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Trump vs Musk: una rottura che nessuno aveva previsto, ma tutti auspicavano!

Trump non ha mai nascosto di saper fiutare i rapporti d’interesse meglio di chiunque altro e ora sembra aver deciso di voltare pagina, o quantomeno di rinegoziare gli accordi. 

La sua recente mossa di voler revisionare i contratti governativi con Elon Musk segna un passaggio significativo, una sorta di distacco ufficiale da quel sodalizio che fino a poco tempo fa appariva solido come un patto di sangue. 

Eppure, era chiaro a tutti che si trattava di un accordo strategico più che di una sincera alleanza. 

Già… quando ti serve qualcuno per vincere, lo abbracci forte, mentre quando non ti serve più, lo guardi con distacco, quasi con fastidio. 

Ed è proprio questo il punto: certi legami nascono già con la data di scadenza incorporata!

Quando faceva comodo mostrare unità, visione comune, spirito innovativo, Musk e Trump hanno camminato insieme, a braccetto, davanti alle telecamere del mondo intero, ora però il vento è cambiato e Trump non esita a definire Musk “pazzo”, “drogato”, “instabile”.

Parole pesanti, certo, ma anche molto funzionali, pronunciate probabilmente per allontanare l’immagine del magnate da quella del presidente, soprattutto in vista di nuove alleanze e di un panorama politico sempre più instabile. I collaboratori parlano sottovoce, il New York Times riporta, i social commentano. Ma forse, sotto quelle accuse, c’è semplicemente la fine di un affare che non rende più come prima.

Musk non ci sta e reagisce. Lo fa sostenendo apertamente l’impeachment di Trump, un gesto non casuale, anzi molto eloquente. Poi promuove un post su X in cui si indica J.D. Vance come possibile successore, quasi a dire che il vecchio alleato ormai non rappresenta più la direzione giusta. 

Non contento, lancia un sondaggio: bisogna fondare un nuovo partito? Serve una voce diversa? Cinque milioni di persone votano e l’80% risponde sì. Musk commenta con una frase che sa di profezia autoavverante: “Il popolo ha parlato, è destino”. Peccato però che lo stesso popolo, non tanto tempo fa, avesse parlato anche per Trump, eleggendolo e sostenendolo con forza. Allora chi ha ragione? Nessuno, forse. Perché quando i sentimenti si mascherano da ideali, diventa difficile distinguere il vero dal conveniente.

C’è chi cerca di ridimensionare il tutto, come Sergei Markov, che sostiene che Musk non abbia alcun peso politico reale e che Trump non sia realmente arrabbiato, quanto piuttosto infastidito da un atteggiamento che considera capriccioso, quasi infantile. Secondo questa lettura, non ci sarebbe nulla di drammatico, solo un battibecco tra adulti che giocano a fare i grandi. 

Il motivo del contendere? Soldi, naturalmente. Tesla chiedeva un’eccezione, un vantaggio speciale, e Trump ha detto no. Fine della storia, se non fosse che dietro a quel no si intravede ben altro. Non c’entra neanche la Russia, almeno non direttamente, perché qui si muove una partita minore, fatta più di ego e dividendi che di geopolitica.

Ora non resta che aspettare e vedere cosa succederà. Perché quando si rompe un rapporto come questo, non è mai solo questione di carattere o di incomprensione momentanea. È che gli obiettivi non coincidono più, i vantaggi si sono esauriti e non c’è più motivo di fingere. Senza un fine comune, non può esserci alleanza. 

E quando l’illusione cade, rimane solo la guerra. Non quella armata, forse, ma quella delle parole, delle scelte, dei colpi bassi sparati attraverso tweet, dichiarazioni, alleanze improvvisamente ribaltate. Un amore che finisce, insomma, ma non per dolore, ma solo perché non serve più.

Riflessioni e perplessità sulle parole di Papa Francesco.

Forse è tempo che il Papa consideri il ritiro, come già fatto dal suo predecessore Ratzinger, anche se per ragioni diverse, probabilmente legate a circostanze poco chiare accadute durante il suo pontificato.

Già… ho l’impressione che ogni volta che Papa Francesco venga intervistato senza l’ausilio di note preparate, tenda a lasciarsi andare a dichiarazioni che sorprendono o lasciano interdetti molti di noi.

Credo che queste sue affermazioni siano influenzate da una condizione psico-fisica in declino, comune a molti della sua età, che lo porta ad esprimere il proprio pensiero in modo eccessivamente aperto. Questo si manifesta particolarmente in commenti fortemente critici e talvolta troppo schierati.

Un aspetto cruciale è che le sue parole non rappresentano il pensiero di un comune cittadino, bensì quello della massima autorità religiosa cristiana, con una responsabilità verso oltre 2,3 miliardi di fedeli. Ogni dichiarazione dovrebbe essere ponderata con estrema attenzione, per evitare interpretazioni gravi e conseguenze irreversibili.

Un esempio significativo è rappresentato dalle sue recenti dichiarazioni durante un incontro con un accademico iraniano. Sebbene siano state in seguito chiarite come riferite alle politiche del premier israeliano Netanyahu e non agli ebrei o allo Stato di Israele in generale, le sue parole hanno suscitato ampie critiche. Questo ha portato a contestazioni per il modo in cui ha affrontato il tema del massacro a Gaza.

Se è vero che il Papa ha diritto di esprimere il suo pensiero, non può farlo in modo da coinvolgere l’intera comunità cristiana. Criticare apertamente il mondo ebraico, Israele o il premier Netanyahu per presunti comportamenti criminali legati all’alto numero di vittime civili a Gaza è una scelta inopportuna. Non è compito del Papa assumere il ruolo di giudice del diritto internazionale o dei diritti umani.

Non è la prima volta che Francesco prende posizione sulla guerra tra Israele e Hamas, iniziata dopo il terribile attentato terroristico del 7 ottobre 2023. Le sue dichiarazioni, come l’invito a valutare se quanto accade nella Striscia possa essere definito “genocidio”, hanno scatenato reazioni dure, tra cui quelle dell’ambasciata israeliana presso la Santa Sede. La posizione ufficiale del Vaticano, ribadita dal segretario di Stato cardinale Pietro Parolin, è stata di condanna dell’antisemitismo, ma il dibattito resta acceso.

Poco prima di Natale, il Papa ha sottolineato la crudeltà dei bombardamenti che colpiscono anche i bambini, definendo tali azioni non guerra ma barbarie. Tuttavia, il suo incontro con l’accademico iraniano Abolhassan Navab, presidente dell’Università delle religioni, ha fornito ulteriori spunti polemici. Navab ha elogiato Francesco per il suo coraggio nel difendere il popolo palestinese e il Papa avrebbe risposto ribadendo l’assenza di problemi con il popolo ebraico, ma criticando duramente Netanyahu per il mancato rispetto delle leggi internazionali e dei diritti umani.

Queste parole, per quanto possano riflettere un’opinione personale, sono problematiche nel contesto del ruolo che il Papa riveste. Il loro peso è amplificato dalla posizione che occupa e dalle implicazioni che ogni sua dichiarazione può avere sulla scena internazionale.

Il post continua…