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AMMINISTRATORE GIUDIZIARIO ARRESTATO

Il tema degli amministratori giudiziari è stato affrontato più volte su questo blog (e non solo), con particolare attenzione alle modalità attraverso cui alcune imprese sottoposte a sequestro o confisca sono state, di fatto, gestite senza soluzione di continuità dalle stesse organizzazioni cui erano state sottratte.

E infatti, il nuovo procuratore capo di Messina, Antonio D’Amato, si è distinto, a differenza di altri colleghi che negli anni sembravano aver “dormito” o addirittura “celato” esposti ufficialmente protocollati. 

Ricordo a chi di dovere che tali esposti dovrebbero ancora trovarsi negli archivi del Tribunale e quindi nella disponibilità dei sostituti procuratori che potrebbero ora, finalmente, riprenderli in mano…

Per cui, grazie alle investigazioni condotte attraverso intercettazioni, monitoraggi e, pare, con il contributo di un collaboratore di giustizia, si è scoperto che questa situazione era resa possibile, secondo l’accusa, dalla complicità di un amministratore giudiziario.

Come spesso ripeto, l’antimafia, in questi lunghi anni, è servita a molti, specialmente a coloro incaricati di gestire beni e imprese confiscate. 

Ricordo che parliamo di un patrimonio immenso, spesso a scapito delle imprese stesse e dei loro titolari, sottoposti a provvedimenti interdittivi.

Basti pensare al caso di un magistrato, allora presidente della sezione misure di prevenzione del Tribunale di Palermo, finito sotto processo insieme ad altri imputati. Secondo l’accusa, quel magistrato avrebbe gestito i beni confiscati alla mafia in modo clientelare, creando un vero e proprio “sistema“. Al suo fianco agivano fedelissimi, tra cui commercialisti, professori universitari, amministratori giudiziari, uomini in divisa e persino familiari. Secondo i PM nisseni, questo gruppo rappresentava il “cerchio magico” del presidente.

Ma d’altronde è sufficiente recarsi in alcuni uffici per notare come tra i collaboratori vi siano professionisti, dipendenti e altre figure legate, in qualità di familiari, parenti o amici, a referenti istituzionali. Ed è per questi motivi infatti che questi ultimi, abitualmente, affidano loro quegli incarichi di gestione e amministrazione.

Nel caso specifico, l’impresa in questione era già stata destinataria di diversi provvedimenti giudiziari di sequestro e confisca, divenuti definitivi dopo procedimenti penali e misure di prevenzione. Tuttavia, nonostante l’amministrazione giudiziaria, secondo l’inchiesta in corso, l’impresa continuava a essere gestita dagli stessi soggetti interdetti. Questo sarebbe stato reso possibile grazie alla complicità dell’amministratore giudiziario, completamente asservito.

L’attività investigativa ha permesso di ricostruire il modus operandi degli indagati, finalizzato alla creazione di illeciti guadagni grazie alla complicità dell’amministratore giudiziario. Per tali motivi, il Giudice per le Indagini Preliminari, su richiesta della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Messina – Direzione Distrettuale Antimafia, ha applicato una misura restrittiva nei confronti dell’indagato.

Mi chiedevo – discutendo con un amico – come questa vicenda mettesse ora in evidenza un ulteriore paradosso: lo Stato, a seguito dell’arresto dell’amministratore giudiziario, si ritrova ora nella necessità di nominare un nuovo referente per la gestione dei beni sequestrati. Una situazione che non solo rappresenta un evidente fallimento del sistema, ma che getta un’ombra pesante sulle istituzioni, dimostrando come i loro stessi rappresentanti possano risultare altrettanto corrotti. La fiducia dei cittadini ne risulta gravemente compromessa, poiché ciò che dovrebbe essere garanzia di legalità si trasforma spesso in ulteriore occasione di abusi e malaffare!!!

Le “spaccate” a Catania: un furto da serie TV

Questa sera vorrei approfondire un tema che sta scuotendo la nostra città: le “spaccate”!!! 
Una tecnica di furto che, per la sua complessità e precisione, ricorda alcune scene di una celebre serie TV.

L’ultimo colpo, appena compiuto, è stato pianificato nei minimi dettagli, con una scelta strategica del momento: la notte di Capodanno.

Già… mentre la città era immersa nei festeggiamenti e le forze dell’ordine erano concentrate sulla sicurezza di migliaia di turisti, attratti dall’evento in diretta su Canale 5 da Piazza Duomo, i ladri hanno colto l’occasione per agire indisturbati.

Hanno bloccato tutte le vie di accesso al centro commerciale “Centro Sicilia” utilizzando veicoli pesanti rubati: un tir, un furgoncino, un autocarro e persino un escavatore. Questi mezzi, posizionati di traverso sulle strade e successivamente incendiati, hanno reso impossibile un rapido intervento delle autorità.

Intorno alle 00:20, la banda, composta da almeno dieci elementi con il volto coperto, ha utilizzato l’escavatore per sfondare l’ingresso posteriore dell’Apple Store. In pochi minuti hanno razziato iPhone, iPad e altri dispositivi elettronici di alta gamma, caricandoli su un furgone prima di dileguarsi.

Le indagini condotte dai carabinieri del comando provinciale e dalla Sezione Investigazioni Scientifiche hanno confermato che il furto era stato organizzato con estrema cura. La scelta della notte di Capodanno non è stata casuale: il caos dei festeggiamenti, l’impiego massiccio delle forze dell’ordine in centro e il clima di distrazione generale hanno creato il contesto perfetto per agire.

Sebbene il valore della merce rubata non sia ancora ufficiale, si stima che il bottino sia di notevole entità.

Nella stessa notte, altre due spaccate hanno colpito negozi di ottica e profumeria lungo il Corso Italia. Anche in questi episodi, i malviventi hanno distrutto le vetrine, portando via merce di valore prima di sparire nel nulla.

Questi episodi evidenziano un crescente allarme sulla sicurezza a Catania. 

Come ho riportato in un precedente post: “Dopu cà a Sant’Aita a rubbaru, ci ficiru i potti di ferru”.

Non sorprende quindi che anche la direzione del “Centro Sicilia” abbia annunciato un potenziamento delle misure di sicurezza, con controlli intensificati e nuove strategie di sorveglianza.

È evidente che ci troviamo di fronte a bande altamente organizzate, capaci di pianificare e realizzare furti con modalità sempre più sofisticate. 

Come ho scritto nel titolo d’apertura, questa dinamica ricorda in modo inquietante quella della banda de “La Casa di Carta”.

Nuove intercettazioni…??? Inchieste sicure!!!

Se potessi anticipare i nomi di coloro che secondo il sottoscritto a breve finiranno sotto il mirino della nostre Procure siciliane, credo che avrei un’alta probabilità d’azzeccare quei nominativi…
Certo, vi starete chiedendo in base a quale principio affermo questa mia convinzione e posso assicurarvi che non vi è alcuna capacità soprannaturale…
Già… la verità è che queste mie considerazioni, poggiano semplicemente su alcuni fattori, tra i quali quelli di leggere quotidianamente e di osservare i nomi riportati, gli stessi che vengono poi riportati nei giorni seguenti da amici, conoscenti ma anche e soprattutto estranei, pronti come sempre a raccontare di tutto…
Sì… non potete immaginarvi quante informazioni vengono riportati da molti soggetti a noi estranei… 
Al sottoscritto ad esempio capita a volte di fare alcuni nomi, ed altri presenti a quella discussione, iniziano (non so dirvi per quale motivo, forse per risultare al sottoscritto più simpatici) a raccontarmi quanto il sottoscritto non sapeva…
Ecco descritta una delle tante modalità con cui si viene a sapere tutta una serie d’informazioni che – nemmeno se ci fossimo rivolti a rinomate società investigative – avremmo potuto conoscere… 
Perché ciascuno di noi è convinto di vivere in maniera “clandestina“, si pensiamo sempre che ciò che facciamo non sia osservato da nessuno, ed invece non è così… c’è sempre qualcuno che ci guarda, che ci ascolta… e non mi riferisco alle forze dell’ordine, sì… poste all’interno di chissà quale furgone camuffato, pronti ad ascoltare le nostre dichiarazioni, grazie a microspie piazzate al bar o in qualche  ristorante o attraverso quei loro sofisticati microfoni unidirezionali…
No… qui sono gli altri ad intercettarvi, sono per l’appunto gli estranei… pronti ad ascoltare ogni vostra parola, ciascun vostro racconto, per poi andarlo a riferire ad amici e conoscenti vari…
Ma va aggiunto che anche molti di noi (o dei nostri amici/familiari…) non facciamo caso a ciò che pubblicano nei social… ed ecco quindi che basta collegarsi attraverso contraffatti nickname ed il gioco è fatto!!!
Facebook, Twitter, Istagram, Tumblr, Google, Telegram, ed altri ancora… sono tutti metodi utilizzati per scoprire dove siete, dove eravate, chi avete frequentato per un periodo, quali interessi avete avuto e quali state ancora vivendo, se siete in loco o partiti all’estero… ed ancora, con chi siete andati…
Ed ancora, se qualche informazione dovesse mancare, semplice… basta passare al soggetto da voi involontariamente “taggato” ed entrando in quel suo profilo, chissà…sarà possibile determinare le informazioni mancanti!!!
Da quanto sopra si comprende quanto facile sia ricevere informazioni e poterle analizzare e fare come si dice: 2+2.
Ovviamente quanto sopra non ha nulla a che fare con microspie digitali, oggetti spy, dvr nascosti, sms o messaggi “whatsapp”, a cui seguono intercettazioni telefoniche, ore ed ore di chiacchiere inutili d’ascoltare,che sfiniscono anche i più esperti addetti delle forze dell’ordine…
Se pensate che ogni anno lo Stato spende circa 500 milioni di euro per intercettazioni – un dato ovviamente non ufficiale – ma che si può desumere incrociando i bilanci dello Stato con quello degli operatori telefonici, si comprende qual’è il numero degli intercettati… 
D’altronde da questa analisi si desume che non sono solo i telefoni fissi ad essere spiati, ma bensì i telefonini… sembra infatti che ci siano addirittura quasi due milioni d’individui sottoposti a “controlli“, numeri certamente smisurati se paragonati con l’Europa intera…
Come sempre la torta è interessante anche perché a spartirsi quelle fette, non sono soltanto gli operatori telefonici, ma anche molte agenzie private (specializzate nel settore), che operano su appalto delle procure e che forniscono ai pubblici ministeri un servizio completo: dall’esperto che entra nell’appartamento o nell’auto per piazzare la “cimice”, oppure al semplice noleggio delle microspie o dei registratori digitale per incidere quelle opportune conversazioni, ed infine la messa a disposizione di tecnici per ascoltare e trascrivere quelle registrazioni… 
Siamo quindi tutti spiati, chi più chi meno… 
Ma la circostanza forse più interessante è quella di poter utilizzare indirettamente questa inusuale e propria condizione, sì… per far emergere a chi di dovere, alcune informazioni esclusive… 
Perché così facendo – ad esempio parlando al telefono con qualche conoscente – si diventa (senza avere mai una conferma ufficiale) veri e propri “informatori”!!!
E sì… perché quelle notizie “casualmente” riportate al telefono, diventano – appena verificate – veri e propri “scoop” per quelle autorità, da cui seguiranno, vere e proprie indagini… forse possibilmente già in corso!!!
Ecco… forse potrà essere questa la vera ragione che mi spinge a pensare quanto all’inizio riportavo e cioè che leggendo in prosieguo di quelle nuove inchieste (o dei nomi riportati), è come se il sottoscritto sia passato da un’esperienza di “Déjà vu”, la sensazione ricevuta è come una premonizione, avendo già vissuto o quantomeno anticipato, quella successiva attività giudiziaria…