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Quando la mafia si maschera da normalità: il grido d’allarme di Nicola Gratteri.

Avevo appena finito di leggere un articolo che riportava le parole di un sindaco: «Gratteri a sto giro ci ha fregati» . Era il commento a caldo su un’inchiesta della Dda di Catanzaro, che vedeva coinvolto un ente locale nell’ambito di presunti favori ad una cosca. 

E così… mentre ancora cercavo di metabolizzare quel senso di amarezza, ho proseguito la mia lettura e mi sono imbattuto in un altro articolo – ancora una volta dedicato al procuratore Nicola Gratteri, ospite dell’associazione Terni Domani, guidata da Antonio Giannini. 

Durante l’incontro, Gratteri lascia cadere una frase che sembra pesare come un macigno: “Le mafie sono figlie del nostro tempo. Si adattano alla società, si mimetizzano, crescono dove trovano terreno fertile. E soprattutto, esistono perché ci interagiamo.”

Ecco, questa frase non è solo una constatazione, è una fotografia precisa, spietata, di ciò che siamo diventati. Perché Gratteri non parla mai a caso. Ogni sua parola è il frutto di decenni di lavoro sul campo, di indagini, di confronti diretti con un sistema criminale che non solo resiste, ma si evolve, si integra, diventa quasi invisibile. 

Lo fa insieme ad Antonio Nicaso nel libro “Una Cosa sola – Come le mafie si sono integrate al potere”, un viaggio lucido e doloroso dentro l’anima oscura della criminalità organizzata.

Ma allora chiedo: come nasce questa integrazione? Come riesce la mafia a radicarsi così profondamente nella vita quotidiana, fino a sembrare parte integrante del paesaggio?

Gratteri lo spiega con disarmante semplicità: “Arrivano, comprano un bar, un ristorante, magari un albergo. È lì che inizia tutto. Da quel punto cominciano a costruire rapporti, a offrire lavoro nero, a pagare poco, a radicarsi nel tessuto economico e sociale. E poi, piano piano, arrivano al controllo dei voti. Fanno votare chi decidono loro.”

Non si tratta più solo di violenza o paura. Oggi la mafia si espande attraverso il consenso. E quel consenso lo compra con piccoli gesti: un posto di lavoro, una promessa, un caffè offerto con troppa insistenza. Un dettaglio banale, forse, ma carico di significato: “Io conto, io sono rispettato. Tu devi tenerne conto.”

Così, il famoso “rito del caffè” diventa simbolo di una relazione malata tra mafia e società civile. Quanti ti offrono il caffè, quanti ti salutano con deferenza, quanti abbassano lo sguardo – tutti segnali di quanto potere tu abbia. E di quanto, talvolta, lo accettiamo senza battere ciglio.

Eppure, se la mafia si evolve, anche lo Stato dovrebbe adeguarsi. Ma qui arriva il punto dolente.

Gratteri non usa mezzi termini: “Oggi il punto più avanzato delle mafie è il darkweb. Con un telefonino qualsiasi puoi comprare armi, droga, persone. Puoi acquistare dati sensibili, informazioni compromettenti su politici, imprenditori, figure pubbliche. E usarle per ricattare, per ottenere vantaggi. La cocaina? Basta un click”.

Il web oscuro è diventato il supermercato globale del crimine. E davanti a questo scenario, alcune scelte politiche appaiono sempre più distanti dalla realtà. Quando sento parlare di riduzione delle intercettazioni telefoniche, di ritorno ai pedinamenti tradizionali, non posso fare a meno di chiedermi: ma di quale realtà stiamo parlando?

“Se posso comprare 2mila chili di cocaina con un clic, mi dite chi devo pedinare?” – chiede Gratteri. Una domanda retorica, certo, ma anche una critica diretta, un invito a ragionare sugli strumenti investigativi che, pur costosi, sono fondamentali per colpire la criminalità moderna.

E allora, dice lui, fermiamoci un attimo a guardare i numeri: “Le intercettazioni costano 170 milioni all’anno? E cosa sono, in confronto ai beni confiscati, alle centinaia di arresti, ai milioni di euro recuperati grazie a quelle stesse intercettazioni?

Gratteri non parla per spirito polemico, ma per senso di responsabilità. Dice: “Io lavoro 12 ore al giorno da oltre trent’anni per combattere la mafia. Se vedo qualcosa che non va, non resto zitto. Perché il silenzio è complicità”.

E allora viene spontaneo chiedersi: se lo Stato sa, se conosce le tecniche, gli strumenti, i metodi usati dalle mafie… perché non riesce a sradicarle definitivamente? Perché, specialmente in Sicilia, la mafia continua a condizionare la vita sociale, economica e politica?

Forse perché la mafia non è solo un fenomeno criminale. È un sistema che si alimenta di complicità, di omissioni, di connivenze. E quando i confini tra legale e illegale si fanno sfumati, quando i partiti smettono di rappresentare ideali per diventare mere caselle di scambio di favori, allora la mafia non ha bisogno di sparare: basta che stringa una mano, firmi un contratto, dia un posto di lavoro.

Ecco perché, purtroppo, la battaglia contro la mafia non è solo nelle mani della giustizia. È anche nelle nostre scelte quotidiane, nei silenzi che rompiamo, nelle cose che decidiamo di non accettare più come normali.

Gratteri ce lo ricorda con forza: “La mafia non è né di destra né di sinistra. Sta con chi garantisce favori”!

E finché ci saranno favoreggiatori, indifferenti e complici, essa continuerà a vivere. Nonostante le inchieste, nonostante gli arresti, nonostante i libri come “Una Cosa sola” che provano a svegliare le coscienze.

La vera sfida non è solo quella di perseguire i boss, ma di cambiare il modo in cui guardiamo al potere, al denaro, alla politica. E di capire che, ogni volta che voltiamo lo sguardo, siamo noi stessi a dare loro forza.

E se le Istituzioni conoscono bene il problema, allora non può esserci alibi possibile!

 Il fatto che, dopo tanti anni, la mafia continui a radicare il suo potere in Sicilia non è solo un fallimento operativo. È anche un fallimento culturale, morale, politico. Ed è un fallimento che ci riguarda tutti.

Perché finché non cambieremo il nostro sguardo, finché non smetteremo di tollerare quel caffè offerto con troppa insistenza, quei silenzi che diventano complicità, quelle promesse che sappiamo essere sbagliate ma accettiamo per convenienza… be’, allora non possiamo davvero dire di stare dalla parte della legalità.

Possiamo solo chiederci, onestamente: chi, tra noi, sta ancora permettendo che tutto questo continui?

Criminalità giovanile: un futuro diverso è possibile se diamo ai giovani una vera alternativa.

Basta leggere qualsiasi studio sul fenomeno della criminalità per capire come i giovani siano i più vulnerabili a scivolare nell’illegalità. 

Le statistiche parlano chiaro: la delinquenza è più diffusa tra i giovani e raggiunge il picco tra i 20 e i 25 anni, per poi diminuire gradualmente con l’età. 

Questa tendenza evidenzia come l’attività criminale inizi spesso precocemente, alimentata dall’immaturità, dall’inesperienza e dalla difficoltà nel riconoscere i pericoli, inclusi i soggetti che spingono verso il malaffare.

I giovani, in questa fase della vita, sono più inclini a comportamenti impulsivi, ribelli e meno conformisti. 

Questi fattori, insieme a una maturità sociale non ancora pienamente sviluppata, contribuiscono a renderli più esposti alle attività illecite. Ed è proprio per questo che è essenziale intervenire: sostenere i ragazzi nel loro percorso di crescita psicologica e sociale è la chiave per allontanarli dalle lusinghe della criminalità.

Osservando in questi lunghi anni il mondo lavorativo posso affermare, senza alcuna incertezza, che i giovani coinvolti in attività criminali svolgano ruoli marginali, spesso i più rischiosi e facilmente identificabili, come furti o rapine. 

Al contrario, le attività criminali più sofisticate, come quelle nel mondo economico o ai vertici delle organizzazioni mafiose, sono riservate a chi ha raggiunto una posizione consolidata con l’età. Questo scenario rende ancora più urgente offrire ai giovani opportunità alternative che possano dare loro un senso di appartenenza e realizzazione senza dover ricorrere al crimine.

Laddove la disoccupazione e l’esclusione sociale sono più forti, l’adesione a una “cosca” spesso appare come l’unica via per ottenere promozione sociale e affermazione personale.

E allora, cosa possiamo fare? Lo Stato ha il dovere di offrire ai ragazzi percorsi di formazione, lavoro e crescita che li aiutino a dire “NO” alla criminalità, anche in contesti difficili. Dare loro una vera alternativa significa sottrarli alla morsa della criminalità organizzata, offrendo un futuro migliore non solo a loro, ma anche alla nostra società.

Se vogliamo davvero contrastare la criminalità giovanile, dobbiamo smettere con le chiacchiere sterili e investire seriamente in programmi che mettano i giovani al centro, perché ogni ragazzo salvato dal crimine è un passo verso una società più giusta e sicura per tutti.

Prima si aggiudicano gli appalti e poi licenziano: esonerati oggi 1.666 unità, domani a rischio saranno 80.000!!!

Parlano tutti, in particolare aprono bocca proprio quei delegati delle associazioni sindacali, che piuttosto di trovare una possibile intesa, hanno pensato esclusivamente ai propri interessi…
Quali…??? Semplice, avere un alto numero d’associati, far pagare loro quella tessera inutile, far destinare quel proprio Tfr maturato negli anni (opportunamente reinvestito in borsa su titoli ad alta redditività, dei quali però nessuno ne conosce la produttività e soprattutto se quel capitale investito è protetto da qualche forma di garanzia, oppure come sicuramente è accaduto, ha realizzato perdite miliardarie di cui nessuno vuole parlare…), ed infine, raccogliere quei voti per i propri referenti politici…

Se c’è ancora qualcuno che crede nell’opera dei sindacati è un povero folle… 
Guardate le pensioni miliardarie ricevute da quegli illustri signori, osservate gli incarichi politici loro assegnati, anni e anni di complicità compiute nei vari governi, esclusivamente per raccomandare propri familiari all’interno di quei pubblici uffici… 
D’altronde se sono stati questi i nostri rappresentanti sindacali, non c’è da meravigliarsi per come si è conclusa la vicenda ultima “Almaviva”…    
La verità comunque è che il marcio è a monte, in quel giro d’appalti che vede l’aggiudicazione delle commesse pubbliche!!!
Chissà se le procure, indagassero in modo più particolareggiato su quelle aggiudicazioni, forse potrebbero scoprire, quanto comunemente avviene e cioè, il solito giro di tangenti, bustarelle e posti di lavoro… 
Non ci vuole un genio per capirlo… già, perché… milioni e milioni di euro, vengono di volta in volta aggiudicati dallo Stato a società private???
Visti i costi non certo vantaggiosi, non sarebbe meglio che fossero essi stessi ad occuparsene – con assunzioni di nuovo personale – per realizzare queste tipologie di offerte telefoniche e/o online???
Dopotutto, se queste società svolgono l’incarico per nome e conto di queste grosse società, solitamente partecipate statali, dovranno certamente guadagnarci e quindi quei costi dovranno necessariamente lievitare di quella naturale percentuale di utile… ed allora, perché si realizza tutto ciò???
Il sottoscritto un sospetto ce l’ha… ed è rappresentato da quel solito meccanismo clientelare attraverso il quale, in molti partecipano al banchetto…
Poi accade che per quegli appalti… qualcuno non si comporta per come “programmato”, ed allora quelle aggiudicazioni finiscono alla concorrenza… e i dipendenti assunti, vengono come “carne da macello” mandati a casa, senza per di più alcun sussidio o protezione sociale… 
Questo è il nostro paese… già i nostri governanti, invece di pensare alle lettere di licenziamento di questi poveri dipendenti, hanno girato in questi mesi il mondo, per raccogliere consensi per un “Sì” al referendum… 
Così… si sono persi anche tre mesi di trattativa (coperti dalla cassa integrazione), che avrebbe certamente condotto ad ulteriori accordo e chissà forse anche a nuove prospettive… ma qualcuno ha preferito che andasse così… meglio mandarli a casa!!!
Che bel regalo… come inizio del 2017 è perfetto!!! 
Io, manderei loro a casa… questi esseri incapaci di compiere qualcosa di buono, poiché inadatti a quel ruolo, d’altronde non l’hanno mai svolto, non sanno cosa significa fare produzione, mai stati imprenditori (con la I maiuscola), sono solo capaci di rubare e arraffarsi quello sproporzionato stipendio!!!
Vergogna, verrà comunque il giorno in cui verrete giudicati e non parlo di Dio, ma di qualche Pm… ed allora si che ci divertiremo… perché solo questione di tempo, vedrete c’è ne per tutti, anche per chi… meno se l’aspetta!!!
Ed allora… votate, continuate a sperare e a votare per questi inutili personaggi, d’altronde è una vita che credete alle favole dei “posti di lavoro per tutti“…
Quanto compiuto oggi per “ALMAVIVA“, è già accaduto per molte nostre realtà, in quasi tutti i settori di categoria e potete metterci la “mano sul fuoco” che a stretto giro, capiterà anche a ciascuno di noi!!!
Grazie a questi “signori”, grazie Stato…