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Non mi resta che pregare!!!

Per l’ennesima volta sono stato rinviato, questa volta però la responsabilità è da attribuirsi all’astensione dall’attività giurisdizionale delle camere penali dal 7 al 9 febbraio!!!

Difatti, nella Delibera del 25.01.2024, a firma del Presidente Avv. Petrelli, si legge il dissenso dei penalisti ad un modello definito di “populismo giustizialista”, che moltiplica i reati per rispondere alle esigenze di sicurezza. 

Nel mirino degli avvocati vi è anche la mancata modifica dei limiti all’appello e la presenza dei magistrati fuori ruolo nell’esecutivo, in violazione del principio di separazione dei poteri..

Per cui, pur ritenendo il sottoscritto legittima l’astensione degli avvocati penalisti dall’attività giurisdizionale, avrei preferito quantomeno evitare stamani – vista la mancata partecipazione – di dover giungere presso quel Tribunale, tra mille difficolta autostradali, al fine di ottemperare in qualità di “Teste”, per poi ritrovarmi nuovamente ad esser rinviato…

Ma così purtroppo non è stato ed il sottoscritto per l’ennesima volta (con questo rinvio siamo giunti a cinque), dovrà ripresentarsi, auspicando quantomeno che la prossima volta il sottoscritto venga  ascoltato dal PM. 

E quindi, pur comprendendo lo stato di agitazione dell’avvocatura di fronte al pacchetto sicurezza, ritenuto “lesivo dei principi di offensività e proporzionalità, ed espressione di un populismo giustizialista e del diritto penale simbolico”, mi chiedevo, ma noi cittadini che senza alcun interesse personale assolviamo al nostro dovere, chi ci pensa??? 

Già… non veniamo offesi da questi rinvii che di volta in volta ci vengono presentati??? 

Poi qualcuno si meraviglia che nessuno denuncia!!! Già… vorrei però sapere da questi ipocriti e omertosi che sanno soltanto parlare: chi paga per tutti i disturbi arrecati a quegli esigui soggetti???

Permettetemi di aggiungere cittadini non solo rispettosi della legge, ma soprattutto “coraggiosi” poiché, dopo aver fatto in modo che quegli atti d’illegalità venissero portati alla luce, si ritrovano dopo anni, ancora sballottati in quelle aule di Tribunale, senza riuscire quantomeno a trovare una definizione!!!

La circostanza curiosa è che stamani, nell’incontrare in quel Palazzo di giustizia un amico che non vedevo da tempo e dopo averlo salutato, non prima di avergli raccontato quanto mi fosse successo, egli in attesa del suo procedimento e osservando da lontano la mia disperazione, nel provare a stemperare quella  visibile irritazione – a mia insaputa – mi ha inviato a mezzo “social” la clip di cui sopra…

Sì… devo dire che quantomeno guardando le immagini ho iniziato a ridere, d’altronde, ormai l’ho capito: non mi resta che piangere!!!

Tutela condòmini: presentata la proposta di legge!!!

Giorno 13 c.m. sono chiamato per l’ennesima volta quale teste a un procedimento giudiziario “penale” che ha come oggetto il rinvio a giudizio di un ex amministratore di condominio!!!

Una vicenda assurda che dal 2018 non si è ancora conclusa (quantomeno come dicevo non nel procedimento penale, visto che almeno in quello civile, svoltosi proprio in questi giorni, l’amministratore è stato condannato…) e posso altresì aggiungere come soltanto per quel voler essere a tutti i costi tenace, ma soprattutto, grazie a quell’essere libero da coercizioni legate a concetti quali “ricatto e/o compromesso”, mi è stato possibile giungere a questo risultato, pur avendo pagato – per quell’impegno svolto (gratuitamente) – con la freddezza, sì… nei rapporti personali; mi riferisco ai molti amici e conoscenti, proprietari anch’essi di appartamenti di quello stesso Villaggio, che avrebbero preferito (da parte del sottoscritto) un atteggiamento più “elusivo”, ma non solo questi, anche coloro che in quel Villaggio, da oltre trent’anni, hanno potuto beneficiare sia sotto il profilo professionale che lavorativo…   

Mi permetto quindi di riportare nuovamente il mio più profondo sconforto, avendo costatato le difficoltà, ma soprattutto i tempi che la giustizia ha richiesto prima di poter giungere (e ancora oggi non so come finirà questa vicenda giudiziaria, so soltanto che fino ad oggi è stata rinviata ben due volte, con motivazioni estremamente banali, per non dire moralmente “indegne”, visto che – nei confronti del sottoscritto – non si è tenuto conto neppure che per ragioni di lavoro – essendo in trasferta – sono stato costretto a prendere tre giorni di permesso per il viaggio, pagarmi ogni volta l’aereo, recarmi quindi a mie spese presso il Tribunale di Messina, aggiungo… costi che naturalmente lo Stato non rimborsa, per poi alla fine essere rimandato nuovamente ad altra data!!!) ad una sentenza definitiva, anche quando dalla semplice lettura dei documenti contabili, si evidenziava in maniera chiara quanto fosse accaduto, ma stranamente, anche coloro che avrebbero dovuto verificare quanto denunciato ( mi riferisco ad una delle forze di Polizia di Catania, con competenza generale in materia economica e finanziaria, già…per fortuna che conservo il protocollo di ricevuta…) non lo ha fatto, viceversa da quanto professionalmente compiuto dai colleghi del Comando di Taormina e dalla PG di Messina, ufficio diretto dal Tenente Colonnello Siligato!!! 

Nel confermare quindi quanto sia d’accordo sulla proposta di legge presentata, mi permetto di condividere sull’argomento un video pubblicato su TGR e riproposto nella pagina di Facebook: https://www.facebook.com/patrizia.alessi/videos/1497125621136894 

“È inaccettabile che i condòmini si ritrovino a pagare grossi debiti non fatti ma accumulati da quella minoranza di amministratori che tuttavia non adempie al proprio dovere” a dichiararlo è la vice capogruppo di Fratelli d’Italia alla Camera Augusta Montaruli che oggi a Torino, insieme alla capogruppo in circoscrizione 7 Patrizia Alessi, ha presentato la Proposta di Legge “Tutela condomini”. 

“La proposta – spiega Montaruli – prevede l’introduzione dell’obbligo da parte dei fornitori di comunicare ai condòmini, e non soltanto all’amministratore, qualora si sia raggiunti debiti per oltre 10 mila euro. 

In questo modo si attiva un “campanello d’allarme” per i condòmini che possono prontamente chiedere spiegazioni, senza vedersi un giorno staccare le utenze per morosità”.

Nel caso del Condominio “Albesiano” – racconta la capogruppo Alessi – noi condomini ci siamo ritrovati all’improvviso con circa 550 mila euro da ripagare!!! 

Il nostro immobile è stato il primo con Decreto di revoca giudiziale di un noto amministratore di condominio torinese rivelatosi infedele. Speriamo che questa proposta di legge tuteli tanti altri condomini.

Ne riproporvi quindi i due post sulla vicenda sopra raccontata:

https://nicola-costanzo.blogspot.com/2023/08/tribunale-di-messina-quanta-amarezza.html

https://nicola-costanzo.blogspot.com/2023/08/tribunale-di-messina-quanta-amarezza.html

Vi consiglio anche il seguente link, che ha come obiettivo il testo di legge scritto da Augusta Montaruli, deputata di Fratelli d’Italia, partendo da un caso specifico, come quello del condominio “Albesiano”: 

https://www.torinotoday.it/video/proposta-legge-contro-amministratori-infedeli-condomini-insolventi.html?fbclid=IwAR0AT2C2XeD_EpwfFiPMEK4HSNjRLn2JfI-gJbEPbLe4NAgUK2HdsyLClak

Quando si ricusa un giudice??? Quando vi sono le condizioni per farlo…

Ho ricevuto a fine anno a mezzo mail, una richiesta d’aiuto…

Il lettore si è rivolto al sottoscritto perché ritiene – vi è riportato: “da come scrive nel suo omonimo blog” – che un mio consiglio possa rappresentare qualcosa di autentico, sincero, certamente veritiero e trasparente, un giudizio slegato da compromessi o ancor peggio da quelle metodologie coercitive solitamente realizzate per non dire ciò che si pensa, esulando da quei principi morali, sicuramente per evitare eventuale pubblicazione di scheletri dell’armadio, che possano dare seguito a ripercussioni non solo personali ma anche familiari… 

Ed allora, leggendo quanto accaduto in quell’aula di Tribunale della mia regione, ed avendo compreso dai documenti ricevuti l’estenuanti procedimenti posti in campo da quei legali della controparte, ho avuto come la sensazione che, chi avrebbe dovuto in modo “salomonico” giudicare, non abbia compiuto in modo corretto il ruolo ad egli assegnato…

Ho quindi consigliato il mio lettore di procedere, presentando presso la cancelleria del giudice – diversa da quella a cui appartiene il giudice che s’intende ricusare – una dichiarazione scritta contenente l’indicazione dei motivi e delle prove.
Ovviamente tale dichiarazione dovrà essere presentata dalla parte interessata o personalmente o a mezzo difensore o a mezzo procuratore (copia della stessa dovrà essere altresì depositata anche presso la cancelleria del giudice ricusato)

Vorrei ricordare tra l’altro che l’art. 36 del c.p.p. stabilisce che il giudice ha l’obbligo di astenersi quando esistono delle particolari circostanze (difatti ho consigliato al mio lettore di affidarsi oltre che al suo legale. anche ad una società di investigazione privata autorizzata) per avere conferma se quel giudice abbia un interesse nel procedimento o se una di quelle parti (o il suo difensore) sia di fatto creditore o debitore di egli, del coniuge o dei figli…

Ed ancora, se quel giudice abbia dato consigli o manifestato un suo parere sull’oggetto del procedimento al di fuori dell’esercizio delle funzioni giudiziarie, se vi è amicizia o inimicizia tra lui o un prossimo congiunto ad una delle parti o se alcuno dei prossimi congiunti del giudice o del coniuge sia stato danneggiato o offeso dal reato o parte privata…

Ed infine, se il giudce incorre in una delle incompatibilità previste dagli att. 34-35 del c.p.p. o se esistono altre gravi ragioni di convenienza…

Va detto come in tutti i casi sopra riportati il giudice avrebbe già dovuto di suo astenersi, ecco quindi che se ciò non fosse accaduto, si potrà procedere con la ricusazione dello stesso, che è per l’appunto la procedura che ho consigliato al mio lettore… 

Mi permetto inoltre di  ricordare come l’art. 37 c.p.p. aggiunga anche altri motivi per la ricusazione, ad esempio:

Se il giudice, nell’esercizio delle sue funzioni e prima della sentenza, manifesti indebitamente il proprio convincimento sui fatti oggetto d’imputazione, ed anche nell’udienza preliminare fino alla conclusione degli accertamenti relativi alla costituzione delle parti; nel dibattimento fino ai termini della trattazione delle questioni preliminari al dibattimento; in qualsiasi altro momento prima che il giudice compia l’atto;

Se invece perviene dopo i termini indicati perché la causa di ricusazione diviene nota successivamente la parte che intende ricusare può presentare domanda entro 3 giorni.

Anche perché bisogna sapere che dopo che si è presentata una richiesta di ricusazione, il giudice – nei cui confronti è proposta la ricusazione – non può pronunciare né concorrere a pronunciare sentenza fino a che non è stata dichiarata inammissibile o rigettata la richiesta di ricusazione. 

Inoltre il giudice chiamato a decidere può ordinare al giudice ricusato di sospendere le attività processuali o di compiere solo quelle urgenti. Se tale ordinanza non viene emessa il processo proseguirà fino a che non si decide (in camera di consiglio) della ricusazione.

Ma soprattutto, se viene accolta la ricusazione, il giudice ricusato non potrà più compiere atti del procedimento e verrà sostituito da un altro magistrato. Il giudice che decide della ricusazione stabilisce anche quali atti o quale parte degli atti rimangono in piedi e saranno proseguiti dal nuovo giudice!!!

Cosa aggiungere, la legge esiste, già… si tratta semplicemente di applicarla!!!

Caro amico e lettore, spero attraverso i miei consigli, di esserLe stato di aiuto, mi faccia sapere poi come finisce. I migliori auguri… 

Ricorrere sempre e in ogni caso in… Appello!!!

Vorrei riproporre quanto ritengo correttamente chiesto ai sostenitori del M5Stelle e cioè, se fosse giusto riformare la norma, nel caso in cui, a proporre l’appello sia il solo imputato e dove, attraverso tale richiesta, potrebbe incorrere eventualmente, anche in una condanna più pesante, rispetto a quella ricevuta in primo grado… 
Come sappiamo, il nostro ordinamento prevede che, se a proporre Appello è solo l’imputato, il giudice di secondo grado non può condannarlo ad una pena più alta ma può solo abbassarla o lasciarla identica… 
Il quesito invita a riflettere sulla valutazione di costi/benefici e garanzie in quanto oggi, una parte considerevole degli appelli sono fatti in modo strumentale per cercare di ottenere non solo una pronunzia più favorevole ma anche la prescrizione, senza rischiare, nel concreto, assolutamente nulla, con conseguente ingolfamento delle Corti di Appello e aggravio in termini di economia processuale e costi per la collettività.
Il divieto della “reformatio in peius” è un principio del nostro ordinamento, secondo il quale il giudice di appello non può modificare in senso peggiorativo la sentenza emessa dal giudice di primo grado, laddove vi sia un appello proposto esclusivamente dall’imputato.
Contrariamente a quello che possiamo pensare, il divieto di “reformatio in peius” è un principio che non è condiviso da altri ordinamenti democratici mondiali… 
Per prendere l’esempio forse più vicino all’ordinamento italiano, in Francia non c’è il divieto di “reformatio in peius”
L’effetto più evidente è in termini numerici. 
In Francia dove non c’è questo principio, gli appelli presentati sono circa 39 mila, in Italia invece, dove vige questo principio, abbiamo (dati ufficiali del Ministero della Giustizia) 260 mila appelli presentati.
Sostanzialmente l’imputato non ha alcun tipo di conseguenza nel presentare un appello, anche totalmente infondato o meramente dilatorio, perché in Italia ci sono quattro effetti principali per i quali un imputato propone appello.
Il primo, e più ovvio, è perché vuole dimostrare la propria innocenza all’interno di un procedimento nel quale ha avuto una condanna di primo grado. 
Ma questo non è l’unico effetto che l’imputato può provare ad ottenere proponendo appello. 
Ci sono tre effetti che forse si danno per scontati ma su cui bisogna mettere l’attenzione… 
Il primo è che proponendo appello abbiamo una dilazione e quindi un ritardo nell’applicazione e nell’esecuzione della pena.
Il secondo effetto, assolutamente rilevante, è che spesso nei procedimenti di primo grado c’è l’applicazione di una misura cautelare che ha dei termini tassativi decorsi i quali la misura cautelare deve essere revocata. 
Quindi proponendo l’appello ed allungando i termini processuali è possibile che l’imputato possa ottenere la scarcerazione, ad esempio.
L’ultimo effetto e il più evidente è che l’imputato può ottenere la prescrizione, di cui sentiamo spesso parlare anche sui giornali.
Perché l’imputato può proporre appello. 
Il tema si collega molto strettamente a quelli che sono i tempi della giustizia italiana.
Secondo i dati del Ministero della Giustizia un processo in Italia di primo grado dura in media 600 giorni. 
Un procedimento in appello dura più di 900 giorni. 
Il che vuol dire che con la proposizione anche di un appello totalmente infondato e meramente dilatorio l’imputato guadagna più di 3 anni solamente in attesa che la Corte d’Appello possa esaminare il suo appello.
Il principio per il quale l’imputato ha il diritto di impugnare una sentenza è sicuramente un diritto costituzionale, e un principio base e cardine del nostro ordinamento processuale. 
Certamente non può e non deve esserlo anche quello per il quale all’imputato non possa arrivare nessun tipo di conseguenza negativa per la proposizione di un appello che ha messo inutilmente in moto la macchina della giustizia.
La funzione principale del diritto penale è una funzione general preventiva. 
Che cosa vuol dire, che attraverso una punizione del colpevole si cerca di ottenere un’educazione di tutti gli altri consociati, per far sì che le persone, vedendo che chi sbaglia paga, si asterranno in futuro dal commettere delitti della stessa specie di quelli che hanno ottenuto una condanna.
Chiaramente con la tempistica che ho prima sottolineato questa funzione general preventiva si sta perdendo e si cerca di recuperarla attraverso un innalzamento delle sanzioni per provare a evitare anche la prescrizione, che purtroppo è sempre più evidente ed è sempre più rilevante in tutti i procedimenti di primo grado.
Questa proposta presentata dall’Avv. Mattia Alfano, cerca di avere un processo più snello, più efficace, perché un processo più breve è anche un processo che evidentemente svolge la sua vera funzione…
La verità è che forse nel nostro paese, questo procedimento non si vuole minimamente modificare, perché va bene così… a molti… a tutti… in particolare proprio a chi può attraverso quel ricorso, continuare a beneficiare di tutti quei compensi interessanti!!!