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L’attacco all’Iran? La logica conseguenza di anni di avvertimenti ignorati.

Già… era solo questione di tempo.

Per anni, attraverso analisi e avvertimenti sul mio blog, ho tracciato la rotta inevitabile verso questo momento. 

E così, mentre molti voltavano lo sguardo, il sottoscritto descriveva in questi anni l’accumularsi di tensioni, di segnali ignorati, della pericolosa determinazione di Teheran nel perseguire l’atomica militare e la ferrea legge che governa il Medio Oriente: era abbastanza ovvio che Israele non avrebbe mai permesso alla minaccia di concretizzarsi!

Quanto accaduto in quest ore, con le operazioni militari in corso contro scienziati e siti nucleari iraniani, si conferma ciò che vado ripetendo da tempo… 

Sì… basti rileggersi quanto riportavo già nel 2010, poi nel 2019 con l’escalation nello Stretto di Hormuz, ed ancora nel 2024 con le previsioni di un’azione israeliana, fino agli allarmi di quest’anno sull’irreversibilità della crisi. 

Ogni articolo era un tassello di un mosaico prevedibile, ah… se soltanto si fosse voluto vedere…

Teheran ha giocato col fuoco, convinta che le sue ambizioni nucleari potessero crescere indisturbate.

Ma esiste una verità strategica che i miei lettori conoscono bene: Israele agisce sempre quando percepisce il punto di non ritorno. Non è vendetta, è sopravvivenza! 

E chi, come me, ha studiato senza pregiudizi gli equilibri di quella regione, sapeva che la risposta sarebbe arrivata proprio così: chirurgica, letale, prima che fosse troppo tardi.

Ora il regime iraniano grida alla “violazione del diritto internazionale“, ma tace sugli anni in cui ha violato ogni accordo sul nucleare. Minaccia ritorsioni, dimenticando che la partita vera si gioca da tempo, e che le mosse decisive sono quelle che nessuno annuncia ai giornali.

Per quanto il mio parere possa contare, nel mio blog avevo avvertito delle conseguenze: il silenzio mediatico su certi sviluppi non significava assenza di pericolo, ma l’avvicinarsi della tempesta. 

Oggi quella tempesta si è scatenata. E mentre il mondo si sveglia di soprassalto, chi ha seguito queste pagine sa che non siamo di fronte a un’improvvisa escalation, ma al compiersi di una logica che troppo a lungo è stata sottovalutata.

Il nucleare iraniano non era un’ipotesi astratta, e Israele non era disposto ad attendere la prova definitiva, ma non solo quest’ultima, anche gli stessi paesi arabi confinanti, hanno fortemente paura di ciò che potrebbe accadere loro nel caso in cui l’Iran si dotasse di un ordigno nucleare!!!

Lo scrissi allora, lo ribadisco oggi: quando la diplomazia fallisce e le minacce si materializzano, restano solo le parole profetiche… e i missili.

A conferma di quanto riportato sopra, vi riporto alcuni dei miei link, nei quali affrontavo il grave problema e prevedevo, ahimè, le sue attuali conseguenze: 

https://nicola-costanzo.blogspot.com/2019/06/usa-iran-speriamo-bene.html

https://nicola-costanzo.blogspot.com/2010/10/attacco-alliran.html

https://nicola-costanzo.blogspot.com/2025/04/tensioni-iran-usa-israele-e-il-rischio.html

https://nicola-costanzo.blogspot.com/2024/10/nessuno-ne-parla-ma-esiste-un.html

https://nicola-costanzo.blogspot.com/2024/10/come-previsto-israele-attacca-liran.html

https://nicola-costanzo.blogspot.com/2025/03/escalation-iran-israele-e-scenari-futuri.html

https://nicola-costanzo.blogspot.com/2019/01/prove-tecniche-per-linizio-di-un-nuovo.html

https://nicola-costanzo.blogspot.com/2019/07/la-partita-giocata-sullo-stretto-di.html

https://nicola-costanzo.blogspot.com/2019/06/liran-abbatte-un-drone-usa-e-raccoglie.html

https://nicola-costanzo.blogspot.com/2024/11/israele-prepara-unazione-contro-liran.html

https://nicola-costanzo.blogspot.com/2024/08/ali-kamenei-fossi-al-suo-posto-ci.html

https://nicola-costanzo.blogspot.com/2020/01/usa-e-iran-si-sta-preparando-uno.html

https://nicola-costanzo.blogspot.com/2018/11/una-coincidenza-le-profezia-della.html

https://nicola-costanzo.blogspot.com/2025/01/manipolazioni-dialogo-e-speranze-di.html

https://nicola-costanzo.blogspot.com/2024/12/blog-post.html

https://nicola-costanzo.blogspot.com/2024/05/manifestazioni-contro-israele.html

L’attacco all’Iran? Lo avevo scritto!

Le mie parole di ieri si sono trasformate in fatti oggi, e il silenzio che avvolgeva quelle ombre nucleari è stato squarciato dal boato degli attacchi.

L’Operazione “Rising Lion” non è solo una rappresaglia, è la risposta a quel furto di documenti segreti che avevo messo in luce quando ancora i telegiornali tacevano, quando le testate news sembravano non accorgersi del pericolo imminente.

L’Iran gridava vittoria per il suo “colpo da maestro” nell’intelligence, ma oggi paga il prezzo di aver scatenato una tempesta che non poteva controllare. 

Quei documenti rubati, quei segreti nucleari sussurrati, hanno accelerato una reazione che era già scritta nel destino di una regione sull’orlo del baratro. Israele ha colpito non solo siti strategici, ma il cuore stesso del programma militare iraniano, eliminando scienziati e comandanti che ne guidavano l’ascesa atomica.

Teheran ora urla alla vendetta, chiama “codardo” l’attacco, parla di martiri e di crimine, ma dimentica che il primo passo verso l’abisso l’ha compiuto proprio lei. Quel furto celebrato come un trionfo si è rivelato l’inizio della fine, la scintilla che ha acceso una reazione a catena. E mentre il regime minaccia una punizione “severa ed esemplare”, il mondo trattiene il fiato, perché sa che ogni minaccia in questa partita può trasformarsi in un punto di non ritorno.

Avevo scritto che il nucleare non è una carta da giocare, ma l’ultimo atto, e oggi quell’atto si avvicina. Gli scienziati uccisi, i comandanti eliminati, i siti distrutti: tutto questo non è che l’ennesimo capitolo di una guerra che non conosce fronti, ma solo ombre e silenzi rotti dalla violenza. Eppure, mentre l’Iran promette vendetta, Israele dimostra ancora una volta di agire dove gli altri si limitano a parlare, di colpire prima che sia troppo tardi.

Il Medio Oriente è sempre più un vaso di Pandora, e quella chiave – i documenti rubati – l’ha spalancato. Ora il vento porta con sé non più sussurri, ma urla di condanna e promesse di sangue. E mentre i media si svegliano solo ora, cercando di raccontare ciò che è già accaduto, resta la consapevolezza che alcune verità vengono anticipate da chi osserva senza filtri, da chi legge tra le righe del silenzio.

Perché in questa partita, ogni mossa ha conseguenze irreversibili. E se ieri era il furto a minacciare l’equilibrio, oggi è la rappresaglia a farlo vacillare. Domani potrebbe essere troppo tardi per parlare di equilibrio.

Già… come riportavo ieri e come tra l’altro descritto nel quadro sopra riportato, domani… potrebbe restare solo la cenere.

IRAN – Ombre nucleari: il silenzio che precede la cenere…

Le parole scorrono come fumo denso, avvolgendo una verità che nessuno vuole ammettere ma che tutti temono…

L’emittente statale iraniana “IRIB” ha riferito – citando fonti informate – che i servizi segreti iraniani hanno condotto quello che definiscono “il più grande attacco di intelligence della storia” contro Israele, ottenendo enormi quantità di documenti e informazioni altamente sensibili.

L’Iran rivendica un colpo da maestro, un’operazione senza precedenti, capace di penetrare nel cuore segreto di Israele. Migliaia di documenti strappati via, custoditi in luoghi proteti, e tra quei fogli, si sussurra, vi sono segreti nucleari, progetti che potrebbero cambiare per sempre gli equilibri di una regione già sull’orlo del baratro.

Il silenzio di Israele è più eloquente di qualsiasi smentita. Si sa di due arresti, due giovani accusati di tradimento, forse pedine inconsapevoli in una partita più grande di loro. Ma il vero gioco si svolge altrove, nelle stanze dove si decidono i destini, tra mappe segnate da obiettivi strategici e parole che si trasformano in missili. Nessuno conferma, nessuno nega, perché in questa guerra d’ombra ogni verità è un’arma e ogni silenzio una minaccia.

Il Medio Oriente, ahimè, è un vaso di Pandora, e la chiave per aprirlo potrebbe essere proprio quella conoscenza rubata. D’altronde cosa accade quando i segreti nucleari smettono di essere segreti? Quando le paure si materializzano in progetti concreti, in rivalità che non conoscono più confini?

L’Iran avanza, Israele si ritrae, ma è solo l’illusione di un equilibrio precario. Basta una scintilla, un documento letto nel modo sbagliato, un sospetto in più, e la corsa all’arma definitiva diventerà inevitabile.

Quei documenti rubati potrebbero racchiudere informazioni capaci di mutare il corso degli eventi, forse persino la possibilità di costruire ciò che non dovrebbe mai esistere. Non è facile capire fino a che punto si possa giocare col fuoco senza bruciarsi, specialmente quando il fuoco ha il volto freddo dell’atomica.

Ogni volta che si parla di nucleare, ogni volta che un Paese fissa quell’orizzonte, si allunga l’ombra di qualcosa di irrimediabile. Il Medio Oriente è già un crocevia di tensioni, di interessi incrociati, di ferite mai rimarginate e aggiungere ora la minaccia atomica è come versare benzina su un falò che non si è mai davvero spento!

Quando un laboratorio segreto diventa un progetto accessibile, quando le ambizioni si traducono in calcoli precisi e materiali sensibili, il confine tra guerra e distruzione totale si assottiglia, fino a sparire. 

Ed allora non ci saranno più frontiere da difendere, né bandiere da innalzare, ma solo paesaggi cancellati, città ridotte a memoria, già come l’immagine di quel quadro riportato sopra!

Non è l’attacco che dobbiamo temere, non sempre. Talvolta è la reazione a far precipitare tutto. Un errore di valutazione, un gesto mal interpretato, un documento letto con gli occhi sbagliati. Basta poco per mettere in moto l’ingranaggio, e molto per fermarlo, ammesso che sia possibile.

L’equilibrio esiste solo finché nessuno osa romperlo. Ma ogni equilibrio è fragile, specie quando poggia su una paura reciproca che tiene a bada le intenzioni. E se quella paura svanisce, se uno dei contendenti crede di poter agire senza conseguenze, allora sarà la fine di ogni logica strategica, e l’inizio di un incubo senza ritorno.

Perché il nucleare non è una carta da giocare, non è una moneta di scambio, è l’ultimo atto, il punto oltre il quale non c’è più niente. Chiunque lo usi, chiunque lo minacci, firma la sentenza non solo per il nemico, ma anche per sé stesso, per chi sta vicino, per chi non c’entra nulla.

Il nucleare non è uno strumento di guerra, è la fine di ogni guerra, perché dopo di esso non ci saranno più vincitori né vinti. Solo cenere…

Tensioni Iran-USA (Israele) e il rischio nucleare.

Cosa sta succedendo davvero in Iran? E perché il Medio Oriente sembra sempre sull’orlo di una crisi globale? 

Negli ultimi giorni la Guida Suprema iraniana Ali Khamenei ha messo l’esercito in massima allerta dopo le minacce lanciate da Trump. 

Teheran avverte che un attacco avrà conseguenze gravissime, ma allo stesso tempo apre a mediazioni come quella proposta dall’Oman per evitare lo scontro diretto.

Tuttavia le accuse reciproche tra Iran Arabia Saudita e Stati Uniti continuano ad alimentare tensioni nella regione.

Il vertice d’emergenza alla Mecca convocato da Re Salman ha visto l’Arabia Saudita accusare l’Iran di destabilizzare il Golfo dagli attacchi alle petroliere alle ingerenze nello Yemen. L’Iran ribatte che si tratta di accuse infondate, parte di una campagna orchestrata dagli Stati Uniti e da Israele per isolare Teheran.

Intanto l’ONU conferma che l’Iran rispetta i limiti nucleari imposti dall’accordo del 2015 ma le scorte di uranio crescono e il dubbio sulla bomba atomica iraniana torna a pesare sulle menti di tutti.

La Francia con Macron in prima linea prova a salvare l’accordo nucleare del 2015 e a frenare l’escalation ma Trump ha già chiarito che nessuno deve parlare per gli Stati Uniti. Parigi si ritrova in una posizione difficile alleata agli americani ma critica sulle sanzioni che colpiscono l’Iran.

L’Iran dal canto suo dichiara che non parlerà finché le sanzioni non saranno revocate. La situazione è un groviglio di interessi contrapposti dove ogni mossa sembra portare verso un punto di non ritorno.

Se l’Iran dovesse entrare in possesso di un’arma nucleare cambierebbe radicalmente gli equilibri di potere nella regione. Israele e Arabia Saudita non accetterebbero mai una simile prospettiva perché significherebbe perdere il monopolio della forza nel Golfo. 

Gli Stati Uniti con le loro basi in Qatar e le portaerei nello Stretto di Hormuz vogliono impedire a Teheran di controllare il flusso di petrolio globale mentre l’Europa teme una nuova guerra ma è divisa e impotente senza l’appoggio degli USA. In questo scenario il nucleare non è solo una questione tecnologica ma un simbolo di supremazia geopolitica.

Le politiche espansionistiche e di controllo degli Stati Uniti e di Israele hanno modellato il Medio Oriente negli ultimi decenni. Gli interessi economici legati al petrolio le alleanze strategiche e la volontà di contenere l’influenza iraniana hanno spesso portato a interventi militari o a pressioni diplomatiche. 

Ma fino a che punto queste politiche hanno contribuito alla stabilità della regione? Oppure hanno semplicemente alimentato un ciclo infinito di violenza e tensioni?

Trump gioca la carta della “massima pressione” ma l’Iran non cede… 

Riuscirà l’Europa a trovare una via d’uscita o il Golfo è destinato a esplodere trascinando il mondo in un conflitto con conseguenze imprevedibili? È davvero possibile una soluzione diplomatica o siamo condannati a un nuovo ciclo di violenza? 

Forse la risposta sta nel comprendere che la pace non può essere imposta dall’esterno ma deve nascere da un dialogo sincero tra le parti coinvolte. Tuttavia finché gli interessi nazionali continueranno a prevalere sul bene comune sarà difficile immaginare un futuro diverso per questa regione così tormentata.

Escalation Iran-Israele e scenari futuri.

La dichiarazione del comandante della forza aerospaziale delle Guardie Rivoluzionarie iraniane, Amirali Hajizadeh, riguardo a un possibile terzo round dell’operazione “True Promise” contro Israele, non è solo una minaccia verbale, ma riflette una situazione già estremamente tesa tra i due Paesi.
L’Iran ha già lanciato due attacchi missilistici contro Israele, e Israele ha risposto colpendo obiettivi iraniani, tra cui sistemi di difesa aerea e siti militari.
Questa dinamica di attacco e contro-attacco rischia di trasformarsi in un ciclo pericoloso, con conseguenze imprevedibili per l’intera regione del Medio Oriente.
Viene quindi da chiedersi: cosa sta accadendo e quale strategia militare è in atto?

L’Iran sta utilizzando una combinazione di missili balistici e droni per colpire obiettivi israeliani, dimostrando una crescente capacità tecnologica e militare. L’obiettivo dichiarato è quello di rispondere a presunti attacchi israeliani contro obiettivi iraniani in Siria e altrove, nonché di inviare un messaggio di forza ai suoi rivali regionali.

Israele, da parte sua, ha dimostrato di essere in grado di rispondere rapidamente e con precisione, utilizzando tecnologie avanzate per neutralizzare le minacce iraniane. Tuttavia, la difesa israeliana non è infallibile, e ogni attacco rappresenta un rischio significativo per la popolazione civile.

Non va inoltre dimenticato il ruolo degli alleati: Stati Uniti, Gran Bretagna, Francia e altri Paesi hanno sostenuto Israele, fornendo assistenza militare e diplomatica. D’altra parte, l’Iran può contare sul sostegno di gruppi come Hezbollah in Libano e altre milizie filo-iraniane nella regione, che potrebbero essere coinvolte in eventuali escalation.

Ora, se l’Iran dovesse lanciare un terzo round dell’operazione “True Promise“, gli scenari potrebbero essere i seguenti:

Innanzitutto, un nuovo attacco iraniano potrebbe scatenare una risposta israeliana ancora più decisa, con possibili attacchi mirati a obiettivi strategici all’interno dell’Iran, come centrali nucleari o infrastrutture militari chiave. Un’azione di questa portata potrebbe innescare un conflitto aperto tra i due Paesi, con conseguenze potenzialmente catastrofiche per entrambe le parti, sia in termini umanitari che geopolitici.

Ma non solo, ci sarebbe un coinvolgimento regionale che potrebbe coinvolgere altri attori regionali. Hezbollah in Libano, i gruppi filo-iraniani in Iraq e Siria, e persino altri Paesi arabi potrebbero essere trascinati nel conflitto, trasformando una crisi bilaterale in una guerra regionale.

Va ricordato inoltre che altre potenze globali, come Russia e Cina, potrebbero essere costretti a intervenire, sia direttamente che indirettamente, anche per sfruttare la situazione e rafforzare la loro influenza nell’area.

Ed ancora, il conflitto avrebbe un grave impatto economico: Un conflitto aperto tra Iran e Israele avrebbe di fatto gravi ripercussioni economiche, con un aumento dei prezzi del petrolio e la destabilizzazione dei mercati globali. 

Ecco perché la situazione tra Iran e Israele è una delle più pericolose al mondo, con il potenziale di trasformarsi rapidamente in un conflitto su larga scala. La minaccia di un terzo round dell’operazione “True Promise” è un segnale preoccupante che la tensione sta raggiungendo livelli critici. Tutto dipenderà dalle scelte dei leader politici e militari di entrambi i Paesi, ma anche dalla capacità della comunità internazionale di prevenire un’escalation incontrollata.

Per questo è fondamentale restare vigili e auspicare che la diplomazia prevalga sulla violenza.

Trump e il suo piano per la "Striscia di Gaza": Controllo, acquisto e nessun ritorno, sia per i Palestinesi che per gli ostaggi Israeliani?

Donald Trump vuole acquistare e controllare Gaza?

Il Presidente è tornato al centro dell’attenzione con dichiarazioni che lasciano poco spazio all’interpretazione: nel suo piano per Gaza non è previsto alcun diritto al ritorno per i palestinesi nelle loro abitazioni, ormai rase al suolo…

Ed allora il giornalista di Fox New, Bret Baier, durante un’intervista ha voluto chiedere al presidente: nel suo piano per Gaza, si ha come l’impressione che per i palestinesi non vi sia alcun diritto di ritornare nelle proprie abitazioni, peraltro totalmente distrutte, è corretto?

Non ne avrebbero… ma solo perché, grazie a me, avranno alloggi molto migliori”!!!

“Presidente – ha incalzato il giornalista – può spiegare meglio il concetto? Trump: semplice, costruire un posto permanente per loro, prospettando un piano che preveda una nuova sistemazione per i palestinesi, senza concedere però loro il ritorno nei territori originari”.

Questa visione si inserisce in un progetto più ampio che, secondo le sue dichiarazioni, mira all’acquisto e al controllo di Gaza, ponendo le basi per una gestione alternativa della Striscia, con la possibilità di cedere alcune aree ad altri Paesi del Medio Oriente per favorire la ricostruzione e il reinsediamento dei palestinesi.

Come prevedibile, le reazioni non si sono fatte attendere…

L’alto dirigente di Hamas, Khalil al-Hayya ha dichiarato che i progetti degli Stati Uniti e soprattutto del presidente americano Donald Trump, riguardo la Striscia di Gaza, sono “spacciati”: “Li faremo crollare come abbiamo fatto crollare i progetti prima di loro”, ha affermato durante una commemorazione del 46° anniversario della rivoluzione iraniana a Teheran.

Nel frattempo Hamas sospende il rilascio degli ostagg e le famiglie degli ostaggi israeliani prigionieri stamani stanno bloccando l’autostrada che da Tel Aviv porta a Gerusalemme per chiedere al primo ministro, Benjamin Netanyahu, di non mettere a repentaglio l’accordo per la loro liberazione: “Abbandonare gli ostaggi è un crimine di guerra”; le famiglie inoltre degli ostaggi hanno domandato al primo ministro Israeliano, di spedire a Doha una squadra di negoziatori che “abbia il pieno mandato di trattare la seconda fase, che portera’ alla liberazione di tutti gli ostaggi in un’unica soluzione“. 

Certo, le parole di Trump stanno suscitando forte scalpore ed acceso il dibattito sulla questione palestinese, lasciando aperte molte domande: si tratta di una reale strategia politica o di una semplice provocazione? E quali potrebbero essere le conseguenze di un piano simile per la regione mediorientale?

La situazione resta quindi incerta, ma una cosa è chiara: Gaza continua a essere terreno di scontro non solo sul campo, ma anche nei giochi di potere della politica internazionale, dove interessi strategici e visioni contrastanti si intrecciano senza condurre ahimè ad una soluzione definitiva!

Il conflitto in Medio Oriente: tutto si riduce a uno scambio di prigionieri?

Osservando quanto sta accadendo in questi giorni – dopo l’accordo di cessate il fuoco tra Israele e Hamas del 19 gennaio – ho ripensato ai quindici mesi di conflitto in quel territorio. 

Migliaia di civili uccisi, tra cui donne e bambini, la Striscia di Gaza ridotta a un cumulo di macerie, una devastazione totale. 

Mi chiedo: a cosa è servito tutto questo? Qual era, fin dall’inizio, il vero obiettivo di Hamas? Liberare i propri ostaggi (e forse alcuni familiari), sacrificando la popolazione civile?

Questa mattina Hamas ha rilasciato altri due ostaggi israeliani, con il previsto rilascio di un terzo nelle prossime ore: un cittadino con doppia cittadinanza, israeliana e statunitense. In cambio, Israele dovrebbe liberare 183 prigionieri palestinesi. Secondo Hamas, tra questi 18 stanno scontando l’ergastolo mentre 54 hanno condanne a lungo termine; i restanti sono abitanti di Gaza arrestati dopo l’attacco del 7 ottobre 2023.

I tre ostaggi liberati oggi – Bibas, Kalderon e Siegel – sono civili imparentati con altre persone sequestrate in quel tragico giorno. La moglie di Siegel e i figli di Kalderon erano stati liberati durante la breve tregua di novembre 2023. La vicenda della famiglia Bibas, invece, è ancora più drammatica: Yarden Bibas è il padre di Kfir e Ariel, due bambini di nove mesi e quattro anni al momento del rapimento, e marito di Shiri Bibas.

Hamas sostiene che i tre siano stati uccisi in un bombardamento israeliano nel 2023, ma Israele non ha conferme in merito. Secondo i termini dell’accordo, se fossero stati vivi sarebbero dovuti essere rilasciati prima degli uomini, cosa che non è avvenuta. La restituzione dei corpi degli ostaggi morti in prigionia è prevista nelle fasi successive del cessate il fuoco.

Questa volta il rilascio è stato meno caotico rispetto ai precedenti, quando gli ostaggi venivano liberati in mezzo a folle di palestinesi accorsi ad assistere alla scena, creando calche che rallentavano il trasferimento.

Ancora una volta sorge una domanda: la vera battaglia non dovrebbe essere per risolvere i problemi della società civile? Per trovare un modo pacifico di convivere con Israele, per costruire uno Stato Palestinese riconosciuto a livello internazionale? Per adottare processi che portino a una società più democratica e meno armata?

No, nulla di tutto questo. Il bilancio è solo quello di oltre 45.000 vittime civili, trasformate in scudi umani e carne da macello per gli interessi di un gruppo militare che si fa portavoce della liberazione di un popolo, ma che in realtà persegue solo il potere e la liberazione di alcuni suoi affiliati.

Quindici mesi di conflitto che hanno infiammato tutto il Medio Oriente: dal pogrom all’invasione di Gaza, dagli attacchi dei ribelli yemeniti alla crisi in Siria. Ma per cosa, esattamente?

Già…il dramma di Gaza: vite sacrificate per uno scambio di prigionieri…

La fine di un’era: il destino del governo iraniano è forse segnato?

Gli eventi recenti in Medio Oriente, dalla Siria al Libano, passando per Gaza, mostrano una realtà sempre più complessa e instabile.

Anche in Iran, la tensione è palpabile: il movimento “Donna, Vita, Libertà“, nato dopo la tragica morte di Mahsa Amini nel 2022, continua a risuonare nei cuori di milioni di persone.

Un grido di giustizia, un appello per la libertà, una richiesta di cambiamento che il regime non può più ignorare. Un suggerimento chiaro per i suoi governanti: agire ora, per evitare la stessa fine dell’ex presidente Assad.

La Guida Suprema Ali Khamenei, nel suo ultimo discorso, ha esortato le donne a resistere a quella che definisce una “guerra morbida” orchestrata dai nemici dell’Iran. Tuttavia, il rinvio della controversa legge sull’hijab e la castità mostra che la pressione, sia interna sia internazionale, sta raggiungendo un punto critico.

Questo rinvio appare come una concessione strategica, ma rivela la crescente fragilità di un sistema incapace di rispondere alle richieste del suo popolo.

L’ipocrisia del regime è evidente: da un lato reprime con violenza ogni forma di dissenso, dall’altro accusa il movimento femminile di essere una marionetta nelle mani di potenze straniere. Ma queste accuse non possono oscurare la realtà: le donne iraniane, con il loro coraggio, stanno sfidando un’intera struttura di potere.

Non possiamo dimenticare le similitudini con altri regimi repressivi caduti sotto il peso della volontà popolare. 

Continuare a lodare la resistenza armata di gruppi come Hezbollah, Hamas e Huthi serve ormai a poco!!!

Il vero fronte da affrontare è quello interno: un popolo esasperato dalla corruzione, dalla repressione e dalla mancanza di libertà.

Il tempo del cambiamento sembra essere arrivato. È possibile che il regime iraniano si trovi presto di fronte al suo momento decisivo, forse attraverso una guerra civile o un’ondata di proteste su scala nazionale.

Tuttavia, a differenza delle democrazie instabili emerse da altre rivoluzioni, il popolo iraniano appare pronto a costruire un futuro diverso, fondato su libertà, uguaglianza e soprattutto sul rispetto dei diritti umani.

Il governo in carica sta facendo di tutto per posticipare l’inevitabile. Ma la storia ci insegna che, quando la voce della libertà si alza, nessun regime può spegnerla più.