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Ferrari, smettetela di pensare: copiate e basta!

Cari lettori e tifosi della Rossa, oggi voglio condividere con voi una riflessione nata dopo aver assistito al Gran Premio d’Australia di Formula 1.
La Ferrari, come molti di voi avranno notato, non ha brillato e sembra purtroppo continuare sulla scia delle difficoltà già emerse lo scorso anno.

Già… perché, nonostante qualche timido miglioramento negli ultimi anni (da quando è arrivato l’Ing. Frédéric Vasseur), il divario con team come Red Bull, McLaren e, aggiungerei, Mercedes rimane evidente.

La Ferrari, come molti di voi sapranno, non ha brillato in questo inizio di stagione. Ma non è tanto la mancanza di velocità a preoccuparmi, quanto piuttosto gli errori strategici che sembrano ripetersi con una preoccupante regolarità.

Partiamo dai fatti: in Australia, la Ferrari si è presentata alla griglia di partenza con Charles Leclerc settimo e Lewis Hamilton ottavo. Un posizionamento deludente, soprattutto se si considera che Red Bull e McLaren hanno dimostrato di avere un passo superiore. Ma, come dicevo, non è questo il punto che mi fa riflettere.

Quello che mi ha colpito è stato vedere i piloti costretti a decidere la strategia in pista. Sì, avete letto bene: non è stato il muro a dare indicazioni chiare, ma Charles Leclerc (e in parte Lewis Hamilton, che ha subito le scelte della squadra) a dover improvvisare. Questo è sintomatico di un problema più grande: nessuno, in Ferrari, sembra sapere davvero cosa fare.

E qui mi viene in mente un insegnamento che arriva dal mondo della vela. Nelle regate, quando ci si trova in difficoltà, una delle prime cose che si impara è copiare chi è davanti. Perché? Perché chi guida la gara ha già fatto i conti con vento, correnti e imprevisti, e seguire la sua scia è spesso la scelta più sicura per non perdere ulteriore terreno. Solo quando si è quasi certi di aver perso, si può osare un percorso alternativo, sperando in un colpo di fortuna (come un cambio di vento a proprio favore).

E allora mi chiedo: perché la Ferrari non adotta una strategia simile? Perché non copiare pedissequamente le decisioni della Red Bull, che finora si è dimostrata un passo avanti non solo in termini di prestazioni, ma anche di acume strategico? Se Max Verstappen e il suo team optano per un pit stop anticipato, perché non fare lo stesso? Se scelgono una determinata strategia sulle gomme, perché non seguirla?

Avevo deciso all’inizio di intitolare il post così: Ferrari e la strategia di gara: quando copiare è l’opzione migliore! Ma mi sembrava troppo educato e allora l’ho cambiato. Perché, diciamocelo chiaramente: quando non sai cosa fare, affidati a chi ne sa di più!!!

E voi, cosa ne pensate? Sarebbe ora che la Ferrari adottasse una strategia più “umile” e si ispirasse ai migliori, o credete che debba continuare a rischiare per trovare la propria via? Fatemi sapere nei commenti!

Angeli o demoni? Quando la nostra vita è nelle mani dei magistrati e delle norme.

Il tribunale è un luogo di giustizia, un’istituzione che dovrebbe incarnare l’equilibrio tra legge e umanità. 

Eppure, dietro le sue porte si nascondono storie che oscillano tra la luce e l’ombra, tra decisioni che salvano e altre che distruggono. 
Quando le nostre vite finiscono nelle mani dei magistrati e delle norme, ci troviamo in un territorio in cui la giustizia non è sempre sinonimo di “giustezza“, e dove il confine tra angeli e demoni può diventare sfumato.

Ogni giorno, nei tribunali italiani, si consumano drammi umani che raramente trovano spazio nelle cronache. Decisioni che riguardano la custodia dei figli, l’amministrazione di sostegno, le interdizioni, le separazioni, le eredità: sono tutte situazioni in cui la vita delle persone viene messa nelle mani di chi indossa la toga. 

I magistrati, con il loro potere discrezionale, hanno la responsabilità di decidere cosa è giusto e cosa non lo è. 

Ma cosa succede quando la legge, per quanto precisa, non riesce a cogliere la complessità delle vite umane?

Ci sono casi in cui i magistrati si rivelano veri e propri angeli custodi. Pensiamo ai giudici che, con sensibilità e attenzione, riescono a interpretare la legge in modo da proteggere i più deboli. Come quei tutelari che ascoltano davvero le volontà di un anziano o di una persona con disabilità, garantendogli dignità e autonomia. 

Oppure come i giudici minorili che, in situazioni di conflitto familiare, mettono al centro il benessere dei bambini, trovando soluzioni che vanno oltre il rigido dettato normativo. In questi casi, la giustizia diventa uno strumento di umanità, un faro che guida verso scelte giuste e compassionevoli.

Ma non sempre è così. Ci sono situazioni in cui la burocrazia, la fretta, o semplicemente l’incapacità di comprendere la complessità umana, trasformano la giustizia in un mostro. Pensiamo ai casi in cui un amministratore di sostegno viene imposto senza un reale ascolto del beneficiario, o ai procedimenti che si trascinano per anni, logorando le vite di chi aspetta una sentenza. 

Poi vi sono ahimè giudici che, nascosti dietro il formalismo della legge, prendono decisioni che sembrano ignorare completamente le conseguenze sulla vita delle persone. In questi casi, il tribunale diventa un luogo di sofferenza, dove la legge, invece di proteggere, opprime!

Le norme sono il pilastro su cui si fonda la giustizia, ma non sono infallibili. Spesso, infatti, sono scritte in modo generico, lasciando ampio spazio all’interpretazione. È qui che entra in gioco il ruolo del magistrato: la sua sensibilità, la sua esperienza, la sua capacità di guardare oltre il testo della legge. 

Ma è proprio questo spazio di discrezionalità che può diventare un’arma a doppio taglio; quando manca l’empatia o la volontà di approfondire, le decisioni rischiano di diventare fredde e distanti, trasformando la giustizia in una macchina che schiaccia chi le passa sotto.

A complicare ulteriormente le cose c’è la crisi del sistema giudiziario italiano, caratterizzato da carenze strutturali, tempi biblici e un carico di lavoro insostenibile per i magistrati. In questo contesto, anche i migliori professionisti faticano a garantire un’adeguata attenzione a ogni caso. Il rischio è che le decisioni vengano prese in fretta, senza il necessario approfondimento, con conseguenze drammatiche per chi si affida alla giustizia.

Cosa fare, allora, per evitare che le nostre vite siano lasciate in balia di un sistema che oscilla tra angeli e demoni? La risposta sta in una riforma profonda del sistema giudiziario, che garantisca più risorse, tempi certi e una formazione specifica per i magistrati, soprattutto in ambiti delicati come il diritto di famiglia o la tutela delle persone fragili. Ma serve anche una maggiore consapevolezza da parte di tutti noi: la giustizia non è un’entità astratta, ma un sistema fatto di persone, che può e deve essere migliorato.

Il tribunale è un luogo in cui si incontrano storie di dolore, speranza, ingiustizia e redenzione…

È un microcosmo che riflette le contraddizioni della nostra società, dove la legge può essere uno strumento di protezione o di oppressione. Spetta a noi, come cittadini, pretendere che la giustizia sia sempre più umana, più attenta, più giusta. Perché, in fondo, la differenza tra angeli e demoni non sta nelle norme, ma in come decidiamo di applicarle.

No Draghi??? No Party!!!

Se qualcuno pensava ra i miei connazionali che alla caduta del Presidente del Consiglio non avessero seguito una serie di manovre di ritorsione da parte dall’Eu, evidenzia non aver compreso le dinamiche internazionali che vi sono dietro a certe decisioni politiche già da tempo intraprese…

Vedrete, a breve tutto si ritorcerà contro di noi e a seconda delle scelte che verranno definite anche con le prossime elezioni politiche, si vedrà se il nostro paese potrà ricevere i fondi programmati previsti oppure se viceversa verranno create tutte una serie di difficoltà sia burocratiche che amministrative, che porteranno verso difficili variabili impossibili da poter valutare e quantificare oggi.

Peraltro fateci caso, appena saputa la notizia che il governo Draghi stesse per cadere ecco innalzarsi lo Spread, a cui sono seguite tutta una serie di dichiarazioni di Presidenti che avvertivano sui possibili rischi che quella scelta avrebbe determinato… 

Quindi ecco subire una serie di manovre di speculazioni di mercato e di rischi d’inflazione a cui si preparano dei meccanismi che potrebbero bloccare quei fondi programmati dell’Ue, d’altronde va ricordato come le istituzioni europee siano tenute a regolare tutti i governi nazionali allo stesso modo, a prescindere dai partiti che li sostengono. da colori, dalle loro posizioni internazionali, etc…

Ora se pur la decisione di mandare a casa Draghi possa essere risultata per taluni esponenti dell’Ue infelice, questa scelta non può essere considerata motivo di ricatto per quei fondi Ue già destinati al nostro paese e mi riferisco ai finanziamenti previsti dal Recovery fund: 68,8 miliardi di sussidi e 122,6 miliardi di prestiti… 

Sì… stiamo giocando una partita delicata e a seconda delle mosse che di qui a breve i nostri governanti faranno, si decideranno le sorti del nostro Paese…