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Chissà, forse ora avendo compreso di esser stato tradito, l’ex boss di cosa nostra potrebbe iniziare a raccontare quelle verità scomode che molti preferirebbero restassero celate???

Chissà se forse la malattia o l’avvenuta convinzione di essere stato tradito, non conduca Matteo Messina Denaro ha parlare con i giudici, in particolare di quegli aspetti “stragisti” rimasti finora oscuri e di cui certamente molti vorrebbero tener segreti, quantomeno per altri trent’anni…

L’ex boss di cosa nostra qualche passo verso quella direzione lo sta realizzando, difatti ha deciso (dopo il suo arresto ad inizio gennaio) di non nascondersi, per come avevano fatto quei suoi predecessori, in particolare egli ha fatto comprendere di essere stato affiliato a quella associazione criminale, di avere dato anche ordini per eseguire omicidi, di cui si è assunto la paternità, ma viceversa si è scaricato di talune azioni violente commesse da quell’associazione criminale, nei vari anni del suo comando, tra questi ha dichiarato al gip di Palermo Alfredo Montalto: “Non ho dato l’ordine di uccidere il piccolo Giuseppe Di Matteo”!!!

Le nuove dichiarazioni del boss scaricano la colpa su Giovanni Brusca, capo mandamento di San Giuseppe Jato, un’assassinio ritenuto (a suo dire) ingiusto, il ragazzino venne brutalmente strangolato e poi sciolto nell’acido a soli 12 anni per aver quale colpa, quella di essere figlio di un collaboratore di giustizia: Santino Di Matteo. 

Se solo si aprisse ancora un po’, già… se soltanto decidesse di raccontare chi c’è stato dietro a quelle stragi ed ancora, dove è finita l’agenda rossa del giudice Borsellino e chi l’abbia presa per poi farne che cosa???

Sì… chi aiuto la mafia a compiere la strage di Capaci, quali servizi deviati o militari hanno portato l’esplosivo necessario e tutta la strumentazione atta a potersi compiere quell’attentato???

Ed ancora, chi tra i nostri politici ha permesso la sua latitanza, quali partiti hanno usufruito dell’appoggio della mafia negli anni scorsi e in quelli attuali, quanti tra essi “ricattabili” sapevano di quella sua latitanza e non hanno parlato???     

Dice bene Don Luigi Ciotti (fondatore di Libera)durante il corteo organizzato a Milano per la Giornata della memoria e dell’impegno in ricordo delle vittime innocenti delle mafie, a proposito della cattura di Matteo Messina Denaro: Chiederci che questa latitanza – 30 anni – nasconde altre latitanze. La latitanza di chi avrebbe dovuto fare di più la propria parte. Non è possibile che una persona per 30 anni sia latitante”!!!

Non ci resta quindi che auspicare che quel suo essere stato capo, al comando tra l’altro di una delle organizzazione più numerosa al mondo, possa permettergli ora di dimostrarlo, sì… dall’interno di quel penitenziario, dimostrando a tutti noi – senza alcun dubbio – che egli fosse l’unico boss rimasto, dopo Riina e Provenzano, un boss capace di prendersi le responsabilità di aver fatto commettere molti di quei fatti gravi accaduti, come viceversa, rinnegare o rigettare ad altri, quelli da egli non commessi…

Ed allora, riprendendo una frase di un suo ex compagno di viaggio di quel mondo criminale, divenuto successivamente collaboratore di giustizia, mi riferisco a Tommaso Buscetta, per la sola circostanza che egli sia stato il vero capo per come in molti hanno raccontato, ma anche soltanto averne assunto quel ruolo per tutti questi anni, non può esimerlo dal continuare ad esserlo fino in fondo, sì aggiungerei… fino alla morte!!!

Ed allora è proprio questo il momento di farsi sentire, di dimostrare a tutti che – anche nelle attuali condizioni da recluso – egli resta sempre un capo, perché quel ruolo, quell’essere superbo di aver sempre comandato, non si può perdere, neppure se rinchiuso all’interno di quattro mura!!!

Ed allora riprendo le parole di don Masino rivolte al suo ex predecessore Totò Riina: voglio sentire il ruggito di un leone e non  ahimè… lo squittio di un topo!!!

Il re di denaro…

Mi permetto di condividere una nota del presidente dell’Associazione “LIBERA”, Luigi Ciotti: Abbiamo appena ricordato il trentesimo anniversario dell’arresto di Totò Riina, e oggi ci arriva la bella e confortante notizia dell’arresto, dopo trent’anni di latitanza, di Matteo Messina Denaro, una notizia di cui essere felici ed è giusto, anzi doveroso, il riconoscimento alle Forze di polizia e alla Procura, che per tanti anni, con sforzo e impegno incessanti, anche a costo di sacrifici, hanno inseguito il latitante.

Ciò che però un po’ preoccupa è rivedere le stesse scene e reazioni di trent’anni fa: il clima di generale esultanza, l’unanime plauso dei politici, le congratulazioni e le dichiarazioni che parlano di “grande giorno”, di “vittoria della legalità” e via dicendo. Non vorrei si ripetessero pure gli errori commessi in seguito alla cattura di Riina, e di Provenzano.

Le mafie non sono riducibili ai loro “capi”, non lo sono mai state e oggi lo sono ancora di meno, essendosi sviluppate in organizzazioni reticolari in grado di sopperire alla singola mancanza attraverso la forza del sistema. Sviluppo di cui proprio Matteo Messina Denaro è stato promotore e protagonista, traghettando Cosa Nostra dal modello militare e “stragista” di Riina a quello attuale, imprenditoriale e tecnologico capace di dominare attraverso la corruzione e il “cyber crime” riducendo al minimo l’uso delle armi.

La sua latitanza è stata accompagnata anche dalla latitanza della politica indirettamente complice di quella di Messina Denaro: la mancata costruzione, in Italia come nel mondo, di un modello sociale e economico fondato sui diritti fondamentali – la casa, il lavoro, la scuola, l’assistenza sanitaria – modello antitetico a quello predatorio che produce ingiustizie, disuguaglianze e vuoti di democrazia che sono per le mafie di tutto il mondo occasioni di profitto e di potere.

Ci auguriamo che all’arresto segua una piena confessione e collaborazione con la magistratura, che il boss di Cosa Nostra sveli le tante verità nascoste, a cominciare da quelle che hanno reso possibile la sua trentennale latitanza: non si sfugge alla cattura per trent’anni se non grazie a coperture su più livelli. Occorre che queste complicità emergano, anche perché solo così tanti familiari delle vittime di mafie che attendono giustizia e verità avrebbero parziale risarcimento al loro lungo e intollerabile strazio.

La lotta alla mafia non si arresta con Matteo Messina Denaro perché l’ultima mafia è sempre la penultima, perché il codice genetico della mafia affida alla sua creatura un imperativo primario: quello di sopravvivere. Ce n’è un’altra infatti che cova, ha sempre covato. Nei cambiamenti storici che sono avvenuti, ci sono sempre delle ceneri che ardono sotto. Dunque esultiamo pure per la cattura di Messina Denaro ma nella consapevolezza che l’arresto di oggi non è la conclusione ma la continuità di un lungo percorso, di una lotta per sconfiggere le mafie fuori e dentro di noi.

Un arresto "scontato"…

L’arresto di ieri del boss Matteo Messina Denaro era qualcosa che potremmod definire “prevedibile”, quasi fosse qualcosa di annunciato…

Il sottoscriutto ad esempio aveva realizzato proprio alcuni giorni fa un post (che seguiva tra l’altro quanto riportato da altre testate giornalistiche che avevano in questi giorni riportato della possibilità di un arresto eccellente in tempi brevi) ed è soltanto per ragioni tecniche che i miei post, scritti dopo l’11 di questo mese, non sono stati pubblicati, anche se a conferma di quanto sopra, posso portare – a testimonianza delle mie anticipazioni – alcuni miei amici che proprio in queste ore mi hanno telefonato manifestandomi la loro sospresa per questo arresto e dichiarandomi di credere che il sottoscritto abbia poteri di chiaroveggenza, che naturalmente non possiede… 

Difatti, riprendendo quanto riportato nel programma di Giletti, anche lì erano state fatte delle rivelazioni shock: “E se ci fosse una trattativa per un arresto clamoroso?” – vedasi link: https://www.la7.it/intanto/video/matteo-messina-denaro-le-rivelazioni-shock-e-se-ci-fosse-una-trattativa-per-un-arresto-clamoroso-16-01-2023-468118.

Penso che si sia giunti a una nuova trattativa che interessa in particolare l’abolizione dell’ergastolo ostativo; anche il Sig. Baiardo aveva dichiarato ciò nell’intervista con Giletti:  “L’unica speranza dei Graviano è che venga abrogato l’ergastolo ostativo” e sul nuovo governo: “Che arrivi un regalino?…Che magari, presumiamo, che un Matteo Messina Denaro sia molto malato e faccia una trattativa per consegnarsi lui stesso per fare un arresto clamoroso?” e sulla trattativa Stato-mafia: ”Non è mai finita”.

Si tratta peraltro di quanto allora richiesto a mezzo “papello” nella trattativa Stato-mafia che ha condotto alle stragi e di cui ancora nessuno dice di sapere nulla…

D’altronde come non ricordare quanto accaduto in quella residenza del boss di Totò Riina (ora trasformata in caserma), della mancata perquisizione dopo la sua cattura, di tutti quei documenti compromettenti spariti dalla sua cassaforte, quali nomi e cognomi chissà forse anche istituzioni erano legati a filo doppio con la mafia, già… quelle mafie silenti e le loro complicità…

Ora, come non ricordare l’agenda rossa del giudice Borsellino, anch’essa sparita nel nulla, sono troppe le risposte che ancora attendiamo e che non hanno avuto risposta e chissà se mai ne avranno.

Sì… vi è una certa soddisfazione nel sapere che lo Stato (finalmente) ha fatto sentire il proprio peso… ma dover attendere 30 anni, prima di vedere arrestato un latitante mi sembra qualcosa non certo di cui andare fieri, anzi viceversa fa comprendere come ancora oggi vi siano forti poteri che condizionano l’operato degli organi di polizia e della magistratura!!!

L’arresto di ieri va visto sotto una prospettiva più ampia che tiene conto di un cambiamento in corso nella cupola di cosa nostra, di nuove forze emergenti e in particolare mi riferisco a quelle manageriali, ai fondi del PNRR che stanno arrivando nel mezzogiorno in particolare nella Sicilia e che non possono permettere ingerenze di pseudi capo mafia o suoi affiliati, gli stessi che potrebbero a mettere a rischio la sospensione di quegli stessi fondi…

Sono troppe le circostanze che non conosciamo, sì… per adesso apprezziamo quanto compiuto dai Ros perché va detto, questo arresto rappresenta una punto fondamentale importante per il nostro Paese, una pagina buia che viene finalmente chiusa!!!

L’auspicio è quello di vedere l’inchiesta esplodere in tutta la sua gravità, per giungere finalmente a quei nomi sommersi che hanno fatto sì che la storia di questo Paese prendesse la direzione che ben conosciamo: bugie, collusioni e accordi politici con chi, proprio come Messina Denaro, si sarebbe dovuto combattere!!! 

Mi dispiace dover aggiungere a quanti pensano che da oggi (per il nostro Paese) cambierà qualcosa: sì… non avete capito nulla!!! 

L’ennesima inchiesta su magistrati e poliziotti!!!

Quando sembrava che tutto venisse “insabbiato” ecco che la Procura di Messina, converte l’indagine a carico di ignoti – sul depistaggio dell’inchiesta sulla strage di via d’Amelio – iscrivendo nel registro degli indagati alcuni magistrati del pool che indagarono sull’attentato di Palermo. 
Inoltre, agli stessi indagati e alle persone offese, la Procura ha notificato l’esecuzione di accertamenti tecnici irripetibili…
Stiamo parlando della Strage in cui hanno perso la vita il giudice Paolo Borsellino e gli agenti della scorta… 
Già… dopo aver ascoltato in questi ventisette anni (da quel tragico 19 luglio del 92′), tutta una serie di miriade invenzioni e falsità, ecco che ora vengono iscritti tra gli indagati, i due magistrati che si occuparono della prima inchiesta sulla strage, Carmelo Petralia (procuratore aggiunto a Catania) e Anna Maria Palma (avvocato generale di Palermo). 
Gli accertamenti irripetibili riguardano la verifica di 19 cassette su cui vennero registrati gli interrogatori e che potrebbero essere ora danneggiati; ecco quindi i motivi che hanno condotto a richiedere durante l’esame, la partecipazione dei legali (delle persone coinvolte) con l’ausilio dei consulenti…
Oltre ai due magistrati sopra riportati, sembra che nell’indagine – tra coloro che indagarono sulla strage e che gestirono il “falso pentito” (proprio pochi giorni fa ha ritrattato le accuse rivolte ai pm, dichiarando: “Non furono i pm ad orchestrare il depistaggio sulla strage Borsellino, ma solo i poliziotti. Il dottor Di Matteo non mi ha mai suggerito niente, come neppure il dottor Carmelo Petralia. Sono stati i poliziotti a convincermi di  parlare della strage”) – siano stati inseriti i magistrati Nino Di Matteo (attualmente alla Dna) e Giovanni Tinebra (deceduto).
Risultano altresì indagati per depistaggio (accertato con la sentenza “Trattativa”), tre poliziotti di Caltanissetta: Mario Bo, Michele Ribaudo e Fabrizio Mattei.
Pensare oggi, che si possa aver inquinato le indagini, addebitando quella strage di Via D”Amelio (successiva a quella compiuta a Capaci al giudice Falcone) a “cosa-nostra” per motivi “oscuri” e da ricercare in ambito politico, che sta evidenziando come siano state costruite a tavolino le dichiarazioni di falsi pentiti, dove molte circostanze sono state del tutto inventate e soprattutto facendo credere a noi tutti, come dietro quell’attentato vi fosse la mano della cupola, in particolare di quel suo boss Totò Riina che peraltro, in ogni sede giudiziaria, si era sempre dichiarato estraneo con quell’attentato… motivando che altri avessero interesse affinché fosse sovvertisse quell’allora democrazia…    
E difatti abbiamo visto tutti cosa è accaduto… 
Un vero e proprio “Colpo di Stato”… ma senza sparare un colpo, sì… un nuovo partito e una piccola rivolta di piazza, a cui hanno seguito le dichiarazioni di quei media “pilotati“, che hanno brillantemente saputo alzare quella già alta tensione sociale, a cui sono scaturite vergognose “monetine” gettate su quei leader di governo, tanto da farli preoccupare sulla loro incolumità, incitandoli a scappare via da questo paese… 
E difatti… improvvisamente e senza comprenderne i motivi, ecco che ci siamo ritrovati tutti catapultati in questo trentennio di nuovi governi – di cui alcuni mai votati – conosciuti come 3° e 4° Repubblica – che certamente non hanno brillato per capacità, ma soprattutto sono mancate – a differenza di quanto avevano promesso in campagna elettorale – nel contrasto alla illegalità, corruzione, criminalità e malaffare…
Ma d’altronde se le premesse sono quelle riportate anche dal sottoscritto in questi giorni, con tutta una serie d’inchieste che vanno dal “CSM” ad alcune Procure nazionali, dai Tribunali a quegli uffici istituzionali, dai magistrati a gli uomini delle forze dell’ordine dimostratisi corrotti, proseguendo ancora con Enti istituzionali e personalità note di associazioni di categorie o di legalità, già con tutto questo lerciume che ogni giorno ci viene evidenziato, dove si pensa di poter andare???
Si dice che nella vita abbiamo quello che ci meritiamo. Io dico che nella vita abbiamo ciò che meritiamo: il dieci percento dipende dalle scelte che abbiamo fatto all’interno di quella cabina elettorale, mentre il restante 90% dipende ahimè da coloro che per nome e per conto nostro: pianificano, programmano, organizzano, eliminano e successivamente insabbiano, danneggiano, distruggono, ma soprattutto occultano!!!

Catania: Il pericolo di fuga di notizie??? C’è sempre stato!!!

A proposito del segreto d’ufficio o di quella protezione delle notizie riservate di cui proprio alcuni giorni fa avevo scritto, volevo ora ricordare una circostanza particolare per la nostra città…
Riguarda quella in cui (allora come oggi) tra le forze dell’ordine – della stessa struttura organizzativa – non vi sia stata la volontà d’informare i reparti operativi ove per l’appunto si stava per compiere l’operazione di cattura…
Mi riferisco al 18 maggio del 1993, quando venne arrestato nelle campagne di Mazzarrone – nell’ambito dell’operazione Luna Piena dal Servizio Centrale Operativo della Polizia di Stato – il latitante Benedetto Santapaola…      
Ecco, in quella circostanza, l’allora vicecomandante della polizia Antonio Manganelli (diventato successivamente capo della Ps), non si fidò di comunicare ai colleghi di Catania l’operazione in atto, ma fece arrivare gli agenti direttamente in elicottero dalla base di Reggio Calabria, proprio perché temeva una eventuale talpa nel gruppo operativo etneo che avrebbe portato ad una fuga di notizie… 
D’altronde questa “ambigua” circostanza non si spiega altrimenti…
Una cattura che – come avviene solitamente con il passar degli anni – si è dimostrata alquanto criptica, certamente diversa da come ci è stata raccontata… 
Ma d’altronde perché meravigliarsi… non stiamo forse assistendo in questi giorni al clamoroso depistaggio dell’indagine sull’attentato al giudice Paolo Borsellino e agli agenti della sua scorta???
Peraltro, se ricordate la conferenza stampa (che si tenne in quei giorni nella nostra Questura), ci fu una circostanza elusiva e cioè quando il vicecomandante della polizia Antonio Manganelli, dichiarò che erano entrati nella cascina – ove era presenti il latitante e sua moglie – sfondando la porta in alluminio anodizzato, ma ecco che qualcuno dei giornalisti allora presenti, chiese al vicecomandante, come mai ai loro occhi, quelle porte fossero risultate integre…
Ecco…per come riportavo sopra, le notizie vere – prima o poi – vengono a galla… e infatti, proprio alcuni giorni fa, ho letto un articolo di un giornalista che, aveva potuto interloquire durante un processo (da dietro le sbarre) il boss catanese…
Durante quell’incontro gli chiese se avesse compreso che stavano per arrestarlo e la risposta fu: “ho capito che la polizia aveva circondato la cascina, quando ho visto alcuni poliziotti travestiti da contadini che trasportavano ceste di asparagi. Troppo grossi per la stagione…”; ed allora il giornalista gli chiese: perché non è scappato??? E Santapaola gli rispose: “ero troppo stanco per continuare a fuggire”!!!
Ora, se mi avessero raccontato questa storia alcuni anni fa… non ci avrei minimamente creduto, ma oggi, con tutto ciò che sta accadendo e soprattutto con le molteplici inchieste che stanno gettato discredito non solo ai comandi operativi, ma anche a strutture che fino a poco tempo fa, erano considerati simboli di giustizia come per l’appunto era propriamente il “CSM”… ecco oggi, molte di quelle perplessità stanno iniziando ad avere conferma!!!
E difatti… riprendendo quella vicenda, è emersa ora una nuova verità e cioè quella che a far arrestare il boss fu il “capodecina” del quartiere “Ognina”, Marcello D’Agata, per evitare che Santapaola fosse ucciso dai “corleonesi”, che in quel preciso momento erano in urto con il capo mafia catanese, a causa della sua avversione alle stragi volute e compiute dal capo di “cosanostra” Totò Riina… 
A scriverlo è il “Fatto Quotidiano” che  riporta come la rivelazione sarebbe stata fatta ai magistrati dal pentito catanese Maurizio Avola, aggiungendo inoltre come la cattura del boss fosse in qualche modo predisposta, tanto che quest’ultimo, non adotto alcuna contromisura a sua protezione, come ad esempio la mancata presenza dei suoi uomini fidati, solitamente posti a sentinella di quell’area, nella quale per l’appunto era presente la cascina o come del resto il fatto che egli si fosse rasato e vestito elegantemente, già… come se sapesse che di li a poco, avrebbero proceduto al suo arresto!!!
Come scriveva il grande Pirandello: La realtà che ho io per voi è nella forma che voi mi date; ma è realtà per voi e non per me; la realtà che voi avete per me è nella forma che io vi do; ma è realtà per me e non per voi; e per me stesso io non ho altra realtà se non nella forma che riesco a darmi. E come? Ma costruendomi, appunto…

Giovanni Falcone: Oggi avrebbe compiuto 80 anni!!!

Diceva l’amico Paolo Borsellino: “La mafia dovrà essere chiamata a rispondere del sacrificio di queste vittime innocenti”!!!
Il giudice oggi avrebbe compiuto 80′ anni… ma una carica d’esplosivo piazzata su un’autostrada del nostro Paese ha fatto si che la sua vita – insieme a tante altre presenti – terminasse lì…
Un agguato sofisticato… preparato a tavolino e compiuto sicuramente con l’aiuto di specialisti dei servizi segreti (deviati…), d’altronde chi mai può credere che quei pecorai scesi dalle montagne,  potessero avere una così alta preparazione di esplosivi a distanza…
Un nuovo sistema politico/mafioso voleva che si alzasse la tensione, che cadessero alcune teste di governo, che quella classe dirigente andasse definitivamente a casa per essere cambiata da una nuova, ed in questo la mafia ha dato una mano…
Abbiamo visto proprio in questi giorni, alcuni noti pentiti di quei giorni ribaltare quanto allora dichiarato e ribaltare totalmente quelle accuse,  motivando di essere stati ingannati e d’aver ricevuto i suggerimenti per rispondere alle domande dei pubblici ministeri!!!
Sono emersi molti collegamenti tra quella parte dello Stato ed esponenti della criminalità organizzata, ambienti del terrorismo eversivo e logge segrete… 
In quell’omicidio vi sono stati interessi superiori, perché non fu soltanto Cosa nostra a decidere di compiere quell’attentato, bensì altre entità, le stesse che poi avrebbero commissionato alla mafia la strage di via D’ Amelio, del collega Borsellino…
Diceva bene Buscetta: “le motivazioni, vanno ricercate al di là della mafia”!!!
Riprendendo quindi quanto sopra esposto ed a conferma che i “pecorai” non erano in condizione di utilizzare quelle tecnologie sofisticatissime, ecco i nuovi dati sui quali la procura di Caltanissetta sta ora indagando, e cioè che il tipo di esplosivo utilizzato, non è quello specificatamente usuale per la mafia. 
Ma ormai chi poteva parlare è morto; i due boss di cosa-nostra, hanno concluso la loro esistenza all’interno dei penitenziari e chi resta oggi ancora in vita (se pur latitante…) – a differenza di quanto ci viene raccontato – non è stato in questi lunghi anni catturato, forse per evitare proprio che potesse parlare e  raccontarci così la verità su quelle stragi, continuando di fatto a proteggere chi ancora oggi spera di non perdere quel potere politico… 
Certo, questo nuovo governo giallo/verde sta mettendo in crisi quella struttura piramidale e soprattutto i propri interessi economici/finanziari che si vedono ogni giorno colpiti da inchieste delle procure nazionali…
Difatti… non mi meraviglierei di assistere a breve ad una nuova escalation criminale, non tanto per contrastare quella lotta dello Stato che in questi mesi si è fatta più risoluta e vigorosa, ma soprattutto, per ripristinare quei collegamenti politici che – se pur mai interrotti – non stanno garantendo le necessarie protezioni a quell’associazione criminale, per salvaguardare quel business criminale!!!
“Ci troviamo di fronte a menti raffinatissime che tentano di orientare certe azioni della mafia. Esistono forse punti di collegamento tra i vertici di Cosa nostra e centri occulti di potere che hanno altri interessi. Ho l’impressione che sia questo lo scenario più attendibile se si vogliono capire davvero le ragioni che hanno spinto qualcuno ad assassinarmi.” 
Giovanni Falcone

Alla ricerca di quei patrimoni finanziari mai ritrovati…

Dando seguito su quanto avevo riportato ieri a fine post http://nicola-costanzo.blogspot.com/2019/01/le-famiglie-dei-mafiosi-nellattesa-di.html e cioè che difficilmente lo Stato sarebbe riuscito a  trovare il patrimonio finanziario delle famiglie mafiose, denaro che certamente a suo tempo è stato trasferito presso una banca di quei noti paradisi fiscali… 
Di oggi la notizia, che la figlia del “capo dei capi”, sia riuscita ad aprire un ristorante a Parigi!!!
Ristorante “Corleone by Lucia Riina“, un nome… una garanzia, che certamente oltre ai piatti tipicamente siciliani, trova in quel suo nome un’efficace pubblicità!!!
Siamo a Rue Daru, una strada accanto all’Arco di trionfo e al celebre Lido… e leggendo i vari commenti dei clienti sul web, sembra che oltre a risultare elegante, si mangi altrettanto bene…  
Certo, il sospetto viene che dietro quell’apertura vi siano i soldi di papà, però è altrettanto discutibile dover ogni qualvolta dare le colpe dei padri ai figli, come se quest’ultimi non possano avere di loro, capacita personali o professionali tali da permettergli di mostrare quel proprio ingegno…
Sicuramente nel far ciò – tutti i figli – (non mi riferisco ai soli figli dei mafiosi), devono saper evidenziare un concreto distacco da quel legame familiare, ma soprattutto devono evitare certi collegamenti, come anche mettere in risalto quel proprio cognome…
Perché così facendo, non si concretizza agli occhi di chi li osserva, quella necessaria separazione, bensì s’evidenzia una continuità con quel preciso legame…
Ed allora ecco partire le critiche, gli attacchi, la mobilitazione generale contro quel familiare che appositamente a voluto fare di quel nome, la propria bandiera…
Già, perché sarebbe bastato recarsi a Parigi (ancor meglio a Melbourne) in maniera anonima, chiamare semplicemente quel ristorante ad esempio “L’amico Italiano”, che certamente nessuno, già proprio nessuno si sarebbe accorto della sua presenza, e soprattutto non sarebbe finita in tutte le prime pagine… 
E’ dire che proprio il mimetizzarsi, aveva rappresentato una delle peculiarità del padre, che per l’appunto in più di vent’anni, aveva saputo rendersi latitante, con tutte le forze dell’ordine nel mondo che gli davano la caccia…
A volte per vivere liberi e senza clamori, basta veramente poco… 
Già, serve soltanto essere se stessi, senza dover essere l’immagine riflessa dei propri genitori!!!
Ho come l’impressione che forse in alcuni casi andrebbe rivisto quel film intitolato “Million Dollar Baby”… 
Vi ricordate il rapporto tra il vecchio pugile (allenatore) e la figlia “adottiva” Maggie Fitzgerald, destinata a diventare campionessa? 
Già… una delle più struggenti parabole della paternità del nostro tempo: sul valore di ciò che si trasmette alle giovani generazioni, sulla ricerca di un equilibrio tra eccessiva paura e troppo coraggio!!!

Grazie Capitano, mio Capitano!!!

Se pensiamo ad un ufficiale che incarna lo spirito della lotta alla mafia… senza togliere meriti a nessuno, in particolare proprio a quanti hanno sacrificato la loro vita, il primo nome che mi viene in mente si chiama Sergio De Caprio, ufficiale dei carabinieri e noto all’opinione pubblica come “Capitano Ultimo“…
Fu il suo nucleo scelto dell’Arma che nel 1993 riusci dopo ventiquattro anni di latitanza, ad arrestare il boss Totò Riina… il “Capo” di cosa nostra, che grazie alle protezioni istituzionali/politiche e soprattutto mafiose, riusci a comandare quest’isola per mezzo secolo…
Ora, se pur riconosco che le modalità coercitive di quella associazione criminale siano andate in questi anni affievolendo, pensare che quei soggetti “affiliati” siano diventati improvvisamente “virtuosi”, la ritengo una vera e propria follia e certamente mi sembrerebbe alquanto imprudente da parte dello Stato, abbassare la soglia di pericolo…
D’altronde si sa… la mafia non perdona e come ho più volte scritto, possiede una memoria a lungo termine e non dimentica certamente quegli uomini che hanno saputo infliggerle un grave smacco…

E’ logico che con queste premesse, Sergio de Caprio, non può vivere sonni tranquilli… anzi tutt’altro!!!
Non si comprende quindi, come sia stato possibile che – nel giorno dell’anniversario dell’assassinio del generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, della moglie Emanuela Setti Carraro e dell’autista Domenico Russo – all’ex Capitano (ora Colonnello) Sergio Di Caprio, venga revocato il diritto all’uso dell’auto blindata…
Incredibile, anche ai por… hanno dato in questi anni l’auto blindata, senza che nessuno di loro la meritasse, ma soprattutto senza aver mai ricevuto la benché minima minaccia e ad uno, uno dei pochi a cui non andrebbe mai tolta – anche solo per ciò che è stato capace di fare a differenza di molti – gli viene di fatto negata!!!

Certo… m’immagino cosa avrà pensato e quanta amarezza ci sarà in cuor suo sapendo d’aver dedicato la propria vita per questo paese, il nostro, che non premia chi merita, ma anzi viceversa li calpesta… 
Intervistato l’ex Capitano ha commentato: “Sono un soldato, non ho il diritto di entrare nel merito di questa decisione”, aggiungendo, “chiaramente la vicenda legata alla mia sicurezza riguardava ciò che alcuni collaboratori di giustizia, tra cui La Barbera, spiegavano sul killer Bagarella, che in un’occasione aveva offerto un miliardo di lire a chi avesse fornito indicazioni su di me”, concludendo “se questa è la decisione la rispetto“!!! 
A sentire queste notizie, si resta senza parole… ma d’altronde coloro che oggi tolgono ad egli quell’auto blindata, sono gli stessi che permettono a Messina Denaro di continuare a vivere in maniera indisturbata e quindi cosa dire, forse è giusto così…
D’altronde da noi si sa, vi è un certa predisposizione a lasciare sole le persone che combattono la criminalità, l’elenco è lunghissimo ed in quella lista non vi sono soltanto magistrati o militari, ma anche molti cittadini, che si sono voluti ribellare…

Persone perbene che credono nella giustizia, che non si fanno piegare da sistema, ma che lottano contro tutto il marcio presente, anche all’interno di quegli uffici istituzionali o di quegli Enti pubblici, soggetti che fanno di tutto affinché le prevaricazioni vengano debellate, siano quest’ultime legate a quella associazione criminale o anche se commesse da una schiera di soggetti che incredibilmente, s’erge a paladini della legalità!!! 
Ma “Ultimo” non sarà mai solo, con lui ci siamo Noi…
Colonnello De Caprio, quanto da lei compiuto non sarà mai legato ad un momento o meglio ad un attimo “fuggente”, ma resterà per sempre eterno: Grazie Capitano, mio Capitano!!!

Matteo Messina Denaro??? Qui comandiamo noi!!!

Ho ascoltato alcuni giorni fa l’inchiesta della Dda della Procura di Catania, denominata “Araba fenice”, dove secondo le indagini, un clan aretuseo imponeva agli agricoltori di Pachino di conferire solo ad essi i prodotti delle loro serre…
Così grazie a quel potere intimidatorio, veniva controllato il mercato ortofrutticolo della zona ed i commercianti e i grandi centri di distribuzione, erano di fatto obbligati a comprare da quest’unica società.
Sono questi i motivi che hanno spinto la squadra mobile di Siracusa ad eseguire un’ordinanza di custodia cautelare del Gip di Catania nei confronti di 19 persone indagate e disposto il sequestro della società…
Ciò che mi ha sorpreso comunque, non è il collaudato meccanismo con cui veniva richiesto il pagamento della provvigione (calcolata quest’ultima in percentuale in base al raccolto prodotto e ceduto agli operatori della piccola e grande distribuzione, che costituiva il corrispettivo per la presunta attività di mediazione contrattuale svolta tra produttori e commercianti), ma ciò che è stato intercettato dalle forze dell’ordine…  
“Qui comandiamo noi, mandatelo a dire a Messina Denaro”!!!
Minch… una frase del genere un tempo non veniva non solo pronunciata… ma neppure pensata, soprattutto se la persona in questione a cui si faceva riferimento era per l’appunto un boss…
Ma qui si è andato oltre… in quella frase è stato sbeffeggiato il “capo dei capi di cosa nostra“, quel Matteo Messina Denaro, ricercato da oltre un ventennio da tutte le forze di polizia, nazionali ed internazionali, erede di Totò Riina e di Bernardo Provenzano… ultimi due padrini dalla mafia!!!
Ed oggi, incredibilmente qualcuno ha deciso di… (come si direbbe in quell’ambiente…) mancare di rispetto al padrino!!!
Quando ho letto la frase riportata nell’intercettazione, il mio primo pensiero è stato: “Non vorrei essere al posto di quel soggetto“, in particolare visto l’ambiente nel quale verrà condotto, che difficilmente potrà garantirgli l’incolumità…
Certo, la speranza è quella che il padrino possa perdonare quelle frasi ingiuriose o anche che nel contempo egli sia defunto oppure che si ritirato e che quindi, da tempo, non eserciti più quel suo potere, ma lo abbia (a differenza di quanto più volte dichiarato dai pentiti…) demandato a qualcun altro… 
Ma se proprio devo dirlo, da studioso della storia della mafia: Il sottoscritto, non dormirebbe sonni tranquilli!!! 
D’altronde basti rileggersi quanto avvenuto negli anni, per sapere che nulla in quella associazione criminale è lasciato al caso e che proprio la memoria rappresenta il punto di forza… certamente lenta nell’agire, ma la cui vendetta si dimostra essere solitamente puntuale… 
D’altronde, lasciare passare in quell’ambiente il messaggio che chiunque possa – anche solo con una frase – delegittimare il capo di quella associazione mafiosa, è come mettere in discussione le basi stesse di quella piramide e del potere che essa rappresenta!!!
“Cosa nostra”… sin dalla sua nascita, ha basato tutta la propria sopravvivenza su un principio chiamato rispetto ed obbedienza, quindi, difficilmente permettere a chiunque dei propri affiliati, anche se questo dovesse essere un suo capo mandamento, di mettere in discussione le gerarchie e ancor di più quelle cosiddette regole d’onore!!!
Si sa, ne va della propria continuità…
   

Dell’Utri tramite tra Cosa nostra e Berlusconi – Mancino assolto sicuramente per difendere Napolitano!!!


Avevo scritto ieri una provocazione “Tutti assolti perché il fatto non sussiste…“, ma completavo il mio post dicendo che “si fosse scelto di passare alla trattativa e ceduti al ricatto lo Stato si era messo nelle mani della mafia!!!“.

A differenza di quanto solitamente accade nelle ultime sentenze politico – mafiose, questa volta una parte di verità ci è stata confermata… la restante ahimè, intaccava interessi troppo alti che prendevano di mira le nostre istituzioni, dal ministro Mancino all’ex presidente della Repubblica Napolitano  e con l’attuale condizione incerta di governo, era preferibile non fare emergere verità scottanti, che minassero le fondamenta stesse della nostra repubblica!!!
Ecco eprchè l’ex Ministro Mancino è stato assolto e di contro Dell’Utri e quel suo partito Forza Italia, insieme al suo co-fondatore Silvio Berlusconi, vengono accostati a quella trattativa e a quei legami mafiosi intavolati con il boss Totò Riina…
Il giudice Di Matteo ha parlato chiaro nell’intervista subito dopo il verdetto, collegando quei fatti gravi delle stragi e la sua evoluzione in quella nota trattativa, nel nome di Forza Italia e di quel suo leader… che ancora oggi dichiara di essere sceso in campo – alla sua veneranda età – per salvarci!!!
Certo oggi da quel partito si dichiara che “Ogni atto politico e di governo” del presidente Berlusconi, di Forza Italia nel suo complesso e di ogni suo singolo esponente è sempre andato nel senso di un contrasto fortissimo alla criminalità mafiosa”…. peccato che la storia abbia finora detto altro e che proprio quel suo co-fondatore, si trovi attualmente detenuto nel penitenziario di Rebibbia…
Ovviamente quanto dichiarato sull’assoluzione di Nicola Mancino, da parte del presidente emerito Giorgio Napolitano e cioè “L’assoluzione del senatore Mancino da grossolane accuse”, conferma quanto conclusivamente chiarito già dalla Corte costituzionale nel conflitto di attribuzione tra me e la procura di Palermo e sono ben lieto che finalmente gli sia stata restituita personale serenità e solennemente riconosciuta la correttezza del suo operato”, trova una sua collocazione – per come dicevo sopra – con quanto sta accadendo in questa fase di mancato governo… d’altronde come dimenticare le intercettazione telefoniche fatte sparire… o meglio distrutte, da parte di entrambi, perché???
Se non ci fosse stato nulla da nascondere, perché non farle ascoltare e lasciare quindi a noi tutti,  di poter valutare e interpretare quelle registrazioni??? 
La verità è che forse erano proprio lì le prove di quelle collusioni, che sono state di fatto insabbiate…
Peraltro, il “Silenzio degli innocenti del Pd” e quella dichiarazione rilasciata dalla deputata  Laura Garavini “La sentenza stabilisce alcuni punti fermi, ma lascia anche ancora molti dubbi su tutto il periodo prima e dopo le stragi del 92-93…”, esprime in maniera chiara ed inequivocabile, che la storia di quel periodo non è stata ancora completamente riscritta!!!
Fateci caso… si è aspettato che il Boss Totò Riina fosse morto per giungere ad un verdetto parziale… che raccontasse una parte di verità e chissà, forse un giorno, alla morte di qualche altro personaggio questa volta istituzionale, ci verrà fatto sapere cosa realmente è accaduto in quegli anni…
La cosa assurda di questa vicenda che non ancora non comprendo è perché… Massimo Ciancimino, il figlio del politico democristiano Vito Ciancimino, legato in maniera diretta alla cosca mafiosa di Salvatore Riina e Bernando Provenzano, con un ruolo chiave in queste indagini… è stato condannato a sei anni per calunnia, per aver incolpato falsamente l’ex funzionario del Sisde Lorenzo Narracci d’aver avuto un ruolo di intermediario tra suo padre Vito e il boss Bernardo Provenzano e quel fantomatico «signor Franco»…
Anche qui qualcosa non quadra; non è che si vuole a tutti i costi oltraggiare quella sua figura, per mettere in discussione la sua verità e quella memoria dall’interno vissuta, la quale potrebbe ancora una volta incrinare, quanti hanno collaborato in quella particolare vicenda e non solo???
Ed allora – pur comprendendo i rischi che correrà nel mettere in pratica questo mio consiglio – sono a chiedergli:  Massimo… è giunto il tempo di far pubblicare ad un quotidiano, tutte le carte in tuo possesso!!! Anticipatamente grazie …  

Forza Italia: un partito nato dalla trattativa Stato-mafia!!!

A dirlo fu Massimo Ciancimino, figlio di Vito Alfio Ciancimino, politico e mafioso siciliano, appartenente alla Democrazia Cristiana, condannato in via definitiva per associazione mafiosa e corruzione…
“Mio padre – a parlare è Massimo Ciancimino – mi diceva che il partito di Forza Italia era nato grazie alla trattativa e che Berlusconi era il frutto di tutti quegli accordi”. 
Rispondendo alle domande del pubblico ministero Antonio Ingroia, il figlio dell’ex sindaco ha ripercorso il contenuto di un pizzino consegnato ai magistrati di Palermo.
Pochi sanno che Massimo Ciancimino nel 1994 riceve un incarico dallo sconosciuto Ing. Lo Verde (ben più famoso con il nome di Bernardo Provenzano, capo mafia insieme all’amico Totò Riina), il quale gli consegna una lettera destinata… indovinate a chi…??? A Dell’Utri e Berlusconi!!! 
Immediatamente Ciancimino Jr. la portò al padre che all’epoca soggiornava presso lo Stato o meglio in un suo penitenziario… e nel leggere quella lettera comprese che si voleva richiamare Berlusconi e Dell’Utri, perché ritornassero nei ranghi…. d’altronde quel partito… “Forza Italia”, era nato proprio grazie alla trattativa Stato-mafia e che il Cavaliere, era parte attiva di quell’accordo…
Purtroppo di quella lettera… è rimasta soltanto una parte (almeno questo è quanto riportato), eppure, prima della perquisizione fatta dai carabinieri nel 2005 a casa di Ciancimino Jr. (nell’ambito di un’altra indagine), il documento era intero… cosa sia successo dopo… non si sa!!!
Sembra rivivere quanto accaduto dopo l’arresto di Toto Riina, con il mistero della perquisizione effettuata dopo 18 giorni: difatti, dal 15 gennaio al 2 febbraio del ’93, i suoi uomini “d’onore”, ripulirono la villa di Via Bernini… ed ebbero persino il tempo… d’imbiancare le pareti!!!
Se osservate bene, tra le righe del documento qui allegato, potrete leggere: “… posizione politica intendo portare il mio contributo (che come potremmo vedere successivamente, vista l’ascesa politica del “Cavaliere” non sarà certamente di poco conto…) perché questo triste evento non abbia a verificarsi. 
Sono convinto che questo evento onorevole Berlusconi vorrà mettere a disposizione le sue reti televisive”. 
Si comprende come il cosiddetto “triste evento” faceva riferimento ad un atto intimidatorio nei confronti del figlio di Silvio Berlusconi… 
Ciancimino Jr. ha spiegato che: “Provenzano voleva una sorta di consulenza da parte di mio padre: questo concetto di mettere a disposizione le reti televisive l’aveva suggerito proprio lui a Provenzano, qualche tempo prima. Mio padre si ricordava di quando Berlusconi aveva rilasciato un’intervista al quotidiano Repubblica. Diceva che se un suo amico fosse sceso in politica lui non avrebbe avuto problemi a mettere a disposizione una delle sue reti”!!! 
La lettera di Provenzano, fu poi rielaborata da Ciancimino (Padre) e indirizzata a Marcello Dell’Utri (Co-fondatore di Forza Italia) e per conoscenza fu consegnata all’allora Presidente del consiglio Silvio Berlusconi… il figlio Massimo nel frattempo… venne incaricato di riportarla al boss Bernarso Provenzano… che fine poi abbia fatto quella lettera e se venne consegnata, non si sa… 
Vi starete chiedendo in quali modi la trattativa fra Stato e mafia, durante le stragi del 1992 avrebbe coinvolto il cavaliere e il suo partito….???
Bene… quella cosiddetta trattativa, avrebbe avuto una “terza fase” – a dirlo è il figlio dell’ex sindaco di Palermo: “A Vito Ciancimino difatti nei rapporti con Cosa nostra, si sarebbe sostituito Marcello Dell’Utri”, aggiungendo “Mio padre mi disse che fra il 2001 e il 2002 Provenzano aveva riparlato con Dell’Utri”!!! 
Nella cosiddetta “bozza” di Ciancimino Jr. c’è un passaggio importante mai emerso… rispetto al documento sequestrato nel 2005 e fatto sparire!!! 
Vi è scritto nella parte finale: “Se passa molto tempo e non sarò indiziato del reato di ingiuria sarò costretto ad uscire dal mio riserbo che dura da anni e convocherò finalmente una conferenza stampa“. 
Ed allora il Pm Nino Di Matteo intervenendo chiede: “Ma cosa mai… sua padre minacciava di svelare???”. 
Ciancimino Jr.: “L’origine della coalizione che aveva portato in politica Silvio Berlusconi” e che risaliva al 1994-1995″.
Comprenderete come qualcosa in quell’indagine non sia andata per come si doveva… e forse una parte dei nostri servizi segreti (certamente “deviati”…) hanno soffocato tutta la vicenda, che potremmo dire ha inizio con le stragi di Falcone e Borsellino… con i documenti del giudice lasciati all’interno degli scatoloni e abbandonati nei piani interrati di qualche archivio o come quell’agenda rossa improvvisamente scomparsa!!!
Lo stesso Cianciminino Jr. dichiarò di essere stato personalmente contattato da uno di loro, che lo invitò caldamente a tacere e a non parlare più di certe vicende, perché tanto non sarebbe stato mai  coinvolto e non sarei mai stato chiamato a deporre… circostanza che effettivamente avvenne, visto che negli anni successivi e fino al 2008, dal momento in cui aveva deciso di collaborare con i magistrati, nessuno lo interrogò più…
Analoga circostanza accadde durante gli arresti domiciliari, nei quali Massimo Ciancimino avrebbe ricevuto una visita “particolare”: Già… un capitano dei carabinieri che lo invitò a non parlare più della trattativa e soprattutto dei rapporti con il Silvio Berlusconi!!!
D’altronde se durante la perquisizione del 2005 nella sua villa di Mondello, nessuno dei carabinieri presenti, chiese ad egli di aprire la cassaforte ben visibile nella stanza del proprio figlio… fa intuire come qualcosa di strano ci fosse in quella investigazione… e dire che proprio lì dentro, era ben conservato il famoso “papello” ed altri documenti riservati, che avrebbero messo a repentaglio la democrazia di questo nostro paese…
Infatti.. di lì a poco… Ciacimino Jr. ricevette una intimidazioni ben visibile sul parabrezza della sua auto, nella quale era riportata la frase: “neanche i magistrati di Palermo ti potranno salvare”.
Ora, da quanto sopra espresso, qualcuno tra voi potrebbe pensare che il sottoscritto ha un unico intento, quello di mettere in cattiva luce questo partito “Forza Italia” e soprattutto i suoi principali esponenti… tra cui per l’appunto il “Cavaliere”… 
Ma se andate a ritroso nel mio blog, potrete vedere come il sottoscritto, un tempo, aveva dato fiducia a quel leader e ne sosteneva con il proprio voto “libero” quel suo partito… senza essersi mai iscritto o andare ad una loro manifestazione, senza mai richiederne la tessera, evitando di andare ad ogni loro invito a quei convegni o in quelle apposite segreterie… libero ero allora… e libero sono rimasto oggi!!!
Purtroppo in quel periodo fui preso come molti alla sprovvista… 
L’Italia dopo il fallimento di “Mani Pulite” andava ricostruita ed il “Cavaliere” sembrava… già sembrava… la persona giusta a cui poterci affidare!!!
Mai scelta fu così infausta per il nostro Paese!!!
E quindi oggi, dopo aver compreso attraverso la pubblicazione di “documenti ufficiali” e non per come molti suoi “lacchè” vorrebbero farci passare, indicandoli come “fake news“, beh… ho finalmente compreso, chi fosse in realtà quel mio interlocutore… lo stesso che per l’ennesima volta si presenta a noi tutti, quasi fosse il “salvatore della nazione“!!!
Quindi non mi chiedete di far finta di nulla… anche se siete in molti a desiderare una sua vittoria alla prossime competizioni elettorali del 4 Marzo, un partito di cui sono certo, raggiungerà una soglia percentuale molto alta, che permetterà ad egli di essere convocato dal Presidente Mattarella, per far nascere –in collaborazione di molti suoi amici del centro-sinistra– il nostro prossimo governo nazionale!!!
Ma ciò non toglie comunque che egli… è quel suo partito, resteranno agli occhi del sottoscritto, una macchia indelebile di questo nostro paese che non potrà mai essere cancellata!!!
Chissà forse fra trent’anni, i miei nipoti avranno la possibilità di conoscere un’altra storia, quella vera, certamente diversa da questa finora proposta!!!    

L’appunto dimenticato di Falcone: “Cinà in buoni rapporti con Berlusconi. Berlusconi dà 20 milioni a Grado e anche a Vittorio Mangano“

Come può essere che un appunto così importante, resti per trent’anni dimenticato. 
Sembra che l’appunto facesse parte di un block-notes utilizzato forse durante un interrogatorio e poi, chissà per quale motivo è rimasto lì… disperso tra tutte quelle carte che stranamente non sono andate ancora distrutte…
Vi starete chiedendo cosa vi fosse scritto in quell’appunto di così rilevante…
Ecco, c’è scritto: “Cinà in buoni rapporti con Berlusconi. Berlusconi dà 20 milioni a Grado e anche a Vittorio Mangano“!!!
La calligrafia sembra essere proprio quella del giudice Giovanni Falcone e sono state trovate all’interno di quello che è stato proprio l’ufficio del magistrato, nel palazzo di giustizia di Palermo, una stanza che è diventata ormai da tempo… un vero e proprio un museo… 
A fare la scoperta, è stato proprio uno dei suoi più stretti collaboratori del magistrato, Giovanni Paparcuri, che dopo essere andato in pensione, accoglie in quel “bunker” del pool antimafia, proprio i visitatori…
Nel fare ciò, alcuni giorni fa, stava sfogliando alcuni scritti di Falcone, conservati come riportavo sopra in quel museo, contenevano vecchie dichiarazioni del pentito Marino Mannoia… all’improvviso, si è imbattuto in quell’appunto che parla di Berlusconi!!!
Veramente assurdo che nessuno se ne  fosse accorto prima… ecco quindi che Paparcuri ha immediatamente informato la Procura. 
Quelle frasi scritte, non fanno altro che dare seguito a quanto più volte, proprio il sottoscritto ha evidenziato e cioè confermano quanto già emerso, nel processo al co-fondadore  Marcello Dell’Utri, condannato in via definitiva, a sette anni di carcere, proprio per concorso esterno a Cosa nostra… 
Difatti, proprio recentemente, lo stesso, insieme al “Cavaliere”, sono stati nuovamente iscritti dalla procura di Firenze, quali indagati per le stragi di mafia del 1993, come possibili mandanti occulti, per gli attentati di Firenze, Roma e Milano…
D’altronde come dimenticare quanto dichiarato dal defunto “capo dei capi” di cosa nostra, che ha più e più volte negato, l’azione di quelle stragi, avvertendo su di egli quelle accuse, quale “capro espiatorio” per coprire i veri mandanti di quelle bombe,  certamente da attribuire ad altri individui, che nulla centravano con quella associazione criminale…
Ma ritorniamo all’appunto… chi è Gaetano Cinà, indicato “in buoni rapporti con Berlusconi”???
E’ certamente un mafioso, sembra molto amico di Dell’Utri; è l’uomo che nel 1987 annuncia all’amico per telefono, l’arrivo al capoluogo milanese di una enorme cassata… con sopra il simbolo della Fininvest. 
Analoga situazione vi è per Gaetano Grado, affiliato a “cosa-nostra” e presente negli anni 70′ frequentemente nella regione lombarda, dove era altrettanto presente il noto “stalliere” Vittorio Mangano, fattore della villa del cavaliere ad Arcore… 
Nulla di nuovo, sono elementi già a conoscenza di tutti, se neon fosse che lo stesso pentito, si sia sempre astenuto – quando interpellato – di riferire sul cavaliere… “non ricordo, sono anziano e malato… e poi non posso rilasciare alcuna dichiarazione alla stampa” e nel processo Dell’Utri, lo stesso pentito si è avvalso della facoltà di non rispondere!!!
Dai documenti emersi nei procedimenti sembra che il boss Stefano Bontate, capo di Francesco Mannoia, avesse incontrato nei primi anni degli anni 70′ proprio Berlusconi, grazie alla mediazione di Dell’Utri… e proprio la Cassazione riconobbe che Berlusconi stipulò un patto di protezione con quella associazione criminale, per evitare possibili sequestri di persona a se o ai suoi familiari, ed anche per evitare danneggiamenti ai ripetitori tv posti in Sicilia… lo stesso boss Riina, intercettato in carcere dichiarava: “A noialtri ci dava 250 milioni ogni sei mesi”!!!
Una cosa è certa… su quel periodo c’è ancora molto da scoprire… e certamente qualcuno è riuscito ad approfittare di quella particolare condizione politico-istituzionale, chissà forse alimentando quel periodo di terrore, utilizzando quelle bombe in maniera precisa e puntuale, affinché si generasse in ciascuno di noi, l’opinione che gli uomini di quell’allora nostro Stato, fossero deboli o collusi con quel mondo deviato e criminale e che ci fosse bisogno di un totale cambiamento… 
Circostanza quest’ultima… che di fatto, di lì a poco è avvenuta, con l’eliminazione politica di gran parte di quei partiti ed interlocutori, con l’avvento di nuovi “paladini” e/o “cavalieri“, che si sono posti agli occhi degli Italiani, come gli unici capaci di guidare il paese e contrastare quella criminalità organizzata…
Quanto accadrà successivamente, servirà esclusivamente ad occultare quanto realmente accaduto… Tutto finirà per essere sepolto nel dimenticatoio… come peraltro, quest’ultimo appunto del giudice Falcone…

Berlusconi? Non dimentichiamo che Dell’Utri è in galera”!!!

Ecco cosa ha dichiarato alcuni giorni fa il pentito Gaspare Mutolo: “Io non immagino una politica senza mafia. Berlusconi? Non dimentichiamo che Dell’Utri è in galera
Gaspare Mutolo, ex mafioso, fedelissimo e autista personale di Salvatore Riina, è tra i pentiti più importanti della storia di Cosa nostra…..
Ricorda, “negli anni 70′ mi era stato detto insieme ad altri, di rapire Berlusconi, manco sapevo che si chiamava così, ci avevano detto è quello di Milano 2…
Eravamo in diciotto, c’era nel gruppo di commando anche Totuccio Contorno… 
Poi all’improvviso arrivò il contrordine dell’allora Capo Mafia, Gaetano Badalamenti… e così, per evitare che si potessero creare nuove iniziative personali, in particolare dai cosiddetti “canisciolti” di quella associazione criminale, si è pensato d’inserire tra i dipendenti del Cavaliere della sua Villa, un certo Mangano… si Vittorio Mangano, meglio conosciuto come lo “stalliere di Arcore”, lo stesso che secondo il pentito Gaetano Grado “portava fiumi di miliardi a Marcello Dell’Utri e Silvio Berlusconi”!!!
Riprendendo le dichiarazioni di Mutolo: “Riina era un uomo carismatico, per me è stato un papà. 
Siamo stati in galera insieme e lì è nata una profonda amicizia… 
Lui era un personaggio carismatico, non era prepotente, conquistava le persone con le belle parole… 
Non abbiamo mai litigato, solo che a un certo punto ognuno ha preso la sua strada”!!!
Nel giorno della morte di Toto Riina, il collaboratore di giustizia, ha voluto partecipare ad un incontro con alcuni corrispondenti della stampa estera.
Con il viso incappucciato, ha raccontato che dietro l’arresto di Luciano Liggio ci fosse proprio Totò Riina, in quanto se pur fino al 1973/74 era stato ai suoi ordini, Liggio aveva pensato di estrometterlo ed allora Riina, lo fece arrestare a Milano, prendendo il suo posto…
Secondo Mutolo, quel posto doveva andare a Provenzano, ma egli era diverso da Riina, era – sono le parole usate – un… “bonaccione“!!!
Quindi dà una sua personale interpretazione sulla guerra di mafia scatenata dallo stesso capo dei capi: “Riina, arrivò a costruire questo sistema che induceva le persone a lui affezionate, a tradire i loro capi. 
Lui ha fatto uccidere i suoi migliori amici perché a un certo punto era diventato pazzo e aveva sempre paura di essere tradito a sua volta”.
Eccolo infine entrare nel vivo dei rapporti mafia/politica. 
Dentro cosa-nostra, c’erano anche i cugini Salvo che con Salvo Lima detenevano le redini…. tutti sapevano quanto fossero amici  di Andreotti ed infatti, in quel periodo tutti i voti andavano verso la democrazia Cristiana, che con oltre il 40% deteneva  il potere e dominava l’isola… 
La mafia d’altronde era ben accettata, anche dai cittadini, poiché garantiva lavoro e benessere… il tutto ovviamente, finché non s’è messa contro il governo. 
In quella nostra terra, in ciascuno dei quei paesi d’altronde comandavano tre persone: il prete, il mafioso e il maresciallo. 
Ma il maresciallo si sa… non perseguitava il mafioso, perché egli non era un criminale come gli altri e così, quell’uomo d’onore era libero di circolare tranquillamente, anzi, influenzava con il suo carisma politico/dirigenziale i voti dei suoi concittadini e nel contempo, comandava i suoi “scaloppini” dando gli ordini da eseguire…
Ed ecco quindi che nel descrivere i rapporti recenti tra mafia e politica, il pentito Mutolo, tira in ballo anche Silvio Berlusconi: “Sì… anche Berlusconi, non dimentichiamoci per altro chi è l’amico intimo del Cavaliere, sì… il Sig. Dell’Utri, attualmente residente presso il penitenziario di Rebibbia, oppure vogliamo forse far scomparire anche questo? 
Ma di ciò… ho già scritto dettagliatamente nei miei precedenti post:

Emanuele Piazza: Uno sbirro non lo salva nessuno!!!

Vi sono uomini che più di altri, vivono la propria vita come una missione!!!
Scelgono solitamente una professione scomoda, chissà forse per provare a dare un senso compiuto alle propria esistenza, indirizzando quotidianamente le proprie azioni nella ricerca di verità e giustizia…
Non sono dei soggetti a servizio di se stessi, non puntano ad avere glorie personali e non si lasciano limitare da esortazioni famigliari o da cautele consigliate da amici…
Loro hanno scelto d’essere ciò che sono, hanno voluto affrontare in prima persona tutti i rischi che quella divisa comportava… 
Hanno deciso di combattere, senza stare protetti dietro ad una scrivania, odiavano percepire quello stipendio indebitamente o in maniera infruttuosa e non schivano i pericoli, anzi l’affrontano, sapendo che il più delle volte per quelle operazioni, si sarebbero ritrovati da soli!!!
Ma a loro non importa, in quei drammatici frangenti, il coraggio e la determinazione, rappresentano la piena manifestazione di quella propria generosità, di quell’alto senso per lo Stato che è principalmente senso di dovere e responsabilità.
Già, ce n’è fossero come Emanuele Piazza… ed è bello vedere come in questi giorni, un autorevole scrittore abbia voluto dare il proprio contributo attraverso la pubblicazione di un libro, attraverso il quale, rende onore ed esprime ammirazione per quella autentica dedizione di un uomo, nell’interesse delle Istituzioni e dei suoi cittadini.
Aver raccontato il suo impegno personale e la sua storia professionale è certamente il modo più autentico e nobile per ricordarLo e soprattutto per riconoscere come egli abbia lasciato un segno autentico e di rilevo nella storia della Polizia Italiana…
Grazie… Emanuele.
Premessa:
Emanuele Piazza, aveva 29 anni quando, nel 1990, scomparve all’improvviso da Palermo e di lui si perse ogni traccia… 
Fu solo grazie alla perseveranza dei suoi familiari e all’impegno del giudice Giovanni Falcone se le indagini su questo caso presero avvio e -dopo molti anni caratterizzati da omertà e depistaggi- su quella sparizione, la verità venne alla luce…
Si apprese successivamente che egli, ex poliziotto, collaborasse sotto copertura con il Sisde: sembra che possedesse una lista con 136 nomi di super latitanti di mafia, tra i quali Totò Riina, Bernardo Provenzano e Salvatore Lo Piccolo…
La sua missione consisteva nell’infiltrarsi presso alcuni pericolosi punti di ritrovo d’affiliati criminali, ricercando informazioni utili su quei latitanti boss, al fine di condurre le forze dell’ordine alla loro cattura. 
Una caccia ovviamente molto rischiosa, che lo condusse purtroppo ad una tragica fine, rivelata anni dopo nei dettagli, da alcuni pentiti di mafia…

Se non fosse stato per la caparbietà ed il rigore investigativo del giudice Giovanni Falcone, e soprattutto l’ostinazione dei familiari del giovane Emanuele, la verità su quella misteriosa scomparsa… ahimè, non sarebbe mai emersa… 
Sì… sarebbe rimasta misteriosa, come una di quelle tante circostanze irrisolte che il nostro Paese si porta dietro: stragi, attentati, intrighi su servizi segreti, politica, mafia, omertà, tradimenti e quant’altro di più oscuro si possa immaginare….
Ecco il perché lo scrittore palermitano Giacomo Cacciatore, ha voluto ricostruire questa vicenda drammatica ed inquietante in questo suo libro verità: “Uno sbirro non lo salva nessuno“, che ha come sottotitolo “La vera storia di Emanuele Piazza, il Serpico palermitano“!!!

Ma quel poliziotto americano FranK Vincent “Serpico”, alla fine di quella esperienza – se pur con una pallottola in faccia e un’invalidità che lo ha reso sordo da un orecchio- si è salvato, con tutti gli onori del caso (distintivo da detective e una medaglia d’onore)… Emanuele purtroppo no!!!
Di lui ci si era dimenticati…  quando sparì, nessuno s’assunse la responsabilità di cercarlo, anzi negarono peraltro l’incarico affidatogli: dissero al “SISDE” che non operava per conto loro!!! 
Oggi lo scrittore palermitano Giacomo Cacciatore, tenta in questo suo libro, di ricostruire la drammatica vicenda di Emanuele, riuscendo a fare in modo che la sparizione non venisse consegnata alla storia giudiziaria come uno dei tanti misteri d’Italia… o ancor peggio, che passasse l’abituale notizia, che Emanuele fosse fuggito con una donna…
D’altronde si sa, il nostro paese, anzi la nostra terra siciliana è esperta nel depistare le prove e a fuorviare la verità!!!

Chissà, forse ora finalmente è stato messo un ulteriore tassello su quel mosaico d’intrighi ed inganni, che hanno fatto in modo di scompaginare la realtà dei fatti… 
Speriamo almeno che con il tempo, emergeranno tutti i nomi di coloro che hanno “segretamente”  collaborato in quegli anni con la criminalità organizzata e che quindi di fatto, hanno permesso ed acconsentito alla morte di Emanuele!!!

Meno si parla di mafia… e più la mafia fa affari!!!

Sì… sembrerà strano, ma la morte del “capo dei capi” rappresenta per questa attuale associazione criminale ed il suo capo, un vera e propria liberazione, in quanto quella figura era diventata per cosa-nostra troppo ingombrante…

Abbiamo visto come in questi lunghi anni (nei quali i boss di Corleone sono stati sottoposti al 41 bis), l’allora mafia aggressiva e bellicosa, ha lasciato il posto ad una nuova strategia… quella dell’immersione!!!
Il nuovo gruppo dirigente, con a capo (per quanto finora è stato riportato dai media…) Messina Denaro, ha imposto la regola del silenzio: meno si parla di mafia e maggiori saranno per questa, le possibilità di compiere affari illegali… 
Si tratta cioè di mettere in pratica, tutte quelle azioni affinché i principi corruttivi abbiano effetto… 
D’altronde, quell’associazione malavitosa sa benissimo di poter contare su tutta una serie di soggetti esterni, che nulla centrano con i propri affiliati; persone che a prima vista si possono definire autorevoli, perbene, slegati da eventuali meccanismi perversi e corruttivi, d’altronde molti di loro svolgono i loro incarichi all’interno delle pubbliche amministrazioni, altri ancora sono interconnessi con la politica, alcuni di essi ne fanno proprio parte nella veste di rappresentanti e poi vi sono tutta quella schiera dei professionisti, da tempo “ammaestrati”, che sanno di dover sottostare a quel sistema, poiché in caso contrario vengono totalmente estraniati…
Sono i cosiddetti “colletti bianchi”, quelli che il sottoscritto preferisce definire “grigi”, appartengono a quel “mondo di mezzo”, una zona che negli anni, ha fatto in modo da rendersi invisibile, rendendosi disponibile a collaborare con questi nuovi uomini al comando di quel mondo criminale…
Uomini che seppur al comando, non hanno potuto avere in questi anni, una vera e propria legittima ufficialità sia da parte dei loro boss (da tempo colpiti dai provvedimenti giudiziari), che da quella cosiddetta “commissione” interprovinciale, che non ha dato quella necessaria autorizzazione, essendo ancora in vita (seppur in carcere) il capo indiscusso… 
Ecco quindi che, all’interno di quella gerarchia, tra vecchia mafia che resiste al comando e nuova che prova ad appropriarsi di quei posti scoperti, si è creato sicuramente uno scontento, con problemi che minano l’assetto di quelle posizioni ai tempi stabilite…
Ecco perché c’era bisogno all’interno di cosa-nostra di rinnovare, ma per far ciò, era necessario che Totò Riina… non ci fosse più!!! 
Ecco perché finalmente ora la morte del boss permette… anzi libera l’offensiva alla nuova classe dirigente, di quell’associazione mafiosa…
Va inoltre aggiunto che, molti di quegli uomini (che avevano per altro collaborato nel passato con quel boss…) sono rimasti in questi anni in disparte, senza fidarsi di nessuno, in particolare di nuovi pseudo padrini, che avevano provveduto per l’appunto, attraverso propri emissari, ad informarli sulle variazioni sopraggiunte, … 
Ciascuno di essi difatti, ha preferito conservare la propria autonomia, avendo quale arma di baratto, segreti di cui si è stati partecipi o quantomeno portatori…
Ora finalmente, per molti all’interno di quel mondo criminale si aprirà una autostrada!!!
Già, non è escluso che si possa determinare una nuova rivalsa per definire l’assetto piramidale, in particolare proprio da chi considera oggi, quel posto come “vacante” e non riconosce di fatto alcun padrino e/o gruppo di comando, ritenuto nella sostanza… abusivo!!!
Cosa accadrà lo vedremo a breve: se ci sarà silenzio, allora la cupola avrà deciso per tutti, imponendo di proseguire con l’attuale vertice di comando e preferendo così, gli affari all’egoismo dei suoi affiliati (ed allora, nessuno di noi, s’accorgerà di nulla…); viceversa, se i media, inizieranno a parlare di scontri a fuoco, vittime e quant’altro, allora prepariamoci a rivivere nuovamente, una possibile “terza” guerra di mafia…
Ovviamente, nei due casi sopra esposti, incrociamo le dita e speriamo che le nostre Forze dell’ordine…intervengano prima che entrambe possano avverarsi!!!

Borsellino e la verità negata…

Sono passati 25 anni, da quel fatidico 19 luglio del 1992 in cui veniva assassinato il giudice Paolo Borsellino…
25 anni da quella strage… e ancora oggi, non si conoscono i colpevoli!!!
Si vabbé, ci hanno raccontato che è stata la mafia… Toto Riina & Co., ma tutti noi abbiamo compreso come su quella vicenda, sono più i contorni oscuri, che quelli chiari…
Troppe incertezze, troppi i ritardi, troppi gli errori e nessuna assoluta ricerca della verità… anzi, la verità ci è stata di fatto… negata!!!
Dice bene Lucia Borsellino…”abbiamo constatato che la verità non è stata pienamente trovata e che giustizia non è stata fatta dopo 25 anni” e se lo dice Lei, è tutto che dire!!!
Tutti si aspettavano in quei momenti… l’attentato, tutti sapevano e nessuno ha fatto nulla per impedirlo, ora poi… come sempre, si promuovono iniziative, fiction, manifestazioni… 
Alcuni giorni fa il sottoscritto si trovava a parlare con alcuni alunni di una scuola media e a chiesto loro… chi fosse Borsellino.
Un ragazzino, tutto entusiasta mi ha urlato… “combatteva la mafia”, ho risposto bene… ma come??? ehm… Lui andava nei negozi e diceva di non pagare più a loro… il… ( il pizzo???)… sì… ma di dare i soldi a lui…, ah, ho capito, ed un altro… lui voleva uccidere il boss mafioso per prendere il suo posto e comandare”,  bene… ( per modo di dire…), ed un’altro ancora, “era un giudice e l’hanno ucciso perché faceva affari con i mafiosi”, ed infine l’ultimo… “era un giudice… mi sembra… un giudice “buono”!!!”.
Ho pensato tra me, quanta tristezza, saper da lassù di aver donato la propria vita per un paese… il nostro, che non possiede alcuna memoria e ancor peggio, non l’ha saputa trasmettere…  

Ha cosa è servito aver combattuto la mafia, a cosa se quella stessa associazione criminale è ancora qui… presente, radicata, con migliaia di affiliati e prestanome, con politici che si prestano ai suoi voleri e uomini delle PA che si vendono quotidianamente…

E’ dire che il giudice diceva sempre… “la mafia un fenomeno criminale che può essere sconfitto”, ma che per raggiungere questo obiettivo è indispensabile diffondere tra i giovani, la cultura della legalità…”, ed è proprio su questo punto che lo Stato ha principalmente fallito !!!
Il resto serve a poco… indagini, arresti, tante condanne, sequestri, confische, ma come ripeto sempre, cambiano i suonatori, ma la musica resta sempre la stessa!!! 
Bisogna partire dal basso, bisogna andare in quei quartieri degradati, offrire ai tanti giovani una nuova possibilità, nuove opportunità occupazionali, garantire quel reddito minimo ai nuclei familiari, far comprendere come quella, non sia la strada giusta da percorrere…
Bisogna puntare sulla dignità morale, bisogna insegnare ai ragazzi che ci può essere una grande possibilità per il loro futuro…. 
Lo Stato deve dimostrare di essere “Stato” e non solo in questi giorni di doveroso tributo per il sacrificio di quei magistrati o di tutti quegli uomini e donne, che hanno sacrificato la loro vita per esso… ma per quella giustizia in cui credevano, per i principi di legalità, per quella ricercata libertà dei suoi cittadini…
Le iniziative vanno bene, solo se accompagnate da fatti concreti e non soltanto da inutili parole…
Come dico sempre, è tempo di finirla con i proclami, dobbiamo affrontare i veri problemi… in particolare quelli della nostra isola, ed è su quei temi che le istituzioni sono chiamati a svolgere il maggior lavoro, tenendo sempre in mente, l’indirizzo dato a suo tempo, da quegli uomini esemplari… 
D’altronde, “La lotta alla mafia, rappresenta il primo problema da risolvere nella nostra terra bellissima e disgraziata, e non deve essere solo una distaccata opera di repressione, ma un movimento culturale e morale che coinvolge tutti, specialmente le giovani generazioni, le più adatte a sentire subito la bellezza del fresco profumo di libertà che fa rifiutare il puzzo del compromesso morale, dell’indifferenza, della contiguità e quindi della complicità…”.

Prima Riina ed ora Graviano… ma cosa sta accadendo???

Qualcosa sta emergendo…

Pensare che un boss come Totò Riina, non avesse intuito che in quella sua cella, non fosse intercettato… è voler dare dello sciocco ad un soggetto, che  per vent’anni, ha tenuto sotto scacco lo Stato!!!
Per cui, dando per palese, che egli fosse a conoscenza che qualcuno lo stesse ascoltando, questo capo mafia, dopo quasi 25 anni dal giorno del suo arresto, ha iniziato a esternare in questi ultimi mesi, le proprie valutazioni su quanto realmente accaduto, al compagno di aria, Alberto Lorusso.
Intercettazioni poi… stranamente finite in tutti i telegiornali, quasi ci fosse una regia occulta, che volesse a tutti i costi, che quelle dichiarazioni venissero pubblicate dai media…
Ma perché??? Cosa vi è da comprendere in quelle frasi dette??? C’era forse occultato qualche messaggio subliminale… e per chi??? Per qualche importante personalità delle Istituzioni??? Oppure il messaggio era diretto a qualche politico influente???
Certo, il fatto che soltanto ora si facciano emergere queste intercettazioni, è alquanto strano…
Non è che il boss… giunto ormai ad una condizione di salute sofferente, stia cercando di fare comprendere a chi di dovere, che è giunto il tempo di mettere in atto, quanto allora concordato e cioè, la promessa di un suo silenzio, in cambio (dopo questi 25 anni di detenzione…) di poter trascorrere questi suoi ultimi giorni, con i propri familiari??? 
Ed ora, avendo egli compreso che “qualcuno”… stia mancando a quell’accordo, ha iniziato a inviare quei messaggio a chi di dovere… iniziando improvvisamente non soltanto a parlare, ma anche a presentarsi (come ha fatto alcuni giorni fa…) in videoconferenza davanti ai giudici di Palermo, per seguire (disteso su una barella…) “casualmente”, l’udienza della trattativa Stato- mafia!!!
Ed ora dopo il boss di cosa nostra è la volta di Giuseppe Graviano, padrino del quartiere “Brancaccio”…
Un’altro capomafia che inizia a parlare… 
Sì… per quasi un anno, è stato intercettato mentre chiacchierava con Umberto Adinolfi (anch’egli dietro le sbarre nel carcere di Ascoli Piceno) sulla cosiddetta trattativa Stato-mafia!!!
Sempre la stessa storia… che va ripetendosi!!!
Si ha l’impressione oggi, che c’è una parte delle Istituzioni che vorrebbe far emergere quanto è accaduto in quegli anni… ed un’altra, legata a quella passata istituzione, che fa di tutto perché non emerga nulla, anzi spera che tutto resti – così com’è – occultato!!!
Da questa diatriba, ecco emergere sui media… e non si comprende come, i dialoghi di Graviano, quel patto tra lo Stato e la mafia per far cessare le stragi… ed ancora, egli parla di Silvio Berlusconi, che chiama confidenzialmente “Berlusca”, dal quale, ha ricevuto una richiesta (molto probabilmente non da lui direttamente… ma sicuramente tramite un proprio referente di fiducia “siciliano”… il sottoscritto ha in mente ad esempio M.D.): “Mi ha chiesto questa cortesia… per questo c’è stata l’urgenza. Lui voleva scendere… però in quel periodo c’erano i vecchi e lui mi ha detto ci vorrebbe una bella cosa“.
Sembra che si riferisca allo scendere in politica… e ad una chiara allusione alle stragi del ’92 che vedrebbero l’allora imprenditore ispiratore di quel progetto e la mafia sua esecutrice, nel tentativo di dare definitivamente una spallata a quella vecchia politica. 
Ma lo stesso “Cavaliere” viene descritto dal boss Graviano, come un traditore… “Quando ha cominciato negli anni ’70 ha iniziato con i piedi giusti, mettiamoci la fortuna che si è ritrovato ad essere quello che è. Quando lui si è ritrovato un partito così nel ’94 si è ubriacato e ha detto “Non posso dividere quello che ho con chi mi ha aiutato” e pigliò le distanze da noi e ha fatto il traditore”!!!
Un uomo ingrato quel “Berlusca” che avrebbe lasciato marcire al carcere duro, tutte quelle persone innocenti che per lui si erano sacrificate, mentre di contro egli, “è stato disposto a pagare il silenzio delle buttane”, riporta in maniera tagliente il capomafia… 
Certo qualcosa è successo… come qualche concessione è stata fatta a questo boss… ad esempio la strana gravidanza della moglie di Graviano, rimasta incinta mentre lui era per l’appunto al 41 bis, riletta ora come una concessione dello Stato a Cosa nostra…. o anche, la fine degli attentati o la riforma alleggerita del carcere duro… che era d’altronde, quanto voleva la mafia!!!
Ormai di una cosa siamo certi… la storia di questo paese, in particolare la lotta a quella associazione criminale chiamata mafia, non è quella che ci è stata raccontata o che qualche storico di parte, ci ha voluto negli anni descrivere…
La verità è che una parte delle Istituzioni e della politica, ha negoziato con cosa nostra, trovando in essa un ausilio necessario, per ribaltare quello stato di cose, quei referenti politici e soprattutto quei tre partiti di maggioranza ed opposizione (DC-PSI-PCI) che da 50 anni controllavano questa nostra Repubblica…
Ormai è certo… e quanto diceva il giudice Borsellino, descrive perfettamente quanto accaduto in tutti questi anni: Politica e mafia sono due poteri che vivono sul controllo dello stesso territorio: o si fanno la guerra o si mettono d’accordo!!!

Chi fu a contattare il capo di "Cosa Nostra" Toto Riina, per effettuare le stragi?

Forse allo Stato servo per parafulmine!!!”.

Con questa frase, il “Capo dei capi” Totò Riina, ha voluto esprimere, durante un processo, una riflessione, riferendosi al periodo delle stragi di quegli anni…
Ieri, ho ascoltato una trasmissione interessante su Radio 24, presentata da Gianluca Nicoletti, con ospite d’eccezione il Presidente del Senato, Pietro Grasso…
Per chi volesse ascoltarla, riporto di seguito il link della puntata: http://www.radio24.ilsole24ore.com/programma/melog/trasmissione-giugno-2017-130246-gSLAfB2GLC
La puntata si apre parlando del libro appena pubblicato dal Presidente del Senato, sulla storia della guerra alla mafia.
D’altronde il magistrato, fu in prima persona protagonista di quel periodo, essendo stato designato, giudice a latere nel primo maxiprocesso a Cosa Nostra…
L’intervista comunque esamina anche le vicende di questi giorni, il dibattito scatenatosi dopo la sentenza della Cassazione sulla carcerazione a causa delle gravi condizioni di salute del capo mafia, Totò Riina.
Del resto, dopo il grande clamore sul suo arresto, del boss, non se ne più parlato… vent’anni di silenzi in cui tutti abbiamo saputo, che era rinchiuso in quella cella, nel carcere di Opera.
All’improvviso, in questi ultimi anni, qualcosa è cambiato… 
Difatti… alcune intercettazioni sono state portate a conoscenza dei media: quelle frasi denigratorie nei riguardi dell’ex amico Bernardo Provenzano (considerato da Riina, un “giuda”, in quanto aveva permesso l’individuazione del rifugio ove era nascosto), le minacce verbali nei confronti del giudice Di Matteo, frasi criptiche che celano i segreti della nostra storia recente, che soltanto egli conosce…
Quella vergognosa pagina della trattativa tra Stato e mafia, i “papelli” presentati e poi dichiarati falsi… quelle frasi riportate “io non cercavo nessuno, erano loro che cercavano me”… 
Ma loro… chi??? Già, chi erano questi uomini che trattavano con il boss corleonese???
Abbiamo letto d’inchieste ufficiali sui Ros, sui rapporti con l’ex sindaco di Palermo Vito Ciancimino, abbiamo avuto modo di ascoltare il figlio Massimo e la sua versione dei fatti…
Ed ancora, cosa dire di tutte quelle circostanze ambigue… 
Come dimenticare la mancata perquisizione del covo del boss, subito dopo il suo arresto, quella villa lasciata lì… abbandonata… per tre giorni, affinché gli uomini di quella associazione (o chissà gli uomini dei servizi segreti…), potessero recuperare tutti quei documenti nascosti all’interno della cassaforte, sì… e cosa dire dell’Onorevole Mancino che alcuni giorni prima, aveva dichiarato di essere a conoscenza del suo arresto…
D’altra parte, come classificare quelle strane circostanze, dove i servizi segreti appaiono (e scompaiono), da quelle stragi imputate alla mafia, vedasi ad esempio Via dei Georgofili, della quale nessun mafioso ha mai parlato… oppure dell’omicidio di Borsellino, siamo sicuri che è stata la mafia, oppure dietro quella bomba non ci siano stati i servizi deviati… e che fine ha fatto… quell’agenda rossa che il magistrato portava sempre con se e non lasciava mai???
Certamente dice bene l’ex Procuratore di Palermo Pietro Grasso: ” Non dobbiamo dimenticare che Riina è ancora il capo di Cosa Nostra e che la legge può dare la possibilità di interrompere il regime del 41bis, basta che collabori!!! Riina potrebbe ottenere la cessazione delle misure facendoci sapere chi erano quelle persone importanti che lo hanno contattato prima di fare delle stragi”…
Ma il sottoscritto alcuni giorni fa, avevo riportato “nessuno ha interesse a far uscire il boss, anzi sono tutti d’accordo per tenerlo lì… messo a tacere per sempre e ridotto al completo silenzio!!!”.
Sperare quindi ora (per come molti chiedono…) che il boss di cosa nostra, possa convincersi a parlare, mi sembra alquanto irreale; di contro, sarà perché sono stato condizionato dei libri letti di Forsyth e Le Carrè, ma su questa circostanza, non so perché… ho uno strano presentimento: la notizia in prima pagina, della sua fulminea scomparsa!!!   

Toto Riina ai domiciliari… forse perché non ha mai parlato??? Ma… meglio non rischiare… lasciamolo ai suoi silenzi!!!

Avete visto cosa è accaduto alcuni giorni fa in Calabria, quando si è saputo dell’arresto di uno dei cinque boss più ricercati del paese???
Scene incredibili, persone che si sono stretti in un abbraccio, molti sono accorsi per dare l’ultimo saluto al padrino, baciamani plateali senza curarsi della presenza delle forze dell’ordine o delle telecamere che riprendevano tutto…
Ora la notizia del giorno, sì… quella che vuole concedere i domiciliari al “Capo dei capi”, Totò Riina…
Sappiamo che ormai l’86 enne è da tempo malato ed ora, attraverso il suo avvocato, ha presentato un’istanza al tribunale di sorveglianza di Bologna in cui chiede la sospensione della pena o quantomeno gli arresti domiciliari…
Ora tutti a fare di questa notizia un clamore mediatico, ma la verità è che la Corte di Cassazione non ha mai detto che il boss, andasse scarcerato e neppure che le sue condizioni fossero incompatibili col carcere… ma si sa, da noi tutto serve a fare grandi “polveroni”, ma soprattutto ciò fa vendere la notizia, nei quotidiani e nel web…
Poi c’è chi ha voluto ispirarsi a valori ancor più nobili, parlando di dignità e di comportamenti (cristiani) di pietà e perdono…
Di contro c’è chi attacca il “mostro”, ricordando le stragi, i massacri, le persone sciolte nell’acido e ritiene giusto quindi… che egli sconti ogni giorno di quella la sua pena…
Vanno sommati gli uomini dello “stato deviato”, quelli che hanno paura, che pensano che prima o poi egli possa parlare, raccontando gli intrecci politici/mafiosi e imprenditoriali, che allora costituivano tutto un fascio…
Ed infine ci sono gli attuali uomini delle Istituzioni, quelli che credono nella forza delle leggi, che non hanno paura e lottano ogni giorno contro la mafia e i suoi uomini!!!
Per quest’ultimi, graziare il boss è di per se… un fatto insignificante; essi non hanno paura di liberarlo, d’altronde possono sempre andare a riprenderlo quando vogliono e sbatterlo nuovamente dentro una cella… malato o non malato!!!
Per loro è solo un fatto di pietà… quella che il boss non ha mai avuto nei confronti dei suoi nemici e a volte anche degli amici… 
E’ la vittoria morale dello Stato sulla mafia!!!  
Il sottoscritto di contro crede – proprio osservando quanto appena accaduto in Calabria – che la presenza sul territorio del boss, possa rappresentare una grave minaccia, non per la persona, ma per il  simbolo che egli, ancora rappresenta…
V’immaginate cosa accadrebbe a Corleone…???
Quanti saranno i cittadini che venendo a sapere della sua presenza, andranno immediatamente a salutarlo e gli altri, che ovviamente, se pur contrariati, saranno costretti ad andare in casa sua per porgere i loro omaggi e chissà forse… anche per baciargli la mano!!!
E coloro che mancheranno all’appello cosa accadrà??? 
Cosa potrebbe pensare oggi, chi quel potere lo detiene da anni e che ora, per una sua frase, potrebbe perderlo??? 
Provate a immaginare la scena, se da quella propria abitazione, egli decidesse di proclamare il suo nuovo legittimo successore… rendendo nullo quell’allora testamento ereditario, mai concesso… ma preso per forza maggiore!!!
Sappiamo d’altronde che il passaggio di consegne nei riguardi dell’ex amico Provenzano, non è stato mai ufficializzato, anzi, intercettato durante la sua detenzione, ha dichiarato: “A questo Binnu Provenzano chi è che gli dice di non fare niente? Qualcuno ci deve essere che glielo dice. La cosa… quindi tu collabori con questa gente… a fare il carabiniere pure… e non dici… a rispondergli giusto, regolarmente, e dirgli: perché devo fare questo? Qual è il motivo?”.
Immaginatevi cosa accadrebbe quindi in Sicilia… 
Una nuova faida, tra chi ora detiene quel ruolo ed i nuovi eletti: un vero e proprio atto di forza, che porterà, a secondo delle circostanze, all’eliminazione di molti affiliati, fintanto che ciascuno dei due gruppi, proverà a sostituirsi all’altro e ne prenderà definitivamente il sopravvento!!!
Tranquilli comunque, in questo momento nessuno ha interesse a far uscire il boss, anzi sono tutti d’accordo per tenerlo lì… messo a tacere per sempre e ridotto al completo silenzio!!! 

Trattativa Stato-Mafia…

Siamo giunti alla prima udienza del processo d’appello per l’ex ministro, Calogero Mannino, nella cosiddetta “trattativa”, tra Stato e mafia…
Nel 2015, in primo grado l’ex ministro era stato assolto dall’accusa di minaccia a corpo politico dello Stato, mentre l’udienza svoltasi oggi (davanti alla prima sezione della Corte d’appello di Palermo), si è conclusa dopo pochi minuti, in quanto rinviata al prossimo 13 settembre, quando avrà inizio il processo. 
L’ex ministro, a differenza degli 10 imputati con i quali è imputato, ha chiesto di essere processato con il rito abbreviato… ed ha aggiunto di rinunciare alla “prescrizione”.
Certo avere reso nota tale intenzione è una vera sorpresa, e soprattutto non sono in molti a richiederla… anzi tutt’altro, d’altronde è una norma prevista dal nostro ordinamento penale e perché quindi non sfruttarla…
Il collegio dei giudici come si diceva sopra, ha rinviato il tutto al 13 settembre, su richiesta del procuratore generale che ha chiesto tempo per studiare il fascicolo e valutare se chiedere un’eventuale rinnovazione dell’istruttoria, il che significherebbe raccogliere nuove prove a carico dell’ex ministro e segretario della Democrazia Cristiana Siciliana…
Viene spontaneo chiedere… ma secondo voi, come finirà (quando finirà…) questo processo??? 
Si arriverà a condanne esemplari oppure come ritengo, non ci sarà alcuna condanna???
Ho l’impressione che ci siano forti motivazioni che spingono a considerare tale vicenda, come una vera e propria ricerca del “santo gral”… molto figurativa, ma che condurrà ad alcuna verità…
Lo scontro d’altronde evidenzia forti influenze, tra una giustizia penale che tenta di far chiarezza, ed un sistema politico colluso, che vorrebbe assopire questo effetto mediatico, senza tentare di ricostruire storicamente quanto accaduto, negli anni più drammatici della nostra storia recente, che ha visto il coinvolgimento, dei piani alti delle nostre istituzioni…
Ricordo quanto disse l’ex procuratore aggiunto Antonio Ingroia: “Appena la trattativa viene avviata la necessità di salvare i politici (e con essi si ha la pretesa di salvare la repubblica) assume una grande rilevanza istituzionale, e lo Stato si attiva per rimuovere tutti i possibili ostacoli al riguardo”…
E’ chiaro che… se da un lato non viene messo in discussione l’impegno dello Stato in quanto tale, per altro, l’indeterminazione prodotta da tutto il sistema, ha prevalso sulla teoria dell’esistenza di una regia unitaria, nei tentativi d’accordo con la mafia e nella individuazione dei protagonisti impegnati nelle corrispondenti attività preparatorie…
E’ evidente ormai a tutti, che quanto si è cercato di fare negli anni… è stato quello di salvaguardare la democrazia di questo paese, facendo in modo di condurre tutte quelle inchieste nate su questa “trattativa”, su ipotesi e congetture che non hanno mai trovato (purtroppo per noi…), quell’autentico e necessario riscontro…

Pm Antonino Di Matteo: c’è chi ha paura della mafia e chi no!!!

Ci sono volte che non comprendo certi organi di rilievo del nostro ordinamento di governo… 
Per esempio il CSM… meglio conosciuto come Consiglio superiore della magistratura, che ha tra le sue funzioni quella di assegnare incarichi, promuovere ed anche trasferire, quest’ultimo punto difatti, rappresenta quanto è stato proposto (per ragioni di sicurezza) al Pm, Antonino Di Matteo…
Il magistrato che sta indagando sulla trattativa “Stato-mafia”, è stato oggetto di attenzioni da parte dell’ex capo di cosa nostra, Totò Riina, il quale è stato ascoltato durante una intercettazione nel cortile del carcere milanese, mentre dialogava (nell’ora di libertà) con Alberto Lorusso (esponente della Sacra Corona Unita)…  
In quel video l’ex boss disse: “A Di Matteo lo faccio finire peggio del giudice Falcone”; un chiaro ed esplicito messaggio di proposito di morte diretto proprio al Pm Nino Di Matteo… 
Innanzitutto non si riesce a comprendere come un messaggio così “delicato” venga reso di pubblico dominio… dando la possibilità (trasmettendo indirettamente quel video) di comunicare quella propria sentenza di morte a chi di dovere tra i propri affiliati, 
Non si capisce inoltre come ad un soggetto condannato al regime d’isolamento, possa essere permesso non tanto di manifestare quei propri pensieri, ma certamente di divulgarli in modo così semplice…
Anche lo stesso soggetto con il quale predispone le proprie passeggiate d’aria da parecchi anni… non si poteva scegliere un altro certamente meno influente o quantomeno quelle passeggiate perché non fargliele fare da solo… 
Debbo pensare quindi, che forse vi è una ulteriore motivazione celata, che ha permesso a quel video di poter essere trasmesso…
Ma chi aveva maggiore interesse che quella notizia trapelasse… l’ex boss, oppure qualcuno di quei servizi deviati, che a causa proprio delle indagini in corso da parte del Pm, potrebbero condurre a tesi inaspettate o certamente non desiderate ai forse qualcuno teme risvolti preoccupanti(dopotutto… conosciamo già alcuni di quei nomi probabili che erano coinvolti…).
Abbiamo visto infatti in questi anni, come molti di quei documenti siano stati segretate o distrutti, di come si è ritenuto opportuno non divulgare certe intercettazioni telefoniche, offuscando quegli intrecci politico-mafiosi, che proprio alcuni uomini dello Stato avevano concluso con personaggi di cosa nostra (tra cui molto probabilmente Vito Ciancimino).
Mi chiedo, quantunque fosse reale nelle intenzioni… il messaggio pronunciato dal boss corleonese, (sì… avrebbero potuto suggerirglielo, dopotutto mi chiedo, ma come fa a sapere egli del PM di Matteo, quando sono più di vent’anni che gli è stato vietato qualsivoglia rapporto di comunicazione con l’esterno??? Dobbiamo forse credere che nella quotidianità non è proprio così???)…
Certo la circostanza si fa alquanto curiosa…  
Comunque, il Pm Di Matteo, ha rifiutato il trasferimento… dimostrando con questo suo gesto, quel coraggio personale che a volte non viene dimostrato dalle stesse Istituzioni…
D’altronde, accettare quel trasferimento avrebbe costituito un grave segnale di debolezza dello Stato, che non è capace di difendere i suoi uomini (situazione innegabile e reale, a cui purtroppo, abbiamo dovuto assistere nel corso degli anni passati…), ma che preferisce ancora oggi arrendersi, all’ordine di un uomo solo…
Hanno parlato di “trasferimento d’urgenza”, ma se così fosse… dovremmo essere in molti a doverci trasferire da questa isola e non soltanto il Pm…
Ma tra l’altro mi chiedo… per andare dove??? Forse qualcuno da quei piani alti pensa realmente che cosa-nostra non sia nelle condizioni di colpire al di fuori della Sicilia??? 
Perché se così fosse, se pensano realmente ciò, siamo veramente rovinati!!!
Comunque… sempre per aumentare i miei dubbi sulle vere ragioni di quel trasferimento, gli sono state proposte altre soluzioni, che egli ha sempre rifiutato… anzi va detto che lo stesso Pm ha alzato il tiro, presentando domanda di partecipazione al concorso ordinario per sostituto della Direzione Nazionale Antimafia…
Sto cominciando a credere che anch’egli, abbia intuito, che questo rappresenti il migliore momento per battere il ferro… certamente “rovente” e che forse sono in molti a preferire di raffreddarlo velocemente!!!
Certamente, ascoltare il presidente della terza commissione che manifesta la sua forte preoccupazione per la vicenda, mi fa comprendere come ancora oggi si è lontani dalla nostra realtà e sperano che la lotta alla mafia possa essere vinta… stando seduti a tavolino!!!
Come sempre si preferisce lasciare ad altri quel rischio di dover andare a combattere e tra questi troviamo ovviamente alcuni Pm, ma anche rare persone comuni…  
Sì, quelli dei palazzi romani d’altronde resteranno esclusivamente ad ammirare i gesti di questi pochi coraggiosi e dai loro uffici attenderanno l’esito del conflitto, escludendo di fatto qualsivoglia loro partecipazione; si presenteranno soltanto alla fine o soltanto nei casi malaugurati, nei quali qualcuno di quei combattenti, dovesse venir a mancare: allora sì che saranno come sempre in prima fila, per presenziare alle commemorazioni… (in fin dei conti… un modo come un altro, per ripulire la propria coscienza)!!!
Socrate diceva che non si deve ubbidire all’imperativo del costume, ma a quello della propria coscienza, ecco perché il potere cerca di conformare la coscienza degli “asserviti” al modello che più gli fa comodo…

Intravvedere un lumino in fondo al tunnel… non basta più!!!

Ci sono due famiglie a Palermo che da anni aspettano di conoscere la verità sulla morte dei loro figli.
Nino Agostino e la sua giovane moglie incinta, Ida Castellucci, sono stati uccisi il 5 agosto 1989 a Villagrazia di Carini.
Dell’esecuzione e del movente, nonostante l’impegno di magistratura e forze dell’ordine, non si è potuto accertare nulla. 
Il papà di Nino,Vincenzo ha giurato che non si sarebbe mai più tagliato la barba fino a quando non avesse ottenuto giustizia e oggi, che quella barba è diventata lunghissima e bianca, chiede che venga tolto il segreto di stato sulla morte del figlio e della nuora.
Emanuele Piazza, invece, è stato strangolato nel piano inferiore di un negozio di mobili a Capaci il 16 marzo 1990. 
Lo ha raccontato il pentito Francesco Onorato. 
Aveva ricevuto l’ordine di eliminare Emanuele di cui era amico da Salvatore Biondino in persona. Il capo della famiglia di San Lorenzo e misterioso autista personale di Riina (quando li catturarono assieme il 15 gennaio 1993 era incensurato) lo aveva visto scambiare quattro chiacchiere amichevoli con Piazza e lo aveva rimproverato: “Che fai ti abbracci con gli sbirri?” 
Come Biondino sapesse cosa faceva Emanuele e soprattutto che avesse il compito, super riservato, in accordo con i servizi segreti, di cercare i latitanti la dice lunga sullo spessore di tale personaggio.
C’è poi un intero Paese che da sempre aspetta di capire quanto la vera gestione del potere nella Repubblica italiana sia stata affidata pienamente a governi democraticamente e legittimamente eletti dal popolo come presupporrebbe la Costituzione oppure no. 
Dietro tutte le stragi a partire da Portella della Ginestra fino a Capaci, via D’Amelio e alle bombe del continente, passando per i terrorismi neri e rossi, si agita lo spettro di quell’entità che a quanto pare ha condizionato la nostra intera storia, ma di cui non abbiamo se non una nebulosa idea: i servizi segreti.
Infiltrati, deviati, etero-diretti, non individuabili e soprattutto non punibili per motivi di sicurezza, ma chi sono, che fanno e soprattutto chi servono, questi servizi?
Documenti de-secretati negli anni dagli archivi di vari Paesi e alcune sentenze dei processi per omicidi e stragi ci restituiscono l’immagine di questa sorta di Forza Superiore che interviene, in accordo con altre, per influenzare gli equilibri di un Paese. 
E che questo sia accaduto in Italia è ormai storia.
Oggi lo schemino dei servizi che in connubio con Cosa Nostra avevano progettato e cercato di portare ad esecuzione l’attentato all’Addaura ai danni del giudice Falcone torna agli onori della cronaca con un articolo di Attilio Bolzoni su La Repubblica. 
Già da un po’ di tempo si sapeva che erano in corso nuove indagini e da quanto scrive l’esperta penna, attorno agli scogli sui quali fu rinvenuta la borsa piena di candelotti destinata al magistrato e ai suoi ospiti (Carla del Ponte e Claudio Lehman magistrati elvetici con cui Falcone stava indagando il riciclaggio di denaro in Svizzera, ndr) in quel giorno, il 21 giugno 1989, vi sarebbero state due squadre di servizi segreti addirittura l’una contro l’altra. 
Una che voleva Falcone morto l’altra vivo. 
E al largo su di un gommone, a cercare di salvare Falcone ci sarebbero stati proprio Nino Agostino ed Emanuele Piazza. 
Uccisi poi perché sapevano troppo.
Se così fosse si spiegherebbe perché Falcone al funerale di Nino avrebbe detto: “Questo ragazzo forse mi ha salvato la vita”.
Ipotesi però, nulla di più in questo momento, l’unica costante certa è il depistaggio, scientifico, metodologico che annacqua ogni indizio e lo indebolisce al punto che dopo vent’anni ancora ci si debba accontentare di ipotesi. 
E’ una prassi regolare e purtroppo, a guardare l’iter giudiziario degli omicidi strategici, estremamente efficace.
I magistrati titolari delle indagini, così come hanno fatto altri, pochi, magistrati in passato faranno il loro dovere ma non si può pensare di lasciare l’onere di questa verità solo a loro. 
La morte di Falcone è stata un danno irreparabile per tutta la nostra Nazione. 
Come quella di Borsellino. 
Giganti che avrebbero dato tutta un’altra dignità a questo nostro paesetto di nani.
Quei pochi politici onesti che abitano le Istituzioni si attivino perché si faccia chiarezza. 
Così tutte le altre forze sociali, dagli intellettuali ai singoli cittadini che vogliono un altro Paese.
Che cadano le maschere… di coloro cui questi servizi obbediscono! 
Sono loro che hanno fatto uccidere Falcone, Borsellino e tutti gli altri elementi eterogenei che avrebbero potuto indebolire il sistema criminale che ci governa. 
Basta con il gioco delle tre carte, servizi e non servizi! 
Intravvedere un lumino in fondo al tunnel non basta più! 
E’ ora per l’Italia di crescere, di guardare in faccia alla verità, ci piaccia a no, se si vuole voltare pagina e provare a diventare la democrazia che sognavano i nostri padri costituenti…

In ricordo del giudice Cesare Terranova…

Oggi, 25 settembre, voglio ricordare il giudice Cesare Terranova ed il maresciallo (suo collaboratore), Lenin Mancuso, uccisi dalla mafia 37 anni fa, precisamente il 25 settembre del 1979.

Sono gli anni dell’avvento dei “corleonesi” di Luciano Liggio, un periodo che inizia alla fine degli anni 50′ per concludersi con l’arresto nel 93′ del capo dei capi, Totò Riina…  
Il giudice Cesare Terranova si dedico in quegli anni a tutta una serie d’indagini di omicidi per mafia tra cui il sindaco Salvo Lima…
Le sue indagini portarono al processo dell’allora capo dei corleonesi, ma il processo si concluse con un nulla di fatto, in quanto nel 1968, gli imputati vennero assolti da parte del Tribunale di Catanzaro, per insufficienza di prove… 
A quella decisione seguì il ricorso e portò alla condanna all’ergastolo di Liggio ed alla latitanza di Riina, Provenzano e Bagarella…
Egli fu il primo ad intuire che in Sicilia vi fosse una “commissione mafiosa”, ma purtroppo molto di quel suo contrasto fu reso inutile da alcuni giudici dei tribunali, come quelli di Bari che assolsero nel 1969, quasi tutti gli imputati di mafia tra cui….Totò Riina!!!
Il giudice Terranova non aveva paura, ma soprattutto non possedeva  mezze misure ed è per questo motivi che venne ammazzato… 
Fu lasciato solo,  sia dalle forze politiche e istituzionali che nei fatti, limitarono, mezzi e forze in campo, in quella lotta…
Comprese presto quindi che non era più possibile continuare in quella maniera e decise di tornare a fare il magistrato, provando a collegare la sua attività giudiziaria con quella del Parlamento, proponendo nuove idee e metodi… 
Per quanto sopra… la mafia, decise di ucciderlo…. 

Dopo più di vent’anni (nel 2000), per quell’omicidio sono stati condannati come mandanti :Salvatore Riina, Bernardo Brusca, Bernardo Provenzano, Francesco Madonia, Pippo Calò, Nenè Geraci, Michele Greco come esecutori materiali, Leoluca Bagarella, Vincenzo Puccio, Pippo Gambino, Ciccio Madonia. 
Nel 2004, la Corte di Cassazione ha confermato gli ergastoli per Totò Riina, Michele Greco, Nenè Geraci e Francesco Madonia!!!
Oggi c’è stata in Via De Amicis, la cerimonia di commemorazione dell’omicidio dove ha partecipato anche il sindaco Leoluca Orlando e il questore Guido Longo…
Certo, rileggendo a distanza quelle carte processuali viene da chiedersi: ma se i Tribunali di Catanzaro e Bari non avessero ribaltato il lavoro del giudice Terranova… che si è potuto dimostrare negli anni seguenti essere, non solo corretto  ma soprattutto esatto, forse la storia di questa terra sarebbe andata diversamente e quel giudice avrebbe potuto trascorrere un po più del suo tempo con i propri cari!!!
Per cui, i veri assassini da condannare… non erano soltanto quelli di cui sopra, ma anche quei cosiddetti “giudici” che con quelle vergognose assoluzioni, hanno permesso che dei criminali potessero continuare ad operare in modo indisturbata e diventando essi stessi partecipi a quelle collusioni… e a quegli ASSASSINI!!!

Il Cavaliere: alla ricerca dei pagamenti "perduti"…

Come riportavo ieri (vedasi post su Emanuele Piazza), Giovan Battista Ferrante, è un uomo d’onore di San Lorenzo, ed è anche, uno degli uomini ad aver partecipato direttamente alle stragi dei Giudici Falcone e Borsellino e all’omicidio di Salvo Lima: per quella di Capaci (raccontò dinnanzi ai giudici della Corte d’Assise di Caltanissetta, nel corso del processo “Capaci bis”) vennero utilizzati due tipi di esplosivo di colore rosa che venne collocato (insieme a Biondo, Rampulla, Brusca e Biondino) lungo l’autostrada… 
L’ex uomo d’onore di Cosa nostra – divenuto collaboratore di giustizia – ha inoltre confermato, di aver appreso da Biondino, autista di Toto’ Riina, che l’esplosivo utilizzato per la strage di via D’Amelio era piazzato all’interno di un bidone e non dentro la Fiat 126 per come tutti hanno raccontato: “facemmo delle simulazioni per provare i telecomandi che dovevano azionare l’autobomba circa 15 giorni prima della strage di via D’Amelio; li provammo vicino viale Regione Siciliana…. allora non sapevo che l’obiettivo fosse il giudice Borsellino” .
Il collaboratore ha raccontato che il boss Giuseppe Graviano gli disse di chiamare un numero di telefono, il giorno della strage, per avvisare del passaggio delle auto su cui viaggiava Borsellino.

Lo stesso Ferrante in aula ha spiegato, che il delitto Lima venne deciso da uno dei luogotenenti di Riina: “Salvatore Biondino ci disse che ci dovevamo pulire tutti i piedi – ha detto Ferrante -, nel senso che c’erano persone che avrebbero dovuto aiutare Cosa nostra e non l’avevano fatto, come l’onorevole Salvo Lima, e dovevano essere eliminate”

Ferrante, ha raccontato le fasi esecutive dell’omicidio Lima che gli venne commissionato da Biondino, il quale, invitò i killer, a essere particolarmente discreti vista l’importanza dell’assassinio; fu lo stesso Ferrante ad avvertire il gruppo di fuoco, che Lima stava uscendo in auto dalla sua villa di Mondello…
L’introduzione serve a fare comprendere che Giovan Battista Ferrante, è un uomo profondamente conoscitore delle dinamiche  di quegli anni, realizzate direttamente da cosa nostra… e che quindi, quando riporta, su fatti e circostanze, ha una percentuale di attendibilità e autenticità, molto alta…
Durante una confessione, il Ferrante dichiara di non conoscere Marcello Dell’Utri e neppure Gaetano Cinà, ma riferisce che Salvatore Biondino, riceveva periodicamente delle somme di denaro provenienti da “Canale 5” per tramite di Raffaele Ganci… 
Come lo sa…??? Perché in alcune occasioni era presente egli stesso a quelle consegne di denaro…
Attenzione… non era una estorsione, bensì un omaggio (se così la si può chiamare…) per gentile concessione della FININVEST!!!

Somme di denaro che proseguirono dal 1988 al 1992. 

Le dichiarazioni del Ferrante inoltre, combaciano perfettamente con quelle di un’altro pentito, Antonino Galliano, che spiegò come Raffaele Ganci, una volta scarcerato (1988), aveva ripreso in mano, su ordine di Toto’ Riina, la situazione relativa ai soldi provenienti da “Canale 5” per mezzo di Dell’Utri e Cinà…
Ferrante in aggiunta a quelle affermazioni, conferma quanto detto, indicando persone e luoghi ed infatti, grazie ad una sua segnalazione, furono ritrovate due rubriche manoscritte, custodite insieme a parecchie armi, in un covo della famiglia di San Lorenzo: le due rubriche aggiornate in modo discontinuo da Salvatore Biondo (detto “il lungo”), contengono l’una dei nomi e l’altra dei numeri…. 
Rappresentano insieme un codice… dove è possibile comprenderne il senso, incrociandone i dati: rappresenta difatti, il libro mastro dove vengono annotate le entrate della famiglia… 
Ad un certo punto della prima rubrica si legge: “Can 5 numero 8“.
A cui fa riferimento, al numero 8, sulla seconda rubrica: “regalo 990, 5000“.
E’ la prova inconfutabile di quanto afferma Ferrante: nel 1990 Canale 5 ha versato nelle tasche di Cosa Nostra 5 milioni di lire a titolo di “regalia”!!!
Ma perché Canale 5 dovrebbe pagare o meglio “regalare” cinque milioni al mese alla mafia…??? 
Bisogna ripartire dal principio…
L’emittente locale CRT di proprietà di Pietro Cocco viene acquistata da OmegaTV, società riconducibile al gruppo Fininvest (l’operazione si aggira attorno ai 2 miliardi di lire).
Pietro Cocco è un imprenditore della zona che paga regolarmente il pizzo allo stesso Ferrante…
Ovviamente, per poter portare a termine la vendita della propria emittente, è dovuto passare attraverso la mediazione e il consenso della famiglia di San Lorenzo che gestisce la zona. 
Cocco, per sdebitarsi, ricompenserà la famiglia mafiosa con una grossa cifra, attorno ai 60-70 milioni di lire, ma non solo, si attiverà affinché la Fininvest faccia pervenire un regalo ogni anno alla stessa famiglia…
Ad avvalorare la versione del Ferrante, c’è anche la dichiarazione del boss Galatolo, il quale lamentava il fatto, che egli, fosse l’unico, a non percepire somme di denaro da parte di Canale 5: l’emittente infatti pagava regolarmente Riina e i Madonia, ma non a lui, che di fatto, deteneva sotto il proprio controllo la zona palermitana di Acquasanta, in cui rientrava per l’appunto il monte Pellegrino, dove di fatto, erano installati i ripetitori di Canale 5…
Ma anche un altro pentito eccellente ha parlato su questa vicenda, si tratta di Salvatore Cancemi: egli ha confermato che fino a pochi mesi prima della strage di Capaci (il 23 maggio del 1992), Berlusconi versava somme di denaro a Cosa Nostra per le “faccenda delle antenne“, una sorta di contributo all’organizzazione mafiosa di Totò Riina…
Cancemi afferma inoltre di essere stato presente più volte presente alla consegna di queste somme di denaro presso la macelleria di Raffaele Ganci: le mazzette erano da 50 milioni di lire, legate con un elastico, la somma annuale, secondo Cancemi, era di circa 200 milioni di lire…

Da quanto sopra, vi sono tutti gli elementi di prova indiscutibili, riguardo alla consegna sistematica di denaro da parte del duo “Berlusconi-Dell’Utri” nelle casse di Cosa Nostra…

Dopotutto, come dare torto al “Cavaliere” e al “Senatore”, quando, lo stesso giudice istruttore di Catania, Luigi Russo (nell’Aprile del 91′) con quella scandalosa decisione… ha stabilito con una sentenza, che non è reato pagare la “protezione” ai boss mafiosi!!!
Diceva bene Libero Grassi: in questo modo si è legittimato con il verdetto dello Stato… il pagamento delle tangenti. Così come la resa delle istituzioni e le collusioni. Proprio ora che qualcosa si stava muovendo per il verso giusto. Stabilire che in Sicilia non è reato pagare la mafia è ancora più scandaloso delle scarcerazioni dei boss. Ormai nessuno è più colpevole di niente. Anzi, la sentenza del giudice Russo suggerisce agli imprenditori un vero e proprio modello di comportamento; e cioè, pagate i mafiosi. E quelli che come me hanno invece cercato di ribellarsi?
In definitiva il principio che passò, era quello che con la mafia si doveva in un qualche modo collaborare… ed era dopotutto quanto avesse fatto il Cavaliere… che attraverso quel connubio riuscì ad ampliare finanziariamente le proprie società e di conseguenza procurò un evidente vantaggio a quella intera organizzazione criminale, atteso che, le notevoli somme di denaro provenienti da Milano finivano nelle casse delle più importanti “famiglie” palermitane, che venivano suddivise per i bisogni di tutti i sodali e, quindi, per il mantenimento, consolidamento e rafforzamento delle “famiglie” stesse…
Certo, pensare che con i soldi del “Cavaliere”, quell’organizzazione criminale (facente capo proprio a Toto’ Riina), fece proliferare Cosa Nostra è veramente agghiacciante!!! 
Non dobbiamo dimenticare, che proprio con quel denaro, si è permesso di distruggere le vite di tante vittime innocenti… 
E’ significativo come Dell’Utri, anziché astenersi dal trattare con la mafia (come la sua autonomia decisionale dal proprietario ed il suo livello culturale avrebbero potuto consentirgli, sempre nell’indimostrata ipotesi che fosse stato lo stesso Berlusconi a chiederglielo…), ha scelto, nella piena consapevolezza di tutte le possibili conseguenze, di mediare tra gli interessi di Cosa Nostra e gli interessi imprenditoriali di Berlusconi (un industriale, come si è visto, disposto a pagare pur di stare tranquillo).
Dunque, Marcello Dell’Utri ha consentito non solo oggettivamente a “cosa nostra” di percepire un vantaggio, ma questo risultato si è potuto raggiungere grazie e soltanto per merito suo” che di conseguenza, avrà, potuto beneficiare successivamente di quello scambio di voti, consegnati direttamente dalla mafia…
Egli è stato l’anello di congiunzione tra Cosa Nostra e una delle più importanti realtà imprenditoriali italiane, permettendo ad entrambi di ricevere non solo, un importante ricchezza economica, ma di far divenire, attraverso la politica lo stesso “Cavaliere”, uno degli uomini più influenti, ricchi e potenti d’Italia e non solo…
I giovani di oggi non possono comprendere quanto allora accadde attraverso quelle terribili collusioni, ma bisogna oggi fare in modo, che essi non ricadano nuovamente in quel grave errore (commesso ahimè anche dal sottoscritto e dalla maggior parte dei Siciliani… sicuramente per inesperienza, gioventù o forse, per quella poca dedizione alle vicende della politica…), ripetendo quindi nuovamente, quanto qualcuno adesso (per nome e conto di quel soggetto o di quel partito politico), possa ancora vergognosamente chiederci, attraverso quel nostro voto…
Io e moltissimi miei conterranei, abbiamo sbagliato in quella valutazione, non avendo compreso a quel tempo, che, proprio attraverso quel voto, stavamo di fatto… appoggiando la mafia!!!  
Si dice comunque  che… errare è umano, ma perseverare è diabolico!!!
Ed allora oggi dico BASTA!!!
Già, basta con la mafia, con i suoi uomini inaffidabili, con quegli imprenditori collusi e soprattutto basta… con quei subdoli cosiddetti “politici” che dimostrano in ogni circostanza di essere corrotti e che in tutti questi anni, non hanno fatto altro che ingannarvi… con le loro inutili promesse!!!

In ricordo di Emanuele Piazza…

Emanuele Piazza ha iniziato la sua carriera nella Polizia di Stato, prestando il servizio militare di leva in Italia come agente ausiliario.
Successivamente, dimessosi per trasferirsi a Palermo (sua città natale), operò come agente dei servizi segreti italiani nel SISDE, occupandosi in particolare della ricerca di soggetti latitanti. 
Emanuele, scompare dalla sua abitazione di Sferracavallo, a Palermo, il 16 marzo 1990, e successivamente fu ucciso in circostanze mai del tutto chiarite, probabilmente ad opera di cosa nostra…
Il corpo non venne mai ritrovato e soltanto a nove anni di distanza da quella data si è venuti a conoscenza che la morte di Emanuele  avvenne il 16 marzo. 
Emanuele Piazza aveva come nome in codice “topo” e tra i suoi compito c’era quello di infiltrarsi nelle potenti cosche dei Corleonesi, quella di Resuttana e San Lorenzo…
Nello stesso periodo infatti, 12 giorni dopo la sparizione di Emanuele, un suo caro amico, vigile del fuoco, Gaetano Genova, venne ucciso da quegli stessi boss, che lo ritenevano un suo confidente…
Entrambi si scopri successivamente essere stati sequestrati ed uccisi…. 
E grazie alle rivelazioni dei pentiti a da una indagine della Dia di Palermo (coordinata dai pm Nino Di Matteo e Antonio Ingroia), che sono stati svelati i retroscena della scomparsa di Genova: nel 1998 Enzo Salvatore Brusca consentì di ritrovare i resti del giovane vigile del fuoco. 
Resta il mistero sull’attività di Genova, probabilmente il vigile del fuoco aveva fornito un’ indicazione importante a Piazza per l’arresto di un latitante, Giovanni Sammarco, all’interno di un centro sportivo. In quella struttura Genova stava facendo alcuni lavori con la piccola impresa edilizia che aveva approntato per arrotondare lo stipendio. 
Ma chi svelò il ruolo di Sammarco e poi successivamente anche di Emanuele… resta ancora oggi un giallo…
Certamente una talpa istituzionale tradì i due giovani!!!
Per Emanuele non sarà stato facile fare l’infiltrato in una realtà criminale, all’interno di quelle cosche ritenute da tutti tra le più pericolose… con personaggi al comando come Riina, Gambino e Madonia… Ma Emanuele Piazza (figlio di un noto avvocato di Palermo) a soli 30 anni dimostrava di non aver paura… e soprattutto dimostrò nel corso della propria esperienza, di non auspicare ad una carriera semplice e senza alcun rischio, ma bensì sin da subito mostrò il proprio coraggio, avventurandosi in contesti a cui la maggior parte sfuggiva…
La notizia della sua scomparsa rimase ovviamente per parecchi giorni rigorosamente segreta e nessuna indiscrezione trapelò su questa vicenda che salto fuori dopo alcuni mesi di indagini da parte del giudice Giovanni Falcone e soprattutto da parte di un giornalista… 
Sembra che la morte di Emanuele fosse legata anche all’amicizia con Antonino Agostino, agente di Polizia alla questura di Palermo (di Villagrazia di Carini); mentre entravano nella villa di famiglia per festeggiare il compleanno della sorella di lui, un gruppo di sicari in motocicletta arrivò all’improvviso e cominciò a sparare a lui e a sua moglie (incinta) Ida Castelluccio: Agostino venne colpito da vari proiettili, mentre la moglie venne raggiunta da un solo colpo, ma continuò a strisciare per terra… per avvicinarsi al marito morente. 
Nel 2009 il collaboratore di giustizia Vito Lo Forte dichiarò che Agostino, insieme ad un collega (era Emanuele Piazza), si trovava nei pressi della “Addaura” la mattina del 20 giugno 1989; proprio il giorno prima del fallito attentato al giudice Falcone, riuscendo ad impedire che l’attentato si compiesse: si finsero sommozzatori, rendendo inoffensivo l’ordigno nelle ore notturne antecedenti al ritrovamento… 
I familiari di Emanuele non si sono dati mai pace, in particolare il padre, l’Avv. Giustino Piazza, dichiarò che suo figlio “fu mandato allo sbaraglio da gente irresponsabile che l’aveva illuso“. 
L’accusa ovviamente è rivolta al Sisde e ad alcuni funzionari dei Servizi segreti, definiti dal padre di Emanuele, “gente senza scrupoli che ha bisogno di carne da macello per le loro sporche faccende“; “Mio figlio è morto – ha detto – perché questi mascalzoni gli avevano detto che prima o poi sarebbe diventato un vero agente segreto!!!
Secondo l’Avv. Piazza, inizialmente i responsabili del Sisde di Palermo minimizzarono il ruolo del figlio e tentarono anche di negare che collaborava con i Servizi. 
Ma Emanuele (aspirante 007) era stato inserito nei libri paga e percepiva di conseguenza un compenso (un milione e mezzo di lire al mese), era quindi impossibile per l’agenzia, continuare con le menzogne…
Emanuele, alto un metro e 75, atletico ed esperto di lotta libera e karatè… per due anni era stato in polizia ed aveva inoltre frequentato il corso delle teste di cuoio ad Abbasanta (Sardegna) e quindi era stato assegnato al servizio di sicurezza del Quirinale…
Ma lui voleva fare ad ogni costo il poliziotto e così dopo alcuni mesi, fu assegnato alla sezione narcotici della Squadra mobile romana. 
Nel 1985 lasciò la polizia e fece ritornò a Palermo; voleva diventare agente segreto e così trovò gli agganci giusti per far parte (sia pure part time) del Sisde. 
Quando scomparve dalla sua villetta di Sferracavallo, gli investigatori trovarono in alcuni cassetti una lista su carta intestata del Ministero degli Interni, con i nomi d’importanti latitanti di mafia… 
Difatti, il suo omicidio, venne svelato parecchi anni dopo dai pentiti: il giovane agente, rivelò, Giovan Battista Ferrante (mafioso doc: dal 1980 faceva parte della famiglia mafiosa di San Lorenzo, mandamento storico di Palermo, capeggiato negli anni ottanta dal boss Rosario Riccobono, poi passato sotto la reggenza di Pippo Gambino e infine affidato a Salvatore Biodino, l’autista personale di Totò Riina, fino al 1993 ) divenuto collaboratore di giustizia (affidabile e profondo conoscitore delle dinamiche più interne di Cosa Nostra), venne eliminato per impedirgli di proseguire la caccia ai latitanti… 
Raccontò che fu attirato in un tranello, dove venne strangolato ed il suo corpo squagliato nell’acido, secondo un preciso rituale mafioso. 
Recentemente il pubblico ministero ha chiesto la condanna all’ergastolo per tre presunti mafiosi e 204 anni di carcere per altre otto persone coinvolte in quel delitto…
Emanuele comunque non è scomparso… è rimasto tra noi: perché la vita non è quella che si è vissuta, ma quella che si ricorda e come la si ricorda per raccontarla…

Berlusconi: 41 milioni di lire al mese da consegnare alla mafia di Toto Riina!!!

L’intercettazione va ovviamente presa con il beneficio d’inventario, dopotutto  non c’è modo di verificarne la fondatezza su quanto racconta l’ex “capo dei capi“…

Dopotutto, è difficile credere solo in parte a ciò che una persona dice… non avendo di contro un eventuale riscontro… 
Certo, se le forze dell’ordine intervenute nell’arresto a casa Riina, avessero preso quei documenti posseduti all’interno della cassaforte a casa del Boss, forse oggi avremmo avuto un maggiore riscontro  oppure se quanto riportato non è altro che frutto di una fantastica esagerazione…
Certo, Riina discutendo con il compagno d’aria (il pugliese A. Lorusso) dimostra di conoscere tante notizie… ed è strano, perché molte di quelle circostanze sono avvenute dopo il suo arresto e non si comprende in quali modi – con regime carcerario duro come quello del 41bis – sia stato in condizioni d’apprendere notizie così aggiornate… 
E difatti parlando del cavaliere… racconta dei suoi festini, di Ruby e poi ancora ricorda come, negli anni 80, consegnava alla sua associazione criminale 250 milioni di lire ogni sei mesi, erano circa 40 milioni al mese!!!
L’intermediario era ovviamente il senatore Dell’Utri (oggi detenuto) che temeva a suo tempo per la sua persona (credeva infatti di poter essere sequestrato) o che potessero colpire i suoi ripetitori in Sicilia…. 
Dichiara Riina: “È venuto, ha mandato là sotto ad uno, si è messo d’accordo, ha mandato i soldi a colpo, a colpo, ci siamo accordati con i soldi e a colpo li ho incassati”; quello… è venuto il palermitano… mandò a lui, è sceso il palermitano ha parlato con uno… si è messo d’accordo… dice vi mando i soldi con un altro palermitano. Ha preso un altro palermitano, c’era quello a Milano. Là c’era questo e gli dava i soldi ogni sei mesi a questo palermitano. Era amico di quello… il senatore”…
Il “palermitano” è Tanino Cinà, lo stesso che negli anni Settanta suggerì a Dell’Utri di mandare Vittorio Mangano come stalliere ad Arcore quando Berlusconi cercava “protezione”…
L’ex boss definisce Dell’Utri, “una persona seria”; dopotutto, se pagava (per come riportato) nei modi precisi e puntuali, è logico pensare che non si può… che parlarne bene!!!    
Contrariamente andò a Catania… dove il “Cavaliere” non voleva pagare la cifra richiesta… ed allora… gli bruciarono la Standa”: sì, gli hanno dato fuoco alla Standa… minchia aveva tutte le Stande della Sicilia… – ma non vuole pagare – e allora gli ho detto: bruciagli la Standa”.
A differenza di Dell’Utri, i giudizi sul cavaliere sono pieni di sdegno, è considerato difatti dall’ex boss, un “buffone disgraziato” e poi continua con la figlia Barbara e su come abbia messo “ko” il giocatore Pato ed infine, parla di quel “disgraziato” d’Angelino Alfano…
Certo non sapremo mai, quanto di quelle dichiarazioni siano veritiere e chissà se forse, un giorno, qualcuno, farà emergere quei documenti riservati che comproveranno non solo le sue dichiarazioni, ma che in quel preciso periodo, la trattativa “Stato-mafia” (tanto successivamente dibattuta), non era frutto di una fantasia, ma purtroppo qualcosa di concreto e reale!!!
Un giorno la storia della nostra Sicilia verrà riscritta e forse quel giorno, s’inizierà a dare le giuste risposte a tutte quelle domande mai espresse (o volontariamente taciute…), per fare sì che non si possa mai giungere alla verità!!!
D’altronde è quanto hanno deciso per noi siciliani: se alzi la mano e fai una domanda, sarai sciocco per cinque minuti…. ma se non alzi la mano e non chiedi mai, resterai sciocco tutta la vita!!!

Ed ora, cosa accadrà internamente cosa-nostra con la morte di uno dei due vecchi padrini???

Come si dice: “Morto un papa se ne fa un altro” e difatti da sempre quella organizzazione criminale, ha continuato ad operare in tutti questi anni, sapendo che i loro ultimi due “padrini”(Riina e Provenzano) fossero reclusi ormai per sempre… con l’ergastolo a vita.

Ancor più adesso, diventa fondamentale dover proseguire, sapendo appunto che è venuto a mancare… uno dei due!!!
Ciò che risulta importante è che il sistema possa continuare –sempre ed in ogni circostanza– senza la presenza dei suoi eventuali affiliati…

“Siete tutti importanti e nessuno indispensabile” difatti, nei duecento anni trascorsi, quest’associazione ha dato prova di essersi saputa non solo trasformare, ma anche evolvere, resistendo ad ogni cambiamento e continuando in quell’opera di “infestazione” su tutta la nostra regione, in particolare nelle coscienze dei suoi conterranei, violandone libertà personale e moralità…

Due secoli di colpevoli collusione, in cui politica, imprenditoria e uomini dello stato,si sono legati in quel ginepraio di oscuri interessi, con questa associazione criminale, che è poi la base di quell’illegale meccanismo, nel quale vicende finanziarie vengono interconnesse a condotte sanguinarie, che hanno macchiato di rosso le strade delle nostre città…
Si vorrebbe rilegare la mafia ad una semplice biografia, quasi fossero quelli… personaggi di una fiction… nomi rappresentativi di un sistema, che secondo alcuni portava benessere, ed essi, vengono ora visti, come dei direttori d’orchestra di quella associazione e non per come fossero realmente e cioè degli assassini e delinquenti!!!
La storia… in particolare quella nostra “siciliana” è stata da sempre caratterizzata da una continua e persistente collusione con quella criminalità, intrecciata a filo doppio con una parte di quella classe dirigente… dove sempre più spesso, interessi e dello Stato e convenienze delle istituzioni, hanno trovato in quei professionisti del crimine, un supporto per poter coprire o celare, quelle proprie e dirette partecipazioni… 

Non bisogna dimenticare che la mafia esiste perché lo Stato permette ad essa di poter esistere… perché senza quegli appoggi, quelle connivenze e l’interesse opaco ma sempre presente di un blocco politico e sociale, quanto compiuto non sarebbe possibile… 

Se le istituzioni in tutti questi secoli… avessero voluto la distruzione totale di quell’apparato mafioso, per come per esempio è stato fatto contro il terrorismo (Brigate rosse, Avanguardia nazionale, ecc..), ecco che oggi, non avremmo motivo di parlare di questa organizzazione criminale…

Tutti infatti dicono la stessa cosa: le mafie sono nate, cresciute e hanno prosperato invadendo l’Italia intera, grazie allo scellerato abbraccio (lungo due secoli) con appartenenti allo Stato in ogni sua declinazione…

Ora, la morte di Provenzano, porterà con se tanti segreti… ed altri ancora spariranno per sempre, con l’ormai presumibile prossima dipartita, del amico corleonese… 
Quanto poi accadrà sarà tutto da vedere… e credo che a breve, saranno in molti tra quelle fila… a voler emergere, dopo tanti anni, relegati a posizioni secondarie e sotto l’ombra dei propri capi… 
Scriveva nel libro “Così parlò Bellavista” il grande De Crescenzo: “Il potere non sazia, anzi è come una droga e richiede sempre dosi maggiori” e qui è la stessa cosa!!!
Se la storia insegna… tra qualche anno ci sarà una nuova recrudescenza; lotte tra famiglie mafiose che vorranno avere un maggiore controllo del territorio, di quello a suo tempo loro affidato ed ora troppo limitato… 
D’altronde si dice da quelle parti: “senza piccioli ie rispetto… si nuddu a miscatu cu nenti…” (senza soldi e rispetto sei il nulla mischiato al niente…)!!!

Non ci saranno quindi accordi di pace… vincerà solo il più forte, mentre lo Stato in quel frangente, starà alla larga da quel conflitto e conterà i morti, 

Tutto sommato da Roma diranno: non è cosa “nostra”… ma cosa “loro”!!!
Sono sin d’ora certo… che tra qualche anno ne riparleremo…

Ma cosa ha detto Salvo Riina???

In questi giorni ho letto brevemente quanto dichiarato nella trasmissione “Porta a Porta”, i commenti all’intervista, le critiche per quel libro pubblicato ed il rifiuto alla vendita da parte di molte librerie, per giungere a quelle varie congetture, fatte da giornalisti e scrittori noti tra cui in particolare quelle riportate da Roberto Saviano… 
Ed allora, come mio solito, prima di esprimere un qualsivoglia pensiero… ho voluto osservare il video, per farmi un’idea di quanto di fatto accaduto… 
Il video può essere rivisto su questo link:
Ecco quindi cosa ne ho tratto…
Innanzitutto, ho ascoltato le parole, dando un particolare interesse ai gesti espressi… mi riferisco a quegli inconsci movimenti del viso… 
Ho notato difatti, una certa incompatibilità tra le parole dette e l’espressioni rivelate…
In quelle frasi emerge una chiara discordanza nei tempi… tra quanto viene detto e quanto successivamente solo pochi minuti dopo viene completamente ribaltato…
Infatti, se da un lato dice: “ho vissuto una vita serenaeguale a quella di tanti bambini della stessa età…, dopo un po continuando rispondendo alla domanda sulla mancata frequenza scolastica dice: “il non andare a scuola? non ci pensavamo e non ci chiedevamo il perché… sapevamo d’essere una famiglia diversa” (ma come diversa non si era “eguale” agli altri…) e dopo aggiungerà: “eravamo bambini particolari“… “differenti” a causa dell’excursus vitae che è stato completamente diverso ( una contraddizione rispetto a quanto aveva detto prima…)!!!

Ho notato inoltre che quando comincia l’intervista, ricordando quei momenti vissuti dichiara “Mai chiesto niente!!! Era un tacito accordo familiare!!!

Ed anche quando si parla del lavoro del padre… “non ci siamo mai chiesti cosa faceva nostro padre, ho meglio ci era stato detto che era un geometra (a questo punto ho trovato un’analogia… sì… mi è venuta in mente quella regola matematica che da piccoli ci insegnarono alle scuole elementari… si chiamava “proprietà transitiva“ e diceva che se se A è uguale a B e B è uguale a C, allora si può legittimamente affermare che A è uguale a C e quindi se il Boss (A) era un impiegato (B) e svolgeva la mansione di geometra (C) anche il geometra (C) è anch’esso un Boss… ed ora comprendo il perché gli amici/colleghi mi hanno da sempre affibbiato quest’appellativo…) e comunque “partiva la mattina e si ritirava la sera“… ciò dimostra che a differenza di quanto ci è stato raccontato sulla sua latitanza (nascosto, isolato… quasi segretato in chissà quale dimora protetta e abbandonata…) egli passeggiava per la città come nulla fosse, mentre le nostre forze dell’ordine, propagandavano che lo stavano cercando… ma dove… resta un mistero…
Crescendo comunque – attraverso i media o i giornali – si era compreso che forse “qualcosa di diverso” per quel cognome tanto ricercato c’era… che dietro quella professione di geometra si celava un “lavoro di copertura” e che per quel cognome fittizio “Bellomo” con il quale si facevano chiamare quando uscivano a passeggio, fosse di per se… un pretesto…
Sì… risponde… ma comunque era un “tacito accordo familiare“!!!
Ma dove Riina Jr. dimostra di essere abile… è nel saper pilotare l’intervista… fare cioè in modo che il giornalista Bruno Vespa… domandi… quanto egli  vuole poter dire… infatti:
rispondendo alla domanda del giornalista, ci si pone di traverso con un argomento futile… “una vita completamente differente dagli altri” (un’altra discordanza) vissuta “in maniera piacevole” per poi esprimere in modo “subliminale” il vero messaggio che si era pianificato: “ERA UN SEGRETO DA MANTENERE IL NOSTRO per TENERE LA FAMIGLIA UNITA“!!!
Ecco la prima vera motivazione a quella intervista!!!
Ed ancora incalza con il secondo punto: era una forma di “PROTEZIONE” verso i propri familiari – più trasparente di così… qui messaggi celati non ve ne sono… il messaggio è chiaro e diretto a tutti coloro che devono comprendere!!!
Ritornando all’intervista… a cinque anni (Riina Jr) aveva ben compreso chi fosse il padre… e la madre ( qui Bruno Vespa ne amplia le virtù… “donna forte… che ha studiato“) educava i figli  e considerava il proprio marito “un uomo giusto“…
Ecco quindi il terzo punto focale dell’intervista… si parla di “valori morali“: mio padre era visto come un uomo tutto d’un pezzo, il rispetto per la famiglia, per le tradizioni, forte… alla fine aggiunge la nostra… una famiglia come tutte le altre… ribadisce molto modesta…
E’ orgoglioso… (lo si vede dagli occhi lucidi) quando attacca “siamo stati tutti registrati con il nostro cognome… originale“, andavano a mare insieme e la gente lo salutava con molto rispetto (penso quindi che erano in molti a dover sapere chi fosse… ed allora mi domando… dov’erano in quel periodo gli inquirenti? Ma…). 
Come mai nessuno sapeva chi fosse quell’uomo tanto ossequiato… un personaggio che veniva salutato con “rispetto e deferenza” e che da quanto oggi raccontato… non si nascondeva dietro paraventi, ma palesava ovunque quel proprio carisma???
Il quarto punto… “RISPETTO E PAURA“!!!
Cos’è che bisogna comprendere… che chi non ha rispetto deve avere paura e viceversa???
Il quinto punto… “l’EREDITA‘”: questo figlio… visto come il bastone della vecchiaia… a chi è diretto questo messaggio???
Improvvisamente il colpo di scena… il video… già quel video drammatico sulla strage di Capaci… si vede dallo sguardo la difficoltà emotiva e ci si prepara mentalmente a rispondere alla domanda del giornalista… 
Difatti… scatta l’errore del 93′ con il 92’… (tutti ormai sanno l’anno preciso della strage e lui… proprio lui… commette quell’errore… è evidente che dipende dallo stato di tensione…), analoga situazione sul “sospetto” dell’eventuale mandante (lì dovremmo possedere la “macchina della verità” per capire se a quella data ne fosse cosciente oppure no…) e comunque da quella momentanea difficoltà, ne esce grazie all’assistenza di Vespa che magistralmente cambiando argomento parla di latitanza… 
Quel periodo di quasi 15 anni vissuto dai figli (mentre sono circa 23-25 per il padre) in cui ci si sentiva “intoccabili”, ma soprattutto incalzato sulla domanda che “forse quel cognome tanto frequentemente nominato avesse commesso qualcosa…” ecco che, riprende le difese del padre asserendo: si poteva anche averlo fatto… ma a noi non interessava!!!
La situazione si ripete per l’assassino di Borsellino… e difatti ecco riportato l’episodio istintivo della sorella più piccola (Lucia) che. rivolgendosi al padre, chiede se debbono prepararsi per trasferirsi… 
Mentre, sul giudizio richiesto per i giudici morti assassinati per mano della mafia risponde “io non li giudico… anche perché qualsiasi cosa io dica sarebbe strumentalizzata… come sempre succede… se io esterno un parere su queste persone questo viene strumentalizzato, io ho sempre rispetto per i morti, per tutti…”. 
Ed alla domanda “cos’è per Lei la mafia” risponde: non me lo sono mai chiesto… penso che sia una cosa… non so… non ho una risposta precisa… però poi casualmente, quasi gli fosse sopraggiunta la risposta sul momento asserisce: “oggi la mafia può essere tutto e nulla…“.
Vespa – si comprende come non abbia intuito la risposta… parla di tutt’altro… di droga, d’omicidi… e difatti – Riina Jr. – riprendendo nuovamente quanto aveva appena dichiarato aggiunge “gli omicidi non li fanno soltanto i mafiosi” (che difatti rappresenta da sempre la versione avallata da molti sull’omicidio del giudice Borsellino, compiuto non dalla mafia, ma dai servizi segreti deviati…).  
Si giunge all’arresto del padre… Riina Jr guarda le immagini e per un momento nel rivedere il padre scatta istintivamente un qualcosa… lo si vede per un istante… controlla nervosamente la bocca… quasi non riesce a controllarsi ed è soltanto la voce di Vespa a distoglierlo, a richiamarlo all’attenzione… ed allora, ritrova (se pur con gli occhi lucidi) nuovamente la calma, lo sguardo però si lascia andare… e così prima di rispondere… torna nuovamente (per un attimo fuggente…) verso il padre (quasi a volerne ricevere il conforto), un sostegno a quella domanda posta (e difatti, guardando nuovamente il padre prima di rispondere) sullo “Stato” e su quella frase espressa da Paolo Frajese “ha vinto lo Stato“… dice (pensandoci su…) “rispetto lo Stato, a volte non condivido determinate leggi o determinate sentenze… ma lo rispetto sempre… anche se non condivido l’arresto di mio padre…
Il Capo dei Capi… non si è mai pentito come anche da parte sua non vi è nessuna frase di dissenso da suo padre… come si spiega??? 
Ecco che allora in modo strategico vengono scisse le due figure… quella del padre “umano”… da quella mafiosa… due figure totalmente diverse, con principi e regole opposte… dove per una, se ne esaltano le qualità, i valori in particolare… quelli familiari, mentre per l’altra, ci si giustifica, analizzando che per quanto commesso, si stanno espiando le pene… quel sapere di compensare quelle azioni violente con la carcerazione… conseguenze logica dei torti commessi!!!
Nessuna frase quindi sul padre che ha sbagliato… non è questo dopotutto il messaggio che deve circolare… manifestando… “non tocca a me giudicare mio padre… per questo c’è lo Stato” e nel contempo volge gli occhi al monitor (quasi come se il padre fosse lì ad ascoltarlo… a poter sentire quel proprio figlio che pronuncia quelle parole… già, potersi sentire fiero di essere suo figlio…). 
Ecco giungere infine la cattura di Brusca: ed è su questo tema che esprime il meglio di se… 
Non parla di lui (anzi lo esclude… quasi fosse un appestato…) ma parla di tutti i pentiti… di quel fenomeno del pentitismo che esprime un modo d’agire del tutto italiano… “sì… solo in Italia succede ciò… in altri Paesi non succede che un pentito -che dice (lui) di aver commesso degli omicidi- non fa neanche un giorno di carcere… mentre poi con le proprie accuse… si mandano in carcere innocenti, mentre loro, tornano a fare quello che facevano prima…. ecco penso che si poteva scegliere di far scontare almeno un minimo delle cose che avevano fatto, perché alla fine i pentiti sono serviti per essere usati dallo Stato… 
L’intervista finisce… e le polemiche si sovrappongono…
Cosa aggiungere su questa intervista o sul quel libro che certamente non acquisterò ( solo perché non mi sembra il caso di dover spendere del denaro per questo libro sapendo che c’è ne sono altri in circolazione ben più considerevoli… ma -se dovesse capitarmi tra le mani- lo leggerò certamente… come faccio di solito con tutti i libri… e chissà forse ne parlerò pure in un mio prossimo post!!!
Vorrei concludere non con un mio “libero pensiero” ma con una sua frase: non si accusano le persone solo per un tornaconto, perché ci sarà sempre un giorno in cui dovrai pentirti davanti a Dio!!!

La negazione ai valori di giustizia e legalità…

Caro Paolo,
oggi siamo qui a commemorarti in forma privata perché più trascorrono gli anni e più diventa imbarazzante partecipare il 23 maggio ed il 19 luglio… a quelle cerimonie ufficiali che ricordano le stragi di Capaci e di via D’Amelio.

Stringe il cuore a vedere talora tra le prime file, nei posti riservati alle autorità, anche personaggi la cui condotta di vita sembra essere la negazione stessa di quei valori di giustizia e di legalità per i quali tu ti sei fatto uccidere; personaggi dal passato e dal presente equivoco le cui vite – per usare le tue parole – emanano quel puzzo del compromesso morale che tu tanto aborrivi e che si contrappone al fresco profumo della libertà.
E come se non bastasse, Paolo, intorno a costoro si accalca una corte di anime in livrea, di piccoli e grandi maggiordomi del potere, di questuanti pronti a piegare la schiena e a barattare l’anima in cambio di promozioni in carriera o dell’accesso al mondo dorato dei facili privilegi.
Se fosse possibile verrebbe da chiedere a tutti loro di farci la grazia di restarsene a casa il 19 luglio, di concederci un giorno di tregua dalla loro presenza. 
Ma, soprattutto, verrebbe da chiedere che almeno ci facessero la grazia di tacere, perché pronunciate da loro, parole come Stato, legalità, giustizia, perdono senso, si riducono a retorica stantia, a gusci vuoti e rinsecchiti.
Voi che a null’altro credete se non alla religione del potere e del denaro, e voi che non siete capaci di innalzarvi mai al di sopra dei vostri piccoli interessi personali, il 19 luglio tacete, perché questo giorno è dedicato al ricordo di un uomo che sacrificò la propria vita perché parole come Stato, come Giustizia, come Legge acquistassero finalmente un significato e un valore nuovo in questo nostro povero e disgraziato Paese.
Un paese nel quale per troppi secoli la legge è stata solo la voce del padrone, la voce di un potere forte con i deboli e debole con i forti. 
Un paese nel quale lo Stato non era considerato credibile e rispettabile perché agli occhi dei cittadini si manifestava solo con i volti impresentabili di deputati, senatori, ministri, presidenti del consiglio, prefetti, e tanti altri che con la mafia avevano scelto di convivere o, peggio, grazie alla mafia avevano costruito carriere e fortune.
Sapevi bene Paolo che questo era il problema dei problemi e non ti stancavi di ripeterlo ai ragazzi nelle scuole e nei dibattiti, come quando il 26 gennaio 1989 agli studenti di Bassano del Grappa ripetesti: Lo Stato non si presenta con la faccia pulita
Che cosa si è fatto per dare allo Stato una immagine credibile La vera soluzione sta nell’invocare, nel lavorare affinché lo Stato diventi più credibile, perché noi ci dobbiamo identificare di più in queste istituzioni».
E a un ragazzo che ti chiedeva se ti sentivi protetto dallo Stato e se avessi fiducia nello Stato, rispondesti: «No, io non mi sento protetto dallo Stato perché quando la lotta alla mafia viene delegata solo alla magistratura e alle forze dell’ordine, non si incide sulle cause di questo fenomeno criminale». 
E proprio perché eri consapevole che il vero problema era restituire credibilità allo Stato, hai dedicato tutta la vita a questa missione.
Nelle cerimonie pubbliche ti ricordano soprattutto come un grande magistrato, come l’artefice insieme a Giovanni Falcone del maxi-processo che distrusse il mito della invincibilità della mafia e riabilitò la potenza dello Stato. 
Ma tu e Giovanni siete stati molto di più che dei magistrati esemplari. Siete stati soprattutto straordinari creatori di senso.
Avete compiuto la missione storica di restituire lo Stato alla gente, perché grazie a voi e a uomini come voi per la prima volta nella storia di questo paese lo Stato si presentava finalmente agli occhi dei cittadini con volti credibili nei quali era possibile identificarsi ed acquistava senso dire “ Lo Stato siamo noi”. 
Ci avete insegnato che per costruire insieme quel grande Noi che è lo Stato democratico di diritto, occorre che ciascuno ritrovi e coltivi la capacità di innamorarsi del destino degli altri. 
Nelle pubbliche cerimonie ti ricordano come esempio del senso del dovere.
Ti sottovalutano, Paolo, perché la tua lezione umana è stata molto più grande. 
Ci hai insegnato che il senso del dovere è poca cosa se si riduce a distaccato adempimento burocratico dei propri compiti e a obbedienza gerarchica ai superiori. 
Ci hai detto chiaramente che se tu restavi al tuo posto dopo la strage di Capaci sapendo di essere condannato a morte, non era per un astratto e militaresco senso del dovere, ma per amore, per umanissimo amore.
Lo hai ripetuto la sera del 23 giugno 1992 mentre commemoravi Giovanni, Francesca, Vito Schifani, Rocco Dicillo e Antonio Montinaro. 
Parlando di Giovanni dicesti: «Perché non è fuggito, perché ha accettato questa tremenda situazione, perché mai si è turbato, perché è stato sempre pronto a rispondere a chiunque della speranza che era in lui? Per amore! 
La sua vita è stata un atto di amore verso questa sua città, verso questa terra che lo ha generato».
Questo dicesti la sera del 23 giugno 1992, Paolo, parlando di Giovanni, ma ora sappiamo che in quel momento stavi parlando anche di te stesso e ci stavi comunicando che anche la tua scelta di non fuggire, di accettare la tremenda situazione nella quale eri precipitato, era una scelta d’amore perché ti sentivi chiamato a rispondere della speranza che tutti noi riponevamo in te dopo la morte di Giovanni.
Ti caricammo e ti caricasti di un peso troppo grande: quello di reggere da solo sulle tue spalle la credibilità di uno Stato che dopo la strage di Capaci sembrava cadere in pezzi, di uno Stato in ginocchio ed incapace di reagire.
Sentisti che quella era divenuta la tua ultima missione e te lo sentisti ripetere il 4 luglio 1992, quando pochi giorni prima di morire, i tuoi sostituti della Procura di Marsala ti scrissero: «La morte di Giovanni e di Francesca è stata per tutti noi un po’ come la morte dello Stato in questa Sicilia. 
Le polemiche, i dissidi, le contraddizioni che c’erano prima di questo tragico evento e che, immancabilmente, si sono ripetute anche dopo, ci fanno pensare troppo spesso che non ce la faremo, che lo Stato in Sicilia è contro lo Stato e che non puoi fidarti di nessuno. 
Qui il tuo compito personale, ma sai bene che non abbiamo molti altri interlocutori: sii la nostra fiducia nello Stato».
Missione doppiamente compiuta, Paolo. 
Se riuscito con la tua vita a restituire nuova vita a parole come Stato e Giustizia, prima morte perché private di senso. 
E sei riuscito con la tua morte a farci capire che una vita senza la forza dell’amore è una vita senza senso; che in una società del disamore nella quale dove ciò che conta è solo la forza del denaro ed il potere fine a se stesso, non ha senso parlare di Stato e di Giustizia e di legalità.
E dunque per tanti di noi è stato un privilegio conoscerti personalmente e apprendere da te questa straordinaria lezione che ancora oggi nutre la nostra vita e ci ha dato la forza
necessaria per ricominciare quando dopo la strage di via D’Amelio sembrava – come disse Antonino Caponnetto tra le lacrime – che tutto fosse ormai finito.
E invece Paolo, non era affatto finita e non è finita. Come quando nel corso di una furiosa battaglia viene colpito a morte chi porta in alto il vessillo della patria, così noi per essere degni di indossare la tua stessa toga, abbiamo raccolto il vessillo che tu avevi sino ad allora portato in alto, perché non finisse nella polvere e sotto le macerie.
Sotto le macerie dove invece erano disposti a seppellirlo quanti mentre il tuo sangue non si era ancora asciugato, trattavano segretamente la resa dello Stato al potere mafioso alle nostre spalle e a nostra insaputa.
Abbiamo portato avanti la vostra costruzione di senso e la vostra forza è divenuta la nostra forza sorretta dal sostegno di migliaia di cittadini che in quei giorni tremendi riempirono le piazze, le vie, circondarono il palazzo di giustizia facendoci sentire che non eravamo soli.
E così Paolo, ci siamo spinti laddove voi eravate stati fermati e dove sareste certamente arrivati se non avessero prima smobilitato il pool antimafia, poi costretto Giovanni ad andar via da Palermo ed infine non vi avessero lasciato morire.
Abbiamo portato sul banco degli imputati e abbiamo processato gli intoccabili: presidenti del Consiglio, ministri, parlamentari nazionali e regionali, presidenti della Regione siciliana, vertici dei Servizi segreti e della Polizia, alti magistrati, avvocati di grido dalle parcelle d’oro, personaggi di vertice dell’economia e della finanza e molti altri.
Uno stuolo di sepolcri imbiancati, un popolo di colletti bianchi che hanno frequentato le nostre stesse scuole, che affollano i migliori salotti, che nelle chiese si battono il petto dopo avere partecipato a summit mafiosi. 
Un esercito di piccoli e grandi Don Rodrigo senza la cui protezione i Riina, i Provenzano sarebbero stati nessuno e mai avrebbero osato sfidare lo Stato, uccidere i suoi rappresentanti e questo paese si sarebbe liberato dalla mafia da tanto tempo.
Ma, caro Paolo, tutto questo nelle pubbliche cerimonie viene rimosso come se si trattasse di uno spinoso affare di famiglia di cui è sconveniente parlare in pubblico. 
Così, ai ragazzi che non erano ancora nati nel 1992 quando voi morivate, viene raccontata la favola che la mafia è solo quella delle estorsioni e del traffico di stupefacenti.
Si racconta che la mafia è costituita solo da una piccola minoranza di criminali, da personaggi come Riina e Provenzano. 
Si racconta che personaggi simili, ex villici che non sanno neppure esprimersi in un italiano corretto, da soli hanno tenuto sotto scacco per un secolo e mezzo la nostra terra e che essi da soli osarono sfidare lo Stato nel 1992 e nel 1993 ideando e attuando la strategia stragista di quegli anni. 
Ora sappiamo che questa non è tutta la verità.
E sappiamo che fosti proprio tu il primo a capire che dietro i carnefici delle stragi, dietro i tuoi assassini si celavano forze oscure e potenti. 
E per questo motivo ti sentisti tradito, e per questo motivo ti si gelò il cuore e ti sembrò che lo Stato, quello Stato che nel 1985 ti aveva salvato dalla morte portandoti nel carcere dell’Asinara, questa volta non era in grado di proteggerti, o, peggio, forse non voleva proteggerti.
Per questo dicesti a tua moglie Agnese: «Mi ucciderà la mafia, ma saranno altri che mi faranno uccidere, la mafia mi ucciderà quando altri lo consentiranno». Quelle forze hanno continuato ad agire Paolo anche dopo la tua morte per cancellare le tracce della loro presenza. E, per tenerci nascosta la verità, è stato fatto di tutto e di più.
Pochi minuti dopo l’esplosione in Via D’Amelio, mentre tutti erano colti dal panico e il fumo oscurava la vista, hanno fatto sparire la tua agenda rossa perché sapevano che leggendo quelle pagine avremmo capito quel che tu avevi capito.
Hanno fatto sparire tutti i documenti che si trovavano nel covo di Salvatore Riina dopo la sua cattura. Hanno preferito che finissero nella mani dei mafiosi piuttosto che in quelle dei magistrati. 
Hanno ingannato i magistrati che indagavano sulla strage con falsi collaboratori ai quali hanno fatto dire menzogne. 
Ma nonostante siano ancora forti e potenti, cominciano ad avere paura.
Le loro notti si fanno sempre più insonni e angosciose, perché hanno capito che non ci fermeremo, perché sanno che è solo questione di tempo. Sanno che riusciremo a scoprire la verità. Sanno che uno di questi giorni alla porta delle loro lussuosi palazzi busserà lo Stato, il vero Stato, quello al quale tu e Giovanni avete dedicato le vostre vite e la vostra morte.
E sanno che quel giorno saranno nudi dinanzi alla verità e alla giustizia che si erano illusi di calpestare e saranno chiamati a rendere conto della loro crudeltà e della loro viltà dinanzi alla Nazione.
Dal discorso completo, pronunciato da Roberto Scarpinato alla commemorazione per il ventennale dalla strage di Capaci il 19 ottobre 2012.

Procuratore aggiunto indagato perché accusato di essere una “talpa”…

 Ho appena finito di leggere un libro che racconta la storia di un uomo… passato alla storia con il nome di “ultimo”… un Capitano che grazie alla sua tenacia, riusci a catturare il capo dei capi di “Cosa nostra” Totò Riina…

Ciò che molti hanno dimenticato o che forse è stato volontariamente fatto passare in modo “distratto”, chissà forse perché era meglio eclissare su quanto avvenuto e cioè che proprio un procuratore aggiunto aveva tentato durante le proprie indagini di bloccarlo, lo stesso procuratore aggiunto, che poi fu indagato in varie inchieste, in quanto accusato di essere la “talpa” che informava faccendieri e funzionari pubblici delle inchieste sul G8 e sui Mondiali di Nuoto. 
Infatti, per ben due volte, il capitano Ultimo chiese al Procuratore aggiunto, l’autorizzazione per intercettare i telefoni degli imprenditori e dei funzionari delle opere pubbliche, finiti poi in manette, tra cui Diego Anemone, Angelo Balducci, Fabio Desantis e Mauro della Giovampaola… stranamente però le sue richieste non ebbero mai risposta!!!
Anzi…, come sempre succede da noi quando si rompono i coglioni…, il capitano fu esautorato dall’inchiesta, che per competenza passò così alla Procura di Roma. 
Per fortuna che la vicenda proseguì in gran segreto presso un’altra procura, precisamente quella di Firenze, dove furono svelati gli affari della cricca del G8…, anche perché ci si accorse che, le indagini in corso a Roma dalla Guardia di Finanza, erano “controllate” da un maresciallo “corrotto”, che si scoprì essere al “servizio” di Diego Anemone ( nelle indagini si scoprì che aveva assunto la moglie in una delle sue società… ), informandolo sempre delle attività in corso dalla Guardia di Finanza…. ed ancora, durante una perquisizione presso il proprio ufficio, Anemone informato che gli è era stato preso il proprio computer personale – nel quale era conservata tutta la contabilità delle sue società – dichiarava nell’intercettazione… “c’è questo e l’altro mondo”, ma per sua fortuna… la sua segretaria lo rassicurò: “da quello che sono riuscita a vedere stampavano solo gli elenchi del personale, dei lavori, ste’ cose qua, poi hanno spento il computer e se ne sono andati”.
Quando successivamente i carabinieri del Ros faranno successive perquisizioni, sicuri di ritrovare quel computer… non trovarono più nulla… il computer era scomparso.
Certamente per i colleghi del Ros, verificare e successivamente confermare quegli incontri, scoprire chi erano le talpe, non sarà stato molto piacevole e sicuramente si saranno sentiti fortemente imbarazzati e addolorati per quel disagio, nello scoprire la reale vicenda… ma almeno loro, il proprio compito l’hanno fatto bene!!!
Comunque… alla fine sono stati tutti condannati… mentre l’ex procuratore aggiunto di Roma, Achille Toro, ha patteggiato 8 mesi di reclusione, con pena sospesa, per il reato di rivelazione di segreto di ufficio nell’ambito dell’inchiesta sul G8 e sui cosiddetti “Grandi Eventi”….
Una infame accusa quella per l’ex procuratore, già sapere di essere stato accusato per aver rivelato notizie su un procedimento trattato presso il suo ufficio, non è proprio quanto di meglio uno si aspetti di finire la propria carriera… un futuro macchiato, ma soprattutto quell’onore perso…
I legali – ma quella giustamente è la loro professione – hanno dichiarato che la scelta del patteggiamento “non è un’ammissione di colpa ma una scelta processuale”…, ma non esiste ( per come essi stessi hanno spiegato ) alcuna scelta nel patteggiare… neanche se fatta fatta “per mettere fine ad una brutta storia“… perché la storia non finisce mai, finché la propria coscienza non trova pace con se stessa, dimostrando sempre ed ovunque la propria innocenza!!!
Ma per essere innocenti… bisogna per prima cosa essere onesti… e purtroppo in questo nostro paese, non ci si può più fidare di nessuno… nemmeno di quanti dovrebbero rappresentare quelle fondamenta…veri principi d’onestà!!! 
La verità è che in fondo non serve nessuna lezione morale da certi “uomini di legge“, infatti, poter agire secondo giustizia… permetterà sempre noi, non soltanto di sorprendere costoro… ma soprattutto di poter stupire tutti gli altri!!!
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