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Certificazioni aziendali: Un doppio filo da tessere.

In un mondo sempre più competitivo, ci troviamo frequentemente di fronte a termini come certificazioni, attestazioni, formazione e qualificazioni. 

Ma ci si chiede: queste etichette attestano davvero la qualità e l’affidabilità di un’impresa, o si trasformano in un semplice strumento di un sistema burocratico parallelo che, nei nostri confini, sembra privilegiare sempre i “soliti noti”?

Le certificazioni sono spesso presentate come garanzia di eccellenza e professionalità, ma quanto realmente influenzano sulla nostra percezione dell’affidabilità di un’azienda? 

È innegabile che alcune di queste certificazioni possano rappresentare un valore aggiunto, dimostrando un impegno concreto verso standard elevati e buone pratiche. Tuttavia, è altrettanto vero che esistono situazioni in cui il processo di ottenimento di tali riconoscimenti diventa un labirinto burocratico, dove ciò che conta non è il merito, ma piuttosto le relazioni.

Spesso, le aziende si ritrovano a investire tempo e risorse per ottenere certificazioni che, nella realtà, non sempre si traducono in un reale miglioramento del servizio o prodotto offerto. 

Ma chi ha davvero accesso a queste opportunità? L’ombra della raccomandazione e del favoritismo si allunga complicando ulteriormente il quadro. Mi chiedo quindi, se stiamo davvero costruendo un’imprenditoria migliore o se, al contrario, stiamo alimentando un ciclo di privilegi che avvantaggia pochi a discapito di molti.

Il cambiamento è possibile? 

Forse… ma è fondamentale promuovere un sistema che valorizzi realmente il merito e la qualità, piuttosto che perpetuare una burocrazia asfissiante e abitualmente clientelare. Solo così potremo garantire che quelle certificazioni diventino uno strumento reale di crescita e innovazione, piuttosto che una semplice formalità.

È tempo quindi di ripensare e ristrutturare un nostro approccio verso quelle certificazioni e/o quella formazione. 

Investire nel talento e nella competenza deve diventare la norma, e non l’eccezione riservata a pochi. 

È giunto il momento di costruire un sistema più equo e, soprattutto, meritocratico! Tuttavia, come spesso sottolineo, puntare sul merito o su una burocrazia efficiente in un Paese dove il clientelismo sembra prevalere non è una sfida semplice. Serve un cambiamento culturale e strutturale profondo per superare queste dinamiche e garantire che le competenze e il valore individuale siano davvero al centro delle nostre istituzioni e della nostra società.

La crisi del "Merito" nel Sistema Pubblico Italiano: Cause e Conseguenze"

Negli ultimi trent’anni, il sistema pubblico italiano – politico, amministrativo e giudiziario – ha mostrato segni di stagnazione, una paralisi che sembra derivare da scelte sbagliate e dall’emergere di un sistema di favoritismi a scapito del merito. 

Questa pratica non solo ha compromesso l’efficacia e l’integrità delle istituzioni, ma ha anche allontanato il Paese da una crescita basata su competenza, trasparenza e responsabilità. 

Al cuore di questo malessere c’è il fenomeno della “casta“: una rete clientelare e immobile di raccomandati, impreparati, spesso incompetenti e, in alcuni casi, persino collusi o corruttibili.

Difatti, in molte aree del sistema pubblico, il principio del merito ha ceduto il passo a una rete di favoritismi, in cui le promozioni e le assegnazioni di incarichi di responsabilità dipendono più da relazioni personali o politiche che da competenze reali. 

Il cosiddetto “sistema di consiglio” ha favorito, nel tempo, una struttura che accoglie individui meno capaci o, nel peggiore dei casi, manipolabili, creando una distorsione che demotiva i talenti e le persone qualificate. Ciò, in ultima analisi, si traduce in una perdita di competitività del settore pubblico rispetto ai sistemi stranieri, dove il merito resta una colonna portante.

Ritengo infatti che l’assenza di meritocrazia non solo limita le capacità di crescita e innovazione del sistema, ma apre anche la porta a forme di corruzione, infatti, l’incapacità di regolamentare in modo efficace e il clientelismo, creano di fatto un terreno fertile per comportamenti devianti e abusi di potere. 

Tanto è vero che la criminalità organizzata, attratta da questi handicap, prova costantemente a inserirsi nelle crepe lasciate dalle istituzioni, attraverso la corruzione di funzionari “compromessi” e favorendo così un sistema di sudditanza per ottenere protezione e vantaggi economici. 

E’ così che questa rete negli anni è riuscita a trasformare le istituzioni in strumenti al servizio di interessi illeciti, danneggiando non solo l’efficienza del sistema stesso, ma anche la fiducia dei cittadini.

Comprenderete quindi quale implicazioni abbiano avuto l’impoverimento delle nostre Istituzioni e soprattutto quali conseguenze sociali abbia con il tempo provocato… 

Difatti, la selezione basata su favoritismi a discapito del merito genera un ulteriore effetto negativo: l’esclusione delle persone più preparate, che scelgono di emigrare o di cercare opportunità fuori dall’ambito pubblico. 

Ciò come abbiamo osservato ha determinato una vera e propria “fuga di cervelli” dal sistema pubblico, impoverendolo di competenze e impedendo il ricambio generazionale. Le istituzioni si ritrovano, così, sempre meno attrezzate ad affrontare le sfide moderne, come la digitalizzazione, la lotta alla criminalità organizzata e le riforme sociali.

Tuttavia, la strada verso un cambiamento positivo c’è anche se richiede innanzitutto un rinnovamento culturale, dove il merito, la competenza e la trasparenza tornino a essere i criteri principali nelle nomine e nelle promozioni all’interno del sistema pubblico. 

La creazione di organi di controllo indipendenti, la protezione dei whistleblower e la digitalizzazione dei processi amministrativi potrebbero inoltre aumentare la trasparenza, riducendo gli spazi per abusi e favori. È indispensabile, inoltre, favorire politiche che incoraggino i talenti e i giovani qualificati a lavorare nel settore pubblico, offrendo loro percorsi di crescita e responsabilità effettiva.

Infine, penso che il nostro Paese sia di fronte ad una sfida decisiva: trasformare il sistema pubblico in un ambiente competitivo e meritocratico, che possa valorizzare le migliori risorse e restituire fiducia ai cittadini. 

Questo cambiamento, però, non può essere solo normativo o tecnico, ma deve investire l’intero sistema di valori che governa il nostro Paese. 

Un futuro migliore richiede istituzioni forti, trasparenti e impermeabili alle pressioni di lobby e criminalità organizzata. 

Ecco eprché la rinascita del merito e della competenza, è non solo auspicabile, ma fondamentale per il progresso di questa nostra società!!!

La riconoscenza non è di questo mondo!!!

Sai perché le persone non riconoscono quello che fai per loro? 
Perché la prima volta che tu fai qualcosa per qualcuno, generi in lui la gratitudine. 
La seconda volta che tu fai o dai a qualcuno, generi l’anticipazione.
La persona si aspetta di ricevere di nuovo…
La terza volta hai già generato un’aspettativa. 
Già… la persona si aspetta di ricevere ancora quello che gli avevi dato. 
La quarta volta tu generi un merito e quindi la persona sente di meritare quello che gli stai dando e vuole continuare a ricevere. 
Ma non è finita…
La quinta volta hai creato una dipendenza!!!
Quella persona sente di non vivere più bene senza quello che tu gli stai dando. 
É ormai “viziata”!!!
Ecco che finalmente la sesta volta percepisci che “non c’è reciprocità”!!!
Già… tu non ricevi nulla in cambio ed allora smetti di dare!!!
Ed ecco quindi che quella persona “viziata” –  che tu hai creato – ora, è risentita con te, sì…  perché gli stai negando quello di cui ha tanto bisogno ed allora “finisce per odiarti!!!
Sì… perché hai smesso di dare quello che tu gli hai fatto credere di meritare!

Ecco perché bisogna sempre sapere qual è il limite nel dare…. perché l’altro non conosce limiti nel ricevere!!!

(Mario Venuti)

 

In Sicilia, il senso della "famiglia", resta ovunque radicalizzato!!!

“La famigghia è nu nzemi di pirsuni uniti d’un rapportu di parintela o macari di affinitati, speci lu nùcliu furmatu di lu patri, dâ matri e di li figghi, ca custituisci la stituzzioni suciali di basi dî sucitati umani”!!!

Già…  ecco che ad una società globalizzata che tende a uniformare e ahimè a umiliare i valori tradizionali della “famiglia”, ecco che questa nostra terra, la nostra Sicilia, oppone ad essa una strenua resistenza, ma soprattutto una pertinace speranza…

E si perchè da noi quel concetto di “famiglia” è fondamentale, anzi di più… radicato, ne sa qualcosa anche “cosa nostra“, vedasi ad esempio una frase del boss Tommaso Buscetta che riportava: “Nessuno troverà mai elenchi di appartenenti a Cosa Nostra né attestati di alcun tipo, né ricevute di pagamento di quote sociali”, la cellula fondamentale di cosa nostra è costituita dalla “famiglia”!!!

Sì…perché la “famiglia” rappresenta una struttura che controlla una zona della città o anche un intero centro abitato da cui poi prende per l’appunto il nome: così abbiamo ad esempio, la famiglia di Porta Nuova, la famiglia di Villabate, la famiglia di Palermo Centro e via discorrendo…

La “famiglia” è composta dai suoi familiari, ma anche da soggetti terzi che in un qualche modo si sono uniti a quella famiglia, attraverso ad esempio un matrimonio, un sacramento religioso come può esser l’esser padrino in un un battesimo o in una cresima, ma si piò diventare affiliati a quella famiglia, dimostrando d’esser disponibili a eseguire gli ordini ricevuti, ed ecco quindi i cosiddetti “uomini d’onore” o “soldati”, coordinati dal loro capodecina, tutti ovviamente governati da un capo eletto ed assistito da un vice capo e/o da uno o più consiglieri…

Il capo è quindi il rappresentante della “famiglia” locale che poi s’incontrerà con gli altri capi delle altre famiglie, i quali sottostaranno al “Capo dei Capi” di cosa nostra, l’unico che potrà decidere per tutti, in particolare su come procedere non solo nel proprio territorio di appartenenza, ma soprattutto in quello carattere regionale e nazionale…  

Ed allora, per non esser da meno a quell’associazione criminale, anche i nostri burocrati, imparentati anch’essi con “famiglie” di politici, hanno pensato bene di sfruttare questa situazione e quindi di favorire innanzitutto la propria famiglia e quindi i propri familiari… 

La circostanza più assurda l’ho letta proprio alcuni giorni fa, un episodio che raccontava di un deputato regionale capace di riuscire a sistemare all’interno della pubblica amministrazione, non soltanto la prima, ma anche la seconda moglie: già…questo sì chè è vero amore, premurandosi ovviamente di evitare che finissero nello stesso ufficio!!!

La situazione più assurda è che la maggior parte di queste assunzioni è avvenuta senza che si configurasse alcun reato, sì… è bastato semplicemente usufruire di leggi regionali piene di cavilli impercettibili e apparentemente irrilevanti, per poter sistemare quei raccomandati familiari e parenti…

Ed il merito??? La selezione mediante concorsi pubblici??? Ma quando mai… siete pazzi, se si dovesse realmente passare attraverso quelle corrette procedure quei soggetti, ignoranti e soprattutto incapaci, non potrebbero mai essere asunte, già… neppure per adempiere alle pulizie di quegli uffici, che per fortuna vengono svolte da persone preparate e professionali!!! 

Ma difatti, a cosa interessa loro e soprattutto ai loro figli dimostrare di sapersi distinguersi con le proprie forze e capacità, sapendo a priori quanto la famiglia sia per loro così importante e potendo contare di quel loro parente in politica o inserito in un qualche ufficio istituzionale…

Già… meglio farsi raccomandare, d’altronde questo è il Paese degli incompetenti, ignoranti, arruffoni, ladri e inetti e quindi, chi mai potrà accorgersi della differenza o di averne uno in più nella loro lista??? 

Quale strada per cercare un lavoro..? Nessuna la solita raccomandazione!!!

Come sempre le strade sono tante e soprattutto in questi tempi di crisi, per reclutare personale le imprese, si affidano non certo ai canali informali ma tra quello delle conoscenze…
Lo scorso anno infatti le aziende che hanno fatto ricorso a società di servizi del lavoro sono state circa il 50% per arrivare ad un 20% nel Meridione…
Le segnalazioni dirette svolte da conoscenti è di oltre sei su dieci nel 2011,  mentre nel 2010 arrivava alla soglia del cinquanta per cento, percentuale che come detto sopra arrivava a sfiorare addirittura il 70-75% per nel mezzogiorno. 
I famosi curriculum, per accedere al mondo del lavoro, sono rappresentati dal 25% restante, infatti poco più di due imprese su dieci, per assumere, vanno a guardare i curriculum…
Ancor meno e limitato l’uso di altre forme, quali annunci e/o richieste con su stampa e/o centri per l’impiego. Quindi in definitiva, ricordatevi che la scelta dei datori di lavoro, ricade quasi sempre su persone che già conoscono o di cui ricevono una segnalazione…
Non dobbiamo certamente credere che queste rappresentano mere raccomandazioni, in quanto molte di queste sono costituite da rapporti professionali, dove la segnalazione hanno soltanto un carattere di semplice presentazione e dove invece la professionalità dell’individuo, rappresentata anche e soprattutto da precedenti esperienze lavorative, ne fanno poi la vera differenza…
Però, incuriosisce il fatto che in un’epoca dove le tecnologie messe a disposizione, dovrebbero cominciare a sentirsi, si resta legati a rapporti di fiducia, molto personali e poco professionali, quasi che si punti più a voler condizionare il neo assunto, attraverso ed anche, colui colei che in prima persona si era esposta nella segnalazione… ecco perché oggi, neanche i parenti si mostrano favorevoli a segnalazioni di alcun tipo… se non proprio strettamente necessari, quali un figlio o un nipote… 
Le famose società di banche dati, a cui inviare i nostri curriculum, operano anch’essi in egual maniera, dove non esiste una qualsivoglia graduatori ne d’ingresso che altresì di merito ma soprattutto dove i propri impiegati, privilegiano e segnalano, quasi sempre ( se onesti… ) parenti e amici, mentre ( se disonesti…) vendono le informazioni al miglior offerente…
Quindi queste società di lavoro interinale, soltanto nel 2,5% dei casi portano i giovani al lavoro e se lo fanno e soltanto per lavori di scarsa considerazione e a tempo determinato per brevi periodi…
Qualcosa per fortuna cambia se si passa alle Holding soprattutto se internazionali, dove la dimensione d’impresa essendo il quadro cambia: dopo i 50 dipendenti le aziende iniziano a fare più affidamento sulle loro banche dati ed a basarsi sui curriculum e quindi ecco che, più le aziende sono grandi e più la conoscenza diretta o tramite conoscenti del candidato perde importanza…
Ora ovviamente, in questo clima economico di crisi e incertezza, le imprese si muovono con molta cautela nella selezione di nuovi candidati e quindi riprende in grande considerazione la conoscenza diretta del soggetto, a scapito ovviamente della professionalità acquisita in ambito lavorativo…
Non bisogna comunque perdere la speranza… alla fine le proprie capacità vengono sempre premiate, come le incapacità altrui, che questione di tempo, usciranno certamente fuori, ed è questo che poi alla fine, farà sempre ed ovunque la giusta differenza…