica nel mondo, in quanto rappresenta in se il più grande bacino culturale di reperti archeologici rappresentanto di tutte le civiltà passate del mediterraneo, popolazioni che ci hanno conquistato e occupato, lasciando nei secoli lingue, culture, monumenti, organizzazioni sociale, militari e anche pratiche religiose…

Ecco perché attraverso l’esposizione di questi preziosi reperti possiamo raccontare una memoria passata che ha visto quella propria popolazione autoctona influenzata da tutti quei gruppi etnici che sono passati sul suo territorio, mi riferisco dai fenici, ai greci e continuando con le civiltà… punica, romana, vandala, erulo-ostrogota, bizantina, islamica, normanna, sveva, angioina, ed ancora, spagnola, sabauda, austriaca, borbonica per giungere infine dalla spedizione dei Mille e all’annessione al neonato Regno d’Italia, fino alla nascita della Repubblica Italiana nel 1946.

Una storia unica che racconta dell’eclettismo culturale siciliano, unico nel suo genere, già… poichè derivato dalla mescolanza di quei popoli che ci hanno saputo tramandare stili e movimenti architettonici che possiamo oggi in parte apprezzare nelle bellezze riprodotte all’interno di quella fermata della metrò…