Al fine di chiarire alcuni dubbi e garantire la corretta e uniforme applicazione della disciplina vigente da parte delle stazioni appaltanti e degli Organismi di Attestazione, ritengo corretto affrontare alcune criticità attualmente presenti nei cosiddetti “Consorzi stabili”, in particolare:
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Quante dichiarazioni sulla realizzazione di quel ponte sullo stretto. Già… forse anche troppe!!!
“È troppo basso per il transito delle navi“!!!
Ecco l’ultimo allarme riferito sull’altezza massima del ponte rispetto al livello del mare, ma non è quel quel ponte non lo si vuole realizzare per i troppi interessi economici che genera quotidianamente???
Ho letto altresì i un post parlare d’incidenti negli anni di navi transitanti che sono andate ad impattare sui i cavi elettrici presenti sullo stretto che collegano Calabria a Sicilia…
Certo, c’è poi chi replica – dopo aver lavorato su quei piloni per 40 anni – che nessuna nave ha mai toccato quei cavi elettrici, tra l’altro aggiungendo: sarebbe stato certamente un disastro!!!
Peraltro vi è anche chi in maniera professionale spiega come l’altezza dell’impalcato, in condizioni normali di esercizio, è previsto in 76 metri s.l.m. e quindi i 65 metri ultimamente riportati, sono riferiti esclusivamente al franco minimo navigabile e cioè all’abbassamento massimo che subisce l’impalcato quando è al massimo del carico e che, secondo quanto previsto dalle normative internazionali, non deve mai essere inferiore a 65 metri, motivo per cui, le più grandi navi attualmente in circolazioni nei mari di tutto il mondo, ci passerebbero alla grande…
Tuttavia, ogni qualvolta si cerca di realizzare quest’opera, c’è sempre qualcuno disposto a fare in modo che ciò non avvenga e quindi, mentre nel mondo si compiono infrastrutture ben più notevoli, da noi tutto viene valutato senza alcun dato scientifico, ma la sensazione è che quel giudizio, positivo o negativo, venga basato su fattori prettamente personali e non tecnici, e così, non solo non partono i lavori, ma nemmeno si arriva ad un proposta plausibile che preveda un progetto esecutivo…
Chissà se molto non dipenda dall’eventuale annullamento dei contratti in essere o ancor peggio, sulla messa in liquidazione della società concessionaria…
Cosa dire, tra questi due schieramenti non si troverà mai un accordo e forse dopotutto è meglio lasciare le cose per come stanno, d’altronde… se Dio ha preferito tenere la Sicilia staccata dall’Italia, chissà, forse una ragione c’è!!!
Cave e miniere: parte seconda
Riprendendo il post http://nicola-costanzo.blogspot.com/2021/09/settore-cave-e-miniere-la-storia.html analizziamo ora il tema dei rifiuti estrattivi.
La CTS ritiene, come appurato in alcuni pareri, che gli scarti di cava debbano essere considerati rifiuti, compresi i limi di lavaggio, pertanto nei progetti in cui non è presente il piano gestione dei rifiuti (ai sensi D.Lgs 117/08), si rileva una criticità pregiudizievole che determina l’assoggettamento del progetto a VIA.
I tecnici delle associazioni di categoria con apposita documentazione tecnica e normativa hanno invece rimarcato che nell’ambito dei progetti di cava viene trattato anche l’aspetto relativo all’utilizzo degli scarti di cava, compresi i limi di lavaggio.
E’ stato dimostrato (vedasi intervento del Presidente del Consorzio Pietra lavica dell’Etna, Dott. A. Grassi reg. 2 -1h 24’ 00″) che nelle consuete pratiche estrattive non si perviene alla produzione di rifiuti estrattivi, tranne nei rari casi in cui il produttore abbia l’intenzione di disfarsene rientrando, conseguentemente nell’ambito del D.Lgs 117/08.
Sono stati richiamati, anche se in forma anonima, dei pareri in cui è stata rilevata la criticità della mancanza del piano di gestione rifiuti, nonostante nei progetti l’argomento fosse stato trattato in maniera chiara, anche in questo caso i componenti la CTS presenti al Tavolo non hanno ritenuto di condividere quanto esposto dai tecnici e sono rimasti fermi nelle loro posizioni.
Sempre in merito agli scarti di cava è stata contestata alla CTS l’applicazione all’attività estrattiva e mineraria del D.P.R. 120/17 che, diversamente, regola la materia relativa alle “terre e rocce da scavo” provenienti dalle realizzazioni di opere edili-stradali.
E’ stato fatto notare come in alcuni pareri è stata perfino rilevata come “criticità documentale” la mancata trasmissione del piano di utilizzo delle terre e rocce da scavo nell’ambito delle attività estrattive, nonostante la giurisprudenza in materia esclude categoricamente di applicare il D.P.R. 120/17 per i materiali derivanti dall’attività estrattiva.
Anche su questo punto i convincimenti degli esperti di legislazione ambientale della CTS non sono stati neanche scalfiti dalle argomentazioni puntuali esposte dai Tecnici delle Associazioni; solo nell’ultimo incontro del 16/04/2021, al quale è stato invitato a partecipare un rappresentante dell’Assessorato Energia, il Distretto Minerario di Catania ha ribadito con chiarezza che gli scarti di cava, non devono essere considerati rifiuti in quanto costituiscono preziosa risorsa (reg. 3 – 57’ 30’’).
Sempre sul tema rifiuti estrattivi è stato fatto notare che in qualche progetto di cava la medesima criticità sul piano gestione rifiuti non è stata considerata e/o valutata, nonostante il progetto fosse sprovvisto di tale piano, confermando le perplessità delle Associazioni che imputano alla CTS di adottare parametri valutativi non omogenei.
CONTINUA…
Catania… si salvi chi può!!!
Comunque, è strano vedere come in Francia per un aumento di pochi centesimi di carburante (precisamente 8 cent.), i cittadini siano scesi in rivolta in maniera inferocita, per far valere le proprie ragioni, mentre da noi, sì… in questo nostro bel Paese, ci fottono milioni e milioni di euro, senza che nessuno mai s’indigni!In un primo momento ho creduto che si trattasse di masochismo, già sembrava che i miei conterranei trovassero particolarmente piacere nel soffrire… ma poi ho compreso che non era quello il reale motivo, bensì la vera ragione andava ricercata altrove, nell’animo umano, sì in quella propria debolezza… non nel lottare, ma nel lasciare – dinnanzi al proprio orticello – un accesso laterale, da utilizzarsi al momento opportuno…
Ecco perché quanto è accaduto è stato possibile, perché sono stati in molti ad aver partecipato alla realizzazione di questo Default, non per nulla il Procuratore generale delle sezioni riunite della Corte dei conti di Roma (Marco Boncompagni), sulla gestione finanziaria condotta dall’Ente negli ultimi anni ha scritto: “Risulta caratterizzata da un susseguirsi di criticità che nel tempo hanno compromesso la capacità di garantire gli equilibri negli esercizi futuri registrando un costante e crescente ricorso all’anticipazione di tesoreria, puntualmente inestinta al termine dell’esercizio di ciascun anno per importi considerevoli con notevole aggravio della spesa per interessi passivi”.
Ma è l’approfondimento che fa il Pg successivamente su quella situazione economica-finanziaria ad evidenziare o meglio a confermare quanto dal sottoscritto riportato: “L’analisi ha consentito l’emersione di criticità che hanno posto in evidenza la grave violazione di norme e principi contabili, mettendo in rilievo una grave condizione di precarietà che sono quindi da ritenersi configurati nei presupposti per la procedura di dissesto”!!!I numeri delle aziende confiscate…
Quanto accaduto nel tribunale di Palermo, ha riproposto all’attenzione pubblica il tema della gestione delle aziende e delle attività d’impresa sottratte alle mafie…
I dati dell’Agenzia (2012) dicono che delle 1708 aziende confiscate in Italia, 497 sono uscite dalla gestione in quanto cancellate dal registro delle imprese e/o liquidate, mentre le restanti 1211 sono ancora sotto gestione amministrata…
Si legge che per 14 di esse la confisca è stata revocata, mentre per altri 45 casi si è proceduto alla vendita a soggetti privati, le restanti 393 sono ancora da destinare, mentre 342 sono state destinate alla liquidazione, 198 hanno un fallimento aperto durante la fase giudiziaria, per 189 è stata richiesta la cancellazione dal registro delle imprese e/o dall’anagrafe tributaria.
La gestione infine delle restanti 30 aziende è stata sospesa per pendenza di procedimenti penali e di cui, per 5 di queste, la sospensione è stata causata da varie criticità…
I numeri dicono inoltre che, di queste 1708 aziende confiscate, 623 erano in Sicilia, 347 in Campania, 223 in Lombardia, 161 in Calabria, 140 nel Lazio e 131 in Puglia, e per finire le restanti 83 escluse successivamente dai procedimenti giudiziari… ma ciò che emerge è che quasi tutte queste società sono registrate nel centro-sud…
I dati dicono inoltre che le imprese sono così suddivise… 477 nelle costruzioni, 471 nel commercio, 173 nel settore ristorazione e alberghiero, seguono le attività finanziarie, immobiliari, servizi, informatica, trasporti, manifatturiere, sanità ed anche servizi sociali…
Poi ci sono quelle a destinazione agricola, turistica, pesca e allevamento… ed in questi ultimi anni, non sono mancate nemmeno le confische legate alla produzione e distribuzione di energia elettrica, acqua e gas, tra cui impianti fotovoltaici, parchi eolici, termovalorizzatori, ecc…
Infine, quasi tutte le società sono seguite da una dicitura camerale, S.r.l. o individuale, pochissime quelle società in accomandita semplice o in in nome collettivo e ancor meno quelle in S.p.a.
Quelli di sopra sono i reali numeri, quante poi di quelle società ancora in vita, avranno la fortuna di sopravvivere, ecco… quello è un’altro discorso… ma di cui si sa avere ad oggi, altrettanti numeri certi… ed i risultati sono purtroppo al di sotto delle aspettative…
Difatti, in questi anni, il 90% delle imprese confiscate ha chiuso i battenti e non senza vittime…!!!
A cominciare dai dipendenti, costretti a fare i conti con i problemi legati alla fase di sequestro, che fa in modo di creare sin dall’inizio, quella contrapposizione tra Stato e vecchia proprietà…
Seguono poi le lungaggini della giustizia con rimpalli di competenze, che hanno come effetto quello di durare anni, lasciando che vadano a perdersi i contratti in corso ed in disuso, le strutture, impianti, macchinari, attrezzature varie…
Si crea un vero e proprio muro tra le opposte parti… che conduce quasi sempre, alla liquidazione della società!!!
Un meccanismo che si ripercuote nei giudizi della gente comune, che inizia ad avere nelle istituzioni, una vera e propria sfiducia, che porta in molti a rimpiangere quelle vecchie gestioni… ancora oggi sono in molti a ricordare i famosi quattro “Cavalieri del lavoro” di Catania, ripetendo che “quanto meno, lo stipendio a fine mese lo garantivano“…
Perché se lo Stato, non è capace di dare risposte certe, in particolare sulla garanzia occupazionale, ecco che diventa difficile in un periodo di crisi come questo, indirizzare i propri concittadini, verso regole e principi di legalità, che di fatto hanno quale obbiettivo, non solo quello di contrastare i ben noti meccanismi collusivi, ma soprattutto, quello di realizzare definitivamente, quel cambiamento morale, tanto augurato…








