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Catania, ti scrivo perché ti amo troppo per stare zitto: lettera al Sindaco tra poesia e realtà.

Stasera su “lasicilia.it” ho letto una lettera straziante, inviata da un mio concittadino al Sindaco di Catania, Enrico Trantino.

Una denuncia in versi, scritta nel siciliano più crudo, che dipinge una città allo stremo: strade invase dai rifiuti, balconi che lanciano sacchetti come fossero boomerang, e quel senso di abbandono che fa mormorare: «Quasi mi vergogno di essere catanese».

Ma io non mi arrendo a questa narrazione, perché Catania è anche altro… 

E allora stasera, rispondo con un’altra poesia intitolata “Catania mia“, che non cancella i problemi, ma ricorda chi siamo davvero:

“CATANIA MIA”

Tra il mare che abbraccia e il vulcano che canta,

tu sorgi, antica e nuova, con la tua santa…

Il blu del cielo si specchia nel tuo seno,

e l’Etna veglia, maestoso e sereno.


Sei pietra lavica e sale marino,

sei sole acceso sul corso mattutino.

Barocca e fiera, tra archi e colonne,

ogni tua strada risuona di madonne.


I tuoi vicoli raccontano di storie vere,

di uomini e donne che han lasciato tracce sincere,

greci, arabi e spagnoli, tutti mischiati.

ogni epoca ti ha vestita come sogni ricamati… 


La tua cucina è un atto d’amore:

arancini, scacciate, e quel tipico sapore

che qui sa di terra e di fuoco

ma solo chi t’ha amato davvero 

lo ha invocato a gioco.


Hai il clima dolce, ma non è il solo dono:

è la gente tua, quella col sorriso buono.

Il catanese è vero… un po’ spaccone,

ma se lo conosci bene, 

ti tende la mano e ti canta una canzone


Sì… parlano forte, ma pensano con il cuore,

hanno genio e ingegno nell’odore

quel caffè preso la mattina con gli amici,

e una forza che lega, sì… come graniti.


In ogni angolo senti un brusio di vita,

è il suono del mercato, la voce infinita,

dai colori, dai gesti, da quelle risate in coro,

anche lo straniero si sente catanese… dopo il lavoro. 


Oh Catania, tu sei più di una città,

sei un abbraccio aperto, una mappa di fedeltà,

sei unica al mondo, per la tua bellezza:

hai il mare da un lato e il fuoco dell’Etna dentro, 

e tu come un faro acceso,

ti sei posta lì, meravigiosamente… al centro!

Consentitemi di chiudere questo post con una riflessione.

Quanto scritto sopra non vuole essere una critica. Quel cittadino che ha scritto al Sindaco ha certamente ragione: Catania oggi soffre, e la poesia in siciliano che ha voluto allegare non è un addio, ma un grido d’amore. Perché solo chi ama profondamente questa terra ha il diritto – e forse anche il dovere – di lamentarsi. Solo chi sente nel cuore il peso della sua bellezza e delle sue ferite può provare a cambiarla.

Ricordiamoci, da buoni catanesi, chi siamo davvero: figli di una città che ha saputo resistere a terremoti, eruzioni e dominazioni. Una città che non si è mai arresa, nemmeno quando tutto sembrava perduto. Una città che, sotto la cenere dell’Etna, nasconde un’anima indomita, capace di rialzarsi ogni volta.

Catania mia” è la mia risposta: un inno per non dimenticare che siamo un popolo forte, orgoglioso e resiliente. Un popolo che sa sempre come rinascere, anche nei momenti più bui.

Perché Catania non è solo una città: è un simbolo di vita, passione e speranza. E noi, suoi figli, abbiamo il compito di custodirla e amarla, anche quando fa male…

Banche "offline", panico online! E se domani toccasse a noi?

Ieri, mentre leggevo delle gravi interruzioni nei servizi bancari e digitali in Ucraina, un pensiero mi ha trafitto: e se domani toccasse a noi?

Immagina per un attimo: bancomat, app di home banking paralizzate, carte di credito ridotte a pezzi di plastica inutili. Un’interruzione tecnica? Un attacco informatico? O forse qualcosa di più profondo?

La verità è che siamo vulnerabili più di quanto osiamo ammettere. Se il sistema collassasse qui da noi – in Italia o in qualsiasi altro Paese “avanzato” – le conseguenze sarebbero devastanti. 

E no, non sto parlando di qualche ora di disagio, ma di uno shock capace di stravolgere la nostra quotidianità digitale in modo permanente.

Perché il problema non è solo tecnico, è esistenziale: in un mondo dove tutto è connesso, quando il denaro smette di scorrere, è la società stessa che va in tilt!

E quel che più mi spaventa: Siamo davvero pronti ad affrontare un’emergenza del genere o continueremo a fingere che tanto non può succedere, già… fino all’ultimo istante?

Ecco perché sono convinto che, senza interventi preventivi a tutela del sistema, il rischio sia concreto: senza piani d’emergenza solidi, quelle che oggi ci sembrano semplici interruzioni tecniche potrebbero trasformarsi domani in un vero e proprio collasso. E quando il denaro smette di circolare, nessuno – né cittadini né Stati – escono indenne dal caos.
Immaginatevi questa scena: una mattina ti svegli, prendi il caffè come sempre, apri l’app della banca per controllare lo stipendio e… nulla. Non carica. “Sarà un problema di rete” pensi. Ma poi accendi la TV, e scopri che non è soltanto un tuo problema: le carte non funzionano, i POS sono morti, gli ATM hanno smesso di erogare contanti. “Interruzione tecnica,” dicono. “Temporanea,” assicurano. Peccato che nessuno sappia quando tornerà tutto online.

E qui parte il delirio: I supermercati smettono di accettare carte, la gente inizia a svuotare i bancomat rimasti, c’è chi prova a pagare in contanti ma, sorpresa, nessuno ha più contanti, visto che ormai viviamo in un’economia digitale. 

Ecco che i social esplodono tra complottisti (che parlano di un reset globale), imprenditori in crisi (senza bonifici non pago i dipendenti!), ed il solito investitore che giura che “Bitcoin” ci salverà. Intanto, lo Stato emette un comunicato rassicurante scritto, come soltamente avviene, in “burocratese“, mentre nelle piazze qualcuno inizia a gridare di “golpe” finanziario.

E tu, nel mezzo, ti chiedi: ma davvero nessuno ha prevsito un piano alternativo? Perché se domani il sistema collassasse, non saremmo molto diversi dall’Ucraina di oggi!

La gente inizierebbe a scambiare beni come in un medioevo digitale, i negozianti tirerebbero fuori i vecchi registri a carta, e i politici litigherebbero in TV su chi è il colpevole (sarà sempre colpa dell’Europa, dei banchieri, già… dei soliti noti).

E poi arriva la domanda che brucia: ma se fosse una scelta deliberata? Un modo per “resettare” i conti, bloccare prelievi, introdurre l’euro digitale con la forza? 

La gente si dividerebbe all’istante: c’è chi impugnerebbe forconi (“metaforici, siamo pur sempre italiani…), chi correrebbe a comprare metalli pregiati o pietre preziose, e chi, semplicemente, aspetterebbe che tutto ritorni alla normalità, perché tanto alla fine si pensa sempre che tutto si sistemi…

Ma la verità è che nessuno sa davvero come andrebbe a finire. Perché siamo abituati a dare per scontato che i servizi bancari funzionino, come l’acqua dal rubinetto. E quando scopri che tutto poggia su server vulnerabili, algoritmi e decisioni di qualche tecnocrate, beh… allora sì che capisci perché in tanti stanno accumulando contanti sotto il materasso. Giusto per precauzione…

E tu, voi, da che parte stareste? A bestemmiare contro lo Stato, a organizzare rivolte su social oppure a fare scorta di cibo e scatolame, già… forse l’unica vera valuta che sopravvivrà a tutto?