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Ci sarà pure un modo per far si chè non si giunga sempre dopo anni (e aggiungerei tanti "danni"…) ai provvedimenti di sequestro e/o confisca???

Già… leggo costantemente (come peraltro ciascuno di voi…) delle indagini compiute dalle varie “Direzioni Investigativa Antimafia” e dei provvedimenti emessi dai vari Tribunali con i quali vengono disposti sequestri e/o confisce di patrimoni mobiliari e immobiliari a gruppi societari operanti nei più svariati settori imprenditoriali, ma ciò che non riesco a comprendere perché bisogna attendere anni e anni, quando basterebbe attendere la presentazione del primo bilancio nel quale viene evidenziata la situazione patrimoniale, economica e finanziaria di quella Società con riferimento all’intero esercizio…  

Comprendere cioè in quali modi, taluni “anonimi” personaggi siano riusciti in pochi anni – senza evidenziare di possedere alcuna propria capacità talentuosa ad esempio a modello “Elon Musk” o anco più, non avendo alcun legame diretto con famiglie importanti e soprattutto ricchissime come ad esempio quella dei “Rothschild” –a diventare così milionari…

Viene spontaneo chiedersi, quali fattori hanno quindi determinato che questi individui siano riusciti ad arricchirsi? 

Certo può essere che la sorte abbia avuto un ruolo importante, già… più grande di quanto ci si aspettava, ad esempio si potrebbe aver vinto al superenalotto e invece di trasferirsi a Montecarlo e/o ai caraibi, preferibilmente nelle Antille Francesi per vivere in maniera lussuosa e agiata, si sia preferito sfruttare quel fortuna economica per investirla nella propria regione (con tutte le problematiche presenti che ben conosciamo…) oppure per far sì che si possa compiere qualcosa di caritatevole per i propri concittadini,  rendere così quel luogo di nascita, non solo migliore ma anche più giusto…

Ed allora perché attendere anni per scoprire quali intrecci siano stati compiuti per realizzate quelle attività (gestite solitamente dai propri familiari…) utilizzate come osserviamo nei settori esposti a maggior rischio di infiltrazione mafiosa – tanto da dover richiedere per poter operare quale requisito obbligatorio (attinente alla moralità dell’impresa) l’iscrizione in quella ben nota “white list“!!!

Ed allora permettetemi di riepologare; i clan delle organizzazione che comandano su una determinata regione e/o su un particolare territorio sono a conoscenza di tutti, si conoscono da sempre gli esponenti storici (e aggiungerei quanti loro “contrapposti”), i familiari, i parenti, gli affini, ma anche i nomi degli imprenditori affiliati, delle loro “teste di legno” che come si sa… si son prestati a quei rapporti fiduciari di collaborazione, ma si conoscono anche i professionisti esterni, già… gli stessi che in più una occasione si sono offerti in consulenze, solitamente per dare una mano allo svolgimento di quei traffici illeciti…

Ma la lista potrebbe continuare, già… inserendo una serie di soggetti che in maniera disgiunta e in quel precario equilibrio tra legalità e illegalità, opera (quando ufficialmente ingaggiati…) a far sì che quei loro clienti non vengano – causa accertamenti e/ ispezioni – danneggiati!!! 

Ed allora, senza volermi sostituire a molti miei amici – esperti contabili – posso dire comuque di possedere una minima conoscenza delle attuali normative fiscali e tributarie, tali da intuire ad una prima lettura dei bilanci societari (cui si sommano naturalmente i movimenti bancari e gestionali) a quali situazioni critiche essi sono carenti, mi riferisco a tutte quelle circostanze che vanno oltre l’ambito corretto della fiscalità e della gestione finanziaria…

Tra l’altro a conferma di quanto sopra, permettetemi di riallacciarmi ad una mio ultimo esposto presentato dopo un’attenta verifica gestionale, economica e patrimoniale, compiuta in un periodo di oltre tre anni; quest’ultimo ha difatti condotto gli investigatori della PG di Messina (di cui non posso che eloggiarne la professionalità…) a confermare quanto da me relazionato e soprattutto le indagini condotte hanno portato al rinvio a giudizio di quell’Amministratore, di cui a breve si attende l’ufficialità della sentenza!!! 

Comunque, tralasciando queste mie personali critiche, già… come ripeto spesso, l’importante – in un modo o in un altro – è giungere sempre ad una definzione della giustizia, sì… senza lasciare che tutto procedi per come in molti viceversa vorrebbero!!!

Aste fallimentari??? Sono cosa nostra…

Già… quelle esecuzioni immobiliari sono – come si dice in quegli ambienti – cosa nostra!!!

Sì perché a differenza di quanto si possa pensare non vi è solo la mafia a caccia di quegli affari, perché dietro l’accesso a quelle aste non troviamo esclusivamente individui prestanome/usurai legati a quell’associazione criminale, bensì anche soggetti istituzionali e politici…   

Sono beni immobiliari che vengono svenduti e guarda caso a fare shopping troviamo tutti e non parliamo delle conseguenze morali ed economiche subìte da quei cittadini o da quegli imprenditori costretti a svendere le loro proprietà per quattro soldi… 

Un fenomeno che vede ormai affaristi e  mafiosi, mettersi d’accordo fuori da quegli uffici delle aste giudiziarie, in particolare si prova a suddividersi quei beni al minor costo possibile, senza mai far lievitare il prezzo d’acquisto, e soprattutto riuscendo a riciclare quel denaro ottenuto da attività illegali quali malaffare e corruzione…

La stessa Commissione Antimafia ha evidenziato come il più delle volte sia la stessa mafia a ricomprarsi le case o i terreni “confiscati”, presentando al posto loro dei semplici prestanome ed il gioco è fatto!!! 

L’organismo parlamentare ha difatti sottolineato l’urgenza di proteggere le fasce più deboli della popolazione, contrastando la crescente acquisizione da parte di quelle realtà non solo mafiose che ritirano quei debiti in sofferenza e gli immobili delle famiglie indebitate, sottraendole così in maniera furtiva alla loro disponibilità… 

Bisogna aver coraggio, in particolare nella nostra regione che a causa della pandemia “Covid-19” ha permesso non soltanto alla mafia, ma anche a tutti quei soggetti che avendo grandi disponibilità finanziarie – grazie all’enorme liquidità da riciclare – stanno tentando di creare un nuovo servizio parallelo di “welfare”, acquistando per l’appunto non solo quegli immobili, ma anche quelle attività/imprese cadute in totale crisi.

Draghi rivolge le sue attenzioni al SUD, la politica s’interessa con convegni al SUD, quante cazzate… la verità è che si stanno preparando per le prossime elezioni e per dar alle imprese del Nord i soldi del PNRR!!!

Il 5 maggio 2021 è stato pubblicato sul sito della Presidenza del Consiglio il testo del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) trasmesso dal governo italiano alla Commissione europea dal titolo “Italia domani” dal valore complessivo di 235 miliardi di euro tra risorse europee e Nazionali.

Sono decine e decine di miliardi, poco più di 82 miliardi dei 206 miliardi per opere “territorializzabili” del Piano nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) che saranno destinati al Sud. 

Ora ditemi, con tutti quei miliardi a disposizione la politica poteva stare a guardare???

Ma per favore… sono anni che questo nostro Mezzogiorno viene sfruttato, prima per le sue risorse, poi per aver favorito le imprese del nord (meglio conosciute come “General contractor”), ed ora pensate forse che non staranno pensando a come riprendersi i fondi concessi dall’Unione Europea destinati al Sud???

Il destino del nostro Mezzogiorno resterà sempre lo stesso e mi sono rotto di sentire sempre le stesse cazzate, in particolare quelle di voler colmare il divario storico che ha reso ricco solo una parte del paese, per l’appunto il NORD!!!

Peraltro ora ci si mette anche il nostro Presidente Draghi – che di sfaceli ne sta compiendo uno dietro l’altro (speriamo tra l’altro solo che qualcuno lo fermi da quei suoi celati propositi “militari”, che vorrebbero condurci ad uno scontro economico/finanziario contro Putin e la Russia…) che ora punta a soddisfare i bisogni di quei suoi amici banchieri e industriali del Nord, sfruttando le risorse messe in campo dal Pnrr ed annunciando – quasi fosse una novità – la grave questione meridionale…

Egli parla di sfida, di drammatica arretratezza, di insufficienza di professionalità delle pubbliche amministrazioni del Sud, di quella sua burocrazia e soprattutto di far far fronte agli adempimenti che le procedure europee del Pnrr impongono quale condizione per impegnare i fondi del Recovery, minacciando il rischio che quelle somme, se non utilizzate, dovranno essere restituite a Bruxelles!!!

E la nostra politica cosa fa??? Nulla… i nostri attuali referenti stanno lì ad ascoltare come imbambolati o dovrei dire come dei cagnolini, scodinzolando la coda dinnanzi a quel loro nuovo padrone, d’altronde per loro l’importante è riuscire a  raccogliere qualche briciola gettata!!!

Ci raccontano che la nostra burocrazia è impreparata ad affrontare questa sfida, che abbiamo bisogno di nuove figure professionali e di imprese capaci di risollevare lo Sviluppo del Mezzogiorno, perché quelle che abbiamo sono totalmente inadatte e soprattutto legate quasi tutte alla criminalità organizzata…

Non so perché, ma dopo tutte queste dichiarazioni, mi aspetto a breve un considerevole inasprimento della magistratura attraverso azioni giudiziarie nei confronti di parecchie imprese, attraverso provvedimenti interdittivi, sequestri e confische, perché l’ordine che a breve il Governo nazionale emanerà sarà quello di fare “epurazione“, una totale pulizia che consenta di  bloccare le più importanti imprese meridionali per far appaltare così le opere alle imprese amiche del Nord, sottomettendo quelle del Sud…  

Vedrete, da un lato i miliardi giungeranno, ma per i meridionali questi saranno soltanto un miraggio, perché a beneficiarne saranno altri, al Sud, come dicevo sopra, resteranno soltanto le briciole, qualche subappalto a prezzo stracciato e vedrete come alla fine, la maggior parte delle nostre imprese a seguito di quei lavori si ritroveranno fallite o fuori da quegli appalti a seguito di procedimenti legali, che è d’altronde quanto già sta accadendo in parecchi di quei lavori in corso e di cui nessuno parla!!! 

Ai nostro politici e/o sindacati conviene questo silenzio, d’altronde quanto verrà compiuto servirà a farli stare buoni, verrà loro concesso d’inserire in quei lavori un po’ di familiari, parenti e amici raccomandati, che poi si sa, faranno comodo successivamente quando verranno richiamati a quel voto i obbedienza, già… al momento delle elezioni!!!

Analoga situazione per le associazioni criminali, esse attraverso quegli appalti proveranno ad infiltrarsi con quelle proprie imprese pseudo “cristalline”, attraverso l’estrazione e la fornitura di materiali inerti, il confezionamento, la fornitura e il trasporto di calcestruzzo e di bitume, ed ancora, noli a freddo e/o a caldo di macchinari o attrezzature, fornitura di ferro lavorato e tutti quei servizi ambientali comprese le attività di raccolta, il trattamento e lo smaltimento dei rifiuti, nonché le attività di risanamento e di bonifica e gli altri servizi connessi, ad esempio vedasi gli autotrasporti per conto di terzi e per concludere la guardiania dei cantieri, tutte attività che sappiamo essere maggiormente esposte a rischio di infiltrazioni mafiosa ma che vengono “verificate” attraverso una irrisoria iscrizione alla White List, solitamente bypassata attraverso disarmanti modalità (che ho più volte spiegato in molti miei precedenti post…)!!!       

Vedrete la politica di governo nazionale e le imprese del Nord stanno puntando al nostro mercato interno, in quanto trovano ora nel Sud un loro utile punto di riferimento, sì… una condizione estremamente funzionale, perché garantisce – per come sopra riportato – reciproca soddisfazione a tutte le componenti sociali del paese…

Poveri noi… si perché vedrete, alla fine, sempre poveri rimarremo!!!

Sequestri??? Tranquilli siamo solo all’inizio!!!

Ora la strada è stata intrapresa e non si può tornare indietro…

Quindi, possiamo certamente aspettarci a breve tutta una serie di ulteriori confische e sequestri di società e chissà se f,orse… non solo di quelle!!!
E finito il tempo per quei “prestanome” intestatari di società, di cui abbiamo letto attraverso l’intercettazioni o le inchieste giudiziarie d’esser di proprietà di boss di “cosa nostra” che poi, di volta in volta e con il passar degli anni, a seconda degli arresti o dei provvedimenti giudiziari intervenuti, hanno dovuto cambiar nome, prendendo quasi sempre spunto da quello dei nuovi detentori, ma lasciando (nei fatti) inalterato il nome reale di quella proprietà…

D’altronde come dimenticare ad esempio l’impresa edile di proprietà dei capi mafia Riina e Provenzano… già, la famosa “RIPRO S.r.l.”, denominata così dai rispettivi nomi dei boss di cosa nostra, oppure quell’altra società della sorella della moglie del boss che avrebbe costituito in Costarica denominata ( con il suo cognome…) “Armonia Parvin Sa”…

Come vedete vi è molta fantasia in quei nomi e difatti a breve mi aspetto di leggere nelle prossime inchieste della nostre Procure, i nomi di alcune società – non solo italiane ma anche estere – di cui io stesso potrei anticiparne i nomi…
Sono costituite appositamente per fare da “arieti” a quei sistemi di controllo anti-corruzione fin qui portati avanti dallo Stato che servono per bloccare quelle società che dimostrano aver legami con la criminalità organizzata…
Ecco quindi che allora – grazie anche ai consigli ricevuti da quei loro consulenti fiscali, veri e propri professionisti di economia e finanza, maghi specializzati nel provare a fottere tutte quelle procedure di controllo – si prova a disarcionare i blocchi e i controlli previsti, per riuscire a compiere tutte quelle loro attività illegali…

Per cui, da un lato troviamo uno Stato che prova – attraverso le proprie forze dell’ordine – a contrastare quei sistemi illeciti e corruttivi, vedasi per ultimo il sequestro al link: https://www.rainews.it/tgr/sicilia/video/2019/04/sic-comiso-cava-abusiva-area-archeologica-ae0e42ef-036b-4a80-a6c8-f7850547326f.html mentre dall’altro vi sono tutta una serie di soggetti che quotidianamente si dedicano ad attuare procedure irregolari, affinché quei loro business possano superino enormemente i limiti solitamente previsti per gli utili d’impresa, in particolare guadagnando sempre più attraverso quelle note procedure abusive di evasione e riciclaggio, non certo consentite dalla legge, ma soprattutto non conformi con quanto previsto da quella cosiddetta “morale”!!!
Ma d’altronde di quale etica stiamo parlando…   

In nome dell’Antimafia…

È sempre un errore contemplare il bene ed ignorare il male, perché rende le persone negligenti e le porta a compiere disastri. Esiste un pericoloso ottimismo dell’ignoranza e dell’indifferenza…

A volte penso che sia un bene non comprendere quanto avviene intorno a noi…
Io per esempio, non avrei mai compreso pienamente il concetto di “antimafia” nel senso non di – lotta morale ad un sistema criminale che come un cancro avvelena questa nostra terra – ma di comprendere quella immensa macchina giuridica, che si mette in moto quando intervengono quelle condizioni che dimostrino possibili interessi economici da parte della criminalità organizzata…
Già, se non mi fossi trovato – a causa della mia professione e degli incarichi ricevuti – all’interno di una impresa che, ha seguito dei provvedimenti interdittivi sopraggiunti (nel lontano 2010…) fosse mutata in confiscata… sicuramente non avrei avuto alcun interesse personale di occuparmi di situazioni per lo più fino a quel momento a me estranee… non avendo difatti…  mai avuta nulla a che fare con quel mondo giudiziario!!!
Ricordo cosa mi diceva un mio caro amico ora scomparso: Nicola… il solo fatto che tu non abbia mai avuto a che fare nel corso della tua vita… con Tribunali ed Ospedali, ti rende un uomo fortunato!!!              
In questi anni ho compreso il senso di quelle parole… della difficoltà ad operare all’interno di un sistema a me sconosciuto, in quanto fuori da quelle procedure tecnico-amministrative regolamentate, che sono poi alla base… di chi vuole fare impresa.
E’ ormai evidente, che qualcosa in quel meccanismo definito “antimafia” non funzioni…
In effetti, non è possibile osservare come quasi tutte le imprese, sequestrate o confiscate, nel giro di pochi anni giungano alla chiusura definitiva… chiamasi liquidazione o fallimento… come si dice… “sempre di cocuzza trattasi“…
Non voglio contare i posti di lavoro andati in fumo… perché in quel caso, altro che “job act”… ci vorrebbe una nuova finanziaria per ripristinare quelle occupazioni perdute… e cosa dire di una economia distrutta, sia sul piano commerciale che su quello finanziario!!!

Se esaminiamo quante serrande sono state abbassate, quante società di costruzioni, servizi, cooperative, imprese varie tra loro, ma tutte accomunate dallo stesso provvedimento… quante sono quelle che ormai non esistono più e quante a breve… faranno purtroppo quella stessa fine???
La disgrazia è che poi, la maggioranza di quelle finite nel mirino della giustizia sono per lo più… siciliane!!!
Qualcuno potrebbe obbiettare… “ma dopotutto la mafia non rappresenta una connotazione prettamente della vostra regione…” e come dargli torto… peccato che però i maggiore abusi e illeciti finanziari vengono svolti fuori da questa regione… già… qui si fanno “molliche” mentre da Roma in su le “brioches” sono sul tavolo di chi comanda il paese…
Il problema non è il sequestro o la confisca… ma quanto accade successivamente… e cioè quando queste società, vengono traghettate verso la legalità… attraverso quei propri uomini dello Stato…
Ho letto che su 1.700 imprese sequestrate solo 38 sono ancora attive… (una per fortuna è ancora la nostra…) con una perdita occupazionale di circa 72.000 posti di lavoro!!!

Ora i cosiddetti esperti si esaltano in quelle ricercate cause, che hanno condotto a quegli sfaceli… trovando di dare spiegazioni più o meno logiche (io le considero totalmente illogiche) e cercando di tirar fuori dai loro “cilindri magici”, quelle possibili soluzioni…
Ed allora ecco spiegato che l’impresa “mafiosa” ha goduto di raccomandazioni, corsie privilegiate, agganci politici e amministrativi, inoltre durante la propria gestione avrà utilizzato certamente una doppia contabilità che le ha permesso di evadere, di non rispetta le normative o gli adempimenti, avrà utilizzato personale non in regola e costretto i clienti a sceglierle, allontanando e intimidendo tutti gli eventuali concorrenti…
Sono queste secondo alcuni le potenzialità che ora allo Stato vengono a mancare…
Ma, non si trova nessuno che per una volta ammettesse l’incapacità e l’inefficienza di quel apparato burocratico… già… nessuno… è ovvio… a quanti operano in quell’ambiente, fa comodo così…
Abbiamo visto quanto accaduto al Tribunale di Palermo o già ci siamo dimenticati???
Se chi è scelto affinché quel compito venisse portato avanti… si è dimostrato peggiore di coloro, a cui quel bene è stato sequestrato… dove si vuole andare???
Diciamola tutta la verità… ci sono tutte una serie di problematiche che non vengono affrontate appositamente, per far si che nulla cambi… Vedasi il cosiddetto albo nazionale degli amministratori giudiziari, si prevedeva la sua realizzazione nel 2011 e ancora oggi non vi è nulla… e cosa dire dei criteri di scelta di quei professionisti incaricati a gestirle quelle aziende, ancora nulla… e per quanto concerne la definizione di una tabella nazionale dei compensi da pagare a quegli amministratori… il buio più completo… e tutto continua in modo del tutto arbitrario, attraverso pagamenti di compensi, certamente eccessivi…
Poi tra questi amministratori c’è chi si dimostra onesto e corretto e chi invece di contro, ha fatto e continua ancora a fare lo “scaltro” distruggendo in pochi anni… la totalità di quelle società ad egli affidate…
Le soluzioni ci sono… ma è difficile per chi non appartiene a quel sistema produttivo riuscire ad individuarle… si prova e si riprova, vani tentativi che hanno quale unica prerogativa, quella di prolungarne tempi e modalità… per poter così favorire i soliti amici e parenti… quello scambio di favori, che serve a trovare soluzioni per quanti si trovano indirettamente vicini a quel sistema…   

Quindi, si scopre come queste società, abbiano tentano di dare soluzione ai problemi occupazionali di coloro che erano vicini a quegli uomini e donne… abbiamo visto tutto cos’è successo nel capoluogo… ma si ha paura di parlarne!!!
Incarichi in cambio di favori… richieste da parte di quanti operano all’interno di quel mondo, per proseguire poi verso altri responsabili di quegli ambienti “ovattati”… e per finire con l’usuale lista di amici e parenti che, nelle vesti di consulenti legali, tecnici e amministrativi, ottengono incarichi che danno (il più delle volte) soluzione a proprie incapacità personali e professionali!!!
Come dicevo sopra… le soluzioni ci sarebbero… basterebbe applicarle se c’è ne fosse la volontà… senza dover pensare di adottare solite metodologie italiane, dove si vuole avere “la botte piena e la moglie ubriaca” e come si cerchi sempre di non applicarle quelle regole, ovviamente…per non far male a nessuno… preferendo non solo salvaguardare la propria posizione, ma di conseguenza, anche quella della “casta” e dei loro diretti rappresentanti…
Per evitare di non essere “astratto” ma pratico e concreto, ho preparato delle note che ho trasmesso ufficialmente (a breve ne pubblicherò il contenuto), nelle quali ho tentato d’individuare tutte le possibili criticità che si manifestano appena interviene il provvedimento giudiziario, presentando inoltre, una serie di eventuali correttivi, possibili soluzioni che si potrebbero adottare affinché questa peculiari tipologie d’imprese, possano continuare ad operare, senza che vengano – per come finora accaduto – distrutte!!!

I beni confiscati non rendono nulla!!!

Dando seguito a quanto alcuni giorni fa avevo scritto sulle società confiscate, un mio lettore, tramite email mi chiedeva la possibilità di pubblicare nel mio Blog, un bellissimo articolo scritto dal giornalista Attilio Bolzoni.
Essendo questo un tema speciale e di grande attualità, ho ritenuto appropriato assecondare la richiesta e pubblicare quanto ricevuto:
Quanto rendono i beni sequestrati alle mafie? Niente!!!

Le aziende che una volta erano dei boss non ce la fanno a sopravvivere e le eccezioni sono rare, rarissime.
Una di sicuro è quella di Pontecagnano, sulla litoranea che da Salerno scende verso sud.
È un albergo e lì, gli affari vanno sempre bene, come prima…
Quella “roba” strappata con tanta fatica a Corleonesi e Casalesi non produce quasi mai ricchezza, l’antimafia non riesce ancora a far soldi, anzi al contrario genera perdite…, sempre garantite.
Fino a quando è un capo della ‘Ndrangheta a mandare avanti il business tutto va a gonfie vele, quando poi arriva lo Stato le imprese affogano nei debiti.
Un esempio? Il famoso Cafè de Paris di Via Veneto, a Roma.
Era affollatissimo al tempo degli Alvaro di Sinopoli, a due anni dalla confisca uno dei locali simbolo della Dolce Vita rischia la chiusura.
I numeri raccontano tutto.

Su 1663 società confiscate dal 1982 – anno primo della legislazione antimafia – solo 35 sono in attivo. E per un soffio. Praticamente soltanto il due per cento.

Troppa burocrazia, troppa indolenza, troppo disinteresse.
E troppo il tempo che passa dal sequestro di un bene alla confisca, dalla sua destinazione all’assegnazione definitiva.
Cinque anni, sette, anche nove anni.
Terreni che sono ormai abbandonati. 
Aziende finite inesorabilmente fuori mercato. Dipendenti a spasso. 
Con banche che revocano i fidi, assicurazioni che non assicurano più, fornitori che chiedono il rientro immediato dei loro crediti. È il fallimento italiano della (vera) lotta alla mafie.
Tutto funziona perfettamente se è nelle mani dei boss, tutto va in rovina se non ci sono loro.
È il crac delle confische, delle ricchezze portate via a uomini della Cupola o del Sistema, ristoranti, fabbriche, impianti minerari, fattorie, allevamenti di polli, supermercati, agriturismi, distributori di benzina, cantine, serre, trattorie, discoteche, residence, ottiche, gelaterie, società immobiliari, centri sportivi, pescherecci, stabilimenti balneari e anche castelli… 

La punta più alta di confische è in Sicilia: 621 le aziende espropriate ai boss.
In Campania sono 332 e 216 in quella Lombardia che, da qualche anno, si rivela la prima regione lontana dai tradizionali territori dei clan ad avere ricchezze sporche nel suo ventre.

Cosa si può fare per proteggere questo tesoro e far guadagnare le imprese non più di mafia?
“Tre cose”, risponde Franco La Torre, presidente di Flare ( la rete europea di associazioni contro il crimine organizzato) e figlio di Pio, il deputato del Partito comunista italiano ucciso nell’aprile del 1982 giù a Palermo per la sua grande battaglia per una Sicilia libera dai boss, artefice di quella legislazione antimafia che porta il suo nome e che ancora oggi – dopo trent’anni – resta un esempio in tutto il mondo.
Quali sono le tre cose da fare? 
Franco La Torre:
1) la presenza di amministratori giudiziari competenti che siano in grado di fare il loro mestiere fino in fondo e di programmare piani a medio e a lungo termine per le aziende confiscate
2) sostenere la legge d’iniziativa popolare ( quella che ha lanciato il Sindacato della Cgil ) per la tutela di tutti i dipendenti delle aziende sotto confisca e per garantire loro gli stessi diritti di tutti gli altri lavoratori dei settori in crisi. 
3) utilizzare il contante sequestrato e reinvestirlo nelle attività dove si registrano le sofferenze.

L’elenco delle aziende che vanno o sono già andate in malora in pochi anni, o addirittura in pochi mesi, è infinito.
C’è una mappa dei disastri da una parte all’altra dell’Italia.
A Palermo c’è l’hotel San Paolo, in via Messina Marine, al confine fra Brancaccio e il porto di Sant’Erasmo, quasi difronte alla “camera della morte” dove in piena guerra di mafia i boss torturavano i loro nemici di cosca.
Costruito da Giovanni Ienna per conto dei fratelli Graviano (i due, Giuseppe e Filippo, si nascondevano nella suite prima delle stragi del 1992), quest’albergo è famoso per un ascensore esterno di vetro dove i genitori accompagnavano i figli per far vedere Palermo dall’alto e perché lì, nell'”ambiente” dell’hotel e degli amici dei Graviano – nel 1993 – è stato fondato il primo club di Forza Italia in Sicilia. L’albergo oggi accumula debiti spaventosi. Una voragine.

Stessa sorte per l’azienda agricola Suvignano di Monteroni D’Arbia, in provincia di Siena.
I vecchi proprietari erano i costruttori Piazza di Palermo.

Un’estensione di 713 ettari, campi coltivati a grano e a orzo, uliveti, un bosco, 13 case coloniche, un’antica fornace, una villa padronale, un agriturismo, una riserva di caccia, 200 capi di suini e duemila pecore. 

In rosso permanente anche gli 80 distributori di benzina sparsi fra il beneventano, l’avellinese, il casertano e il basso Lazio, tutti sequestrati ai Salzillo, quelli del “petrolio della camorra”. E ancora, tanti altri beni-azienda in perdita totale. La Delfino Srl di Gioia Tauro, rottami e rifiuti nel regno dei Piromalli e dei Molè.
La Pio Center di Bovalino, un pezzo di sanità calabrese fra Locri e Reggio nelle grinfie dei Nirta.
E poi Villa Santa Teresa di Bagheria, sequestrata all’ingegnere Michele Aiello, il re Mida della Sanità privata in Sicilia, quello che è sospettato di aver fatto da prestanome al vecchio Bernardo Provenzano e che ha contributo a trascinare in un gorgo giudiziario e a Rebibbia il governatore della Sicilia Totò Cuffaro.
Uno dei casi più clamorosi resta sempre quello della Riela Group di Catania, all’epoca della confisca – nel 1999 – la quattordicesima azienda più florida di tutta la Sicilia con un fatturato di 30 milioni di euro.
Quando i titolari erano Lorenzo Riela e suo figlio Francesco (condannato all’ergastolo per omicidio), legati tutti e due ai Santapaola, i dipendenti erano 250. Oggi sono 12. I Riela hanno provato a riprendersi la loro società di trasporti con vari prestanome. E facevano tutto dal carcere con la complicità di amministratori giudiziari.
Come è possibile che una “famiglia” si possa riappropriare del bene che gli è stato sottratto dallo Stato?
“Questa della Riela Group è forse l’esempio più negativo in assoluto”, dice Enrico Fontana, presidente di Libera Terra Mediterraneo, il consorzio delle cooperative che gestisce le proprietà agricole confiscate in Sicilia, Campania, Calabria e Puglia.

E spiega: Lo Stato ci deve mettere la faccia!!! 
Non basta sequestrare e poi gestire burocraticamente un bene, ma quel bene bisogna farlo diventare un buon esempio. 
La verità è che queste aziende che erano delle mafie non si possono considerare come tutte le altre, è necessario trattarle come aziende speciali. 
A parte le difficoltà di carattere finanziario – i lavoratori vengono messi in regola, si pagano i contributi arretrati ai dipendenti che i boss facevano lavorare al nero – queste imprese operano in contesti estremamente difficili. 
Dal sequestro in poi l’intervento su ognuna di queste aziende deve essere fatto con grande attenzione al mercato”.

Ma come può un amministratore giudiziario nominato da un Tribunale fare impresa come un vero imprenditore?
Il più delle volte la gestione si rivela una sciagura. Di quelle 1663 aziende confiscate in via definitiva dal 1982 quasi la totalità sono destinate alla disfatta, alla liquidazione e alla cancellazione dai registri camerali e tributari. C’è da fare tanto. Lo Stato deve cambiare marcia. Non serve solo applicare la legge e poi abbandonare le aziende, lasciarle in mezzo ai guai economici, prigioniere degli istituti di credito, sotto ricatto, sotto minaccia della concorrenza della porta accanto, i boss ancora sul mercato.

L’anno scorso Unioncamere e Libera hanno sperimentano un sistema di governance delle aziende confiscate. Un monitoraggio per capire quali sono le emergenze più immediate e soprattutto capire come intervenire. La lista degli interventi necessari: istituire strumenti di finanza agevolata e di incentivazione fiscale, introdurre facilitazioni contributive per il mantenimento dei dipendenti, prevedere un welfare per ricollocare i lavoratori

in caso di chiusura dell’attività, sostenere con aiuti la nascita di cooperative, destinare una quota del Fondo nazionale di garanzie per le piccole e medie imprese anche alle associazioni che gestiscono beni confiscati alla criminalità. 
È proprio tutto nero (e in rosso) il mondo dell’imprenditoria dal passato mafioso?
“L’esperienza più virtuosa è quella della Calcestruzzi ericina”, ricorda ancora Enrico Fontana mentre racconta “le perfette coincidenze” avvenute una decina e passa di anni fa a Trapani, dopo che avevano sequestrato l’impianto al capo mandamento della provincia Vincenzo Virga. Un prefetto attentissimo ( Fulvio Sodano ), un amministratore giudiziario molto preparato e appassionato, una cooperativa con soci capaci.
Ne è venuto fuori un piccolo grande miracolo. Tutto nasce nel 1996 quando al boss tolgono la Calcestruzzi e quattro anni dopo gliela confiscano.
Qualcuno ha provato a boicottarlo l’impianto, la mafia ha provato a riconquistarlo.
Ma poi le cose hanno preso un’altra piega. Per la prima volta – la vicenda non ha precedenti – l’Unipol ha concesso un mutuo ventennale di 700 mila euro senza garanzie e poi è cominciata l’avventura.
“Noi ci siamo ingranditi, è la prova che se tutti lavorano bene ce la possiamo fare”, dice Giacomo Messina, il presidente della nuova Calcestruzzi. Quando era di Vincenzo Virga, i dipendenti erano 11, dopo tanto tempo e con l’antimafia i dipendenti sono diventati 14.
Hanno assunto un ingegnere ambientale, una donna per le pulizie, hanno assunto anche un nuovo autista.
Hanno allargato gli uffici e realizzato un nuovo stabilimento per il recupero degli scarti edilizi.
Un piccolo gioiello, già un’anomalia nel panorama dell’Italia che non vuole arricchirsi con i soldi della mafia.
Come quell’albergo confiscato alla camorra sulla strada che porta verso i templi di Paestum. Una clientela molto particolare. Quasi tutte coppie della zona. Molti impiegati, qualche professionista, ogni tanto si vede anche un pensionato. All’Hotel Mare ci vanno per fare l’amore. Nei dintorni di alberghi così – del genere daily use – ce ne sono almeno una dozzina. Ma l’Hotel Mare è l’unico sequestrato alla camorra. Non ci sono angosce a fine mese. Sempre in attivo.
“Così vincono loro, non vinciamo noi”. E’ l’allarme di don Luigi Ciotti, fondatore e presidente di Libera. “Così vincono loro”, ripete mentre controlla i numeri sui beni confiscati in Italia dal 1982 e 1.663 Le aziende confiscate alle associazioni criminali al 1 luglio 2012, di cui solo 35 risultano in attivo o in pareggio 88 nel settore agricolo 164 alberghi e ristoranti 24 attività finanziarie 137 attività immobiliari, noleggio, informatica, servizi alle imprese 35 attività manifatturiere 462 commercio, riparazione veicoli, beni personali, casa 23 estrazioni minerali 15 pesca, pescicultura e servizi connessi 6 produzione e distribuzione energia elettrica, gas, acqua 19 assistenza sociale 60 trasporti, magazzinaggio I numeri delle confische quelli delle aziende in sofferenza perenne.
Don Luigi, cosa non ha funzionato?
I numeri parlano molto chiaro: sono soltanto pochissime imprese quelle che resistono e tutte le altre prima o poi muoiono, questa è una situazione che grida vendetta… 

Ma è lo Stato che non ha fatto quello che doveva fare in tutti questi anni?

“Dentro lo Stato ci sono stati anche uomini che si sono spesi e a volte anche strutture che hanno funzionato. Sono mancati gli strumenti giusti, è mancata in generale un’aggressione mirata alla questione dei beni confiscati. E poi ci sono state reti di complicità, ci sono stati ritardi, ci sono stati silenzi. E qualcuno che doveva metterci la testa su queste cose, la testa non ce l’ha messa. Per questo oggi è giusto dire che è una situazione che grida vendetta”.
Quali interventi si sarebbero dovuti prevedere per non arrivare a questo fallimento?
“Si sarebbe dovuto seguire il modello delle cooperative che sono nate sui terreni confiscati con bando pubblico e con il coinvolgimento dei giovani del territorio. In questi casi è sempre stato riconsegnato il maltolto, i beni sottratti alle mafie sono stati restituiti all’uso sociale e alla collettività grazie alle reti economiche che si sono messe in gioco. Anche per le aziende bisogna inventare un nuovo meccanismo che porti a risultati.
Abbiamo bisogno di cose concrete, abbiamo bisogno di speranza”.
Un articolo di Attilio Bolzoni

Imprese confiscate: 30.000 lavoratori a rischio licenziamento

La sfida alla crisi passa anche dalla corretta gestione economica delle imprese attualmente confiscate… Questo è il dato che viene fuori, da quanto emerso nel convegno di Napoli proprio in questi giorni, dal quale si evidenzia che le imprese attualmente confiscate, rappresentano un patrimonio di ben 500 Miliardi di Euro, con 30.000 addetti ai lavori…
Nel convegno si è parlato su quali soluzioni adottare per poter traghettare alla legalità, le imprese confiscate alle mafie, restituendo alla società civile i beni accumulati…
Il Pres. degli Organi dei Commercialisti di Napoli, Dott. Achille Coppola, parla degli strumenti e delle norme da adottarsi, applicandole con maggiore decisione ed intervenendo rapidamente…
Al centro dell’incontro, anche la corretta attuazione del codice antimafia, ed in questo il Pres. Aggiunto GIP di Napoli ( Dott. Bruno D’Urso ), parla della salvaguardia dei posti di lavoro, garantendo la permanenza ed il mantenimento dei dipendenti…
Tra le priorità, scongiurare il fallimento delle imprese, durante il passaggio tra la illegalità e la legalità, cosa che non avviene secondo il Dott. Alberto Capuano ( GIP Tribunale di Napoli ) per il 95% delle aziende in sequestro che giungono al fallimento e/o alla liquidazione…, questo ovviamente in contrasto con le tanto declamate procedure per il mantenimento dei dipendenti e/o della redditività dell’impresa stessa…
E quindi a veder questi dati non viene da chiedersi che forse lo Stato in qualcosa sta sbagliando???
Non rappresenta un segnale di debolezza, il fatto che lo Stato porti a concludere in maniera fallimentare queste imprese..? E’ dove sono quelle istituzioni che avrebbero dovuto garantirne il proseguio..? Una beffa per i lavoratori e per l’economia e a chi dare la colpa..???
Gli effetti propagandistici, fatti da Magistrati e Polizia, che hanno portano a successi straordinari, finita l’esultanza cosa hanno prodotto….? E non è vero che su molti beni immobili sequestrate gravano ipoteche e pignoramenti che ne rendono difficile il loro riutilizzo..? mentre per quelli mobili più della metà non sono stati neache rinvenuti o sono stati totalmente rottamati…?
Quindi di cosa si parla??? Come mai ad una impresa posta a sequestro vengono tolti gli appalti aggiudicati in precedenza…, lo Stato non avrebbe dovuto rappresentare per i committenti pubblici una maggiore garanzia??? Ed ancora, sappiamo tutti, come le Banche che prima dei sequestri concedevano prestiti, adesso chiudono l’accesso ai fidi, intimando immediatamente il rientro delle somme date in precedenza, ed i clienti che non sentendosi più garantiti, girano ora le loro commesse ad altre imprese, per finire ai creditori che ora procedono al recupero dei crediti agendo per vie legali, ed in tutto questo, gli Amministratori ( Giudiziari ) non potendo concedere alcuna garanzia e soprattutto essendo essi, soltanto degli esecutori di ordini, dati da qualcuno ancora più in alto…, attendono in maniera passiva, cercando di custodire e mantenere il valore dei beni e ove possibile tentare di aumentarne la redditività…, ma come e con quali mezzi, resta un mistero!!!
Se lo Stato, non cerca di supportare queste Imprese e di difendere quei posti di lavoro di chi, con mafia, criminalità, sequestri e confische… non c’entra nulla, iniziando a creare un Fondo di garanzia che sostenga le iniziative degli amministratori giudiziari nei momenti più difficili e le difenda dai duri attacchi, ecco che allora si può parlare tanto, anzi tantissimo, ma la realtà sarà sempre quella…, beneficiare e sfruttare questi patrimoni, per coloro che con questo sistema “ ci campano e bene direi… “ , continuando come sanguisughe a servirsene, finchè sarà tutto definitivamente prosciugato…!!!