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18 Marzo, un evento dedicato alla memoria del maresciallo dei carabinieri Alfredo Agosta, vittima della lotta alla mafia: Palazzo delle Scienze ospita il convegno "Criminalità organizzata ieri e oggi".

Oggi martedì 18 marzo, presso l’aula magna del Palazzo delle Scienze dell’Università di Catania, si terrà un convegno intitolato “Criminalità organizzata ieri e oggi“, un evento dedicato alla memoria del maresciallo dei Carabinieri Alfredo Agosta, vittima della lotta alla mafia. 
L’iniziativa, organizzata nell’ambito del progetto GRINS (Growth, Innovation and Sustainability), ha riunito istituzioni, forze dell’ordine, accademici e cittadini per riflettere sull’evoluzione della criminalità organizzata e sulle strategie di contrasto adottate nel tempo.
L’iniziativa sarà aperta dai saluti istituzionali del rettore Francesco Priolo, del presidente dell’Associazione nazionale antimafia “Alfredo Agosta” Carmelo La Rosa, del presidente del tribunale Francesco Mannino e del prefetto Maria Carmela Librizzi e rappresenterà un’occasione importante per approfondire il tema della mafia e il suo impatto sulla società. Tra gli interventi, quello del Generale di Brigata Salvatore Altavilla, comandante provinciale dei Carabinieri di Catania, e del procuratore della Repubblica Francesco Curcio, che sottolineranno l’importanza di un impegno costante delle istituzioni e della società civile nella lotta alle attività illegali.
Ma al di là dei dibattiti e delle analisi, il cuore dell’evento è il ricordo di Alfredo Agosta, ucciso barbaramente il 18 marzo 1982 mentre si trovava in un bar di Catania, in via Firenze. Un uomo che, con scrupolo e dedizione, aveva fatto della lotta alla criminalità organizzata una missione, pagando con la vita il prezzo del suo coraggio.
Alfredo Agosta non era solo un militare, ma un investigatore capace di andare oltre le apparenze, di collegare fatti a nomi, di smascherare legami oscuri tra criminalità e politica in un’epoca segnata dall’omertà. La sua storia è una testimonianza di impegno civile e deontologico, un esempio di come il senso del dovere possa trasformarsi in un atto di amore per la comunità.
Purtroppo, in un’epoca in cui i modelli proposti ai giovani spesso si riducono a figure superficiali e banali, diventa ancora più importante ricordare uomini come Agosta. Uomini che hanno saputo guardare oltre, che hanno scelto di non accontentarsi, che hanno fatto della loro professione una missione animata da ideali etici e civili.
Celebrare la memoria di Alfredo Agosta non è solo un dovere, ma un impegno che va oltre l’ambito personale. 
Difatti, questa lealtà e questo senso di giustizia sono i principi che sento di dover portare avanti ogni giorno, sì… denunciando fatti gravi, non solo come individuo o come membro dell’Associazione “Alfredo Agosta“, ma soprattutto come “formatore”. Perché è proprio attraverso l’educazione e l’esempio che possiamo trasmettere alle nuove generazioni quei valori fondamentali – rispetto, onestà, coraggio – gli stessi che possono far migliorare questa nostra terra, ideali che abbiamo visto, hanno guidato uomini proprio come Alfredo Agosta.
Perché solo così possiamo onorare quel loro sacrificio e fare in modo che il loro impegno non sia stato vano, ma diventi una luce per costruire un futuro migliore, libero dalla mafia e dall’ingiustizia!!!
Non bisogna attendere i gesti degli altri, ognuno di noi nel proprio piccolo può fare la differenza, contrastando ogni forma di corruzione e malaffare. Perché la memoria non deve essere relegata a una semplice ricorrenza, ma deve vivere ogni giorno, nelle nostre azioni e nelle nostre scelte.
Grazie, Alfredo Agosta, per averci insegnato che il coraggio e la lealtà sono valori che non passano mai di moda. La tua eredità continua a vivere in chi, come te, crede in un mondo più giusto e onesto.

Catania: Infiltrazioni mafiose, scambio elettorale e reati finanziari.

Ieri mattina, un’operazione antimafia di vasta portata, ha portato all’arresto di una ventina di persone, tra cui figure istituzionali di rilievo, tutte accusate di reati gravissimi come associazione di tipo mafioso, scambio elettorale politico mafioso, estorsione e trasferimento fraudolento di valori. 

L’inchiesta, condotta dai Carabinieri del ROS, ha messo in luce un sistema criminale che avrebbe infiltrato le istituzioni locali, manipolando il processo democratico e arricchendosi attraverso attività illecite.
Tra gli arrestati figurano un deputato regionale, un consigliere comunale e il sindaco di un comune della provincia di Catania. 
Secondo gli investigatori, la famiglia mafiosa avrebbe sostenuto le campagne elettorali di questi soggetti, garantendosi in cambio favori e controllo sul territorio. Già… il voto di scambio sarebbe stato uno degli strumenti principali per consolidare il potere dell’organizzazione, che avrebbe anche gestito estorsioni ai danni di imprenditori e attività commerciali, imponendo tangenti o manodopera forzata.
L’indagine ha inoltre ricostruito una rete di trasferimenti fraudolenti di valori, con l’utilizzo di prestanome e intestazioni fittizie per creare attività economiche, tra cui imprese nel settore delle onoranze funebri, funzionali agli interessi dell’associazione. Un sistema complesso, reso possibile anche grazie alla complicità di professionisti e rappresentanti istituzionali.
L’operazione rappresenta un colpo significativo contro “cosa nostra“, ma è anche un monito sulla necessità di vigilare costantemente sulle infiltrazioni mafiose nelle istituzioni. La democrazia e la legalità non possono essere compromesse da accordi oscuri e interessi criminali.
Questa inchiesta, l’ennesima, si inserisce nel solco di precedenti indagini è dimostra ancora una volta quanto sia cruciale il lavoro delle forze dell’ordine e della magistratura per preservare la trasparenza e la giustizia. 
Perché non bisogna mai dimenticare come la lotta alla mafia non sia solo una questione di sicurezza, ma è soprattutto una lotta di civiltà, per difendere i valori fondanti della nostra società come il rispetto delle regole, la tutela dei diritti, la libertà di impresa e la dignità delle persone. 
La mafia quindi non rappresenta solo un’organizzazione criminale, ma un sistema che corrode le fondamenta dello Stato, minacciando il futuro delle nuove generazioni. 
Per questo, ogni operazione come quella compiuta ieri, non è solo una vittoria delle forze dell’ordine, ma un passo avanti per affermare che la legalità e la giustizia sono l’unica strada possibile!!!
Come ribadisco spesso, a difesa delle persone indagate, è fondamentale rispettare il principio della presunzione di innocenza e attendere che l’inchiesta giudiziaria segua il suo corso, conducendo alle necessarie verifiche e accertamenti. Solo così, attraverso un processo equo e completo, è possibile garantire giustizia e tutelare i diritti di tutte le parti coinvolte.

Mafia: Un’analisi profonda del potere parallelo.

La mafia non è solo un’organizzazione criminale, già… è molto di più!!!

Alcuni studiosi, seppur in minoranza, sostengono che le organizzazioni mafiose abbiano una natura politica, non limitandosi a semplici rapporti di collusione con la sfera istituzionale. 

Questa visione va oltre l’idea di una mafia che si intreccia con politici corrotti o partiti. Si tratta di una prospettiva che riconosce alle associazioni mafiose un’autonomia e una sovranità tali da porsi quasi su un piano di parità con lo Stato.

Come evidenziato da Mauro Fotia (docente di Scienza Politica nelle Università di Messina e Trieste, per poi passare all’insegnamento di Sociologia Politica presso l’Università di Roma «La Sapienza». Studioso dei rapporti tra classi politiche e masse, ne ha esaminato in particolare i profili legati ai partiti, ai movimenti sociali e alle lobby), le mafie non sono semplici gruppi criminali, ma veri e propri ordinamenti giuridici paralleli. Hanno regole interne, procedure, sanzioni e una struttura che ricorda quella di uno Stato. 

Questo spiega la loro potenza economica e la capacità di imporre le proprie leggi, escludendo quelle statali. La mafia, in questa visione, non è solo un’entità che sfrutta il sistema, ma un soggetto che contende il potere allo Stato, affermando una logica di dominio che si concretizza in un’enorme accumulo di ricchezza.

Ma perché questa interpretazione è così importante? Perché ci aiuta a comprendere la reale portata del fenomeno mafioso. Non si tratta solo di criminalità organizzata, ma di un sistema che si insinua nelle pieghe della società, della politica e dell’economia, creando un vero e proprio Stato nello Stato. Questo spiega anche perché, nonostante decenni di lotta, la mafia continui a resistere e a prosperare.

Tuttavia, non possiamo ignorare l’altra faccia della medaglia: il rapporto tra mafia e politica tradizionale. La collusione tra organizzazioni mafiose e settori delle istituzioni è un dato di fatto, ampiamente documentato. 

Basti pensare alle relazioni della Commissione Parlamentare Antimafia che hanno messo in luce i legami tra mafia e politica in Italia. Questi documenti, insieme al lavoro di magistrati, studiosi e politici, hanno contribuito a delineare un quadro in cui la mafia non agisce solo come entità autonoma, ma come un attore che sfrutta il sistema politico per rafforzare il proprio potere.

E qui entra in gioco un altro aspetto cruciale: l’acquisitività politica.

Si tratta della capacità di utilizzare il potere politico, sia in modo legale che illegale, per raggiungere obiettivi economici. Questo spiega perché la mafia non sia solo un problema di ordine pubblico, ma un fenomeno radicato nelle disuguaglianze sociali ed economiche del Paese. Il sottosviluppo, la povertà, lo sfruttamento e la marginalizzazione del Mezzogiorno non sono solo conseguenze della mafia, ma anche cause che ne alimentano l’esistenza.

In sintesi, la mafia non è solo un “male” da combattere, ma un sintomo di problemi più profondi: un sistema che sfrutta le debolezze di un territorio e di un’economia squilibrata. 

Per sconfiggerla, non basta la repressione. Serve un cambiamento strutturale, che affronti le disuguaglianze e restituisca dignità e opportunità a chi vive in queste aree. Solo così si potrà spezzare il circolo vizioso che alimenta il potere mafioso.

Mi viene da piangere per il Procuratore Gratteri…

Non so voi, ma ogni volta che vedo in TV o leggo un articolo sul mio omonimo, il Procuratore Nazionale Nicola Gratteri, mi vien da piangere…

L’altra sera l’ho rivisto su La7 da Lilli Gruber, e ancora una volta ho provato un senso di amarezza profonda.

Penso a chi dedica la propria vita a questo Paese, rischiando tutto, e a chi invece non ha mai mosso un dito, anzi, fa carriera restando nell’ombra, seduto dietro una scrivania.

È così che funziona qui, ed è così che continuerà finché il sistema clientelare e giudiziario resterà colluso, legato a quelle correnti politiche che decidono chi deve avanzare senza merito e chi, invece – come Gratteri – deve essere ostacolato, quasi esiliato, solo perché fa bene il proprio lavoro.

Mi torna in mente la vicenda di Giovanni Falcone, ostacolato nella sua nomina a Consigliere Istruttore del Tribunale di Palermo. Oggi la storia si ripete con Gratteri, escluso dalla Procura Nazionale Antimafia perché non allineato a certe logiche di potere. Lo aveva già previsto, tanto da dichiarare in un’intervista: “Io lo sapevo, ma ho scelto di non iscrivermi a nessuna corrente. Non conosco nemmeno il 50% dei membri del CSM, non li riconoscerei per strada, perché non li frequento“.

Qualcuno ha deciso di sbarrargli la strada. Forse perché ha indagato troppo, su mafia, ‘ndrangheta, camorra… certamente più di tutti loro messi insieme. E questo ha dato fastidio.

Ora, da Procuratore di Napoli, si ritrova sotto attacco: un’inchiesta si sgretola, i reati vanno in prescrizione, le accuse si rivelano inconsistenti, il processo si chiude nel nulla. Con un costo umano, politico e istituzionale, altissimo.

E allora sì, mi viene da piangere. Perché vedo il silenzio della stampa – e chissà, magari qualcuno sotto sotto ride pure. Perché nessuno lo difende???

Certo, Gratteri è un uomo, può sbagliare. Uno, due, tre, quattro, cinque volte.

Ma finché continuerà a indagare con onestà, senza piegarsi a pressioni o interessi di parte, resterà una delle poche figure di cui questo Paese può ancora fidarsi. Ed io, pur comprendendo talune critiche giuste e forse anche costruttive, beh… come dicevo, preferisco sempre un magistrato che, ogni tanto, possa commettere un errore piuttosto che uno che non sbaglia mai… perché in malafede.

AMMINISTRATORE GIUDIZIARIO ARRESTATO

Il tema degli amministratori giudiziari è stato affrontato più volte su questo blog (e non solo), con particolare attenzione alle modalità attraverso cui alcune imprese sottoposte a sequestro o confisca sono state, di fatto, gestite senza soluzione di continuità dalle stesse organizzazioni cui erano state sottratte.

E infatti, il nuovo procuratore capo di Messina, Antonio D’Amato, si è distinto, a differenza di altri colleghi che negli anni sembravano aver “dormito” o addirittura “celato” esposti ufficialmente protocollati. 

Ricordo a chi di dovere che tali esposti dovrebbero ancora trovarsi negli archivi del Tribunale e quindi nella disponibilità dei sostituti procuratori che potrebbero ora, finalmente, riprenderli in mano…

Per cui, grazie alle investigazioni condotte attraverso intercettazioni, monitoraggi e, pare, con il contributo di un collaboratore di giustizia, si è scoperto che questa situazione era resa possibile, secondo l’accusa, dalla complicità di un amministratore giudiziario.

Come spesso ripeto, l’antimafia, in questi lunghi anni, è servita a molti, specialmente a coloro incaricati di gestire beni e imprese confiscate. 

Ricordo che parliamo di un patrimonio immenso, spesso a scapito delle imprese stesse e dei loro titolari, sottoposti a provvedimenti interdittivi.

Basti pensare al caso di un magistrato, allora presidente della sezione misure di prevenzione del Tribunale di Palermo, finito sotto processo insieme ad altri imputati. Secondo l’accusa, quel magistrato avrebbe gestito i beni confiscati alla mafia in modo clientelare, creando un vero e proprio “sistema“. Al suo fianco agivano fedelissimi, tra cui commercialisti, professori universitari, amministratori giudiziari, uomini in divisa e persino familiari. Secondo i PM nisseni, questo gruppo rappresentava il “cerchio magico” del presidente.

Ma d’altronde è sufficiente recarsi in alcuni uffici per notare come tra i collaboratori vi siano professionisti, dipendenti e altre figure legate, in qualità di familiari, parenti o amici, a referenti istituzionali. Ed è per questi motivi infatti che questi ultimi, abitualmente, affidano loro quegli incarichi di gestione e amministrazione.

Nel caso specifico, l’impresa in questione era già stata destinataria di diversi provvedimenti giudiziari di sequestro e confisca, divenuti definitivi dopo procedimenti penali e misure di prevenzione. Tuttavia, nonostante l’amministrazione giudiziaria, secondo l’inchiesta in corso, l’impresa continuava a essere gestita dagli stessi soggetti interdetti. Questo sarebbe stato reso possibile grazie alla complicità dell’amministratore giudiziario, completamente asservito.

L’attività investigativa ha permesso di ricostruire il modus operandi degli indagati, finalizzato alla creazione di illeciti guadagni grazie alla complicità dell’amministratore giudiziario. Per tali motivi, il Giudice per le Indagini Preliminari, su richiesta della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Messina – Direzione Distrettuale Antimafia, ha applicato una misura restrittiva nei confronti dell’indagato.

Mi chiedevo – discutendo con un amico – come questa vicenda mettesse ora in evidenza un ulteriore paradosso: lo Stato, a seguito dell’arresto dell’amministratore giudiziario, si ritrova ora nella necessità di nominare un nuovo referente per la gestione dei beni sequestrati. Una situazione che non solo rappresenta un evidente fallimento del sistema, ma che getta un’ombra pesante sulle istituzioni, dimostrando come i loro stessi rappresentanti possano risultare altrettanto corrotti. La fiducia dei cittadini ne risulta gravemente compromessa, poiché ciò che dovrebbe essere garanzia di legalità si trasforma spesso in ulteriore occasione di abusi e malaffare!!!

Il Procuratore di Napoli, Nicola Gratteri spiega l’indegno problema della presenza dei cellulari nelle carceri!!!

Trovate il commento sulla pagina social di Tik Tok “antimafiaduemila” al link: https://www.tiktok.com/@antimafiaduemila/video/7389322510254279969?_r=1&_t=8oCceZVBJ6e

“Una situazione veramente drammatica” – dice il Procuratore – ” e non pensate che col palliativo di ieri risolviamo il problema delle carceri”.

È il commento tranciante fatto a Reggo Calabria dal procuratore capo di Napoli Nicola #Gratteri durante la presentazione del suo libro “Il grifone. Come la tecnologia sta cambiano il volto della ‘Ndrangheta”, scritto a quattro mani con il professore #AntonioNicaso. 

Il volume è stato presentato nei giorni scorsi assieme al procuratore di Reggio Calabria #GiovanniBombardieri e al procuratore aggiunto di Catania #SebastianoArdita, ai piedi del suggestivo Castello Aragonese.

“Voi dovete tenere presente che mediamente in ogni carcere sono 200 telefonini che funzionano – ha detto Gratteri -. Quando è scoppiato il problema dei cellulari in #carcere, è stata fatta una riunione alla Procura Nazionale dell’Antimafia in cui erano presenti tutte le procure distrettuali d’Italia. C’era anche il direttore Basentini con tutto il suo staff. E io dissi che era necessario compare un ‘jammer’ (disturbatore di frequenze, ndr) quantomeno per le carceri più grandi e in alta sicurezza. Dunque, Rebibbia, Milano Opera, ecc. MI dissero che non era possibile perché ‘se funziona il jammer come fa la polizia penitenziaria a comunicare?”

Eppure, ha spiegato il procuratore di Napoli, “in questo momento dal carcere si danno ordini di morte, si vende droga, si chiede l’estorsione. E non c’è indagine che noi facciamo per associazione di stampo mafioso, traffico di droga o altro dove poi non emerge che sentiamo 3, 4, 5, 10 telefonini che sono in carcere e comunicano con l’esterno. Questo è lo stato dell’arte”.

Ma d’altronde cosa vogliamo, con una politica che dimostra essere collusa con la criminalità organizzata, attraverso il ben noto la scambio di voti, cosa si può pretendere, se non quanto descritto dal nostro procuratore!!!

E un vero schifo e la circostanza peggiore è che a fare in modo che quanto sopra accada, sono proprio coloro che ci stanno governando, gli stessi che realizzano leggi per evitare di contrastare in maniera seria la criminalità e facendo in modo che quelle stesse leggi inconcludenti e sterili, possano poi esser da loro stessi utilizzate, per evitare di rimanere coinvolti in quelle inchieste giudiziarie, di cui ogni giorno andiamo ahimè udendo!!!

Ecco come aggirare le interdittive antimafia…

Lo scorso anno nel mese di luglio avevo scritto un post intitolato “Il Ponte sullo stretto??? Sì… serve ad unire gli interessi di cosa nostra con quelli della ‘ndrangheta!!!” vedasi link: https://nicola-costanzo.blogspot.com/2023/07/il-ponte-sullo-stretto-si-serve-ad.html

Ed ora che si dovrebbe dare il via ai lavori per la realizzazione dell’attraversamento stabile tra Sicilia e Calabria, ecco che improvvisamente leggo di una nuova inchiesta giudiziaria che conferma quanto da sempre indicato dal sottoscritto, mi riferisco ai controlli compiuti per le interdittive antimafia e a quelle procedure richieste dalle Prefetture indicate come “White-list”.

Sono anni che ne parlo, d’altronde basti leggersi alcuni miei post:

– 3 ottobre 2014: White & Black List…

– 4 dicembre 2015: Prevenire, proteggere e punire!!!

– 22 novembre 2019: White list??? Sì… “white”, ma solo sulla carta!!!

– 7 agosto 2020: White list: Ricordo male o tra i settori a rischio d’infiltrazioni mafiose vi è anche il trattamento e lo smaltimento dei rifiuti???

– 30 settembre 2020: Qualcosa in quella White list non funziona: già… se sei certificato, devi dimostrare ogni anno la tua idoneità, mentre se si è in attesa, no!!!

– 1 ottobre 2020: Nuove direttive per quei settori a rischio infiltrazioni mafiosa…

– 2 dicembre 2021: Già… la chiamano “informazione antimafia interdittiva”!!!

– 22 maggio 2022: L’ombra della guardiania: un mondo sommerso che sopravvive grazie ad un inefficace controllo istituzionale!

– 14 marzo 2024: La Sicilia, seconda per provvedimenti interdittivi!!!

– 16 giugno 2024: Infiltrazioni mafiose e imprenditoria, camminano a doppio binario!!!

– 16 ottobre 2020: Già… sembra incredibile, eppure il malaffare si rivela proprio in quei settori che si pensano essere regolari!!!

Mafia, fondi del PNRR, professionisti vari tra cui, ingegneri, architetti, geologi, tecnici, ed ancora, avvocati, commercialisti, ma anche dipendenti pubblici “infedeli”, tra cui dirigenti, funzionari ed anche politici, fanno parte di quel pacchietto necessario affinchè l’illegalità possa trionfare …

Come ripeto spesso: insegui il denaro e trovi il malaffare!!!

Ho letto stamani un articolo pubblicato su una pagina web siciliana che descriveva in maniera perfetta le modalità su come aggirare quelle interdittive antimafia e soprattutto la facilità con cui certi noti “General Contractor” hanno permesso –attraverso quei loro incaricati alla verifica dei protocolli di legalità– l’ingresso nei propri appalti ad imprese e fornitori certamente discutibili…

Qualcuno potrebbe chiedersi quali siano le motivazioni che determinano – nella maggior parte dei casi – il voler inserire all’interno di quegli appalti un così “ambiguo” assortimento d’imprese: beh… il sottoscritto se interpellato potrebbe mettere per iscritto un  elenco con tutta una serie di ragioni… ma d’altronde posso aggiungere in questa sede che c’è stato un tempo che chi di dovere è stato informato, mi riferisco ai cosiddetti CEO (Chief Executive Officer) di talune Holding, e difatti, molto dopo quella presa d’atto è stato attenzionato: sì… per riportare all’interno di quelle sue affiliate e non solo, le previste procedure di “legalità”, ma anche di sicurezza, qualità e ambiente!!!

Le mafie oggi: Dal crimine violento all’Infiltrazione economica.

I reati delle mafie sono strettamente legati all’economia: frodi, bancarotte, riciclaggio di denaro e reati fiscali sono diventati i principali strumenti attraverso cui le organizzazioni criminali operano. In passato, la criminalità organizzata era principalmente associata a reati violenti, come omicidi, estorsioni e traffico di droga, ma oggi la sua natura si è evoluta, adottando modalità più sottili e sofisticate. 

Le mafie, infatti, si sono infiltrate nelle strutture economiche legali, cercando di ottenere il controllo di attività imprenditoriali e risorse finanziarie attraverso metodi che non lasciano tracce evidenti di violenza, ma che possono avere un impatto devastante sull’economia e sulla società nel suo complesso.

Il cambiamento dell’oggetto della criminalità organizzata è evidente: mentre un tempo le mafie esercitavano il loro potere principalmente tramite l’intimidazione e la violenza, ora il loro raggio d’azione si è ampliato nell’ambito delle transazioni economiche. 

Le infiltrazioni mafiose nelle imprese, nei contratti pubblici e nella gestione dei fondi sono spesso difficili da individuare, ma altrettanto dannose per la competitività del mercato e per la crescita sana delle attività imprenditoriali. La criminalità economica legata alle mafie si manifesta anche attraverso l’accesso illecito al credito, la manipolazione dei bilanci aziendali e la gestione fraudolenta delle risorse.

Alcuni reati, definiti “spia”, possono essere indicatori della presenza di infiltrazioni mafiose. Tra questi, i reati fiscali sono tra i più rilevanti. Le frodi fiscali e le bancarotte fraudolente, ad esempio, possono nascondere dietro di sé operazioni di riciclaggio di denaro o il tentativo di mascherare il flusso illecito di fondi provenienti da attività criminali. Anche se non sempre è automatico, la presenza di determinati crimini può fungere da segnale per avviare indagini più approfondite e scoprire le radici di operazioni illegali più complesse. Un caso emblematico è rappresentato da operazioni giudiziarie recenti, come quelle legate a indagini sul riciclaggio e sulle frodi aziendali, che hanno portato all’apertura di processi rilevanti.

Il caso del processo Aemilia ha segnato una tappa importante nella lotta contro la criminalità economica. Non si è trattato però di un punto di arrivo, ma piuttosto di un inizio: questo processo ha aperto la strada a ulteriori indagini, alcune delle quali hanno condotto a nuovi procedimenti, come quello denominato 

Perseverance, che ha evidenziato ulteriori dinamiche di infiltrazione mafiosa in ambiti economici precedentemente considerati immuni. La costante evoluzione delle tecniche mafiose richiede un’attenzione rinnovata e un impegno continuo nell’adattare le indagini ai nuovi scenari, per prevenire il consolidamento di strutture criminali che, sotto le sembianze di attività legittime, operano in modo sotterraneo, ma altrettanto pericoloso.

La lotta contro la mafia oggi non si limita solo a combattere la violenza, ma richiede una visione globale e multidimensionale, che comprenda l’intercettazione dei flussi finanziari illeciti, la protezione delle imprese sane e il rafforzamento delle capacità investigative nell’area economica. 

Solo con un approccio integrato e in costante evoluzione sarà possibile contrastare efficacemente l’infiltrazione mafiosa nei settori produttivi e mantenere l’integrità del sistema economico e sociale.

Quante sono le imprese controllate dalla mafia??? Ancora troppe…

Quelle delle imprese “controllate” è un tema di difficile soluzione e ciò è dovuto al fatto che dietro ciascuna di quelle imprese si nasconde un prestanome che con i soli controlli solitamente effettuati, risultano essere slegati da affiliazioni o parentele con uomini di cosa nostra…    

Ma il problema da affrontarsi (in maniera seria) su quei controlli di trasparenza, non dovrebbe esser ristretto ai soli dati anagrafici di quei soggetti che improvvisamente decidono di svolgere la figura d’imprenditori, bensì dal loro reale potere economico e soprattutto finanziario!!!

Mi riferisco a quella semplice condizione per diventare un’imprenditore, a dirlo tra l’altro è proprio il termine stesso, basta cercarlo su “google”: Per diventare imprenditore servono abilità, impegno, dedizione, spirito di sacrificio e soprattutto risorse di denaro!!!

Ecco, siamo giunti nuovamente alla mia premessa e cioè quella che per fare impresa bisogna dimostrare d’aver capacità economica, d’altronde senza questo fondamentale requisito, sarebbe facile per chiunque fare impresa…

Ed allora, quando un soggetto diventa a tutti gli effetti di legge “imprenditore”, attraverso la costituzione di una società o l’acquisizione di una esistente (solitamente con l’estromissione dei precedenti titolari, grazie anche all’omertà delle vittime determinata non solo da paura ma anche dai pregressi rapporti con i componenti del sodalizio), ecco, quando si formalizza quella nomina di legale  rapresentante, dovrebbero immediatamente partire i controlli, non solo quelli conosciuti come “Protocolli di legalità“, ma tutta una serie di richieste come ad esempio informazioni bancarie, le stesse che possono evidenziare la reale capacità finanziaria di quel soggetto ora promossosi ad imprenditore…

Comprendere quindi quali somme egli abbia gestito nel corso della propria vita, ma soprattutto analizzare come esse siano state realizzate, concretizzate, alimentate e verificare i fatturati che hanno permesso ad egli un’eventuale crescita finanziaria e di vitale importanza per fermare anzitempo una nuova attività illegale!!!      

Altrimenti sarebbe troppo semplice, ga chiunque sarebbe data così la possibilità di diventare imprenditore ed è proprio ciò che la maggior parte di essi fa, sì… facendosi finanziare da quelle organizzazioni criminali e sfruttando gli strumenti posti a disposizione da quel capitale mafioso che incontra, si mescola e si occulta, con quello legale…

Non dobbiamo quindi credere che quell’imprenditore rappresenti un soggetto deliquenziale o che preferisca procedere sin dal suo insediamento in maniera “illegale”, ad esempio mancando di rispettere le norme su contratti di lavoro, le imposte e/o contributi previdenziali, no… i nuovi imprendori e soprattutto la nuova criminalità interessa poco o nulla operare sul mercato in maniera illecita, anzi tutt’altro, quest’ultima ha deciso di restare in maniera stabile nel territorio e vuole quindi affermarsi sul mercato legale, non solo nella propria regione , ma anche nelle altre…

Queste “imprese” difatti sfruttando quella propria capacità finanziaria derivata dal riciclaggio di denaro sporco, per far crescere quelle loro imprese a dismisura e non ha alcuna importanza se durante quella loro gestione, si presenta una eventuale perdita, perché quest’ultima verrebbe coperta in maniera celere, grazie ai profitti derivati da altre attività commerciali e ad un sistema di scambi vantaggiosi con le altre imprese affiliate…

Già… ad esse interessa poco incrementare i profitti o abbattere i costi attraverso il lavoro, poiché non si ha alcun problema di liquidità e quindi, grazie all’ingresso costante di capitale da ripulire, ci si dedica principalmente ad infiltrare in quegli appalti milionari e nei fondi pubblici posti a disposizione… 

E’ evidente come mentre in passato la mafia deprimeva l’economia di un territorio riducendo quindi la capacità di spesa pubblica locale, adesso le nuove imprese “controllate” hanno le competenze per poter attrarre più investimenti pubblici nelle loro zone di influenza, in modo da vincere facilmente un maggior numero di appalti!!!

Queste imprese sono diventate delle vere e proprie agenzie di servizi, pronte a mettersi a disposizione dell’economia con il proprio capitale (illecitamente accumulato), creando così consenso sociale, politico ed un controllo amministrativo nel territorio in cui operano, grazie alla corruzione alimentata, ma soprattutto attraverso la grande disponibilità di posti di lavoro offerti, nuovo baratto di sodalizi clientelari… 

E quindi, nonostante gli sforzi fatti nel corso degli anni dai vari governi nazionali, con l’introduzione ad esempio della Banca dati unica, della documentazione antimafia e di quella stessa autocertificazione antimafia, lo Stato ha di fatto subito una sconfitta!!!

D’altronde la dimostrazione è palese: tutti questi strumenti hanno evidenziato una lacuna in quanto alla maggior parte di quelle imprese controllate è stato semplice aggirare i controlli, già… semplicemente ricorrendo ad uno dei tanti prestanome!!!

Lunedì 18 Marzo: consegna a Catania del Premio Antimafia "Alfredo Agosta".

Saranno tre i vincitori a cui verrà consegnato il “Premio Agosta” durante l’incontro “Unirsi contro le mafie, tecniche preventive e monitoraggio del fenomeno” previsto il l8 marzo c.a. alle ore 10.00, nella sala conferenze de “Le Ciminiere” di Catania.

E precisamente, l’ufficiale dei Carabinieri del Ros, Lucio Arcidiacono (lo stesso che ha catturato il latitante Matteo Messina Denaro), il Procuratore Generale, Dott. Carmelo Zuccaro, ed infine, uno dei giornalisti maggiormente impegnati nella nostra isola, capace attraverso le sue inchieste di cronaca, d’evidenziare tutte quelle collusioni mafiose, politico, imprenditoriali, che come ben sappiamo, sono ben presenti nella nostra regione, mi riferisco al Dott. Antonio Condorelli.

Saranno presenti inoltre alcuni studenti delle quinte superiori, universitari e rappresentanti dell’Ordine degli avvocati che hanno partecipato alle iniziative di sensibilizzazione dell’associazione antimafia Agosta. 

Ad aprire i lavori sarà Emanuele Coco, docente di storia e filosofia dell’università. 

Sono previsti interventi del ministro Nello Musumeci, di Carmelo La Rosa, Presidente dell’associazione nazionale antimafia Alfredo Agosta, di Emilio Grasso, dirigente dell’ufficio scolastico regionale per la Sicilia, di Antonino Guido Distefano, Presidente dell’Ordine degli avvocati, di Filippo Pennisi, Presidente della Corte d’appello e del Prefetto di Catania, Maria Carmela Librizzi.

Una sessione degli studi sarà inoltre dedicata al ricordo del maresciallo Alfredo Agosta, con la relazione del figlio Giuseppe. 

Previste altresì tre relazioni, quella dell’avvocato Ivan Albo, del generale di corpo d’armata e comandante interregionale dei Carabinieri Giovanni Truglio e del Pg Carmelo Zuccaro. Le conclusioni saranno di Chiara Colosimo, Presidente della commissione nazionale antimafia.

Si dimette il presidente di Confindustria Catania.

Dopo quanto emerso con l’inchiesta antimafia “Doppio Petto” e le dichiarazioni esposte in questi giorni da alcuni presidenti di associazioni di legalità, ad iniziarsi da quella dell’avvocato Enzo Guarnera, presidente dell’associazione “Antimafia e Legalità di Catania” che ha dichiarato: Dovrebbe dimettersi subito e, se non lo facesse, dovrebbe sfiduciarlo la sua organizzazione. Se ciò non avvenisse, la vergogna sarebbe infinita! Per lui e per gli altri associati. Le dichiarazioni di Di Martino costituiscono un pessimo esempio per tutti gli imprenditori catanesi e non solo. Se un presidente di un’associazione prestigiosa come Confindustria paga il pizzo, dal punto di vista etico va considerato un sostenitore esterno. Una vittima denuncia, a maggior ragione se è un rappresentante dell’associazione degli industriali. Invece Di Martino ai convegni dichiara che il pizzo non va pagato, ma intanto lo paga. Che si dimetta!!!

Lo stesso Avv. Guarnera ricorda (con rammarico) che nel 2019 Angelo Di Martino “è stato insignito del titolo di commendatore al merito della Repubblica. Se fosse un mio potere lo revocherei”.

Di egual avviso Nicola Grassi, presidente di Asaec (Associazione Antiestorsione di Catania Libero Grassi): Qual è la novità? Alla luce delle recenti evidenze investigative, emerge chiaramente come vi sia una vera e propria emergenza pizzo. L’estorsione ai danni di imprenditori e commercianti è ormai diventata normalità. Gravissimo: siamo tornati indietro di trenta, quarant’anni. Il pizzo viene chiesto a tappeto su tutto il territorio. Lo ripetiamo e lo ripeteremo finché sarà necessario: indispensabile una sinergica opera di sensibilizzazione da parte delle istituzioni, prefettura, forze dell’ordine e componenti sociali e associative. Senza una risposta immediata da parte dello Stato il pericolo è quello di un controllo sempre più vasto e capillare dell’economia locale da parte della mafia.

Ecco quindi che dopo una settimana di durissimi attacchi, il presidente di Confindustria Catania, Angelo Di Martino, si è dimesso: c’è voluta però una riunione d’urgenza del Consiglio di presidenza dell’associazione per valutare il contenuto delle notizie apparse sulla stampa.

 “Nel corso della riunione – si legge in una nota dell’associazione degli industriali etnei – il presidente, dopo avere espresso la propria estraneità ai fatti, così come riportati sulla stampa, riservandosi di agire per le vie legali, ha deciso, sentito il Consiglio di presidenza, di rimettere il mandato e di rassegnare quindi le proprie dimissioni, ciò al fine di preservare l’immagine dell’associazione evitando così qualsiasi ulteriore speculazione”.

Mafie meno violente, si infiltrano, corrompono emettono le mani negli appalti e nei fondi del PNRR…

Il mondo cambia e le mafie si adattano, si adeguano, si aggiornano. 

La Direzione Investigativa Antimafia, nella sua ultima relazione semestrale, descrive un contesto della criminalità organizzata di stampo mafioso meno violento e più affaristico, fatto di corruzione e intimidazione, capace di rivolgere il proprio sguardo anche alle nuovissime tecnologie. 

Meno violenza, più affari: “Le organizzazioni criminali di tipo mafioso, nel loro incessante processo di adattamento alla mutevolezza dei contesti, hanno implementato le capacità relazionali sostituendo l’uso della violenza, sempre più residuale, con strategie di silenziosa infiltrazione e con azioni corruttive e intimidatorie“.

Già… sembra una cosa semplice a dirsi, ma posso assicurare che dietro quel meccanismo mafioso/corruttivo e soprattutto clientelare, vi è una struttura di professionisti ben preparati, atti a svolgere con capacità e tecnica organizzativa quanto necessario, sia per far aggiudicare alle imprese amiche taluni appalti pubblici e sia per indirizzare quei fondi milionari verso di essi… 

Ed ora ditemi: ma realmente pensavate che quel denaro non sarebbe finito (per come da sempre avviene in questa nostro Paese) in mazzette per sostenere quelle attività corruttive da tempo soggiogate da tutte quelle infiltrazioni mafiose???

Caro Paolo, sono passati ben 11 anni da questa lettera di Roberto, eppure siamo ancora qui a chiederci: da chi sei stato assassinato???

Chi ha ucciso Paolo Borsellino? La mafia o, come scrivono i giudici della Corte d’assise di Caltanissetta, “soggetti diversi da Cosa nostra”??? 31 anni non sono bastati per conoscere la verità!!!

Caro Paolo,

oggi siamo qui a commemorarti in forma privata perché più trascorrono gli anni e più diventa imbarazzante il 23 maggio ed il 19 luglio partecipare alle cerimonie ufficiali che ricordano le stragi di Capaci e di via D’Amelio.

Stringe il cuore a vedere talora tra le prime file, nei posti riservati alle autorità, anche personaggi la cui condotta di vita sembra essere la negazione stessa di quei valori di giustizia e di legalità per i quali tu ti sei fatto uccidere; personaggi dal passato e dal presente equivoco le cui vite – per usare le tue parole – emanano quel puzzo del compromesso morale che tu tanto aborrivi e che si contrappone al fresco profumo della libertà.

E come se non bastasse, Paolo, intorno a costoro si accalca una corte di anime in livrea, di piccoli e grandi maggiordomi del potere, di questuanti pronti a piegare la schiena e abarattare l’anima in cambio di promozioni in carriera o dell’accesso al mondo dorato dei facili privilegi.

Se fosse possibile verrebbe da chiedere a tutti loro di farci la grazia di restarsene a casa il 19 luglio, di concederci un giorno di tregua dalla loro presenza. Ma, soprattutto, verrebbe da chiedere che almeno ci facessero la grazia di tacere, perché pronunciate da loro, parole come Stato, legalità, giustizia, perdono senso, si riducono a retorica stantia, a gusci vuoti e rinsecchiti.

Voi che a null’altro credete se non alla religione del potere e del denaro, e voi che non siete capaci di innalzarvi mai al di sopra dei vostri piccoli interessi personali, il 19 luglio tacete, perché questo giorno è dedicato al ricordo di un uomo che sacrificò la propria vita perché parole come Stato, come Giustizia, come Legge acquistassero finalmente un significato e un valore nuovo in questo nostro povero e disgraziato paese.

Un paese nel quale per troppi secoli la legge è stata solo la voce del padrone, la voce di un potere forte con i deboli e debole con i forti. Un paese nel quale lo Stato non era considerato credibile e rispettabile perché agli occhi dei cittadini si manifestava solo con i volti impresentabili di deputati, senatori, ministri, presidenti del consiglio, prefetti, e tanti altri che con la mafia avevano scelto di convivere o, peggio, grazie alla mafia avevano costruito carriere e fortune.

Sapevi bene Paolo che questo era il problema dei problemi e non ti stancavi di ripeterlo ai ragazzi nelle scuole e nei dibattiti, come quando il 26 gennaio 1989 agli studenti di Bassano del Grappa ripetesti: “Lo Stato non si presenta con la faccia pulita… Che cosa si è fatto per dare allo Stato… Una immagine credibile?… La vera soluzione sta nell’invocare, nel lavorare affinché lo Stato diventi più credibile, perché noi ci dobbiamo identificare di più in queste istituzioni”.

E a un ragazzo che ti chiedeva se ti sentivi protetto dallo Stato e se avessi fiducia nello Stato, rispondesti: “No, io non mi sento protetto dallo Stato perché quando la lotta alla mafia viene delegata solo alla magistratura e alle forze dell’ordine, non si incide sulle cause di questo fenomeno criminale”. E proprio perché eri consapevole che il vero problema era restituire credibilità allo Stato, hai dedicato tutta la vita a questa missione.

Nelle cerimonie pubbliche ti ricordano soprattutto come un grande magistrato, come l’artefice insieme a Giovanni Falcone del maxiprocesso che distrusse il mito della invincibilità della mafia e riabilitò la potenza dello Stato. Ma tu e Giovanni siete stati molto di più che dei magistrati esemplari. Siete stati soprattutto straordinari creatori di senso. 

Avete compiuto la missione storica di restituire lo Stato alla gente, perché grazie a voi e a uomini come voi per la prima volta nella storia di questo paese lo Stato si presentava finalmente agli occhi dei cittadini con volti credibili nei quali era possibile identificarsi ed acquistava senso dire “ Lo Stato siamo noi”. Ci avete insegnato che per costruire insieme quel grande Noi che è lo Stato democratico di diritto, occorre che ciascuno ritrovi e coltivi la capacità di innamorarsi del destino degli altri. Nelle pubbliche cerimonie ti ricordano come esempio del senso del dovere.

Ti sottovalutano, Paolo, perché la tua lezione umana è stata molto più grande. Ci hai insegnato che il senso del dovere è poca cosa se si riduce a distaccato adempimento burocratico dei propri compiti e a obbedienza gerarchica ai superiori. Ci hai detto chiaramente che se tu restavi al tuo posto dopo la strage di Capaci sapendo di essere condannato a morte, non era per un astratto e militaresco senso del dovere, ma per amore, per umanissimo amore.

Lo hai ripetuto la sera del 23 giugno 1992 mentre commemoravi Giovanni, Francesca,Vito Schifani, Rocco Dicillo e Antonio Montinaro. Parlando di Giovanni dicesti: “Perché non è fuggito, perché ha accettato questa tremenda situazione, perché mai si è turbato, perché è stato sempre pronto a rispondere a chiunque della speranza che era in lui? Per amore! La sua vita è stata un atto di amore verso questa sua città, verso questa terra che lo ha generato”.

Questo dicesti la sera del 23 giugno 1992, Paolo, parlando di Giovanni, ma ora sappiamo che in quel momento stavi parlando anche di te stesso e ci stavi comunicando che anche la tua scelta di non fuggire, di accettare la tremenda situazione nella quale eri precipitato, era una scelta d’amore perché ti sentivi chiamato a rispondere della speranza che tutti noi riponevamo in te dopo la morte di Giovanni.

Ti caricammo e ti caricasti di un peso troppo grande: quello di reggere da solo sulle tue spalle la credibilità di uno Stato che dopo la strage di Capaci sembrava cadere in pezzi, di uno Stato in ginocchio ed incapace di reagire.

Sentisti che quella era divenuta la tua ultima missione e te lo sentisti ripetere il 4 luglio 1992, quando pochi giorni prima di morire, i tuoi sostituti della Procura di Marsala ti scrissero: “La morte di Giovanni e di Francesca è stata per tutti noi un po’ come la morte dello Stato in questa Sicilia. Le polemiche, i dissidi, le contraddizioni che c’erano prima di questo tragico evento e che, immancabilmente, si sono ripetute anche dopo, ci fanno pensare troppo spesso che non ce la faremo, che lo Stato in Sicilia è contro lo Stato e che non puoi fidarti di nessuno. Qui il tuo compito personale, ma sai bene che non abbiamo molti altri interlocutori: sii la nostra fiducia nello Stato”.

Missione doppiamente compiuta, Paolo. Se riuscito con la tua vita a restituire nuova vita a parole come Stato e Giustizia, prima morte perché private di senso. E sei riuscito con la tua morte a farci capire che una vita senza la forza dell’amore è una vita senza senso; che in una società del disamore nella quale dove ciò che conta è solo la forza del denaro ed il potere fine a se stesso, non ha senso parlare di Stato e di Giustizia e di legalità.

E dunque per tanti di noi è stato un privilegio conoscerti personalmente e apprendere da te questa straordinaria lezione che ancora oggi nutre la nostra vita e ci ha dato la forza necessaria per ricominciare quando dopo la strage di via D’Amelio sembrava – come disse Antonino Caponnetto tra le lacrime – che tutto fosse ormai finito.

Ed invece Paolo, non era affatto finita e non è finita. Come quando nel corso di una furiosa battaglia viene colpito a morte chi porta in alto il vessillo della patria, così noi per essere degni di indossare la tua stessa toga, abbiamo raccolto il vessillo che tu avevi sino ad allora portato in alto, perché non finisse nella polvere e sotto le macerie.

Sotto le macerie dove invece erano disposti a seppellirlo quanti mentre il tuo sangue non si era ancora asciugato, trattavano segretamente la resa dello Stato al potere mafioso alle nostre spalle e a nostra insaputa.

Abbiamo portato avanti la vostra costruzione di senso e la vostra forza è divenuta la nostra forza sorretta dal sostegno di migliaia di cittadini che in quei giorni tremendi riempirono le piazze, le vie, circondarono il palazzo di giustizia facendoci sentire che non eravamo soli.

E così Paolo, ci siamo spinti laddove voi eravate stati fermati e dove sareste certamente arrivati se non avessero prima smobilitato il pool antimafia, poi costretto Giovanni ad andar via da Palermo ed infine non vi avessero lasciato morire.

Abbiamo portato sul banco degli imputati e abbiamo processato gli intoccabili: presidenti del Consiglio, ministri, parlamentari nazionali e regionali, presidenti della Regione siciliana, vertici dei Servizi segreti e della Polizia, alti magistrati, avvocati di grido dalle parcelle d’oro, personaggi di vertice dell’economia e della finanza e molti altri.

Uno stuolo di sepolcri imbiancati, un popolo di colletti bianchi che hanno frequentato le nostre stesse scuole, che affollano i migliori salotti, che nelle chiese si battono il petto dopo avere partecipato a summit mafiosi. Un esercito di piccoli e grandi Don Rodrigo senza la cui protezione i Riina, i Provenzano sarebbero stati nessuno e mai avrebbero osato sfidare lo Stato, uccidere i suoi rappresentanti e questo paese si sarebbe liberato dalla mafia da tanto tempo.

Ma, caro Paolo, tutto questo nelle pubbliche cerimonie viene rimosso come se si trattasse di uno spinoso affare di famiglia di cui è sconveniente parlare in pubblico. Così ai ragazzi che non erano ancora nati nel 1992 quando voi morivate, viene raccontata la favola che la mafia è solo quella delle estorsioni e del traffico di stupefacenti.

Si racconta che la mafia è costituita solo da una piccola minoranza di criminali, da personaggi come Riina e Provenzano. Si racconta che personaggi simili, ex villici che non sanno neppure esprimersi in un italiano corretto, da soli hanno tenuto sotto scacco per un secolo e mezzo la nostra terra e che essi da soli osarono sfidare lo Stato nel 1992 e nel 1993 ideando e attuando la strategia stragista di quegli anni. Ora sappiamo che questa non è tutta la verità.

E sappiamo che fosti proprio tu il primo a capire che dietro i carnefici delle stragi, dietro i tuoi assassini si celavano forze oscure e potenti. E per questo motivo ti sentisti tradito, e per questo motivo ti si gelò il cuore e ti sembrò che lo Stato, quello Stato che nel 1985 ti aveva salvato dalla morte portandoti nel carcere dell’Asinara, questa volta non era in grado di proteggerti, o, peggio, forse non voleva proteggerti. 

Per questo dicesti a tua moglie Agnese: “Mi ucciderà la mafia, ma saranno altri che mi faranno uccidere, la mafia mi ucciderà quando altri lo consentiranno”. Quelle forze hanno continuato ad agire Paolo anche dopo la tua morte per cancellare le tracce della loro presenza. E per tenerci nascosta la verità, è stato fatto di tutto e di più.

Pochi minuti dopo l’esplosione in Via D’Amelio mentre tutti erano colti dal panico e il fumo oscurava la vista, hanno fatto sparire la tua agenda rossa perché sapevano che leggendo quelle pagine avremmo capito quel che tu avevi capito.

Hanno fatto sparire tutti i documenti che si trovavano nel covo di Salvatore Riina dopo la sua cattura. Hanno preferito che finissero nella mani dei mafiosi piuttosto che in quelle dei magistrati. Hanno ingannato i magistrati che indagavano sulla strage con falsi collaboratori ai quali hanno fatto dire menzogne. Ma nonostante siano ancora forti e potenti, cominciano ad avere paura.

Le loro notti si fanno sempre più insonni e angosciose, perché hanno capito che non ci fermeremo, perché sanno che è solo questione di tempo. Sanno che riusciremo a scoprire la verità. Sanno che uno di questi giorni alla porta delle loro lussuosi palazzi busserà lo Stato, il vero Stato quello al quale tu e Giovanni avete dedicato le vostre vite e la vostra morte. 

E sanno che quel giorno saranno nudi dinanzi alla verità e alla giustizia che si erano illusi di calpestare e saranno chiamati a rendere conto della loro crudeltà e della loro viltà dinanzi alla Nazione.

Intervento di Roberto Scarpinato, procuratore generale della Corte di Appello di Caltanissetta, letto alla commemorazione per i 20 anni dell’assassinio di Paolo Borsellino, con il quale ha lavorato fianco a fianco nel pool antimafia.

Lo Stato Parallelo…

Lo Stato parallelo. 
La loggia massonica P2.
Quarant’anni dopo è stato il secondo panel in programma della 1° edizione del Festival Internazionale dell’Antimafia. 

Intitolata “l’Impegno di tutti“, questa prima edizione si è svolta da venerdì 5 a domenica 7 maggio 2023 presso Anteo Palazzo del Cinema, col patrocinio di Fondazione Falcone e il contributo di Fondazione Cariplo.

In questo panel l’ex-magistrato Gherardo Colombo ha parlato della P2, presentando il podcast “Lo Stato Parallelo“, pubblicato in esclusiva su RaiPlay Sound. Lo ha intervistato Lea Orifici di Torcha. 

Sia RaiPlay Sound sia Torcha sono stati media partner di questa prima edizione del Festival.

PER SAPERNE DI PIU’ SUL FESTIVAL: https://www.festivalantimafia.org

Ma quale caz… di "antimafia"!!!

Cosa avevo scritto alcuni giorni fa… 

Ecco le foto esposte presso le pareti di quella scuole con le immagini delle nostre vittime della mafia, giudici, uomini delle istituzioni, militari, ma anche semplici cittadini coraggiosi e poi, sempre in quella scuola ( ma potrei dire anche in tantissime altre, vedasi quanto accaduto a certi insegnanti di Campobello di Mazara…) ci sono loro, quei soggetti che vengono tra l’altro insigniti dal nostro Presidente della Repubblica, per la loro opera di “legalità”!!!

Minch…, mi viene da dire, ma prima di dare plausi e insignire onorificenze non sarebbe il caso di valutare quei particolari soggetti così fortemente dediti alla legalità, riconoscendone con i fatti, il reale contributo dato sul campo nel contrasto di quelle attività promosse da quella associazione criminale???

L’avevano chiamata la “preside antimafia” ed ora che i carabinieri del Nucleo investigativo di Palermo sono andati a notificarle l’ordinanza e rimasta quasi sorpresa… 

Questa preside insieme al suo vicepreside e ad una dipendente di una rivendita di prodotti informatici, sono ora accusati di peculato e corruzione, tutti ai domiciliari per una indagine che ha svelato l’ennesimo sistema criminale messo in atto in questo fragile e corrotto paese…

Ora certo sono tutti a meravigliarsi su quanto accaduto, direi quasi sorpresi, come se nessuno sapesse che queste situazioni sono all’ordine del giorno, d’altronde basti vedere quanto accaduto poche ore fa a Latina, con l’arresto di un magistrato che si occupava di beni sequestrati ( di cui parlerò domani…) e che dimostra ancora una volta, come anche nei Tribunali lo schifo è fortemente presente e chi ha il coraggio di denunciare – ecco caro Presidente Mattarella forse sono questi i soggetti che le dovrebbe premiare, ma lasciamo perdere, tanto è fiato perso – si ritrova coinvolto in un sistema che gli si ritorce contro, già… un muro di gomma fatto di connivenze e affiliazioni massoniche!!!

Come riportavo sopra le prove ci sono è le denunce altrettanto, ma nonostante quanto fatto da quei cittadini coraggiosi, ci si ritrova sempre a dover combattere contro un sistema posto a protezione degli amici degli amici, già proprio come quelli di cosa nostra, ma questi hanno le toghe, posti lì a fare in modo che alla fine ci si scoraggi e ci si arrenda, questo ovviamente è quanto essi sperano… poveri illusi: non sanno con chi hanno a che fare!!!

Già… come dicevo è veramente incredibile quanto avviene, ma d’altronde non vi è modo di contrastare questo sistema corruttivo e clientelare, poiché la maggior parte di quei magistrati, con quelle loro arbitrarie azioni, con quegli ambigui provvedimenti, con quei sospetti stralci e quant’altro posto in campo, evidenziano palesemente di essere fortemente compromessi!!!

E difatti ritengo dalla mia personale esperienza, che è soltanto attraverso azioni di forza come quelle mediatiche, che si riesce – il più delle volte – a far primeggiare la verità, sempre che si riesca a coinvolgere quei direttori di quotidiani o testate web, disposti a metterci la propria faccia e a seguire quelle valide argomentazioni, altrimenti ahimè si finisce come il giornalista Massimo Giletti, zittito e limitato dalla propria redazione, pur di insabbiare tutte le verità scomode di cui era venuto a conoscenza e che qualcuno ha imposto che non venissero portate alla luce!!!

E la chiamano “antimafia”: si del caz…!!!

Lo Stato chiude gli occhi: già… con il tetto del contante più alto, sarà ancor più facile riciclare!!!

A denunciarlo è il procuratore capo del Tribunale di Bari, Roberto Rossi, durante la presentazione in Senato della relazione conclusiva della commissione Antimafia…

Nel presentare il rapporto tra gioco d’azzardo e mafie il Procuratore ha dichiarato: “Non si può più parlare di infiltrazioni. Quello del gioco è un settore ormai nelle mani della criminalità organizzata“. 

Il sottoscritto tra l’altro nel 2019 aveva scritto un post intitolato: Non è che lo Stato sul gioco, sta favorendo la criminalità organizzata??? link: http://nicola-costanzo.blogspot.com/2019/01/non-e-che-lo-stato-sul-gioco-sta.html ed ora leggo: “La raccolta di tutte le indagini che abbiamo acquisito ci mostra come la presenza della criminalità organizzata sia diventata pervasiva” (Giovanni Endrizzi, ex senatore M5s, nella scorsa legislatura a capo del IV Comitato della commissione Antimafia. che si è occupato proprio dell’influenza e del controllo della criminalità sulle attività connesse al gioco). 

Continuando: “Con diversi provvedimenti abbiamo verificato come …. il mercato dei videopoker sia in mano alle mafie locali, che li gestiscono e li impongono attraverso imprenditori collusi. Quando siamo andati a vedere gli elenchi dei maggiori vincitori c’erano diversi personaggi della criminalità organizzata, che facevano milioni di puntate. Come è possibile? Semplice, perché si ricicla“!!!

Ma non solo: “Abbiamo trovato poi come molti punti gioco fossero in mano a parenti di malavitosi. Cosa bisogna fare dal punto di vista normativo? Gare per le concessioni, controlli antimafia per chi apre i punti di gioco, tracciabilità per giocatori sia quando versano somme per poter giocare, sia quando vincono”!!!

Secondo i numeri stimati dagli inquirenti e dalla Direzioni investigativa antimafia il volume di affari illegale è cresciuto, un trend confermato e che evidenzia come il confine tra legale e illegale è andato negli anni dissolvendosi; sono circa 130-140 miliardi di euro per quanto riguarda il gioco legale, oltre venti quelli del mercato illegale!!! 

Dinnanzi a  questo Stato cieco, ecco che le mafie riescono sviluppare i propri business, ampliandoli anche verso nuovi  mercati d’investimento tra cui ad esempio criptovalute e bitcoin, nuove conquiste di cui ancora poco si conosce e dei quali sviluppi nessuno è in grado di comprenderne le potenzialità e soprattutto la difficoltà di rintracciarne i reali possessori in quanto coperti da un muro di anonimato!!!

Eppure l’attuale Governo ha deciso d’innalzare il limite del contante e così vedrete, sarà certamente più facile per quelle associazioni criminali poter riciclare!!!

Ma d’altronde questo è un paese in cui la lotta alla illegalità è fatta spesso all’acqua di rose, già… per sconfiggere la corruzione è necessario sconfiggere la cultura che la sostiene, non a parole, ma con il silenzio dei fatti… 

Peraltro va detto, ai nostri governanti interessa poco contrastare, ad essi interessa trasgredire o ancor peggio modificare o violare le leggi o le prescrizioni vigenti, ma nel compiere quelle azioni sanno bene che per essere responsabili o quantomeno corresponsabili, gli sarà sufficiente far finta di non accorgersi di quanto sta accadendo o ancor peggio, accorgersi e non fare nulla, che è per l’appunto ciò che attuano!!!

E così mentre lo Stato chiude gli occhi, gli altri li tengono viceversa… bene aperti!!!

Solidarietà al giudice Nicola Gratteri!!

Per fortuna ciò che non accade in certi territori “omertosi e succubi”, non avviene in altre realtà del nostro paese…

E’ quanto hanno manifestato centinaia di cittadini che si sono riuniti dinnanzi alla Stazione centrale di Milano per manifestare la propria solidarietà nei confronti di un grande professionista e magistrato: Nicola Gratteri. 

Sono oltre 150 le associazioni di tutta Italia che hanno dato vita alla manifestazione e che ha condotto sul palco alcuni noti magistrati e parecchi esponenti della società civile e delle istituzioni. 

Al grido “basta con le stragi” sono seguite le parole del presidente della commissione antimafia della regione Lombardia, Monica Forte: “Oggi dobbiamo evitare di commettere gli errori che furono commessi trent’anni fa quando ci furono le stragi; allora lo Stato ebbe una reazione forte e reagì con interventi legislativi soltanto dopo le stragi. Oggi non dobbiamo isolare chi fa il proprio dovere”

In piazza va detto c’erano anche parecchi calabresi,  tra cui alcuni componenti della comunità di “Progetto Sud” che per voce di Maria Pia Tucci ha dichiarato: “Non possiamo permetterci più di urlare dopo ‘mai più stragi’ ma proviamo a dirlo prima tutti insieme” 

D’altronde proprio il capoluogo lombardo è stata scelto quale sede della manifestazione, una regione che come ben sappiamo è stata egemonizzata in questi anni da quella nota associazione criminale calabrese chiamata “‘ndrangheta”, che attraverso i propri capitali di provenienza illecita, prova in ogni occasione a riciclare quel denaro acquisendo e investendo su imprese aggiudicatarie di appalti pubblici o su attività commerciali di qualsivoglia genere e per riuscirci non si limitano ad usare maniere coercitive e violente….

L’auspicio come ricorda la coordinatrice della Dda di Milano Alessandra Dolci è quello di veder crescere sempre più la cultura della legalità, in particolare tra i giovani, grazie all’ausilio di  gruppi e movimenti antimafia sempre più crescenti, ma soprattutto attraverso il gran lavoro e l’impegno messo in campo (libero da compromessi o ancor peggio da fazioni e/o correnti politiche che provano a condizionarne  l’operato) da taluni magistrati perbene e incorruttibili, com’è ad esempio il nostro Nicola Gratteri!!!

La lotta si sa è ancora lunga e soprattutto di difficile soluzione, ma con l’impegno di tutti, sì…provando ad unire le forze di quelle persone oneste, ecco che si potrà alla fine vincere contro questo sistema malato e infetto, perché a volte basta poco, già… si tratta semplicemente di volere che le cose buone accadano!!!

“Contro Giovanni Falcone azione parallela di Cosa nostra e della magistratura”!!!

Affermazioni pesantissime quelle pronunciate da Claudio Martelli sulla morte di Giovanni Falcone!!!

L’ex ministro della Giustizia, è uscito con il libro «Vita e persecuzione di Giovanni Falcone», nel quale è riportato: “Giovanni Falcone era il più importante, il più capace, il più famoso tra i giudici che hanno combattuto la mafia. Per questo nello stesso giorno in cui fui nominato ministro della Giustizia lo chiamai e gli affidai l’incarico più importante del ministero, quello di direttore degli Affari Penali. Insieme, abbiamo pensato e organizzato la più organica, determinata ed efficace strategia di contrasto a Cosa Nostra. La mafia reagì uccidendo prima Falcone poi Borsellino con una violenza terroristica più efferata e rabbiosa di quella armata in precedenza contro i molti giudici, poliziotti, uomini politici che l’avevano contrastata. Pur tra tante affinità, la storia di Falcone è diversa da quella degli altri uomini dello Stato che hanno combattuto la mafia perché solo a Falcone è capitato di essere perseguitato in vita non solo da Cosa Nostra, ma anche di essere avversato da colleghi magistrati, dalle loro istituzioni come il CSM e dall’Associazione Nazionale Magistrati, nonché da politici e da giornalisti di varie fazioni. Ancora oggi di quest’altra faccia della luna poco si sa perché poco è stato detto. Fece eccezione l’amico più caro di Falcone, Paolo Borsellino: ‘La magistratura che forse ha più responsabilità di tutti cominciò a far morire Giovanni Falcone ben prima che la mafia lo assassinasse a Capaci’. Da allora sono passati trent’anni. Per rispetto di Falcone, dei ragazzi che non hanno vissuto quel tempo, degli adulti che non lo hanno capito o lo hanno dimenticato, sento il dovere di tornare a riflettere per raccontare le verità di allora e quelle più recenti che ho appreso insieme al ruolo di chi, nel bene e nel male, ne fu protagonista dentro le istituzioni dello Stato, nella società e nel mondo dell’informazione.” 

L’ex ministro è stato intervistato da “Il Giornale” e non ha lesinato pesanti critiche al mondo della giustizia: “Contro Falcone c’è stata un’azione parallela di Cosa nostra e della magistratura. La mafia aveva occhi e orecchi al Palazzo di Giustizia di Palermo. Parlando con il giornalista Francesco la Licata, una volta il giudice gli disse, a proposito dell’attentato fallito all’Addaura ‘C’è stata la saldatura’”…

“Per le toghe – dice ancora l’ex Guardasigilli Martelli – Giovanni era un nemico. Io mi dimisi perché ormai ero rimasto solo. Sul fronte antimafia, massacrato Falcone, estromesso Scotti, mi ritrovai solo. 

Mancino mi chiede tempo per difendere il decreto Falcone sul 41 bis, una misura preventiva, non punitiva per impedire che i boss mafiosi spadroneggiassero in carcere”. Parole che riaprono ancora una volta la cicatrice della strage di Capaci.

Quanto sta emergendo in questi giorni sull’attentato di Capaci, sta determinando in molti di noi un vero e proprio sgomento,  le notizie da parte di pentiti ma non solo, le inchieste giornalistiche sulle tv nazionali, ed ora le parole di Claudio Martelli, già… ho come l’impressione che qualcosa si sia rotto, che tutti i silenzi e le azioni poste a protezioni di quanto accaduto allora accaduto, stiano pian piano uscendo e chissà se finalmente comprenderemo realmente chi c’è stato sin dall’inizio dietro a quell’assassinio e che proprio a seguito di quella strage ha potuto continuare il proprio incarico e non mi meraviglierei di scoprire che fosse proprio istituzionale… 

Le partecipate sono un serbatoio elettorale!!!

Rappresenta solo l’ultima delle tante relazioni della commissione Antimafia e non c’è da meravigliarsi tanto, basta semplicemente osservare quanto accade ogni giorno…

Ho letto che “I lavori dell’Antimafia sono iniziati dopo l’esito dell’indagine della procura di Palermo, per verificare le responsabilità politiche, dell’amministrazione regionale sulla partecipata che si occupa di trasporto pubblico nell’Isola; l’operazione coordinata dalla procura di Palermo aveva fatto emergere una gestione delle assunzioni che rispondeva ai desiderata della politica”

La partecipata – dalle intercettazioni – sembra stesse diventando un vero e proprio ufficio di collocamento, di un noto partito…

D’altronde un’azienda, per quanto partecipata, per quanto vigilata dalla Regione, possiede un’autonomia gestionale quasi assoluta, tanto da permettersi di sforare il budget di 3,5 milioni ed è veramente assurdo che nessuno fosse a conoscenza di ciò o quantomeno portasse l’informazione di quel “esubero” a chi di dovere…

Comunque, così non è andata e le lacune nella gestione di quelle partecipate sembrano esser tante e sperare che ora finalmente le cose potranno cambiare, con questo sistema colluso, credetemi… è una mera illusione!!!

Su quanto sopra riportato mi permetto di segnalare un post interessante al seguente link: https://www.corrieretneo.it/2021/07/22/il-lato-oscuro-della-regione-dossier-di-sunseri-m5s-denuncia-gli-sprechi-le-partecipate-ci-costano-235-mln/

L’Antimafia spiata??? Non ci resta che ridere…

Un comune motto massonico riporta “Audi, vide, tace, si vis” è una locuzione latina che significa letteralmente: Ascolta, guarda e stai zitto se vuoi vivere in pace…  

E così un massone “clandestino” è stato beccato ad origliare la commissione parlamentare antimafia in missione a Trapani, proprio mentre si stavano svolgendo le audizioni dei vertici delle logge trapanesi e l’argomento riguardava le connessioni che portano al latitante Matteo Messina Denaro.

Certo, un episodio singolare, che ha allarmato l’Antimafia, riaccendendo i sospetti sui rapporti perversi tra i frequentatori dei templi massonici e la mafia locale e soprattutto mentre si stava parlando dell’uomo più ricercato d’Italia!!!

Ma d’altronde perché ci si meraviglia, abbiamo visto nel corso di questi lunghi anni come vi sia un servizio deviato, inserito perfettamente all’interno delle nostre istituzioni, che da sempre si occupa di occultare, manipolare, trasformare, condizionare e quando occorre far sparire quei documenti pericolosi oppure inserirne di nuovi preparati accuratamente!!!

A pensare che in uno dei posti più blindati, proprio al centro di un ufficio che si occupa di comprendere quali circostanze permettono al capo di cosa nostra, latitante dal 2 giugno 1993, ad anticipare sempre le mosse degli investigatori, ecco che s scopre che qualcuno ascoltava…

Intrecci massoni si legano tra mafia e politica, d’altronde va ricordato come questa stessa commissione antimafia, sin dalla sua proposta nel lontano 1948, subì un profondo stop prima di essere nuovamente ripresentata nel 1958 su iniziativa di Ferruccio Parri, ma anche in quella occasione venne osteggiata politicamente da più parti e si dovette attendere quasi quindici anni, precisamente il 20 dicembre del 1962, per vedere approvata la legge!!!

Ora, se tra le sue azioni vi è quella di rendere più coordinata e incisiva l’iniziativa dello Stato, delle regioni e degli enti locali, quale prevenzione delle attività criminali al fine di costruire uno spazio giuridico antimafia anche a livello di Ue e quindi pensare che quanto sopra accaduto possa venir condizionato da eventuali infiltrazioni mafiose e/o massoniche attraverso quei proprio referenti, fa comprendere – se ve ne fosse ancora bisogno – i motivi che hanno condotto a quei particolari momenti storici che hanno determinato ahimè i delitti e le stragi di carattere politico-mafioso a cui va detto, ad oggi non si conoscono i reali mandanti!!!

L’ombra della guardiania: un mondo sommerso che sopravvive grazie ad un inefficace controllo istituzionale!

Ho letto ieri un articolo interessante https://livesicilia.it/catania-etna-guardiania-inchiesta/ sui segni di vernice e le modalità di guardiania in alcuni comuni del mia città etnea…

Ingegnosi quei segni di vernice “spray” colorati apposti davanti alcune proprietà affinché venisse identificata (a chi di dovere…) l’attività di guardiania di alcuni terreni e immobili ricadenti in quell’area “protetta”!!!

La guardiania in generale costituisce da sempre un grave problema, in quanto risulta difficile dimostrarne l’effettiva attuazione, anche perché non sempre vi è la presenza in luogo di quei soggetti incaricati, che viceversa operano stando a distanza, ma controllando l’area anche attraverso nuovi e sofisticati metodi tecnologici…  

Ma ciò che più mi ha stupito in questi lunghi anni d’esperienza, non è tanto la guardiania sopra riportata, che naturalmente come dicevo sopra certamente costituisce un grave problema, ma quest’ultima in fondo non possiede quel carattere di ufficialità richiesto viceversa in altri ambiti, in particolare nel pubblico, mi riferisco a tutte quelle società che operano economicamente negli appalti e che devono obbligatoriamente – ai fini di mantenere la validità dell’iscrizione nelle “white list” – inoltrare un’apposita comunicazione alla prefettura competente (art. 5, comma 1)!!!

Ecco forse è tutto qui il problema, difatti, già… se la Prefettura non attendesse di verificare a campione quelle condizioni richieste (o quelle di permanenza dell’impresa già iscritta nell’elenco), forse si renderebbe conto come il più delle volte quell’obbligo è stato disatteso!!!

Ma d’altronde perché far ciò, già… se tutto andasse secondo le regole il nostro sarebbe un Paese perfetto, ma comprenderete come nei casi in cui fosse accertata l’insussistenza di quelle condizioni richieste, si dovrebbe immediatamente disporre – nel rispetto di quanto stabilito dell’art. 10/bis della legge 241/90 – la cancellazione dall’elenco, dandone comunicazione non solo all’impresa, ma anche al Committente affidatario di quegli appalti e sì… perché ciò che nessuno dice, è che proprio questi ultimi dovrebbero effettuare quei necessari controlli, mentre viceversa con le loro azioni dimostrano di fottersene, chissà… forse chissà debbo pensare che sono altrettanto collusi con quel sistema clientelare che preferisce proteggere invece che evidenziare i problemi…

Già… qualcuno di quei referenti dimentica che l’iscrizione nella cosiddetta “white list” non sia una semplice dichiarazione del caz…, ma essa è equipollente ad una informazione antimafia liberatoria, in particolare nello svolgimento di quelle attività per le quali essa è stata disposta!!!

Infatti l’iscrizione in quell’elenco costituisce la modalità obbligatoria attraverso la quale viene acquisita la documentazione antimafia nei confronti delle imprese che operano nei settori più permeabili alle organizzazioni criminali ed è soggetta alle seguenti condizioni: assenza di una delle cause di decadenza, di sospensione o di divieto di cui all’art. 67 del D. Lgs. 6 settembre 2011, n. 159 (Codice Antimafia); assenza di eventuali tentativi di infiltrazione mafiosa tendenti a condizionare le scelte e gli indirizzi dell’impresa di cui all’art. 84, comma 3, del Codice Antimafia.

Ecco, sono questi i motivi per cui il servizio di guardiania non può essere erogato da soggetti che non sono in possesso della prescritta licenza (ai sensi dell’art. 134 T.U.L.P.S.); viceversa per tutti quei soggetti non censiti nella Banca dati nazionali unica o inseriti nell’Elenco dei richiedenti l’iscrizione nella “white list”, si osserva l’obbligo di consultazione disposto dall’articolo 92 commi 2 e 3 del Codice antimafia, dal quale decorrono i termini alla cui scadenza la stazione appaltante sarà legittimata a procedere alla conclusione e/o approvazione degli strumenti contrattuali, fatte salve le clausole di legge previste in caso di successivo diniego all’iscrizione…

La nuova mafia abita in mezzo a noi, ma è diventata invisibile!!!

Caro Don Ciotti, ho letto stamani l’articolo pubblicato su “La Repubblica” e se da un lato ne condivido il pensiero, ritengo quanto dichiarato superato da un bel pezzo; già è come se Lei si fosse fermato ad alcuni anni fa e non fosse andato avanti. 

Lo dico tra l’altro come associato a “Libera” perché vede, parlare di mafia, di boss, di criminalità organizzata, d’imprenditoria collusa è molto semplice, esiste e sappiamo tutti come essa faccia di tutto per appropriarsi di quei settori econiìomici dove girano parecchi milioni di euro… 

Ma il problema fondamentale oggi è costituito dalle coperture a livello politico o dalle complicità finanziarie ed economiche cui lei fa correttamente riferimento, no… sono i cittadini, il livello medio/basso e soprattutto tutti quegli ambienti istituionali che sembrano rappresentare di fatto la legalità e la giustizia, ma che celano al proprio interno, soggetti che mostrano essere fortemente collusi e corrotti…

Quì non si tratta più di contare le vittime, come anche lei ha potuto costatare sono anni che non accade nulla, in particolare si può anche dire che non esiste più neppure il concetto di “antimafia” di cui ormai nessuno crede più… 

D’altronde mi dica che cosa significa essere antimafia? Quanti sono i soggetti che si dichiarano apertamente, che denunciano con il proprio nome e cognome o anche con la propria faccia??? Beh… pochissimi, il sottoscritto le ha contate sulla proprie dita… 

Ma si sa… i cittadini preferiscono restare omertosi, nessuno che denuncia pur di salvaguardare la propria posizione o per garantirsi quel proprio orticello familiare necessaria per una eventuale raccomandazione, la stessa d’altronde che ha permesso loro di essere ora lì, in quei ruoli strategici se pur inadeguati.

Lacchè di mer… che approfittano di questo attuale sistema per compiere qualsivoglia malaffare e mettersi in tasca le tante mazzette che girano e non in maniera celata ma ben visibile!!!

Sì è vero… resta il sentimento puro di migliaia di giovani, gli stessi che scendono in piazza, ma sappiamo entrambi come quella grande intensità dovrà confrontarsi presto con la realtà, già… tutta quella passione verrà infettata dalla società civile, dalle circostanze esterne, ma anche dagli stessi familiari, gli stessi che negli anni hanno beneficiato di quegli appoggi e che sanno bene a cui doversi rivolgere per agevolare il percorso dei propri figlioli, perché senza quelle agevolazoni, essi dimostrano essere altrettanto inadeguati!!!

Altro che seme di legalità, l’unica cosa che è germogliata in questi anni si chiama “raccomandazioni e favori”, è rappresenta difatti per quei nostri giovani, la totale mancanza di responsabilità!!!

Ma lei è come Martin Luther King ed a quel suo “I have a dream”; sogna che ci possa essere un paese diverso e un futuro equo per tutti i giovani, ma sa bene che non è così!!!

Difatti, è proprio quello che alla fine della sua intervista rivolgendosi ai suoi giovani dichiara: “per costruire una realtà diversa bisogna prima sognarla”!!!

Mi dispiace concluedere non questa frase, ma il sottoscritto preferisce le parole riportate da Cicerone in una delle sue “Epistulae”: “Sunt facta verbis difficiliora”; letteralmente: “I fatti sono più difficili delle parole”!!!

Già… la chiamano "informazione antimafia interdittiva"!!!

Ho letto in questi giorni un articolo sul web https://catania.meridionews.it/articolo/97216/lavori-pubblici-interdittiva-al-consorzio-dei-capizzi-prefettura-di-catania-informa-le-stazioni-appaltanti/ che faceva riferimento ad una società colpita da una informazione antimafia interdittiva… 

Sapete ormai come la penso su questi provvedimenti giudiziari, sulla gestione che viene attuata attraverso i Tribunali e cosa dire di quei nominati amministratori giudiziari… 

Già… in questo momento non vorrei trovarmi nella situazione di quei referenti societari e ancor meno al posto di quei suoi dipendenti, immaginando sin d’ora cosa andrà ad accadere a ciascuno di essi ed in particolare a quei numerosi cantieri aperti!!!

Certo abbiamo visto come il settore dei lavori pubblici sia stato di recente sottoposto alla lente d’ingrandimento delle forze dell’ordine, in particolare le indagini dei giorni scorsi hanno portato all’arresto di alcuni funzionari pubblici accusati d’aver preteso mazzette in cambio di favori…    

Ma d’altronde, se dovessimo analizzare in maniera particolareggiata molte di stazioni appaltanti, scopriremo certamente come sin dall’espletamento delle gare d’appalto, vi sia qualcosa che non vada per il verso giusto…  

Diversamente –nel caso di cui sopra– l’attenzione degli organi giudiziari sarebbe stata posta sull’esistenza o per meglio dire sul tentativo d’ infiltrazione da parte della criminalità organizzata…

Certo…. quando leggo questa particolare frase, non so se ridere o piangere!!!

Sì… ho come l’impressione che a volte ci si comporti come il cosiddetto “cornuto”, tutti sanno che la moglie ha l’amante, molti ne conosce peraltro anche il nome e il cognome, eppure l’unico a non saper nulla è proprio il marito: ma sarà poi vero oppure per non affrontare il problema preferisce fare il finto tonto!!!

E quì è la stessa cosa… 

Difatti, se dovessimo mettere sotto sequestro e/o confisca tutte le imprese che sono in odor di mafia o che possiedono al loro interno – anche solo saltuariamente – qualcuno che possa avere rapporti diretti o indiretti con quell’organizzazione criminale o quantomeno che si fa passare per un importante “affiliato” di essa, beh… credo che il 75% delle nostre imprese potrebbero finire tutte sotto amministrazione controllata!!! 

Ma d’altronde (come ripeto spesso…) basterebbe seguire i soldi, quella cosiddetta “sperequazione finanziaria”, analizzando i bilanci societari, non quelli attuali, ma quelli iniziali, quelli di quando si è partiti, osservare come negli anni vi sia stata quella crescita esponenziale, raggiunta (ambiguamente) in così breve tempo…

Certo, comprendo bene che ci voglia sia tempo che personale, ma soprattutto ritengo vi voglia volontà per andare fino in fondo, e difatti è questa la reale vera motivazione che da sempre manca in questa terra, non per nulla si parla di mafia da oltre mezzo secolo e ditemi cos’è successo???  

Nulla… siamo sempre qui a parlarne, contiamo gli arresti di quei suoi referenti, tra politici, impreditori, uomini delle istituzioni, quell’organizzazione determina la buona e la cattiva sorte di un territorio, già…  la mafia ahimè esiste, controlla, dirige, obbliga e impone con la forza i suoi ordini!!!  

Ed infine, ho letto che è stato presentato ricorso, sui motivi che hanno portato all’emissione della misura restrittiva; auspico quantomeno che la contestazione non riguardi in alcun modo quei propri dipendenti che hanno avuto piccoli problemi con la legge o alcuni loro fornitori, perchè sarebbe imbarazzante per non dire terribile continuare a colpire chi ha già pagato per i propri errori ed debba ancora venire discriminato, come eguale considerazione va fatta per quei fornitori, tra l’altro iscritti alla White list, già… vorrei ricordare come quest’ultima iscrizione prefettizia abbia come scopo quello di rendere più efficaci i controlli antimafia, in particolare con riferimento a quelle attività imprenditoriali considerate più a rischio per quanto riguarda per l’appunto le infiltrazioni di carattere mafioso…

Qualcosa mi sfugge… 

Infiltrare l’antimafia è una strategia precisa!!!

Scandagliando i registri si scopre come nel nostro paese si contano circa 100mila associazioni… 

Di queste la metà sono diventate onlus e si sono iscritte al registro dell’Agenzia delle entrate facendo richiesta di ricevere il 5 per mille dei contributi Irpef degli italiani.

Oltre 2.000 dovrebbero essere antimafia a giudicare dal nome di battesimo che hanno scelto, legato ai personaggi che attraverso la lotta alla mafia hanno fatto grande il nostro paese. 

Così si trovano associazioni nate nel nome di Borsellino, di Falcone e di tanti altri eroi… 

Molte rievocano intestazioni da codice penale “416bis” o “41bis” mentre ci sono altre, tantissime altre associazioni che agiscono all’ombra di quelle grandi e piccole organizzazioni virtuose e realmente operative.

Prendono soldi dagli iscritti all’associazione (contributi volontari si legge negli statuti, laddove sono pubblicati) oppure dallo Stato con richieste di alloggi o di progetti da finanziare…

Migliaia e migliaia di euro che non si sa dove finiscono, visto che moltissime di queste associazioni non hanno mai pubblicato in rete i loro bilanci.

Eppure, nei vari territori in cui operano, si continuano a spacciare per comitati o coordinamenti “contro tutte le mafie“, poi però, seguendole nei social network o anche attraverso i dibattiti pubblici, si scopre che tutto fanno tranne contrastare le mafie!!!

Così capita di leggere anatemi o insulti a individui istituzionali tacciati di essere denunciati per mafia quando la notizia è destituita di ogni fondamento, attacchi strumentali ai partiti che governano quel territorio, fino a scoraggiare le persone dal fare nomi e cognomi di clan malavitosi perché “le denunce non siamo noi a doverle fare“, ed infine, gettare ombre sulle associazioni antimafia “serie” che operano sul territorio… 

Ma di comunicati antimafia neanche l’ombra!!!

Quasi sempre, quando si indaga sui personaggi che le governano, ci si accorge che a farne parte sono persone che non hanno sfondato in politica e che tentano di riavvicinarsi alla poltrona attraverso l’Antimafia… 

Altre, sono persone allontanate dalle forze dell’ordine che sotto lo stendardo dell’associazionismo antimafia, sfilano in marce per la legalità al fianco di personaggi collusi con la criminalità organizzata oppure hanno ricevuto locali per la sede di associazioni da presidenti vari rimossi dall’incarico e condannati per abuso di ufficio..

Nel frattempo, le procure di tutta Italia indagano su casi simili, e fa riflettere che persone che si presentano come paladini della giustizia finiscano con l’utilizzare scientemente per malversazioni di denaro pubblico e vere e proprie attività fraudolente l’antimafia…

Non controllare simili ambiti del sociale è forse peggio che rimanere scarsamente attivi nel contrasto alla criminalità mafiosa!!!

Catania… e ahimè i forti dubbi che restano in ciascuno di noi "catanesi", su tutte quelle eventuali fughe di notizie!!!

Sembra una di quelle storie che non trova mai fine… 

Già assomigliano a quelle serie tv a cui ultimamente mi sono dedicato (ma credo di non essere il solo…) – causa le limitazioni imposte dai continui DPCM – che danno l’impressione allo spettatore di concludersi ma contrariamente a quanto si era creduto, proprio nel momento in cui si è giunti alla fine di quegli episodi, si scopre come la serie non si sia conclusa, ma bensì continui con nuovi episodi che danno il via ad una inedita stagione…

Ecco perché paragono quanto pubblicato dal quotidiano “La Sicilia” alcuni giorni fa, come una di quelle serie Tv, dove –  per come riporta perfettamente il giornalista Mario Barresi – sembra di esserci immersi in un genere  romantico “vouyeuristico-letterario”:

Il rapporto di amicizia che legava Luca Palamara a Renato Panvino è ormai un dato assodato della cronaca giudiziaria, con paginate negli scorsi mesi sui giornali nazionali. 

La novità, adesso, è che nell’informativa del Gico della guardia di finanza di Roma, uno degli atti sfoderati dai pm di Perugia per contestare ipotesi di reato ben più gravi all’ex ras delle toghe, più di 100 pagine (sulle 165 complessive) sono dedicate all’ex capo centro della Direzione investigativa antimafia di Catania. Il quale non è fra gli indagati ed è stato sentito, a lungo, domenica scorsa come persona informata sui fatti.

Perché è così preponderante il peso di Panvino per chi vuole dimostrare che Palamara sia stato, fra l’altro, l’artefice della fuga di notizie nell’inchiesta della Procura di Messina sugli intrecci corruttivi del sistema Siracusa? 

Il compendio probatorio (178 contatti telefonici dal 15 maggio 2017 al 1° marzo 2019; migliaia di messaggi WhatsApp; vacanze assieme, alcune delle quali pagate dall’imprenditore Fabrizio Centofanti, fra gli imputati davanti al gup di Perugia) è quasi tutto riversato dal fascicolo originario.

Ma nell’ultima ricostruzione del Gico, depositata al pm Mario Formisano meno di una settimana fa, ci sono un paio di elementi nuovi. Il primo è la testimonianza di Bonaventura Candido prestigioso avvocato messinese, difensore dell’ex pm Giancarlo Longo nel troncone principale dei processi sul “sistema Siracusa”. 

Sentito lo scorso 9 febbraio, Candido, dopo aver ammesso i suoi contatti con Piero Amara (grande accusatore del procuratore generale di Messina, Francesco Barbaro, che smentisce con forza ogni coinvolgimento nella vicenda), a un certo punto Candido ricorda che lo stesso Amara «faceva riferimento ad una persona della polizia giudiziaria che lavorava a Messina che gli faceva pervenire delle informazioni sulle indagini. 

Tale persona, a suo dire, era un uomo che proveniva dalla zona di Catania o era residente nella zona Catania». 

Ma chi lo interroga gli fa una domanda specifica: «Amara le parlò mai del dottor Panvino?». La risposta di Candido, a questo punto, è più esplicita: «Ora che me lo dite, ricordo che di questa persona Amara mi parlò in più circostanze ed è la persona di cui ho fatto menzione in precedenza. Mi disse che aveva un rapporto personale con lui e che aveva da tale persona informazioni sulle indagini. Diceva che aveva un canale a Roma ed uno sul posto. Nel mio ricordo – prosegue il verbale dell’avvocato Messinese – tale ufficiale era il canale attraverso il quale lui cercava conforto e riscontro su ciò che proveniva da Roma».

Candido conclude ricordando che Amara «mi riferiva che Panvino era una persona di primo piano e di lui mi parlava spesso come fonte delle sue conoscenze sull’andamento delle indagini».

In una memoria, il giorno dopo essere stato sentito dai pm, l’avvocato in parte ritratta. «Devo, però, doverosamente precisare che in quella occasione (cioè quando Amara gli avrebbe parlato delle indagini, «tutta fuffa», attribuendo la definizione a un colloquio fra Barbaro e Palamara, riferitogli da Centofanti, ndr) non ricordo che Amara fece esplicito riferimento a Panvino, né che utilizzò il termine “fuffa”».

Amara, nel verbale d’interrogatorio citato (con molti “omissis”) nell’informativa, non parla mai di Panvino. E c’è un altro particolare che smentirebbe l’utilità del dirigente di polizia come “corvo”. Nell’inchiesta romana sulle sentenze pilotate al Consiglio di Stato, infatti, viene arrestato maresciallo dei carabinieri, Francesco Loreto Sarcina, ex Aisi. Ed è proprio Amara a incastrarlo. Nell’interrogatorio del 17 luglio 2018 riferisce dell’amicizia di Calafiore con «tale Francesco o Franco, un dipendente della Presidenza del Consiglio dei ministri» che «aveva loro riferito notizie interne alle indagini e consegnato l’informativa del 15 settembre 2017 in formato word». L’avvocato avrebbe incontrato l’ex 007 tre o quattro volte. «Ci disse che ci avrebbe tolto dai guai sia per l’indagine di Messina sia per quelle di Roma avvalendosi di suoi uomini». 

Ma Panvino è citato in un altro atto inedito, firmato da un magistrato. Cioè Antonio Carchietti, fra i pm impegnati proprio nell’indagine sul sistema Siracusa. La nota è del 29 marzo 2018. E racconta un episodio di due giorni prima nel carcere romano di Regina Coeli, subito dopo l’interrogatorio di Amara. Il cui legale, Angelo Mangione, rientra nella stanza e chiede «espressamente» a Carchietti e al procuratore capo Maurizio de Lucia «che non venisse fatto cenno alcuno, all’indirizzo del dott. Renato Panvino, in ordine che l’Amara potesse valutare l’adesione ad una scelta processuale incentrata su contegni latu sensu collaborativi ai fini del più ampio accertamento dei fatti». Tradotto dal magistratese: l’avvocato Mangione chiede ai pm di Messina di tenere all’oscuro il capo della Dia rispetto al “pentimento” di Amara. 

E questa circostanza richiama alla memoria di Carchietti un episodio risalente agli «ultimi mesi dell’anno 2017», poco dopo perquisizioni e sequestri sul sistema Siracusa. Panvino, scrive il pm «venne insieme a un suo collaboratore, di cui non ricordo il nome» e «manifestò l’intenzione di salutarmi» e «successivamente “condusse” il discorso sulla vicenda Siracusa». 

Il capo della Dia ha dell’indagine una «conoscenza embrionale», risalente all’epoca in cui gli otto magistrati aretusei presentarono un esposto da cui partì tutto, tanto più che Barbaro, all’epoca procuratore facente funzione, sostiene Carchietti, «chiese al dott. Panvino, alla mia presenza, la disponibilità della Dia di Catania per lo svolgimento dell’attività d’indagine». Ma lui, visto «l’elevato carico di lavoro» già in corso, rifiutò. 

Una circostanza incompatibile, al dire il vero, con chi avesse intenzione di mettere le mani su un’inchiesta in cui erano coinvolti gli amici del suo amico Palamara, dai quali – come lo stesso Panvino avrebbe rivelato ai pm di Perugia – ha provato più volte a metterlo in guardia, «perché non mi ispiravano fiducia» e dunque «gli consigliavo di frenare». Carchietti, nella nota inviata mesi dopo l’insolita visita («mai aveva assunto l’iniziativa di passare a salutarmi») definisce «singolare» il discorso del suo interlocutore che «innestò una più ampia riflessione il cui nucleo concettuale, che mi parve palesarsi come la vera ragione della “visita”», starebbe «nell’importanza di orientare il convincimento investigativo su dati certi e non su “suggestioni” derivanti da mere situazioni conflittuali». 

Il pm, nella nota di fine marzo 2018, scrive che «non ho più avuto occasione di incontrare il capo centro». Alla Dia di Panvino, nei mesi successivi, la Procura di Messina affiderà almeno due deleghe delicate, entrambe riguardanti le toghe: una sul depistaggio di via D’Amelio, una su un presunto abuso d’ufficio nel Ragusano a carico di un magistrato catanese.

E qui si arriva al punto finale. Panvino, trasferito a Nuoro nel maggio 2019, è uno “sbirro” dal curriculum importante, arricchito da operazioni su mafia e colletti bianchi nei suoi cinque anni in Sicilia tanto da far coniare la definizione di “modello Catania” per il lavoro alla Dia. 

È “colpevole” di un’amicizia a tratti sin troppo stretta con Palamara (fino a chiedergli, nelle chat, anche qualche “aiutino” per la sua carriera), all’epoca il più potente magistrato d’Italia, legato a un imprenditore, Centofanti, frequentatore di ministri e importanti pezzi dello Stato. Nelle carte, certo, ci sono tante suggestioni. 

Le foto a Ibiza, i conti di alberghi e ristoranti, le feste di compleanno e le chiacchierate complici anche sui politici. 

C’è anche l’ormai arcinota vicenda dell’anello acquistato da Panvino, in parte anticipando soldi suoi, in una gioielleria di Misterbianco (curiosamente la stessa scelta da Luigi Di Maio come tappa etnea nel suo tour elettorale, il 25 ottobre 2015, fra le «eccellenze siciliane») su commissione di Palamara che doveva regalarlo all’amante Adele Attisani.

Eppure il dirigente di polizia finora non risulta coinvolto nell’inchiesta di Perugia. Che però adesso fa un salto di qualità, con le nuove accuse all’ex dominus del Csm sulle fughe di notizie a Roma e a Messina. E in questo contesto gli investigatori inseriscono una certa mole di atti (molti dei quali già conosciuti) riguardanti «il ruolo» di Panvino e i suoi «rapporti» con Palamara e Centofanti, «il Piccoletto» nelle chat.

Ma la verità, a questo punto, si trova a un bivio. Panvino, ricordato a Catania come un poliziotto di rango, oltre ad avere frequentazioni ex post pericolose, è davvero sospettabile di essere la talpa di indagini delicatissime? Oppure, non essendo coinvolto in prima persona nell’indagine sulla fuga di notizie sull’asse Messina-Siracusa, la grande attenzione giudiziaria (e poi anche mediatica) su di lui nasconde qualcosa di diverso. 

Magari, come sospetta sotto il Vulcano chi lo conosce bene, una postuma resa dei conti per alcune indagini della sua Dia, che, guarda caso proprio a Messina, hanno toccato i fili ad alta tensione della massoneria. 

Che nella sponda siciliana dello Stretto accomuna, talvolta con legami di parentela, potenti dentro i più svariati palazzi. Compresi quelli frequentati, per lavoro, dallo stesso Panvino.

Consorzio della Pietra Lavica dell’Etna: parla il Presidente, Dott. Alfio Grassi.

 

Stamani, dopo aver acquistato come d’abitudine il nostro quotidiano regionale, ho potuto leggere un articolo interessante, sì… perché riguardava ciò che definisco da sempre “l’oro nero” della nostra terra…

L’intervista è stata realizzata al Presidente del Consorzio della Pietra Lavica dell’Etna – Dott. Alfio Grassi – e da quanto espresso si comprende in maniera chiara, quali siano le problematiche che attanagliano quel settore e di conseguenza tutta la sua filiera…

Vorrei peraltro ricordare come quel settore, non coinvolge esclusivamente l’estrazione del materiale lavico e di conseguenza tutti i suoi derivati, conosciuti nel settore con le voci “scogli e/o inerti“, utilizzati solitamente in tutti quei lavori marittimi o a difesa del territorio, dalle scogliere ai promontori, colpiti dagli effetti di erosione da acque dolci o salate, no… la sua commercializzazione va oltre la stessa fornitura di gran lunga utilizzata nei settori dei conglomerati cementizi o bituminosi…

Difatti, quel materiale naturale prevede un suo più ampio interesse – basti osservare come le immagini di eruzione di questi giorni da parte del nostro cratere, stiano facendo il giro del mondo – esse infatti comprendono, lo studio, l’ informazione, le ricerche di mercato, l’elaborazione dei dati anche in ambito informatico, con riferimento alla realizzazione e alla gestione di comunicazione su siti web, la pubblicazione di opuscoli, libri, aggiornamenti tecnici periodici, l’organizzazione di conferenze in presenza e online, ma anche la  progettazione e il marketing di nuovi prodotti in settori diversi e innovativi, quali quelli estetici, medicali o anche utili al compostaggio come fertilizzanti, venduti sfusi o previo insacchettamento…

Ed ancora, come non tenere conto del numero delle maestranze che occupa quel settore, ed è proprio su questo punto che si concretizza l’impegno del Consorzio della Pietra Lavica che svolge nei confronti dei propri consorziati attraverso consulenze, tutta una serie di formazioni e addestramento dei lavoratori sulla sicurezza nei luoghi di lavoro, con l’attuazione di misure di prevenzione e protezione per limitare i rischi connessi con quella tipologia di lavorazioni, con particolare riferimento ai manovratori dei mezzi d’opera per l’estrazione, ai suoi addetti nei frantoi, impianti fissi e mobili, operatori di macchinari e attrezzature quali mono/multifilo a disco diamantato, taglia blocchi, segatrici a disco giganti, telai, fresatrici, linee di lucidatura a ponte, calibatrici, ceratrici, dispositivi antigraffio, impianti di resinatura, etc., ma non solo, perché il comparto comprende anche i trasportatori c/terzi e tutti quegli artigiani che con le loro mani realizzano vere e proprie opere d’arti, tra cui sculture e gioielli che vengono esposti in tutto il mondo… 

In questo post non entro nel merito dell’articolo sopra pubblicato, preferisco viceversa chiedere un incontro al Presidente del Consorzio, per comprendere meglio alcuni suoi richiami, in particolare quando fa riferimento agli interlocutori istituzionali, dal ruolo rivestito dal Distretto della Pietra lavica, lo stallo determinato dalla burocrazia, ma soprattutto ciò che vorrei chiedergli è in quali modi si attua quell’abusivismo – vera piaga per l’intero comparto – e come esso riesca ancora oggi a mettere in pratica quei suoi illegali meccanismi…  

Difatti, considerato che proprio su quest’ultimo punto (senza alcuna presunzione) il sottoscritto abbia negli scorsi anni evidenziato modalità, complicità e collusioni (nei confronti di un settore che si dimostrava impenetrabile e fortemente coperto da omertà e silenzi…) attraverso i suoi molteplici post (di cui alcuni di essi, ho potuto scoprire essere stati ripresi su taluni siti web, tra cui proprio ad esempio il sito del “Consorzio” nella voce  “news”: https://www.consorziodellapietralavicadelletna.com/notizie-dal-web- ) e dove, in maniera esplicita, ho provato a far emergere quelle procedure fraudolente messe in pratica da taluni “prenditori” disonesti, ma anche da tutta una serie di individui incaricati a quei controlli che si sono assoggettati a quegli affiliati alla criminalità organizzata che hanno negli anni provato ad inserirsi in questo particolare comparto – sottoposto tra l’altro al preventivo controllo antimafia da parte delle prefetture nazionali (“White-List”) – per riuscire a penetrare nel milionario settore dei lavori pubblici… 

Auspico quindi a breve di poter incontrare il Dott. Grassi, affinché al sottoscritto possa (ma mi auguro anche alle forse dell’ordine da sempre predisposte a quel contrasto, tra cui ad esempio il Nucleo Operativo dei Carabinieri – N.O.E.) far comprendere, quali modalità debbano essere al più celere adottate, per riuscire a debellare in modo definitivo, quell’ahimè diffusa presenza di… “celata” illegalità!!!

Presidente Musumeci: #Diventeràbellissima!!! Sì… ma solo se, inizierà a far "pulizia" all’interno di quel suo movimento…

Abbiamo già visto cos’è successo negli anni… da Cuffaro, passando per Lombardo e per finire con Crocetta!!!

Mai i Siciliani l’hanno dimenticato o per meglio dire, fanno finta di scordarlo – come sempre d’altronde – per propri fini personali…

Ho ascoltato ieri tutti gli interventi che sono stati compiuti durante il congresso del movimento “#diventerà bellissima“, ma ad esclusione di cinque interventi, mi riferisco a quello dell’On. Enzo Trantino pubblicato dal sottoscritto ieri http://nicola-costanzo.blogspot.com/2019/02/in-sicilia-i-testamenti-cominciano.html – della linea proposta dal Presidente Musumeci, dalla mozione contraria seguita (e poco condivisa dalla sala…) dell’On. Stancanelli, ed ancora… delle proposte precise presentate dal Sindaco di Acicatena, Nello Oliveri e da quelle comunicate dalla delegata Sig.ra Romj Crocitti (la quale ha altresì presentato un ricorso al direttivo, sulla procedura di nomina della Coordinatrice provinciale del movimento di Catania, compiuto come tutti sanno, attraverso la semplice e soprattutto modesta acclamazione, senza aver verificato in precedenza gli iscritti reali presenti in sala e i numeri che ciascun delegato aveva contribuito ad apportare, numeri che non è stato possibile conoscere, come neppure il numero esatto degli iscritti nella provincia Etnea – e di conseguenza chi avevano di fatto diritto al voto, ma ancor più grave, non si è tenuto conto della richiesta presentata dalla stessa – vedasi video pubblicato sul web – che chiedeva di proporsi per quella nomina…); ecco, a parte questi cinque interventi, tutto il resto potrei definirlo, una pura e semplice “passerella“!!!

Già, nessuno di loro durante quei minuti a disposizione (a volte durate anche più di mezz’ora…) ha proposto una propria linea politica e/o di coalizione partitica, nessuna proposta personale ha accompagnato quel loro intervento, al quale poi successivamente, tutto il movimento – in questo caso sì… anche per acclamazione –  avrebbe potuto allinearsi!!!

Nulla… il silenzio assoluto, sull’unico argomento messo in discussione, fondamentale per il proseguo del movimento…

Ciascuno di loro ha soltanto esaltato le proprie virtù (ancora ovviamente da valutare o per come aveva in precedenza espresso in maniera chiara l’On. Trantino: “con chi presenta all’incasso le proprie ambizioni, prima di dimostrare quel che vale..)!!!

E dire che qualcuno, posto lì tra quei referenti, non sta compiendo con quel proprio Assessorato una gran bella figura, vedasi ad esempio quanto emerso stamani dall’inchiesta della Procura di Catania…

Ecco, forse è tempo che s’intervenga presto in quel settore essenziale per la comunità, visto che qualcosa di quel sistema non ha funzionato perfettamente: http://www.hashtagsicilia.it/apertura/catania-corruzione-nella-sanita-pubblica-misure-cautelari-arrestato-primario-del-policlinico-35001

E per favore, non accusiamo ingiustamente il Procuratore nazionale Carmelo Zuccaro, che sta provando in tutti i modi di togliere quel fango (per non chiamarlo in altri modi…) che ci ha asfissiato in tutti questi anni e che è potuto sopravvivere grazie proprio alle complicità politico/mafiose e di chi oltre loro, gli ha permesso, nella qualità di colletto bianco, di realizzare quegli illeciti!!!

Ah… dimenticavo la circostanza più insolita o  certamente la meno autentica, quella di non pronunciare mai – da parte di quei delegati – il nome dell’ex governatore Raffaele Lombardo!!!

Si, tutti… nessuno escluso, hanno fatto in modo che quel nome di “Don Raffè” venisse pubblicamente annunciato e soprattutto scredidato…

E’ dire che in molti da quel pulpito, nel celebrare l’attuale Presidente Musumeci, avevano preso di mira i due precedenti governatori, quali esempio negativo di questa terra: Sig.ri Crocetta e Lombardo…

Ma incredibilmente, mentre il nome di Rosario Crocetta è stato più e più volte volte espresso presentato in modo dispregiativo, su quello dell’ex Presidente dell’Autonomia Siciliana, cadeva il riserbo più assoluto…

C’è stata – potrei aggiungere – la massima discrezione, sì… una inequivocabile cautela nel non esprimere quel nome, quasi si avesse paura di quella sua influenza, che come ho sempre scritto nei miei vari post, c’è… esiste e condiziona in maniera decisa, l’attuale politica della nostra regione!!!

Ecco perché nel vedere alcuni di quei cosiddetti “politicanti“, posti tra l’altro tra le cosiddette “autorità” del movimento, mi è venuto da sorridere…

Già… non si sono neppure accorti che salendo su quel palco, sono stati accolti da un applauso scialbo, senza alcun vero entusiasmo o sentimento, definirlo un applauso ordinario… sarebbe già un complimento.

Mentre viceversa a quei mancati applausi, hanno seguito aspre critiche, si sentiva urlare a metà sala il disappunto di taluni delegati che gridavano: “ma vattene, scendi da lì…” creando – come dice spesso mia figlia Alessia – “il panico“!!!

C’era inoltre chi ahimè (credo si trattasse di una segretaria…) veniva chiamata e indirizzata a controllare chi fossero quegli inopportuni soggetti “molestatori”, se facessero parte dei delegati o degli iscritti, per poi ritornare a riferire quei nomi, ai responsabili del movimento, che si trovavano su quel palco…

La verità è che ieri, tralasciando ore e ore d’inutili interventi, qualcosa di buono è stato fatto!!!

Per una volta, la politica delle poltrone, quella clientelare, quella del baratto o dello scambio dei favori, è stata messa finalmente al bando…

Sì… ed in questo bisogna dare merito al Presidente Musumeci!!!

Ma non basta, bisogna fare di più, occorre ripulire dal di dentro questo movimento, allontanare tutti coloro che sono riusciti ad infiltrarsi, individui riciclati di quella vecchia politica che nulla hanno a che fare con questo movimento di cambiamento, ma che cercano esclusivamente di poter salire nel carro dei vincitori, altrimenti in caso contrario (circostanza che ritengo più che certa… ), proveranno a breve, di far decadere quel Suo governo regionale…

Presidente, bisogna ripartire dalla “legalità“, non basta far sottoscrivere in quel modello di adesione, di “non trovarsi in alcuna delle condizioni ostative… ai sensi degli artt…. e sia alle indicazioni adottate dalla Commissione parlamentare antimafia“!!!

NO… no… Presidente Musumeci non basta affatto: ciascun iscritto deve accompagnare quella sua domanda – come meglio di me Lei sa – da due certificati; il primo si chiama “Casellario Giudiziario” e l’altro “Certificato dei carichi Pendenti“!!!

Altrimenti, diventa inutile pensare di garantire limpidezza a quel suo movimento, perché sin d’ora posso anticiparle che sono in molti ad iniziare a pensare di strappare quella propria tessera (tra l’altro a Catania… non ancora consegnata)!!!

Presidente Musumeci, il giorno che deciderà di avere tra i suoi, soggetti “incorruttibili” ma soprattutto “non ricattabili“, ecco, soltanto quel giorno… mi faccia uno squillo.

Catania e quel "mondo di mezzo"…

Lo scorso anno, precisamente il 30 settembre, partecipai insieme alla mia amica Romj e al mio ex collega Alfio, ad una conferenza sul tema “Il mondo di mezzo”,  presso il Salone Loyola della Parrocchia SS. Crocifisso dei Miracoli (Via Enrico Pantano 42 a Catania), gentilmente offerta da Padre Gianni Notari…
Riprendo quell’avvenimento perché alla fine della relazione del Prof. La Spina, il sottoscritto aveva preso la parola per esprimere un pensiero critico  nei confronti di un sistema che preferisce andare a braccetto con un mondo, quello del malaffare, un mondo collusivo e corruttivo che permette ad un gruppo di potere di avere il comando su questa città e di prendere le redini della cosa pubblica!!!
Ma ciò che maggiormente quella sera avevo criticato (esiste un video a riguardo…), era l’esigua lotta alla mafia, quella che avrebbe dovuto passare attraverso una vera  “antimafia”, realizzata dalle associazioni sane che direttamente sul campo hanno saputo dare un grande contributo a quella lotta…

In quel passaggio avevo incalzato l’antimafia istituzionale quella autentica, ma nel contempo avevo gridato contro la presenza di un antimafìa “apparente”, quella che camuffata da personaggi “paladini della legalità”, operano falsamente, affinché s’innescano ingannevoli condizioni che permettono di creare, confusioni e instabilità, nell’operato delle forze istituzionali…

Ciò che maggiormente disapprovavo, erano soprattutto alcune metodologie utilizzate da talune associazioni che, pur essendo senza fini di lucro, utilizzavano le stesse per finanziarsi, ad esempio costituendosi parti civili nei processi di mafia, oppure richiedendo sovvenzioni varie… proprio a quanti erano stati vittime di mafia!!!  
A quel punto mentre stavo facendo appello a tutte le forze oneste di questo paese, alle persone perbene che credevano nella legalità, a quegli associati che con passione e dedizione, fanno sì che questa nostra terra possa diventare migliore di com’è, ecco che all’improvviso… sono stato attaccato per quelle mie frasi, proprio da un Presidente di una associazione di legalità Anti-racket… 

A farmi ricordare quell’avvenimento è stata stamani la mia amica Romj, che al telefono mi ha chiesto di leggere l’articolo di Antonio Condorelli pubblicato su Live Sicilia Catania:
Inizia così… “Falso ideologico, peculato ed estorsione aggravata. Il nucleo di polizia economico finanziaria di Catania ha effettuato un arresto eccellente: Salvatore Campo, esponente della cosiddetta “antimafia”. Paladino della legalità, almeno in apparenza. In realtà, secondo quanto emerge dalle indagini, L’arrestato avrebbero messo a punto un complesso sistema per appropriarsi di risorse ed eseguire vere e proprie estorsioni”…
Leggendo l’articolo, comprendere quanto sia rimasto senza parole e debbo confidarvi di esserlo ancora ora, sì… mentre sto scrivendo questo post… 
Preferisco quindi andare avanti e ringraziare alcuni presenti di quella sera, amici che con il proprio impegno si sacrificano ogni giorno affinché legalità e giustizia, abbiano a radicarsi nella società civile… 
Mi riferisco a padre Notari, Nicola Grassi, Romj Crocitti, Mirko Viola, Antonello Costanzo, Maria Anselmi: sì… a ciascuno di loro e a molti altri dico grazie.
L’illegalità è come una piovra che non si vede: sta nascosta, sommersa, ma con i suoi tentacoli afferra e avvelena, inquinando e facendo tanto male.
(Papa Francesco)

Membro della commissione antimafia (nella scorsa legislatura), indagato dalla procura di Caltanissetta!!!

Desidero condividere un post inviatomi a mezzo “Whatsapp” da un amica di Caltanissetta…
L’ex senatore dem Beppe Lumia è stato coinvolto nell’inchiesta su Antonello Montante che sarebbe stato a capo di una rete illegale nata con lo scopo di spiare le indagini per mafia avviate sul suo conto e poi, archiviate…
La procura, poi, con la sua indagine, si sta occupando anche di far luce sulla gestione dei finanziamenti dell’assessorato alle Attività produttive. 
È per questo motivo che tra gli indagati son finiti anche l’ex presidente di Regione, Rosario Crocetta, gli ex assessori Linda Vancheri e Mariella Lo Bello, accusati di aver assicurato risorse economiche alle iniziative di Montante. 
Quest’ultima tranche dell’inchiesta vede coinvolto non solo Lumia, ma anche l’ex assessore regionale Marco Venturi per concorso in corruzione, amico di Montante di cui ora è grande accusatore… 
Tra gli altri indagati ci sono anche Dario Lo Bosco ed Emanuele Nicolosi, rispettivamente ex presidente ed ex direttore generale dell’Ast (Azienda siciliana trasporti).
Non è ancora dato sapere quale sia esattamente il reato contestato all’ex senatore Lumia ma, come rivelato ieri da Repubblica Palermo, il suo nome compare in un’intercettazione ambientale tra Venturi e Alfonso Cicero, ex stretto collaboratore di Montante e poi, anche lui, suo accusatore. 
I due, nella conversazione, parlano di un finanziamento di 20mila euro in nero destinati alla campagna elettorale di Crocetta, chiesto proprio da Lumia. 
L’ex senatore ha già smentito tutto mesi fa: “Sul finanziamento a Crocetta si sono dette frasi gravemente diffamatorie nei miei confronti per le quali in sede legale chiederò conto e ragione”. 
Al di là dei soldi, vi sono le parole di Massimo Romano, imprenditore siciliano anch’egli coinvolto nell’inchiesta, che, in una conversazione con Venturi avrebbe detto: “Io – dice il primo – ho passato degli anni più brutti della mia vita, quando qui in questo tavolo, guardando in faccia Beppe Lumia, gli ho detto “ma vai a fare in culo perché tu vuoi che io denunzio una cosa che non ho fatto e io non la faccio, hai capito? Voleva che io denunziassi”…

Solidarietà al Procuratore capo di Caltanissetta, Amedeo Bertone.

Dopo il proiettile inviato al Presidente della Commissione Antimafia Regionale, Claudio Fava… eccone un altro indirizzato al Procuratore capo di Caltanissetta, Amedeo Bertone!!!

Il proiettile ho letto, è stata “intercettato” al Palazzo di giustizia e come sempre – in questo tipo di situazioni – sono partite le indagini, anche se ho l’impressioni che quest’ultime lascino il tempo che trovano, forse perché solo su CSI (Crime Scene Investigation – la serie televisiva statunitense trasmessa su “Italia1”) ho visto scoprire il colpevole, attraverso un proiettile… ma si sa, quella è una fiction!!!
Viceversa, nei tanti anni in cui ho sentito di proietti inviati “di qua e di là”, non ho mai ascoltato o letto da qualche parte, che si sia venuti a conoscenza nel corso degli anni, di  eventuali mandanti… 
Non vorrei dare l’impressione d’essere polemico, ma vorrei che si evitasse di elevare a livelli critici o preoccupanti, situazioni che sono di per se esclusivamente gratuiti, ma soprattutto inefficaci, superflui e sterili, circostanze che non fanno inquietare nessuno, ma servono esclusivamente a creare allarmismi, forse per distogliere l’attenzione da inchieste ben più importanti…
Anche perché se qualcuno di quei soggetti avesse realmente volontà di compiere delle azioni violente, non avrebbe motivo d’inviare  messaggi in buste anonime contenenti proiettili vari, ma agirebbe compiendo quell’atto violento, per come è accaduto purtroppo negli anni passati, a centinaia e centinaia di uomini dello Stato (e non solo) di questa nostra terra…
Comunque, sull’episodio ha aperto un’inchiesta la Procura di Catania, competente per territorio e sembra che il magistrato attualmente minacciato, sia titolare di diverse inchieste tra cui quella sul sistema “Montante” e sulle stragi di Palermo…
Certo, qualcosa non mi è chiaro… 
Sì… da un parte ho letto che la busta fosse stata intercettata al Tribunale e in altre pagine web ho letto che la busta era stata aperta tre giorni fa, ma la stessa era giunta almeno un giorno prima nella sua segreteria, ma il magistrato non l’aveva aperta poiché in quei giorni era impegnato in alcuni interrogatori… 
Ma…??? C’è qualcosa che non mi torna… ma lascio volentieri queste considerazioni agli addetti delle forze dell’ordine… 
Dice bene il Presidente dell’Antimafia siciliana, Claudio Fava: E’ chiaro che in Sicilia c’è un clima ostile contro chi tocca i nervi scoperti del sistema di potere e delle sue collusioni mafiose. 
Ecco… forse in queste parole si nasconde la verità, quella che lo Stato in Sicilia non è più lo stesso!!!
Già… sono fortemente diminuite quelle collusioni politico/mafiose e sono in molti a saperlo!!!
Il Governo Giallo/Verde a differenze a  quelli che li hanno preceduti, a cominciare dalla Dc per giungere a quelli con FI e PD… non hanno alcun interesse a trovare accordi sottobanco con quell’associazione criminale, perché i voti dei cittadini li hanno ricevuti, senza bisogno di dover promettere alcun favore di scambio…
Il ministro dell’Interno Matteo Salvini e quel suo partito della “Lega”, ancor di più di altri si sente slegato da quei meccanismi clientelari, proprio perché i numeri delle ultime elezioni, hanno evidenziato durante quelle votazioni, una debole presa sulla coscienza dei siciliani… 
Circostanza quest’ultima che – a mio modesto parere – potrebbe ribaltarsi sin dalle prossime elezioni nazionali o regionali, a causa delle politiche finora adottate, che vedrete… consegneranno a quel suo leader e al suo partito… parecchi voti!!!
L’unico fenomeno che da questa circostanza emerge – e che mi dispiace dover costatare – e che ancora oggi, qualcuno possa pensare che attraverso le minacce, si possano modificare le decisioni degli uomini, siano essi magistrati, che semplici cittadini!!!
Ecco è questo il punto fondamentale che si deve contrastare: Lo Stato, la politica e il governo regionale, devono dimostrare tutta la propria forza, colpendo in maniera decisa, tutti coloro che ancora oggi credono di poter fare ciò che vogliono, come ad esempio inviare anonimamente dei “proiettili… a salve“!!!