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Il problema dei cellulari nelle carceri e il controllo mafioso.

Il procuratore aggiunto Sebastiano Ardita, così come il collega, procuratore di Napoli, Nicola Gratteri, ha recentemente riportato l’attenzione su un problema gravissimo e troppo spesso sottovalutato: la presenza di cellulari all’interno delle carceri. 

Ardita ha sottolineato con fermezza che «un telefono in mano a un boss in carcere è il mezzo con cui si ordina un omicidio». Una dichiarazione che non lascia spazio a dubbi: la possibilità per i detenuti, soprattutto quelli legati alla criminalità organizzata, di avere accesso a dispositivi mobili rappresenta una minaccia concreta non solo per l’ordine pubblico, ma per la sicurezza stessa delle istituzioni.

Già il 28 giugno dello scorso anno, in un post che potete trovare a questo link https://nicola-costanzo.blogspot.com/2024/07/il-procuratore-di-napoli-nicola.html, avevo affrontato questa questione, denunciando la superficialità con cui viene gestita. 

La soluzione, a mio avviso, è semplice e alla portata: basterebbe installare dei disturbatori di frequenza, meglio conosciuti come “jammer”, per impedire l’uso di dispositivi elettronici all’interno dei penitenziari. Questi strumenti bloccherebbero le comunicazioni illegali, impedendo ai detenuti di controllare attività criminali esterne o di impartire ordini.

Tuttavia, quando lo stesso procuratore Gratteri propose questa soluzione, gli fu risposto che non era fattibile perché: come farebbe la polizia penitenziaria a comunicare?. Una risposta che lascia perplessi: i telefoni fissi, forse, sono stati eliminati? E poi, è evidente che la maggior parte degli addetti ai lavori, utilizza i cellulari non tanto per emergenze, ma per connettersi ai social network, giocare online e quindi probabilmente per distrarsi dal proprio compito.

L’ultimo blitz antimafia della DDA di Palermo ha rivelato una realtà sconcertante: i boss detenuti potevano contare su SIM e cellulari introdotti illegalmente nelle celle. Questo solleva una domanda inevitabile: dove sono finiti i controlli? Come è possibile che strumenti così pericolosi riescano a entrare così facilmente in strutture che dovrebbero essere ad alta sicurezza?

Mi stupisce che qualcuno si sorprenda ancora della permeabilità delle carceri italiane. È un problema noto, prevedibile e, purtroppo, sistematico. Le carceri sono ormai sotto il controllo della criminalità organizzata, eppure molti preferiscono far finta di nulla. Basterebbe guardare serie TV come “Il Re“, interpretata da Luca Zingaretti, per rendersi conto di quanto la realtà sia spesso drammaticamente vicina alla finzione. Le scene della serie, girate all’interno di veri istituti di detenzione (ora dismessi), mostrano con crudo realismo le dinamiche di potere, le violenze e le difficoltà che caratterizzano la vita carceraria, non solo per i detenuti ma anche per il personale penitenziario.

In questo contesto, le dichiarazioni del procuratore di Palermo Maurizio De Lucia lasciano ancora più interrogativi. Alla domanda sulle responsabilità della polizia penitenziaria, De Lucia ha risposto: «Al momento non risultano responsabilità». Ma allora, cosa non ha funzionato? Secondo il procuratore, la responsabilità è da attribuire a una «sciagurata scelta di gestione». Con il pretesto del sovraffollamento carcerario, si è deciso di aprire le celle dei mafiosi, permettendo ai detenuti più pericolosi di circolare liberamente e di assumere il controllo dei penitenziari. Una scelta che non solo ha compromesso la sicurezza, ma ha anche portato a un’impennata di reati, atti di autolesionismo e suicidi tra i detenuti più deboli.

In sintesi, quello che sta accadendo nelle carceri italiane è un cedimento strutturale, un’erosione della sicurezza e dei diritti dei detenuti, mascherata dall’alibi della tutela umanitaria. È ora di affrontare il problema con decisione, senza più alibi o superficialità. La posta in gioco è troppo alta: la sicurezza dello Stato e la credibilità delle sue istituzioni.

La mafia a Catania… è già 3.0!!!

Una mia amica stamani mi ha “taggato” su facebook per un articolo apparso su Live Sicilia Catania, intitolato “Catania, soldi e potere…” il cui link è: 
Ho provato a rispondere tramite la testata web, ma stranamente il mio commento non giungeva presso la redazione, non so dirvi i motivi, ma premendo il tasto invio, non accadeva nulla…  è a poco serviva provare ad aggiornare la pagina: il messaggio non veniva inviato!!!
Ed allora, mi permetto di utilizzare la pagina del mio blog, per riportare quel messaggio, sperando quantomeno che questa volta, non vi sia qualche hacker che abbia deciso di bloccarmi… 
Mi permetto innanzitutto di condividere il post della mia amica che ha aveva scritto stamani sulla sua pagina di facebook: “Parole poche, spiegano l’evoluzione della mafia 2.0….. Ma mentre questa si evolve, i siciliani restano ” rétro” nei pensieri. 
Il Procuratore Sebastiano Ardita parla di siciliani che debbono impegnarsi partendo da un ragionamento atto alla legalità’ diffondendolo nella società locale, una specie di virus “buono”. Ed io sono d’accordo e lo faccio insieme ad altri, pochi, ma ci siamo…. risultato: Al momento nessuno. Attendendo fiduciosa”!!!
Il sottoscritto ha inoltre letto due commenti sul quotidiano on line… almeno quelli sono stati pubblicati e precisamente riportavano: quello di Socrate delle 08:24:00 – “I giovani vanno via per l’inesistenza di prospettive. Ma quali prospettive potranno mai esserci se ogni iniziativa imprenditoriale, seppure ammantata dalle migliori intenzioni e capacità, verrà sempre vista con sospetto fin quando non si troverà un contatto casuale con il cognato del bidello della scuola in cui andava il figlio di uno condannato per mafia; e allora si griderà eureka, si intercetterà ogni istante della vita dell’imprenditore, lo si sentirà parlare con un mafioso che gli chiede un’indicazione stradale, i sospetti prenderanno forma e vai con la misura di prevenzione e il sequestro di tutto. In Sicilia le prospettive le ha uccise la mafia in passato. Adesso, la cultura del sospetto: chi sarà mai quel folle che vorrà venire a investire da noi?”…
Al commento la risposta di Logaritmo delle 17:57:21 – Forse si è confuso il filosofo Socrate!!! Chi non viene a investire in Sicilia non teme il sospetto, ma la corruzione, la mafia, i disservizi, la burocrazia, la criminalità…
Ed infine eccovi il mio commento non apparso sulla pagina: 
Leggo di “Catania 2.0”… mentre nel frattempo, la stessa, si è già evoluta in 3.0!!!
L’intervista dell’amico Anthony è perfetta, se pur contenuta quando prova a far scoprire le carte al Procuratore sulla nostra città etnea… 
Lo stesso difatti – correttamente – si cautela parlando d’indagini in corso… e come dargli torto, ogni giorno una nuova inchiesta emerge da quello strato di “fango” (pronunciato in parlemitano…) in cui viviamo…
Vedo che si parla di “cultura di sospetto”, ma forse chi dice questo… conosce poco questa città, altrimenti saprebbe che non vi è alcun sospetto, ma solo certezze, e purtroppo queste continueranno fintanto che ci si nasconderà dietro nomi d’illustri filosofi… 
Ma qui non è più tempo di fare filosofia, viceversa bisogna essere reali e concreti!!!
Ed anche lo Stato deve dimostrarsi però più efficace…  
Non si può ogni qual volta, ripetere gli stessi errori!!!
Mi riferisco ad alcuni nomi letti in questi giorni su questa testata web; personaggi “ambigui” a cui stranamente “qualcuno” delle nostre “istituzioni”, ha desiderato affidare una parte di quei cosiddetti beni confiscati…
Sì… non è possibile che ancora oggi, certi errori vengano ripetuti!!!
Comunque, la parte sana di questa terra, proverà per l’ennesima volta a fare in modo di “rimediare” ad un “svista”, evitando di chiamarla col suo vero nome… 
Per il resto, che la mafia stia trasferendo i propri patrimoni “sporchi” verso altre realtà è cosa nota da tempo, come d’altronde tutti noi siamo a conoscenza di quelle metodologie applicate per aggredire i patrimoni legati ai contributi pubblici, non solo Regionali ma anche dell’Unione Europea…
Ed infine qual è il futuro dei giovani catanesi (mi riferisco a quelli meritevoli)??? 
Definiamoli innanzitutto: sono giovani che non usufruiscono di raccomandazioni o legami familiari con personaggi politico/mafiosi, gli stessi che sono stati – e ancora oggi sono – perfettamente inseriti in quell’ambito clientelare di quel sistema “colluso”!!!
La soluzione??? Semplice, andare via!!!
D’altronde una terra che non premia l’impegno e il coraggio dei suoi conterranei, alcuni dei quali ogni giorno (senza alcun timore, per se o per i propri familiari)  si ribellano a questa condizione omertosa, non merita neppure un giorno di essere vissuta!!!

Catania è tempo di "indignarti"!!!

Dando prosecuzione all’operazione eseguita in questi giorni dalla Dia di Catania, che ha fatto luce su un sistema illegale degli appalti nei rifiuti, desideravo riprendere una nota della conferenza stampa, nella quale erano presenti i signori: Carmelo Zuccaro (procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Catania), Sebastiano Ardita (procuratore aggiunto della Repubblica presso il Tribunale di Catania), Maurizio Calvino (capo del Secondo Reparto della Direzione Investigativa Antimafia), Renato Panvino (capocentro della Direzione Investigativa Antimafia di Catania), Fabio Regolo (sostituto procuratore della repubblica presso il Tribunale di Catania), Alessandra Tasciotti (sostituto procuratore della repubblica presso il Tribunale di Catania).
Ciò che m’interessa portare in evidenza è una parola espressa in quella sede e cioè: “INDIGNAZIONE”!!!
Sì, è ovvio che alla parola “indignazione” dovranno seguire come sempre… non meri discorsi di facciata, ma azioni decise di contrasto dell’autorità giudiziaria e degli organi di polizia che con l’autorità giudiziaria collaborano, per far fronte ad un fenomeno che coinvolge e interessa sempre più i servizi pubblici fondamentali di questa nostra città… 
Circostanze quest’ultime, che evidenziano di turbare la regolarità del quieto vivere, la qualità della vita dei suoi concittadini, non meno di altri delitti di strada…
Ecco è tempo quindi che ci si “indigni” di fronte a fatti del genere!!!
E’ questa la parola utilizzata dal Procuratore della Repubblica, Carmelo Zuccaro, che riassume perfettamente quanto dovrebbe accadere in questa città… e dove, un importante ausilio deve essere dato da quella parte considerevole rappresentata dal giornalismo “illuminato” e mi permetto d’aggiungere, da tutti quei cosiddetti “free lance”, che come il sottoscritto, si fanno portavoce con i loro post, di quell’indignazione, manifestando con puntuale occasione, tutto il proprio dissenso, per ciò che rappresenta corruzione e malaffare… 
Mi permetto quindi di riprendere un passaggio fondamentale dell’intervista: “Ecco perché, che al di là dell’erudizione della norma, poco conta in questo momento se si tratta di corruzione per atto contrario, per atto dovuto, se si tratta di concussione, induzione in debita e quindi 318, 319 o 319 quater… questi, sono problemi da risolversi nelle aule di giustizia, ora è tempo di far comprendere ai cittadini, quanto è accaduto, i fatti accertati, far capire loro il disvalore penale della condotta, che va molto oltre quello della pena edditale, gravissima, peraltro disegnata dal legislatore nel codice penale, il disvalore maggiore… sì esattamente quello che dichiarava sopra il Procuratore, deve essere “l’indignazione” di fronte a questi fenomeni!!!”.
Bisogna rivolgere quindi ogni nostra azione ad una nuova platea, non bisogna parlare d’altronde a chi possiede già un futuro assicurato, ma tutti noi, dobbiamo rivolgere ogni nostra parola ai giovani di questa terra, ai nostri figli, ai nipoti, a quanti tra loro vorrebbero che quei propri titoli di studio, servissero a contribuire per far crescere la propria città, il loro paese, questa loro terra… e per far ciò, contano esclusivamente sui propri sacrifici, orgogliosi di mettere al primo posto la propria dignità… per metterla al servizio del proprio paese, sperando magari di poter avere un futuro migliore dei propri genitori!!!
E’ tempo quindi che quei “ladri di futuro” vengano imputati alle loro responsabilità, per poter lasciare spazio a coloro che il loro futuro, hanno deciso di scriverselo da soli, costruendolo giorno per giorno, attraverso i propri sacrifici…

Una "Catania bene"…

Ho acquistato un libro scritto da Sebastiano Ardita, magistrato e componente della Direzione Distrettuale Antimafia di Catania ed oggi, Procuratore Aggiunto presso il Tribunale di Messina…
Nel suo libro descrive in maniera meticolosa i collegamenti tra la mafia catanese e quella della provincia di Messina e l’evoluzione che queste associazioni criminali, hanno avuto dagli anni 80′ ad oggi…
In particolare, viene descritto il passaggio di come queste, si siano con il tempo evolute, passando da quella impostazione rigida e violenta (in particolare contro le istituzioni), ad un nuovo modello, moderno e manageriale, che ha permesso loro, d’integrarsi tra le PA e nella società civile…
Già, in quel percorso si è totalmente rinnovata, passando da una immagine “cattiva e violenta” ad una “buona e produttiva”, riuscendo inoltre a convincere i cittadini (con un’attenta opera di persuasione), di come, attraverso il proprio contributo, si sia migliorato il benessere sociale, colmando le lacune dello Stato, come per esempio… sicurezza e lavoro.
Il tutto è avvenuto grazie a nuove alleanze, nello specifico, con i settori dominanti dell’imprenditoria, della politica, della finanza, delle istituzioni, della stampa e di tutte quelle associazioni che con il loro discreto silenzio, hanno fanno sì, che le collusioni ed il malaffare, abbiano potuto estendere quei  propri tentacoli…
Una mafia “rigenerata”, che ha saputo investire i propri profitti illeciti, in nuove e remunerative, attività imprenditoriali e commerciale, le quali, hanno nel corso di questi anni dimostrato, quella propria capacità di realizzare profitti e impegnandosi inoltre, a creare nuove opportunità lavorative…
Un sistema mafioso vincente (diverso e lontano da quello a suo tempo proposto dai “corleonesi”), che è diventato modello da esportare, anche per le altre associazioni malavitose, del resto d’Italia…
Si è trattato di trovare nuove alleanze tra quegli uomini che contavano nei posti chiave… come per esempio quelli “istituzionali” e quando non si è riusciti nell’intento, si è fatto di tutto per allontanare quelli e sostituirli con propri uomini, certamente più disposti ad alleanze e profitti…
Dopotutto non è il denaro che manca… anzi tutt’altro e con quello si può puntare a conquistare uomini e potere… 
Potremmo quindi concentrare in una parola quanto accaduto: trattativa ( che poi è la stessa parola usata in alcune inchieste note, tra Stato e mafia…). 
Certo la sola parola è di per se imbarazzante e ovviamente, all’interno di quegli uffici istituzionali, non la si vuole prendere nemmeno in considerazione…
Ma quando poi, si assiste a certe indagini delle procure, le quali quotidianamente, fanno emergere reati ed infedeltà da parte di quegli uomini pubblici, ecco che allora si comprende come forse, qualcosa di lesionato in quel sistema c’è!!!
Non per nulla… se il nuovo Procuratore Capo di Catania, Carmelo Zuccaro, nel giorno del suo insediamento in Procura ha dichiarato: “Catania soffocata dalla mafia… abbiamo bisogno che le cose cambino”!!! si comprende come ancora purtroppo, di lavoro da fare… c’è ne. 
Certo dinnanzi ad un sistema criminale così perfettamente integrato nella società attuale, diventa difficile slegare quanti sono legati tra essi… sia per rapporti familiari, di amicizia, universitari, politici e anche professionali senza escludere anche personali… mi riferisco ai legami sentimentali… 
Da quanto sopra è evidente che le famiglie mafiose negli anni si sono evolute… i figli si sono laureati e hanno occupato quelle posizioni dirigenziali lasciate nel corso degli anni libere…
Sono in tutti i settori… nessuno escluso!
Ed è il motivo per cui oggi, ancora più di ieri, diventa chiaro comprendere, il perché la mafia, non sia stata di fatto sconfitta!!! 
Perché i suoi uomini (quelli con i colletti inamidati…) partecipano a fare cadere i reati in prescrizione, perché il sistema carcerario è sottodimensionato rispetto al numero di criminali che delinquono, determinando così, quei presupposti continui d’indulti e amnistie, perché il sistema giudiziario fa più paura ai cittadini onesti che agli stessi criminali, perché non si perde mai occasione per criticare le istituzioni, le forze dell’ordine, i magistrati, facendo in modo che si disinteressino e si scoraggino, nell’intraprendere tutte quelle necessarie azioni di contrasto…
Per quanto sopra è ovvio che gli uomini (e donne…) di questo sistema, si vanno regolando di conseguenza… 
Faranno ovviamente il minimo indispensabile, per non aver problemi, personale e/o professionali…
Continueranno in silenzio ad avanzare di carriera con quel minimo sforzo, per giungere finalmente a quella auspicata “pensione” e sperando nel contempo, di poter tramandare quella propria occupazione ad un proprio familiare…
Dopotutto è di questo si tratta… 
Saper convivere all’interno di quelle regole prestabilite e mai scritte della nostra città: sì di quella soprannominata… “Catania bene”!!!