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Certe inchieste non finiscono, fanno dei giri immensi e poi ritornano…

Sì, come la canzone di Antonello Venditti, anche la Giustizia fa lo stesso. E come riporta quel testo, “ma amici mai“, infatti non ci si dimentica. Proprio come quell’amore, prima o poi ritorna.
C’è una verità che spesso viene sottovalutata: nessuna storia d’amore può considerarsi al sicuro per sempre. Già, perché c’è sempre qualcosa, qualcuno che può ribaltare quella certezza.
La stessa cosa vale per le inchieste giudiziarie. Sì, anche quelle che ci sembrano concluse possono improvvisamente riaprirsi, riportando alla luce fatti e responsabilità che si credevano sepolti.
Nuove prove emergono, testimonianze inedite vengono alla luce, errori procedurali vengono corretti, e ciò che sembrava un punto finale può trasformarsi in un nuovo inizio.
La giustizia è come un fiume che scorre: a volte lento, troppo lento, a volte impetuoso. Ma una cosa è certa: non si ferma mai!
Per cui, chi è stato assolto in passato non può dormire sonni tranquilli, perché la legge ha una memoria lunga, ma soprattutto, è chi pensa di essere al di sopra di ogni sospetto che dovrebbe ricordare: nessuno è veramente al sicuro finché la verità non ha fatto completamente il suo corso.
Certo, per esperienza posso affermare che la giustizia può metterci tempo. Può sembrare distratta, distaccata, a volte persino indifferente. Ma prima o poi, ecco che ritorna. E quando lo fa, non guarda in faccia a nessuno.
Ecco perché nessuno può considerarsi definitivamente tranquillo. Basta osservare quanto sta accadendo in questi giorni: quel “dire non dire“, quei messaggi subliminali, mi sembra di essere dentro al testo di Venditti: “fanno dei giri immensi e poi ritornano“. 
E qui sembra la stessa cosa: la giustizia ha deciso di bussare nuovamente a quella porta!

Gravi rischi per chi viola le normative sul subappalto

Molti imprenditori ignorano, o fingono di ignorare, che violare le norme nell’esecuzione dei lavori può comportare conseguenze penali significative. Questo articolo intende chiarire i principali aspetti relativi al subappalto, sia autorizzato che non autorizzato, analizzando le condizioni necessarie per la conformità normativa e le relative conseguenze in caso di violazione.

Partiamo dal subappalto autorizzato. Per ottenere l’autorizzazione, occorre rispettare le seguenti condizioni:

Dichiarazione di subappalto all’atto dell’offerta: Il concorrente deve indicare con precisione i lavori, i servizi o le forniture che intende subappaltare.

Deposito del contratto di subappalto: L’affidatario deve presentare una copia del contratto alla stazione appaltante almeno 20 giorni prima dell’inizio delle prestazioni.

Requisiti di qualificazione: Contestualmente al deposito del contratto, è obbligatorio produrre la documentazione attestante la qualificazione del subappaltatore e il possesso dei requisiti generali previsti dall’art. 38 del D.Lgs. 163/2006.

La normativa sul subappalto, disciplinata dall’art. 118 del D.Lgs. 163/2006, integra i principi delle direttive europee 2004/17/CE e 2004/18/CE. Secondo questa normativa, qualsiasi contratto tra l’appaltatore e terzi, che preveda l’esecuzione di una parte delle prestazioni, è considerato subappalto. Tale contratto è soggetto all’obbligo di qualificazione dei soggetti coinvolti e al rispetto della disciplina antimafia.

Viceversa il subappalto senza autorizzazione comporta conseguenze civili e penali gravi:

Nullità del contratto: Un contratto stipulato senza autorizzazione è nullo per violazione di norme imperative, mentre l’eccedenza oltre le percentuali consentite è nulla per la parte eccedente.

Sanzioni penali: L’art. 21 della legge 646/1982 prevede per l’appaltatore e il subappaltatore l’arresto da sei mesi a un anno e ammende significative. Per i funzionari coinvolti, le pene possono arrivare fino a quattro anni di reclusione.

Sospensione dei pagamenti e risoluzione contrattuale: La stazione appaltante può sospendere i pagamenti e chiedere la risoluzione del contratto per inadempimento, con rottura del rapporto fiduciario.

Errori nella dichiarazione di subappalto

Se in fase di gara il concorrente non dichiara l’intenzione di ricorrere al subappalto o se la dichiarazione è generica, ciò non comporta l’esclusione dalla gara, ma preclude l’utilizzo del subappalto (Cons. Stato, Sez. V, 23 giugno 1999, n. 438). È fondamentale specificare con esattezza i lavori da subappaltare, pena l’invalidità della dichiarazione.

In alcuni casi, il bando di gara può escludere il subappalto per ragioni tecniche. Una dichiarazione in contrasto con tale esclusione può portare all’esclusione del concorrente, poiché l’offerta risulterebbe non conforme alla lex specialis (Cons. Stato, Sez. V, 21 novembre 2007, n. 5906).

Per cui, il subappalto, pur essendo uno strumento utile per la gestione delle commesse, è regolato da norme stringenti che impongono agli imprenditori un’attenzione particolare.

Le violazioni non solo minano la fiducia della stazione appaltante, ma espongono le imprese a pesanti sanzioni, mettendo a rischio la continuità operativa.

Italiani oggi al voto??? Ma quando mai… meglio recarsi alle urne di lunedì, così si approfitta di quelle ore di permesso!!!

Gli italiani al voto stamani sono meno del 10%!

Di fronte a questi numeri così bassi, come italiano, mi sento profondamente indignato…

Sì perché costato quanto meschino sia l’atteggiamento di molti miei connazionali, che preferiscono, quando ne hanno la possibilità, recarsi alle urne in un giorno feriale piuttosto che festivo. 

La scelta, apparentemente casuale di votare in un giorno lavorativo ha un motivo ben preciso: approfittare di quelle ore di permesso retribuite che, per molti, diventano una scusa per qualche ora di svago!!!

Purtroppo, questa raprpesenta una pratica diffusa nel nostro Paese, e per questo motivo critico severamente tale comportamento, che riflette una mentalità orientata al proprio tornaconto personale, piuttosto che al bene collettivo. 

Così, il cittadino non vede il voto come un dovere o un’opportunità di contribuire al miglioramento dello Stato, ma come un’occasione per ottenere qualche ora di svago. In questo modo si riduce il valore del diritto al voto e si manifesta una mancanza di senso civico.

Tuttavia, il problema non è solo individuale: esistono elementi sistemici che incentivano indirettamente questa scelta. Da una parte, infatti, la possibilità di votare nei giorni feriali viene offerta per facilitare la partecipazione, ma dall’altra, se sfruttata in modo opportunistico, crea disparità e diffonde abitudini lontane dallo spirito democratico.

Inoltre, vorrei sottolineare che coloro che oggi, giorno festivo, hanno scelto di non recarsi a votare, non lo farebbero neppure domani se non avessero l’opportunità di farlo durante l’orario di lavoro. 

È una realtà triste ma prevedibile: molti, senza una coscienza civile o un interesse per ciò che il loro voto rappresenta, non eserciterebbero il proprio diritto. Difatti, anche con la giornata di lunedì, probabilmente raggiungeremo una partecipazione non superiore al 25-30%.

I nostri governanti sono consapevoli di questa triste eventualità e per questo offrono una seconda giornata di voto, ovviamente a spese dei cittadini: infatti, siamo costretti a pagare per due giorni tutti gli addetti ai seggi, quando l’intero processo potrebbe essere gestito in uno solo.

La vera questione rimane la mancanza di educazione civica, che ormai non viene più insegnata neanche a scuola. È necessaria una sensibilizzazione alla responsabilità sociale, che restituisca valore alla partecipazione e rispetto verso le istituzioni. Solo così potremo sperare in un cambiamento reale.

Voto: il simbolo e lo strumento della facoltà che ha ogni libero cittadino di dimostrarsi uno sciocco e di rovinare il proprio paese!!!

La riforma Nordio??? Sarà una pacchia per i raccomandati!!!

Per il procuratore di Napoli l’abolizione dell’abuso d’ufficio non aiuta la giustizia e soprattutto le persone oneste. 
Già… con la separazione delle carriere “il pm non ragionerà più da giudice ma da poliziotto”!!! 

Ed allora a chi farà comodo la riforma Nordio che abolisce l’abuso d’ufficio?

È la domanda che il quotidiano “La Repubblica” ha posto al procuratore di Napoli Nicola Gratteri…

La risposta del magistrato è secca e senza fronzoli: «Sicuramente non alla giustizia, al buon andamento degli uffici e soprattutto alle persone oneste. Essa crea un ingiustificato vuoto normativo su aspetti che non sono coperti da altre fattispecie di reato, legalizzando, in maniera priva di ogni senso, delle prassi assolutamente illecite».

All’atto pratico, dice Gratteri, la riforma «farà gioco ai raccomandati che, grazie all’amico membro di commissione di concorso, vincono un posto di lavoro; farà gioco a coloro i quali possono beneficiare di un permesso di costruire in zona vincolata emesso da un loro congiunto; farà gioco a tutte quelle ditte e imprese che si aggiudicano appalti senza gara, perché non è possibile applicare i delitti di turbata libertà degli incanti e di scelta del contraente; farà gioco ai pubblici ufficiali che con condotte vessatorie cagionino danni a comuni cittadini. E non mi si venga a dire che c’era la paura della firma. L’ultima versione era così restrittiva che risultava impossibile perseguire penalmente il pubblico ufficiale che faceva un errore in buona fede».

Si continua a denunciare ma sarà difficile dare risposte!!!

“Sic stantibus rebus” (una locuzione latina traducibile con “stando così le cose”) in soldoni a rimetterci sarà l’esigenza di giustizia di tutti i cittadini che, volendo denunciare, si troveranno davanti all’incognita se ne varrà la pena o meno… 

Il magistrato assicura che «ad oggi le denunce di cittadini vessati o che assistono a scempi ci sono» ma «chiaramente sarà difficile dare una risposta a queste esigenze di giustizia».

Separazione delle carriere: «Il pm non ragionerà più da giudice ma da poliziotto»

Critico anche il giudizio sulla separazione delle carriere. Un concetto più volte espresso dal procuratore: anche qui si produce un danno alla collettività poiché «il pm perdendo la cultura della giurisdizione e non ragionando più da giudice, non avrà più un approccio oggettivo ai casi da trattare, ma si comporterà ragionando da poliziotto. Con questo non voglio dire che il ragionamento del poliziotto sia sbagliato; ma ci vuole qualcuno che conduca con oggettività il lavoro delle forze dell’ordine, nella fase delle indagini».

Non solo, il pericolo è anche un altro, «un danno all’assetto istituzionale dell’Ordinamento, perché sarà l’anticamera della sottoposizione del pm all’esecutivo, creando un serio pregiudizio al principio di separazione dei poteri».

Le falle nel sistema penitenziario

Per combattere la criminalità questo non è il sistema migliore, un sistema processuale che il magistrato di Gerace definisce «lento e farraginoso»

Arrivare a sentenza sarà molto più faticoso e, in un periodo “caldo” come questo (con continui suicidi e proteste) per il sistema carceri, non poteva mancare una considerazione sulle voragini normative e logistiche di un sistema penitenziario che «non consente la rieducazione di chi dimostra effettivamente di voler intraprendere questo percorso, che non tratta in maniera adeguata i tossicodipendenti e che non garantisce certezza della pena per gli altri detenuti. Sotto questo ultimo aspetto, in alcune carceri comandando i detenuti pericolosi, circolano i telefonini e quindi non si assicura il distacco effettivo tra costoro e l’ambiente esterno».

Leggendo quando sopra mi chiedo: ma lo Stato c’è o ci fa??? Ma quel ministro è posto lì affinchè la giustizia funzioni oppure si sta tentando di incitare i cittadini a fare in modo che sia un sistema a modello “Far West” a primeggiare e cioè che ciascuno – quando occorre – si faccia giustizia da se???

Caro ministro, forse è tempo che si consulti direttamente con chi ogni giorno cerca di farla realmente la giustizia in questo corrotto Paese, senza doversi sottomettere (per propri interessi personali) a quegli stessi referenti istituzionali che li hanno appositamente posti in quel ministero, tra l’altro ricordo parliamo di segretari di quei partiti di governo, che tentano di sostituirsi a quell’apparato chiamato magistratura che dovrebbe far valere quelle regole di diritto per il mantenimento ed il rispetto di ciò che dovrebbe essere considerata – a tutti gli effetti – la nostra cosiddetta “giustizia”!!!     

Le mafie oggi: Dal crimine violento all’Infiltrazione economica.

I reati delle mafie sono strettamente legati all’economia: frodi, bancarotte, riciclaggio di denaro e reati fiscali sono diventati i principali strumenti attraverso cui le organizzazioni criminali operano. In passato, la criminalità organizzata era principalmente associata a reati violenti, come omicidi, estorsioni e traffico di droga, ma oggi la sua natura si è evoluta, adottando modalità più sottili e sofisticate. 

Le mafie, infatti, si sono infiltrate nelle strutture economiche legali, cercando di ottenere il controllo di attività imprenditoriali e risorse finanziarie attraverso metodi che non lasciano tracce evidenti di violenza, ma che possono avere un impatto devastante sull’economia e sulla società nel suo complesso.

Il cambiamento dell’oggetto della criminalità organizzata è evidente: mentre un tempo le mafie esercitavano il loro potere principalmente tramite l’intimidazione e la violenza, ora il loro raggio d’azione si è ampliato nell’ambito delle transazioni economiche. 

Le infiltrazioni mafiose nelle imprese, nei contratti pubblici e nella gestione dei fondi sono spesso difficili da individuare, ma altrettanto dannose per la competitività del mercato e per la crescita sana delle attività imprenditoriali. La criminalità economica legata alle mafie si manifesta anche attraverso l’accesso illecito al credito, la manipolazione dei bilanci aziendali e la gestione fraudolenta delle risorse.

Alcuni reati, definiti “spia”, possono essere indicatori della presenza di infiltrazioni mafiose. Tra questi, i reati fiscali sono tra i più rilevanti. Le frodi fiscali e le bancarotte fraudolente, ad esempio, possono nascondere dietro di sé operazioni di riciclaggio di denaro o il tentativo di mascherare il flusso illecito di fondi provenienti da attività criminali. Anche se non sempre è automatico, la presenza di determinati crimini può fungere da segnale per avviare indagini più approfondite e scoprire le radici di operazioni illegali più complesse. Un caso emblematico è rappresentato da operazioni giudiziarie recenti, come quelle legate a indagini sul riciclaggio e sulle frodi aziendali, che hanno portato all’apertura di processi rilevanti.

Il caso del processo Aemilia ha segnato una tappa importante nella lotta contro la criminalità economica. Non si è trattato però di un punto di arrivo, ma piuttosto di un inizio: questo processo ha aperto la strada a ulteriori indagini, alcune delle quali hanno condotto a nuovi procedimenti, come quello denominato 

Perseverance, che ha evidenziato ulteriori dinamiche di infiltrazione mafiosa in ambiti economici precedentemente considerati immuni. La costante evoluzione delle tecniche mafiose richiede un’attenzione rinnovata e un impegno continuo nell’adattare le indagini ai nuovi scenari, per prevenire il consolidamento di strutture criminali che, sotto le sembianze di attività legittime, operano in modo sotterraneo, ma altrettanto pericoloso.

La lotta contro la mafia oggi non si limita solo a combattere la violenza, ma richiede una visione globale e multidimensionale, che comprenda l’intercettazione dei flussi finanziari illeciti, la protezione delle imprese sane e il rafforzamento delle capacità investigative nell’area economica. 

Solo con un approccio integrato e in costante evoluzione sarà possibile contrastare efficacemente l’infiltrazione mafiosa nei settori produttivi e mantenere l’integrità del sistema economico e sociale.

Chi la giustizia impedisce, di giustizia perisce!!!

Sono parecchi i cittadini di questo Paese che auspicano di veder ridotti i tempi della giustizia!!!
Quanto sopra infatti costituisce ormai una priorità a cui non si può rinunciare, altrimenti il rischio che potrebbe determinarsi è quello di veder molti miei connazionali, non affidarsi più ai Tribunali, già… per risolvere i loro problemi.
D’altronde un sistema di giustizia – che dichiara di esser rispettoso dei principi costituzionali – deve saper tener conto di essere prima di tutto efficace e quindi celere, nel dare le giuste risposte a chi si rivolge ad esso…
Ecco perché diventa fondamentale per quegli uffici dimostrare la loro piena efficienza, già… soprattutto nel compiere quei propri servizi, perché il rapporto che lega i cittadini a quei palazzi di giustizia è dato principalmente dai risultati che si vanno ottenendo…
Non credo comunque che il reale problema della giustizia dipenda soltanto dalla sua funzionalità, forse perché ritengo che esista un problema diverso, già… politico che rallenta questo sistema e mi riferisco ai rapporti fra i poteri dello Stato e su chi vorrrebbe di fatto controllare quella magistratura…
Una situazione che può esser risolta solo se si realizza la precondizione politica della distensione dei rapporti e del rispetto delle istituzioni di garanzia che vanno tenute fuori in questo sistema bipolare da ogni lotta politica…
Un paese litigioso come il nostro certamente non aiuta a far funzionare correttamente la pubblica amministrazione e soprattutto non permette alle regole di diritto di poter primeggiare e quindi alla giustizia di compiere in tempi ragionevoli i propri compiti… 
E’ tempo quindi di assicurare nuova credibilità a quel sistema perché i cittadini hanno bisogno di affidarsi a qualcosa di concreto, sì… come la giustizia che se pur lenta, raggiunge sempre il proprio scopo e cioè quello di riportare legalità dove non c’è e dando fiducia a quelle aule di Tribunali perché al loro interno vi è contenuto tutto ciò che deve essere!!!
Ed è per i sopraddetti motivi che ancora oggi che ciascuno di noi rivolge con grande fiducia le proprie istanze, perché sa in cuor proprio di poter trovare nei suoi interpreti, l’unico modo legittimo per far valere le proprie ragioni!!!
E quindi, riprendendo quanto manifestato in gesti da quegli amici nella foto: “Vai Giustizia… non fermarti mai”!!!
 

I magistrati e la paura di spiegarsi…

Alcuni giorni fa ho letto un articolo su una rivista specializzata sulla giustizia scritto da Luigi Ferrarella che mi aveva particolarmente interessato e che qui brevemente riassumo… 

È quasi una rivoluzione il cambio di mentalità della magistratura nell’approccio alla comunicazione come una parte – e un dovere – del proprio lavoro, e particolarmente azzeccata (tra le proposte concrete) appare l’idea di una “informazione provvisoria” che subito renda più comprensibili i dispositivi delle sentenze. 

Ma il rifiuto della rilevanza penale quale unico parametro per la liceità di una cronaca giornalistica di fatti giudiziari, e l’identificazione nel giornalista dell’unico soggetto legittimato a operare a priori la valutazione di cosa si debba intendere per notizia di “interesse pubblico”, restano per un giornalista i punti non negoziabili che rischiano di entrare in tensione con il metodo “ufficio stampa”, suggerito agli uffici giudiziari dalle “linee guida Csm” nel momento in cui esse perdono l’occasione per aprire invece a un accesso diretto e trasparente del giornalista a tutti gli atti non più segreti posti man mano in evidenza alle parti.

Le “linee guida per l’organizzazione degli uffici giudiziari ai fini di una corretta comunicazione istituzionale” adottate dal plenum del Csm, si sono premurate di precisare che le auspicate prassi applicative tendenzialmente uniformi su tutto il territorio nazionale, con l’indicazione di ciò che gli uffici giudiziari possono e debbono (o non debbono) fare e, di conseguenza, ciò che gli organi di informazione, e più in generale i cittadini, possono attendersi da questa attività, riguardano ovviamente gli uffici giudiziari e non costituiscono in alcun modo prescrizioni rivolte ai giornalisti e ai giornali su che cosa sia lecito o anche solo opportuno pubblicare. 

Non va peraltro trascurato che merita apprezzamento la sfida azzardata dal Csm, in quanto tenta di conciliare esigenze oggettivamente confliggenti (la presunzione di non colpevolezza, il diritto di informare e ricevere informazioni, il diritto ad un giusto processo, il diritto di difesa, l’efficacia e riservatezza delle indagini, il diritto alla vita privata, il principio di trasparenza nella pubblica amministrazione); contingenti interessi fisiologicamente agli antipodi (l’opinione pubblica vuole sapere fatti che noi non gli si possono dire nella fase delle indagini preliminari, come  non vuole sapere fatti che gli si vuole dire quando invece a dirlo sono le sentenze…). 

Sono certamente tempistiche incompatibili, tanto che proprio questa sfasatura di temi tra giustizia e suo racconto è tra le prime cause della disaffezione e dei pregiudizi dei cittadini…

Si comprendono da quanto sopra le opposte priorità nei rispettivi codici professionali, matrici dell’insofferenza dei magistrati per le brutali semplificazioni dei media, ma anche per la difficoltà oggettiva dei giornalisti nel dover tradurre in messaggi comprensibili al pubblico gli istituti e le parole di marcato contenuto tecnico degli operatori del diritto…

Come dicono i Siciliani: c’è il meglio e c’è il peggio, a ciascuno il suo!!!

Ogni giorno, se pur lontano dalla mia terra, dedico un po’ di tempo alla lettura dei post “siciliani” pubblicati online da varie testate giornalistiche…

E’ incredibile comprendere come certe vicende passino nell’indifferenza generale da parte dei miei conterranei, ma non solo, scopro col passar del tempo che quei pochi giornalisti coraggiosi che ancora provano a far emergere scottanti verità, si ritrovano ahimè isolati, quasi che con quel loro operato, dessero fastidio a tutto l’ambiente circostante, non tanto per aver voluto indagare su fatti e circostanze che sarebbe stato meglio tener celati, bensì per quel loro voler a tutti i costi riportare principi di legalità a cui ormai i siciliani da tempo non credono più o certamente non mettono in pratica!     

Sì… potrei paragonare questi nostri attuali giornalisti, a quel povero Prof. Paolo Laurana, il famoso “cretino”, insegnante di lettere al liceo classico che improvvisamente sparì per aver provato a dar soluzione a uno strano delitto, compiuto apparentemente durante un incidente di caccia…

Ma in quel suo indagare dimenticava un regola fondamentale e cioè mai mettersi contro i poteri forti; bisogna infatti stare attenti a certi ambienti sui quali si prova ad indagare, in particolare se questi fanno riferimento a uomini assoggettati alla politica, alle istituzioni ed anche ad una parte malsana della magistratura, già… mi riferisco a tutti quei signori da tempo legati a un sistema celato, massonico, corrotto e clientelare, certamente immorale!!!

Generazioni di fatto compromesse e avvezze a quelle regole imposte, un’infetta compagine ai quali loro oggi seguono quanto anticipatamente compiuto dai loro padri, personaggi assoggettati a quelle collusioni per ottenere desiderati privilegi o quantomeno per non perderle quelli già in loro possesso, continuando a trasmettere a quelle loro future generazioni posizioni raccomandate e chi viceversa cerca di portar via loro quel potere illecitamente ottenuto, ecco che nella migliore delle situazioni, ci rimette la pelle.

Già… come dicono i Siciliani: c’è il meglio e c’è il peggio, a ciascuno il suo!!!

E così alla fine, solo per aver cercato di fare il proprio dovere, sì… esclusivamente per aver provato a rimanere moralmente liberi, per avere contrastato l’ambiente circostante e aver cercato di riportare un po’ di legalità in una terra che evidenzia mancanza principio, carenza e infezione, una terra così fortemente amata, ma che per i propri connazionali si è catalogati come “cretini”!!!

Quel giornalista…??? “E’ un ingenuo, uno sconfitto, sì… un cretino”!!! 

Ecco come vengono definiti quegli esigui giornalisti coraggiosi dai loro conterranei, per il solo essere diversi da essi, per quel volere evidenziare di non accettare la realtà con cui abitualmente convivono la maggior parte dei siciliani…

Sono uomini che vogliono condurre la propria battaglia contro l’opinione comune di quell’isola, la stessa che evidenzia, in accordo con l’omertà mafiosa, di come “il miglior diritto e la più giusta giustizia, se proprio uno ci tiene, se non è disposto a confidarne l’esecuzione al destino o a Dio, soltanto possono uscire dalle canne di un fucile”!!!

Mio caro giornalista sei diventato fastidioso, sì… proprio come quel Prof. Laurana, perché in quel voler mettere sempre al centro la lotta contro gli interessi di quei potenti, politici, professionisti, imprenditori, etc… cui si sommano migliaia di complicità silenti, abitualmente compiute da svenduti individui corrotti, dirigenti e/o funzionari pubblici…

Beh… mio caro amico, come avrai capito con l’amore che attui per la tua passione, prima ancora che per la tua professione, non fai altro che farti odiare da tutti e divenire anche tu come ahimè: “un cretino”!!!

A cosa serve ricorrere in maniera urgente all’ex art. 700 cpc, quando poi all’interno dei Tribunali i magistrati competenti non emettono i procedimenti nei tempi previsti???

Sappiamo cosa prevede la normativa con il ricorso d’urgenza ex art. 700 cpc e cioè: “chi ha fondato motivo di temere che, durante il tempo occorrente per far riconoscere e far tutelare il suo diritto in via ordinaria, questo sia minacciato da un pregiudizio imminente e irreparabile, può chiedere con ricorso al giudice un provvedimento d’urgenza che appare secondo le circostanze il più idoneo ad assicurare provvisoriamente gli effetti della decisione sul merito”.

Ma se quanto sopra si scontra poi con i tempi della giustizia, quando cioè per emettere un provvedimento (ovviamente nei tempi necessari alla sua disamina), il magistrato chiamato in causa (provvedimento “ricordo d’urgenza”) fa uso di un tempo indefinito, ditemi, a cosa serve richiedere quella procedura, se non solo per sentirsi prendere per il … ???

Ricordo che si procede per “urgenza” quando (la legge) richiede che vi sia la necessità di una tutela immediata del diritto, tutela che altrimenti verrebbe irrimediabilmente frustrata qualora si procedesse per le vie ordinarie e si attendessero i tempi di una sentenza ordinaria, in altre parole vi deve essere un pericolo imminente di un pregiudizio che minacci irreparabilmente il diritto!!!

Ma vi è anche una seconda condizione ed è la probabile esistenza del diritto che si vuole tutelare; in pratica, il diritto fatto valere deve essere verosimile già dalla lettura delle carte e senza procedere a un’istruttoria particolarmente approfondita. Insomma, già sulla base delle prove portate in giudizio e analizzate “con la fretta” di un giudizio urgente, il magistrato deve convincersi delle ragioni del ricorrente.

Ecco, questa seconda condizione, in gergo tecnico chiamata “fumus boni iuris”, ossia l’apparenza (simile al fumo) di un valido diritto, si potrebbe definire più facilmente “verosimiglianza del diritto”, ed è ciò che infatti i cittadini non riescono a capire, già… sui motivi di quei ritardi, sapendo il più delle volte che non si tratta di carte senza alcun fondamento, ma che esse completano le indagini effettuate dagli organi di polizia, dalle cui verifiche è stato permesso di anticipare e predispone l’instaurazione di un processo penale, nel quale la persona indagata è risultata rinviata a giudizio!!!

Quindi mi chiedo, se il rischio della parte interessata di ricorrere al procedimento d’urgenza per danno temuto o di nuova opera – in attesa che si attuino quelle misure cautelari tipiche previste in quei tipi di reati come ad esempio il sequestro dei beni – quando cioè la misura cautelare tipica non è adeguatamente idonea a garantire la soddisfazione delle posizioni soggettive lese nei tempi necessari per la definizione del giudizio, il magistrato non dovrebbe in maniera celere, ma che dico… di più, sollecita, lesta, rapida, spedita, procedere con quanto di sua competenza…

Ed invece restiamo qua, già… in attesa di non si di cosa e nel frattempo quei lestofanti – ricordo già rinviati a giudizio – sì… quegli individui che si prestano da sempre a ogni tipo di malaffare, gli stessi d’altronde che sfruttano tutte le crepe e gli escamotage giuridici per farsi beffa della nostra giustizia, beh… stranamente questi individui, continuano a compiere quelle loro azioni come nulla fosse, non solo nei confronti di quegli esigui cittadini onesti e coraggiosi, ma anche dinnanzi a funzionari istituzionali, accompagnati dalle forze dell’ordine!!!

Certa che se questa è la nostra giustizia a cui i cittadini si affidano…  

Distrutte le scritture contabili per impedire la ricostruzione dei beni e così sottrarli ai creditori in vista del fallimento!!!

Mi è stato chiesto di riproporre una vicenda giudiziaria che ha visto una società occultare le proprie scritture contabili, per impedire la ricostruzione dei beni e così sottrarli ai creditori in vista del fallimento!!!

E’ dire che la vicenda è eguale ad una analoga dal sottoscritto denunciata proprio lo scorso anno, un sistema talmente banale che è incredibile come ancora oggi si perdano anni in inchieste giudiziarie, processi, giudizi, rinvii, etc… sapendo bene quali sono i motivi di quelle ingannevoli sottrazioni … 

A volte ho come l’impressione che all’interno di quei tribunali non vi siano dei magistrati, ma fruttivendoli, gelatai, macellai, perché sono così evidenti le richieste dei pubblici ministeri ( individui non certo di parte, in quanto operano esclusivamente per nome e conto dello Stato di diritto e quindi se sono lì è solo e soltanto per far emergere tutto il malaffare compiuto abitualmente, esercitando di fatto quel potere loro concesso, in nome di quell’unica verità e soprattutto per una giustizia equa…), eppure nei vari procedimenti, si assiste ahimè… ad un altalenante ribaltone nei vari gradi di giudizio!!!

Ora qualcuno ha finalmente compreso che si trattava di “bancarotta fraudolenta in concorso”, ed allora ecco venir indagati non solo i titolari (reali), ma anche tutti gli amministratori unici della società che nel corso degli anni si erano succeduti, fino al condurla quell’impresa in fallimento; ciascuno di essi ora è stato indagato per aver concorso insieme ad altri soci, nella distruzione dei libri e delle scritture contabili, in modo da aver creato un danno ai creditori che non hanno più potuto così aggredire i beni di quella società…

Una giustizia che dimostra con queste continue vicende le proprie falle nel sistema, in particolare a non essere difesi sono proprio le persone oneste, in particolare i creditori, ordinari che privilegiati, come ad esempio i lavoratori, che si ritrovano ad attendere anni ed anni provvedimenti che dovrebbero essere “automatici” e che invece, grazie a sistemi truffaldini, a procedure legali attuate dai soliti azzeccagarbugli, ma anche per sterili interventi compiuti da quei nominati curatori fallimentari, mi riferisco in particolare a taluni che operano nella provincia di Catania, non si giunge mai ad una celere soluzione o quantomeno ad una sua definizione!!!

Consiglio a quest’ultimi un link che tratta in generale, quali sono gli strumenti processuali a disposizione del curatore fallimentare per realizzare attivo funzionale al soddisfacimento dei creditori concorsuali:  https://ilsocietario.it/multimedia/le-azioni-di-responsabilit-del-curatore-nel-fallimento

Il "41bis" va sicuramente riesaminato sotto il profilo dei diritti della persona, ma ricordiamolo che nulla a che fare con prigioni a modello Conte di Montecristo o Guantánamo Bay!!

Non discuto sul fatto che il 41 bis non rappresenti una forma di detenzione particolarmente rigorosa, ma bisogna considerare anche i soggetti a cui questa particolare reclusione è stata destinata…

Parliamo di autori di reati in materia di criminalità organizzata o di terrorismo nei confronti dello Stato, rappresenta una misura introdotta nel nostro ordinamento per neutralizzare la pericolosità di tutti quei detenuti che in virtù dei legami con associazioni criminali, sono in grado di continuare a delinquere pur stando in carcere.

Abbiamo visto negli anni come alcuni di essi abbiano continuato dal carcere a esercitare il proprio ruolo di comando, impartendo ordini e direttive ai propri associati in libertà e quindi ecco motivato lo scopo principale di quel cosiddetto carcere duro è cioè, interrompere o meglio ridurre i collegamenti con quelle associazioni, rendendo così effettiva la funzione di neutralizzazione propria della pena detentiva.

Ovviamente quanto sopra ha una propria rilevanza fintanto che il soggetto incriminato dimostri la volontà a non collaborare oppure si renda colpevole di continuare quel proprio ruolo, evidenziando metodi coercitivi che tutti conosciamo…   

Se dunque lo scopo di quel regime detentivo speciale risulterebbe del tutto legittimo – la stessa Costituzione, ma ancor più la giurisprudenza della Corte europea, afferma la sussistenza a carico dello Stato dell’obbligo di adottare misure adeguate per la protezione della collettività dalle condotte dei soggetti di cui sia stata accertata la pericolosità – va comunque detto che questa procedura non deve mai essere in contrasto con i diritti fondamentali della persona, la cui tutela costituisce un obbligo inderogabile di uno Stato di diritto, anche quando si abbia a che fare con i più efferati criminali!!!

Ecco perché ritengo che se da un lato il carcere duro è stato pensato con la finalità di tagliare i ponti e i contatti interni alle organizzazioni criminali, d’altro canto non si può pensare che il maggior rigore venga finalizzato per rendere la pena di quel detenuto ancor più afflittiva!!!

E quindi se sia giusto assicurare un trattamento sanzionatorio a chi sia stato condannato, bisogna fare in modo che questo trattamento non leda i diritti fondamentali della persona,..

Il nocciolo è quindi quello di non superare mai le violazioni, ma d’altronde il nostro Paese ha dimostrato di non avere nulla a che fare con i metodi applicati nel Centro detentivo di “Guantánamo Bay”, come d’altronde non si ispira alle prigioni del Conte di Montecristo per estorcere informazioni d’intelligence a costo dei diritti umani!!!

Peraltro se così non fosse, il boss da pochi giorni arrestato, non godrebbe certamente di quelle cure specialistiche richieste, ma bensì, sarebbe stato sin da subito torturato pur di fargli svelare i segreti che hanno attraversato trent’anni di questo paese, ma soprattutto in quali luoghi sono custodite le prove di quei misfatti, ma come sappiamo, nulla di quanto detto si potrà verificare, perché la prima regola della nostra nostra democrazia prevede propriamente il rispetto dei diritti umani.

Già… perché a differenza di quanto accade in altri paesi del mondo, da noi quei metodi inumani non vengono minimamente applicati, non esistono difatti interrogatori in regime di isolamento, alimentazione forzata durante gli scioperi della fame, torture, trasferimenti segreti o ancor peggio sparizioni, no… nessuno accusa il nostro Stato di trattamenti inumani e degradanti in violazione del diritto internazionale, perché da noi tutti meritano il diritto a un giusto processo!!!

Ed allora ricordo come sia possibile uscire da quel regime di “41 bis”, basta solamente collaborare, che non equivale a doversi pentire; vorrei difatti richiamare alla memoria il giudice Falcone, su quanto egli volesse una legge che garantisse la riduzione della pena per chi manifestasse la volontà di collaborare ed allora osservando quanto sta accadendo in questi giorni mi chiedo: qual è il giusto “limite morale” che entrambi le parti (Stato e detenuti) non devono attraversare, affinché possano rispettarsi le necessità di ciascuno, ma soprattutto quelle di noi cittadini???

Il peso "piuma" dello Stato in Sicilia…

Già… il messaggio che si è provato a far passare in questi ultimi anni – in particolare nella mia regione Sicilia – è stato quello d’aver messo in moto un cambiamento morale che è riuscito, in ciascuna sua occasione, ad affrontare aspetti sociali, politici, culturali ed economici, per avversare in pieno quanto viceversa diffuso tra i miei conterranei nel ridurre ad un semplice confronto, il contrasto in atto tra le istituzioni e quell’organizzazione criminale. 

Ciò che si vorrebbe far credere a tutti noi è che vi sia in atto un movimento culturale per la salvaguardia della democrazia, ciò attraverso una ampia partecipazione popolare, la presenza di servizi sociali, ma soprattutto un modello di sviluppo basato sui bisogni dei cittadini e sulla gestione equa delle risorse, attraverso il rifiuto delle violenza e di quelle metodologie illegali, coercitive e corruttive, elementi che sono fondamentali e che consentono di dare spazio per l’appunto a quella mafia di “casa-nostra”!!! 

Difatti… la premessa espressa da quei soggetti è che questa non può essere estesa a tutti, in particolare alle classi sociali meno ambienti, pur riconoscendo di fatto legami intrinsechi con una parte di essa, come la politica, l’imprenditoria, talune professionalità ed anche con la magistratura e le istituzioni, legami che se pur vanno ricondotti in ambito di rapporti occasionali, si tratta comunque di legami rilevanti che di fatto non dovrebbero esserci…

Ecco quindi che si è provato a limitare quelle organizzazioni mafiose come a delle focalizzate “strutture territoriali” e di conseguenza, quel loro contrasto può essere compiuto senza profondi stravolgimenti sociali, ma attraverso la semplice repressione giudiziaria e la confisca dei patrimoni economici e patrimoniali, recidendo così quei legami con la società civili e l’economia.

Certo trovare quel giusto equilibrio non è semplice anzi tutt’altro, leggevo tra l’altro alcuni giorni fa di come nella natura umana troviamo tre cause principali di contesa: la competizione, la diffidenza e la gloria: la prima fa sì che gli uomini si aggrediscano per guadagno, la seconda per sicurezza, e la terza per reputazione.

Ecco perché in Sicilia il peso dello Stato non si è mai concretizzato, perché l’unica volta che si è fatto sentire è stato sotto il fascismo, un periodo quello che tra migliaia di errori e fallimenti compiuti è stato in grado di dare all’epoca l’immagine di uno Stato serio, che riusciva a farsi rispettare e che non esitava ad organizzare la lotta contro la mafia.

Ecco perché ho difficoltà a credere a quel propagandato concetto di cultura della legalità… perché esso si concentra esclusivamente nella subordinazione del potere al diritto e quella concezione che attribuisce allo stato una larga partecipazione e soprattutto un ampio controllo nei vari settori…

Ma se osserviamo quanto accade e le leggi ingiuste promulgate si comprende come di recente, si sia affermata una nuova cultura della disobbedienza civile e dell’obiezione di coscienza e che di fatto allontana a quella “cultura della legalità”, che dovrebbe viceversa essere strumento e forma di giustizia sociale!!!

Senza questa combinazione tra affermazione del diritto e valorizzazione della giustizia non si riuscirà mai ad incidere sulle cause dell’azione criminale, poiché la mancanza di regole certe e di provvedimenti atti a tutelare/garantire gli interessi dei più deboli, condurrà (per come sta avvenendo…) alla rottura  sociale e diventare così terreno di conquista dei poteri forti!!!

Diversità: diritti e doveri!!!

Avevo iniziato a scrivere questo post alcuni giorni fa, dopo aver ascoltato ad un convegno (era il 17 febbraio ), un intervento sui diritti civili…

Per ragion varie non sono riuscito a completarlo, ma soprattutto mi sembrava corretto prima chiederne quantomeno un’autorizzazione verbale a quella persona che non conoscevo e che casualmente, in un successivo convegno politico ho rincontrato, perfezionando così quella mia personale richiesta …
La persona di cui facevo sopra riferimento è Sandro Mangano e come dicevo, da quel palco, aveva evidenziato alcuni temi riguardanti i diritti civili…
Aveva esordito dichiarando d’aver sempre fatto politica a livello sociale, senza alcun bisogno di essere iscritto ad un qualche movimento politico, ma soprattutto senza l’ausilio di possedere una tessera di partito per esprimere il proprio pensiero, viceversa, diventando egli stesso interlocutore di quella politica che coinvolgesse alcune esperienze di vita sociale…
Una scelta la sua voluta, quella cioè di non essere inserito all’interno di un gruppo partitico – per come riportava – “per non essere comprato da nessuno“!!!
Il suo unico desiderio… è soltanto quello d i poter interloquire con una parte di società che ben conosce, grazie alla propria esperienza di vita che lo vede per l’appunto appartenere al mondo omosessuale…  
Un omosessuale – ha dichiarato – che ama i maschi, ma soprattutto un omosessuale che non si vergogna di dirlo!!!
Il motivo di questa sua affermazione, è quella di voler rompere con quegli schemi preimpostati dalla nostra società, abituata a vedere il “diverso” come un pericolo, come un qualcosa da evitare…
Come d’altronde egli stesso dichiara: “Può capitare a tutte le mamme e ai papa d’avere il proprio figlio che viene per dire… sai mamma, papa, mi sono innamorato di un uomo”!!!
Sappiamo bene tutti cosa accade solitamente in quelle circostanze: “nei casi buoni lo si butta fuori di casa, nei casi peggiori si adotta la violenza fisica o ancor peggio lo si manda in qualche “Centro Igiene Mentale” o da qualche amico psichiatra, affinché egli possa attuare quelle necessarie cure riparative”…
Ecco perché Sandro Mangano da quel palco rivolge un auspicio a tutti gli uomini e donne presenti delle nostre Istituzioni, in particolare prova a inviare un messaggio da questa sua terra, questa regione… la Sicilia, perché da qui possa nascere quella differenza che non sia esclusivo appannaggio della sinistra…
Perché i diritti civili non vengono votati solo da chi è di sinistra, perché un soggetto può essere gay e votare per la destra!!!
Bisogna quindi finirla con quella falsa moralità o con quell’essere sessualmente ambigui o per meglio dire “transessuali“, un tema quest’ultimo certamente difficile da affrontare e quindi – premesso che egli non ha nulla contro questa minoranza “transgender” – fa fatta però da parte loro una scelta di diritto: non si può essere transessuale e mantenere nello stesso tempo quel percorso o determinati organi che non le appartengono…
Per entrare nello specifico… “sei un uomo… e ti senti prigioniero in un corpo di donna, vuoi fare un percorso di transessualità…??? Lo stato ti accompagna a trovare la tua identità… quella pace interiore voluta e ricercata; ma se vuoi mantenere una doppia identità, una doppia figura esclusivamente per fini personali… non puoi chiedere un diritto o un dovere alla Stato, perché non gli compete!!!
Basta quindi con tutte quelle sigle “particolari” espresse per meglio identificarsi o per voler riconoscere amori naturali… perché secondo Sandro Mangano, queste sono di fatto “Blasfemie“, sono condizioni sociali che non possono essere da uno Stato difese, protette o legiferare… si deve viceversa legiferare sul diritto di coppia… ma ad un bisessuale che chiede un diritto, prima bisogna riconoscerlo…
Ciascuno di loro deve quindi riconoscere prima se stesso, i suoi gusti personali, cercando di comprendere quelli che dovrebbero essere i suoi diritti, ma anche i suoi doveri… 
Ma ad un bisessuale… cosa può dire lo Stato: “Sei libero di fare nella tua camera da letto quello che vuoi, ma non puoi rappresentare un tema a cui debbo pensare”…
Le diversità – logicamente – non sono soltanto quelle sessuali ma anche quelle della disabilità, perché tutte le persone hanno la prerogativa di essere libere da qualunque discriminazione, per poter godere ampiamente dei propri diritti civili, culturali, economici, politici e sociali…
Ho letto che a breve (dal 29-31 Marzo) è in programma a Verona il “Congresso Mondiale delle Famiglie”… e rappresenta un tema caro a molti e sul quale è intervenuto per l’appunto Sandro Mangano (attivista per i diritti omosessuali e fresco di nomina coordinatore del dipartimento Diritti Civili di #DiventeràBellissima)
A differenza di ciò che in molti potrebbero pensare, Mangano si schiera a favore del Congresso e ne spiega i motivi: “Troppa retorica, opportunismo e propaganda politica dietro le barricate sul Congresso Mondiale delle Famiglie. 
È ora di finirla con gli stereotipi e iniziare a pensare in chiave liberale: io dico fortemente Si. Penso che tutto ruoti attorno al senso autentico della libertà di espressione, quella libertà che qualcuno vorrebbe limitare, utilizzando le vecchie contrapposizioni ideologiche tra destra e sinistra, precludendo a un omosessuale di sostenere i valori della famiglia, quando invece la famiglia è un patrimonio da tutelare, oggi più che mai. Magari ci sarà molto da discutere sul concetto di famiglia, ma di certo non è privando i cittadini di uno spunto di dialogo e confronto che daremo l’esempio di un Paese democratico e civile quale pretendiamo di essere. Io dico ‘Sì’ alla famiglia: una famiglia che accoglie e non discrimina; che tutela i figli e i loro orientamenti, che li guida a essere persone migliori. Di questo l’Italia ha davvero bisogno”!!!
Diceva Herbert Marcuse: “Questa società cambia tutto ciò che tocca in una fonte potenziale di progresso e di sfruttamento, di fatica miserabile e di soddisfazione, di libertà e d’oppressione. La sessualità non fa eccezione…”. 

C’è in questo nostro paese chi si sacrifica e chi purtroppo, rema contro!!!

C’è una bellissima frase del Mahatma Gandhi che diceva: “Nulla si ottiene senza sacrificio e senza coraggio. Se si fa una cosa apertamente, si può anche soffrire di più, ma alla fine l’azione sarà più efficace. Chi ha ragione ed è capace di soffrire alla fine vince”.

Ma per vincere in questo paese, non basta combattere contro quel sistema corruttivo e collusivo, ma bisogna lottare anche contro una parte di quegli uomini e donne delle Istituzioni, che evidenziano sospetti sulle metodologie adottate e manifestano solitamente in quei loro atti (o nelle azioni intraprese), comportamenti ambigui che rasentano l’illecito giudiziario…

D’altronde quanto sopra, appartiene a quella cosiddetta “questione morale” che abbiamo visto in questi anni, toccare molti uomini di questo paese, dai nostri parlamentari fino a coloro che operano nelle nostre Pubbliche Amministrazioni e che hanno certamente creato in noi cittadini, preoccupazione e sconcerto…

La questione morale sappiamo come tocchi varie realtà sociali, ma ancor più preoccupante sta diventando la questione della sicurezza, che proprio in questi giorni, a seguito della tragedia di Genova, a fatto emergere una disastrosa condizione di gran parte delle nostre infrastrutture…

Certo non tutti in questo paese sono stati inermi…

Come non ricordare in questa circostanza, il sacrificio di quegli uomini eccelsi che insieme alle loro scorte, alle forze dell’ordine e a molti eroici cittadini, hanno dato la loro vita per lottare contro il crimine organizzato ed un generale malaffare, affinché si potesse, con la loro opera, prevenire e soffocare quel cancro della corruzione, per ridare a questo paese, sicurezza e coraggio, contro muri di silenzi ed omertà!!!

Ma al sottoscritto pare che non tutti in questo paese facciano in egual maniera il proprio dovere, anzi in taluni casi, potrei dire, tutt’altro…

Ad alcuni cittadini non interessa questo nostro paese, questa loro democrazia, sono individui che non combattono per la propria libertà e ancor meno per quella altrui…

Sono individui nati in catene a cui piace stare sottomessi, una volta per quei soggetti politici ed un’altra volte, per i cosiddetti “mafiosi”…

Ciascuno di essi d’altronde, fa quanto necessario per il proprio tornaconto e mai per gli altri…

No, a questi soggetti non interessa la Patria, come poco entusiasmo mostrano nel trovare quel comune denominatore d’unione, per difendere e sostenere il futuro delle prossime generazioni…

A nessuno di loro interessa salvare questo paese da questa attuale condizione, a loro va bene così…

D’altronde la maggior parte di essi si è adeguata a questo sistema… e tutto per loro, passa in secondo piano; vedasi l’immoralità politica o amministrativa di una parte delle istituzioni, vedasi quella “imbavagliata” stampa che esprime giudizi e valutazioni, che dà consigli, critica, che non rispetta la dignità della persona e si sostituisce ai tribunali, emettendo ancor prima di un processo, le proprie sentenze, dimenticando il principio costituzionale in cui è riportato: “Nessuno può essere ritenuto colpevole se non dopo essere stato condannato con sentenza definitiva “!!!

Ma da noi si sa… avviene tutto il contrario e così, diritto e democrazia vengono calpestati e a volte sovvertiti…

Risulta quindi indispensabile che tutti gli organi di controllo compiano il proprio dovere con scrupolo ed efficacia, essendo inconcepibile o gravemente illecito, che situazioni che abbiano fatto emergere truffe e/o raggiri ai danni dello Stato, trovino in un qualche modo l’approvazione di chi ha il dovere di controllare e soprattutto di stroncare!!!

I cittadini sono stanchi di sacrificarci… e certamente il sottoscritto è stanco di dover osservare, ancora una volta, un sistema di controllo non efficace e in taluni casi addirittura… compiacente e complice!!!

E’ dovere intervenire urgentemente, poiché l’attività di controllo è nell’interesse del cittadino come garanzia di legittimità e se questa garanzia è frodata o negata, diventa di fatto, un danno grave nell’interesse generale della comunità…

Io credo nella giustizia, e credo inoltre che la speranza in essa non debba spegnersi mai.

Come peraltro ritengo che ciascuno di noi debba fare di tutto per sostenerla, affinché essa possa, grazie al nostro impegno, dimostrare di sapersi fare rispettare!!!

Ma dopo il nostro impegno (che non voglio definire sacrificio), c’è bisogno che anche dall’altra parte della barricata, qualcuno dimostri con il proprio operato, di averlo apprezzato… altrimenti risulta tutto inutile!!!

Finalmente… il "Codice antimafia" diventa legge!!!


Non sembra vero, ma dopo tanto “inutile” discutere, il codice antimafia è diventato legge!!!

Sì… la Camera ha approvato il ddl di modifica al codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione…
Erano presenti in 394 in 28 si sono astenuti (chissà perchè…) mentre gli altri 366 hanno votato…
Certo vedere che soltanto 259 erano favorevoli mentre 107 hanno votato contro, fa comprendere quanta pulizia ci sia ancora da fare, a cominciare proprio da quel palazzo!!!
D’altronde se qualcuno ancora tra essi, preferisce non comprendere quanto sia importante per il nostro paese, contrastare non solo la criminalità organizzata, ma anche tutti quegli uomini dai colletti “grigi”, che garantiscono in questo paese, corruzione e collusioni, debbo pensare che forse hanno interessi personali affinché nulla cambi… 
Dopo gli errori gravi commessi dalle nostre istituzioni, nella gestione dei beni sequestrati, con l’adozione di  misure di prevenzione, personali e patrimoniali, che abbiamo visto quanto inconcludenti siano state, si è deciso di cambiare pagina…  
La nuova riforma infatti, punta a velocizzare le misure di prevenzione patrimoniale, rendendo più trasparenti le scelte degli amministratori giudiziari, ridisegnando l’Agenzia per i beni sequestrati e includendo soprattutto – è questa l’importante novità – tutti quei soggetti che si macchiano di reati di corruzioni, circostanza quest’ultima che impegna il governo a rivedere quella nota equiparazione tra mafioso e corrotto…
Rosy Bindi (Presidente della Commissione Antimafia) ha commentato “È un regalo al Paese“, mentre il ministro della Giustizia, Andrea Orlando, ha parlato di una svolta che fornisce in primo luogo trasparenza ed anche nuovi strumenti contro la mafia, garantendo inoltre coloro che sono stati sottoposti a misure di prevenzione. 
Lo stesso ministro ha scritto nella sua pagina social: “Una buona notizia per la lotta alla criminalità organizzata e per lo Stato di diritto; da oggi ci sono più strumenti per combattere la mafia, più trasparenza nella gestione dei beni confiscati, più garanzie per chi è sottoposto a misure di prevenzione”. 
Ora, sono tutti soddisfatti, dalle associazioni di legalità, ai sindacati, da quelle organizzazioni antiracket e antiusura, che vedono nell’approvazione della riforma “un atto di responsabilità politica importante, un deciso passo migliorativo nell’azione di prevenzione e di contrasto alle mafie e alla corruzione. Fenomeni che minacciano da troppo tempo la nostra democrazia, la nostra sicurezza e che sottraggono ingenti risorse alla collettività, impedendo uno sviluppo economico e sociale, sano e diffuso, in tutto il nostro Paese“. 
Tralascio quanti hanno dimostrato sentimenti di avversione per questo testo, che era stato difatti in tutti modi contrastato sin dal novembre 2015, quando aveva ricevuto alla Camera il suo primo via libera, ed era stato successivamente il 6 luglio bloccato al Senato in seconda lettura… passando definitivamente in terza lettura alla Camera senza subire modifiche, per concludere il suo iter e diventare legge…
I numeri dicono che sono ben 20 mila i beni confiscati alle mafie (tra terreni, aziende e immobili) tramite sequestro preventivo, di cui fanno parte circa 3.000 società…
Un patrimonio immenso di quasi 30 miliardi, ma di cui è stato dimostrato, attraverso quella gestione amministrata … come oltre il 90% di quelle società, giungono in fallimento!!! 
Per quanto concerne le novità, la legge estende i possibili destinatari di quelle misure di prevenzione, non solo a chi si è prestato a fare il prestanome o aiutando i latitanti di associazioni mafiosa a delinquere, ma inserisce anche tutti coloro che commettono reati contro la pubblica amministrazione, come peculato, corruzione (ma solo nel caso di reato associativo) anche in atti giudiziari e concussione!!!
Ancor più importante è l’applicazione di un ulteriore controllo e cioè l’accertamento del patrimonio dell’autore del reato, soprattutto se questo risulta sproporzionato rispetto al reddito o se il condannato non è in grado giustificare la provenienza di quei beni… 
Per cui, anche se non viene applicato il provvedimento di “confisca”, si potrà procedere con l’amministrazione giudiziaria e il controllo giudiziario. 
La confisca diviene obbligatoria anche per alcuni reati, quali quelli ambientali o di auto-riciclaggio, vere e proprie attività dell’ecomafie e della criminalità organizzata…
Il provvedimento si applicherà anche in caso di amnistia, prescrizione o morte, di chi l’ha subita…
L’applicazione delle misure di prevenzione patrimoniali è resa inoltre ancor più celere, prevedendo per questi reati una “trattazione prioritaria”; verranno cioè istituiti nei Tribunali dei capoluogo (sedi di Corte d’Appello), sezioni o collegi specializzati per trattare in via esclusiva tali procedimenti… 
Viene introdotto inoltre, l’Istituto del controllo giudiziario delle aziende in caso di pericolo concreto di infiltrazioni mafiose: controllo previsto per un periodo che va da uno a 3 anni e può essere chiesto volontariamente dalle stesse imprese.
Si passa quindi alla fine di quel clientelismo e parentopoli… 
Viene stabilita una maggiore trasparenza nella scelta degli amministratori giudiziari (che abbiamo visto negli anni, essere stati in molte occasioni, veri e propri prestanome compiacenti di coloro che avevano subito i provvedimenti interdittivi… oppure erano imparentati con i giudici delegati o con quanti facevano parte di quel cerchio magico…), scegliendo coloro che hanno dimostrazione durante la loro esperienza, non solo di avere quelle necessarie e idonee competenze professionali, ma soprattutto, garantire quella necessaria indipendenza morale…
Inoltre è fondamentale che le nomine prevedano la “rotazione negli incarichi“, affinché non si determinino quei presupposti di naturale confidenza, per come in questi anni si è visto.. ed è accaduto!!!
Per cui… la nuova norma prevede che l’incarico non potrà essere dato a parenti, né a “conviventi e commensali abituali” del magistrato che lo conferisce…. si cerca di evitare l’ennesima brutta figura, commessa nel Tribunale di Palermo e non solo… 
L’hanno infatti chiamata “norma Saguto”, riprendendo il nome dell’ex Presidente della sezione misure di prevenzione del Tribunale del capoluogo siciliano, sospesa e indagata per corruzione… 
Sembra inoltre che il governo è delegato a disciplinare un regime di incompatibilità da estendere ai curatori fallimentari: stop a chi ha parentela, affinità, convivenza o assidua frequentazione con uno qualunque dei magistrati dell’ufficio giudiziario che conferisce l’incarico…
Infine, il problema della gestione e la salvaguardia delle commesse e dei posti di lavoro…
Per favorire la continuità delle aziende sequestrate nasce un fondo da 10 milioni di euro l’anno, per aiutare quelle aziende a proseguire le proprie attività…
Gli imprenditori del settore matureranno, dopo un anno di collaborazione, un diritto di prelazione in caso di vendita o affitto dell’azienda con la possibilità di un supporto tecnico gratuito. 
Grandi novità a breve ci saranno a breve anche sulla segnalazione di banche colluse con la malavita…
A conclusione, viene riorganizzata l’Agenzia Nazionale per i Beni Confiscati.
La sede centrale sarà a Roma e avrà un direttore che si occuperà dell’amministrazione dei beni dopo la confisca di secondo grado; verranno ridefiniti i compiti, potenziata l’attività di acquisizione dati e il ruolo in fase di sequestro con l’obiettivo di consentire un’assegnazione provvisoria di beni e aziende, che l’Agenzia può anche destinare beni e aziende direttamente a enti territoriali e associazioni.
Non sembra vero, ma forse questo nostro Stato ha deciso di cominciare a fare vedere i muscoli ed era ora…, dopo anni e anni trascorsi in maniera sterili (direi per lo più “inconcludenti”…), soprattutto dopo aver fallito nella scelta di quei propri uomini e donne…
Chissà, forse finalmente, grazie a questa norma, possiamo iniziare a credere che in breve tempo, si potrà vedere limitato quel sistema corruttivo e soprattutto quel potere economico/clientelare di quella nota organizzazione criminale!!!

Ricorrere sempre e in ogni caso in… Appello!!!

Vorrei riproporre quanto ritengo correttamente chiesto ai sostenitori del M5Stelle e cioè, se fosse giusto riformare la norma, nel caso in cui, a proporre l’appello sia il solo imputato e dove, attraverso tale richiesta, potrebbe incorrere eventualmente, anche in una condanna più pesante, rispetto a quella ricevuta in primo grado… 
Come sappiamo, il nostro ordinamento prevede che, se a proporre Appello è solo l’imputato, il giudice di secondo grado non può condannarlo ad una pena più alta ma può solo abbassarla o lasciarla identica… 
Il quesito invita a riflettere sulla valutazione di costi/benefici e garanzie in quanto oggi, una parte considerevole degli appelli sono fatti in modo strumentale per cercare di ottenere non solo una pronunzia più favorevole ma anche la prescrizione, senza rischiare, nel concreto, assolutamente nulla, con conseguente ingolfamento delle Corti di Appello e aggravio in termini di economia processuale e costi per la collettività.
Il divieto della “reformatio in peius” è un principio del nostro ordinamento, secondo il quale il giudice di appello non può modificare in senso peggiorativo la sentenza emessa dal giudice di primo grado, laddove vi sia un appello proposto esclusivamente dall’imputato.
Contrariamente a quello che possiamo pensare, il divieto di “reformatio in peius” è un principio che non è condiviso da altri ordinamenti democratici mondiali… 
Per prendere l’esempio forse più vicino all’ordinamento italiano, in Francia non c’è il divieto di “reformatio in peius”
L’effetto più evidente è in termini numerici. 
In Francia dove non c’è questo principio, gli appelli presentati sono circa 39 mila, in Italia invece, dove vige questo principio, abbiamo (dati ufficiali del Ministero della Giustizia) 260 mila appelli presentati.
Sostanzialmente l’imputato non ha alcun tipo di conseguenza nel presentare un appello, anche totalmente infondato o meramente dilatorio, perché in Italia ci sono quattro effetti principali per i quali un imputato propone appello.
Il primo, e più ovvio, è perché vuole dimostrare la propria innocenza all’interno di un procedimento nel quale ha avuto una condanna di primo grado. 
Ma questo non è l’unico effetto che l’imputato può provare ad ottenere proponendo appello. 
Ci sono tre effetti che forse si danno per scontati ma su cui bisogna mettere l’attenzione… 
Il primo è che proponendo appello abbiamo una dilazione e quindi un ritardo nell’applicazione e nell’esecuzione della pena.
Il secondo effetto, assolutamente rilevante, è che spesso nei procedimenti di primo grado c’è l’applicazione di una misura cautelare che ha dei termini tassativi decorsi i quali la misura cautelare deve essere revocata. 
Quindi proponendo l’appello ed allungando i termini processuali è possibile che l’imputato possa ottenere la scarcerazione, ad esempio.
L’ultimo effetto e il più evidente è che l’imputato può ottenere la prescrizione, di cui sentiamo spesso parlare anche sui giornali.
Perché l’imputato può proporre appello. 
Il tema si collega molto strettamente a quelli che sono i tempi della giustizia italiana.
Secondo i dati del Ministero della Giustizia un processo in Italia di primo grado dura in media 600 giorni. 
Un procedimento in appello dura più di 900 giorni. 
Il che vuol dire che con la proposizione anche di un appello totalmente infondato e meramente dilatorio l’imputato guadagna più di 3 anni solamente in attesa che la Corte d’Appello possa esaminare il suo appello.
Il principio per il quale l’imputato ha il diritto di impugnare una sentenza è sicuramente un diritto costituzionale, e un principio base e cardine del nostro ordinamento processuale. 
Certamente non può e non deve esserlo anche quello per il quale all’imputato non possa arrivare nessun tipo di conseguenza negativa per la proposizione di un appello che ha messo inutilmente in moto la macchina della giustizia.
La funzione principale del diritto penale è una funzione general preventiva. 
Che cosa vuol dire, che attraverso una punizione del colpevole si cerca di ottenere un’educazione di tutti gli altri consociati, per far sì che le persone, vedendo che chi sbaglia paga, si asterranno in futuro dal commettere delitti della stessa specie di quelli che hanno ottenuto una condanna.
Chiaramente con la tempistica che ho prima sottolineato questa funzione general preventiva si sta perdendo e si cerca di recuperarla attraverso un innalzamento delle sanzioni per provare a evitare anche la prescrizione, che purtroppo è sempre più evidente ed è sempre più rilevante in tutti i procedimenti di primo grado.
Questa proposta presentata dall’Avv. Mattia Alfano, cerca di avere un processo più snello, più efficace, perché un processo più breve è anche un processo che evidentemente svolge la sua vera funzione…
La verità è che forse nel nostro paese, questo procedimento non si vuole minimamente modificare, perché va bene così… a molti… a tutti… in particolare proprio a chi può attraverso quel ricorso, continuare a beneficiare di tutti quei compensi interessanti!!!
  

Quando non si crede più nella giustizia…

Ultimamente, mi è capitato d’ascoltare alcune opinioni… gente normale, amici, conoscenti ma soprattutto estranei, uomini e donne di quelli che s’incontrano al bar, al ristorante, presso un ufficio pubblico o in uno studio professionale…

Quanto emerge da quelle riflessioni è davvero preoccupante…
La maggior parte delle persone (premetto che nessuno tra loro, ha espresso giudizi politici… anzi, la maggior parte di essi, evidenziava come la politica non rientrava minimamente tra i propri interessi), esprimeva nell’amministrazione della giustizia la propria diffidenza…
Dichiaravano, di non credere più che vi fosse serietà e rispetto delle leggi, anzi… tra loro vi è stato chi si è spinto oltre, manifestando il proprio turbamento, esprimendo di non voler credere più nella giustizia!!!
Per comprendere meglio ho chiesto loro, di essere più espliciti, di farmi comprendere a cosa si riferivano… e posso dire che la maggior parte, ha risposto all’unisono: “Ma li stai osservando i processi… non vedi in quale modi si concludono le sentenze???… Scusami… ma sei di Catania oppure sei di fuori…???”…
Allora volendo volontariamente insistere – anche se avevo già intuito dove si stava per indirizzare il dibattito, ho chiesto loro di farmi degli esempi ed infatti, ecco che mi è stata posta la fatidica domanda: “stando a come finiscono anni e anni di processi, mi dica un solo nome influente di questa città, che sia mai stato condannato negli ultimi trent’anni”…???
Continuando… 《lasciamo perdere i mafiosi o quelli che vengono considerati tali… trattiamo esclusivamente quei soggetti che vengono dichiarati “associati” a quel sistema criminale, ad esempio, discutiamo di quelle note società presenti nel nostro territorio, esaminiamo quei loro imprenditori, oppure, entriamo ancor di più nello specifico, analizziamo la classe amministrativa e politica, in particolare vagliamo quel loro “pedigree”… dagli apparenti toni immacolati, scoprendo poi… successivamente, come molti di questi illustri personaggi, siano stati in un qualche modo legati a quella struttura piramidale》.
Ed allora, Le chiedo: se il sistema è questo… ritiene che ci sia realmente la volontà di combattere la mafia e tutte le sue ramificazioni???
Crede realmente che il loro principale interesse sia ispirato da principi di giustizia o forse in quelle azioni, non è che si celi il loro vero obbiettivo, quello cioè di creare disorientamento???
Non è che così facendo, si sta tentando di condizionare o influenzare i processi in corso ed in particolare i giudizi finali da doversi esprimere, affinché primeggi in ogni circostanza, iniquità e prevaricazione…???
Mi chiede:  fino a quando pensa che i cittadini resteranno passivamente inermi ad assistere quanto avviene in quelle aule del Tribunale???

In questo momento il messaggio che sta passando è quello che la giustizia… sia di fatto “ingiusta”… in quanto dimostra di essere “forte con i deboli e debole con i forti”!!!
Ed allora… una giustizia che crea disuguaglianza dove potrà portarci???
Quando le leggi non rispettano i principi di eguaglianza e libertà, quando il sistema è profondamente corruttivo e collusivo, quando non viene svolta una adeguata lotta alla mafia, di quale democrazia stiamo parlando??? 
Quale libertà personale è messa in gioco??? 
Dove inizia e finisce la dignità del cittadino, dov’è la legalità quando quest’ultima viene calpestata quotidianamente dal potere di quanti “contano” e sono gli stessi d’altronde, che impongono a ciascuno di noi, la propria volontà?
C’e bisogno di una verità “vera”, di una giustizia “giusta”, di giudizi che pervengano alla determinazione di un verdetto che rispecchi in maniera corretta la norma del diritto e non che si lasci condizionare da logiche di compromesso o dal potere dei più forti, perché si sa, “con l’eliminazione del diritto del più forte… si è introdotto di conseguenza il diritto del più furbo”!!!
  

La "trasparenza" Amministrativa.

Questa sera, presso la Sala Layola della Parrocchia del SS. Crocifisso dei Miracoli, si è tenuto un incontro sul tema: ” La trasparenza amministrativa come diritto di cittadinanza”. 
L’incontro è stato organizzato da Padre Gianni Notari, dove hanno partecipato importanti docenti, presidenti e direttori di Associazioni e Centro Studi…
Riprendendo quanto ha riportato il Dott. Vittorio Alvino (Presidente dell’Associazione Openpolis): “Oggi assistiamo ad un appiattimento piuttosto sistematico dell’ideale sul reale, pensiamo al campo della vita civile, a quando, ad esempio, ci lamentiamo per il fatto che il nostro paese sia tra i più corrotti dell’Unione Europea… preso atto di questo, c’è in atto una costante tendenza a modificare la legge per adeguarla alle pratiche correnti; si ha di conseguenza, un’appiattimento della norma sul fatto, del diritto sul potere, del valore sulla pratica corrente…”.
Riconoscendo quindi la dimensione del diritto di cittadinanza di libertà della stessa trasparenza, diritto di ogni cittadino e la promozione connessa della partecipazione dell’interessato all’attività amministrativa (formulazione questa peraltro dovuta ad un intervento espresso dal Consiglio di Stato), ciò che si tende ad assicurare è l’attuazione dei principi costituzionali dell’imparzialità e del buon andamento delle Pubbliche Amministrazioni, così come sanciti dall’art.97 della Costituzione   
L’impatto di tale normativa sui rapporti tra le Pubbliche Amministrazioni e i cittadini è dirompente, rispetto ad un arcaico sistema organizzativo delle istituzioni pubbliche basato sull’autoreferenzialità e l’inaccessibilità al mondo esterno…
Infatti, mediante quest’innovazione normativa, non solo si garantisce al cittadino il pieno diritto di prendere visione degli atti di un procedimento, ma soprattutto si condiziona l’intera attività amministrativa che da ora in poi, dovrà ispirarsi a quei principi di trasparenza e legalità…
Per quanto sopra si interseca, anche il diritto di accesso, inteso come quel potere (e/o diritto degli interessati) di richiedere o prendere visione ed eventualmente ottenere (ai sensi dell’art. 22 della legge 241/90), copia dei documenti amministrativi…
Certo quanto scritto sulla carta… avrebbe dovuto trovare disposizione nella pratica ed invece, ad oggi, soltanto il 30% delle Amministrazioni Pubbliche ha assolto all’implementazione dei principi di trasparenza imposti dal decreto in vigore dal 20 aprile 2013 (dati verificati su un campione di enti pubblici monitorati)…
Va aggiunto inoltre che, le richieste di accesso agli atti vengono evase con tempi biblici, ignari probabilmente che qualsiasi azione dell’amministrazione pubblica deve avere tempi certi (la L.241/90 prevede la predeterminazione dei tempi dei procedimenti amministrativi, nonché il termine per l’accesso agli atti dei cittadini).
Inesorabilmente, per molti Enti, sono già arrivate le prime sanzioni per mancato adempimento degli obblighi normativi imposti dal Legislatore in materia di trasparenza…
E difatti, la magistratura a cominciato a sanzionare i comportamenti omissivi e inadempienti, rispetto agli obblighi in tema di piattaforme informatiche, pubblicazione on line e trasparenza amministrativa…
La verità è che il più delle volte, dietro quei comportamenti “omissivi“, si nascondono le tracce di comportamenti “collusivi“, di procedure eseguite affinché si possa giungere a “autorizzazioni” o procedure “correttive” che di fatto violano i principi di legalità e che di conseguenza non possono essere rese pubbliche…
Alle domande dei cittadini si risponde con un silenzio assordante… sia da parte di quei responsabili dell’Amministrazione, ma soprattutto da parte di quelle forze politiche, che coprono costantemente quanto compiuto da alcuni dipendenti “corrotti” all’interno di quelle amministrazioni, ed è il motivo per il quale, non si premurano a fare in modo che le documentazioni richieste agli uffici preposti, possano divenire in maniera celere pubbliche…!!!
La corruzione all’interno di quegli uffici, non è un destino inevitabile… ma un abito culturale!!! 
In tal senso, nella lotta al fenomeno corruttivo, la prevenzione, gioca un ruolo strategico, perché capace di agire sulle occasioni e sui fattori determinanti della corruzione, su quei comportamenti deviati ascrivibili alle zona d’ombra del governo in cui il potere si fa opaco e invisibile.  
Una politica di prevenzione interviene principalmente a livello amministrativo, promuovendo la cultura della trasparenza nella Pubblica Amministrazione. 
La corruzione pubblica si insidia, infatti, nelle amministrazioni che non garantiscono alcuna tracciabilità e soprattutto rendicontazione della propria attività….
E’ questa una verità talmente ovvia che novanta Stati nel mondo, si sono dotati di una legge specifica sulla libertà d’informazione, nota come Freedom of Information Act o meglio “Foia“. 
Il “Foia” garantisce un diritto di accesso totale ai documenti amministrativi, rivelandosi un potente strumento di democrazia e controllo. 
Non a caso, nei paesi in cui la trasparenza è un’abitudine consolidata, il tasso di corruzione pubblica percepita è bassissimo!!!
Quindi, come ho cercato di spiegare questa sera… prima della “trasparenza amministrativa”, bisogna costruire una “trasparenza morale”, in grado di annientare una volta e per tutte, quel culto della “segretezza” nell’attività amministrativa, altrimenti quella “casa di vetro” della Pubblica Amministrazione (tanto decantata durante i vari interventi), lascerà non solo fuori il cittadino, ma soprattutto non permetterà mai ad egli, di poter guardare dentro e partecipare… che poi di fatto è… quanto sta avvenendo nella pratica di tutti i giorni!
Purtroppo da noi… la nozione di trasparenza, per nostra disgrazia, pare essere intrinsecamente e fatalmente oscura!!!
P.s. Mi volevo scusare con la Prof.ssa Nicoletta Parisi (docente di Diritto dell’Unione europea e componente dell’ANAC) in quanto, nel redigere quanto riportato, non avevo menzionato il suo nominativo (durante l’incontro non avevo avuto modo di segnarmi i nomi di quanti avevano partecipato all’incontro…), che vorrei aggiungere, in modo preciso e soprattutto chiaro, è riuscita a spiegare a noi presenti, quel principio fondamentale dell’esercizio della funzione amministrativa.

Efficienza e inefficienza della giustizia civile…

Quando si guarda alla giustizia civile la prima cosa che viene in mente è il numero dei processi in corso e il tempo necessario perché ciascuno di essi venga definito…

Non so quanti sono, chissà… centinaia, migliaia… forse milioni di procedimenti accalcati in quegli armadi strapieni, in attesa di un “benedetto” giudizio…
Molti di questi processi sono per lo più futili e si sarebbero potuti risolvere in modo del tutto diverso, ad esempio, attraverso una semplice conciliazione tra le parti piuttosto che fare perdere del tempo fondamentale ai nostri giudici, che avrebbero così potuto dedicarsi a procedimenti ben più importanti… 
Ma è così va il nostro paese… e comunque nelle migliori condizioni più favorevoli, la durata di quei processi non dura meno di 3 anni e molto spesso alla fine questi procedimenti si chiudono con conciliazioni o abbandono della causa…
Totalmente diversa la situazione negli altri paesi europei… e meno male che in questi anni è intervenuta la figura del giudice di pace, che almeno, ha permesso di smaltire buona parte di quei procedimenti…
La disgrazia è però che la differenza tra cause smaltite e nuove, è a vantaggio di quest’ultime, e quindi determinando di fatto un aumento delle cause arretrate!!!
Fortunatamente, anche i cittadini hanno compreso che il più delle volte passare dalla giustizia… determina non solo costi esosi per le varie spese legali che si devono affrontare, perché il più delle volte, il giudizio arriva quando ormai non ve ne più necessità…
Certamente restano ancora in piedi tutti quei procedimenti per le controversie di lavoro, collettive e individuali: gli imprenditori dovrebbero comprendere come a volte sia più ragionevole fare un passo indietro, rinunciando a qualcosa, onde evitare scontri giudiziari che si sa come iniziano… ma non si sanno mai come finiscono!!!
Certo il rischio che oggi si corre è quello di voler  dissuadere da un lato i cittadini dal ricorrere sempre più alla giustizia, in particolare quando il costo della causa supera abbondantemente l’eventuale valore finanziario della lite, ma di contro, bisogna evitare di far passare un grave messaggio e cioè la consapevolezza di non potere in pratica far valere un proprio diritto… sia pure di scarso valore economico!!!
Al di là di quanto comunque si sta tentando di realizzare nel progetto di  riforma dell’ordinamento giudiziario, mi pare che comunque qualcosa in maniera celere c’è da modificare… in particolare prendendo spunto da quei modelli, francese e britannico, esemplari per rapidità e sobrietà…
Un altro problema è la frammentazione degli uffici giudiziari, bisognerebbe trovare quel giusto compromesso nella riduzione dei Tribunali, fonderli insieme… ma in questi anni abbiamo visto come -con tutti quei ministri della giustizia che si sono succeduti- tanto si è parlato, ma poco si è fatto per ottenere concreti risultati… 
Si tratta ora di ridare ai cittadini un ritorno alla certezza del diritto, essenziale sia per la collettività che per l’individuo, sapendo che ad ogni azione corrisponderanno conseguenze (positive o negative), con la certezza della “pena”!!!

E’ chiaro che c’è bisogno di regole processuali chiare e che vanno in egual modo da tutti rispettate… non ci possono essere –come il più delle volte assistiamo– a due pesi e a due misure… 

Deve finire inoltre quella consuetudine “patologica” della tecnica al “rinvio” o il ricorrere sempre… in appello, in cassazione, anche quando vi sono ben poco valide ragioni a sostegno dell’impugnazione!!!
Cercare di trovare una soluzione a tutti i problemi della giustizia civile comprendo sia difficile, ma se anche il “World Justice Project” (un’organizzazione indipendente non profit, che ogni anno valuta l’aderenza del sistema giudiziario degli Stati alle regole del diritto) ha valutato – in base ai criteri di affidabilità (la capacità delle Leggi di garantire i diritti fondamentali), credibilità (il grado di accessibilità, efficienza ed equità del processo), integrità morale dei giudici (la competenza e l’indipendenza dei magistrati e l’adeguatezza delle risorse messe a loro disposizione)- i parametri di tutti gli Stati europei con punteggi che vanno da zero a uno e per NESSUNO di questi 4 indicatori, il nostro paese è riuscito a superare lo 0,5 (ad eccezion fatta per l’adeguatezza delle risorse…) dimostra chiaramente come qualcosa in questa non giustizia non vada…

Protocollo di legalità…

Avevo già toccato in precedenza questo argomento, ma sentendo questo gran parolone ripetersi in continuazione…quasi fosse diventato una  moda, riprendo l’occasione per parlarne nuovamente…  

Ciò che mi affascina di certi personaggi della nostra politica è quello d’innalzare al cielo principi e regole di comportamenti che sarebbero certi ed ovvi in altri paesi, ma che da noi invece diventano eccezioni…
Ed allora la Confindustria, inizia ( finalmente direi io), a mettere quelle regole, mettendo alla porta le imprese che sono state o che sono ancora oggi, in sentore di mafia… 
Mi sono chiesto allora, quali imprese in Sicilia sono state allontanate, ed ancora quali società, provincia per provincia, sono state espulse, ed allora controllate una ad una, ho visto la sorpresa… 
In molti di queste, figuravano personaggi importanti, ex presidenti di Confindustria, Ance, Camere di Commercio, troviamo parenti di personaggi politici e che hanno rappresentato in tanti anni, quella realtà imprenditoriale importante e fondamentale, ed ora strano a dirsi, si cambia strada… e tutti fuori! 

Mi chiedo, ma perché non si ci è pensato prima? perché soltanto adesso si cerca di provvedere a compensare una così grave lacuna, non vorrei che forse qualcuno, più per interesse personale abbia dato inizio ad una nuova crociata,  per godere così di visibilità, benefici personali o interessi paralleli sostenendo  le imprese amiche…

Ed allora mi auguro che anche tutte il resto delle associazioni in Italia abbiano recepito il messaggio e che non esistano sacche dove si continui ad operare nella illegalità…
Ho letto di un maggior controllo nella gestione dei contratti d’appalto, nella verifica di quelle società che vanno messe nel mirino, per comprendere se esse sono collegate alla criminalità e se durante la gestione dell’appalto non ci siano all’interno infiltrazioni…

Ed inoltre, quel particolare riguardo che bisogna mettere in atto, per il controllo degli investimenti, dato che, nei prossimi anni saranno messi in campo 140 Milioni di euro per la realizzazione delle infrastrutture nella nostra provincia… 

Secondo gli esperti di lotta alla criminalità ( e da noi ne abbiamo tantissimi ), proprio la nostra Città di Catania, si è contraddistinta per una forte penetrazione mafiosa, sia per quegli aiuti di carattere politico, che per la disponibilità di persone incensurate a prestarsi ad assecondare le richieste dei loro amici…
Di tutti coloro che invece utilizzano la propaganda della lotta alla mafia per fini personali ed in questo momento ne abbiamo alcuni, ecco che a questi, io non credo tanto… 

Infatti la dimostrazione di ciò è che pur avendo denunciato misteriose intimidazioni, ( ognuna di queste ancora da verificare ), trovano però consensi personali che li fa salire al gradimento generale e concentrando  su essi l’attenzione pubblica, permettendo così alle imprese amiche, di godere di quel vento favorevole, che soffia grazie al sostegno dato dal tanto acclamato loro pupillo…

Ora rileggendo la storia personale di questi soggetti, ci si accorge che hanno sempre ricoperto posti ed incarichi, dati a coloro che vorrebbero non definirsi       ” raccomandati ” , ma che lo sono stati di fatto… ed ecco allora passaggi di poltrone, presidenze concesse per ” diritto politico “, questo volersi comportare da manager imprenditoriale senza avere mai rischiato nulla di tasca propria e nel contempo sperare, che erigendosi a paladino della giustizia e della legalità,  possa trovare sostenitori, per una eventuale candidature politica, tanto lo fanno tutti ormai…
Alla fine tutto trova una logica… l’unica, quella cioè di tentare sempre di salire nel gradino più alto, ed in questa loro scommessa, sperano di trovare quello spazio libero, che come un parcheggio, permetta loro di sostare il più tempo possibile, ma soprattutto di godere e beneficiarne senza alcun costo, ottenendo per se  quell’insperato indennizzo, giusto compenso per non aver fatto nulla…