L’ultimo filone d’inchiesta sulle frodi nelle pubbliche forniture ha portato al sequestro di ben 64 milioni di euro a una compagnia marittima. Mentre gli interrogatori davanti al GIP sono in corso, il pubblico ministero ha già richiesto gli arresti domiciliari per alcuni degli indagati.
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Che schifo!!! Per corruzione, lʼItalia è penultima in Europa!!! Ma tanto non cambia nulla…
Sì un vero schifo… ma tanto parlarne serve a poco o nulla, perché ormai tutti sanno come il sistema predilige quella forma di metodologia applicata in tutti i settori e/o ambienti…
Già… potremmo dire che si fa di tutto per attuarla, anche dove forse non sarebbe necessaria o utile, ma ormai va così e si procede con quell’andazzo…
Ho letto che siamo in lieve miglioramento rispetto al mondo, già siamo saliti di posizione, sì… sessantunesimi, ma ancora penultimi in Europa, peggio di noi ha fatto solo la Bulgaria!!!
D’altornde non vi è bisogno di leggere i numeri riportati da Transparency International per comprendere quell’indice di percezione alla corruzione, lo avvertiamo da noi quanto sia fortemente presente e direi soffocante, in particolare nella maggior parte di quei settore pubblico e soprattutto politico/amministrativo…
Un fallimento anche e soprattutto per tutte quelle strutture definite di “anticorruzione“, incapaci su tutto di mettere un freno a questo illegale comportamento, compiuto tra l’altro costantemente, proprio da quegli uomini e donne, posti all’interno di quegli uffici istituzionali, tra cui anche il loro…
La verita è che servono a poco le norme poste in campo, vedasi quella ad esempio quell’ultima cazz… sul “whistleblowing”!!!
Già, l’hanno chiamata in inglese affinchè ciascuno pensi che sia qualcosa di straniero, che non ci appartiene, ma d’altronde avete mai visto un dipendente pubblico che segnala illeciti di interesse generale (sì… perchè quelli di interesse personale non sono tenuti in considerazione, chissà forse perché chi più chi meno, di quel sistema illegale nel corso del tempo ne ha fatto uso???), di cui sia venuto a conoscenza in ragione del rapporto di lavoro…
Ma avete mai visto qualcuno che denunci un collega all’interno del proprio posto di lavoro??? Vorrei proprio conoscere il numero di denunce che sono state presentate in questi anni: sicuramente nessuna!!!
Un vero e proprio fallimento di quel sistema di controllo che non va da nessuna parte, perché d’altronde a nessuno interessa fare legalità, ciascuno punta ai propri interessi e peraltro, essendosi già macchiato personalmente di fatti illeciti, risulta di suo coproromesso e quindi ricattabile, ed allora gli conviene starsi zitto!!!
Non esiste alcuna amministrazione trasparente nel nostro Paese e tutte quelle azioni che vengno di volta e volta riproposte a soluzione del problema, servono esclusivamente per fare confusione e mai per raggiungere le finalità, per cui vengono promosse!!!
Il nostro si sa… è un Paese Corrotto, d’altronde basti vedere chi ci governa e credetemi, non vi è in atto alcuna battaglia per il ragiungimento di un livello quantomeno positivo di legalità e trasparenza, perché chi dovrebbe realizzare ciò, è proprio il primo che partecipa direttamente nell’eseguire costantemente quelle forme abiette ed allora ditemi – perchè il sottoscritto non ci riesce – come si può sperare di cambiare un sistema che di fatto solidalizza con quel malcostume???
Già, come si può…???
Cacopardo: “Per combattere l’illegalità non sono necessari gli eroi, ma gente perbene che fa il proprio dovere”
Da operatore del diritto e da uomo di cultura quali sono le sfaccettature diverse con le quali giudica il disinteresse degli intellettuali sui temi della legalità e sul malcostume?
Riecheggia antichi pregiudizi legati all’esperienza del socialismo reale posto in essere nei regimi sovietici. Lo stesso Gramsci –che pure aveva un’idea teleologica del lavoro intellettuale- non è mai arrivato a subordinare il proprio giudizio alla funzionalità etico-sociale della scrittura letteraria, storica, musicale, figurativa.
Tanto è vero che negli anni ’80 si afferma il realismo trascendentale della Nuova Avanguardia (Chia, De Maria, Clemente e altri) a scapito del realismo più o meno socialista di cui è stato espressione italiana Renato Guttuso.
Si afferma Leonardo Sciascia a scapito di tutti gli untorelli legati a una visione strettamente politica della narrazione.
Legalità e malcostume sono concetti, rispettivamente, politico-sociale e morale, che esulano dalle esigenze e dai presupposti della narrazione e non sono idonei a esprimere un giudizio artistico sull’opera dell’intellettuale.
Anzi è vero il contrario: nell’immenso numero di libri che si pubblicano in Italia, il “mood” è proprio quello di indicare al lettore tutti gli strappi veri, presunti e immaginari che si producono nei confronti della legalità e del malcostume dichiarati.
Già, perché praticarli concretamente (i valori della legalità) è affare ben diverso da quello di proclamarli, facendo della proclamazione l’elemento caratterizzante di una poetica narrativa.
Tornando a Sciascia, i suoi libri raccontano una realtà, quella che lui conosceva e percepiva, lasciando il giudizio ai lettori, mai anticipandolo in più o meno retorici proclami».
A distanza di oltre 20 anni da Tangentopoli, è realmente cambiato qualcosa sul fronte della corruzione nella Pubblica amministrazione?
Il problema della corruzione non può essere risolto con la legge penale, con magistrati severi, con indagini a tappeto.
Poiché il reato di corruzione è reato tipico dei pubblici funzionari e dei pubblici amministratori, lo strumento per prevenirlo e impedirlo è costituito dal diritto amministrativo.
Cioè da norme che azzerino o quasi la discrezionalità di funzionari e pubblici amministratori costringendoli alla trasparenza e a procedure non truccabili.
Il resto è saponata come dicevano i barbieri di un tempo.
E occorre anche informarsi: non una delle fonti continuamente citate sulle dimensioni della corruzione italiana ha basi scientifiche.
Il medesimo osservatorio internazionale viene redatto sulla base del numero di articoli di giornale che si occupano di corruzione.
L’unica fonte che ha solide basi tecnico-scientifiche, l’osservatorio europeo ci pone, dal punto di vista della corruzione, nella media europea».
E sono la famiglia e la scuola a doversi fare carico di portare il tema della legalità tra i valori basilari della società italiana.
La questione fondamentale è far comprendere come tra legalità e illegalità non sia possibile alcun compromesso, mentre nella vita quotidiana degli italiani (e dei siciliani) il compromesso è diffuso, è endemico.
Qualsiasi transazione sui due termini dell’antinomia è diseducativa e costituisce quell’esempio vizioso, intorno al quale attecchiscono e si sviluppano i semi della corruzione morale del Paese.
Forse un grande choc, più grande di Tangentopoli può creare le condizioni perché questo elementare e fondamentale assunto, presupposto di una civile convivenza, divenga di comune condivisione.
Nemmeno magistrati e giudici hanno il compito di educare.
Magistrati e giudici hanno un solo compito che è di altissimo valore sociale: applicare la legge secondo scienza e coscienza.
Il Paese non ha bisogno di eroi: ha bisogno di persone che quotidianamente compiano il loro dovere, quello stabilito, appunto, dalla legge.
Carlo Alberto Dalla Chiesa che mi è stato vicino in periodi rischiosi della mia attività, sosteneva che la migliore risposta da dare a chi intendeva sovvertire l’ordine costituzionale era di continuare a operare in modo serio e continuativo nell’ambito dei propri doveri d’ufficio.
Con questo sistema furono sconfitte le Brigate rosse e simili organizzazioni.
Rimane tanto lavoro da fare: nei confronti della mafia, della ‘ndrangheta, della camorra, della sacra corona unita, della criminalità internazionale insediatasi nel nostro Paese.
Condivido però l’opinione di Lupo-Fiandaca: la mafia non ha vinto né vincerà.
Non l’ho inserita né la inserirò, perché la considero (la damnatio in cui sono specializzati gli specialisti di parole, non di fatti), una manovra evasiva: se è della politica la colpa di tutto, noi siamo innocenti, forse eroi.
Ma la politica non è categoria isolabile dalla società.
La cattiva coscienza sociale produce una cattiva politica e viceversa, in una continua interazione, della quale il dominus è, comunque, il comune sentire.
Non è questa la strada.
Giovanni Falcone è l’unico magistrato ad avere condotto in porto un processo, il maxi, nei confronti di 460 imputati di mafia. Il suo metodo, sempre rigorosamente induttivo, mai deduttivo, è stato premiato. Altri procedimenti così efficaci e così risolutori non si sono visti.
Per questo motivo e perché –combattuto da tanti che oggi si dichiarano suoi amici- era il più autorevole candidato a diventare Procuratore nazionale antimafia, il crimine l’ha ucciso a Cinisi. Non per altro.
E per lo stesso motivo è stato assassinato Paolo Borsellino, l’unico che avrebbe potuto raccogliere il suo testimone.
Il metodo, infatti, usato da entrambi a Palermo, a livello nazionale avrebbe prodotto il cambio di marcia di cui ancora oggi abbiamo necessità.
E questo la mafia non poteva subirlo. Il resto, come ho scritto, prima, è saponata».







